Nella seconda metà degli anni Settanta si afferma un’epopea solo italiana: quella delle radio libere, private, locali, che da ogni angolo del Paese trasmettono di tutto. Parole e personaggi in libertà rivoluzionano la comunicazione per mettere in onda evasione, servizio e controinformazione. Libere è il titolo di questo saggio,appena uscito in libreria, abbiamo incontrato l’autore Stefano Dark per farci raccontare tra inizi, peripezie e chiusure, come sono nate i cosiddetti “cento fiori”… Quali sono state le premesse che hanno portato a "bucare" il monopolio RAI in un periodo in cui ancora non vi era alcuna autorizzazione a farlo? Molto è dovuto a quel movimento di opinione trasversale partito da alcuni settori del mondo del giornalismo, dell’imprenditoria, della cultura e della politica che riteneva l’offerta Rai insufficiente e che si poneva perciò il problema di aprire l’etere ad un sistema ``misto``, in cui ci fosse spazio sia per il soggetto pubblico che per i privati. Poi i nuovi stimoli che giungevano dall’estero, ma soprattutto l’arrivo sul territorio italiano di segnali alternativi come quelli di Radio Monte Carlo e Radio Capodistria, oltre alla più lontana Radio Luxembourg. Nonché il sentimento diffuso, quasi popolare, di scavalcare forme e contenuti, direi ingessati, della radio di Stato e da una tradizione che non teneva conto abbastanza delle realtà del Paese. In più con la possibilità di sperimentare un nuovo fai-da-te, grazie anche alle nuove tecnologie dalle varie apparecchiature a buon mercato alle nuove possibilità tecniche che offriva la modulazione di frequenza. Quali caratteristiche accomunavano le radio pionieristiche trent'anni fa? In generale, diciamo, spontaneismo ed entusiasmo crescente degli appassionati e delle fasce giovanili per il medium e per la comunicazione radiofonica. Esserci, farsi sentire, partecipare liberamente. Semplificando, era questa la prima logica di vita. Con una imprevedibile reazione a catena e in questa atmosfera rientrano la conquista di spazi di libertà, sensibilità su temi censurati, voglia di musica senza confini, temi localistici, passione e militanza politica, evasione, contestazione, interesse per la cosiddetta “controinformazione”. E poi Il protagonismo degli ascoltatori al telefono, il volontariato, l’idealismo e anche gli embrionali interessi economici. Inoltre, dopo i 2 anni iniziali, in cui molte emittenti tendono a somigliarsi nel palinsesto grezzo, si delinea la possibilità di caratterizzarsi sempre più. Dai primi profili del ’75-’76 prendono corpo tendenze e a seguire le radio musicali, evasive, leggere, commerciali oppure di contenuto, di politica e informazione.. Ed è così che esplode il boom. Un’esperienza che comincia come? Dai fermenti positivi di Radio Rai, un esempio su tutti è quella di Renzo Arbore, con Bandiera Gialla e Alto Gradimento, passando per i primi tentativi pirateschi delle radio offshore nel Nord Europa a la sfida di Danilo Dolci in Sicilia. Il filo scorre per sintonizzare le voci libere della radiofonia musicale e commerciale: si pensi al caso di Radio Milano International o a personaggi come Leopardo passando per l’esperienza politica di Radio Popolare, Radio Radicale, Controradio, la Città Futura romana, emittenti di sinistra e di destra, di quella genericamente locale, modulando singole storie su vicende e aspetti ``stilistici`` del periodo quali la censura, la sentenza della Corte Costituzionale che consentiva la possibilità di trasmettere solo in ambito locale. E poi la musica, la diretta, i dj, le dediche, la nascita di tanti personaggi cresciuti nelle radio e poi affermatesi in altri campi. Perché i “cento fiori”? L’aneddoto voleva che l’allora ministro delle poste, Vittorino Colombo pronunciasse questa espressione come un buon auspicio. Ma “I cento fiori” è una denominazione mutuata dalla liberalizzazione maoista in Cina e sta ad indicare quella stagione nella storia dell’industria culturale e dei media italiani che parte dal ’75 e si chiude in modo convenzionale attorno al 1980. Un’apertura di fatto al sistema radio e tv misto, una concorrenza che accende l’Italia, interferisce con la Rai, attraversa gli impulsi di una fioritura spontanea di antenne in ogni punto del Paese, con stili produttivi e trasmissivi insuperati per novità, sperimentazione e creatività artistica. Un caso unico nella storia, che ha visto nelle radio libere l’espressione di un Paese altrettanto unico: l’Italia degli anni `70.
GIULIA MODESTI
(www.dazebao.org, 3 aprile 2009)
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LIBERE!
L'epopea delle radio italiane negli anni Settanta
di Stefano Dark
Editore: Nuovi Equilibri