Mi è capitato tra le mani un libro progettato per essere studiato più che per essere semplicemente letto. Capita, quando si hanno amici che leggono quanto e forse più di quanto faccia io. Sono rischi da correre se si ama leggere e approfondire quello che si legge. La lettura non è mai solo lettura.
C’è sempre il rischio di essere catapultati dentro un mondo o una questione che meritano studio e approfondimento. Soprattutto se il libro racchiude 26 mappe che diventano molte di più, considerando che ogni mappa viene presentata in più varianti. E se ogni mappa affronta una diversa questione ‘romana’.
Il libro si intitola Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana (Donzelli Editore, 2019). Gli autori - Keti Lelo, Salvatore Monni, Federico Tommasi – sono ricercatori. Nel testo è confluita una ricerca avviata nel 2016 (esattamente dieci anni dopo il mio abbandono della capitale, senza rimpianto ma con qualche cruccio mai elaborato fino in fondo) e tuttora in corso (https://www.mapparoma.info).
Perché mi attira un libro fatto di mappe? La risposta si trova, con ogni probabilità, nelle cartine mute che si usavano un tempo a scuola sulle quali gli alunni erano invitati a posizionare fiumi, laghi, città. Mi è rimasta, di quei tempi, l’idea che capire una carta geografica è fondamentale e che, di conseguenza, può essere fondamentale ‘leggere’ le 26 mappe cui gli autori hanno affidato la ‘lettura’ di Roma.
Un altro rischio della lettura consiste nello sfogliare il libro prima ancora di cominciarne la lettura, magari soffermandosi sulle note e scoprendone, tra le numerosissime che corredano la postfazione (Il caleidoscopio romano di Walter Tocci), una particolarmente dolorosa: il ricordo di un bambino morto travolto da un camion all’uscita di scuola lungo la via principale di Fidene, stretta, senza marciapiedi e tante macchine parcheggiate ai lati. Ora, io conoscevo quel bambino. Lo incontravo regolarmente durante il doposcuola, frutto del volontariato di un gruppo di studenti liceali in collaborazione con il comitato di borgata e, successivamente, anche con la locale sezione del PCI. Così, con una stretta al cuore, proiettata indietro di qualche decennio, alla metà circa degli Anni Settanta, riprendo dall’inizio la lettura cercando il senso di una città tra una mappa e l’altra, tra un commento e l’altro relativo a ciascuna mappa e, infine, nelle riflessioni di Tocci.
La Roma dei ricercatori
Il libro riporta i risultati di un progetto di ricerca partito nel 2016 e condotto da Keti Lelo (ricercatrice, Università di Roma Tre), Salvatore Monni (professore associato, Università di Roma Tre), Federico Tomassi (Agenzia per la coesione territoriale ed esperto del Comitato economico e sociale europeo a Bruxelles). Il libro ‘fotografa’ lo stato della ricerca dalla #mapparoma 1 alla #mapparoma 26. La cartografia è lo strumento utilizzato per rappresentare questioni determinanti per la capitale.
Ogni mappa è il risultato di un lavoro di documentazione, di studio e di analisi di una specifica questione (demografica, urbanistica, politica, amministrativa, sociale, economica, culturale). Ognuna delle questioni affrontate si rivela centrale nell’interpretare una città tanto complessa, variegata, stratificata da risultare difficilmente catalogabile entro parametri di vivibilità, secondo una visione attuale del vivere urbano quale dovrebbe essere proprio di una capitale.
Alcuni termini ricorrenti divengono chiave di lettura fondante per la città: disuguaglianza / esclusione / difficoltà / distanza / dislivello / servizi / sviluppo / lavoro / tipologie abitative. Affidare alle mappe il risultato delle analisi condotte dagli autori significa fornire uno strumento immediatamente ‘visibile’ per comprendere le diverse questioni. Il commento circostanziato che accompagna ogni #mapparoma è peraltro fondamentale per non rimanere alla superficie di ciascuna questione. Nel complesso il volume è uno strumento prezioso di comprensione così come è prezioso il sito nel quale si può verificare che la ricerca prosegue (le #mapparoma sono arrivate al numero 31), che ci sono numerose altre pubblicazioni che affrontano in modo specifico le varie problematiche e che viene continuamente aggiornato con nuova documentazione. Insomma che è un sito vivo, a testimoniare una ricerca in continuo e fattivo aggiornamento, al punto che mi ritrovo a ‘leggere’ le ultime mappe come un continuum rispetto al libro e, con esse, questioni attualissime.
Inevitabilmente, come sicuramente è portato a fare qualsiasi lettore, leggo le mappe anche in chiave personale, cercando di riconoscere la mia esperienza di ‘non romana’ che ha trascorso una parte importante della vita a Roma.
La Roma dell’amministratore
Le 26 #mapparoma sono seguite da una postfazione di tutt’altro segno. È un saggio, breve ma molto denso, dovuto a Walter Tocci (consigliere comunale a Roma dal 1985 al 1993, poi vicesindaco e assessore alla mobilità, dal 1993 al 2001, durante la giunta presieduta da Francesco Rutelli). Nel saggio, l’autore (romano ma di origine sabina) affronta le stesse questioni oggetto della ricerca #mapparoma da una prospettiva diversa, con il bagaglio dell’esperienza di cose fatte, la consapevolezza e, tra le righe, il rammarico di cose assolutamente possibili ma rimaste incompiute.
Dalle pagine emerge la cognizione del profondo dualismo centro /periferia, già presente in tutte le #mapparoma, e di una lacerante disuguaglianza sociale. Dualismo e disuguaglianza che cambiano nel tempo senza mai essere risolti. Emergono la molteplicità e la complessità che caratterizzano l’intero tessuto urbano, sempre accompagnate, da qualsiasi prospettiva le si osservino, dalla percezione di incompiutezza. La stratificazione delle questioni pervade i progetti attuati e quelli rimasti sospesi, dal centro storico fino alla periferia anulare e oltre, in un susseguirsi di insediamenti che si allontanano dal centro alla ricerca di modelli di vita migliori, superando il Grande Raccordo Anulare (GRA, nome proprio del progettista, divenuto acronimo dell’anello autostradale che racchiude la città). Il miraggio di formule abitative migliori, ancora una volta, si traduce in isolamento e dipendenza dalla vettura privata (con il progetto dell’allora assessore alla mobilità, a distanza di quasi venti anni, superato da stasi, inadempienze, incompetenze e mancanza di progettualità).
Emerge una conoscenza approfondita delle stratificazioni architettoniche che caratterizzano la capitale, tra ville storiche, villini o villette, palazzi e palazzine, architettura di epoca ottocentesca e di epoca fascista, abitazioni abusive nate in una notte (lungo strade ancora inesistenti in luoghi che hanno mantenuto il nome dei toponimi preesistenti, antichi o recenti) per arrivare alle abitazioni ‘economiche e popolari’ della periferia anulare. Il panorama che ne risulta è sempre accompagnato dal riferimento a opere letterarie e cinematografiche (di registi quali Rosi, Fellini e Scola, tra gli altri) ambientate e girate in luoghi precisi della città, ancora facilmente riconoscibili. L’ampio apparato di notte e la bibliografia che completa il volume, in cui non è difficile individuare testi da aggiungere alla lista dei desideri, risultano parte integrante del volume e della postfazione. Ho appuntato un titolo: Baffoni – De Luca, La Roma di Petroselli. Il sindaco più amato e il sogno spezzato di una città per tutti (Castelvecchi 2011) al quale aggiungo la necessità di una rilettura di Roma da capitale a periferia di Franco Ferrarotti (Laterza 1973) e un titolo recentissimo - Roma: accorciare le distanze. La lezione del sindaco Petroselli (AA.VV. Bordeaux 2020) - che mi incuriosisce proprio perché credo sia importante capire come stavano le cose, come siano andate e perché.
La ‘mia’ Roma
Osservando le #mapparoma vado in cerca, non senza difficoltà, dei ‘miei’ luoghi romani, nel periodo della mia vita in famiglia, contrassegnata da innumerevoli trasferimenti, in altre città ma anche da una zona all’altra di Roma e, successivamente, nel periodo della mia famiglia. Prendo le mosse dalla mappa e dall’elenco delle zone urbanistiche di Roma e dalla mappa del territorio di Roma capitale (disponibili nel libro e nel sito). La difficoltà nasce dal fatto che per me Roma (ossia, i diversi quartieri dove ho abitato) era contrassegnata dal numero delle ‘circoscrizioni’, da tempo divenute, più correttamente, ‘municipi’. Scopro così che la mia vita ‘romana’ è gravitata, con intervalli più o meno lunghi ‘altrove’, tra ‘città consolidata’ e ‘periferia storica’ (ossia, tra Municipio II, Municipio III e Municipio XIV con sconfinamenti nel Municipio I e nel VII, se tengo conto anche degli istituti scolastici dove ho insegnato). Di alcuni luoghi conservo ricordi precisi, di altri solo vaghe immagini, volutamente. Inutile dire che quelli più vaghi corrispondono alla periferia che, per quanto storica, ho vissuto male: con servizi scarsi o nulli (trasporti – una stazione di metropolitana che a oggi, a distanza di quaranta anni dalla sua identificazione sulla mappa, è ancora un miraggio -, asili nido, aree verdi, strisce pedonali e semafori per i pedoni, ecc.). Nulla che potesse essere utile proprio negli anni in cui abbinare lavoro e maternità è così difficile che si ha l’impressione non di vivere ma, al massimo, di sopravvivere. Così ci sono ricordi precisi legati a Villa Ada e al Parco Nemorense, l’idea confusa di qualcosa che doveva essere il Parco delle Sabine che non ho mai capito come e dove dovesse cominciare e come fosse possibile arrivarci (visti gli stradoni a scorrimento veloce che dividono le abitazioni dal presunto parco).
Il senso di estraneità (e, dunque di rifiuto) si è andato consolidando, per certi aspetti, proprio negli anni in cui ho vissuto il centro storico da vicino. Tanto da poter uscire comodamente da scuola con la classe di liceali per ricognizioni mirate sul territorio (alla scoperta del Teatro di Pompeo, del Pantheon, dei Fori imperiali, del Campidoglio, ecc.), in ore senza particolare affollamento di turisti. Quasi uno squarcio sulla Roma patinata, magnifica e magnificamente raffigurata dalle immagini e dall’eloquenza di Alberto Angela nella nuova puntata del suo programma Ulisse, il piacere della scoperta (17 settembre 2020). Un abisso rispetto al liceo della periferia storica, da ogni punto di vista (quello delle condizioni di partenza degli alunni, delle loro prospettive future, delle possibilità sul territorio, per non parlare della biblioteca storica interna alla scuola, con la possibilità di curiosare tra edizioni del Cinquecento). Ma non era il mio mondo. E così, senza troppi rimpianti, ho optato per un borgo medievale, nel (quasi) nulla dell’Appennino aquilano.