C'è chi "dilaziona i tempi del ritorno in edicola per favorire progetti editoriali concorrenti". Questo il grave atto di accusa del comitato di redazione della "Gazzetta del Mezzogiorno", assente in edicola dal 31 luglio scorso. Indice puntato contro le "tattiche spregiudicate di imprenditori il cui unico scopo appare, dopo aver gettato in strada i lavoratori, quello di dilazionarne i tempi di ritorno in edicola, con azioni civili e penali, per favorire progetti editoriali concorrenti". Ma leggiamo per intero il significativo comunicato emesso ieri dal cdr.
«Sono ormai due mesi che, nel silenzio spesso colpevole delle istituzioni e al cospetto di evidenti manovre sleali, i giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno sono costretti alla inattività e alla cassa integrazione a zero ore insieme ai colleghi poligrafici: 134 lavoratori e le loro famiglie che vivono, da tre anni, una tormentata e sofferta gestione aziendale affidata ai Tribunali e i cui esiti appaiono lontani e ignoti. Giornalisti e poligrafici hanno lavorato per tre lunghi anni in condizioni economiche precarie, anche senza prendere lo stipendio, senza una guida editoriale ferma e lungimirante, ma hanno comunque fatto il loro lavoro per garantire a tutti i cittadini pugliesi e lucani di continuare ad essere informati su ciò che accade nei loro territori e nel Paese. La procedura per l'assegnazione definitiva della testata sembrava essere la soluzione a tutti i mali, stante anche l'interesse economico mostrato da vari gruppi imprenditoriali, ma ancora una volta i tempi delle procedure e della giustizia si stanno rivelando incompatibili con quelli delle attività economiche e del diritto di informare e di essere informati, beni pur tutelati dalla Costituzione. L'improvvida scelta – comunicata ai lavoratori con appena 48 ore di preavviso – compiuta dalla società aggiudicataria del relativo bando provvisorio, la Ledi srl del gruppo Ladisa ristorazione, di interrompere le pubblicazioni il 31 luglio scorso, malgrado i 3 mesi di proroga accordati dal Tribunale di Bari, ha interrotto l'attività di un organo di informazione che per oltre 134 anni ha tutelato e garantito i valori costituzionali in due grandi regioni del Sud. Lo abbiamo scritto nei giorni scorsi al presidente Mattarella e al presidente Draghi: la Gazzetta del Mezzogiorno è andata in edicola anche quando il Paese era afflitto dalle Guerre mondiali e da due mesi invece è costretta a rinviare il suo quotidiano appuntamento con i lettori a causa delle tattiche spregiudicate di imprenditori il cui unico scopo appare, dopo aver gettato in strada i lavoratori, quello di dilazionarne i tempi di ritorno in edicola, con azioni civili e penali, per favorire progetti editoriali concorrenti. La sospensione delle pubblicazioni ha creato una voragine nella continuità di questa gloriosa storia dell'informazione nel Sud d'Italia. Una voragine a cui le istituzioni regionali e locali, al netto dei comunicati di circostanza, non hanno prestato degna attenzione, riservando in alcuni casi parole di attenzione unicamente nei confronti della compagine imprenditoriale che ha interrotto le pubblicazioni del giornale, e abbandonando invece al loro destino tutti i lavoratori.
Nei prossimi giorni il Tribunale di Bari affronterà nuovamente la vicenda della Gazzetta. «Speriamo lo faccia presto e bene, senza comprimere i diritti di difesa di alcuno, ma anche senza lasciare spazio ad azioni dilatorie compiute dalla Ledi, ormai è palese a tutti, che nel frattempo si sta attrezzando per avviare una nuova impresa editoriale, effettuando casting su casting anche tra gli stessi giornalisti e poligrafici mollati per strada, e prosegue azioni giudiziarie che, basta leggerle, non hanno come fine, che pure sarebbe legittimo, quello di tornare a editare la Gazzetta del Mezzogiorno ma unicamente di impedire che il giornale abbia un altro editore».
I rappresentanti sindacali, «non assisteranno inermi alla battaglia che si sta svolgendo sulle loro teste e contro le loro famiglie e avvieranno ogni azione per tutelare tutti i loro diritti, sinora così gravemente compressi grazie alla indifferenza e alla complicità delle istituzioni locali».