FATTI

Tav, bordelli, crollo dell'economia
e il governo è in gran tempesta

Alessandro Cardulli (*)

«Ahi serva Italia, di dolore ostello,/nave sanza nocchiere in gran tempesta,/ non donna di province, ma bordello!». Il sesto canto del Purgatorio della Divina Commedia riporta un’invocazione di Dante contro un’Italia divisa in fazioni, nave senza comandante, che non sa far altro che litigare sterilmente al suo interno. Richiamiamo Dante perché è sperabile che i gialloverdi che ci governano conoscano il grande fiorentino, noto anche agli studenti delle medie. Non osiamo richiamare Gramsci o Norberto Bobbio con i loro scritti sulla democrazia, i governi, il popolo oppure, per venire ai tempi nostri, Stefano Rodotà.
Bordello: non c’è migliore definizione per un governo che sta gettando il Paese in un baratro scuro, come e peggio della selva dantesca. Lo dimostrano i nuovi dati resi noti dall’Istat. L'economia italiana nel 2018 è cresciuta dello 0,9%, in netto rallentamento rispetto al +1,6% del 2017. Lo comunica l'Istat che, in base ai dati più approfonditi, ha rivisto al ribasso la stima preliminare di un aumento del Pil pari all'1%. Il nuovo dato è inferiore alle previsioni del governo di fine dicembre, che indicavano per il 2018 una crescita dell'economia dell'1%. L'anno scorso il debito pubblico italiano è salito al 132,1% del Pil contro il 131,3% del 2017, calcola l'Istat in base alle nuove stime sul prodotto interno lordo e ai dati dell'ultimo bollettino di finanza pubblica di Bankitalia. A dicembre scorso il governo aveva previsto per il 2018 che il debito si attestasse al 131,7% del Pil.
Ancora sul piano dell’economia, rivela Il Messaggero che ci sarebbero “obiezioni difficilmente superabili” nel rapporto, ancora riservato, elaborato dalla Ragioneria Generale dello Stato, un documento che sarebbe fortemente critico sull'impostazione finanziaria contenuta nell’“accordo di massima” raggiunto con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Dal ministero degli Affari regionali si minimizza, osservando come “sull'impianto generale e in particolare sul sistema di finanziamento dell'autonomia differenziata c'è l'accordo con il Mef” ed evitando di commentare "ipotetiche note". Le osservazioni contenute nel rapporto rilanciato dal
quotidiano, non ancora "formalizzate", starebbero in realtà creando tensioni all'interno del governo, visto che si evidenzia come le intese non saranno - come promesso – “a costo zero” per lo Stato. Stando a stime dell'agenzia Fitch, per il solo Veneto vale un surplus di 6-6,5 miliardi di euro, che non è chiaro su chi ricadrebbe.
Il Viminale evoca i bordelli per combattere e sconfiggere le mafie. Bordello, sì, i cui protagonisti principali vanno a dormire dopo aver inondato i media di tweet, ad opera dei loro scribacchini (gli uffici stampa, quelli veri, professionali, sono altra cosa) e di dichiarazioni fasulle, rilanciate dai social. Bande anonime, che con la professionalità giornalistica hanno ben poco a che vedere, diffondono notizia false. Sì, bordello, tanto che il ministro dell’Interno, Salvini Matteo, non trova di meglio che annunciare di voler riaprire le “case chiuse”, bordelli appunto che non esistono più legalmente dal 1958 (legge Merlin). Il ritorno ad una vergogna cammellata, a sessanta anni fa. Dice il capo leghista, quello che indossa i giubbetti della polizia: “Ero e continuo a essere favorevole alla riapertura delle case chiuse. Non c’è nel contratto di governo, perché i Cinquestelle non la pensano così, però io continuo a ritenere che si debba togliere alle mafie, alle strade e al degrado questo business, anche dal punto di vista sanitario. Per me il modello austriaco è quello più efficiente”. Pensate un po’, addirittura il Salvini, ripetiamo ministro dell’Interno, invoca i bordelli per “combattere e sconfiggere le mafie”. Il corpo delle donne usato per dare smacco alla malavita organizzata. Un ministro dell’Interno così non lo si trova in nessuna altra parte del mondo. Dice sempre il Salvini (pensate quanta premura ha per i problemi italiani): “Non aggiungiamo problema a problema, chiudiamo quelli aperti prima di riaprire le case chiuse”.
Ma in Veneto, è cominciata la campagna parlamentare per istituire un albo che regolamenti la prostituzione. La quinta commissione del Consiglio regionale ha dato il via libera alla proposta avanzata da Antonio Guadagnini di Siamo Veneto, come riporta Il Fatto Quotidiano. Ora deve essere approvata dal Consiglio e seguire l’iter di approvazione statale per riformare la legge Merlin.
Lasciamo i bordelli o, meglio, passiamo ad un altro bordello. Non c’è altro modo per definire una vicenda al limite della tragicommedia che si chiama Tav. A tarda ora - avviene ormai sempre così quando si tratta di “comunicazioni” del governo, fonte Palazzo Chigi - si fa circolare la notizia, tanto che Repubblica apre a tutta pagina con questo titolo: “Il governo prepara la mini-Tav. Nuova analisi per ridurre i costi”. Il quotidiano racconta nei servizi di alcuni dei suoi più autorevoli giornalisti che “il governo definisce la strategia per uscire dall’angolo sull’Alta velocità Torino –Lione e far partire i bandi di gara entro marzo senza perdere così 300 milioni dell’Unione europea”. Bandi di gara,dunque, non una finta partenza. Ma Toninelli, il ministro dei trasporti, pentastellato, si affretta a dire che i bandi di gara sono “ricognizioni fra le imprese” e “non ci preoccupano”. Solo uno come costui poteva fare una affermazione del genere. Ribadendo profondamente, come Movimento Cinquestelle - diceva nel corso di una visita ad un cantiere del Ponte di Annone Brianza - “il suo no alla Tav senza alcun pregiudizio”.
Il Pd non la prendeva troppo bene e annunciava con la capogruppo in Commissione Trasporti della Camera, Raffaella Paita, la presentazione di una mozione di sfiducia per Toninelli che ha bloccato i cantieri in tutta Italia, ha preso in giro gli italiani e “per essere stato di fatto commissariato”. Il 3 febbraio (un mese fa) – afferma Paita – “Di Maio aveva definito la mini-Tav una 'super cazzola'. Oggi apprendiamo che Conte sposa la linea mini-Tav dettata dalla Lega”. Si tratterebbe di uno “scambio”. In cambio della mini-Tav, la Lega metterebbe un freno alla legge che assicura l’autonomia delle Regioni, che creerebbe ulteriori spaccature fra i pentastellati. Da Palazzo Chigi, dai cui locali era partita la notizia della mini-Tav, arriva la smentita. “Il premier Giuseppe Conte non ha aperto a nessuna ipotesi di mini-Tav né ha mai richiesto un ulteriore contributo all'analisi costi-benefici dell'opera, contributo che è stato invece sollecitato dal Mit”.
Ancora una dichiarazione rilasciata dalla Paita: “Da questa vicenda emerge una sola certezza. Toninelli deve dimettersi: per avere detto che lo scavo non era mai iniziato, salvo poi dal suo ministero scrivere che ci sono già diversi km scavati del tunnel di base oltre ai 25 km di gallerie servizio. Ha mentito o è incapace; per avere dato il via libera ai bandi solo ora grazie alla lotta della società civile e politica di tutta Italia ma dicendo che tanto ha sei mesi per revocarli. Allora perché non li ha pubblicati quando a settembre poteva farlo? Sta giocando sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini con continui rinvii; la sua analisi costi-benefici come abbiamo sempre detto è inaffidabile e ha fatto perdere tempo e credibilità al paese. Salvini mente o è incapace e Toninelli se ne deve andare se decide Salvini anche le bugie da dire agli italiani”.
Le fa eco Maurizio Martina, candidato alla segreteria del Pd. Intervistato da Rai News 24, afferma: “È giusto presentare una mozione di sfiducia perché il ministro Toninelli è oggettivamente inadeguato. Prima se ne va e meglio è per il Paese". Mozione di sfiducia anche al Senato da parte del Pd. Oltre alla Tav, il ministro Toninelli - dicono i senatori del Pd - sta incomprensibilmente bloccando decine di altre opere pubbliche. È troppo anche per un ministro Cinquestelle. Il Pd anche in Senato presenterà una mozione di sfiducia contro di lui. Posizione condivisa anche da Forza Italia: “La mini-Tav è una maxi presa in giro nei confronti dei cittadini, degli elettori del movimento Cinquestelle e delle imprese. Ma come si può pensare, come paese, di attirare investimenti se siamo governati da gente che rimette in discussione impegni già presi, fondamentali per potenziare il nostro export?”, si chiede Sestino Giacomoni, vicepresidente della commissione Finanze alla Camera e membro dell'Ufficio di presidenza di Forza Italia.
Il presidente del Consiglio, smentendo la notizia dell’accordo sulla mini-Tav, notizia filtrata da Palazzo Chigi, afferma che “non ha mai anticipato nessun giudizio, mentre ha sempre ribadito e ancora ribadisce che verrà presa, nella massima trasparenza, la migliore decisione possibile nell'interesse esclusivo del Paese e dei cittadini all'esito dello studio attento del dossier e del confronto politico che ne conseguirà”. Danilo Toninelli ribadisce il “no senza alcun pregiudizio” del Movimento Cinquestelle all'opera: “Il Tav può anche servire e sono felice se dopo il 2070 serve, ma io sono il ministro delle infrastrutture e mi sento responsabile se domani crolla un altro ponte e muore qualcuno, anche se giuridicamente non lo sono, perché avrei potuto impiegare le risorse del Tav per fare manutenzione a quella infrastruttura”.
Tria tranquillizza i francesi: “Ci sarà una evoluzione positiva”. Ad accrescere il “bordello” arriva la dichiarazione del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che si trova in Francia per il forum economico franco-italiano. Al suo omologo Bruno Le Maire, che ha detto che Parigi è favorevole al progetto, ha risposto: “Ci sarà una evoluzione positiva perché sono i fatti che ci portano in questa direzione. C'è una legge e per cambiare ci sarebbe bisogno di un'altra legge, ma non credo sarà così”. Interviene anche il ministro francese con delega ai Trasporti, Elisabeth Borne: “È giunto il momento per gli italiani di confermarci se vogliono realizzare questo progetto. Il governo francese vuole portare a termine l'opera e attende una risposta dall'Italia”. Fa capire che i tempi devono essere rapidi. Non dà termini precisi, ma dalle sue parole sembra che i giorni a disposizione dell'Italia per dare una risposta definitiva alla Francia non siano poi così tanti. La richiesta di tempi rapidi suona come un ultimatum. Fra Roma e Parigi esiste un accordo e la linea Torino Lione è indispensabile per il trasporto merci. “Si fa fatica a comprendere la posizione del governo”. afferma Borne: “Il progetto è stato stabilito in un trattato tra Francia e Italia. L'abbiamo voluto insieme”.
 
(*) www.jobsnews.it