IERI/OGGI

SECESSIONE:
RIUSCIRANNO
MELONI, FITTO
E CONTE
A SALVARCI DALLA LEGA (E DA BONACCINI)?

Beppe Lopez intervistato da Stornaiolo (dialogo 31)

Maestro, in Italia tira aria di secessione. Il Nord da una parte a chiedere indipendenza ed a prendersi il grosso del malloppo dalle tasse ed il Sud dall’altra a fare la josa perché, più che un’attribuzione, la presa di quei fondi sarebbe uno scippo. Si può fare questa vita?

Una vita di scippo e rapine non è che il Sud la possa fare o meno. È semplicemente la vita del Sud. Da sempre, da quando da il Regno delle due Sicilie autonomo -fra i più importanti e prosperi d’Europa- diventò appunto Sud, appendice meridionale di un Regno d’Italia realizzato da un micro-Regno di Sardegna, con una serie di aiuti e appoggi internazionali. Sin dall’inizio, per oltre centosessant’anni, ogni giorno, con pensieri, parole, opere e omissioni, con libri leggi istituzioni eserciti partiti chiesa criminalità affari eccetera eccetera, le otto regioni “meridionali” italiane (ci metto per decenza anche Abruzzo e Molise, oltre alle due grandi isole, Sicilia e Sardegna) sono state sistematicamente derubate, spogliate, defraudate, rapinate, imbrogliate, raggirate, truffate e naturalmente sfruttate, oltre che abbandonate a sé stesse e fatte oggetto quotidiano di character assassination…

Chiariamo subito, per i nativi italici. L’espressione inglese character assassination significa “distruzione della reputazione (è un processo intenzionale e duraturo che distrugge la credibilità e la reputazione di una persona, un’istituzione, un gruppo sociale o una nazione” (Wikipedia). Un’espressione che sembra perfettamente adatta alla situazione storica del Sud da te evocata. C’è tutto: l’intenzionalità dello sputtanamento, la durata nel tempo delle ruberie e dei danni…

Non basta. Le ruberie e i danni subiti su iniziativa di avversari e nemici, cinici e strenui difensori dei privilegi e della vorace acquisizione di ogni opportunità da parte delle regioni settentrionali -ma anche dei cosiddetti ascari, miserabili deputati meridionali che ieri come oggi si mettono a disposizione del più forte- sono stati e sono niente rispetto ai furti e ai saccheggi direttamente e criminalmente imposti al Sud da governi e istituzioni che avrebbero dovuto rappresentare equamente gli interessi di tutti gli italiani e che hanno tradito invece i principi più elementari di giustizia sociale e persino di politica economica. A tutto questo, poi, vanno aggiunte la frustrazione di una comunità/sistema inchiodata a una immagine e a una vita di errori e di orrori, e la sua inevitabile, disperata reazione irrazionale e anche violenta.

Ma intanto il Nord vuole la secessione.

La “secessione dei ricchi” -perché di questo si tratta- anche in questo caso è semplicemente la secessione degli ex-poveri che, appena si vedono un po’ di ben di Dio tra le mani, subito pensano egoisticamente a mettersi in proprio. Quando il Veneto per sopravvivere esportava seducenti cameriere e generose balie non ha mai pensato a mettersi in proprio. E in Puglia? Sinché ha avuto una economia arretrata, anzi arretratissima, e prima che la globalizzazione premiasse le spiagge incontaminate e i vecchi borghi storici, mai nel Salento ho sentito gridare alla autonomia del Grande Salento. Ci ho vissuto tre anni, alla fine degli anni Settanta, e le rivendicazioni che si elevavano al cielo, nei confronti di Bari e del resto della Puglia, riguardavano piuttosto una superiorità culturale in parte motivata e in parte enfatizzata.

Ma a uno che vuole secèdere, che gli vuoi dire?

La prima cosa che gli direi è che mettersi in proprio -in un mondo tutto interconnesso, in una economia globale dove non si può muovere uno spillo in Cina senza risentirne a Palmariggi, in un pianeta di cui tutti viviamo quotidianamente le stesse opportunità e sempre più spesso le stesse problematiche -è solo da fessi e da autolesionisti. Di più: una velleità irrealizzabile. Nessuno si salva da solo. L’unione fa la forza. Il giorno dopo che conquisti la tua autonomia, già cominci a capire che devi lavorare per recuperare accordi, patti e connessioni. Leggevo proprio l’altro giorno: “Brexit, ecco perché è iniziata la (silenziosa) retromarcia”…

A meno che i secessori questa volta non cambiassero metodi e passassero alla pura rapina?

Hai ragione. Ed è un po’ quello che sta succedendo. Dopo aver lucrato per centosessant’anni, dopo aver tentato il colpo gobbo con la bossiana “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”, adeguatamente spernacchiata, dopo aver costituito nientemeno il Parlamento della Padania con un autoproclamato Governo provvisorio della Repubblica Federale della Padania, la Nazionale di calcio della Padania e il concorso bellezza Miss Padania -il tutto altrettanto spernacchiato- adesso, infurbiti dall’esperienza fallimentare di questi decenni, Calderoli e compagni si sono avvicinati spudoratamente alla pura rapina. Sai della “spesa storica”, no? C’è un Comune ricco che ha avuto la possibilità di spendere molto per gli asili nido, per esempio, e uno, magari meridionale, che in asili nido ha potuto investire assai poco. Bene, arrivano un po’ di soldi per gli asili nido e tu che ti aspetti? Che ne vadano un po’ di più a favore degli italiani che hanno meno asili nido. Invece gli astutissimi leghisti si sono inventati il criterio della “spesa storica”. Quanto ha avuto e speso sinora Treviso per gli asili nido? Dieci milioni? Che gli si diano dieci milioni, anzi di più. Quanto ha avuto e speso invece Carbonara di Bari sinora in materia? Niente? Allora non le si dia niente.

Poi arriva il Recovery Fund…

Racconta a tal proposito il nostro amico Pino Aprile, che il Sud “per la presenza della più vasta area europea con la più alta disoccupazione e i più bassi redditi, guadagna circa 200 miliardi. Senza il Sud, sarebbero stati la metà. Applicando i criteri di ripartizione europei, il Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale, il parlamentare europeo Piernicola Pedicini, gli esperti della Regione Campania e quelli del Comune di Messina hanno scoperto (nell’ordine) che al Sud spetterebbero dal 66 al 70 per cento del totale, ovvero da poco meno a poco più di 140 miliardi. Mentre il governo ne promette 82 (finti) e, certificati, nel Pnrr ce ne sono soltanto 22, forse 35”. Ma ormai il gioco è chiaro, grazie anche al grande contributo di Gianfranco Viesti. E nel governo vi sono in posizione eminente una presidente nazionalista e un ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr come Raffaele Fitto. Non mancano nemmeno le spine. Non mi sfugge che fra le tre Regioni che hanno imposto al centro del dibattito il riconoscimento di maggiori forme di autonomia alle Regioni a statuto ordinario vi sia, accanto alle leghiste Lombardia e Veneto, la sinistra Emilia-Romagna, presieduta da Stefano Bonaccini, tanto giovane, nonostante la barba, da non aver fatto il Sessantotto e da avere avuto meno di dieci anni quando fu ucciso Moro e abortì il suo progetto di “democrazia compiuta” elaborato con Berlinguer. Ecco: mi auguro proprio che non sia lui il nuovo segretario del Pd. Gli ho sentito dire cose che non mi rassicurano sul principio fondamentale in questione, almeno per la sinistra: che chi ha di meno deve avere di più di quelli che hanno di più.

Sì, va bene, ma il Nord sembra proprio arrivato a due passi dall’agognata autonomia: lo chiamano “regionalismo differenziato”… Ma la Costituzione che dice? Veramente si possono dividere le tasse a seconda di chi ha dato di più e di chi ha prodotto di più? E i lavoratori che dal Sud sono emigrati al Nord rendendolo proficuo ed operoso a noi chi ce li ridà indietro? I veneti chiedono di decidere su tutto: dalle scuole alle bollicine che ci devono stare in una bottiglia di prosecco… Una via di mezzo, politicamente seria, ci sarebbe?

Capisco e condivido il tuo allarme. In questi anni ho cercato di scrivere della questione, in termini allarmati, appena e dove mi è stato possibile. Ma la nuova situazione politica, con il protagonismo di Meloni e Fratelli d’Italia e la Lega salviniana superata nei consensi persino da Calenda, ha cambiato radicalmente il quadro politico di riferimento. Quelle che prima apparivano pericolose astuzie e insidiose accelerazioni di Calderoli ora appaiono quasi delle sbruffonate. Tutti hanno capito: si trattava e si tratta di truffa. E i regional-truffatori sono ormai in minoranza nel governo. È chiaro che non bisogna mai abbassare difese e vigilanza, ma la barzelletta sporca della “spesa storica” ormai se la possono raccontare solo nel sottoscala di via Bellerio. Alcune regioni vorranno richiedere ulteriori competenze legislative rispetto a quelle previste dall’art. 117 della Costituzione? Intanto prima bisognerebbe fare una riforma costituzionale per la restituzione alla Stato di competenze come quelle sull’energia e sulle grandi reti. E poi c’è la perequazione prevista dall’art. 119 destinata ai “territori con minore capacità fiscale per abitante”. E poi bisognerà predisporre “risorse aggiuntive” e “interventi speciali” in favore di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di cui promuovere sviluppo economico, coesione, solidarietà sociale, rimuovendo squilibri economici e sociali al fine di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona. Ah, poi bisogna determinare e garantire i “livelli essenziali delle prestazioni”, uguali per tutti i cittadini della Repubblica…

Mi pare che sia diventato un ottimista in materia. Ti ricordavo molto, molto preoccupato.

Il punto più basso in materia di confusione fra decentramento e autonomia lo si raggiunse con la modifica del Titolo V della Costituzione: l’errore storico di Prodi e D’Alema, allora occupatissimi a lisciare il pelo alla bestia leghista, peraltro promossa a “costola della sinistra” dal più conseguente erede del togliattismo. Più recentemente, specie nei momenti di maggior successo e potere della Lega -quando i suoi esponenti di governo e di Regioni trattavano quasi in privato, fuori dal Parlamento, la più potente riforma attuabile sul corpo del Paese, cioè la sua sostanziale divisione in una Italia ricca e una Italia povera- abbiamo veramente corso il rischio della secessione. Da allora, però, ne è passata acqua sotto i ponti. Nel bene e nel male. Quel bellimbusto di Salvini ha cancellato la Lega Nord aspirando ai “pieni poteri” su un’Italia guidata dalla Lega Salvini Premier. Ha ricevuto dagli italiani quello che si meritava, una solenne spernacchiata. Così, ora mi pare che non sia proprio aria di secessione. Sì, il ministro Calderoli si dà molto da fare con carte e progetti. Ha presentato ufficialmente una bozza di proposta sul regionalismo differenziato. Ritiene che stavolta sarà proprio la nazionalista Meloni a lisciare il pelo alla bestia leghista, che a sua volta si impegnerebbe a lisciare il pelo al presidenzialismo meloniano. Ma in gioco è un principio assai ardito: il diritto alla salute in proporzione al reddito prodotto localmente in una regione. Si tratta, spiegano i tecnici, “di stabilire una proporzionalità diretta fra le imposte riscosse da un certo ente territoriale (comuni, province, città metropolitane e regioni) e le imposte effettivamente utilizzate dall’ente stesso. Cioè è il recupero di quello che si chiama residuo fiscale” (Ivan Cavicchi, docente all’Università Tor Vergata di Roma, esperto di politiche sanitarie): e il residuo fiscale delle Regioni del Nord, già per il 2015, era quantificato in 100 miliardi dalla Cgia di Mestre… Ecco, a naso, credo che ai rubagalline della Lega sarà consentito ancora di lucrare nei meandri governativi e sottogovernativi ai danni del Sud, ma che il colpo grosso se lo scordano.

Sicuro?

Conto sul bieco nazionalismo di Meloni, sulla sua arcaica romanità, sull’amore di Fitto per Maglie, e sul populismo, sulla demagogia e sui torvi interessi elettorali dei Cinquestelle…

E il Pd?

Te lo dico dopo l’elezione del nuovo segretario se conto sul Pd per l’opposizione al disegno napoleonico di Calderoli

Non ti fidi proprio di Bonaccini?

Tu quanti anni hai?

Sessantuno

E di dove sei?

Nato a Napoli, cresciuto a Bari.

E ti fideresti di un cinquantacinquenne, nato e cresciuto a Campogalliano, in provincia di Modena, mimetizzato dietri quegli occhiali a goccioloni e quella barba da finto vecchio?