IERI/OGGI

"LA SPARIZIONE",
UN ROMANZO
STORICO
E DI FORMAZIONE

ROSA ROSSI

Non è usuale, credo, che la recensione di un libro sia l’ultimo di una serie di incontri ravvicinati con il libro da recensire. È quello che mi è capitato con La sparizione di Valentina Chiarini, di recentissima pubblicazione per i tipi della casa editrice Dialoghi. 
Ho conosciuto l’autrice in occasione della presentazione del suo primo romanzo, I Capaci. Storia di una famiglia, Pendragon 2017. Da allora sono passati alcuni anni durante i quali abbiamo mantenuto un dialogo basato sul confronto. L’oggetto del confronto si incentra sulle nostre letture, a volte distanti a volte se non coincidenti per lo meno sovrapponibili. Poi, sui consigli di lettura o, ancora, su preferenze e, perché no, insofferenze per questo o quel genere, per questo o quell’autore.
Qualche mese fa, tra un titolo e un altro, mi ha parlato di un suo nuovo romanzo, in fase di correzione di bozze. Si fa scrupolo di chiedermi una lettura. Insisto.
L’ultima lettura delle bozze è stato dunque il primo incontro con il testo ancora in formato digitale. È un lavoro con il quale ho una certa consuetudine, non mi spaventa.
Non ho considerato, nell’assumermi il compito, il rischio di essere coinvolta dalla narrazione. Non è un problema da poco quando si tratta di correggere le bozze. Ben presto mi rendo conto che, nel leggere, la vicenda prende il sopravvento sull’attenzione alle questioni grafiche. Man mano che la vicenda procede, mi rendo conto di dover tornare sui miei passi per rileggere al fine di eventuali correzioni. Questa circostanza, senza dubbio, è un punto a favore della narrazione.
Alcuni aspetti mi incuriosiscono in modo particolare.
Così una volta esaurito lo spoglio delle correzioni (poche per la verità), ci soffermiamo a parlare di questioni più intriganti: il sistema dei personaggi, la genesi della vicenda, le implicazioni storico-culturali, politiche e sociali che ne emergono, i dintorni del testo (le epigrafi che costellano i titoli rinviando a importanti testi filosofici e letterari alternati a citazioni da canzoni che hanno segnato un’epoca: i Beatles, Lucio Battisti, Lucio Dalla …), ecc.
E questa conversazione, aggiungendosi ai nostri scambi di opinioni sui libri, diventa il secondo appuntamento con il romanzo in questione.
Il terzo appuntamento è rappresentato da un post dell’autrice pubblicato alla metà di ottobre con l’annuncio della prima presentazione del romanzo, fissata per il 28 ottobre, nel circolo Arci di Viterbo, il Cosmonauta, nel quartiere di Pianoscarano. Una bella iniziativa. Faccio mente locale: quel giorno in realtà dovrò essere a Viterbo per altri impegni. Posso organizzarmi per essere presente alla presentazione. Magari potrò contribuire al dibattito con una domanda o un intervento.
Quando mi arriva il messaggio che annuncia la defezione del relatore e la richiesta di prenderne il posto, si delinea il quarto appuntamento. Ho letto il romanzo, ne ho parlato con l’autrice. Mi manca solo un momento per fare mente locale e prendere qualche appunto organizzato. Non affronterei mai una presentazione senza prima aver preparato uno schema con le questioni più importanti organizzate in modo schematico, così come non ho mai affrontato una classe senza avere chiaro l’argomento da trattare.
L’ambiente è accogliente, il pubblico numeroso. Pongo immediatamente la questione centrale: dover parlare di un libro senza scendere nei particolari perché il lettore sia coinvolto nella narrazione come è capitato a me. E non perché si tratti di un giallo, anche se almeno un elemento del giallo c’è (la sparizione del titolo). Ma perché si tratta di una vicenda che implica questioni storiche, politiche, sociali, di costume e, non ultime, economiche (e per di più, queste ultime da un punto di vista di un settore, quello agricolo, bistrattato e trascurato ormai da decenni). Per molti aspetti può essere definito un romanzo storico che ruota attorno a una data (il 1961) in cui gli avvenimenti sono stati tanti e diversi, segnando in profondità quanti, direttamente o indirettamente, li hanno vissuti (l’eclissi totale di sole, il primo uomo nello spazio, le dichiarazioni di J. F. Kennedy a proposito del Vietnam, ecc.). In prima persona ricordo l’eclissi di sole. Avevo dieci anni. Valentina non se lo può ricordare: è più giovane di me. Ma li ha saputi ricostruire, intessendo la vicenda intorno a fatti che hanno segnato i decenni successivi. Ne è nato quasi un dibattito, condito di riferimenti a saggi ormai datati ma assolutamente da rileggere (uno tra tanti: i due volumi di Günther Anders, L’uomo è antiquato, originariamente pubblicati alla metà degli anni Cinquanta). Da questo punto di vista, La sparizione, è un romanzo storico nel quale peraltro sono forti gli elementi di un romanzo di formazione. I protagonisti sono giovani divenuti adulti negli anni Sessanta che hanno vissuto il rifiuto, il disagio, le trasformazioni in decenni complicati e che, arrivati ad oggi, guardano indietro per cercare di capire in che modo, dove e perché certi meccanismi si sono inceppati, lasciando disillusione e poco più. Il rimedio? Leggere tanto, crearsi una biblioteca che faccia da supporto alle disillusioni.
Post scriptum: nei miei appunti non avevo incluso il titolo di Günther Anders. Mi è tornato alla mente mentre ferveva il dibattito. Se anche lo avessi appuntato, non avrei comunque evitato l’errore di definirlo un autore tedesco. Mai commettere questi errori, quando tra il pubblico c’è un tedesco molto colto di filosofia. Günther Anders è austriaco e ha scritto pagine da leggere e rileggere. Da tenere presenti anche mentre si legge un romanzo storico, di formazione, con una trama intrigante che ogni lettore potrà scoprire e decodificare in prima persona.