Riassumendo le notizie di gennaio, scorrendo le prime pagine dei giornali (chissà che torni la passione per la pagina scritta) ecco che alla ribalta ci sono i bambini, poveri bambini. A Bari, il 2 gennaio, nella culla termica di Poggiofranco, quartiere residenziale, unica in città affidata alla parrocchia di san Giovanni Battista, hanno trovato il corpicino senza vita di Angelo, com’è stato poi chiamato, abbandonato lì, o per meglio dire affidato da mani pietose, nemmeno 24 ore prima: fatto sta che lì dentro non funzionava nulla. Dal condizionatore usciva aria fredda invece che calda, quindi la culla era tutt’altro che termica e non è scattato l’allarme, collegato poi al solo telefono del parroco (che si trovava a Roma), che mettesse in moto la macchina dei soccorsi. Il suo vagito, forse sentito da una signora del palazzo di fronte, è stato scambiato per quello di un gatto e così il poveretto è deceduto al freddo e al gelo. Il parroco, Antonio Ruccia, è indagato per omicidio colposo. Il 3 febbraio il Papa ha dedicato proprio ai bambini una conferenza: stroncare la loro vita significa recidere il futuro.
C’è la sofferenza dei bambini coinvolti in una guerra che non hanno voluto, in Medioriente, in Ucraina e c’è l’enorme sofferenza dei migranti. A Lampedusa una mamma ha perso, mentre l’acqua inondava la barchetta che li conteneva, vedendoli sparire fra le onde, ben tre figli di tre, due e un anno. Che dolore immenso, che notizia atroce, mentre gli immigrati liberi che arrivano in Italia vengono dirottati in campi di concentramento in Albania da dove però i giudici giusti li tolgono, facendoli rientrare in Italia, approdando appunto a Bari. E’ successo in tre tornate, per una quarantina di persone ogni volta provenienti da paesi sicuri o non sicuri, cosa importa, il fatto è che loro non si trovavano bene nel luogo d’origine e hanno deciso di emigrare, come gli uomini hanno sempre fatto. E gli 800 milioni di euro spesi per questi “lager” (come li ha definiti giustamente la senatrice Liliana Segre) albanesi si sarebbero potuti impiegare meglio per iniziative nel nostro Paese. Ma la premier su questo punto non ci sente, è convinta che i centri “funzioneranno”.
Poi c’è stato il caso della piccola rapita da Rosa Vespa a Cosenza, la stessa città da cui arriva la notizia di maltrattamenti in famiglia a dei bambini: la donna 51enne ha rapito una bambina da una clinica perché voleva a tutti i costi mostrare a marito e parenti quel figlio che (non) stava aspettando, gettando nella disperazione i veri genitori. La città è stata blindata e grazie alle telecamere si è giunti facilmente all’identificazione della casa dove si stava svolgendo una festa di presentazione della neonata rapita (vestita poi di celeste, perché si è cercato di farla passare per maschietto).
Nel Lucchese invece una coppia non si è accorta di aspettare una figlia; il marito credeva che la moglie avesse mal di pancia per un’influenza, è andato in farmacia e al ritorno ha avuto la sorpresa di essere padre di una bambina di oltre tre chili. Cose da non credersi, giustamente Luciana Littizzetto ne ha ironizzato nel suo programma sul Nove. Mentre alla fine del mese, questo mese infausto per i bambini, una ragazza sedicenne ha nascosto il suo piccolo (morto per emorragia) in un secchio sul balcone a Sesto San Giovanni: in casa la famiglia, ignara anche in questo caso di tutto, ma s’indaga per capire come ciò sia stato possibile.
Gennaio 2025: anno di ricorrenze, in primis la Liberazione di Auschwitz, 80 anni fa, da parte delle truppe sovietiche che si trovarono di fronte alle vittime del nazismo, più morte che vive.
Ma andiamo con ordine, prendendo per esempio la prima pagina di Repubblica. Dove Antonio Scurati ci descrive, a partire da giovedì 2 gennaio “la nascita di una dittatura”, 3 gennaio 1925, così come ha fatto nella fiction sceneggiata anche da lui (oltre a Stefano Bises e Davide Serino e diretta da Joe Wright), autore del libro eponimo “M-L’uomo del secolo”, in otto puntate esemplari (di un’ora ciascuna) andate in onda su Sky. E a questo sarà dedicata anche la copertina del Venerdì del 3 gennaio, quando sul giornale si titola su Cecilia Sala, “Scontro con l’Iran”.
La guerra ha i suoi strascichi in tutto il mondo: a New Orleans, nella notte di San Silvestro, un ex militare texano estremizzato islamista lancia un pick-up contro la folla e fa 15 morti. Sventolando una bandiera della risorta Isis. Stefano Massini traccia un ritratto di Donald Trump, “La sfida al destino” (una prima puntata), mentre ci s’interroga sul “mistero dei soldati attentatori”.
Natalia Aspesi scrive su Rosita Missoni, scomparsa a 94 anni, colei che “ha colorato la moda”.
Cecilia Sala, imprigionata a Teheran dice che bisogna fare in fretta e verrà liberata solo l’8 gennaio (dal 19 dicembre si trovava in carcere senza motivo se non il suo lavoro di giornalista).
Il 4 gennaio La Repubblica rivela che ci sono due nuovi indagati per il delitto di Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), i cui mandanti, tutti capimafia, sono stati individuati da tempo (Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano e Francesco Madonia): ciò porterà a un nuovo processo per il delitto del fratello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. I nomi saranno fatti il giorno dopo, si tratta di Antonino Madonia (figlio di Francesco) e di Giuseppe Lucchese, già in carcere per una sfilza di reati. Rosi Bindi rivela che Piersanti Mattarella era “l’erede di Moro e ostacolava i clan. Fu eliminato per impedire l’accordo con il Pci”.
Nello stesso numero in seconda e terza pagina ecco un magnifico reportage di Emmanuel Carrère da Tbilisi: lo scrittore francese è georgiano per parte materna. Poi ancora i genitori di Cecilia Sala che chiedono il silenzio stampa e la governatrice della Sardegna, Alessandra Todde che va avanti nonostante sia stata dichiarata decaduta. Sempre denso di articoli interessanti da leggere l’inserto del sabato D (onna), diretto da Emanuele Farneti. E poi ancora una notizia sull’ennesimo femminicidio a Gualdo Tadino: “Uccide la moglie e si spara sette mesi dopo il matrimonio”.
Domenica 5 gennaio Ezio Mauro avverte sul pericolo della nuova destra, e proseguirà nel mese con altri fondi mettendo in allarme contro la tecnocrazia che richiede, per opporvisi, un approccio diverso della sinistra, una nuova egemonia culturale.
La vignetta di Altan recita: “Sono Elon, capobranco dei lupi solitari”. Meloni intanto vola a Mar-a Lago per una visita-lampo da Trump che si rivelerà molto fruttuosa, specie per risolvere il caso-Sala. L’inserto Robinson ha in copertina Bob Marley.
Il 6 gennaio, lunedì, si apre con l’intesa fra Meloni e Musk, mentre Elisabetta Belloni lascia la guida dei servizi segreti (prima donna a dirigerli). Ilvo Diamanti tratta di migranti, “mai così invisibili”.
A proposito del lavoro che viene proclamato come in crescita ma spesso si tratta di lavoro nero e sottopagato, va segnalato che se ne occupano anche due fiction giornaliere su Raitre e Raiuno molto seguite, come un “Posto al sole” e “Il paradiso delle signore”. Nella prima, Michele Saviani, il giornalista di Radio Onda in contrasto con il proprietario, il tycoon Roberto Ferri, sta svolgendo una pericolosa inchiesta per smascherare il potere, tutto delinquenziale, dei Gagliotti, che comprano terreni a man bassa e sfruttano i braccianti immigrati. Nella seconda, una giornalista passa da un notiziario di magazzino a un’importante testata e la lasciano sì libera di fare un dossier sulla condizione operaia nel 1964 (l’epoca della fiction) ma a costo che lo riduca parecchio per motivi di spazio.
Il filosofo Massimo Adinolfi (che si occuperà anche di Chiara Ferragni e Fedez, il 30 gennaio) spiega che non c’è libertà senza libri (giustissimo, peccato che le librerie vengano spesso disertate e che il prezzo dei libri salga, ma ci sono sempre le biblioteche, preziosissime) e Stefano Mancuso precisa che basterebbero tre alberi per salvare il Giubileo. Ovvero basterebbe che i 32 milioni di pellegrini previsti nella capitale piantassero tre alberi a testa e se ne prendessero cura per dieci anni.
Invece dalla capitale giungono notizie come un ragazzo di 15 anni accoltellato per rapina e un povero cittadino che porta a spasso il cane e viene investito e ucciso da un’auto che sfreccia a 100 all’ora. Molto meglio la proposta di Mancuso.
Robinson propone “l’anima verde di Tolkien”. Il 7 gennaio, “Tutti contro Musk. Meloni frena sull’intesa per l’uso di Starlink”, esattamente il contrario di ciò che si annunciava alla vigilia. Belloni in una lunga riflessione di Carlo Bonini confessa (a una fonte del giornalista) che non ne poteva più di dirigere il Dipartimento per le informazioni della sicurezza (troppe ingerenze). E di spalla due analisi delle storiche Michela Ponzani (“Acca Larenzia, la distanza fra lutto e culto”) e Benedetta Tobagi (“Italia 1980, il lungo tunnel del terrore”). Poi Trudeau lascia dopo 10 anni e Trump: “Ora il Canada a noi”. Il che porta a titolare l’8, “Le minacce di Trump” e di spalla la morte di Le Pen, fondatore dell’ultradestra francese, e di piede “Nosferatu, il ritorno dell’immortale morso del vampiro” di Michele Mari.
Giovedì 9 gennaio, finalmente “L’abbraccio a Cecilia”, liberata dal governo dell’Iran il giorno prima, a tutta pagina, come per Il foglio (il quotidiano con cui Sala collabora oltre a Chora media), che riporta la grande foto della giovane giornalista sorridente e felice, libera all’aeroporto di Ciampino. Un sospiro di sollievo per lei che ricorda altre donne che sono nello stesso carcere in cui è stata rinchiusa lei (quello terribile di Evin a Teheran) e che attendono la libertà. Nove le pagine dedicate a questo importante evento.
Intanto brucia Hollywood, “Dentro l’inferno di Los Angeles”, con un articolo, il 10, di Gabriele Romagnoli: “Sunset Boulevard, la fine di un’icona”. La Meloni annuncia che Musk “non è un pericolo” mentre Stefano Massini prosegue la sua analisi di Donald Trump (un po’ sulla sica del film “The apprentice”, da recuperare). Michele Serra preannuncia l’intervista su D a Jovanotti, tornato sul palco coi suoi inconfondibili concerti. Il Venerdì si occupa del gran ritorno del “Conte di Montecristo”: la fiction diretta da Bille August su Raiuno è un successo con un cast eccezionale. La copertina è dedicata a Paolo Sorrentino e il rapper Guè.
Siamo a sabato 11: “Condannato Trump. Giudicato colpevole alla vigilia dell’insediamento per 34 reati nell’inchiesta sui pagamenti alla ex pornostar. Non andrà in carcere e non pagherà nessuna multa. Sentenza storica negli Usa, sarà il primo presidente pregiudicato”. Ovviamente lui annuncia ricorso.
Domenica 12, si apre sul caos trasporti di cui è accusato il ministro Salvini, per un’altra giornata difficile per i viaggiatori. Concita De Gregorio riflette sulla fiction da Scurati (dal primo di cinque libri) che va concludendosi: “Sapersi vendere, la lezione di M.” e, a pag. 25, la critica del televisivo Antonio Dipollina.
Lunedì 13 l’attenzione si sposta sulla liberazione di Abedini, l’iraniano che era stato arrestato qualche giorno prima del 19 dicembre (data dell’arresto di Sala), accusato di traffico d’armi e di cui gli Usa vorrebbero l’estradizione. Paolo Gentiloni, che comincia a collaborare con il quotidiano diretto da Mario Orfeo, comincia a lanciare l’ipotesi di maggiori armamenti per l’Europa (una spesa che verrà ritenuta sempre più probabile per contrastare il rincaro dei dazi Usa, una prospettiva davvero inquietante).
Natalia Aspesi, tra le fondatrici di “Repubblica”, giornale che si appresta a celebrare il suo mezzo secolo di vita (e intanto sono cominciate le celebrazioni) recensisce il film francese “L’uomo nel bosco”.
Martedì 14 gennaio di comincia a parlare di tregua a Gaza: “Biden: intesa vicina. Attesa per Hamas, decide il fratello di Sinwar”. Il giorno prima era scomparso il celebre fotografo Oliviero Toscani a cui Francesco Merlo dedica un sentito ricordo. Michela Marzano critica una sentenza a Modena secondo cui risulterebbe “comprensibile” un assassino che ha ucciso la moglie e la figlia di lei.
Il 15 si comincia a trattare per la liberazione degli ostaggi in Israele, i cittadini rapiti e torturati dai palestinesi il 7 ottobre 2023 e si arriverà a uno stillicidio di rilasci in cambio di centinaia di palestinesi in carcere. Massimo Recalcati riflette da par suo: “Troppo odio, ripensare la fratellanza”. “Spogliate in questura”, torniamo in Italia con l’accusa gravissima delle attiviste a Brescia, dove manifestavano contro fabbriche di armi. E scatta l’allarme per un cooperante veneziano, Alberto Trentini, da due mesi in carcere in Venezuela senza che se ne sappia nulla e risulta ancora adesso rinchiuso. E il 16 si titola a tutta pagina: “Gaza, speranza di pace” con la mediazione del Qatar. Un “fragile compromesso” (Maurizio Molinari) che comunque dà appiglio a una prospettiva diversa dall’eterno scontro.
Treni, si pensa (da parte aziendale e ministeriale), al sabotaggio.
Venerdì 17 si comincia a parlare di scontro con i magistrati con la riforma del governo: “La giustizia di Berlusconi, alla Camera il primo sì alla separazione delle carriere. Forza Italia: così si avvera il sogno del Cavaliere, Protesta dei magistrati: fine delle garanzie. Ma Nordio rilancia: scudo agli agenti e basta registro degli indagati”. “Se lo scopo è punitivo”, il commento di Michele Ainis. La notizia della scomparsa, a pochi giorni dal 79esimo compleanno, di David Lynch, “regista visionario”. Il Venerdì si occupa dei grandi ricchi sconosciuti, “miliardari senza fama”.
Sabato 18 Michele Serra lancia un appello per la salvezza di Azizi, attivista curda condannata a morte per “ribellione” a Teheran. L’apertura è dedicata a Santanchè, la ministra del Turismo, rinviata a giudizio per falso in bilancio del gruppo Visibilia. Massimo Giannini tratta di quale centro possa servire alla sinistra.
Domenica 19 c’è un fondo di Ezio Mauro (ex direttore di Repubblica che firma ancora molto, mentre Orfeo non si palesa): “Il big bang del nuovo mondo” e si tratta poi di Gaza, “ritorno alla libertà”. Corrado Augias dà il via alle celebrazioni per il mezzo secolo (l’anno prossimo): “Un giornale che ha cambiato il Paese”. Robinson apre con il nuovo libro di Francesco Piccolo. Antonio Gnoli, infaticabile ritrattista, intervista Luc Merenda, un divo che a Bari, allo scorso Bif&st, fece furore fra le sue coetanee ottantenni.
E veniamo all’inauguration day, che si è potuto seguire in diretta alla tv, una cerimonia quasi per pochi intimi (tutti i più ricchi, pochissimi, della terra) al chiuso di Capitol Hill per il gran freddo che imperversa a Washington, ovvero l’insediamento di Donald Trump, di cui resta impresso il cappello antibacio di Melania, la first Lady per la seconda volta. I giornali ovviamente se ne occuperanno il giorno dopo, mentre il 20, lunedì, si intitola “Un giorno di pace”, con i primi ostaggi israeliani liberati a Tel Aviv e i palestinesi a Ramallah. E quindi martedì 21 il titolo è: “Trump 2, la vendetta”, tanto che Romagnoli firma: “Edmond Dantes in abito blu”. Intanto in Italia è bocciato il referendum sull’autonomia.
Dal 22 cominciamo col tormentone: “Trump alla guerra dei dazi”. E si discute anche molto del braccio alzato di Musk, che del resto dà il suo appoggio pure alla destra tedesca. Di piede una notizia che crescerà fino a oggi: “Scarcerato il libico torturatore-Una vergogna”. Almasri sarà poi denunciato dall’avvocato Li Gotti, o meglio sarà fatto un esposto contro l’operato del governo, quindi di Giorgia Meloni, che lo ha rispedito a Tripoli con un aereo di Stato. La premier si difenderà in un video dei suoi, dicendo, con Piantedosi, che era un tipo pericoloso da rispedire fuori dall’Italia ma si chiede un confronto in Parlamento, perché per Almasri c’era un mandato di cattura della Corte penale internazionale che in un primo tempo è stato rispettato in quanto il libico era stato arrestato in Italia (era a Torino a vedere una partita della Juve) ma subito liberato con lo sconcerto di tutti.
Infatti il 23 gennaio si titola: “Liberato un criminale. I giudici della corte dell’Aia contro l’Italia: ci deve spiegazioni”.
Si celebrano i 90 anni di Corrado Augias, tra i fondatori di “Repubblica”. E scoppia il caso di Cosenza di cui si è accennato sopra: Rosa Vespa voleva un figlio e se l’è rubato. Una notizia di cui si è avuta subito eco da Fb, quando la foto della neonata rapita è stata rapidamente diffusa.
Il 24, venerdì, “Trump sfida l’Europa. Il presidente: il green deal è un imbroglio. La Ue tratta male Apple e Google, ora pagherà i dazi”. Per restare al campo italiano, Franceschini propone di correre divisi per battere poi la destra, una tesi che farà molto discutere. Nuovi giornalisti alla ribalta: viene imbarcato il giovane Edoardo Prati, star di Tiktok.
Sabato 25 gennaio campeggia la foto terribile della fila di uomini in catene che vengono portati via in aereo dagli Usa in quanto immigrati: “I migranti deportati”. Massimo Giannini: “La costruzione del nemico straniero”. Altan: “Almasri è pericoloso e se poi faceva danni in carcere?”.
Ci avviamo alla fine del mese ma i giornali sono sempre ricchissimi di notizie. Domenica 26 gennaio grande attenzione all’inaugurazione dell’anno giudiziario, nelle 20 Corti d’Appello, con la protesta dei magistrati: “Sedie vuote, tricolori, Carta costituzionale sventolata contro la separazione delle carriere”. E ancora, in centro pagina: “Lo show di Hamas per il rilascio delle soldate”. Robinson si occupa del cugino di Einstein che viveva a Firenze con la famiglia e fu deportato e ucciso dai nazifascisti.
Lunedì 27 gennaio politica e affari, anche con personaggi più che discutibili (“si fanno cose sporchissime in nome della ragion di stato”, urla Vespa in tv): “Meloni: patto con l’Arabia”. Per chiarezza ricordiamo che il principe bin Salman è stato il mandante dell’assassinio del giornalista Kashoggi che indagava su di lui, nell’ambasciata saudita a Istanbul.
Elogio di Sinner, “più forte di tutti e di tutto”.
E un bel reportage di Tonia Mastrobuoni da Auschwitz sulla casa vista lager che diventerà un museo e che è stata al centro del magnifico film “La zona d’interesse” di Jonathan Glazer. All’interno tanti articoli ancora da leggere, come l’interessante intervista ad Arisa. “Il Foglio” lunedì 27 ha una vignetta a tutta pagina di Makkox con Trump che illustra a Bruno Vespa il plastico della nuova Gaza ricostruita da lui. Il direttore Claudio Cerasa, poi, sul Giorno della memoria (inaugurato 25 anni fa da Furio Colombo, il grande giornalista scomparso a gennaio): “Il dovere di un ‘mai più’ del presente. Dire ‘mai più’ 7 ottobre significa non fare confusione tra aggredito e aggressore, tra democrazie e terrorismi”. Martedì 28 gennaio, finalmente l’ammissione della Meloni: “Shoah, fascismo complice”. Di pancia (come si dice in gergo) una foto molto esplicativa, che è andata ovunque: “Il popolo degli sfollati in marcia verso Gaza”. Il 29 gennaio deflagra il caso Almasri-torturatore in libertà: “Meloni indagata sfida i pm” e il Manifesto titola. “Atto voluto”. E il 30: “Almasri, il governo scappa”, una notizia che tiene banco e i cui chiarimenti sono attesi oggi, 5 febbraio, mercoledì.
Insomma, un quotidiano è come un romanzo: 1,70 euro per avere tutte queste notizie, tutta questa spremitura di cervello, tutta questa fatica di giornalisti, distributori, edicolanti e spesso rimane lì, intonso. Non è possibile, mentre ormai tutti si “informano” sullo smartphone, sempre acceso anche al cinema…