Influenzare. Tra i sinonimi di questo verbo ormai così utilizzato compaiono: condizionare, suggestionare, convincere, ispirare, plagiare. Termini che, a seconda della scelta, possono assumere connotazioni positive o negative. Forse per questo la nuova figura degli “influencer” di professione alimenta dibattiti e pareri contrastanti. Suscitando, al contempo, amore e odio verso quei personaggi che dal nulla sono riusciti a costruirsi un impero social.
Influenzare, appunto. Mode, consumi, stili di vita. Ecco il loro patrimonio.
La capostipite italiana di questo mondo, all'apparenza solo virtuale, risponde al nome di Chiara Ferragni. Un “fenomeno” riconosciuto a livello internazionale, tanto che il Financial Times l'ha inserita al settimo posto della top ten delle influencer più famose. L'unica non americana del gruppo. Davanti a star come Rihanna e Ariana Grande. Già nel 2017, inoltre, la rivista statunitense di economia e finanza Forbes aveva indicato la “nostra” Chiara come la persona più influente nel settore della moda.
Per mettere in piedi il suo business milionario, pensate, l'investimento iniziale è stato di soli 510 dollari, 10 per il dominio, il resto per la macchina fotografica. Parola del suo ex fidanzato Riccardo Pozzoli, cofondatore di The Blonde Salad, il blog che nel 2009 lanciava nell'olimpo dei social, allora poco frequentato, la studentessa Chiara Ferragni (all'epoca iscritta all'Università Bocconi di Milano). Nata come fashion blogger, la 31enne di Cremona è diventata prima un’influencer e poi un’imprenditrice, oltre che stilista (firma, infatti, diverse collezioni di suo pugno). La case history del suo Tbs, diventato progetto editoriale ed economico di successo, è stata studiata persino ad Harvard. Condividere outfit ha fruttato insomma un bel giro d'affari, tanto che Chiara Ferragni Collection è oggi un marchio distribuito in oltre 300 top store di tutto il mondo.
Le cifre che riguardano il suo fatturato sono varie e non sempre coincidono tra di loro. Ma sempre di milioni di euro si tratta. Secondo quanto riportato da IlSole24ore in un articolo datato 31 dicembre 2017, se si sommano le due società di cui Chiara Ferragni è socia titolare, si sfiora la cifra dei 5 milioni di euro. Non ci sarebbe traccia ufficiale invece del giro d'affari del marchio di moda Chiara Ferragni Collection. Analizzando le cifre a sua disposizione, il quotidiano economico solleva il dubbio che, quando si parla della blogger come un conclamato caso di business di successo, possa trattarsi più che altro di copertine ad effetto, frutto di una campagna di comunicazione studiata da esperti di immagine.
Numeri a parte, quel che è chiara a tutti è la percezione che si ha di Chiara Ferragni, ossia quella di una giovane donna capace di influenzare i consumi, soprattutto nel campo della moda. Un esempio quanto mai calzante di quel personal branding tanto caro oggi agli amanti del marketing. Per intenderci, ogni volta che pubblica un post la nostra “influencer” guadagna 12 mila dollari.
Per ottenere questo “potere” e di conseguenza questo guadagno, Chiara non ha utilizzato i canali dei media tradizionali. Nè il piccolo schermo. E nemmeno l'ambiente patinato delle riviste di gossip. A dimostrarlo la decisione di non vendere a nessuno l'esclusiva del suo matrimonio con il rapper Fedez. Risultato? 3,5 milioni di utenti hanno visualizzato le storie e i video pubblicati su instagram dagli ospiti. Uno “share televisivo” lo ha definito l'artista, sempre sui social.
La somma dei followers dei Ferragnez, aggiornata ad oggi, ammonta a circa 23 milioni di utenti. Le grandi aziende fanno a gara per creare prodotti tagliati su misura per loro. Vedi Alitalia (gli invitati della coppia sono arrivati in Sicilia su un volo a loro riservato), Trudi (che ha disegnato i peluche con le sembianze degli sposi), Prada (che ha vestito Chiara nella festa pre cerimonia), Dior (che ha disegnato gli abiti della Ferragni nel giorno del sì) e Versace (che ha pensato all'outfit di Federico Lucia). Ma la lista delle partnership e delle sponsorizzazioni potrebbe allungarsi a dismisura. Segno che sono le aziende, in fondo, a guadagnarci più di chiunque altro. Sfruttando proprio personaggi come loro. Basti pensare come, come riporta lo stesso Financial Times, con i post su Instagram appena successivi al matrimonio, Chiara Ferragni abbia fatto aumentare del 109 per cento le ricerche sui prodotti Dior.
Ora, però, se per un vip diventare influencer può essere più semplice perché gode del fattore popolarità, per una semplice ragazza con la passione della moda il passo non è scontato. Per cui, prendendo ad esempio proprio Chiara Ferragni, rimane la domanda delle domande: come ha fatto?
“Quello che fa lei potrei farlo anche io”. Il mantra risuona tra migliaia di ragazze, giovani e giovanissime, con il sogno di diventare a loro volta “influencer”. Eppure poche ci riescono. La concorrenza è tanta, troppa. E per emergere serve qualcosa in più. Quel qualcosa che Chiara ha saputo comprendere e sfruttare a suo vantaggio. Quale sia l'ingrediente segreto è difficile da definire. La bellezza? Forse, ma non solo. E' bella, senza dubbio. Ma non è la sola nel variegato mondo delle Instagram star. Ha un talento particolare? O ha semplicemente capito, prima di altri, come stava cambiando il marketing delle aziende e ha cavalcato l'onda?
Se Vogue Usa l'ha definita qualche anno fa “la voce di una nuova generazione” un motivo c'è. Chiara Ferragni, volenti o nolenti, incarna lo spirito del tempo. Effetto band-wagon (carrozzone), lo chiamano gli esperti: è di successo e in quanto tale ci piace e basta. Non rimane che farsene una ragione.
Fare l'influencer oggi è e può essere una professione. Ma come accade per gli altri mestieri non tutti possono farlo. E non tutti possono avere successo. “Niente è facile come sembra”. È la legge di Murphy.