Giornalisti. Si vota per eleggere i delegati al congresso nazionale della FNSI, il sindacato della categoria. Un po’ di storia non fa male. Ma temo che della passione e dell’entusiasmo di allora siano rimaste poche tracce.
TUTTO COMINCI0’ NEL 1970. Il movimento dei giornalisti democratici nasce ai primi di gennaio del 1970 nelle stanze dell’Astrolabio, il settimanale fondato da Ernesto Rossi e diretto da Ferruccio Parri. A farlo nascere è un gruppo di giornalisti della Rai-Tv, dell’Astrolabio, della Stampa, del Giorno, di Paese Sera, dell’Unità, dell’Espresso e dell’Agenzia Italia. Qualche nome: Sandro Curzi, Alberto La volpe, Gianfranco Spadaccia, Federico Bugno, Giulio Mazzocchi, Sergio Turone, io per l’Astrolabio. Nasce sull’onda del ’68 e delle lotte operaie del 1969, in seguito alle quali molti giornali “moderati” avevano accentuato il loro carattere repressivo e reazionario. A Roma i giornalisti democratici intendono esercitare la loro azione, oltre che all’esterno, nell’ambito dell’associazione della stampa romana, corporativa, dominata da elementi di destra (alcuni dichiaratamente fascisti), eletti con un listone unitario che non ammette divergenze.
Due riunioni preparatorie si tengono, sempre all’Astrolabio, il 17 e il 21 gennaio. E il 25 gennaio si svolge nel teatro dei satiri l’assemblea costituente del “Movimento dei giornalisti democratici per la libertà di stampa”. E’ un successo. Aderiscono più di quattrocento giornalisti della Rai, dell’Unità, del Giorno, della Stampa, di Paese Sera, dell’Avanti, della Voce repubblicana, del Corriere della Sera, dell’Ansa, dell’agenzia Italia, dell’Adn-kronos, dell’Espresso, dell’Astrolabio, di Rinascita, di Sette giorni, di Mondo nuovo, di Panorama, di Vie nuove, di Tempo Illustrato. E’ la maggioranza del giornalismo attivo della capitale. Qualche nome, oltre quelli già citati: Andrea Barbato, Sergio Milani, Piero Pratesi, Enrico Nassi, Marco Sassano, Arturo Gismondi, Mario Signorino, Enzo Forcella, Miriam Mafai, Regnato Venditti. Aderiscono anche Eugenio Scalfari e Sergio Zavoli.
Non ci sono al teatro dei satiri giornalisti del Tempo e del Messaggero, tranne Albanese del Messaggero in semi-incognito. Ma il fuoco era stato acceso. Il 21 gennaio a Milano vengono manganellati e dispersi dalla polizia i giornalisti del “Comitato dei giornalisti per la libertà di stampa e la lotta contro la repressione”, che avevano aderito a una manifestazione del movimento studentesco. Quanto al Messaggero, l’Astrolabio del 1° febbraio riportava: “Al Messaggero si è preferito adottare il pugno di ferro, come nelle fabbriche: alla vigilia dell’assemblea del 25 un paio di firme stilavano una lettera di incondizionata solidarietà a Missiroli; circa metà della redazione, malgrado le intimidazioni, la rigettava. Martedì riprendeva l’azione: i redattori si sono visti presentare un nuovo appello in cui, oltre alla solidarietà con Missiroli, venivano criticati alcuni punti programmatici del movimento. Le intimidazioni si facevano più pesanti: alle 19 solo dodici redattori resistevano nel rifiuto di firmare. Alle venti veniva ritirato l’appello, ma alle ventuno ne veniva ripresentato un altro, senza più accenni a Missiroli, ma con un’esplicita dichiarazione di lealtà nei confronti della categoria (no alla sindacalizzazione) dell’Ordine e della Federazione. Questa volta si minacciava più pesantemente e anche la pattuglia dei sovversivi finiva col cedere”.
Ai primi di marzo si tiene a Roma la seconda assemblea del movimento, in vista del primo convegno nazionale. Un folto gruppo di giornalisti propone un ordine del giorno che impegna il movimento alla “lotta per l’abolizione dell’Ordine, struttura corporativa e repressiva, che impedisce la piena realizzazione dell’esercizio della libertà di stampa”. Il documento è firmato da Adolfo Battaglia, Marco Pannella, Federico Bugno, Ennio Capecelatro, Carlo Gregoretti, Mino Monicelli, Giuseppe Loteta, Ivan Palermo, Francesco Pratico, Mario Signorino, Gianfranco Spadaccia, Massimo Teodori, Sergio Turone. Dopo un’aspra polemica con i fautori di un mantenimento dell’Ordine, anche se riformato, il documento è ritirato per non spaccare il movimento nel suo primo anno di vita. L’assemblea nazionale si terrà a Milano dall’11 al 15 marzo. Sarà presieduta da Eugenio Scalari. La mozione conclusiva è una sintesi unitaria delle varie posizioni emerse nel dibattito. E’ eletto un comitato di coordinamento composto da Barbato, Bocca, Brancoli, Bugno, Curzi, Dell’Acqua, Donat Cattin, Gismondi, Lucas, Mazzocchi, Notarianni, Rossetti, Signorino e Spadaccia.
Le elezioni per il rinnovo delle cariche all’associazione stampa romana si svolgono il 10 e l’11 maggio. Il movimento dei giornalisti democratici presenta una sua lista, interrompendo la pratica elettorale della lista unica che ha sempre favorito le forze e gli interessi più retrivi del mondo giornalistico romano. Il risultato è lusinghiero. Per poco non si conquista la maggioranza. Sono eletti cinque consiglieri: Curzi, La Volpe, Bugno, Mazzocchi. Non ricordo il quinto. Io, ahimè, sono stato il primo dei non eletti.
(*) Facebook, 13 dicembre 2018