Qualche tempo fa ho inaugurato un ‘genere inusuale’ (cfr. A lezione di storia). Una ‘non recensione’, per usare l’invenzione linguistica di Lewis Carrol in ‘Alice attraverso lo specchio’ (1). Si trattava di un testo scolastico, ossia di un libro che ha un mercato circoscritto ma ‘sicuro’ (come ebbe a dirmi una persona a proposito della mia attività di autore di testi per il liceo classico) e canali specifici di promozione in vista delle adozioni.
Proprio per questo, a mio avviso, anche il libro che propongo – come tutti gli altri libri che rientrano in questa categoria – merita molta attenzione in tutte le fasi, dalla scelta degli argomenti alla loro trattazione, dalla selezione dei testi da antologizzare alla loro presentazione e al commento.
Questo, naturalmente, è vero sempre ma, in particolare, per quelli destinati alle fasce di età più giovani. Per questi motivi non ha senso recensirli.
Ha senso piuttosto proporne un’analisi, prendendo le mosse da una sezione circoscritta ed entrando nei meccanismi del testo per valutarlo alla luce del pubblico al quale è destinato (studenti di prima media, nel caso specifico), per il tramite dell’insegnante (che, a sua volta, deve poter contare su un libro completo, ben organizzato, didatticamente funzionale, all’interno del quale operare la selezione adatta alla specifica classe e che, di conseguenza, deve scegliere il libro, al momento delle adozioni, in modo oculato).
A chi è rivolta questa ‘non recensione’? A tutti, idealmente, perché è importante che tutti si rendano conto di come può essere ‘costruito’ un testo che finisce nelle mani dei propri figli e dei propri nipoti.
In modo più specifico, a quanti si mostrano preoccupati del livello sempre più basso che si percepisce in ogni settore, anche in quelli preposti a fare cultura e informazione, a partire da una considerazione basilare: quello che viene dopo, dipende da quello che è avvenuto prima, durante la formazione.
Verificare le falle della formazione - ormai pervasive e dilaganti dovunque e a tutti i livelli, dall’uso scorretto della lingua all’incapacità di raccogliere e gestire le informazioni - a posteriori serve a poco. Con l’aggravante che chi non ha imparato a scrivere (e a leggere) al momento giusto, difficilmente riesce a prenderne consapevolezza, anzi, solitamente, ostenta l’errore senza preoccuparsene perché, semplicemente, non lo percepisce come un errore.
Ciò è tanto più grave se intraprende senza trovare ostacoli un mestiere che comporta la scrittura (magari con qualche ‘facilitazione’ o con la complicità della progressiva immissione ope legis in mestieri che dovrebbero essere fondamentali per la società e per il futuro). L’ostentazione si trasforma in presunzione.
Dunque, anche questo è un libro di cui vale la pena parlare. Non in generale ma scendendo nel particolare delle modalità didattiche, della funzionalità educativa, della selezione dei passi, della correttezza e della completezza delle informazioni in relazione all’età e agli esercizi proposti.
E vale la pena parlarne per rispetto al pubblico al quale è rivolto, ossia bambine e bambini alle soglie dell’adolescenza, un momento cruciale per la formazione e per affacciarsi sul mondo e sui suoi meccanismi. Dunque, un pubblico che ha il diritto, in base alla legge fondamentale dello Stato, la Costituzione, ad avere una formazione scolastica corretta che lo metta in grado di crescere e di affrontarlo, questo mondo sempre più complesso, indipendentemente dalle condizioni a contorno (che abiti in una grande città o in un paese spopolato, tra le montagne).
Il testo in esame fa parte di un volume di antologia letteraria per la prima media, suddiviso in due tomi: il primo contiene letture suddivise per tematiche (781 pagine), il secondo è dedicato specificatamente a passi di epica (da quella antica a quella rinascimentale, 299 pagine). Oltre a questi due tomi la classe ha altri due testi di italiano: una versione in prosa dell’Iliade (105 pagine) e un testo dedicato in modo specifico a fonologia, ortografia, morfologia, lessico (622 pagine) (argomenti già in programma nelle classi delle elementari). Il totale delle pagine – 1807 – preoccupa di per sé. Il problema, peraltro, non è rappresentato tanto dalla mole delle pagine (che pure appare eccessiva e che potrebbe essere ridotta a vantaggio di indicazioni mirate di titoli adatti all’età, per la lettura autonoma (2) quanto dalla scelta e dalla trattazione dei materiali che le riempiono. Per affrontare la questione, propongo, a titolo esemplificativo, l’esame delle pagine relative ai proemi di Iliade e Odissea, ai quali sono dedicate, rispettivamente, sette e quattro facciate.
Il proemio dell’Iliade è offerto nella traduzione di Vincenzo Monti (9 versi rispetto ai sette dell’originale, del 1810), con una premessa in cui compaiono i termini ‘proemio’, ‘invocazione’, ‘protasi’ (senza spiegazione), un apparato di note, una sezione intitolata “guida alla lettura”, dedicata alla spiegazione di ‘epiteto’, ‘patronimico’, ‘formule fisse’, una prima batteria di 12 esercizi, raggruppati in tre tipologie (comprensione / analisi /lessico). Segue una sezione -SCRIVERE, Guida alla parafrasi - con l’indicazione di procedere: a. riordinando le parole, b. capendo le parole difficili, c. riscrivendo il testo, ed esercitandosi poi sui versi successivi (= Iliade, vv. 10-23, nella traduzione di Rosa Calzecchi Onesti del 1950). Segue un’altra sezione - INSIEME è Facile - in cui viene riproposto il proemio nella traduzione in prosa di Giuseppe Tonna (1968) seguito da una seconda batteria di esercizi, suddivisi per tipologia (comprensione / analisi /lessico) con domande, necessariamente, molto simili a quelle proposte nella prima sezione. Il materiale dedicato al proemio dell’Iliade non è ancora finito: segue un’altra sezione - TRADUZIONI A CONTRONTO – in cui lo stesso proemio viene riproposto nella traduzione di Rosa Calzecchi Onesti (in 11 versi) e di Maria Grazia Ciani (in prosa, 1994). La batteria di esercizi, sempre suddivisa in sezioni (comprensione / analisi /lessico), propone esercizi sulle differenze tra le due traduzioni (ma dove e come l’alunno ha appreso a fare questo tipo di lavoro? Nel testo non c’è nulla in proposito (3).
Lo stesso schema è riproposto per il proemio dell’Odissea per il quale, in prima battuta, si presenta - nientemeno - la traduzione di Ippolito Pindemonte (in 16 versi, rispetto ai nove dell’originale,1818-1820). La riporto, di seguito, per rendere con maggiore evidenza la sproporzione, a tutti i livelli, tra il testo e il pubblico cui si rivolge. Magari strapperà un sorriso a chi, come me, l’ha affrontata decenni fa al ginnasio:
Musa, quell’uom di moltiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Iliòn le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L’indol conobbe; che sovr’esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni,
Mentre a guardar la cara vita intende,
E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
Ricondur desiava i suoi compagni,
Che delle colpe lor tutti periro.
Stolti! che osaro vïolare i sacri
Al Sole Iperïon candidi buoi
Con empio dente, ed irritaro il Nume,
Che del ritorno il dì lor non addusse.
Deh parte almen di sì ammirande cose
Narra anco a noi, di Giove figlia, e Diva.
Lo schema è lo stesso: un’introduzione di poche righe (assolutamente non in grado di rendere ragione di tutte le caratteristiche del testo che, a dire la verità, non è propriamente una traduzione), le note (tante quante i termini - conditi di numerosi ‘troncamenti’ - che un undicenne sicuramente non può conoscere), la solita batteria di esercizi, sempre organizzati per tipologie, che da tre passano a quattro (comprensione / analisi /lessico / grammatica).
Nella sezione lessico compaiono domande relative a perifrasi, flashback, prolessi (4). Segue una sezione Produzione nella quale si chiede allo studente di raccontare la vicenda di Odisseo “riscrivendo i versi 1-10 del proemio e conducendo la narrazione in terza persona. Se vuoi puoi iniziare così. “Odisseo è un uomo astuto …”.
Nella sezione seguente - INSIEME è Facile – viene riproposto il proemio nella traduzione in prosa di Giuseppe Tonna, seguito da una batteria di esercizi suddivisa nelle consuete tipologie (5). (comprensione / analisi /lessico / grammatica) con l’aggiunta di una proposta di produzione scritta (riassumere il contenuto del proemio dell’Odissea).
Nell’ultima sezione - TRADUZIONI A CONTRONTO – vengono proposte le traduzioni di Salvatore Quasimodo (in 12 versi, 1945) e di Franco Ferrari (in prosa, 2001), seguite da un’ulteriore batteria di esercizi, nell’ultimo dei quali si chiede di istituire un confronto tra le traduzioni di Pindemonte, Quasimodo, Ferrari.
Ora, sfido chi legge questo sterile elenco di indicazioni e di esercizi – per altro in forma estremamente riassuntiva – a non provare noia e fastidio. Chiedo di riflettere al fatto che questo insieme di nozioni (poche), informazioni (pochissime e quantomeno superficiali), traduzioni (troppe, assolutamente insignificanti per il destinatario, nella maggior parte dei casi, e senza una seppur minima contestualizzazione) sono proposte a un pubblico di undicenni, su tutto il territorio nazionale, indipendentemente dalla conformazione della classe, della provenienza sociale, culturale, economica degli alunni. Potrei entrare nello specifico, facendo notare che non si spiega cos’è un proemio (perché mai un bambino di undici anni dovrebbe saperlo?), dicendo che le note sono sbrigative anche nel caso di termini sicuramente desueti, che gli esercizi sono a dir poco confusi (le categorie sono fluttuanti, incerte e spesso propongono questioni mai affrontate in precedenza), le questioni di contenuto sfiorate o, semplicemente, eluse.
Non c’è nulla che possa attirare l’attenzione di un undicenne per il quale il proemio di un’opera epica è quanto meno estraneo (nell’adattamento in prosa adottato (5), non a caso, non c’è traccia del proemio). Non c’è nulla sui fatti narrati, sul mondo in cui si sono svolti, sui personaggi né su come tutto ciò è divenuto prodotto letterario, nel corso di quasi tremila anni. Non solo, si propongono esercizi sulle traduzioni legittimi solo in presenza dell’originale (che, per ovvi motivi, non può esserci). La traduzione, peraltro, è, di per sé, un’operazione complessa da tutti i punti di vista, linguistico e culturale (come ben sapeva il Monti (6). Non c’è nulla che faccia riferimento al senso dell’epica ‘omerica’, non c’è nulla a proposito di Omero, non c’è nulla che possa contribuire alla consapevolezza di un undicenne sui contenuti di Iliade e Odissea, sulle origini (prima che diventasse ‘genere’) e sul perché di tante traduzioni (che negli anni si sono moltiplicate, non sempre con esito felice, peraltro). Non c’è neppure un minimo di riflessione sulla cronologia di tutte le traduzioni proposte (le date tra parentesi sono una mia aggiunta).
Si esce da questa analisi con la sensazione precisa di qualcosa di raffazzonato, incoerente e sconnesso, messo insieme senza consapevolezza dei contenuti, dell’importanza di spiegare gradualmente ma sempre in modo corretto, calibrando le informazioni ma fornendole e documentandole, sempre. L’undicenne, qualsiasi undicenne, è in grado di comprendere, di riflettere e di criticare. E tutto ciò che apprende, tutto ciò su cui riflette, tutto ciò che osserva senza capire, entrerà a far parte della sua ‘attrezzatura’ per leggere, per scrivere, per comprendere il mondo e i suoi meccanismi: tutte questioni che saranno determinanti nel suo percorso futuro, a scuola e nel lavoro. Tutto questo in un mondo divenuto molto complesso, spesso sfuggente, in cui nella maggior parte dei casi gli undicenni di oggi saranno soltanto un granellino senza importanza nel ‘villaggio globale’, sfuggito al controllo e in grado di stritolare i più deboli (soprattutto se provengono da zone marginali, a qualsiasi latitudine) e di mandare avanti i più forti, per il livello culturale raggiunto (magari ‘altrove’ e, spesso, non solo per quello).
NOTE
1. Il gioco di parole è costruito sul modello 'compleanno / non compleanno' (in inglese, Birthday / Unbirthday) si trova nel sesto capitolo di Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (1871) (Through the looking-glass, and what Alice found there) di Charles Lutwidge Dodgson, noto con lo pseudonimo di Lewis Carrol.
2. Durante l’estate scorsa ho proposto la lettura di alcuni testi a figli di amici nel passaggio tra scuola primaria e scuola superiore di primo grado (in particolare: Mario Lodi, Bandiera, 122; Jean Giono, L’uomo che piantava alberi, 51 pagine; Judith Kerr, Quando Hitler rubò il coniglio rosa, 277 pagine, tra i tanti possibili), traendone profitto dal punto dei vista dei contenuti e da quello formale. Le pagine – 450 – non hanno rappresentato una mole eccessiva, anzi i bambini hanno chiesto altro materiale (mai sottovalutare i bambini!).
3. La traduzione è questione complessa, tanto più se l’originale è in lingue non più in uso (come il latino) o, se in uso (come il greco), in una forma molto diversa dal greco dei poemi omerici. In ogni caso proporre l’analisi di due traduzioni, in assenza dell’originale, senza notizie sugli autori delle traduzioni, senza nessuna dimestichezza con testi letterari in altre lingue né sulla forma epica, è quantomeno scorretto a meno che non si proponga una guida ragionata all’operazione, di cui nel libro in questione non c’è traccia.
4. Il termine ‘perifrasi’ (per indicare un procedimento espressivo che usa più parole in luogo di una) e i termini ‘flashback’ e ‘prolessi’ per indicare, rispettivamente, l’inserimento in una narrazione di un ricordo del passato o un’anticipazione del futuro, potrebbero essere noti all’alunno per averli incontrati in testi di narrativa contemporanei. Peraltro, nella sezione dedicata all’epica, andrebbero introdotti, esemplificati e contestualizzati prima di proporli nella parte operativa.
5. Roberto Piumini, Iliade in poche parole, Einaudi 2018
6. Monti ha dedicato un intero saggio solo alla traduzione del proemio: Considerazioni sulla difficoltà di ben tradurre la protasi dell'Iliade (1807)