IERI/OGGI

RAPPORTI
UOMO-DONNA COSA E’ CAMBIATO
DAL '68 AD OGGI

IL DIALOGO DEL LUNEDI’
Beppe Lopez intervistato da Antonio Stornaiolo (ilikepuglia.it)

Il tuo bellissimo romanzo d’esordio, Capatosta, è dedicato ad una donna, tenera e delicata, capace di tenere in pugno il mondo subendone però di ogni. La storia è ambientata alla metà del secolo scorso. Da allora, come sono cambiate le donne?
“E’ cambiato il mondo, prima di tutto. Il contesto. I valori (o disvalori) dominanti. Bisognerebbe prima interrogarsi sulla natura e sulla consistenza di questi cambiamenti complessivi, poi sul ruolo della donna e sui suoi rapporti con gli uomini, nel frattempo cambiati anch’essi. O no? Una questione evidentemente assai vasta e complessa. Tanto per cominciare, quel personaggio soprannominato Capatosta per la sua testardaggine e il suo orgoglio non è propriamente significativo dello stato femminile nella sua epoca. Le donne, allora, soggiacevano al potere maschile, al ruolo in sé prima ancora che all’esercizio diretto e magari brutale dell’autorità maschile. Era dato per scontato. Sia fra i borghesi sia fra proletari e sottoproletari. Anzi, fra questi ultimi, essendovi i caratteri e i comportamenti meno filtrati dall’educazione e dalle buone maniere, i rapporti erano forse più dinamici e variegati. A meno che a una popolana non capitasse di dover dividere la propria vita con un ubriacone o con uno smidollato (passivo fuoricasa e violento in casa) come Cilluzz’…
E di prenderle di santa ragione, senza alcuna ragione.
“Di qui la ribellione di Iangiuasand’ la Capatosta. Un ribellismo individuale, però, senza prospettive di emancipazione. Il contesto, le condizioni sociali non lo consentivano. Tutto è cambiato con il Sessantotto”.
Il solito Sessantotto, sempre lui…
“No, non quello su cui tanto si è scritto e dibattuto, sui giornali e nei salotti romani. Il vero Sessantotto è quello che ha cambiato in concreto, profondamente, i rapporti fra le persone, specie nelle aree e nei ceti meno investiti dal benessere e dalla modernità. Un cambiamento radicale a carattere anti-autoritario. Chi non ha vissuto quel passaggio epocale nemmeno può immaginare cosa sia successo. Allora l’Italia e gli italiani sono passati, dalla pre-modernità, in una società investita da un forte processo di democratizzazione e modernizzazione, di laicizzazione e di abbattimento dei ruoli, sino ad allora prefissati, immodificabili e autoritari. E’ questo che ha determinato anche il progressivo, profondo cambiamento del rapporto fra maschio e femmina, fra padre e figlia, fra marito e moglie…”.
Eppure le cronache e le statistiche dei femminicidi sono tuttora impressionanti. L’anno scorso sono state 102 le donne uccise nell’ambito familiare/affettivo, 70 per mano del partner o ex partner.
“Sono convinto che il problema della violenza e della penalizzazione subite dalle donne anche in Italia sia molto più grave e profondo di quanto non dicano quei numeri e quei fattacci filtrati dal sistema mediatico. Prima del Sessantotto, per schematizzare, le cose erano più chiare: diretti discendenti dei trogloditi che trascinavano per i capelli la donna nella propria caverna, il capofamiglia comandava e nessuno poteva contestare. In questo mezzo secolo i rapporti uomo/donna sono diventati assai complessi e distorti, manipolati e manipolabili, frammentati e connotati da un forte individualismo. In questo quadro, la liberazione femminile da uno status di minorazione ancestrale, incistàtosi nei millenni su dati biologici, è oggi bloccata e mistificata da una montagna di adulterazioni”.
Per esempio?
“Si arriva a far valere lo stato di minorazione di cui soffrono la gran parte delle donne, specie se appartenenti a famiglie e ambienti meno dotati di risorse, come occasione e pretesto per avanzamenti di carriera apicali da parte di poche donne, spesso già avvantaggiate da una situazione familiare e socio-economica avanzata, che sono riuscite a primeggiare in organizzazioni professionali maschiliste con comportamenti ad esse adeguate e da esse richiesti”.
Stai parlando delle quote rosa… E il femminicidio? Perché non ti piace l’uso che si fa di questa parola, nei codici e nell’informazione?
“Sono favorevole da sempre a una legislazione per principi, mentre oggi in Italia si tende a fare una legge su misura per ogni comportamento umano da sanzionare. Poi, perché è una espressione schematica, che si presta a valutazioni schematiche. Nel comportamento di un uomo che uccide la propria moglie, due figli e sé stesso non c’è solo l’istinto del possesso della propria donna, ma anche e soprattutto una vita vissuta senza consapevolezza e senza condivisione, l’amore disperato, l’inettitudine esistenziale, la paura della solitudine, l’incapacità di concepire una vita diversa da quella che si ha, l’infelicità, il senso di fallimento, la depressione, l’ansia, l’autolesionismo… Troppe per etichettarle”.
Cosa consigli al “guerriero maschio” per convincerlo ad accettare l’alterità femminile?
“Cominciare accettando la propria alterità. Una volta si diceva: accettare la femminilità che è in te. In realtà, bisogna accettare e comprendere la propria complessità per capire e accettare la complessità degli altri, degli uomini così come delle donne, della propria compagna…”.