Libri

LA RACCONTADINA
di Francesca Pachetti

ROSA ROSSI

Il titolo del libro è il risultato di un’originale fusione tra due termini (racconto – o raccontare, il risultato non cambia – e contadina). Un’intuizione felice di Francesca Pachetti, originariamente utilizzata per la sua pagina Facebook, attiva dal 2017, e divenuta titolo del libro nel 2019 per i tipi Pentàgora. Chiusa l’esperienza di Pentàgora, La raccontadina è ora ripubblicato da temposospeso, editoria di resistenza https://edizionitemposospeso.it la cui redazione, forte dell’esperienza precedente, si propone di portarla avanti per “contribuire – attraverso la cultura del libro – a rispondere a un diffuso bisogno di autenticità, di senso e aderenza con la vita: per questo, incoraggiamo narrazioni dove le persone sono storie e le storie sono improntate alla vita quotidiana, ma anche riflessioni e sguardi disallineati con le mode e le monoculture di questo tempo, per pubblicare libri che desideriamo nutrienti, mai effimeri, se possibile necessari”.

Il titolo di questo breve scritto giustappone volutamente il neologismo ‘raccontadina’ a un sostantivo – consumatore – già presente nel dizionario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo e Bernardo Bellini, realizzato e pubblicato nella seconda metà dell’Ottocento. Nel libro che da pochi giorni ho finito di leggere compare a pagina 137. Ora, ‘consumatore’ deriva dal latino consumere nel significato di ‘portare a compimento’ e in quello di ‘ridurre a nulla togliendo a poco a poco, divorare, sprecare” e simili. Contadino/a è l’abitante del contado e, di conseguenza, colui/colei che lavora la terra. È una formazione medievale (anche questa derivante dal latino) che indicava le terre (condado) e gli abitanti (contadini) che rifornivano dei loro prodotti il vicino centro cittadino, secondo modalità di organizzazione che sono rimaste sostanzialmente invariate per secoli, fino all’inizio del Novecento.

Oggi, ‘contadino/a’ e, nel caso specifico, ‘raccontadina’, e ‘consumatore’ sono divenute due realtà fortemente antitetiche. È la realtà che emerge, prepotentemente, dalle pagine di questo diario dei lavori e dei pensieri di Francesca, contadina per scelta, e due strumenti, entrambi fondamentali, a sua disposizione: la vanga e la penna.

La raccontadina è un libro di riflessioni, distribuito in brevi capitoletti, a loro volta raggruppati in quattro sezioni. Ogni sezione corrisponde a una stagione.

La raccontadina lavora nei campi, al ritmo delle stagioni, traendo le indicazione sul da farsi un giorno dopo l’altro direttamente dalla natura e chiedendo alla natura solo quello che la natura può dare, “senza diserbanti, concimi e chimica”.

Mentre lavora nei campi, ha le mani occupate (‘racconti a passo di vanga’ recita il sottotitolo), l’attenzione rivolta sul terreno, sulle piantine, sul raccolto e all’aria, al vento, alle nuvole, … Mentalmente organizza gli spazi da destinare alle varie coltivazioni, agli orti condivisi per le famiglie, al terreno riservato ai bambini per l’attività didattica, con le mani nella terra e lo sguardo direttamente sulla natura, senza ‘schermi’ come intermediari. Programma i lavori, in base ai dati che ricava dalla terra, dall’aria, dal cielo.

Sofferma lo sguardo sugli inquilini – gli insetti, le piante spontanee, i piccoli animali selvatici, le galline –  e i segnali che mandano a chi li sa raccogliere.

Presta ascolto alle voci della natura (lo stormire delle foglie, il canto degli uccelli). Inoltre, interagisce con gli acquirenti, risponde alle loro domande, a volte preferisce non rispondere, nell’immediato. 

Ci sono giornate lunghe, a volte lunghissime, nella giornata della raccontadina. Ma ci sono anche giornate più brevi: quelle in cui la natura lavora, in silenzio. Dipende dalle stagioni, dal cielo, dalle nuvole.

È un libro da assaporare e da centellinare quello di Francesca. È un libro che ha molto da dire, molto da spiegare e molto da insegnare. Perché quando non ha la vanga in una mano e, magari, il cesto nell’altra, Francesca ‘impugna’ la penna per fermare sulla carta le riflessioni che nascono dal lavoro, dalla fatica, dalle delusioni e dalle soddisfazioni. Tutte cose che dipendono solo in parte dal buon lavoro fatto e, in gran parte, dagli eventi atmosferici e, dunque, dal comportamento della natura. E quest’ultimo, un tempo in larga parte prevedibile grazie ai segnali che la natura stessa inviava al suo inquilino più ingombrante, l’uomo, oggi lo è sempre meno per effetto degli interventi sull’ambiente di questo inquilino prepotente e, spesso, sconsiderato.

E nelle riflessioni acquistano un rilievo del tutto speciale proprio le conversazioni che intercorrono tra la raccontadina e gli acquirenti. Dalle loro richieste emerge la distanza ormai incolmabile tra il contadino e il consumatore. Perché il contadino conosce i tempi della natura, i tempi di maturazione di ciò che ha seminato, la durata del raccolto di questo o quell’ortaggio. Sa perfettamente che c’è un tempo per i carciofi, un tempo per le zucchine, un tempo per i broccoli e un tempo per le fragole. E così via, per ogni altro prodotto che avrà seminato perché, per esperienza, sa che sul suo campo e in quelle condizioni quella piantina da buoni risultati.

Ri-abituare l’acquirente ai tempi della natura è molto difficile quando ormai da decenni – e in modo sempre più pervasivo e pressante – il cliente è divenuto un consumatore di prodotti coltivati con criteri industriali, con additivi di ogni tipo, senza nessun rispetto per la stagionalità, con ritmi industriali che con l’agricoltura non hanno nulla a che fare. Il consumatore sa che se va al supermercato trova qualsiasi cosa, in qualsiasi giorno dell’anno. Non si interroga – e non c’è adeguata informazione sui canali più frequentati – sulla stagione, sul luogo di provenienza, su chi ha seminato e raccolto quel prodotto, in quale situazione lavora e con quale salario.

Le richieste che la raccontadina riceve, a volte con insistenza, e le sue risposte, pazienti ma anche schiette e, talvolta, pungenti sono parte integrante della (ri)costruzione di una mentalità attenta, oculata, rispettosa della natura e preoccupata del benessere delle future generazioni.


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