IERI/OGGI

E' ARRIVATO
IL TELEVISORE
CHE CI GUARDA,
CI CONTROLLA
E POTREBBE
ANCHE VOTARE
MA NESSUNO
DICE NIENTE

MICHELE MEZZA

Su Sky Glass niente da chiedere da parte di sindacati e consumatori? Da settimane i 500 canali Sky stanno pompando il lancio del nuovo televisore SkyGlass, Il televisore che ci guarda, ci controlla e potrebbe anche votare. Decine di spot al giorno con una cinguettante Laura Pausini che sollevata dall’incombenza di cantare Bella Ciao, si dedica anima e corpo a promuovere il nuovo apparecchio della tv satellitare.

Tutto si può dire del nuovo evento meno che non sia noto. Sky spiega dettagliatamente che il televisore avrà una grande potenze intrusiva nelle nostre case grazie ad una dotazione di intelligenza artificiale in grado di poter selezionare e classificare ogni nostra emozione o movimenti che si compia attorno ad esso. Potrà memorizzare e combinare i dati sulle nostre scelte di visione: tipologia di programmi, durata di utenza, interruzioni, e soddisfazione o meno per lo spettacolo. Inoltre essendo un dispositivo a comando vocale potrà anche interpretare dal tono e timbro delle voci che ascolterà quanti siano davanti alla televisione e quali relazioni hanno fra di loro. Un vero elettrocardiogramma emotivo del nostro tempo libero.
Insomma una tv peggio di Alexa che non si farà i fatti suoi. Che ci guarderà con più attenzione e malizia di quanto le riserveremo noi.
Ma poi, tutta questa roba che fine farà? Dove andrà a finire la massa di dati che verranno raccolti? In quale server? Attraverso quale cloud? Con quali regole e garanzie?
Nonostante lo strombazzamento pubblicitario nessuno al momento ha mostrato di essere interessato a queste domande.
Non l’Agcom che dovrebbe valutare l’impatto del nuovo apparecchio sul pluralismo mediatico. Infatti Sky, essendo proprietaria del televisore, di una parte dei programmi e anche dei sistemi di connessione inevitabilmente si propone con un soggetto incumbent, come dicono quelli che sanno, sul mercato. Potrà, avendo esclusivo accesso a dati rilevanti e sensibili del pubblico, ricavare informazione preziosissime per intuire le preferenze e le predisposizioni degli utenti ai diversi format.
Soprattutto se il televisore fosse molto diffuso, e Sky manovrando i diversi servizi, come appunto l’abbonamento ai programmi e il servizio WiFi, potrebbe renderlo molto conveniente e popolare, la piattaforma satellitare potrebbe comodamente soppiantare Auditel, diventando il titolare dei dati di ascolto più fedeli e attendibili. Dunque si ipotizza anche una violazione alle leggi della concorrenza che la relativa Autority dovrebbe vagliare. Sarebbe come dare in appalto ad un privato la zecca di Stato.
Ma il dato più macroscopico riguarda proprio la privacy: avere nel proprio salotto un grande orecchio che possa combinare i nostri comportamenti digitali con quanto esprimiamo attraverso le nostre conversazioni sarebbe una evidente minaccia per ogni riservatezza domestica.
Inoltre, potendo registrare la nostra voce il televisore, evidentemente a sua insaputa immagino, si troverebbe anche a disporre di campioni vocali con i quali qualche malintenzionato che riuscisse a forzarne l’accesso ai server, potrebbe prelevare per entrare di soppiatto nei dispositivi privati azionati da password vocali appunto.
Siamo dinanzi ad una mossa del cavallo di Sky che sovverte tutta la gerarchia del mercato mediatico, rimettendo dopo mezzo secolo al centro del sistema proprio il segmento considerato più superato e vetusto come appunto sembrava l’elettrodomestico. Dopo il telecomando, il decoder e lo streaming, l’accesso all’abbondanza dell’offerta audiovisiva sarebbe guidato dal televisore.
Una mossa che dovrebbe suscitare almeno la curiosità, se non l’iniziativa, da parte di componenti sociali, politiche e istituzionali che dovrebbero bilanciare il potere della proprietà del sistema con gli interessi degli utenti. Sindacati e associazioni dei consumatori dovrebbe chiedere un confronto per capire come si intendano assicurare quelle garanzie che l’Europa ha fissato nei suoi ultimi provvedimenti, come il Digital Service Act e il Digital market Act, oltre il gia collaudato DGPR sulla gestione dei dati.
Sono questi soggetti, in particolare consumatori e sindacati, a dover attivare le autorità di garanzie per definire paletti e regole allo strapotere prefigurato dal nuovo circuito mediatico che Sky mette in campo.
La questione dovrebbe interessare anche il mondo dell’informazione, innanzitutto i giornalisti e i loro organismi di rappresentanza, perché è evidente che si ipotizza un’alterazione delle dinamiche e della trasparenza nel flusso comunicativo. Sapere esattamente come si comportano e cosa pensano i propri utenti, elaborando riservatamente dati personali modifica la relazione fra produttori e utenti delle informazioni, delineando un modello personalizzato, diretto e rischioso ai fini di una manipolazione individuale dell’offerta di notizie. La campagna elettorale non è forse l’occasione migliore per intervenire. Ma fra una settimana, dopo il voto, sarebbe il caso di capire cosa sta succedendo, anche perchè la prossima consultazione potrebbe risolversi automaticamente in una raccolta di dati vocali direttamente estratti da Sky.