Libri

TRENT'ANNI DI EVENTI. LEAST BUT NOT LAST
di Saverio Monno

MICHELE LASTILLA (*)

I libri si sa, possono essere scritti in tanti modi e contenere storie e racconti di vita o temi affrontati con originalità partendo dal punto di vista del suo autore. Poi, possono essere prodotti editoriali che in forma di libro costruiscono uno storytelling visivo, ricco di suggestioni e impressioni concrete e quando la narrazione coltiva il sogno di raccontare una vita, un impegno civile e professionale senza lasciare margini a dubbi e incertezze. Quando l’autore vuole raccontare e raccontarsi e rimettere insieme il puzzle della propria attività professionale, ma anche del proprio impegno, piuttosto che descrivere si può appunto ‘mostrare’ ciò che si è fatto attraverso immagini, testimonianze, documenti, brevi schede, montate come in un docufilm.
L’ultimo lavoro di Saverio Monno “TRENT’ANNI DI EVENTI. Least but not last” (per i tipi di Edizioni dal Sud, Bari 2021) è davvero una raccolta, una antologia omnicomprensiva della sua attività come manager e organizzatore culturale, probabilmente fra i primi in Italia capace di coniugare il suo essere sociologo alla competenza creativa con affinate capacità organizzative e operative.
Il triennio anni 90/2020 sono i limiti temporali che l’autore si è dato per aprire il proprio archivio di progetti, idee, conquiste e utopie concrete e di sistemarlo in maniera cronologica con esperienze multitasking: in qualità di direttore generale della Società Umanitaria e successivamente de La Triennale di Milano, e contemporaneamente docente universitario all’Accademia di Brera e nelle Università Cattolica e IULM di Milano, organizzatore di eventi per aziende e istituzioni pubbliche e private in Italia e all’estero, conferenziere colto e preparato sui temi della produzione e dei consumi culturali.
Il libro di circa 200 pagine sembra essere una opera fuori dal coro dei soliti testi, una sorta di opera d’arte non a sé dedicata ma, viceversa, più semplicemente come una grande opera di comunicazione ‘del fare cultura’, quando la comunicazione diventa strumento di divulgazione e di conoscenza di attività opere, e intraprese che sono state oggetto di una vita culturale e professionale, momento alto di produzione e di organizzazione appunto di reti, persone e istituzioni che hanno avuto ed hanno rilievo nei contesti in cui sono avvenute e non solo.
Chi come me conosce Monno sa che l’interesse per l'arte della comunicazione sia stata ed è al centro della sua ricerca, in coerenza con la sua formazione sociologica ma anche e soprattutto una pratica costante che ha avuto nell’autore un traduttore chiaro non solo del ’si può fare ‘ ma soprattutto di ‘come si fa’ e ovviamente di ‘saper comunicare’. Non parlare in modo ossessivo e a volte ripetitivo come spesso è in uso a tanti sulle cose che accadono: dalla scena urbana, all’arte, dall’architettura al design e al visual, Monno diviene un utile traduttore di cultura: azioni, progetti, iniziative, dibattiti, e altro, tutto ciò che permette non a se stessi ma agli altri di essere autori e produttori culturali, sotto la sapiente mano di chi sa condurre e sa organizzare. Una attività militante, cioè di chi giorno dopo giorno costruisce sì un percorso professionale, ma soprattutto dedica una vita a mettere insieme relazioni, progettualità condivise, a formare i giovani, a dare uno scossone alle pastoie burocratiche, che diventano e toccano, nel suo lungo percorso, momenti alti di qualità progettuale e di grande coinvolgimento.

(*) Architetto. Professore di museologia, museografia e arredamento d’interni all’Università di Bari

 

 

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