[di Simone Incontro, bresciaoggi.it] «È la stampa, bellezza». La battuta di Humprey Bogart, che rivendica il ruolo di «cane da guardia del potere» per il giornalismo, resta immortale. Forse oggi andrebbe pronunciata davanti a un server di internet, più che a fianco di una rotativa. Quello della carta stampata è un vecchio mondo che muore? La profezia è di Philiph Meyer, studioso americano dell'editoria, che ha previsto «l'ultima copia del New York Times» nel 2043. Non perché i giornali come istituzione siano destinati necessariamente a estinguersi. Anzi. È possibile, e persino probabile, che abbiano un luminoso futuro davanti a sé. Quello che muore è il giornale nella forma che ha avuto negli ultimi decenni: un manufatto di carta. Questo modello sta declinando.
Oggi la stampa sembra attraversare una crisi irreversibile: riviste e quotidiani chiudono, le redazioni vengono decimate dalle ristrutturazioni e i ricavi della pubblicità continuano a calare. Le cause sono diverse: l'avvento dei nuovi media, la gratuità della rete e i giovani che leggono sempre meno i quotidiani. Tuttavia un'informazione libera, indipendente e di qualità, e di punto d'incontro delle comunità, è un ingrediente indispensabile della democrazia. Senza di essa, diventa impossibile formare un'opinione pubblica competente e attiva.
Enrico Pedemonte, esperto di rete e giornalismo e corrispondente da New York dal 2002 al 2008 per il gruppo Espresso, ha studiato quello che sta succedendo nel mondo dell'informazione negli Stati Uniti e in Europa e, nel suo libro Morte e resurrezione dei giornali (Garzanti, 237 pagine), racconta la crisi della carta stampata e ne coglie le motivazioni più profonde. Pedemonte smonta l'idea comune che la lettura dei giornali su Internet sia l'unica e la principale causa di questa trasformazione epocale. La perdita di centralità dei giornali nella nostra vita ha cause più profonde, legate alla rivoluzione negli stili di vita e ai cambiamenti nell'uso del tempo della nostra vita quotidiana. Pedemonte riporta come il pubblico dedichi ai giornali solo una minima frazione del suo tempo di navigazione su Internet. Secondo i dati forniti da Nielsen per l'Italia, i frequentatori dei social media (in particolare di Facebook) sono circa 15 milioni e circa 13 milioni i lettori dei giornali online. Con una differenza: ogni mese i primi trascorrono 6 ore e 2 minuti su Facebook, mentre i secondi dedicano ai giornali solo 43 minuti, poco più di un minuto al giorno. Complessivamente, il tempo trascorso su Facebook dagli italiani è quasi dodici volte quello passato a leggere le notizie. Gli utenti dedicano più tempo a scrivere e-mail (il doppio) e persino a fare ricerche e guardare video che a leggere i giornali online.
Negli ultimi anni hanno assunto un ruolo sempre più rilevante social network come Facebook. MySpace, Twitter e la tendenza è analoga in Paesi come la Russia e la Cina, dove i social network hanno altri nomi. È l'istinto alla socialità il protagonista di questa svolta nella comunicazione, una svolta che sta provocando una rivoluzione nell'uso collettivo del tempo individuale. Oggi, scrive Pedemonte, è la potenza del software, associata alla capacità distributiva della rete, a fare la differenza.
Per avere un'idea della potenza dei motori di ricerca basti pensare che Google News analizza 40mila siti di notizie di tutto il mondo ogni 10 minuti. Il gruppo di Mountain View ha 20mila dipendenti, è il più grande distributore di notizie al mondo, ma tra le sue fila non figura neanche un giornalista. Sembra un paradosso, ma nella società dell'informazione chi «produce» le notizie sembra ormai aver perso centralità. Nell'era digitale le informazioni sono merce povera. Il pubblico è abituato a considerarle gratuite e a scaricarle da Internet senza pagare.
Chi salverà allora il mondo dell'informazione? Pedemonte trova l'ancora di salvezza nell'«ipergiornale», quello al quale le migliori testate del mondo oggi cercano di assomigliare: un giornale nel quale la partecipazione dei lettori (che sono anche cittadini) diventa un ingrediente fondamentale. Il giornale torre d'avorio, secondo Pedemonte, si dovrà trasformare in redazione-casa di vetro.
Simone Incontro
10/05/2011 bresciaoggi.it
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Morte e resurrezione dei giornali
Chi li uccide, chi li salverà
Enrico Pedemonte
pp. 248
Garzanti
€ 14,60
ISBN 978-88-11-68184-7