Milan Kundera (Brno, Cecoslovacchia, 1929), autore già notissimo nel suo Paese prima della Primavera di Praga cui fece seguito l’invasione sovietica nel maggio 1968, fu costretto a rifugiarsi in Francia nel 1975 divenendo una delle voci più ascoltate e limpide fra gli intellettuali del Novecento. Egli ha sempre preso posizione contro i totalitarismi sia fascista che comunista e nelle sue numerose opere letterarie, tra cui L’insostenibile leggerezza dell’essere (trasposto in film), ha narrato vicende in massima parte autobiografiche ma anche relative alla vita e al ruolo degli intellettuali nella società contemporanea.
Esce il 12 maggio per Adelphi, che gli ha pubblicato tutte le opere, un inedito in Italia costituito da due testi: La letteratura e le piccole nazioni, Discorso al Congresso degli scrittori cecoslovacchi, risalente al 1967 e Un Occidente prigioniero o la tragedia dell’Europa centrale, articolo pubblicato su Le Debat, XXVII nel novembre del 1983.
Un articolo fulminante, il primo, che suscitò polemiche nell’Europa dell’Est e all’Occidente europeo mostrava l’appartenenza delle nazioni dell’Europa centrale al milieu occidentale. Quindi le nazioni della Mitteleuropa che erano finite sotto il giogo sovietico erano da considerare occidentali a tutti gli effetti.
Sono testimonianze di un profondo sentire e di un amore per la sua Patria prima della caduta del Muro e dell’implosione dell’URSS.
Si tratta di lavori di scottante attualità che gettano luce sul presente in una sorta di preveggenza che solo i grandi intellettuali possiedono.
Il primo testo è stato presentato ai convenuti al Congresso degli scrittori cecoslovacchi del 1967, in un clima arroventato dalle polemiche e da scontri verbali che già sono prodromi di quel che accadrà con l’invasione di Praga da parte dei carri armati sovietici (la Storia pare non insegnare niente) e vedrà Jan Palach immolarsi in nome della libertà della sua Patria. Ricordo ancora l’episodio, ero bambina e la radio trasmetteva le drammatiche notizie, poi in Tv i tank sovietici e le immagini di terrore mentre i giovani praghesi cercavano di parlare con i soldati. Un momento sempre presente nella mia mente rinfocolato dalle immagini che vediamo in questi giorni.
Kundera ritiene gli Anni Sessanta un crogiolo per la letteratura e ogni aspetto della cultura. L’allentarsi dei freni del regime in quegli anni aveva favorito lo sviluppo delle arti, anche cinematografiche, del teatro, e poi la musica in un ribollire di attività culturali. Molte le pubblicazioni di riviste come Literarni noviny che vendevano duecentocinquantamila copie in un sol giorno.
Sostiene Kundera che l’esistenza della nazione dipende dalla cultura ed è fondamentale per la vita delle “piccole nazioni”. Essa è il collante del vivere civile e in cui gli individui si riconoscono. Nazioni come la Cecoslovacchia, ora Repubblica ceca, l’Ungheria, la Polonia, e le nazioni dell’Europa centrale devono, per non essere schiacciate, fare affidamento sul prestigio culturale. E’ un elemento fondamentale per l’identità nazionale. Il periodo a cavallo tra le due Guerre vede una fioritura letteraria senza precedenti.
Nel suo discorso Kundera si sofferma sulle difficili vicende storiche affrontate dalla nazione ceca. Essa è caduta durante il Nazismo e poi è finita nell’orbita dello stalinismo, non ha conosciuto la libertà ma nonostante tutto ha elaborato una letteratura di pregio, non elitaria a cui può attingere tutta la popolazione. Ciò è una peculiarità della Nazione ceca.
Nel secondo saggio, Un Occidente prigioniero, Kundera affronta il legame che unisce la Cecoslovacchia e l’Ungheria all’Europa. Prende spunto dalla frase pronunciata dal direttore della agenzia di stampa ungherese poco prima di essere ucciso dall’artiglieria sovietica entrata a Budapest nel 1956: “Moriremo per l’Ungheria e per l’Europa”. E’ ciò come la prova che egli si sentiva a tutti gli effetti europeo e l’Europa invece sentiva l’Ungheria come sovietica. Tutti gli stati dell’Europa centrale erano per cultura europei e non russi.
Ma vediamo che l’Europa geografica che giunge fino agli Urali ha gravitato attorno a due entità religiose e statuali: la prima parte a Occidente ha avuto come punto di riferimento la Chiesa cattolica e l’antica Roma; la parte a Est si è legata a Costantinopoli e alla Chiesa ortodossa. Queste due parti si sono evolute separatamente acquistando un profilo peculiare.
La parte centrale dell’Europa, la Mitteleuropa ha visto ribellioni e lotte in particolare dopo la Seconda Guerra Mondiale. Si trattava di rivolte di tutto il popolo contro i sovietici. Le rivolte di Praga, Varsavia, sono da ritenersi il dramma dell’Europa centrale. Kundera dà molta importanza, anche in questo saggio, all’aspetto culturale che nei Paesi della cortina di ferro ha insufflato idealità e identità a popoli che lottavano per la libertà. Popolo, vita, cultura, creazione sono i fattori fondamentali che hanno reso unici questi moti nell’Europa centrale e che sono stati osservati con scetticismo dagli intellettuali occidentali.
Il grande storico ceco Frantisek Palacky nel 1848 sosteneva la necessità della creazione di una nazione che riunisse i piccoli stati del centro Europa che avrebbero però mantenuto le proprie peculiarità. Una specie di federazione retta da uno Stato forte che si sarebbe difesa dalle mire espansionistiche della Russia zarista. Si affermava il principio del “massimo della diversità nel minimo spazio” opposto alla visione russa del “minimo di diversità nel massimo spazio”.
Rispetto alla Mitteleuropa la Russia si presenta come una civiltà “altra”.
Ma l’Europa centrale non è uno Stato ma una “cultura o un destino”.
Kundera si sofferma sugli scrittori amati: Kafka, Hasek, Musil, Broch. Sulla temperie culturale in cui si staglia il Circolo linguistico di Praga e il pensiero strutturalista. Molti intellettuali sono ebrei e qui Kundera li definisce “una piccola nazione”, “la piccola nazione”. Una nazione spazzata dal nazismo ma che è riuscita a rinascere più forte. Il sionismo nacque proprio in Cecoslovacchia.
Lasciamo al lettore il piacere di leggere soffermandosi su questi densi testi che mettono in evidenza coincidenze con la situazione geopolitica attuale.
Due magistrali saggi che anticipano problematiche attuali aprendo la strada a una riflessione e una comprensione della Storia attraverso varie sfaccettature e varie prospettive.