Rispetto a queste categorie, lei, signora Di Cesare, come si colloca? Vede, a differenza sua, a me non interessa diffamare e ostracizzare. Mi piacerebbe invece, se vorrà, dialogare, come la filosofia richiede. E, ove necessario, darle ragione e, per così dire, dare a Di Cesare quel che è di Di Cesare: con il Gorgia di Platone, appartengo anch’io a quel genere di uomini che ama essere confutato ancor più che confutare.
L'accademica e il forbito opinionista
uno scontro istruttivo
E’ passato in secondo piano, nelle scorse settimane, un istruttivo scambio di opinioni (e di parole denigratorie) fra la studiosa e docente Donatella Di Cesare, e il saggista e opinionista Diego Fusaro. Questi è noto, fra i telespettatori, per il linguaggio forbito e un po’ demodé con cui sostiene le sue tesi controcorrente, dichiarandosi "allievo indipendente" di Hegel e Marx, e ammiratore di Gramsci e Giovanni Gentile. A parte gli insulti (e le deformazioni), i due testi usciti rispettivamente sull’inserto letterario del Corriere della Sera e in un blog su ilfattoquotidiano.it, sono interessanti (e formativi). Insieme costituiscono un bel documento sui filoni di cultura politica e sugli equivoci ideologici con i quali ci toccherà presumibilmente fare i conti ancora per un bel po’. Ecco le due puntate dello scontro.
“Un sovranista da reality. I garbugli di Diego Fusaro”. E’ questo il titolo di un’intera pagina dell’inserto La Lettura firmata da Di Cesare, filosofa, saggista, editorialista ed accademica italiana, studiosa di Heidegger e dell’ebraismo, romana , classe 1956, a proposito del giovane Fusaro, torinese, classe 1983.
I GARBUGLI DI DIEGO FUSARO, UN SOVRANISTA DA REALITY
Il filosofo torinese, classe ‘83, è un abile funambolo, spesso ospitato in tv, che sdogana con un lessico pomposo le più banali teorie complottiste e le pulsioni autoritarie contro gay, femministe e immigrati. Si dice cultore di Marx ma blandisce gruppi di destra
di Donatella Di Cesare
La conduttrice si lascia andare a un sorriso mellifluo e complice. Sta per dare la parola a un ospite che, lusingata, chiama «professore». Tuonano i primi slogan: «turbocapitalismo apolide», «stanno sostituendo i popoli europei coi migranti», «l’antirazzismo in assenza di razzismo fa il gioco del potere», «così viene contrabbandato il mito omosessualista», il «nuovo ordine mondiale non tollera Stati-nazione e famiglie». Avranno invitato in Tv un esponente di CasaPound? Ormai avviene anche questo. E invece nel video fa capolino la ricercata abbronzatura di Diego Fusaro, mentre la telecamera indugia sulla chioma scapigliata e il glauco sguardo accattivante. L’apparenza è sorretta da una spigliatezza vanesia e una loquacità che ha il ritmo del gergo calcistico. Prodotto inquietante dell’Italia odierna, Fusaro si fa passare come uno «di sinistra» (e se lo ammette lui?!), mentre scandisce parole d’ordine della nuova destra, aggressiva e astuta, capace di una straordinaria presa mediatica. Dissimulazione e raggiro sono le armi di quest’abile funambolo, che a ben guardare è il sovranista della porta accanto.
Ecco svelato il segreto del suo successo. Che cosa c’è di meglio che ascoltare, rifritti in salsa aulica, i propri più abietti e inconfessabili sentimenti contro migranti, femministe, omosessuali, vegani e apolidi di ogni sorta? Per di più in modo così semplificato? Le formulette di Fusaro, postate sui social media o proclamate con piglio professorale nei canali televisivi, compresa la Rai, sono un toccasana. D’un tratto tutto è chiaro: da una parte «noi», i buoni, che stiamo in «basso», vessati, precarizzati, circuiti; dall’altra «loro», i cattivi, che stanno in «alto», i burattinai dei mercati, i burocrati europei, ma anche i mondialisti, tacciati di essere gli agenti occulti della globalizzazione. Così questo novello Zarathustra del «primato» nostrano e sovrano, che si spaccia per «pensatore anti-sistema», viene a svelarci i complotti di cui saremmo vittime. Lo fa con arte sopraffina, mimando il lessico pomposo del «filosofo» nell’immaginario collettivo italiano e infarcendo lo sproloquio con citazioni a caso, un po’ Marx e un po’ Heidegger, un po’ Gramsci e un po’ Gentile. Tanto in questo Paese, dove l’analfabetismo di ritorno ha raggiunto vertici epocali e l’ignoranza non ha più remore a esibirsi, chi controlla? In un attimo l’effetto esotico è raggiunto — quanto basta per lasciar intendere a chi non sa, o non vuol sapere, che questo singolare personaggio, che «pensa altrimenti», sia davvero un promettente filosofo, che le sue lunghe parafrasi, di cui riempie libri e messaggi, siano frutto di riflessione profonda e originale.
Sennonché quei paroloni altisonanti non veicolano che bieche ideuzze e subdole nozioncine per un pubblico facile da abbindolare. Caricatura della filosofia, tirata in ballo nello spazio pubblico solo per venire sbeffeggiata! Uno schiaffo a chi lavora seriamente. Eppure in Italia non mancano filosofe e filosofi, giovani e giovanissimi, molti dei quali sono stati costretti a cercare fortuna all’estero. Quale lezione dovrebbero trarre dall’indecoroso riconoscimento tributato in patria al ciarpame? Molti si sono espressi nella Rete, dove Fusaro — di cui gira un fake Diego Fuffaro (@FuffaroDiego) — è ormai apertamente schernito. Le responsabilità non sono solo di media, tv, giornali, siti web. Ha le sue colpe la filosofia sia per aver taciuto, o talvolta persino plaudito, sia per quel rinserrarsi nell’astruso accademichese che lascia campo libero all’antipolitica. Non sono estranee neppure le case editrici che ne hanno pubblicato i volumi. Feltrinelli ha affidato la monografia su Gramsci a chi ne fa un gentiliano dell’ultima ora, una sorta di fascista. Lo stesso vale per Marx, ridotto a mero paladino dell’anticapitalismo.
Si potrebbe ignorare Fusaro, se non fosse per due motivi. Anzitutto perché resta il caso di questa ambigua figura, quasi icona della contemporaneità, incarnazione dello stato in cui versa la cultura italiana. Inoltre perché i suoi garbugli iperideologici, con cui proclama la fine di tutte le ideologie e il superamento di destra e sinistra, si sono rivelati ben più dannosi di quanto si volesse ammettere. I suoi slogan, reiterati ossessivamente, hanno certo contribuito alla vittoria del governo Lega-M5S, di cui Fusaro non ha remore a farsi portavoce. All’indomani della sua uscita dal mondo accademico — che sia «professore» è una fake news — la sua posizione è venuta alla luce. Non si parli di commistione tra destra e sinistra, di «rossobrunismo»! Perché qui di rosso non c’è nulla. Da che parte si dovrebbe situare chi sottolinea la «parabola» che «dall’Internazionale comunista conduce all’odierna Internazionale liberal-finanziaria» (Pensare altrimenti, Einaudi)? Per criticare quella sinistra socialdemocratica che ha mostrato sudditanza verso il potere, non sostenendo i lavoratori e chiudendo i porti, non serve certo inseguire questa peripezia fascistoide. Fusaro riprende a piene mani, riassumendo e banalizzando, l’insegnamento del suo maestro Costanzo Preve, che ha finito per essere un negazionista della Shoah e per pubblicare presso editori di estrema destra. D’altronde Fusaro collabora con «Il Primato Nazionale», testata vicina a CasaPound, forza politica che non disdegna di frequentare.
Si vuol dire che è un fascista del terzo millennio? Oppure un neonazista? Non proprio. È un sovranista che indica nell’Europa «un progetto criminale», ammira Putin, è vicino agli antiabortisti, antisemita quanto basta, scopertamente omofobo, cultore dell’«identità», fautore di un ritorno degli Stati-nazione, con la loro vecchia sovranità e i muri innalzati contro gli immigrati. Di questi parla come se non fossero persone, libere di scegliere, bensì strumenti per quella «sostituzione etnica» divenuta il mito del neofascismo odierno. Fusaro è maestro solo del complottismo, quell’ossessione paranoica per i poteri forti — il «governo mondiale», la «casta», le «élites» — che da qualche parte reggerebbero le sorti della storia; malattia del mondo disincantato, bisognoso di certezze e semplificazioni, la favola del complotto, facile da propagare e difficile da confutare, è il pilastro del populismo odierno. Come definire l’inedito mix reazionario di Fusaro? Forse neppure serve definirlo. L’importante è vederne con chiarezza le componenti, senza sottovalutarlo. Non sappiamo forse già dove in passato hanno portato questi discorsi che oggi in Italia hanno aiutato l’estrema destra a diventare forza di governo?
22 ottobre 2018
DONATELLA DI CESARE SUL CORRIERE MI ACCUSA DI TUTTO.
LA MIA RISPOSTA AL SUO POCO SOCRATICO ARTICOLO
di Diego Fusaro
In un divertente articolo su “La Lettura” del Corriere della Sera, Donatella Di Cesare, studiosa di Heidegger e dell’ebraismo, mi dedica un’intera pagina. La ringrazio di cuore per la generosa considerazione (che di solito si tributa a un Heidegger o a un Gadamer), ancorché il suo articolo sia ampiamente denigratorio e degno, purtroppo, di un nervosissimo odiatore (detto hater) della rete più che di un composto studioso quale mi dicono che ella sia. Ma tant’è.
Vorrei primieramente rassicurare la signora Di Cesare, che mi accusa disinvoltamente e con lampante livore di essere di fatto un “non proprio” neonazista, parafascista, sovranista, omofobo e antiabortista (spero di non averne dimenticata nessuna e, se l’ho fatto, chiedo venia). La rassicuro, cara signora Di Cesare, e disambiguo la situazione: lo scrivente non è neonazista né fascista, né sovranista né omofobo. Sicuramente pensa altrimenti rispetto al pensiero unico dominante e, dunque, anche rispetto a lei. Sono un seguace di Marx e Gramsci, non di Hitler e Priebke (per inciso, ritengo vi sia la grave mancanza di un capitolo su Marx nel libro della Di Cesare su Heidegger e gli ebrei). Di Carlo Marx e Antonio Gramsci – che, come molta parte dell’intellighenzia del quadrante sinistro, la signora Di Cesare assume come ideali numi tutelari, salvo poi non aderire in nulla al loro paradigma di pensiero dialettico, hegeliano e anticapitalista – condivido appieno la lotta di classe, l’universalismo (l’unità della razza umana), la ricerca operosa di una società pienamente democratica ed egualitaria, tra individui egualmente liberi, affrancata da ogni discriminazione, comprese quelle di classe su cui lei e il pensiero unico non dite quasi mai nulla.
E dunque? Quale nazismo, signora Di Cesare? Spero si renda conto, da fine studiosa quale mi dicono lei sia, della portata delle sue tesi denigratorie, la cui funzione è trasformare il suo interlocutore in un mostro intoccabile, sì da non doversi dialogicamente confrontare con lui e magari anche da fare in modo che gli sia negato ogni spazio di libera espressione. Non è quello il telos del suo livoroso articolo, signora Di Cesare? Metodo poco liberale, davvero, e forse più vicino a quel totalitarismo nero da cui pure vorrebbe metterci in guardia.
Capisco che la pratica del rovesciare la scacchiera e del procedere per proscrizioni, insulti e diffamazioni sia prassi ormai consolidata nella società dello spettacolo che lei tanto diffama (e a cui pure, talvolta, non disdegna di prendere parte, salvo errore: m’era parso più volte di intravvederla su Rai3 la mattina). Capisco, ancora, che quando sul placido argomentare socratico (logon didonai) prevalgono l’insulto, la diffamazione e l’attacco personale, ciò è la prova della condizione di debolezza del nostro interlocutore. Capisco ancora che la neolingua ci ha abituati al fatto che in fondo, le comode categorie preimpostate (fascista, omofobo, xenofobo, ecc.) ci dispensano dalla fatica del concetto e dallo sforzo di un confronto serio sui temi. Capisco ancora – e ne sono lusingato – che questo metodo inquisitoriale è lo stesso che si trova, ad esempio, nei suoi studi su Heidegger e l’antisemitismo. Trascuro qui, per carità di patria, l’infamante accusa di negazionismo al mio compianto maestro Preve: accusa che è totalmente falsa e, oltretutto, di pessimo gusto, essendo Costanzo da tempo passato al mondo dei più, da cui non gli è dato di replicare.
Capisco tutto questo, ma mi permetto socraticamente di farle notare, con umiltà e pacatezza, che spesse volte l’insulto, la calunnia e la diffamazione offendono chi li pronunzia ben più di colui al quale sono rivolti. Temo sia il suo caso. Ce ne faremo tutti una ragione, ad ogni modo. A sollevare vanamente macigni si rischia solo che, poi, ci ricadano in testa.
Lasci che le spieghi celermente perché. In primis, il suo articolo, rigurgitante di rancura in ogni rigo, avvalora – e gliene sono grato – le tesi del mio Pensare altrimenti circa la neolingua e la diffamazione permanente cui oggi va incontro ogni pensiero non allineato. In effetti, è così e lei ha suffragato ciò. Anziché esaminare le mie categorie (piccole o grandi che siano) e procedere con la docile forza del logos, ha preferito la popolosa via della scomposta diffamazione mediante reductio ad absurdum: dandomi del “non proprio” neonazi, del “non proprio” fascista, dell’omofobo (senza “non proprio” stavolta). In tal guisa, lei si sente dispensata dalla fatica dell’argomentare e io sono silenziato come un nazista, omofobo, ecc. Addirittura la signora Di Cesare si avventura a sostenere che io sono antisemita! Perché critico le politiche estere di Israele? Perché critico l’operato del turbofinanziere Soros? Anche in questo caso, reductio ad absurdum che dice assai più sul criticante che sul criticato.
Il fatto che io critichi spietatamente l’odierno totalitarismo glamour del capitale non vuol dire – come invece la signora Di Cesare sembra sostenere – che il sottoscritto approvi i regimi del passato, che anzi critica con eguale forza. Eppure, la critica del passato può diventare un alibi per accettare il presente. Forse è il caso della signora Di Cesare, i cui testi traboccano di condivisibilissime critiche all’antisemitismo nazista e poco o nulla ci dicono del classismo come discriminazione coessenziale alla società di libero mercato.
La tesi centrale di Pensare altrimenti era che la neolingua dei padroni del discorso diffama aprioricamente e senza discussione critica il pensiero non affine all’ordine della classe dominante. Lo fa affidandosi al ceto intellettuale, composto da tanti De Cesare che, senza argomentare, solo diffamano e ostracizzano. Et voilà, la Di Cesare ora avvalora la tesi di Pensare altrimenti. Il nuovo ordine simbolico di completamento del nuovo ordine mondiale classista diffama come fascista chi non aderisca ai moduli della società liberale di mercato deregolamentato; come omofobo chi non aderisca ai moduli della società post-familiare di atomi unisex consumatori (per incidens, il mio Il nuovo ordine erotico di questo parla, senza mai attaccare – cara signora Di Cesare – gli omosessuali e anzi riconoscendo la piena naturalezza dell’omosessualità); come antisemita chi critichi le politiche di Israele e il suo vile massacro di palestinesi; come complottista chi non aderisca alla narrazione propagata dai padroni del discorso, narrazione che sempre legittima l’interesse della classe dominante e sempre nuoce a quello della classe dominata; come populista chi aderisca al punto di vista della massa sofferente nazionale-popolare e non a quello della “aristocrazia finanziaria” (categoria, cara Di Cesare, che mutuo da quel complottista di Carlo Marx, così complottista da pensare che vi fossero dei dominanti e che essi facessero ideologicamente passare per interesse universale il loro interesse particolare).