Grazie al ritratto che del grande giornalista (e scrittore, filosofo e poeta) Eugenio Scalfari, scomparso giovedì 14 luglio, hanno fatto le figlie Enrica e Donata (con Anna Migotto) nel bel documentario “A sentimental journey” e allo psicologo Recalcati che commentava, si è appreso che i figli unici (come lui, ma anche gli altri, se è per questo) riescono a tenere unite le coppie grazie all’affetto dei genitori per loro e poi sono condannati a riproporre, nella vita adulta, l’eterno triangolo. Amoroso, affettivo ed è stato quasi ovvio che la prima con cui scambiare la moglie, visto che passava più tempo al giornale che a casa, fosse proprio la segretaria, poi diventata moglie alla vedovanza. All’epoca, altro che consenziente triangolo: dovevano aver sofferto tutte moltissimo, come ammettono le stesse figlie, legate alla loro mamma, non lui che, per sua stessa ammissione, non era al vertice di quel triangolo, ma caso mai ne godeva gli effetti, non potendo per sua stessa ammissione sopportare la solitudine. In una profusione di amicizie “benedette”: da Arrigo Benedetti al Mondo a De Benedetti, direttore della Stampa e poi suo suocero, avendo egli sposato la figlia Simonetta, fotografa, madre delle sue due figlie, fino all’editore Carlo De Benedetti e quasi a confermare la rima, la seconda moglie, Serena Rossetti.
Non ci fu divorzio, per quanto L’Espresso scalfariano si battesse per averlo nel 1974, ma una divisione del tempo e ora le sue ceneri riposano a Torino, vicino alla moglie. Del resto, come osserva dal canto suo l’ammirata Natalia Aspesi, l’alter ego milanese del gran direttore, nessuna donna “avrebbe rinunciato a Eugenio”. E dunque si trasferivano a Milano da Roma segretarie quasi stalking nei confronti del loro direttore e a Roma la direzione si trasformava in una sorta di fucina matrimoniale, scrive Aspesi. Ora, Scalfari come celebrante di matrimoni non me lo vedo, e nemmeno come Cupido ma a Natalia, data l’età e la onorata lunghissima carriera alle spalle, nonché l’amicizia con il suo Direttore, va dato credito. Aspesi che non ha mai diretto Repubblica, lei che pure ne avrebbe avuto diritto. Perché Scalfari, e il principe Caracciolo, come più volte dichiarò e lo si ricorda nel film delle figlie, non avevano “successori”. Le figlie sono entrambe giornaliste e fotografe, nipoti e pronipoti di giornalisti per parte di madre, e opportunamente indirizzate avrebbero potuto raccogliere l’eredità paterna, al giornale. Ma no; i due, Eugenio e Carlo, volevano un maschio erede del loro regno e trovarono Ezio Mauro. Adesso in Italia c’è una sola direttrice di quotidiano (quello nazionale) piuttosto in vista, Agnese Pini, non ha nemmeno 40 anni, è molto citata per questo. Per le figlie Scalfari avrebbe visto piuttosto un ruolo di stenografe. O magari dimafoniste: tra i necrologi più lunghi e affettuosi spicca proprio quello dei dimafonisti, coloro che raccoglievano le riflessioni domenicali di Scalfari. Però va dato atto che Scalfari ha avuto sempre una redazione che alle donne ha riservato un ruolo di spicco, dall’indimenticabile Rosellina Balbi che dirigeva la cultura a Miriam Mafai, notista politica come pochi, a Simonetta Fiori (figlia del biografo di Gramsci, Giuseppe), ancora firma di punta, a Irene Bignardi (ora in pensione), a Barbara Spinell (che ha abbandonato la testata in polemica per Il fatto quotidiano, qualche anno fa) fino alle numerosissime croniste di oggi.
Fu una rivoluzione La Repubblica, il 14 gennaio 1976. E creò epigoni, non solo in casa sua con Il Tirreno, La nuova Venezia, e poi le varie affiliate cittadine, ma con un giornalista che di quella innovazione era stato testimone e solerte e attivo partecipante. Vale a dire Beppe Lopez che arrivò nel Salento e fondò, nel giugno del 1979, il Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto, una testata che ancora adesso raccoglie consensi e lettori. Il Salento, che fino a quel momento aveva solo la redazione locale della Gazzetta del Mezzogiorno, e a Lecce un periodico, "La tribuna del Salento", che faceva capo al docente universitario e parlamentare del Pli Ennio Bonea, e a Taranto “Il corriere del giorno” e le prime esperienze di tv locali, si trovò ad avere la sua versione di Repubblica. Un manipolo di giornalisti giovani e no, ancora i tipografi (e le tipografe, oltre a una prota bravissima, Carmelina) e “Il quotidiano” prese il via e guadagnò copie, avendo avuto l’ottimo imprinting di Lopez, con altri direttori, sino alla vendita a Caltagirone e all'attuale direzione di Rosario Tornesello, cresciuto nella fucina leccese di questo giornale tabloid sorto sulla scia della Repubblica. Così, se a Roma si faceva riferimento a piazza Indipendenza, prima della nuova sede, così a Lecce si lavorava in viale degli Studenti e la sera ci si vedeva non in via Veneto ma al Roxy bar.
Si faceva vita di redazione, si stava sempre al giornale, senza magari i benefit dei giornaloni (niente mensa o bar aziendali, al massimo il boccione d’acqua gelata). Si stava sempre a discutere cosa mettere in pagina, nel paginone, nel primo piano, nelle cronache. Ogni idea veniva sezionata, vagliata, passata al setaccio del piano dirigenziale, essendo il giornale una forma di gestione in fondo autoritaria: direttore al vertice, capiredattori, capiservizi e, in fondo, l’amanuense, il redattore ordinario, colui o colei che scrive e scrive come la Aspesi, che della Repubblica adesso è tra le fondatrici ma che scrive ancora e fino a un decennio fa veniva inviata a seguire la qualunque in giro per l’Italia, oltre alla Mostra del cinema di Venezia appuntamento fisso per lei, Irene Bignardi (che sulle pagine del ricordo non si è vista) e Lietta Tornabuoni buonanima. Cinema allora roba da donne, adesso ci sono molte firme femminili a Filmtv, c’è Piera De Tassis ma insomma uno che scegliesse e commentasse rassegne di film (per esempio Bergman o i classici in bianco e nero), come Vieri Razzini, pure scomparso in questo luglio, non c’è. Come sono poche le donne in posizioni apicali in Rai e se Angelo Guglielmi, ricordato da Blob di cui è stato artefice con Enrico Ghezzi, come l’Angelo necessario, ha proposto quel tesoro di ironia che è stata La tv delle ragazze, resta il fatto che i talk show o le riflessioni politiche sono, tranne qualche eccezione, affidati agli uomini.
Inserto speciale di tante pagine per “Grazie Direttore”, venerdì 15 sulla Repubblica: un giornale corposo, così scritto, ma le edicole sono sempre più disertate e i giovani leggono le notizie sullo smartphone. Chissà che non sia proprio la fine di un’epoca, un viaggio sentimentale giunto al capolinea.