Giuseppe Marchetti Tricamo, giornalista, già dirigente Rai e Direttore di Rai Eri, docente all’Università di Roma La Sapienza, fondatore e direttore della rivista Leggere:tutti, ha scritto vari libri spaziando dal saggio storico, in particolare sul Risorgimento e la nascita dell’Italia repubblicana, a quello sul mondo dell’editoria, al romanzo e a pièce teatrale.
Questa ultima fatica Impossibile rincorrere il vento (Ibiskos Ulivieri), è un romanzo ambientato nella sua Messina ma che in fondo abbraccia idealmente tutta la sua terra, amara e bella direbbe Domenico Modugno, alla quale l’Autore è sempre rimasto legato in modo vivo e struggente.
Questa volta il protagonista, nel quale si riconoscono tratti dell’Autore, Giovan Filippo di Belviso, è un giovane giornalista trasferitosi dalla sua Messina a Roma dove lavora per il Quotidiano della sera e che viene inviato dal caporedattore a Messina a far luce su un mistero che coinvolge il Civico Museo Peloritano nella notte di San Lorenzo e che riguarda la sparizione del Sigillo di Federico, straordinario smeraldo che Federico II regalò a Colapesce e che è considerato da tutti il portafortuna della Città. Si dipana così la vicenda che con coup de theatre avvince il lettore. Sarà il giovane Giò e il suo amico capitano dei Carabinieri Lelio Mangraviti a sciogliere la matassa regalando un finale a sorpresa. E Giò farà uno scoop col botto!
Lasciamo al lettore il gusto di assaporare un giallo che ci fa entrare nell’anima siciliana.
Per Giò il viaggio nella Città natale è l’occasione per ritrovarsi e ritrovare un mondo che si colora del profondo azzurro del mare che riflette un cielo blu. Tanti ricordi di bambino e adolescente nella Villa del nonno Pietro in Riviera Paradiso da dove si ammira lo spettacolo dello Stretto con i ferribotte che instancabilmente fanno la spola tra l’isola e la Calabria. E poi tanti barchini, natanti di ogni tipo, lì dove il Tirreno e lo Jonio si uniscono in un rimescolio di acque e correnti, il mare di Ulisse e di Scilla e Cariddi dell’Odissea. A tal proposito mi permetto un ricordo del mio caro papà ufficiale della Marina Mercantile col quale, sulla petroliera in cui era imbarcato e sulla quale eravamo mamma e anch’io piccina attenta e stupita, attraversavamo lo Stretto diretti in Egitto. Che nostalgia!
E poi le spadare e l’Autore ricorda la dolente, struggente storia della coppia di pescespada trasposta in musica da Domenico Modugno.
L’incanto del mare ma anche dell’Isola con le sue piane assolate, le vestigia di un passato ricco di popoli e di storia, crocevia di cultura e genti che si sono incontrate e mescolate in un meltin pot straordinario di cui ancora oggi si avvertono gli influssi come anche i sapori di una cucina speziata ma anche fresca di finocchietto selvatico e di verdure dell’orto. Profumi come la caponata o le costardelle appena pescate. Per non parlare dei famosi dolci siciliani che acquistano una nota di esotico e che sono una vera esplosione di sapori. Giò era incantato da quell’universo. Egli approfitta di questo ritorno per rivedere i luoghi di quando bambino e adolescente girava per la Villa e si rifugiava nella biblioteca a piluccare i volumi di storia del Risorgimento e ricordava che durante il giorno salivano alla Riviera venditori ambulanti, col pesce fresco e altre leccornie e il giornalaio con i primi Oscar Mondadori, prima collana tascabile della nostra editoria che Giò acquistava immergendosi nella lettura. Egli si ferma nella Villa del nonno, barone di fede repubblicana che il 2 giugno 1946, proclamazione della Repubblica, con furia iconoclasta aveva distrutto tutti i simboli della nobiltà nel frontone della Villa. Ad accoglierlo la fidata Amelia che il nonno molti anni prima aveva condotto dalla sua isola persa nel mare alla Villa e che era il vero genius loci del luogo.
Sempre presente è il ricordo del terremoto e maremoto del 1908 che come sappiamo provocò la distruzione della Città in particolare della palazzata, lasciando nel cuore sgomento e dolore per la morte di oltre 80.000 persone e distrusse anche Reggio Calabria. Si ritiene che la metà degli abitanti di Messina perì nel sisma e un terzo degli abitanti di Reggio Calabria perse la vita.
E poi il vento sempre presente dal Grecale al caldo Scirocco che rallenta i riflessi avvolgendo tutto con la sua umidità. Ma il vento del titolo è d’altro genere. Lascio ai lettori la sorpresa di scoprirlo.
Mentre vanno avanti le indagini Giò si reca a Palermo dove nel Duomo è la tomba di Federico II. Usa il treno, treni locali per gustare con lentezza la sua terra e ricorda il percorso lungo la Sicilia che da ragazzo aveva compiuto in littorina.
Non mancherà di fare un percorso lungo la litoranea fino a Capo Peloro e rivedrà l’amata Caterina con la quale si fermeranno nel locale del Poeta, ristoratore che scrive poesie e che dedica ogni tavolo a un poeta diverso. Leggiamo i versi di Quasimodo, Montale e tanti altri.
Giuseppe Marchetti Tricamo ha trovato il giusto equilibrio tra la nostalgia e l’ironia, la gioia della gioventù e il rimpianto. Un libro che è anche uno spaccato del nostro vissuto, del passato, di un mondo più a misura d’uomo e in cui l’Autore introduce con maestria ricordi veicolati da libri, musica, poesia, trasmissioni televisive.
L’Autore ci introduce sapientemente nella sua Sicilia facendo anche uso della lingua e di termini che rendono più espressivo il racconto.
Da leggere in questo periodo di feste seduti su una comoda poltrona, al caldo per viaggiare con la mente in attesa di farlo davvero magari nella bellissima e unica Isola amata dall’Autore.