L’appuntamento con il segretario del Partito democratico è per le 9.45 di venerdì 28 novembre 2008. L’incontro l’ho chiesto io. Per parlare dell’oggi e soprattutto del domani del servizio pubblico. In fondo se sono nel consiglio di amministrazione della Rai è perché sono stati i Ds, i Democratici di sinistra di Piero Fassino – e in particolare Fabrizio Morri, oggi senatore, per anni responsabile delle politiche della comunicazione dei Ds, in particolare dei rapporti con la sezione Rai - a volermi in quel posto. E i Ds sono fra i soci fondatori del Pd, sono l’azionista di maggioranza. Anche se dirlo non è “politically correct”…
Dopo tre anni e mezzo che siedo all’ombra del “cavallo morente” dello scultore Messina, ho la presunzione di aver imparato qualcosa. Credo che sia mio dovere dire al segretario del Pd che cosa ne penso della Rai e di come dovrebbe essere governata…
Ho molto apprezzato l’idea di Veltroni di proporre “un amministratore unico”. Vuol dire che il Pd lancia un messaggio forte e chiaro: mettiamo fine alla lottizzazione, alla spartizione partitica dei telegiornali e delle reti. Fuori le segreterie dei partiti, dunque, dalla gestione di una azienda culturale importante come la Rai. Lo vado sostenendo da prima di diventare consigliere di amministrazione e ho continuato a scriverlo fin dal primo giorno in cui ho messo piede al settimo piano di viale Mazzini...
Le cronache raccontano che Veltroni ne ha parlato proprio nel suo primo incontro con Silvio Berlusconi, subito dopo le elezioni. L’impressione che ne deve aver ricavato, tuttavia – almeno leggendo le cronache – è che al premier interessi poco cambiare la legge Gasparri. Fatto sta che Veltroni non ne ha più parlato… sono scandalizzato del fatto che non si faccia una seria, forte e impegnata lotta politica per cambiare la Gasparri proprio sui criteri di nomina del cda… Purtroppo la verità è che la proposta politica del segretario sta affondando nell’indifferenza dei “realisti” del partito, quelli che dicono “ma tanto Berlusconi non accetterà mai di cambiare la Gasparri”. E si acconciano a far la loro parte nell’occupazione di qualche poltrona. Spingendo così il segretario a perdere un’altra occasione di chiarezza e per una battaglia politica sacrosanta. Devo poter spiegare direttamente al segretario il perché della mia testardaggine. …
Voglio sgombrare il campo da pensieri balordi, dico: non sono qui per chiedere. Non ho richieste personali da avanzare. Sono qui per una sola ragione: farti partecipe della convinzione che ho maturato. Se non si cambiano i criteri di nomina del cda della Rai previsti dalla Gasparri vuol dire che si è deciso di lasciare che il servizio pubblico si infili in una spirale di degrado letale. Se il Pd si lascia trascinare dal caso Villari, dalle nomine del cda secondo la Gasparri, dalla logica spartitoria dei tg e delle reti, si infila in un frullatore mediatico dal quale non può che uscire a pezzi. Peggio tradisce la sua ragion d’essere di partito nuovo, moderno, impegnato per l’innovazione. Ci sono due buone ragioni per pretendere una nuova legge ad hoc, anche di un solo articolo che affermi che la Rai d’ora in poi sarà gestita secondo le regole del codice civile, con un amministratore delegato scelto da un consiglio di amministrazione “normale” e non come oggi che di fatto è un improponibile “amministratore delegato collettivo”, un mostro giuridico.
La prima ragione, quella che a me sta più a cuore, è che la Rai del 2009 non è la Rai di tre anni fa. Lo scenario dentro il quale si muovono i broadcaster sta cambiando a ritmi impensabili. La rivoluzione digitale è una realtà. Il duopolio non c’è più. Già oggi un terzo delle risorse del sistema viene dagli abbonamenti pay e la crescita di Sky, della tv satellitare ma anche della tv digitale terrestre a pagamento sono un modello di business nuovo dal quale la Rai rischia di restare fuori. Lasciare che siano i partiti a decidere, con in testa lo schema della vecchia lottizzazione o peggio dello spoils system del nuovo bipolarismo, vuol dire non aver capito niente di come il mondo della comunicazione sta cambiando. Posso capire che Berlusconi non sia interessato ad avere una Rai competitiva, ma non posso accettare che il Pd non si batta per regole più funzionali alla vita di quella che per ora è ancora una grande azienda. O si vuole che negli anni faccia la fine di Alitalia?
La seconda ragione per me è meno forte ma per chi fa politica dal fronte dell’opposizione dovrebbe essere una preoccupazione autentica. Se non si cambiano le regole di nomina, il prossimo cda sarà peggio, molto peggio dell’attuale. Ci sarà una maggioranza di centro destra – come oggi – ma con un direttore generale funzionale a quella maggioranza – mentre oggi (per gli errori fatti da Berlusconi nell’indicare, quando era al governo nel 2005, un direttore che si è dimostrato “incompatibile”) c’è un capo azienda – entrato in Rai durante il governo Prodi - che non risponde al centro destra. Per cui il presidente e i consiglieri di centro sinistra hanno un minimo di possibilità di discutere e contrattare. Per esempio difendendo la libertà di critica di Santoro, di Fazio, della Gabanelli. Sono d’accordo, mi fa Veltroni. Al punto che ho messo Vassallo a lavorare a una proposta di legge. Chiamalo, fai le tue osservazioni, lavorate insieme a un testo che io presenterò. Non mi basta. Potrei andarmene con in tasca un primo risultato positivo, incoraggiante…
Ma non mi basta. Guarda Walter – dico – che i tuoi consiglieri, i tuoi amici, lo stesso Paolo Gentiloni, l’ex ministro delle Comunicazioni del governo Prodi, l’ex presidente della Vigilanza, un uomo che conosce bene la Rai e la questione televisiva, e che tu ascolti anche più della Melandri, ti diranno che “tanto Berlusconi non vuol cambiare. Perché perdere tempo! Per di più con una proposta che per essere credibile deve essere sensata e condivisibile, ma che proprio per questo verrà definita “un inciucio” da una parte della sinistra”. Walter, guardati da quelli che sono più realisti del re! Se vuoi che la tua proposta non sembri solo quella di uno che sta all’opposizione ed è condannato a non contare, devi appoggiarla con misure e annunci esemplari. Per dar forza alla proposta di legge di riforma della governance della Rai quando la presenterai dovrai sostenerla con proposte aggiuntive. A me ne vengono in mente tre, a scelta: se tu governo non accetti questa leggina che si può approvare in tre mesi, io non nominerò il presidente. Ci vogliono i due terzi della Vigilanza? Ebbene non ci saranno mai. In modo che sia sempre aperta la ferita che tu governo vuoi lasciare aperta occupando la Rai manu militari. Mossa ancora più forte: noi non nomineremo mai i tre consiglieri di amministrazione che ci spettano per legge. D’altra parte che cosa li mandiamo a fare? A testimoniare dell’assalto alla diligenza che il centro destra si prepara a fare? Terza possibile mossa, decisamente la più debole e tuttavia che ha un valore politico. In attesa che si trovi un accordo per una nuova legge sulla governance, noi dell’opposizione non cambiamo i nostri attuali rappresentanti e pretendiamo di lasciare al suo posto anche l’attuale presidente.
Mi rendo conto che Veltroni storce il naso. Soprattutto questa terza idea – detta da me - sembra tanto la richiesta di restare dove sono. Cerco di ripetergli che questa non è la mia ambizione. Io voglio che il Pd si impegni per cambiare la legge. Se al partito vengono in mente altre azioni forti di appoggio al disegno di legge quando verrà presentato, ben vengano. Me ne esco dal suo ufficio al secondo piano della bella palazzina che fu della Margherita e che oggi ospita gli uffici del gruppo dirigente del Pd con la sensazione netta che soprattutto questa seconda parte non lo abbia convinto. Caro Carlo – mi fa - a Berlusconi interessa una cosa sola: avere dalla sua i direttori dei telegiornali. Sa che la crisi sarà dura e sempre più difficile da gestire, e vuole assicurarsi che le brutte notizie non vengano date, che quando chiude una fabbrica se ne parli poco o niente. Giusto! Ma allora perché non impostare una battaglia sull’informazione partendo dalla governance della Rai? …
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stralci dal capitolo 4 ("Prima colazione da Walter Veltroni") del libro
RAI, ADDIO
Memorie di un ex consigliere
di Carlo Rognoni
(Tropea)