IERI/OGGI
Le prfoessioni
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MATERIALITÀ E STORIA
NELLE OPERE DI BEPPE LOPEZLa scelta del dialetto nei suoi romanzi è stata determinata dalla convinzione che il dialetto sia per definizione il linguaggio degli umili e degli emarginati e che, di conseguenza, la lingua nazionale appartiene ai ricchi e ai colti. Crede che tutto questo valga ancora per la società italiana di oggi, omologata anche linguisticamente dalla televisione e dai media, e che quindi il dialetto sia ancora segno di indigenza culturale? Il dialetto non è per definizione il linguaggio degli umili e degli emarginati. Infatti - fino agli anni Settanta diffusamente e, in misura ridotta, tuttora - l’uso del dialetto è pratica comune da parte dei ceti colti, specie nei grandi agglomerati urbani per promiscuità edilizia, urbanistica e quindi sociale, ma anche nei piccoli centri per accentuata informalità nei rapporti interpersonali. Certo il dialetto diventa segnale di emarginazione quando, nei ceti e negli individui socialmente meno dotati, non è accompagnato alla conoscenza della lingua ufficiale e della cultura. A questo si aggiunga che, effettivamente, alcune lingue di comunità emarginate o periferiche rispetto allo sviluppo economico, «non integrate», sono significative e per qualche aspetto costitutive appunto della loro emarginazione e della loro perifericità. Il dialetto nella sua accezione di lingua materna - che quindi presuppone l’acquisizione successiva di un altro linguaggio (la lingua ufficiale, della comunicazione formale) – è per definizione il linguaggio dell’emotività e della materialità: abbiamo imparato, fin dalla nostra prima fase della capacità di intendere e di volere, ad usare quelle parole dialettali che rimangono intrecciate inestricabilmente con i concetti, i bisogni e le emozioni che con esse volevamo esprimere. ...
data: 29/06/2023 11:31
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GIORNO DELLA MEMORIA
IL MALE ASSOLUTO NON DEVE
ESSERE MAI DIMENTICATOCESIRA FENU
Sono trascorsi quasi ottant’anni da quel 27 gennaio 1945 e ben 90, il 30 gennaio 1933, dall’ascesa al potere di Hitler che ha marchiato a fuoco quello che è stato definito “il secolo degli stermini”. Nella vasta letteratura al riguardo segnalo il saggio dello studioso Franco Meroni (Milano, 1957) “Il Convoglio” che si occupa in particolare del convoglio partito da Bolzano il 5 agosto 1944 con 308 deportati italiani destinazione il Campo di Mauthausen, in Austria. Il libro, pubblicato da Mimesis per la collana “Le carte della memoria”, ricostruisce puntigliosamente e con profonda sensibilità, la vicenda di una variegata umanità che rappresenta uno spaccato della società italiana del tempo e come i deportati abbiano agito per una scelta morale, come i sacerdoti, o ideologica, come i politici, o per umanità come coloro che aiutavano soldati angloamericani ed ebrei. Tra i deportati vi sono partigiani, donne, operai della Breda di Sesto San Giovanni, politici, sacerdoti antifascisti. Tra essi don Roberto Angeli di Schio (Vicenza). Egli teneva a Livorno conferenze pubbliche in cui mostrava l’antiteticità della dottrina cristiana e del razzismo nazista. Meroni riporta una significativa frase: “Dio creò l’Uomo, non l’Uomo ariano”. Egli era impegnato nella rete di aiuto agli ebrei e ai militari alleati prigionieri che faceva capo al Vaticano da cui partivano documenti falsi per centinaia di persone nascoste nei paesi dell’Emilia Romagna e della Toscana. Arrestato nel maggio del 1944, viene prima condotto a Villa Triste e sottoposto a interrogatori e poi a Fossoli dove si darà da fare in tutti i modi per aiutare i compagni di prigionia. Da Fossoli partirà per Bolzano da dove su carri bestiame chiusi con solo una piccola apertura vicino al soffitto da cui entrava un refolo che a poco serviva nel caldo di agosto, stipati e senza potersi sedere o riposare, nell’assoluta promiscuità, raggiungerà Mauthausen e poi Gusen. Anche da internato, pur attraversando momenti di sconforto, reagisce con la fede profonda e vissuta nella pratica quotidiana con attenzione a chi sta peggio ...
data: 25/01/2023 17:11
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USA, DUECENTO CONTEE SENZA GIORNALI LOCALI, MILLESEICENTO CON UNO SOLTANTO
ALBERTO FERRIGOLO
da professionereporter.eu“Ogni due settimane si può leggere d’un giornale che chiude i battenti o che da quotidiano diventa settimanale, oppure diminuisce la sua redazione, fino a quando non si riduce a poco più che uno staff scheletrico pieno di studenti della j-school”. Da qualche tempo i giornali americani si occupano della progressiva sparizione del giornalismo locale, mettendo l’accento sul fatto che i quotidiani “stanno scomparendo là dove la democrazia ne ha più bisogno”, come recita un titolo del Washington Post del 27 dicembre, da cui è tratta anche la citazione iniziale dell’articolo. Nancy Gibbs, direttrice dello Shorenstein Center on Media, Politics and Public Policy presso l’Università di Harvard, sulla base dei grafici realizzati da Penny Abernathy, visiting professor alla Northwestern University, calcola che siano infatti circa 200 le Contee “senza giornali locali”, mentre altre 1.600 “hanno una sola testata”. COLLEGI ELETTORALI Tuttavia Gibbs, nell’analizzare la diffusione dei giornali e la loro presenza sul territorio, trae una conclusione che definisce specchio d’un “quadro allarmante”: viene fuori che gli stessi luoghi in cui le notizie locali stanno scomparendo “sono spesso anche gli stessi luoghi in cui si esercita un potere politico sproporzionato”. Inoltre, in base anche all’andamento demografico, “entro il 2040 un terzo degli americani sceglierà il 70% del Senato”. Cosa significa questo? Sulla base della legge elettorale americana, il Post calcola che “grazie al pregiudizio strutturale del Senato verso gli stati meno popolati, ciò conferisce a ciascuno dei quasi 600 mila elettori registrati nel South Dakota circa 28 volte più potere in quell’organismo rispetto a ciascuno dei 17 milioni di elettori in Texas. Quando si tratta di eleggere i presidenti, quell’elettore del South Dakota ha il doppio del peso nel collegio elettorale rispetto alla sua controparte del Texas”. Il punto, secondo il quotidiano della capitale americana, è che “gli elettori in circa la metà delle 66 contee del South Dakota hanno un solo quotidiano e sette contee non hanno alcun giornale”...
data: 11/01/2023 18:20
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AFFARI, LOBBY, CONSULENZE... D’ALEMA, LASCIA STARE. MA CHE C’ENTRA LA TUA STORIA CON TUTTO QUESTO?
BEPPE LOPEZ INTERVISTATO DA STORNAIOLO (32) Maestro, com’è andata poi con Massimo D’Alema? Con D’Alemaaa? A che proposito? A proposito di affari e lobby, dopo che qualcuno aveva fatto il nome dell’ex leader della sinistra ed ex premier, a margine, molto a margine del Qatargate, per la raffineria di petrolio di Priolo messa in crisi dai rapporti con i russi, per l’appunto, com’è andata a finire dopo il tuo post sui social? Guarda che con D’Alema non ho mai avuto rapporti tali per cui poi ci si dovesse/potesse chiarire su qualcosa. C’è stata la stagione (anni Settanta) in cui io facevo il cronista politico di Repubblica e lui il segretario della Federazione Giovanile Comunista. Poi, in Puglia, nei primi anni Ottanta, io dirigevo il Quotidiano di Lecce, e lui faceva il segretario regionale del Pci (molto contento di un giornale che molti temevano dovesse fare da agit-prop per il Psi e invece fu molto amato da tutti, meno che dal Psi, allora craxiano). Litigammo in una sola occasione sul caso della liberazione del giudice D’Urso rapito dalle Br: lui si aspettava che il giornale tenesse una linea ortodossamente vicina a quella del Pci-Scalfari (non pubblicare nulla delle Br), mentre noi ci tenemmo distinti sia da questa sia soprattutto da quella socialista (cedere al ricatto Br pubblicando i documenti delle Br). Noi, come giornale, non pubblicammo nulla delle Br, nemmeno una riga. Lo fecero invece i Magistrati Democratici, per scopi umanitari, con una pagina autogestita sul nostro giornale (consentita come pratica quotidiana dal nostro giornale, in totale e insindacabile autonomia, a favore di partiti e associazioni tenuti ai margini del dibattito politico, economico, ecc.). Apriti cielo. Si spaccò quella nobile associazione. Ne parlarono i telegiornali nazionali. Lui mi telefonò, rimproverandomi maldestramente addirittura una linea “craxiana”. Si ebbe la risposta che meritava un dirigente politico, che, da buon comunista trinariciuto, non distingueva. O con me o contro di me. D’Alema, quando fui fatto fuori dalla direzione del Quotidiano di Lecce, si espose a spada tratta in mio favore e della mia indipendenza. Salvo poi, di lì a qualche anno, a mettere in lista per la sinistra a Brindisi proprio l’uomo al quale gli spodestatori avevano affidato il giornale riducendolo a organo del gruppo di potere e sottogoverno socialista. Fu quella l’unica volta in cui scrissi a D’Alema, confessandogli di avere scoperto che veramente i comunisti erano trinariciuti… ...
data: 05/01/2023 15:25
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SECESSIONE:
RIUSCIRANNO
MELONI, FITTO
E CONTE
A SALVARCI DALLA LEGA (E DA BONACCINI)?Beppe Lopez intervistato da Stornaiolo (dialogo 31, ilikepuglia.it) Maestro, in Italia tira aria di secessione. Il Nord da una parte a chiedere indipendenza ed a prendersi il grosso del malloppo dalle tasse ed il Sud dall’altra a fare la josa perché, più che un’attribuzione, la presa di quei fondi sarebbe uno scippo. Si può fare questa vita? Una vita di scippo e rapine non è che il Sud la possa fare o meno. È semplicemente la vita del Sud. Da sempre, da quando da il Regno delle due Sicilie autonomo -fra i più importanti e prosperi d’Europa- diventò appunto Sud, appendice meridionale di un Regno d’Italia realizzato da un micro-Regno di Sardegna, con una serie di aiuti e appoggi internazionali. Sin dall’inizio, per oltre centosessant’anni, ogni giorno, con pensieri, parole, opere e omissioni, con libri leggi istituzioni eserciti partiti chiesa criminalità affari eccetera eccetera, le otto regioni “meridionali” italiane (ci metto per decenza anche Abruzzo e Molise, oltre alle due grandi isole, Sicilia e Sardegna) sono state sistematicamente derubate, spogliate, defraudate, rapinate, imbrogliate, raggirate, truffate e naturalmente sfruttate, oltre che abbandonate a sé stesse e fatte oggetto quotidiano di character assassination… Chiariamo subito, per i nativi italici. L’espressione inglese character assassination significa “distruzione della reputazione (è un processo intenzionale e duraturo che distrugge la credibilità e la reputazione di una persona, un’istituzione, un gruppo sociale o una nazione” (Wikipedia). Un’espressione che sembra perfettamente adatta alla situazione storica del Sud da te evocata. C’è tutto: l’intenzionalità dello sputtanamento, la durata nel tempo delle ruberie e dei danni… Non basta. Le ruberie e i danni subiti su iniziativa di avversari e nemici, cinici e strenui difensori dei privilegi e della vorace acquisizione di ogni opportunità da parte delle regioni settentrionali -ma anche dei cosiddetti ascari, miserabili deputati meridionali che ieri come oggi si mettono a disposizione del più forte- sono stati e sono niente rispetto ai furti e ai saccheggi direttamente e criminalmente imposti al Sud da governi e istituzioni che avrebbero dovuto rappresentare equamente gli interessi di tutti gli italiani e che hanno tradito invece i principi più elementari di giustizia sociale e persino di politica economica. A tutto questo, poi, vanno aggiunte la frustrazione di una comunità/sistema inchiodata a una immagine e a una vita di errori e di orrori, e la sua inevitabile, disperata reazione irrazionale e anche violenta...
data: 28/11/2022 12:46
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LA MELONI
E' L'EPIFENOMENO.
IL FENOMENO
E' UN PAESE DOVE
A VINCERE SONO
COLORO CHE
AVEVANO TORTOBeppe Lopez intervistato da Stornaiolo (dialogo 30, ilikepuglia.it) Allora? Allora che? Maestro, non faccia lo gnorri. Vogliamo cominciare a parlare del nuovo governo del Paese - di destra-centro, guidato per la prima volta da una donna – insediatosi il 22 ottobre scorso? Il nostro ultimo dialogo è del 10 ottobre. Era così titolato: CONSERVATRICE O REAZIONARIA? GIORGIA MELONI ORA DEVE DECIDERE COSA VUOLE FARE DA GRANDE. E allora? Dopo quasi un mese di attività e polemiche, anche molto aspre, si può capire se la presidente del Consiglio abbia preso la strada della conservazione o della reazione? L’ho detto e lo ripeto: la ragazza – ci venga consentito questo gentile riferimento anagrafico – è una politica di professione ma è tosta. Sa usare tattica e strategia, il registro dell’appeasement e le impuntature. Fa l’istituzionale, perché gli serve e gli servirà ancora per accreditarsi specie in Europa, ma è chiaro che non vuole e non potrà mai dimenticare il suo sistema di valori (o disvalori, a seconda dei punti di vista). Meloni deve fare i conti con la mancanza di una vera e propria classe dirigente di governo nel suo partito, ma anche in quelli dei partiti alleati significativamente guidati da un Berlusconi ormai fuori registro e un Salvini fuori registro in servizio permanente effettivo. E deve fare i conti, naturalmente, pure con la propria inesperienza in materia di linguaggi, procedure, convenzioni e modi nei rapporti istituzionali e internazionali. Solo col tempo si capirà, per esempio, se l’incidente con Macron e la Francia, sull’immigrazione, sia stato determinato solo dall’inesperienza e da equivoci o anche dall’essere Meloni caparbiamente contraria e strutturalmente inadatta ...
data: 17/11/2022 21:15