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TRENT'ANNI DI EVENTI. LEAST BUT NOT LAST
di Saverio Monno

Prima, in epoca pionieristica, l'attività di promozione e coordinamento dei centri di servizi culturali nel Sud, poi la direzione generale della Società Umanitaria a Milano, la direzione della Triennale di Milano e infine l'attività di docente universitario e di manager culturale al massimo livello praticabile del collegamento con la città, col territorio, col quartiere e, insiene, con la modernità globalizzata. Non si può proprio dire che sia stata una vita banale quella di Saverio Monno. Né piena di buchi da riempire, ma piena di cose fatte. Tanto è vero che, a questo punto, raccogliendo tutti i documenti, i ritagli, le foto, i manifesti, i programmi e i progetti di questi ultimi trent'anni, ne ha ricavato un volume assai prezioso per chi volesse oggi e domani studiare un periodo fra i più ricchi della vita culturale nazionale.

L’autore chiarisce subito – un po’ per scaramanzia un po’ per autoironia – che i trent’anni di eventi che vengono ricordati agli immemori e proiettati nel futuro sono i “migliori” ma non gli “ultimi”. L’arco di tempo che viene scandagliato nel libro (Trent'anni di eventi. Least but not last, Saverio Monno, Edizioni Dal Sud) sono quelli dal 1990 al 2020, ma è stata necessaria qualche incursione agli “ante” e ai “post”. Non si potrebbero capire le centinaia di eventi documentati nel libro senza sapere cosa è successo, appunto, prima e dopo.

Prima che negli ambienti della organizzazione della cultura, Monno è noto per il suo impegno meridionalistico. Non quello declamato nei dibattiti, né solo quello, sempre un po' astratto, praticato nelle riviste di cultura e di politica specialistiche, ma quello praticato, come si diceva una volta, sporcandosi le mani, nei vicoli, nelle piazze e nelle sedi culturali prima improvvisate e poi via via più strutturate della Murgia. Quando l'Umanitaria chiamò a Milano un intellettuale cresciuto con queste esperienze sapeva di arricchirsi e di potenziare - come avvenne - la sua capacità di presa sui diversi e differenziati territori del paese, sulla sua capacità di comprendere e incidere sugli squilibri.

Come documenta minuziosamente il volume, Monno ha saputo trovare il giusto equilibrio fra organizzazione e contenuto nei numerosi eventi che lo ha visto protagonista, facendone un operatore centrale nella vita milanese e un accademico mai autoreferenziale. Le sue attività manageriali sono state accompagnate da una intensa e costante attività di docenza nelle università di Bari e di Lecce, e nelle milanesi (Politecnico, Accademia di Brera, Università Cattolica, Università IULM) e di conferenze e progetti in più nazioni: dal Cile al Brasile, a Tokyo, a Budapest, a Shangai, al Portogallo, alla Francia, a Schenzen, oltre che diffusamente in Italia.

L’attività di docenze alla Università IULM è stata accompagnata da ricerche, confluite in una pubblicazione, sulle agenzie territoriali della città di Milano: La Scala, Il Castello sforzesco, Il Piccolo teatro, il Museo della scienza e della tecnica, e alcune agenzie culturali d’eccezione come la Galleria di Fotografia di Corso Como10, l’hangar industriale Pirelli, la Fondazione Prada, come contributo alla milanesità “acquisita”. Infine nelle sue attività nel campo artistico, essendo Monno studioso di arte contemporanea e autore di illuminanti saggi su Joseph Beuys, John Cage, Marina Abramovic, Lucien Freud e Pino Pascali. Nell'importante volume si documentano in particolare le attività e le iniziative legate ai forum organizzati a Bolognano negli ultimi anni nel “Luogo della natura”, ipogeo intestato a Beuys. Ogni due anni questa preziosa manifestazione, animata come relatore da Monno, vede la partecipazione a numero chiuso di un centinaio di intellettuali provenienti da tutto il mondo. Le attività sono state accompagnate da pubblicazioni edite - per scelta precisa di Monno, "immigrato” da Bari a Milano, dalle Edizioni dal Sud (800 pagine e centinaia di documenti scannerizzati, emersi dall’archivio dell’autore).

Il libro-documento ordinato nella sua sequenza storica può rappresentare, in definitiva, il diario di un manager culturale. Non è un libro che vuole insegnare ma un libro che vuole far riflettere. E ci riesce.
 

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