Un omaggio ad un vero Servitore dello Stato e alla sua lezione di vita, sotto il segno del coraggio. Viene da Giandomenico Belliotti con un libro profondo, che prende il via, ancor prima di iniziare a sfogliarlo, dal titolo che va diritto al nocciolo della questione, Silvio Novembre. Il coraggio oltre il dovere (Gangemi Editore). Un titolo che riassume appieno il senso dell’esperienza personale di un uomo in divisa, vissuta con intensità morale ed etica: la storia di Silvio Novembre, maresciallo della Guardia di Finanza, braccio destro dell’avvocato Giorgio Ambrosoli. Proprio quelle virtù e quei valori perseguiti con fedeltà incrollabile per tutta la vita - nobili parole che corrispondono ad etica, senso del dovere, giustizia, verità, senso dello Stato, sacrificio, coraggio, eroismo, memoria, legalità… - sono gli echi di una dedizione assoluta, tenacemente abbarbicati nella parabola di vita di Silvio Novembre, che Belliotti, giornalista di grande spessore, ricostruisce pagina dopo pagina, consegnando al lettore un’immagine vivida del maresciallo: un uomo onesto, generoso, strenuo servitore dello Stato.
E Belliotti ha voluto incontrare il maresciallo - prima della sua scomparsa, avvenuta il 28 settembre 2019, all’età di ottantacinque anni -, per raccoglierne le memorie dalla sua viva voce, ormai flebile ma sempre ferma: una storia, consumatasi tra il 1974 e il 1979, che vide Novembre, allora in servizio presso il nucleo di Polizia Tributaria di Milano, lavorare a fianco dell’avvocato Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana guidata da Michele Sindona, ormai sull’orlo del fallimento per crac finanziario. Il maresciallo sarebbe poi diventato il più stretto collaboratore e amico fidato dell’avvocato. E dire che all’inizio fra i due, entrambi dal carattere forte, deciso, erano state scintille - Ambrosoli considerava una indebita ingerenza al suo lavoro quel team di Finanzieri, voluto dal pubblico ministero Guido Viola - ma proprio dopo uno scontro, rientrato subito nel costruttivo, sarebbe nato quell’intenso, duraturo legame di stima e di amicizia. Sciolto il ghiaccio, il tandem Ambrosoli-Novembre si prodigò nell’impresa irta di ostacoli di rimuovere la perversa ragnatela intessuta dal faccendiere - quanti block notes fitti fitti di appunti, a scandire una operazione degna del più sofisticato software! In embrione il metodo di indagine follow the money, nella ricostruzione, passo a passo, delle trecento società sindoniane -, investigando nell’interfaccia tra attività palesi e occulte, in una vicenda intricata che incrociava politica e finanza, potere e criminalità, massoneria e mafia. Correvano gli anni Settanta, in una Italia tragicamente attraversata dalla “strategia della tensione”, dagli “anni di piombo”, dalla P2. E, quindi, a ripagare tanta abnegazione, arrivarono le prove inconfutabili contro Sindona, per dipanare quell’intricato giallo politico-finanziario sull’asse Italia-Stati Uniti.
Un lavoro complicato, uno scenario complesso, che finì per scontrarsi con un sistema di potere, durante il quale tutti e due, Novembre e Ambrosoli furono oggetto di intimidazioni, minacce, pressioni, blandizie, ricatti. Ma nulla e nessuno riuscì ad allontanarli dalle carte dell’inchiesta, su tutto vinse la difesa della legalità. Con coraggio, tanto coraggio. Anche a rischio della vita e così fu per Ambrosoli, che fu assassinato l’11 luglio 1979 a Milano da un killer della mafia italoamericana, assoldato dallo stesso Sindona. E quella guerra, durata cinque anni, avrebbe poi permesso il risarcimento di tanti piccoli investitori, prima defraudati dei loro risparmi.
Il libro prende, con Belliotti che domina le emozioni, ma non le nasconde, ad iniziare dalle parole con le quali tratteggia affettuosamente la figura del maresciallo: «Quello che più mi ha colpito e che non dimenticherò mai di questo Uomo sono la sua statura imponente appena scalfita dall’età, il suo sguardo fiero e severo e la sua sorprendente lucidità nel spiegarmi quanto era accaduto in quegli anni che lo hanno profondamente segnato per tutta la vita. In alcuni momenti del suo racconto ricordo che, all’improvviso, rimaneva in silenzio. La sua memoria rileggeva, come lo scanner di un computer, quei labirinti finanziari, quel dedalo di società, quell’inferno di carte e fogli, fatto di imbrogli contabili, bilanci fasulli e transazioni fittizie». E prosegue: «I suoi occhi diventavano lucidi per l’emozione e gonfi di lacrime che non avevano però la soddisfazione di solcare il suo viso e in essi io vedevo scorrere, come le sequenze di un film, i momenti più tragici di quella storia e la profonda sofferenza nel ricordare anche perché nel 1979, oltre alla perdita dell’amico Giorgio, ucciso alla vigilia del suo quarantacinquesimo compleanno, scomparve anche la moglie Assunta gravemente malata».
Belliotti ferma così quegli incontri - solo due, ma tanto incisivi, da permettergli di scrivere questo libro su Silvio e per Silvio - avvenuti a casa del maresciallo, in particolare in quella che amava definire “la stanza dei ricordi”, della memoria, in cui farsi mesmerizzare da persone, oggetti, fatti, paradigmatici dei grandi valori creduti e vissuti. E dall’angolo prezioso degli affetti con le foto dell’adorata famiglia, la moglie Assunta e le figlie Caterina e Isabella. Anche in quell’ambito - manco a dirlo - c’erano state le pressioni puntualmente respinte: «Hai due bambine da crescere» e «tua moglie malata sarebbe curata meglio negli Stati Uniti».
Ambrosoli e Novembre: tutti e due dedizione e professionalità a 360 gradi, stessa immissione totalizzante nel dovere, grazie a quella volontà di risveglio delle coscienze, che era in entrambi. Perennemente sotto i riflettori, un ossimoro per loro che non amavano il palcoscenico, ma che in ruoli diversi avevano sempre operato per compiere “semplicemente” il loro dovere. E quel “semplicemente” li fotografa nella loro interezza: eroi “silenziosi” del quotidiano. Che meritavano di uscire da certo dimenticatoio del passato del nostro Paese senza memoria storica: ben vengano le trasposizioni di cinema e televisione - ricordate Michele Placido nei panni del maresciallo? -, articoli di giornale, questo bel libro.
Tutto grazie alla testimonianza del maresciallo stesso, continuata nel tempo. Infatti, anche dopo il congedo dalle Fiamme Gialle nel 1982 - senza mai dimenticare le stellette, con tanto di chiosa: «Io ero, sono e sarò sempre un Finanziere» -, Novembre proseguì il suo impegno al servizio del Paese: membro del Comitato di sorveglianza della stessa Banca Privata Italiana, nominato dall’allora Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi, coadiutore dei commissari liquidatori per il crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, socio fondatore del circolo Società Civile, ideato da Nando Dalla Chiesa, obiettivo l’affermazione della cultura della legalità, soprattutto tra i giovani. Un impegno che nel 2014 gli valse l’Ambrogino d’Oro, benemerenza civica del Comune di Milano.
Dunque, un invito a riflettere: questo di Belliotti è un libro sì rivolto al passato, ma è anche uno stimolo per guardare al nostro presente (e al futuro) con occhi critici più avvertititi, più esigenti. Nel solco di quel segno vero, profondo tracciato da Silvio Novembre, sempre fedele al suo motto: «Più è difficile fare il proprio dovere, più bisogna farlo».
SILVIO NOVEMBRE. IL CORAGGIO OLTRE IL DOVERE
di Giandomenico Belliotti
LAURA DI IORIO