Libri

IL RUMORE DI UNA CHIOCCIOLA CHE MANGIA
di Elisabeth Tova Bailey

ROSA ROSSI

Questione di punti di vista. (In margine a Il rumore di una chiocciola che mangia di Elisabeth Tova Bailey). "Non fare rumore mentre mangi"… si può dire a un bambino. Immaginare il rumore che fa una chiocciola mentre mangia è molto più difficile, quasi impossibile. Per quanto abbia visto chiocciole in movimento sulle foglie, lungo il muro, sulla porta che si apre verso il giardino, tra la verdura (quella che proviene dall’orto o dal mercato contadino. Non certo dalle confezioni da supermercato!) non ho mai captato alcun tipo di rumore. Così, quando mi è capitato questo "libriccino" tra le mani, ho dato una rapida scorsa alle informazioni contenute nelle alette di copertina e non ho resistito. Il desiderio di decodificare l’apparente antitesi del titolo e di comprenderne le motivazioni è stato immediato.
A lettura completata è difficile mettere insieme tutte le considerazioni che ne derivano.
A partire da una seconda antitesi: è un libro molto veloce da leggere (è "solo" un libriccino come recita la presentazione) ma talmente ricco di osservazioni, di riferimenti, di lentezza che richiede una o anche più riletture, un’occhiata rapida (o più) per recuperare un’informazione, una scorsa (o più) per rileggere le epigrafi apposte a ciascun capitolo.
È un libro che racchiude tanti altri libri perché è frutto di studio, di scoperte e di riflessioni.
Per questo c’è una bibliografia molto ricca (peraltro, quasi completamente in lingua inglese come spesso capita in questi casi. Anche il titolo da cui è tratta la prima epigrafe – Edward O. Wilson, Biophilia – non è disponibile in italiano pur essendo stato tradotto e pubblicato da Mondadori nel lontano 1985).
E’ un libro difficilmente ascrivibile a un genere letterario. Definirlo "libriccino" non esaurisce il problema, anzi lo complica: è sicuramente appropriato quanto ad ampiezza ma non risponde affatto alla profondità del contenuto. Peraltro il contenuto è espresso in una forma agile, leggibile e godibile. La definizione più corretta è probabilmente quella di cronaca, nata dalle osservazioni quotidiane abbinate alle letture, anche molto specialistiche, che l’autrice è invogliata a fare proprio per comprendere il comportamento del suo occasionale coinquilino, un esemplare di Neohelix (Genere) albolabris (Specie), ossia un mollusco (Phylum), gasteropoda (Classe). In una parola, una comunissima chiocciola terrestre, originaria del Nord-America dal Maine (dove l’autrice risiede) alla Georgia.
Si tratta della chiocciola che, delicatamente raccolta e deposta in un vaso di violette, un’amica porta a Elisabeth costretta a letto dal terribile effetto di un virus contratto durante un viaggio in Europa, in un paese affacciato su uno dei laghi alpini, dove si è diffusa tra la popolazione una grave forma influenzale. Il corpo di Elisabeth ha reagito in modo abnorme al virus, trovandosi con le funzioni vitali gravemente compromesse al punto da dovere rimanere immobile a letto, in isolamento, interrotto solo dall’infermiera e poche e brevi visite.
Così la chiocciola diviene per Elisabeth occasione di curiosità, di interesse, di conoscenza e, soprattutto, di voglia di continuare a vivere, seppure in una condizione che ne riduce gravemente la possibilità di condurre una vita ‘normale’.
L’osservazione della chiocciola porta Elisabeth a volerne sapere di più, a procurarsi i libri necessari, sfidando la difficolta di leggerli (tenendo il libro appoggiato e mettendosi su un fianco), a documentare le sue osservazioni da una prospettiva completamente diversa rispetto a quella di un essere umano che, in piedi e padrone di tutte le sue funzioni vitali, guarda con noncuranza una chiocciola, un esserino apparentemente insignificante che, al massimo, si preoccupa di non calpestare se per caso se lo trova tra i piedi. Nella maggioranza dei casi, non lo vede neppure.
Per Elisabeth, la chiocciola diviene un motivo per recuperare la vita, per studiare e per scrivere della sua occasionale ma fondamentale compagnia.
Una compagna silenziosa e discreta che le dà l’opportunità di osservare da un punto di vista diverso il rapporto tra l’uomo e tutto il resto del mondo animale, fino a percepire il rumore della chiocciola che mangia.
È un "libriccino". Ma è fondamentale per comprendere come il rapporto tra gli uomini e il resto del mondo animale non sia necessariamente quello che abbiamo in mente e come la velocità non sia necessariamente la categoria giusta per osservare il mondo e per viverci.
L’autrice, giardiniera abituata a vivere negli spazi aperti del Maine, trae da questa esperienza l’occasione per continuare a vivere e per regalare a chi vive con pienezza la propria vita – spesso in modo distratto – un’occasione per riflettere e ascoltare il rumore, lievissimo, di una chiocciola che mangia una foglia. Con l’invito a riconoscere il tipo di foglia e le preferenze della chiocciola.

Post Scriptum. La lettura di questo libriccino risale a circa due anni fa, all’epoca della sua pubblicazione in lingua italiana (Marsilio, 2018). Casualmente, ho ritrovato gli appunti che presi allora (ossia, lo scritto che precede). Mi sono ricordata di come mi avevano attratto i disegni in copertina - una chiocciola e una foglia di felce – che, con poche varianti, tornano a piè di pagina e ad apertura delle varie parti di cui è composto, le epigrafi che scandiscono tutto il testo, tratte da opere poetiche (R.M. Rilke, Kobayasi Issa, Elizabeth Bishop, ecc.) ma anche da saggi ( E.O. Wilson, Biofilia, 1985; F. Nigthingale, Notes on Nursing, 2017 (1860), ecc.) e gli apparati (un’appendice con semplici indicazioni per costruire in casa un terrario e una bibliografia ragionata).
Già ai tempi della prima lettura, mi aveva colpito il percorso dell’autrice in forma di accettazione della condizione di menomazione in cui si è trovata per un anno intero a causa del virus contratto e il progressivo recupero del senso della sua condizione grazie all’osservazione di una chiocciola in un terrario disposto accanto al letto in cui è stata costretta.
Nel suo complesso, è un elogio della lentezza, dell’osservazione minuziosa e delle conseguenze che ne derivano: la richiesta di un libro, l’accordo con la biblioteca locale per riceverne altri, l’accumularsi delle letture e degli studi che riempiono la vita forzosamente ‘solitaria’ cui la malattia ha costretto l’autrice e che la chiocciola ha riempito di motivazioni. Dal libro è nato un progetto didattico che si può seguire sul sito dell’autrice. Le citazioni che percorrono il testo possono divenire l’occasione per scoprire autori noti e meno noti.
La situazione che viviamo attualmente, determinata dal rischio di contagio da virus e dalle limitazioni che ne conseguono, potrebbe divenire l’occasione preziosa per provare a ridefinire la vita in termini di lentezza, da una prospettiva diversa. Senza l’ormai consueta corsa ai regali effimeri, alle luci e alle frenesie di festività ridotte a occasioni esteriori e consumistiche, senza nessun tipo di legame con l’originario significato religioso. E senza ridurre il problema sanitario, oggettivo, a un dibattito, tanto acceso quanto sterile, su come affrontare le prossime festività e sui rischi dei provvedimenti presi a livello nazionale e locale. Se non altro perché i rischi dipendono, prima di tutto, da fattori ambientali e dai comportamenti degli uomini. E proprio su questi è assolutamente necessario cominciare a ragionare.

 


 

Libri più recenti