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MARCELA FILIPPI

  • POESIE (CON TRADUZIONE)
    DI ALVARO VALVERDE

    data: 06/02/2025 23:02

    Álvaro Valverde (Plasencia, 1959) ha pubblicato, seguenti libri di poesia: Las aguas detenidas, Una oculta razón (Premio Loewe), A debida distancia, Plasencias, Ensayando círculos, Mecánica terrestre, Desde fuera, Más allá, Tánger, El cuarto del siroco (Premio «Meléndez Valdés» de la crítica) y Sobre el azar del mapa.

    È autore dei romanzi: Las murallas del mundo y Alguien que no existe, dal libro di articoli El lector invisible, di critica letteraria Lecturas a poniente. Poesía en Extremadura, 2005-2024, di viaggi Lejos de aquí y di diari Porque olvido. Diario 2005-2019. Anche di Extremamour, in collaborazione col fotógrafo svizzero Patrice Schreyer.

    Le sue poesie appaiono nelle antologie Un centro fugitivo (con selezione e prologo di Jordi Doce, col quale codirige la colezione Voces sin tiempo della Fondazione Ortega Muñoz), Álvaro Valverde. Antología poetica (1985-2015) (con illustrazioni di Esteban Navarro) e Meditaciones del lugar (con selezione e prologo di José Muñoz Millanes).

    Attualmente, è critico di poesía di El Cultural y collabora con assiduità in altre riviste letterarie.

    Dal 2005, edita il blog: http://mayora.blogspot.com.es/

    Su web: www.alvarovalverde.es

     

    CAMINAMOS SOBRE LOSAS PRECARIAS

    Caminamos sobre losas precarias

    que se mueven, salpican, están rotas.

    Entre ruinas se avanza en estas calles

    de desolación donde se cruzan

    personas y miradas que rehúyen

    la virtud del encuentro.

     

    CAMMINIAMO SU LASTRE PRECARI

    Camminiamo su lastre precarie

    che si muovono, si scheggiano, sono rotte.

    Tra rovine si avanza su queste strade

    di desolazione dove si incrociano

    persone e sguardi che rifuggono

    la virtù dell'incontro.

    ---

    EL VIAJERO

    El viajero,

    que rehúye a conciencia

    el papel de turista,

    evita otra intención

    que no sea

    la que mueve al disfrute

    del paseo. Que aquello

    que visite o advierta

    se sustente en el goce

    de la simple visión,

    sin agregar factores

    que acoso condicionen

    su expetiencia; así, pasa

    por una u otra iglesia,

    entra en algún museo,

    se detiene delante

    de cualquier monumento

    y no atiende a otra cosa

    que no sea mirar

    con la calma debida

    lo que tiene ante sí.

    Cuanto contempla, entonces,

    se convierte en recuerdo,

    tal vez en la vivencia

    de un momento capaz

    de resistir indemne

    en el fondo sin fin

    de la huidia memoria.

     

    IL VIAGGIATORE

                                  Oh, tourist

                                  Elizabeth Bishop

     

    Il viaggiatore,

    che evita consapevolmente

    il ruolo del turista,

    evita un'altra intenzione

    che non è

    quella che stimola il piacere

    del girare. Che ciò

    che visita o nota

    si sostenta sull'appagamento

    della semplice visione,

    senza aggiungere fattori

    che possano condizionare

    la sua esperienza; così, va

    da una chiesa all'altra,

    entra in qualche museo,

    si ferma davanti

    a qualsiasi monumento

    e non si occupa d'altro

    che guardare

    con la dovuta calma

    ciò che ha davanti a sé.

    Quanto contempla, quindi,

    si trasforma in ricordo,

    magari nell'esperienza

    di un momento capace

    di resistere indenne

    nella profondità senza fine

    della fugace memoria.

    ---

    CUADERNO DE SOFÍA

     

                     25

    Me gustan

    las ciudades decadentes.

    Cádiz, Palermo, Nápoles,

    Tánger, Trieste, Lisboa…

    Las que no son perfectas:

    por limpias, ordenadas,

    con viviendas intactas

    y avenidas extensas.

    Sofía, como aquellas,

    tiene casas en ruina,

    con muros desconchados,

    tomadas con total alevosía

    por la humedad y el abandono.

    También por los grafitis.

    Casas, a veces,

    con jardines cerrados

    que invitan al misterio.

    Y hay suciedad

    y solares y obras

    que no concluirán nunca.

    En suma, una desidia

    que ni la nieve oculta.

    Tal vez por eso

    me gusta esta ciudad

    donde el viajero

    no transita, impecable,

    por un parque temático.

     

    Mi piacciono

    le città decadenti.

    Cadice, Palermo, Napoli,

    Tangeri, Trieste, Lisbona…

    Quelle che non sono perfette:

    per essere pulite, ordinate,

    con case intatte

    e ampi viali.

    Sofia, come quelle,

    ha case in rovina,

    con mura scrostate,

    prese a totale tradimento

    dall'umidità e dall'abbandono.

    Anche dai graffiti.

    Case, a volte,

    con giardini chiusi

    che invitano al mistero.

    E c'è sporcizia

    e caseggiati e opere

    che non saranno mai ultimati.

    Insomma, una noncuranza

    che nemmeno la neve nasconde.

    Forse per questo

    mi piace questa città

    dove il viaggiatore

    non transita, impeccabile,

    lungo un parco a tema.

    ---

    CUADERNO DE SOFÍA

     

                 22

    No una guerra, las guerras.

    No un pueblo, sino pueblos.

    Ni siquiera una cultura:

    las culturas.

    Las ideologías, los imperios.

    Bizantinos, otomanos,

    rusos, fascistas, comunistas.

    Sobrevivimos,

    dice Zhivka Baltadhieva.

    A los nuestros, a los ajenos,

    a los vuestros.

    A los supervivientes pertenece

    la historia de Bulgaria.

     

    QUADERNO DI SOFIA

    Non una guerra, le guerre.

    Non un popolo, ma i popoli.

    Neppure una cultura:

    le culture.

    Le ideologie, gli imperi.

    Bizantini, ottomani,

    russi, fascisti, comunisti.

    Sopravviviamo,

    dice Zhivka Baltadzhieva.

    Ai nostri, agli altri,

    ai vostri.

    Ai sopravvissuti appartiene

    la storia della Bulgaria.

    ---

    CUADERNO DE SOFÍA

     

                   42

    PORQUE ¿cómo ponerse en el lugar del otro?,

    ¿cómo saber si aquello que intuimos

    es en la realidad lo que sucede?

    Es fácil suponer qué pasaría

    si viviera uno aquí.

    Mas sólo eso: imaginarlo. Qué distinto

    soportar cada día un clima adverso,

    la pobreza que más que ver se intuye,

    la tristeza que destilan las horas

    que hemos pasado transitando calles

    con un destino incierto, bulevares

    que evocan viejos tiempos

    donde la vida pudo ser más alta.

    Solemnes edificios de muy noble factura

    dotaron a este sitio de un ilustre pasado.

    Sinagogas, iglesias y mezquitas

    aportaron la fe en las grandes causas.

    Sin embargo, es la melancolía

    el verdadero genio del lugar.

    El presente proyecta una sombra pesada

    que oscurece la espera de un amable mañana.

    No basta con soñar lo que es posible.

     

    QUADERNO DI SOFIA

     

                     42

    PERCHÉ, come mettersi nei panni dell'altro?,

    come sapere se ciò che intuiamo

    è nella realtà ciò che succede?

    È facile supporre cosa accadrebbe

    se uno vivesse qui.

    Ma soltanto questo: immaginarlo. Com'è diverso

    sopportare ogni giorno un clima avverso,

    la povertà che più che vederla si intuisce,

    la tristezza che distillano le ore

    che abbiamo transitato strade

    dal destino incerto, viali

    che evocano i vecchi tempi

    in cui la vita potrebbe essere stata più alta.

    Solenni edifici di nobilissima fattura

    hanno dato a questo posto un illustre passato.

    Sinagoghe, chiese e moschee

    hanno portato la fede nelle grandi cause.

    Malgrado ciò, è la malinconia

    il vero genio del luogo.

    Il presente getta un’ombra pesante

    che scurisce l'attesa di un'amabile mattina.

    Non basta sognare ciò che è possibile.

     

    (De  Sobre el azar del mapa. Tusquets editores, Barcelona 2023)

     

    ---

    CEMENTERIO ALEMÁN, YUSTE

    TIENE la muerte una medida exacta.

    En línea, los túmulos recuerdan

    los nombres y las fechas de los héroes.

    La edad ignora cuándo

    podría haber llegado el dulce fruto

    final de la derrota.

    Nada preserva, en cambio, la memoria

    de aquellos que cayeron en combate.

    Sus rostros son anónimos. Sus vidas,

    hermosas y lejanas como el sueño

    que habita las ciudades que dejaron.

    Nos trae a este lugar una costumbre

    de ausencia y de sosiego.

    Hacia el sur, bajo el muro,

    duermen viñas caídas

    y a la sombra sin sombra de los viejos olivos

    el silencio es solemne.

    Con las últimas luces, la mirada se pierde,

    luminosa de eterno.

     

    CIMITERO TEDESCO, YUSTE

    La morte ha una misura esatta.

    In linea, i tumuli ricordano

    i nomi e le date degli eroi.

    L'età ignora quando

    sarebbe potuto arrivare il dolce frutto

    finale della sconfitta.

    Niente preserva, invece, la memoria

    di quelli che sono caduti in combattimento.

    I loro volti sono anonimi. Le loro vite,

    belle e lontane come il sogno

    che abita le città che lasciarono.

    Ci porta in questo luogo una consuetudine

    di assenza e calma.

    Verso sud, sotto il muro,

    dormono viti cadute

    e all'ombra senza ombra dei vecchi ulivi

    il silenzio è solenne.

    Con le ultime luci, lo sguardo si perde,

    luminoso d'eterno.

    ---

    DIARIO DE UN PINTOR

                                                          Ramón Gaya

    NO he vivido bastante para saber si existe.

    Después de conocer la fuerza que anticipa

    el temblor del misterio, ya nunca cesaría

    la búsqueda que diera otro sentido

    a todo cuanto entonces me llamaba.

    Cuando tuve que huir, me confortó pensar

    que acaso en la distancia adivinara

    la oculta identidad de su apariencia.

    Al viajar recordé cada ciudad extinta

    como suma y principio, como origen y término.

    Las noches en hoteles en cuartos de una noche

    encerraron apenas una exigua señal

    de que había esperanza.

    Paseé mi mirada por un mundo continuo

    donde no era admitida otra sed de deseo.

    Me debí a una obediencia.

    No sé si habré llegado.

    Me basta en esta hora el sol sobre los mármoles

    y el agua sucesiva que reflejan.

    La voz del vendedor dice que es tiempo.

     

    DIARIO DI UN PITTORE

                                               Ramón Gaya

    NON ho vissuto abbastanza per sapere se esiste.

    Dopo aver conosciuto la forza che anticipa

    il tremore del mistero, non cesserebbe mai

    la ricerca che desse un altro senso

    a ciò che mi chiamava allora.

    Quando dovetti fuggire, mi ha confortato pensare

    che forse in lontananza avrei intuito

    l'identità nascosta della sua apparenza.

    Viaggiando ho ricordato ogni città estinta

    come cifra e principio, come origine e termine.

    Le notti in alberghi in camere da una notte

    racchiudevano appena un esiguo segnale

    che ci fosse speranza.

    Percorsi con lo sguardo attraverso un mondo continuo

    dove non era ammessa un'altra sete di desiderio.

    Lo dovevo a un'obbedienza.

    Non so se sarò arrivato.

    Mi basta a quest'ora  il sole sui marmi

    e l'acqua successiva che riflettono.

    La voce del venditore dice che è tempo.

    ---

    EN UNA HABITACIÓN VACÍA

    TODO parece ser en suma ahora

     la escueta superficie de este cuarto:

     la luna deformada del espejo,

     su irregular trazado en las baldosas,

     las puertas siempre abiertas a la noche.

     Estas habitaciones sumergidas

     guardan conversaciones que ignoramos,

     vuelven sobre su orden la memoria,

     las tardes de un muchacho

     que acierta a ver su rostro dibujado

     entre los viejos muebles. Los retratos

     tienen vueltos los ojos contra el tiempo.

     Hay una negación, un simulacro,

     capaz de repetir con insolencia

     la verosímil muestra de un fracaso.

     

    IN UNA STANZA VUOTA

    TUTTO sembra essere in sintesi ora

     la spoglia superficie di questa stanza:

     la luna deformata dello specchio,

    il suo irregolate tracciato sulle maioliche,

     le porte sempre aperte alla notte.

     Queste stanze sommerse

     custodiscono conversazioni che ignoriamo,

     restituiscono al loro ordine la memoria,

     le sere di un ragazzo

     che intuisce il suo volto disegnato

     tra i vecchi mobili. I ritratti

     hanno gli occhi rivolti contro il tempo.

     C'è una negazione, un simulacro,

     capace di ripetere con insolenza

     la verosimile dimostrazione del fallimento.

    ---

    ENCLAVE

    COMO quien nada espera,

    sentado frente al muro que levanta

    dos árboles meciéndose,

    mirando en la distancia

    la sombra desvaída de la ausencia,

    la torpe maquinaria de las horas.

    Como quien ve pasar delante –sin moverse

    la película gris de los recuerdos

    y en nada ya repara o desespera,

    sin que se note apenas, olvidándose.

    Así, desde la noche, en el origen,

    en el turbio presente casi exacto

    de una vida pasada inútilmente,

    ese ser que yo he sido –sin conciencia

    siquiera de saberlo–, la figura

    que ahora me contempla –la inocente

    apariencia de su rostro–, parece interrogar

    ante el espejo

    una razón que valga la respuesta

    de estar –frente a este tiempo

    aquí esperando.

     

    ENCLAVE

    COME chi nulla aspetta,

    seduto davanti al muro che alza

    due alberi che ondeggiano,

    guardando in lontananza

    l’ombra sbiadita dell’assenza,

    la goffa macchina delle ore.

    Come chi vede passare davanti –senza muoversi–

    la pellicola grigia dei ricordi

    e non bada a nulla né si dispera più,

    appena percepibile, dimentica sé stesso.

    Così, dalla notte, all'origine,

    al torbido presente quasi esatto

    di una vita trascorsa inutilmente,

    quell'essere che sono stato –senza consapevolezza

    nemmeno di saperlo–, la figura

    che ora mi contempla –l'innocente

    aspetto del suo volto– sembra interrogare

    davanti allo specchio

    una ragione che valga la risposta

    di essere –di fronte a questo tempo–

    qui in attesa.

    ---

    JARDÍN DE MORILLE

                                               A María José y Jesús Málaga

    AQUÍ dentro, cercados

    por el muro de piedra que rodea el jardín.

    Descalzos en la hierba. La mirada

    perdida tras las copas de los árboles:

    la magnolia, la acacia, el castaño, el laurel.

     

    Reunidos, a resguardo

    de los tórridos vientos que transporta el verano.

    A salvo de la luz que ilumina inclemente

    la sed de estos desiertos mesetarios.

     

    No somos, en verdad,

    sino cuatro personas que conversan con calma

    y al hacerlo se sienten confortadas por ello.

    Amigos que celebran el don de su lenguaje.

     

    Sólo hombres y mujeres

    que evocan mientras hablan misterios inefables

    y claras evidencias.

    Que conjuran sus miedos al nombrar lo indecible.

    Sólo gente que tiembla cuando enuncia en voz alta

    palabras tan gastadas como amor, vida o muerte.

     

     

    GIARDINO MORILLE

                                     A María José e Jesús Málaga

    QUI dentro, recintati

    dal muro di pietra che circonda il giardino.

    Scalzi sull'erba. Lo sguardo

    perso dietro le chiome degli alberi:

    la magnolia, l'acacia, il castagno, l'alloro.

     

    Riuniti, al riparo

    dei venti torridi trasportati dall'estate.

    Al riparo dalla luce che illumina inclemente

    la sete di questi deserti della meseta.

     

    Non siamo, in verità,

    che quattro persone che parlano con calma

    e così facendo si sentono confortate da ciò.

    Amici che celebrano il dono del loro linguaggio.

     

    Solo uomini e donne

    che evocano mentre parlano misteri ineffabili

    e chiare evidenze.

    Che scongiurano le loro paure nominando l'indicibile.

    Solo gente che trema quando enuncia ad alta voce

    parole tango consumate come amore, vita o morte.

    ---

    U N A  M E D I TA C I Ó N

    ME asusta esta quietud. Miro a lo alto

    y observo rocas rojas entre higueras,

    ardientes tras la tarde de verano.

    Hay helechos ya ocres entre los viejos robles.

    Huele a fruta madura.

    Caídos por el suelo, sus carozos ofrecen

    un olor penetrante. A lo lejos, los pájaros

    lanzan cantos muy breves.

    Estoy a la espera; escucho.

    Y me siento feliz. No sabría explicarlo.

    Será por el recuerdo de alguna escena análoga

    –de infancia a buen seguro–.

    Será que la ciudad, recién abandonada,

    se hacía insoportable en esta hora.

    O será, acaso, el gesto elemental

    por un paisaje próximo

    donde es fácil sentir

    la apariencia de un orden,

    la sencilla armonía de lo vivo y lo ausente,

    la verdad, la belleza

    de la luz que se gasta.

    Un lugar donde, a solas,

    ser, simplemente, hombre.

     

    UNA MEDITAZIONE

    Mi spaventa questa quiete. Guardo in alto

    e vedo rocce rosse tra i fichi,

    ardenti dopo la sera d'estate.

    Ci sono felci ormai ocre tra le vecchie querce.

    Profumo di frutta matura.

    Cadute a terra, i loro cuori offrono

    un odore penetrante. In lontananza, gli uccelli

    Lanciano canti molto brevi.

    Sono in attesa; ascolto.

    E mi sento felice. Non saprei spiegarlo.

    Sarà per il ricordo di qualche scena analoga

    –d'infanzia sicuramente–.

    Sarà che la città, recentemente abbandonata,

    diventava insopportabile a quest'ora.

    O sarà, forse, il gesto elementare

    per un paesaggio prossimo

    dove è facile sentire

    l'apparenza di un ordine,

    la semplice armonia di ciò che è vivo e assente,

    la verità, la bellezza

    della luce che si consuma.

    Un luogo dove, da solo,

    essere, semplicemente, uomo.

    ---

    E L  A L C A N C E  D E L  D E S E O

    de/di  Álvaro Valverde

    (trad. Marcela Filippi)

     

    ESTE tibio silencio de la vida

    –del que Manent hablara– viene ahora

    a irrumpir como ruido en el instante

    más dulce de este día.

    Conviene no ignorar las evidencias, cabe

    dejarse así llevar por esas cosas

    que no cambian el curso pero acercan

    una otra claridad a lo que oscuro

    alienta este vivir. Posiblemente

    de esa felicidad dependa el hecho

    de insistir en la noche, sospechando

    que en ella hay una luz no más recóndita.

     

    LA PORTATA DEL DESIDERIO

    QUESTO tiepido silenzio della vita

    –di cui ha parlato Manent– giunge ora

    ad irrompere come rumore nell'istante

    più dolce di questo giorno.

    Conviene non ignorare le evidenze, tocca

    lasciarsi trasportare da quelle cose

    che non cambiano il corso ma avvicinano

    un'altra chiarezza in ciò che è oscuro

    incoraggia questo vivere. Probabilmente

    da quella felicità dipenda il fatto

    di insistere nella notte, sospettando

    che in essa ci sia una luce più recondita.

     

    (De Meditaciones del lugar. Antología poética, 1989-2018. Editorial Pre-Textos, Valencia 2024)

  • TARAVILLO: AUTORE DALLA
    PRODUZIONE VERSATILE

    data: 26/11/2024 11:27

    Antonio Rivero Taravillo (1963) è poeta, traduttore e saggista di grande prestigio. Come poeta ha pubblicato diciassette libri. Ha tradotto molti dei più importanti poeti in inglese: Robert Graves, W.B. Yeats. In prosa I viaggi di Gulliver, di Jonathan Swift. Ha tradotto anche autori che hanno scritto in irlandese, e gaelico scozzese. Ha scritto biografie di Luis Cernuda e Juan Eduardo Cirlot.

     

    FERRETERÍA

    Hoy he regresado 

    a la ferretería del barrio de mi infancia,

    esta mañana he vuelto

    a poner un candado

    a los recuerdos.

     

    FERRAMENTA    

    Son ritornato

    alla ferramenta del quartiere della mia infanzia,

    son tornato stamattina

    per rimettere un lucchetto

    ai ricordi.

    ---

    SANGRE GRIEGA

    Un poco de mi sangre queda en Grecia

    como de héroe argívo o de Pelida,

    sangre vulgar de hombre transformado:

    hecatombe al mosquito que al chuparla

    combina en la cratera de su vientre

    mi vino con el vino de los dioses,

    los inmortales padres de los dánaos.

    Un poco de mi sangre queda en Grecia,

    llevada por la lanza del alífero.

    Un poco de mi sangre queda en Grecia

    en efímera lid y para siempre.

     

    SANGUE GRECO

    Un poco del mio sangue resta in Grecia

    come di eroe argivo o di Pelide,

    sangue volgare da uomo trasformato:

    ecatombe al moschito che al succhiarlo

    combina nel cratere del suo ventre

    il mio vino con il vino degli dei,

    gli immortali padri dei danai.

    Un poco del mio sangue resta in Grecia,

    portato dalla lancia dell’alifer.

    Un poco del mio sangue resta in Grecia

    in effimera lotta e per sempre.

    ---

    EL PLÁTANO  

    Llueve, ventea. 

    El plátano del patio  

    nos pide entrar  

    con hojas que suplican 

    lacias, tristes, llorosas.   

    Le agradecemos su sombra 

    cuando hace sol.  

    Alabamos su copa, su altura, 

    su esbelto tronco 

    de corteza tan suave 

    que jamás descorcharíamos.  

    Pero hay cosas que no son posibles: 

    secar sus lágrimas, 

    remediar su intemperie.

     

    IL PLATANO

    Piove, tira vento.

    Il platano del cortile

    ci chiede di entrare

    con foglie che supplicano

    cadenti, tristi, piangenti.

    Ringraziamo la sua ombra

    quando c’è sole.

    Lodiamo la sua chioma, la sua altezza,

    il suo tronco slanciato

    dalla scorza così morbida

    che mai scortecceremmo.

    Ma ci sono cose che non sono possibili:

    asciugare le sue lacrime,

    rimediare la sua intemperie.

    -----

    MUSEO DE ANTROPOLOGÍA

    Un instante de sombras

    hechas ahora

    con lo pretérito; 

    la congelación de un momento,

    inmóvil,

    monumento de humo a lo esfumado.

    En esta sala,

    un diorama levanta unas figuras

    –guerreros con lanzas y escudos–

    y me devuelve

    a los otros dioramas

    de tanques y soldados

    que quise haber compuesto cuando niño

    y me escaparon

    como se rompe un cerco entre la nieve

    bajo el fuego enemigo.

    Una vitrina

    de imaginación y recuerdo

    me guarda en un museo irrealizable

    montando aquel diorama que no hice

    en un diorama

    ante el que nadie se detiene,

    desiertas las taquillas,

    a cal y canto el torno de la noche.

    Qué extraño pegamento, la memoria

    fijando la figura de un fantasma

    a un suelo destrozado por las balas

    que vierte la canana de los años, 

    la cinta de los días

    tableteando el tiempo.

     

    MUSEO D’ANTROPOLOGIA

    Un momento di ombre

    fatte ora

    con ciò che è preterito; 

    il congelamento di un momento,

    immobile,

    monumento di fumo di quanto è sfumato.

    In questa sala,

    un diorama solleva alcune figure

    –guerrieri con lance e scudi–

    e mi restituisce

    agli altri diorami

    di carri armati e soldati

    Ciò che avrei voluto comporre da bambino

    e mi sono sfuggiti

    come si rompe un cerchio nella neve

    sotto il fuoco nemico.

    Una vetrina

    D’immaginazione e di ricordo

    mi tiene in un museo irrealizzabile

    montando quel diorama che non feci

    in un diorama

    dinanzi al quale nessuno si sofferma,

    deserte le biglietterie

    forte come l’acciaio il tornio della notte.

    Che strana colla, la memoria

    nel fissare la figura di un fantasma

    su un suolo distrutto dai proiettili

    che rovescia la cartucciera degli anni, 

    il nastro dei giorni

    tamburellando il tempo.

    ---

    HORCAJADURA Y MARZO

    Leñoso, el tronco seco del invierno

    ahora se bifurca y sigue recto

    en tanto que otra rama continúa

    poblándose de yemas y de pájaros.

    El hombre más curtido se estremece

    ante una flor que abre y lo interpela.

    INFORCATURA E MARZO 

    Legnoso, il tronco secco dell’inverno

    ora si biforca e va dritto

    mentre un altro ramo continua

    a popolarsi di germogli e di uccelli.

    L’uomo più edotto sussulta

    davanti ad un fiore che si apre e lo interpella.

    ---

    ¿DÓNDE QUEDA LA LUZ?

    ¿Dónde queda la luz cuando se apaga?

    Al menos, el calor aún permanece

    posando sobre toda superficie

    su mano cariñosa unos minutos

    antes de que su guante se desplome,

    gélido, en las baldosas ateridas.

    Pero la luz, jamás: el cuarto en sombras

    se hunde entre la amnesia de su brillo, 

    las tinieblas son súbitas si el dedo

    sella los labios del interruptor.

    Todo se resuelve en un instante,

    la guerra de la noche contra el día.

    Es una bomba atómica caída,

    no un ejército lento en retirada.

     

    DOVE RIMANE LA LUCE?

    Dove rimane la luce quando si spegne?

    Almeno, il calore rimane ancora

    posando su ogni superficie

    la sua mano amorevole per qualche minuto

    prima che il suo guanto collassi,

    gelido, sulle piastrelle intirizzite.

    Ma la luce, mai: la stanza in ombra

    sprofonda nell’amnesia della sua lucentezza,

    le tenebre sono improvvise se il dito

    sigilla le labbra dell’interruttore.

    Tutto si risolve in un istante,

    la guerra della notte contro il giorno.

    È una bomba atomica caduta,

    non un esercito in lenta ritirata.

    ----

    THESAURUS

                                          Para Francisco Onieva

    Aprender hoy, ya hombre,

    las palabras que no aprendí de niño: 

     

    esta delicia postergada

    en la confitería del lenguaje,

    un puñado de dulces 

    que no caducan nunca

    hallados en su caja

    de metal y de asombro.

     

    THESAURUS

                                            Per Francisco Onieva

    Imparare oggi, ormai uomo,

    le parole che non ho imparato da bambino: 

    questa delizia posticipata

    nella pasticceria del linguaggio,

    una manciata di dolci 

    che non scadono mai

    trovati nella loro scatola

    di metallo e stupore.

    --------

    LA EXTRAÑEZA DE LAS COSAS

    A Óscar Cruz

    Descubrir a un poeta de tu lengua

    en una traducción:

    imaginar sus verdaderas palabras

    tras la cortina limpia de otro idioma

    (y casi opaca).

    Súbitamente,

    te sientas a su lado reescribiendo

    sus versos,

    tocando a cuatro manos la sonata

    de sus notas intuidas

    tras la venda de los ojos

    en los oídos

    y con guantes mullidos que amortigua

    lo que él sentiría al escuchar sus pasos

    andando a ciegas

    por el largo pasillo del poema.

     

    LA STRANEZA DELLE COSE

    A Oscar Cruz

    Scoprire un poeta della tua lingua

    in una traduzione:

             immaginare le sue vere parole

    dietro la tenda pulita di un’altra lingua

    (e quasi opaca).

    All’improvviso,

    ti siedi accanto a lui riscrivendo

    i suoi versi,

    suonando a quattro mani la sonata

    delle sue note intuite

    dietro la benda degli occhi

    nelle orecchie

    e con morbidi guanti che attenuano

    ciò ch’egli sentirebbe udendo i suoi passi

              andando alla cieca

    lungo il lungo corridoio della poesia.

    ----

    LA CASA DEL POETA

    Para Raúl Quinto

    Es tan fuerte esta luz

    que no hiere,

    cauteriza.

    ¿Cómo puede el azul, tan transparente,

    tener la intensidad

    de lo más leve?

    Como un invernadero sin cubrir,

    esta terraza nítida

    en que frutece hacia adentro

    la palabra

     

    LA CASA DEL POETA

    Per Raúl Quinto

    È così forte questa luce

    che non fa male,

    cauterizza.

    Come può il blu, così trasparente,

    avere l’intensità

    di ciò che è tanto leve?

    Come una serra scoperta,

    questa terrazza nitida

    in cui dà frutti verso dentro

    la parola.

    ----

    VERSO Y VIDA

    Tal vez busquemos en el verso,

    en su armonía y ritmo,

    el ritmo y la armonía

    que no hay en nosotros.

    Como polos opuestos que se atraen,

    el poema y la vida,

    porque unas vidas y otras se rechazan

    y un poema se escribe en el solar

    que habitó otro poema.

    Tensa, tirante,

    con acentos de madera o de plástico,

    la prosodia es cordel en que tendemos

    ropa que no nos viste: nos desnuda.

     

    VERSO E VITA

    Forse cerchiamo nel verso,

    nella sua armonia e ritmo,

    il ritmo e l’armonia

    che non c’è in noi.

    Come poli opposti che si attraggono,

    la poesia e la vita,

    perché alcune vite e altre si rifiutano

    e una poesia si scrive sulla superficie

    abitata da un’altra poesia.

    Tesa, rigida,

    con accenti di legno o di plastica,

    la prosodia è corda sulla quale stendiamo

    indumenti che non ci vestono: ci spogliano.

    ---

    LA LAVANDA

    These are private words addressed to you in public.

    T. S. Eliot

    Esta lavanda seca

    no huele en su saquito, anciano

    al par de las camisas y su edad:

    aroma en el recuerdo

    del campo aquel en que la olimos

    violeta, y aromática la vimos,

    la olivimos,

    y todavía unge su perfume

    hace quince años, ayer.

     

    LA LAVANDA

    These are private words addressed to you in public.

    T. S. Eliot

    Questa lavanda secca

    non profuma nel suo sacchetto, vecchio

    come le camicie e la sua età:

    aroma nel ricordo

    del campo in cui la odorammo

    viola, e aromatica la vedemmo,

    l’olivimos*

    e ancora unge il suo profumo

    quindici anni fa, ieri.

     

     

    *Olivimos:

    Es un neologismo que une "olimos" y "vimos"

    È un neologismo che unisce “odorammo” e “vedemmo”

    ---

    HORCAJADURA Y MARZO 

    LEÑOSO, el tronco seco del invierno 

    ahora se bifurca y sigue recto 

    en tanto que otra rama continúa 

    poblándose de yemas y de pájaros. 

    El hombre más curtido se estremece 

    ante una flor que abre y lo interpela.  

     

    INFORCATURA E MARZO

    LEGNOSO, il tronco secco dell’inverno

    ora si biforca e segue diritto

    mentre un altro ramo continua

    popolandosi di germogli e di uccelli.

    L’uomo più vissuto sussulta

    davanti ad un fiore che si apre e lo interpella.

    ---

    VA SIENDO HORA 

    Va siendo hora ya de hablar de mí: 

    dejar en paz las cosas, tan ajenas 

    y socorridas 

    lo mismo que una tienda de disfraces 

    para los tímidos, 

    los timoratos, 

    los ciclotímicos, 

    y mirar hacia adentro como un pozo 

    del que sacar los cubos de los versos,  

    su légamo y parásitos, su sed. 

    Esa agua estancada, eso soy yo, 

    el río detenido por la corta, 

    el camino atorado por las rocas 

    de todos los derrumbes interiores. 

    Paseo mi cadáver, el trofeo 

    del muerto derrotado en la victoria 

    de todo lo que lucha contra mí 

    bajo mi mando. 

    No hay nada en que no haya fracasado 

    como lluvia que cae para nadie 

    o arbusto que defiende con espinas 

    su nada contra todo y para siempre. 

    II 

    Me detengo a tomar aire de nuevo. 

    ¿Será posible acaso dar sentido 

    mucho tiempo seguido a lo que pesa 

    con el fardo que es uno contra sí? 

     

    ¿Hay pecho que resista ser el pecho 

    que aguanta su presión sobre sus vísceras, 

    la suma de miserias que organiza 

    un sistema que avanza a disolverse? 

    Los años, colecciones de despojos, 

    se ensartan como cuentas que se ciñen 

    al cuello que no logra respirar. 

    Siento que mi atmósfera penetre 

    en las de otros, 

    quienes tengo más cerca, 

    y que haga su aire irrespirable 

    como el suyo hace el mío irrespirable. 

    Irrespirable. 

    III 

    Va siendo hora ya de hablar de mí 

    por una vez sin velos en la lengua 

    ni metáforas finas y logradas, 

    sin objetos ni espejos exteriores; 

    con el único brillo 

    del torpe bisturí del cirujano 

    que opera otros cadáveres, no el suyo, 

    porque él está ya muerto, y bien lo sabe, 

    y son las incisiones esa firma 

    que rubrica el silencio  

    mientras lava sus manos 

    con un chorro que mancha y jamás borra 

    su crimen, que es el mío; este suicidio 

    de darse vida uno, persistiendo 

    en el horror.

     

    È TEMPO

    E’ tempo di parlare di me:

    lasciare in pace le cose, così estranee

                  e pratiche

    come un negozio di maschere

                     per i timidi,

                     i timorati,

                     i ciclotimici,

    e guardare dentro come un pozzo

    da cui estrarre i cubi dei versi,

    la loro poltiglia e parassiti, la loro sete.

    Quell’acqua stagnata, questo sono io,

    il fiume immoto dal disboscamento,

    la via ostruita dalle rocce

    da tutti i crolli interni.

    Passeggio il mio cadavere, il trofeo

    del morto sconfitto nella vittoria

    di tutto ciò che lotta contro di me

                  sotto il mio comando.

    Non c’è nulla in cui non abbia fallito

    come pioggia che cade per nessuno

    o arbusto che difende con spine

    il suo nulla contro tutto e per sempre.

    II

    Mi fermo a prendere aria di nuovo.

    Sarà possibile dare un significato

    per molto tempo di seguito a ciò che pesa

    con il fardello che si è contro se stessi?

    C’è petto che resista ad essere il petto

    che regga la pressione sulle proprie viscere,

    la somma di miserie che organizza

    un sistema che avanza verso la dissoluzione?

    Gli anni, collezioni di resti,

    sono legati come grani

    al collo che non riesce a respirare.

    Sento che la mia atmosfera penetra

                in quella degli altri,

    di chi ho più vicino,

    e che renda la loro aria irrespirabile

    come la loro rende irrespirabile la mia.

    Irrespirabile.

    III

    E’ tempo ormai di parlare di me

    per una volta senza veli sulla lingua

    né fine e riuscite metafore,

    senza oggetti né specchi esterni;

                  con l’unico luccichio

    del goffo bisturi del chirurgo

    che opera altri cadaveri, non il proprio,

    perché lui è già morto, e lo sa bene,

    e le incisioni sono quella firma

                    che il silenzio rubrica

                    mentre lava le sue mani

    con un getto che macchia e non cancella mai

    il suo crimine, che è il mio; questo suicidio

    di darsi la vita, persistendo

                      nell’orrore.

    (De Luna sin rostro, Colección La cruz del sur. Pre-textos editorial, 2023)

    ----

    LAS CARIÁTIDES

    Nos marchábamos ya, visto el museo,

    cuando allí aparecieron, increíbles,

    en una sala en medio de la nada

    como una nube. Eran las Cariátides:

    las verdaderas, vivas, enigmáticas,

    mutiladas, entera su belleza,

    al pie de las postizas en la Acrópolis

    con sus cuerpos sin alma y sin roturas

    y con la otra hermana que faltaba

     

    (si algo falta cuando está muy adentro).

    Estuvimos a punto de no verlas

    en su tribuna oculta entre paredes,

    a la vista de todos como un sol

    que deslumbra y se evade de los ojos.

    Tan humanas –divinas–, nos verían

    ellas marcharnos ciegos, desvalidos,

    y una mueca sin duda, sonriendo,

    cruzaría sus rostros desgastados.

    Pero enhiestas las vimos, esperándonos

    junto a una escalera que bajaba,

    y que ascendió, por ellas, de repente.

    Su piedra sostenía nuestro asombro.

     

    LE CARIATIDI

    Ce ne stavamo già andando, visto il museo,

    quando apparvero lì, incredibili,

    in una sala in mezzo al nulla

    come una nuvola Erano le Cariatidi:

    quelle vere, vive, enigmatiche,

    mutilate, intatta la loro bellezza,

    ai piedi di quelle posticce nell’Acropoli

    con i loro corpi senz’anima e senza rotture

    e con l’altra sorella che mancava

    (se manca qualcosa quando è molto dentro).

    Fummo sul punto di non vederle

    nella loro tribuna nascosta tra le mura,

    in vista a tutti come un sole

    che abbaglia e sfugge agli occhi.

    Così umane –divine–, ci avranno visti

    camminando ciechi, sprovveduti,

    e una smorfia senza dubbio, sorridente,

    avrebbe incrociato i loro volti consumati.

    Ma dritte le abbiamo viste, aspettandoci

    accanto ad una scala che scendeva,

    e che ascese su di loro, all’improvviso.

    La loro pietra sosteneva il nostro stupore. 

  • LA CRITICA LETTERARIA
    SECONDO CASTELLANOS

    data: 29/08/2024 16:33

    SOBRE LA CRÍTICA LITERARIA

    de/di Freddy Castillo Castellanos (trad. Marcela Filippi)

    Ludwig Wittgenstein, en el prólogo de Tractatus escribió estas palabras luminosas: “Todo aquello que puede ser dicho, puede decirse con claridad: y de lo que no se puede hablar, mejor es callarse”.

    Si aceptamos el espíritu de ese texto neopositivista, mal podríamos emprender una aproximación científica a la literatura. El sentido de ésta es, precisamente, carecer de sentido y, todo acercamiento que intentemos será, en rigor, exclusivamente literario.

    Toléreseme un lugar común: la crítica también es creación. Por serlo, está destinada a iluminar los textos que la ocupan, a hacerlos actuales, transparentes. Desde hace mucho tiempo la crítica dejó de ser preceptiva y su campo no es ya el de la contabilidad literaria. Tampoco la rigen normas como la objetividad y la verosimilitud, lúcidamente demolidas por Roland Barthes. Esas normas pertenecieron a la crítica tradicional, practicada todavía por algunos ingenuos.

    Sitúo a la crítica en la línea trazada por Borges en Pierre Menard, autor del Quijote: un mismo párrafo puede ser objetos de miradas diferentes. Recordemos: “…la verdad, cuya madre es la historia, émula del tiempo, depósito de las acciones, testigo de lo pasado, ejemplo y aviso de lo presente, advertencia de lo por venir”. Firmada por Cervantes, esa enumeración resulta “un mero elogio retórico de la historia”. Firmada por Pierre Menard, “la idea es asombrosa”. Añade Borges: “También es vívido el contraste los estilos. El estilo arcaizante de Menard- extranjero al fin- adolece de alguna afección. No así el del precursor, que maneja con desenfado el español corriente de su época.

    “A contrapelo de lo prescrito por L.A. Richards en Practical Criticism, Borges sostiene la imposibilidad de la crítica científica y propone en su lugar la crítica ambigua, acaso imaginaria, como lo apunta en el trabajo cuyas referencias no recuerdo, Emir Rodríguez Monegal inteligente crítico uruguayo.

    La crítica, en el sentido borgeano, es una tarea enriquecedora. Discurre en un terreno enteramente libre, sin señales de tránsito dispuestas con antelación. Esa visión de la crítica desecha, por pobres, las interpretaciones extraliterarias, “comprometidas” con supuestas entidades histórico-sociales. Alfonso Reyes y Octavio   Paz   han   lapidado   con   contundencia   y   elegancia   esa   manera   de acceder al hecho literario.

    Precisamos en Venezuela de una crítica creadora, culta, no provinciana. Crítica que  atienda  a  conceptos  literarios  sobre  literatura,  imprescindible  tautología que acaso nos pueda redimir de tanto psicoanálisis y sociologías. Pese a la resonante   mediocridad   de   algunos   cultores   de   la   crítica,   los   venezolanos hemos ido ascendiendo a la contemporaneidad en este campo con los trabajos de Guillermo Sucre y de Francisco Rivera.

     

    SULLA CRITICA LETTERARIA

    Ludwig Wittgenstein, nel prologo di Tractatus, scrisse queste luminose parole: “Tutto ciò che può essere detto, si può dire con chiarezza: e ciò di cui non si può parlare, è meglio tacere”.

    Se accettiamo lo spirito di questo testo neopositivista, difficilmente potremmo intraprendere un’approssimazione scientifica alla letteratura. Il senso di questa è, precisamente, di essere carente di senso e qualsiasi approccio che noi tenteremo sarà, in senso stretto, esclusivamente letterario.

    Permettetemi un luogo comune: anche la critica è creazione. Proprio perché lo è, è destinata a illuminare i testi che la occupano, a renderli attuali e trasparenti. Da molto tempo la critica ha cessato di essere precettiva e il suo campo non è più quello della contabilità letteraria. Né tantomeno è retta da norme quali l’oggettività e la verosimiglianza, lucidamente demolite da Roland Barthes. Quelle norme appartenevano alla critica tradizionale, praticata ancora da alcuni ingenui.

    Colloco la critica sulla linea tracciata da Borges in Pierre Menard, autore del Don Chisciotte: uno stesso paragrafo può essere oggetto di visioni diverse. Ricordiamo: “…la verità, la cui madre è la storia, emulatrice del tempo, deposito delle azioni, testimone di ciò che è passato, esempio e monito del presente, avvertimento dell'avvenire”. Firmata da Cervantes, questa enumerazione è “un mero elogio retorico della storia”. Firmata da Pierre Menard, “l’idea è sorprendente”. Borges aggiunge: “Anche il contrasto di stili è vissuto. Lo stile arcaizzante di Menard – straniero alla fine – soffre di qualche affetto. Non è così quello del precursore, che maneggia con disinvoltura lo spagnolo corrente del suo tempo.

    “In senso contrario a quanto prescritto da L.A. Richards in Pratical Criticism, Borges sostiene l'impossibilità della critica scientifica e propone la critica ambigua, forse immaginaria, come sottolinea nell'opera di cui non ricordo i riferimenti, Emir Rodríguez Monegal, intelligente critico uruguaiano.

    La critica, nel senso borgesiano, è un compito arricchente. Si muove su un terreno completamente libero, senza segnali di transito prefissati. Questa visione della critica rifiuta, in quanto povere, le interpretazioni extra-letterarie, “impegnate” in presunte entità storico-sociali. Alfonso Reyes e Octavio Paz hanno imposto con forza ed eleganza questo modo di accesso al fatto letterario.

    In Venezuela abbiamo bisogno di una critica creativa, colta, non provinciale. Critica che affronti concetti letterari sulla letteratura, un'imprescindibile tautologia che forse potrebbe redimerci da tanta psicoanalisi e sociologia. Nonostante la risonante mediocrità di alcuni cultori della critica, noi venezuelani stiamo ascendendo alla contemporaneità in questo campo con le opere di Guillermo Sucre e Francisco Rivera.

                                                                                                                                         

    (De Incisiones)

  • LA PRECISIONE DELLA PAROLA

    data: 19/07/2024 10:31

    Carlos Peinado Elliot è professore del Dipartimento di Letteratura spagnola e ispanoamericana dell’Università di Siviglia, è autore di studi su poeti contemporanei e dei libri di poesia La herrumbre erida e ¿Sangra el abismo? Coordina il Master in Scrittura Creativa presso l’Università di Siviglia, dove insegna presso il laboratorio di Poesia. 

    Cierva

    que el monte solitario merodeas

    sedienta

               noche a noche

    sin descanso.

    Dime qué tierra bebes,

    cuántas piedras 

                           rojizas

    para tu sed, qué sangre

    de la raíz escarbas, de la herida

    clavada en ese  árbol.

    Cierva,

    roja como de escarcha,

    que en las noches sedienta merodeas,

    desnuda

    sin descanso.

     

    Cerva 

    che aggiri quel monte solitario 

    assetata

              di notte in notte

    senza riposo.

    Dimmi quale terra bevi,

    quante pietre

                      rossastre

    per la tua sete, quale sangue

    dalla radice scavi, della ferita

    conficcata in quell’albero?

    Cerva,

    rossa come di brina,

    che nelle notti assetata ti aggiri,

    nuda senza riposo.

     

    INACCESIBLE

    Inaccesible 

    altura y hojarasca,

    daño y perspectiva

    viciada; perturbado

    ojo, tronco llagado, agudamente

    atrás, revoque eterno, noche a noche

    más fino, más perdido, más lejano.

     

    INACCESSIBILE

    Inaccessibile

    sommità e fogliame,

    danno e prospettiva

    viziati; perturbato

    occhio, tronco straziato, acutamente

    addietro, rivestimento eterno, notte dopo notte

    più sottile, più smarrito, più lontano.

    ---

    ENTRE MIS MANOS, TRAS MIS OJOS

    Entre mis manos, tras mis ojos

    crece confusa, duele en su brotar,

    quebranta, crujen

    los huesos que al pudrirse

    muestran al sol sus frutos de miseria.

    Sequedad.

    La tierra polvorienta aguarda el fuego.

    Los rastrojos

    que el viento de levante desordena.

     

    TRA LE MIE MANI, DIETRO I MIEI OCCHI

    Tra le mie mani, dietro i miei occhi

    cresce confusa, duole nel suo germogliare,

    spezza, scricchiolano

    le ossa che imputridendo

    mostrano al sole i loro frutti di miseria.

    Secchezza.

    La terra polverosa attende il fuoco.

    Le stoppie

    che il vento di levante disperde.

    ---

    SIN APARIENCIA HUMANA

    Manos con que quisiera

    hacer volver en sí toda su carne.

    Pero su cuerpo,

    mudo,

    ha olvidado su nombre.

      

    SENZA APPARENZA UMANA

    Mani con cui vorrebbe

    far tornare in sé tutta la sua carne.

    Ma il suo corpo,

    muto,

    ha dimenticato il suo nome.

    ---

     AL CALLARSE LOS GRILLOS

    Al callarse los grillos, en el límite

    donde se hunde la noche, en el vacío,

    sólo campos y arena.

     

    QUANDO I GRILLI TACCIONO

    Quando i grilli tacciono, nel limite

    in cui la notte sprofonda, nel vuoto,

    solo campi e sabbia.

    ---

    ENTRE LAS SOMBRAS

    Entre las sombras

    el fuego de tu rostro ardiendo en lágrimas

    no lo quiebra la noche.

     

    FRA LE OMBRE

    Fra le ombre

    il fuoco del tuo volto che arde in lacrime

    non lo spezza la notte.

    ---

    EN LA CÁMARA ALATA

    En la cámara alta

    duermen las sombras antes de la muerte.

    El aire se deshace.

                                 Doce velas

    se derraman, fundiéndose en la noche.

     

    NELLA CAMERA ALTA

    Nella camera alta

    dormono le ombre prima della morte.

    L’aria si dissolve.

                             Dodici candele

    si sciolgono, fondendosi nella notte.

    ---

    Traigo a tus manos tierra seca, escombros,

    ruinas que se unieron a tu cuerpo,

    a tu costado frágil, en penumbras

    al caer de la tarde entre los cantos,

    la bendición y el cirio.

    No queda más en estos odres, ruega

    por que de entre las piedras polvorientas

    rompa la aurora herida en odres nuevos.

     

    Porto tra le tue mani terra secca, macerie,

    rovine che si sono unite al tuo corpo,

    al tuo fragile costato, in penombra

    al calar della sera tra i canti,

    la benedizione e il cero.

    Non resta più niente in questi otri, prega

    affinché tra le pietre polverose

    rompa l’alba ferita in nuovi otri.

     

    (De La herrumbre herida. Poesía Devenir) 

     

    ---

    GIROLA

    He dejado la casa  atrás en esta  noche  en que el cansancio 

    de vivir me arrastra y me golpea. Es agosto. Mientras lejos 

    los  sonidos  de  la  fiesta  borbotean y no duelen, he salido 

    de nuevo al descampado, como antes con mi hijo que miraba 

    los astros, madrugada –rendido por el sueño– de Perseidas. 

    Ahora solo. Ninguna luz. Comienza a declinar la vida y me 

    pregunto cuánta verdad me queda entre las manos.

     

    VARCO

    Ho lasciato dietro la casa questa notte in cui la stanchezza

    di vivere mi trascina e mi trafigge. È agosto. Mentre lontano

    i suoni della festa borbottano e non fanno male, sono uscito

    di nuovo all’aria aperta, come una volta con mio figlio che 

    guardava gli astri, alba –sopraffatto dal sonno– delle Perseidi.

    Ora da solo. Nessuna luce. La vita comincia a declinare e mi

    domando quanta verità mi rimanga tra le mani.

    ---

    [PINÁCULOS: estrellas]

    Con clarines en llamas se dispersan dinamitando el cielo, 

    sus cristales  se  desparraman  como  negras  lunas  hasta 

    clavar su filo ensangrentado, hasta el nadir, hasta calar el 

    hueso en su corneta, alfanje oscuro, escándalo del aire 

    los vencejos.

     

    [PINNACOLI: stelle]

       Con chiarine in fiamme si disperdono facendo detonare il cielo,

    i loro cristalli si propagano come lune nere fino a incuneare 

    il loro filo insanguinato, fino al nadir, fino a trapassare l’osso 

    nella loro cornetta, sciabola scura, scandalo dell’aria i rondoni.

    ---

     

    La cadena de la lámpara del techo se enrosca por mi 

    tronco algunas noches, con su pesar de siglos por el cuello 

    me arrastra planta a planta en su hundimiento calizo. 

    Los helados espacios de pladur silentes, aunque escuchen 

    los golpes del vecino protestando, el piso de estudiantes 

    aún de juerga, la infinita extensión de la escayola desierta, 

    donde el grito rebota enmudecido volviendo sobre mí, 

    y sin saber por qué se estrechan las paredes y desciendo 

    entre cristales –sus peludas patas–: la lámpara de araña: 

    su agujero.

                                                      [capitello in un chiostro sommerso]

             La catena della lampada del soffitto si attorciglia lungo il mio

    tronco alcune notti, con la sua afflizione di secoli mi trascina dal collo

    piano per piano nel suo cedimento calcareo.

    Gli spazi gelati di cartongesso silenziosi, nonostante sentano

    i colpi del vicino che protesta, l’appartamento di studenti

    ancora a far baldoria, l’ infinita estensione dell’intonaco deserto, 

    dove il grido rimbalza muto tornando verso di me,

    e senza sapere perché le pareti si restringono e discendo

    tra i vetri –le sue zampe pelose–: il lampadario di ragno:

    il suo pertugio.

     

    (Del libro ¿Sangra el abismo? Contracciones de una Noche de Pascua . Ril Editores.

    Febrero 2022)

  • A. RIVERO TARAVILLO
    UN AUTORE POLEIDRICO

    data: 30/05/2024 23:29

    Antonio Rivero Taravillo (traductor)

    Poeta, escritor y traductor, varias veces premiado por su labor, es además un reconocido celtista, autor de antologías de poemas irlandeses y canciones gaélicas. Ha traducido del inglés obras de Shakespeare, Yeats, Walt Whitman, Keats, Robert Graves, Harold Bloom… Fue director literario de Paréntesis Editorial y coordinó el módulo de Poesía del Máster en Creación Literaria de la Universidad de Sevilla.

    La biografía de Antonio Taravillo está marcada por un constante dinamismo creativo que se ha traducido en una producción versátil.    

    Antonio Rivero Taravillo (traduttore)

    Poeta, scrittore e traduttore, più volte premiato per il suo lavoro, è anche un rinomato celtista, autore di antologie di poesie irlandesi e canzoni gaeliche. Ha tradotto dall'inglese opere di Shakespeare, Yeats, Walt Whitman, Keats, Robert Graves, Harold Bloom... È stato direttore letterario di Paréntesis Editorial e ha coordinato il modulo di Poesia del Master in Creazione Letteraria dell'Università di Siviglia.

    Quella di Antonio Taravillo è una biografia percorsa da un costante dinamismo creativo che si è tradotto in una produzione  versatile.

     

    FERRETERÍA

    Hoy he regresado

    a la ferretería del barrio de mi infancia,

     

    esta mañana he vuelto

    a poner un candado

    a los recuerdos.

     

    FERRAMENTA   

    Son ritornato

    alla ferramenta del quartiere della mia infanzia,

     

    son tornato stamattina

    per rimettere un lucchetto

    ai ricordi.

    ---

    SANGRE GRIEGA

    Un poco de mi sangre queda en Grecia

    como de héroe argívo o de Pelida,

    sangre vulgar de hombre transformado:

    hecatombe al mosquito que al chuparla

    combina en la cratera de su vientre

    mi vino con el vino de los dioses,

    los inmortales padres de los dánaos.

    Un poco de mi sangre queda en Grecia,

    llevada por la lanza del alífero.

    Un poco de mi sangre queda en Grecia

    en efímera lid y para siempre.

     

    SANGUE GRECO

    Un poco del mio sangue resta in Grecia

    come di eroe argivo o di Pelide,

    sangue volgare da uomo trasformato:

    ecatombe al moschito che al succhiarlo

    combina nel cratere del suo ventre

    il mio vino con il vino degli dei,

    gli immortali padri dei danai.

    Un poco del mio sangue resta in Grecia,

    portato dalla lancia dell'alifer.

    Un poco del mio sangue resta in Grecia

    in effimera lotta e per sempre.

     

    ---

    EL PLÁTANO 

    Llueve, ventea.

    El plátano del patio 

    nos pide entrar 

    con hojas que suplican

    lacias, tristes, llorosas.  

     

    Le agradecemos su sombra

    cuando hace sol. 

    Alabamos su copa, su altura,

    su esbelto tronco

    de corteza tan suave

    que jamás descorcharíamos. 

     

    Pero hay cosas que no son posibles:

    secar sus lágrimas,

    remediar su intemperie.

     

    IL PLATANO

    Piove, tira vento.

    Il platano del patio

    ci chiede di entrare

    con foglie che supplicano

    cadenti, tristi, piangenti.

     

    Ringraziamo la sua ombra

    quando c'è sole.

    Lodiamo la sua chioma, la sua altezza,

    il suo tronco slanciato

    dalla scorza così morbida

    che mai scortecceremmo.

     

    Ma ci sono cose che non sono possibili:

    asciugare le sue lacrime,

    rimediare la sua intemperie.

    -----

    MUSEO DE ANTROPOLOGÍA

    Un instante de sombras

    hechas ahora

    con lo pretérito;

    la congelación de un momento,

    inmóvil,

    monumento de humo a lo esfumado.

     

    En esta sala,

    un diorama levanta unas figuras

    –guerreros con lanzas y escudos–

    y me devuelve

    a los otros dioramas

    de tanques y soldados

    que quise haber compuesto cuando niño

    y me escaparon

    como se rompe un cerco entre la nieve

    bajo el fuego enemigo.

     

    Una vitrina

    de imaginación y recuerdo

    me guarda en un museo irrealizable

    montando aquel diorama que no hice

    en un diorama

    ante el que nadie se detiene,

    desiertas las taquillas,

    a cal y canto el torno de la noche.

    Qué extraño pegamento, la memoria

    fijando la figura de un fantasma

    a un suelo destrozado por las balas

    que vierte la canana de los años,

    la cinta de los días

    tableteando el tiempo.

     

    MUSEO D'ANTROPOLOGIA

    Un momento di ombre

    fatte ora

    con ciò che è preterito;

    il congelamento di un momento,

    immobile,

    monumento di fumo di di quanto è sfumato.

     

    In questa sala,

    un diorama solleva alcune figure

    –guerrieri con lance e scudi–

    e mi restituisce

    agli altri diorami

    di carri armati e soldati

    Ciò che avrei voluto comporre da bambino

    e mi sono sfuggiti

    come si rompe un cerchio nella neve

    sotto il fuoco nemico.

     

    Una vetrina

    d'immaginazione e di ricordo

    mi tiene in un museo irrealizzabile

    montando quel diorama che non feci

    in un diorama

    dinanzi al quale nessuno si sofferma,

    deserte le biglietterie

    forte come l'acciaio il tornio della notte.

    Che strana colla, la memoria

    nel fissare la figura di un fantasma

    su un suolo distrutto dai proiettili

    che rovescia la cartucciera degli anni,

    il nastro dei giorni

    tamburellando il tempo.

     

    ---

    HORCAJADURA Y MARZO

    Leñoso, el tronco seco del invierno

    ahora se bifurca y sigue recto

    en tanto que otra rama continúa

    poblándose de yemas y de pájaros.

    El hombre más curtido se estremece

    ante una flor que abre y lo interpela.

     

    INFORCATURA E MARZO

    Legnoso, il tronco secco dell'inverno

    ora si biforca e va dritto

    mentre un altro ramo continua

    a popolarsi di germogli e di uccelli.

    L'uomo più edotto sussulta

    davanti ad un fiore che si apre e lo interpella.

     

    ---

    ¿DÓNDE QUEDA LA LUZ?

    ¿Dónde queda la luz cuando se apaga?

    Al menos, el calor aún permanece

    posando sobre toda superficie

    su mano cariñosa unos minutos

    antes de que su guante se desplome,

    gélido, en las baldosas ateridas.

    Pero la luz, jamás: el cuarto en sombras

    se hunde entre la amnesia de su brillo,

    las tinieblas son súbitas si el dedo

    sella los labios del interruptor.

    Todo se resuelve en un instante,

    la guerra de la noche contra el día.

    Es una bomba atómica caída,

    no un ejército lento en retirada.

     

    DOVE RIMANE LA LUCE?

    Dove rimane la luce quando si spegne?

    Almeno, il calore rimane ancora

    posando su ogni superficie

    la sua mano amorevole per qualche minuto

    prima che il suo guanto collassi,

    gelido, sulle piastrelle intirizzite.

    Ma la luce, mai: la stanza in ombra

    sprofonda nell'amnesia della sua lucentezza,

    le tenebre sono improvvise se il dito

    sigilla le labbra dell'interruttore.

    Tutto si risolve in un istante,

    la guerra della notte contro il giorno.

    È una bomba atomica caduta,

    non un esercito in lenta ritirata.

     

    ----

    THESAURUS

     

                                          Para Francisco Onieva

    Aprender hoy, ya hombre,

    las palabras que no aprendí de niño:

    esta delicia postergada

    en la confitería del lenguaje,

    un puñado de dulces

    que no caducan nunca

    hallados en su caja

    de metal y de asombro.

     

     

    THESAURUS

                                            Per Francisco Onieva

     

    Imparare oggi, ormai uomo,

    le parole che non ho imparato da bambino:

    questa delizia posticipata

    nella pasticceria del linguaggio,

    una manciata di dolci

    che non scadono mai

    trovati nella loro scatola

    di metallo e stupore.

    --------

    LA EXTRAÑEZA DE LAS COSAS

    A Óscar Cruz

    Descubrir a un poeta de tu lengua

    en una traducción:

    imaginar sus verdaderas palabras

    tras la cortina limpia de otro idioma

    (y casi opaca).

    Súbitamente,

    te sientas a su lado reescribiendo

    sus versos,

    tocando a cuatro manos la sonata

    de sus notas intuidas

    tras la venda de los ojos

    en los oídos

    y con guantes mullidos que amortigua

    lo que él sentiría al escuchar sus pasos

    andando a ciegas

    por el largo pasillo del poema.

     

    LA STRANEZA DELLE COSE

    A Oscar Cruz

     

    Scoprire un poeta della tua lingua

    in una traduzione:

             immaginare le sue vere parole

    dietro la tenda pulita di un'altra lingua

    (e quasi opaca).

     

    All'improvviso,

    ti siedi accanto a lui riscrivendo

    i suoi versi,

     

    suonando a quattro mani  la sonata

    delle sue note intuite

    dietro la benda degli occhi

    nelle orecchie

     

    e con morbidi guanti che attenuano

    ciò ch'egli sentirebbe udendo i suoi passi

              andando alla cieca

    lungo il lungo corridoio della poesia.

     

    ----

    LA CASA DEL POETA

    Para Raúl Quinto

    Es tan fuerte esta luz

    que no hiere,

    cauteriza.

    ¿Cómo puede el azul, tan transparente,

    tener la intensidad

    de lo más leve?

    Como un invernadero sin cubrir,

    esta terraza nítida

    en que frutece hacia adentro

    la palabra

     

    LA CASA DEL POETA

    Per Raúl Quinto

     

    Questa luce è così forte

    che non fa male,

    cauterizza.

     

    Come può il blu, così trasparente,

    avere l'intensità

    di ciò che è tanto leve?

     

    Come una serra scoperta,

    questa terrazza nitida

     

    in cui dà frutti verso dentro

    la parola.

    ----

    VERSO Y VIDA

    Tal vez busquemos en el verso,

    en su armonía y ritmo,

    el ritmo y la armonía

    que no hay en nosotros.

     

    Como polos opuestos que se atraen,

    el poema y la vida,

    porque unas vidas y otras se rechazan

    y un poema se escribe en el solar

    que habitó otro poema.

     

    Tensa, tirante,

    con acentos de madera o de plástico,

    la prosodia es cordel en que tendemos

    ropa que no nos viste: nos desnuda.

     

    VERSO E VITA

    Forse cerchiamo nel verso,

    nella sua armonia e ritmo,

    il ritmo e l'armonia

    che non c'è in noi.

     

    Come i poli opposti che si attraggono,

    la poesia e la vita,

    perché alcune vite e altre si rifiutano

    e una poesia si scrive nella culla

    abitata da un'altra poesia.

     

    Tesa, rigida,

    con accenti di legno o di plastica,

    la prosodia è la corda nella quale stendiamo

    abiti che non ci vestono: ci spogliano.

    ---

    LA LAVANDA

    These are private words addressed to you in public.

    T. S. Eliot

     

    Esta lavanda seca

    no huele en su saquito, anciano

    al par de las camisas y su edad:

    aroma en el recuerdo

    del campo aquel en que la olimos

    violeta, y aromática la vimos,

    la olivimos,

    y todavía unge su perfume

    hace quince años, ayer.

     

     

    LA LAVANDA

    These are private words addressed to you in public.

    T. S. Eliot

     

    Questa lavanda secca

    non profuma nel suo sacchetto, vecchio

    come le camicie e la sua età:

    aroma nel ricordo

    del campo in cui la odorammo

    viola, e aromatica la vedemmo,

    l'olivimos*

    e ancora unge il suo profumo

    quindici anni fa, ieri.

     

     

    *Olivimos:

    Es un neologismo que une "olimos" y "vimos"

    È un neologismo che unisce “odorammo” e “vedemmo”

     

    (De Luna sin rostro, Colección La cruz del sur. Pre-textos editorial, 2023)

     

     

    DUBLÍN

    1

    Los ladrillos de estas casas, las sílabas

    que crean la ciudad de la palabra;

    los callejones, las frases inconclusas

    avanzando al pasado. Toda piedra

    es la huella de pasos de otro yo.

    El follaje del Green me multiplica

    y me conoce bien, pues cae en las sendas.

    El estanque refleja mi celaje.

    Este cielo nublado de Dublín

     

    1

    I mattoni di queste case, le sillabe

    che creano la città della parola;

    i vicoli, le frasi incompiute

    avanzando verso il passato. Ogni pietra

    è orma di passi di un altro io.

    Il fogliame del Green mi moltiplica

    e mi conosce bene, perché cade nei sentieri.

    Lo stagno riflette il mio cielo.

    Questa nuvolaglia di Dublino

     

    ---

    3

    Hay huecos que poseen

    la forma de la gota

    que cae en ellos,

    cuyo sentido

    no viene por sí mismo, y su razón

    de ser es ser tan solo para otros.

    Llueve en estas calles, y los charcos

    son del tamaño exacto de mis sueños.

     

    3

    Ci sono buchi che hanno

    la forma della goccia

    che cade in essi,

    il cui significato

    non viene da sé, e la sua ragione

    d'essere è di essere solo per altri.

    Piove in queste strade e le pozzanghere

    hanno la dimensione esatta dei miei sogni.

    ---

    9

    Jamás holló tu tierra una sandalia

    romana, ni la hégira del árabe

    dejó sobre tus aguas una nave

    con rezos a La Meca en la mañana.

    Conservas tanto tuyo que es extraño

    que no hayas sido tú la que invadiera,

    no con báculo y cruz, lejanas tierras;

    con la espada y las flechas en la mano.

    Los poetas te cantan desde siempre

    pero no tus victorias, tus derrotas.

    De todas las canciones las más bellas

    son las de quienes cantan lo que pierden.

    Irlanda, pues tu nombre me persigue,

    no te dejes vencer: perdiendo, vive.

     

    9

    Mai calpestò la tua terra un sandalo

    romano, né l’egira dell'arabo

    ha lasciato una nave nelle tue acque

    con preghiere rivolte alla Mecca di mattina.

    Conservi così tanto di te che è strano

    che non sia stata tu a invadere,

    non con bastone e croce, terre lontane;

    con spada e frecce in mano.

    I poeti  ti cantato da sempre

    non le tue vittorie, ma le tue sconfitte.

    Di tutte le canzoni le più belle

    sono quelle di chi canta ciò che perde.

    Irlanda, perché il tuo nome mi perseguita,

    non farti sconfiggere: perdendo, vivi.

    -----

    13

    Una ciudad no es sus habitantes

    ni tampoco las casas y las largas

    avenidas y breves callejones.

    Sobrepuesta a los planos, sobrevive

    la ciudad que pisamos una vez

    y ya, perro faldero, nos persigue

    dondequiera que vamos, aunque un día

    asilvestrada gruña, ladre y muerda,

    roído el hueso duro del recuerdo.

    A menudo también nos amenaza

    sabiéndonos intrusos: ya no mueve

    la cola cuando oye nuestra voz.

     

    13

    Una città non è i suoi abitanti

    né le case né i lunghi

    viali né piccoli vicoli.

    Sovrapposta ai piani, sopravvive

    la città che abbiamo calpestato una volta

    e all'istante, cane da compagnia, ci insegue

    ovunque andiamo, anche se un giorno

    ringhi selvaggiamente, abbai e morda,

    roso  il duro osso del ricordo.

    Spesso ci minaccia anche

    sapendoci intrusi: non muove più

    la coda quando sente la nostra voce.

    -----

    14

    Barcazas de recuerdos por el río

    avanzan en su curso rumbo al mar.

    Un Liffey de memorias se me adhiere

    al pecho y lo conforta como taza de té

    cuando dejas la lluvia a tus espaldas

    una noche de enero

    y aguarda

    una barra de turba en el hogar.

     

    14

    Barcacce di ricordi sul fiume

    avanzano nel loro corso verso il mare.

    Un Liffey di memorie mi aderisce

    al petto e lo conforta come tazza di tè

    quando lasci la pioggia alle tue spalle

    una notte di gennaio

    e aspetta

    una mattonella di torba nel focolare.

     

    ---

    ---

    19

    Ya nada es lo que era,

    si es que alguna vez lo fue, no sé.

    Si fuera apocalíptico, diría

    que se ven señales del final de los tiempos,

    que todo es susceptible de ser símbolo

    preñado de maldad, y que la Bestia

    ha salido de unos versos de Yeats

    y se arrastra a Dublín para nacer.

    La música en los pubs, sin ir más lejos,

    enronquece más las gargantas

    que diez vasos de whiskey. ¿Quién conversa

    luchando con los rudos altavoces?

    Beber es algo serio,

    hablar es algo serio,

    escuchar una historia es lo más serio

    que un hombre puede hacer, con excepción

    de contar una historia, pero todo

    lo arruina tanta música estridente,

    por no hablar de la tele y los partidos

    de esto y de lo otro, los torneos,

    los putos campeonatos, los mundiales,

    tanta fosforescencia en la pantalla,

    tanta distracción contra tu espuma,

    que es la verdadera competición

    que juegas contra el tiempo. Nada pueda

    apartar tu derrota de los labios,

    nada se atreva

    a deslumbrar con luces

    tu oscuridad.

     

    19

    Nulla ormai è più quello che era,

    se mai lo sia stato, non lo so.

    Se fossi apocalittico, direi

    che si vedono segnali della fine dei tempi,

    che tutto può essere un simbolo

    pregno di malvagità, e che la Bestia

    è uscita da alcuni versi di Yeats

    e si trascina a Dublino per nascere.

    La musica nei pub, senza andare molto lontano,

    rende le gole più rauche

    di dieci bicchieri di whisky. Chi parla

    lottando con rudi oratori?

    Bere è cosa seria

    parlare è cosa seria,

    ascoltare una storia è la cosa più seria

    che un uomo possa fare, ad eccezione

    di raccontare una storia, ma tutto

    lo rovina  tanta musica stridente,

    per non parlare della Tv e le partite

    di questo e  di quello, i tornei,

    dei maledetti campionati, i mondiali,

    tanta fosforescenza sullo schermo,

    tanta distrazione contro la tua schiuma,

    che è la vera competizione

    che giochi contro il tempo. Nulla possa

    togliere la sconfitta dalle tue labbra,

    nulla osi

    abbagliare con le luci

    la tua oscurità.

     

    ---

    29

    La belleza del mundo me entristece,

    escribió Pearse la víspera

    de que un pelotón lo fusilara

    el 3 de mayo de 1916

    en el llamado Patio de los Picapedreros,

    allá en Kilmainham.

    Todo poeta enmienda sus palabras,

    las pule y lima, añade, agrega,

    pero a veces no puede:

    su propia vida es un borrador

    si no existe el mañana.

    Hay versos que no son tan solo ellos:

    lo diga o no el diccionario,

    en su significado

    hablan también sus circunstancias.

    Y estos dicen más de lo que dicen

    porque ya no hubo otros.

    La belleza del mundo me entristece,

    escribió Pearse la víspera

    del 3 de mayo de 1916.

    Quedó como nació

    el último

    poema que no pudo corregir.

     

     

    29

    La bellezza del mondo mi rattrista,

    scrisse Pearse la vigilia

    in cui un plotone lo fucilò

    il 3 maggio 1916

    nel cosiddetto Patio dei Tagliapietre,

    lì a Kilmainham.

    Ogni poeta ammenda le sue parole,

    le pulisce e le lima, aggiunge,

    ma a volte non può:

    la sua stessa vita è una bozza

    se non esiste il domani.

    Ci sono versi che non sono solo tali:

    che il dizionario lo dica o no,

    nel loro significato

    parlano di circostanze.

    E questi dicono più di quanto dicano

    perché non ce ne furono altri.

    La bellezza del mondo mi rattrista,

    scrisse Pearse la vigilia

    del 3 maggio 1916.

    Rimase così come nacque

    l'ultima

    poesia che non poté correggere.

     

    ---

    INVIERNO

    El invierno es un druida con su manto tan blanco,

    con su cana melena y sus barbas de escarcha,

    el anciano más sabio, el invierno es un druida,

    es la vieja estación donde nievan leyendas.

     

    INVERNO

    L'inverno è un druida dal manto così bianco,

    con la sua chioma bianca e le sue barbe di brina,

    l'anziano più saggio, l'inverno è un druida,

    è la vecchia stagione dove nevicano  leggende.

    ---

    PALACIO DE CRISTAL

    Musical, como el gaélico vibra

    en los labios de una joven doncella,

    el viento hoy trae el eco de la espuma

    y el nadar de los rojos hipocampos.

    Y todos estos ecos y rumores

    (el quebrar de la proa de los héroes,

    el crecer de las algas y el coral)

    nos hablan de un lugar bajo las olas

    en medio del océano batiente.

    En rubios amaneceres, a veces,

    adivino en el fondo sus tejados

    transparentes, sus torres transparentes,

    sus puertas transparentes, y refulge

    bajo el mar el palacio de cristal,

    el palacio que el mito ha sumergido

    y que ahora la música rescata.

     

    PALAZZO DI CRISTALLO

    Musicale, vibra come il gaelico

    sulle labbra di una giovane donzella,

    il vento oggi porta l'eco della schiuma

    e il nuoto degli ippocampo rossi.

    E tutti questi echi e rumori

    (la rottura della prua degli eroi,

    la crescita delle alghe e del corallo)

    ci parlano di un luogo sotto le onde

    in mezzo all'oceano sferzante.

    In bionde albe, a volte,

    scorgo sullo sfondo i suoi tetti

    trasparenti, le sue torri trasparenti,

    le sue porte trasparenti, e rifulge

    sotto il mare il palazzo di cristallo,

    il palazzo che il mito ha sommerso

    e che ora la musica riscatta.

    -----

    CONTRA ARTHUR GUINNESS

    Igual que el onanista deja huellas

    de su estéril amor en el papel

    de sórdidas revistas pornográficas,

    así yo voy manchando los mil folios

    donde queda desnuda mi miseria:

    cercos de cerveza negra emborronan

    mis poemas hermanos de la espuma

    que el tiempo apura hasta el último sorbo

    (y siempre soy yo quien paga la cuenta).

    Por olvidar la muerte, cultivé

    un tumor que regué noche tras noche.

     

    CONTRO ARTHUR GUINNESS

    Proprio come l'onanista lascia tracce

    del suo sterile amore sulla carta

    di sordide riviste pornografiche,

    così io vado macchiando i mille fogli

    dove rimane nuda la mia miseria:

    cerchi di birra nera scarabocchiano

    le mie poesie fratelli della schiuma

    quel tempo affretta fino all'ultimo sorso

    (e sono sempre io a pagare il conto). 

    Per dimenticare la morte, ho coltivato

    un tumore che ho innaffiato notte dopo notte.

     

    ---

    LECTURA EN CÓRDOBA

    Seamus Heaney leía sus poemas

    con la ventana abierta al Alcázar Cristiano:

    martines pescadores en los versos

    y, fuera, el parlamento de los mirlos.

     

    Entre un chaparrón y otro,

    la lluvia hizo cesura unos instantes.

    De los viejos poemas conocidos,

    el frescor de otros trinos y otra lluvia

    cayendo, como sílabas, de Irlanda.

     

    «St Kevin and The Blackbird»: sin intérprete,

    oímos su negrura y su naranja.

    El poeta dijo mirlo, y este cantaba.

     

    LETTURA A CÓRDOBA

    Seamus Heaney leggeva le sue poesie

    con la finestra aperta sull'Alcázar Cristiano:

    martin pescatori nei versi

    e, fuori, il parlamento dei merli.

     

    Tra un acquazzone e l'altro,

    La pioggia ha fatto cesura per qualche istante.

    Delle vecchie poesie conosciute,

    la freschezza di altri trilli e di altra pioggia

    cadendo, come sillabe, d'Irlanda.

     

    «St Kevin and The Blackbird»: senza interprete,

    sentiamo la sua oscurità e il suo arancione.

    Il poeta disse merlo, e quello cantò.

     

    ---

    THE CLIFFS OF MOHER

    En esta zona no hay cobertura 3G

    y de vez en cuando se interrumpe la conexión de datos

    y estamos entonces aislados, como

    si el viento se llevara tus palabras,

    y las mías,

    sobre los acantilados de Moher.

    No conozco otro precipicio que tu silencio,

    otra dicha que tu vuelta.

    Lo saben las rocas y las olas.

    Lo saben el vértigo y las alas.

    El paisaje es hermoso al imitarte.

     

     

    LE SCOGLIERE DI MOHER

    In questa zona non c'è copertura 3G

    e di tanto in tanto s'interrompe la connessione dati

    e siamo dunque isolati, come

    se il vento portasse via le tue parole,

    e le mie,

    sulle scogliere di Moher.

     

    Non conosco altro precipizio che il tuo silenzio,

    un'altra gioia che il tuo ritorno.

    Lo sanno le rocce e le onde.

    Lo sanno le vertigini e le ali.

     

    Il paesaggio è bellissimo nell'imitarti.

     

    (de Suite irlandesa. Fundación José Manuel Lara. Vandalia, Sevilla 2023)

  • JOSÉ MARÍA ÁLVAREZ
    UNA VITA TRA
    LETTERATURA E VIAGGI

    data: 12/04/2024 23:13

    José María Álvarez (Cartagena, Regione di Murcia, 31 maggio 1942) è un poeta, saggista e romanziere spagnolo. La sua opera poetica complessiva si è consolidata negli anni in un unico titolo, Museo de las ceras

    Laureato in Filosofia e Lettere, con specializzazione in Geografia e Storia (Università di Madrid e Murcia), ha studiato Filosofia all'Università Centrale di Madrid e ha frequentato nei corsi di Raymond Aron alla Sorbona e al Collège de France. La sua vita è stata consacrata alla letteratura e ai viaggi.

     

    Traduzioni

    L'opera completa di Costantino Kavafis;

    L'Isola del Tesoro e la Weir di Hermiston di Robert Louis Stevenson;

    La terra desolata di T.S. Eliot;

    L'opera completa di François Villon;

    I Sonetti di William Shakespeare;

    Il richiamo della foresta di Jack London;

    L'ode alla morte del duca di Wellington di Alfred Tennyson;

    In collaborazione con Txaro Santoro Le poesie del periodo della follia di Friedrich Hölderlin

     

    PASEOS POR ROMA

                                                           «¡Oh qué feliz me siento en Roma!»

                                                                                              Goethe 

    Cuando tus ojos ya no juzguen

    sino contemplen, 

    cuando ya sólo agradezcas.

    Esa es la edad de Roma, 

    la edad de pasear

    por Roma.

    PASSEGGIATE PER ROMA

                                                                 «Oh come mi sento felice a Roma!»

                                                                                                            Goethe

    Quando i tuoi occhi non giudichino più

    ma contemplino,

    quando ringrazierai soltanto.

    Quella è l’età di Roma,

    l’età di passeggiare

    per Roma.

     

                                                                   

    ---

    EL DESTERRADO

                                            «Yo iba provisto de cartas de recomendación para un holandés, el señor 

                                              Mesman, y para un comerciante de Dinamarca; ambos hablaban inglés 

                                      y se ofrecieron a buscarme una residencia a propósito para mis actividades» 

                                                                                                            Alfred de Russel Wallance 

    La vida que amé y el que fue 

    mi mundo. 

    A veces sueño si aún 

    existe. 

    Pero los años van secando 

    mi cuerpo 

    y acostumbro a mis ojos a que acepten este paisaje como 

    el último. 

    Mucho me ha costado no 

    desesperar, 

    aunque sé que la vida sólo puede 

    ir ya a peor. 

    A veces, para mí y unos pocos 

    amigos 

    pretendo aquel antiguo 

    lujo. 

    Como un sediento el agua, espero 

    la noche. 

    Entonces camino hacia los bares 

    del puerto, 

    y en la belleza de alguna mujer olvido 

    mi destierro. 

     

    ---

    L’ESILIATO

                                             «Ero provvisto di lettere di raccomandazione per un olandese, il signor Mesman, e per un commerciante della Danimarca; entrambi parlavano inglese

                                                  e si offrirono di trovarmi una residenza appropriata per le mie attività» 

                                                                                                                                   Alfred de Russel

    Wallance     

    La vita che amai e che fu 

    il mio mondo.

    A volte sogno se ancora

    esista.

    Ma gli anni stanno prosciugando

    il mio corpo

    e abituo i miei occhi ad accettare questo paesaggio come

    l’ultimo.

    Mi è costato molto

    non disperare,

    anche se so che la vita può solo

    andare peggio.

    A volte per me e per alcuni pochi

    amici

    pretendo quel antico 

    lusso.

    Come un assetato d’acqua, aspetto

    la notte.

    Quindi cammino verso i bar

    del porto,

    e nella bellezza di qualche donna dimentico

    il mio esilio.

    ---
    MORIR COMO LOS BARCOS
    «Leo durante gran parte de la noche, y en el invierno parto hacia el sur»
    Thomas Stearns Eliot
    Si la suerte o los dioses
    tienen dispuesta mi partida
    bajo otros cielos,
    su voluntad sea mía.
    Mas si puedo pedir,
    que la luz de mis ojos
    se ponga contemplando este paisaje,
    las antiguas playas,
    la vieja mar
    junto a la que nací.

    MORIRE COME LE NAVI
    «Leggo per gran parte della notte, e d’inverno parto verso il sud»
    Thomas Stearns Eliot
    Se la sorte o gli dei
    hanno disposto la mia partenza
    sotto altri cieli,
    la loro volontà sia la mia.
    Ma se posso chiedere,
    che la luce dei miei occhi
    tramonti contemplando questo paesaggio,
    le antiche spiagge,
    il vecchio mare
    vicino al quale sono nato.
    ---
    PASEOS DE UN SOLITARIO
    «... y en las puntas
    externas del balcón, están dos pajes,
    que enlutados también, mustios, empuñan
    dos astas inclinadas contra el suelo»
    Ángel de Saavedra, Duque de Rivas

    Como si fuera un cuento,
    generosa es la casa
    que amparó la niñez.
    Y errarás por sus salas
    vacías
    buscando algo, que
    sólo tuviste en el principio
    y verás al final.

    PASSEGGIATE DI UN SOLITARIO
    «... e sulle punte
    estreme del balcone, ci sono due paggi,
    anch’essi in lutto, mesti, impugnano
    due aste inclinate al suolo»
    Ángel de Saavedra, Duca di Rivas

    Come se fosse un racconto,
    generosa è la casa
    che ha protetto l’infanzia.
    Ed errerai per le sue sale
    vuote
    cercando qualcosa, che
    hai avuto solo all’inizio
    e vedrai alla fine.
    ---
    MODERN REFINEMENTS
    «Llegan aves de Persia.
    Kublai Khan ha muerto»
    Pedro Gimferrer
    Buscando, ay,
    por la casa vacía
    un aire viejo...

    MODERN REFINEMENTS
    «Arrivano alati dalla Persia.
    Kublai Khan è morto»
    Pedro Gimferrer
    Cercando, ahi,
    attraverso la casa vuota
    un’aria di altri tempi...
    ---
    PAISAJE
    «“dolce color d’oriëntal zaffiro”. El verso impone esa lentitud a la voz. Hay
    que decir oriëntal»
    Jorge Luis Borges
    La Unión, Mar Menor, Cabo de Palos,
    viejos caminos
    que ilumináis como la Luna
    mi corazón.
    Paisaje
    donde morir
    a solas.

    PAESAGGIO
    «“dolce color d’oriëntal zaffiro”. Il verso impone quella lentezza alla voce. Bisogna
    dire oriëntal»
    Jorge Luis Borges
    La Unión, Mar Menor, Cabo de Palos,
    vecchi sentieri
    che illuminate come la Luna
    il mio cuore.
    Paesaggio
    dove morire
    in solitudine.
    ---
    EL MUNDO EN SUS MANOS
    «¿Qué valen para un dios las cenizas de un hombre?»
    Alceo
    «Luna, honor de la noche»
    Fernando de Herrera

    Mira en paz las altísimas estrellas
    Y escucha el dulce canto de los ruiseñores
    Y que bellas mujeres te distraigan
    Y que nunca tu copa esté vacía
    Mira pasar la Luna
    IL MONDO NELLE SUE MANI
    «Quanto valgono per un dio le ceneri di un uomo?»

    Alceo
    «Luna, onore della notte»
    Fernando de Herrera
    Guarda in pace le altissime stelle
    E ascolta il dolce canto degli usignoli
    E che belle donne ti distraggano
    E che il tuo bicchiere non sia mai vuoto
    Guarda passare la luna
    ----
    PRÍNCIPE DE LAS TINIEBLAS
    «¡Maldición, estamos rodeados!»
    de algún libro
    El limpio cielo
    Del Sur El calor de una copa
    Mientras escucho a Mozart
    Las telas de Velázquez o Rousseau
    Estas playas en calma que contemplo
    Y aquellas que en Homero
    O con Virgilio he divisado tantas veces
    Quienes me amaron y yo amé
    La lealtad que mi alma
    Guarda a determinados
    Paisajes rostros libros
    La luz de la cabecera de mi cama
    Y en ella Stevenson Montaigne
    Cervantes Tácito Stendhal
    Shakespeare o Borges
    Mi cuerpo y mi destino
    Que acepto
    Eso es todo

    PRINCIPE DELLE TENEBRE
    «Maledizione, siamo circondati!»
    da qualche libro
    Il pulito cielo
    Del Sud Il calore di un bicchiere
    Mentre ascolto Mozart
    Le tele di Velázquez o di Rousseau
    Queste placide spiagge che contemplo
    E quelle che in Omero
    O con Virgilio ho scorto tante volte
    Chi mi ha amato e che io ho amato
    La lealtà che la mia anima
    Riserva a determinati
    Paesaggi volti libri
    La luce della testata del mio letto
    E in essa Stevenson Montaigne
    Cervantes Tacito Stendhal
    Shakespeare o Borges
    Il mio corpo e il mio destino
    Che accetto
    Questo è tutto

    ---
    DIVERSAS INSTRUCCIONES CURIOSAS
    «Convencional es el héroe»
    Sergei Essénin
    «Amo los críticos que tienen una cabeza y una anticabeza»
    Andreï Voznessensky
    «¡Hermoso y cierto cielo, contempla cómo cambio!»
    Paul Valéry
    He aquí la misma
    cabra que diera leche
    a los fenicios El
    Ave de Asdrúbal
    El olivo plantado
    por aquel legionario
    de las Galias dona
    su fruto igual
    y tritúrase fino
    con la enorme
    redonda piedra He
    aquí las tierra
    que Ulises el astuto
    navegó
    Las aguas
    por las que tantos barcos
    tantos hombres vinieron
    Bajo el mismo destino
    que convertirá nuestros sueños
    en arena

    VARIE ISTRUZIONI CURIOSE
    «Convenzionale è l’eroe»
    Sergej Essenin
    «Amo i critici che hanno una testa e un’antitesta»
    Andreï Voznessensky
    «Bellissimo e vero cielo, contempla come cambio!»
    Paul Valéry
    Ecco la stessa
    capra che diede latte
    ai Fenici
    L’ uccello di Asdrubale
    L’olivo piantato
    per quel legionario
    delle Gallie dona
    il suo frutto lo stesso
    e macinare bene
    con l’enorme
    He pietra rotonda
    qui la terra
    che Ulisse l’astuzia
    navigato
    Le acque
    perché così tante barche
    vennero tanti uomini
    sotto la stessa sorte
    che trasformerà i nostri sogni
    nella sabbia
    ---
    MEDITACIÓN
    «Siempre estoy asombrado de mí mismo»
    Oscar Wilde
    No hay sabiduría en el más allá.
    Ni aquí. Y será lo que fue.
    Sé que no hay nada
    más allá de la tierra que piso,
    del mar o el cielo que contemplo,
    de mi cuerpo que extraño.
    ¿A qué, entonces, responde la eternidad
    que mora en mi corazón?
    MEDITAZIONE
    «Stupisco sempre me stesso»
    Oscar Wilde
    Non c’è saggezza nell’aldilà.
    Neanche qui. E sarà ciò che è stato.
    So che non c’è nulla
    al di là della terra che calpesto,
    del mare o del cielo che contemplo,
    del mio corpo che mi manca.
    A cosa risponde, dunque, l’eternità
    che dimora nel mio cuore?
    ---
    BALADA PARA UNA DAMA QUE
    SEÑALANDO EL MA LE DIJO: ESCRIBA
    SOBRE ESTE ACONTECIMIENTO
    Es relación sin corromper sacada
    de la verdad.
    Alonso de Ercilla
    Un repentino accidente
    Andrés de Claramonte
    El mar rompe en la playa,
    dulcemente, como
    un beso lánguido y terrible
    de femme fatale.

    BALLATA PER UNA DAMA CHE
    INDICANDO IL MARE GLI DISSE: SCRIVA
    SU QUESTO AVVENIMENTO
    È relazione incorrotta presa
    dalla verità.
    Alonso de Ercilla
    Un repentino incidente
    Andrés de Claramonte
    Il mare s’infrange sulla spiaggia,
    dolcemente, come
    un languido e terribile bacio
    di femme fatale.
    ---
    THE SHADOW LINE
    No puedo ver las velas altas capitán
    Joseph Conrad
    In memoriam
    Joseph Conrad
    Sobre la playa el viento de Septiembre
    abre extraños caminos. Silenciosas aves
    del mar escoltan unos restos
    que las olas trajeron a la arena
    y que las olas borrarán.
    Algo que fue navío, soledad de delfín,
    sueño de hombres.
    Así el Arte.
    Y las cenizas del amor.

    THE SHADOW LINE
    Non riesco a vedere le vele alte, capitano
    Joseph Conrad
    Sulla spiaggia il vento di settembre
    apre strani sentieri. Silenziosi uccelli
    del mare scortano alcuni relitti
    che le onde hanno portato sulla sabbia
    e che le onde cancelleranno.
    Qualcosa che fu nave, solitudine di delfino,
    sogno di uomini.
    Così l’Arte.
    E le ceneri dell’amore.
    ---
    SELVA MORALE E SPIRITUALE
    Niñez pálida imagen libertad

    violentísima.
    Lectura deformada
    por la distancia. Oh juego que culmina
    con la visión completamente
    preservada de otra
    distancia. Un árbol. Una rueda
    de carricoche.
    Lectura
    de la consumación.
    SELVA MORALE E SPIRITUALE
    Infanzia pallida immagine libertà
    violentissima.
    Lettura deformata
    dalla distanza. Oh, gioco che culmina
    con la visione completamente
    preservata da un’altra
    distanza. Un albero. Una ruota
    di passeggino
    Lettura
    della consumazione.
    PUERTAS DE ORO
    (LA CAÍDA DE CONSTANTINOPLA)
    «Bien parece que en otro tiempo esta ciudad estaba en su esplendor, que
    era una de las más nobles de las ciudades del mundo»
    Ruy González de Clavijo
    «Amé tu gloria»
    Fernando de Herrera
    Veo ponerse el sol de mi reino
    La luz del día entregará esta ciudad
    A un nuevo vencedor Y en otra lengua
    Ha de cantarlo y a sus dioses
    Enterraré la gloria que me fue encomendada
    Cayendo como uno más de sus hijos
    Desconocido ante sus puertas
    El vasto sueño se deshace
    Hay arqueros de oro en el crepúsculo
    Sólo quiero ya un poco de pan
    Vino unas frutas
    Y el largo olvido de la muerte
    La lechuza llama a los centinelas
    En las torres de Afrasiab

    PORTE D’ORO
    (LA CADUTA DI COSTANTINOPOLI)
    «Sembra che in un altro tempo questa città fosse nel suo splendore,
    era una delle città più nobili del mondo»
    Ruy González de Clavijo

    «Ho amato la tua gloria»

    Fernando de Herrera
    Vedo tramontare il sole del mio regno
    La luce del giorno consegnerà questa città
    Ad un nuovo vincitore E in un’altra lingua
    Dovrà cantarlo e ai suoi dei
    Seppellirò la gloria che mi fu affidata
    Cadendo come un altro dei suoi figli
    Sconosciuto dinanzi alle sue porte
    Il vasto sogno svanisce
    Ci sono arcieri d’oro nel crepuscolo
    Voglio solo un po’ di pane ora
    vino dei frutti
    E il lungo oblio della morte
    La civetta chiama le sentinelle
    Nelle torri di Afrasiab
    ----
    EL NACIMIENTO DE UNA NACIÓN
    «Desde la cumbre del Valmika el lejano arco iris de Indra»
    Kalidasa
    «Debe llegar un día en el que se destruyan los fundamentos del mundo»
    Sexto Propercio
    In memoriam Gustave Flaubert
    Las obras de Shakespeare
    La música de Mozart
    Los cuadros de Velázquez
    Los muros de Nefertari ante la Muerte
    El paisaje de Esmirna
    LA NASCITA DI UNA NAZIONE
    «Dalla vetta del Valmika il lontano arcobaleno di Indra»
    Kalidasa
    «Verrà il giorno in cui le fondamenta del mondo saranno distrutte»
    Sesto Properzio
    In memoriam di Gustave Flaubert
    Le opere di Shakespeare
    La musica di Mozart
    I dipinti di Velázquez
    Le mura di Nefertari dinanzi alla morte
    Il paesaggio di Smirne
    ---
    LA BELLEZA DE HELENA
    «Verdaderamente muy hermosa debe de ser Helena
    para que la pintéis cada día con vuestra sangre»
    William Shakespeare
    Pensad en Troya.
    La historia es

    conocida: El viento
    de la destrucción arrasando
    sus murallas, el hierro griego que traspasa
    la carne de sus hijos, la peste de la muerte,
    los alaridos bestiales de Casandra.
    Y recordad entonces algo.
    Ni en la última hora
    pudieron los troyanos
    condenar a la mujer que les trajera
    su aniquilación.
    Culpaban a los dioses.
    Y en el abismo del horror aún conservaron
    el sueño que los había deslumbrado
    ante Helena.
    Y perecieron.
    Y pereció su estirpe.
    Sin que ninguno se atreviera
    a condenar a la Belleza.

    LA BELLEZZA DI ELENA
    «Deve essere davvero molto bella Elena
    per dipingerla ogni giorno con il vostro sangue.»
    William Shakespeare
    Pensate a Troia.
    La storia è
    nota: Il vento
    della distruzione le sue mura
    rase al suolo, l’acciaio greco che trapassa
    la carne dei suoi figli, la piaga della morte,
    Le urla bestiali di Cassandra.
    E ricordate dunque qualcosa.
    Nemmeno nell’ultima ora
    i Troiani poterono
    condannare la donna che aveva portato
    il loro annichilamento.
    Incolpavano gli dei.
    E tuttavia nell’abisso dell’orrore hanno conservato
    il sogno che li aveva abbagliati
    davanti a Elena.
    E perirono.
    E perì la loro stirpe.
    Senza che nessuno osasse
    condannare la Bellezza.
    ---
    LA PUERTA DE ORO
    «Busca, pues, el sosiego dulce y caro»
    Epistola moral a Fabio
    Ven. La tarde está cayendo.
    Dame la mano. Lentamente,
    en silencio, paseemos.

    El brillo de las piedras
    va guiando tu alma.
    Cipreses y laureles. Y con la luz que muere
    mira el templo de Hera
    tomando el color de la aurora de Homero.
    Ven, y deja
    que poco a poco todo esto
    se haga tuyo. Respira en paz.
    Eucaliptos, tomillo. Los pinos que refrescan
    el aire.
    No volverás ya a Paestum.
    Déjate ir. Habrá un instante
    en que ya no estarás. Habrás atravesado
    esa puerta de oro
    sentirás el poder
    de Hera sobre la Luna.
    Serás eterno.

    LA PORTA D’ORO
    «Cerca dunque la pace dolce e cara»
    Epistola morale a Fabio
    Vieni. Sta calando la sera.
    Dammi la mano. Lentamente,
    In silenzio, passeggiamo.
    La lucentezza delle pietre
    Guida la tua anima.
    Cipressi e allori. E con la luce che muore
    guarda il tempio di Hera
    che prende il colore dell’alba di Omero.
    Vieni e lascia
    che poco a poco tutto questo
    divenga tuo. Respira in pace.
    Eucalipti, timo. I pini che rinfrescano
    L’aria.
    Non tornerai più a Paestum.
    Lasciati andare. Ci sarà un istante
    in cui non ci sarai più. Avrai attraversato
    quella porta d’oro
    sentirai il potere
    di Era sulla Luna.
    Sarai eterno.
    ---
    BELLEZA ORIENTAL
    «Nada de cuanto el sol ilumina puede compararse a esta princesa»
    Bossuet
    «El sabio es el fin de la Sabiduría»
    Ramón Llull

    Cuenta el Libro
    que hubo una vez un Rey
    a quien su suerte hizo despiadado.
    Pero ese mismo azar (quizá ese Orden)
    llevó ante él, cierta jornada,
    a una mujer. Y por más de mil noches
    ella entretuvo al Rey
    con tan prodigiosas narraciones
    que poco a poco fue trocando
    su odio en olvido,
    hasta que comprendió
    que si él era la cima
    del mundo (como así debe ser),
    más alto estaban
    la inteligencia, la imaginación,
    la compañía de la belleza
    y la clemencia.
    Esto fue en lo antiguo de los tiempos
    y Shahrazad el sueño de unas noches.
    Como aquellos que las soñaron
    y aquellos que las leen.

    BELLEZZA ORIENTALE
    «Niente di ciò che il sole illumina può paragonarsi a questa principessa»
    Bossuet
    «Il saggio è la fine della Saggezza»
    Ramón Llull
    Racconta il Libro
    che ci fu una volta un Re
    il cui destino lo rese spietato.
    Ma quello stesso caso (forse quell’Ordine)
    condusse dinanzi a lui, un certo giorno,
    una donna. E per più di mille notti
    ella intrattenne il Re
    con storie così prodigiose
    che a poco a poco tramutò
    il suo odio in oblio,
    finché comprese
    che se lui era la cima
    del mondo (come dovrebbe essere),
    più alti erano
    l’intelligenza, l’immaginazione,
    la compagnia della bellezza
    e la clemenza.
    Questo accadde nei tempi più antichi
    e Shahrazad il sogno di alcune notti.
    Come quelli che la sognarono
    e quelli che la leggono.

    ---

    LEGIONARIO ROMANO
    «Había sido una auténtica proeza de
    sonámbulo»
    Arthur Koestler
    No volveré a mi mar del Sur, ni a sentir aquel
    sol, ni a las hermosas que dejé en Brundisium.
    La vida me ha traído
    a este país obscuro,
    donde los vientos cortan como espadas
    y el cielo son tinieblas impenetrables.
    Soy un legionario, defiendo la muralla
    que separa la Britania que hemos conquistado
    de esas brumas de donde salen seres temibles.
    Esta batalla ha sido mi última
    batalla. Sangro y sé que voy a morir.
    Pero aún así, no maldigo.
    Voy a morir en esta tierra espantosa,
    pero mis huesos serán mojones de hasta donde
    llegó Roma.
    Qué hedor. Veo
    brillar la muerte en esa niebla
    densa como resina.
    Veo esa turba de salvajes que cargan
    contra nosotros. Pero también
    veo
    las Águilas de Roma, la Civilización.
    LEGIONARIO ROMANO
    «È stata una vera prodezza
    da sonnambulo»
    Arthur Koestler
    Non tornerò nel mio Mare del Sud, né a sentire quel
    sole, né le bellissime che ho lasciato a Brundisium.
    La vita mi ha condotto
    in questo paese oscuro,
    dove i venti tagliano come spade
    e il cielo è tenebre impenetrabile.
    Sono un legionario, difendo il muro
    che separa la Britania che abbiamo conquistato
    da quelle brume da cui emergono esseri temibili.
    Questa battaglia è stata la mia ultima
    battaglia. Sanguino e so che morirò.
    Ma tuttavia non impreco.
    Morirò in questa terra spaventosa,
    ma le mie ossa saranno pietre miliari fin dove
    Roma è arrivata.
    Che olezzo. Vedo
    splendere la morte in quella nebbia
    densa come la resina.
    Vedo quella torba di selvaggi che ci
    assalgono. Ma vedo
    anche
    le Aquile di Roma, la Civiltà.
    ---
    ESTAMPA DE EYÜB
    «En cierto sentido inesperado, la flecha en
    el espacio se convertía en una realidad
    material»
    Arthur Koestler
    Sauces y castaños
    de las riberas más allá de
    Eyüb.
    El viento que se lleva las hojas
    bajo el sol poniente,
    dorándolas.
    Ah, irnos así; sin huellas...
    ---
    STAMPA EYÜB
    «In un certo senso inaspettato, la freccia
    nello spazio diventava una realtà
    materiale»
    Arthur Koestler

    Salici e castagni
    delle sponde al di là
    di Eyüb.
    Il vento che porta via le foglie
    sotto il sole al tramonto,
    dorandole.
    Ah, andarcene così; senza tracce...
    ---
    ATARDECER EN EL MAR MENOR
    «Di quel color che per lo sole avverso
    Nube dipinge da sera e da mane,
    vid' io allora tutto 'l ciel cosperso»
    Dante Alighieri
    Para Arturo Pérez Reverte
    Va muriendo la luz
    y en su silencio los jazmines
    caen como esas damas abandonadas en un vals
    dejando flotar en el aire su perfume.
    El esplendor del sol se ha ido
    como una succión
    que me lleva nadie sabe a dónde.
    Los sentidos se afilan a esta hora
    y hay un gozo en los ojos que aguardan qué.

    TRAMONTO NEL MAR MINORE
    «Di quel color che per lo sole avverso
    Nube dipinge da sera e da mane,
    vid' io allora tutto 'l ciel cosperso»
    Dante Alighieri
    Per Arturo Pérez Reverte
    La luce sta morendo
    e nel loro silenzio i gelsomini
    cadono come quelle dame abbandonate in un valzer
    lasciando fluttuare nell’aria il loro profumo.
    Lo splendore del sole è scomparso
    come una suzione
    che mi porta nessuno sa dove.
    I sensi si acuiscono a quest’ora
    e c’è una gioia negli occhi che aspettano cosa?

    (Del libro Museo de Cera. Editorial Balduque, 2022)



     

  • IL SEGRETO DELLA
    POESIA PER LUIS
    ALBERTO DE CUENCA

    data: 08/04/2024 22:29

    Luis Alberto de Cuenca (Madrid, 1950), filologo di riconosciuto prestigio, con parole chiare ci rivela il segreto della poesia.

     

    HABLA EL POETA

    Voy navegando

    despreocupadamente

    rumbo al silencio.

     

    PARLA IL POETA

    Vado navigando

    spensieratamente

    verso il silenzio.

    ---

    MUERTE DE PLINIO EL VIEJO

    Año 79 de la era cristiana.

    Vespasiano, poco antes de morir,

    designa a Plinio el Viejo comandante

    de la flota romana que fondea en Miseno.

    Desde el puente de mando de la nao capitana,

    Plinio es testigo de los primeros espasmos

    del Vesubio. Una sola orden suya y la escuadra 

    podría haber virado y alejarse de allí

    con su caudillo a bordo, pero Plinio era un hombre 

    de gran curiosidad científica y no quiso 

    perderse una lección de vulcanología

    tan real como aquella,

    de modo que bajó de la nave y marchó,

    con paso tardo y lento, hacia la horrenda boca

    de fuego del volcán,

    para guardar memoria fidedigna

    de lo que estaba viendo.

    Poco vio, sin embargo, Plinio el Viejo,

    pues los gases letales del Vesubio

    alcanzaron muy pronto sus pulmones

    hasta impedirle la respiración.

    Y así murió nuestro enciclopedista,

    honra y prez de los sabios de su época,

    tío y padre adoptivo del otro Plinio, el Joven,

    que fue quien nos contó en una de sus cartas,

    dirigidas a Tácito, el fin de su pariente.

     

    MORTE DI PLINIO IL VECCHIO

    Anno 79 dell’era cristiana.

    Vespasiano, poco prima di morire,

    nomina Plinio il Vecchio comandante

    della flotta romana che ispeziona nel Miseno.

    Dal ponte di comando della nave ammiraglia,

    Plinio è testimone dei primi spasmi

    del Vesuvio. Un solo ordine da parte sua e la squadra

    avrebbe potuto virare e allontanarsi da lì

    con il suo caudillo a bordo, ma Plinio era un uomo

    di grande curiosità scientifica e non volle

    perdere una lezione di vulcanologia

    tanto reale come quella,

    così scese dalla nave e andò,

    con passo tardo e lento, verso l’orrenda bocca

    di fuoco del vulcano,

    per salvare memoria fededegna

    di ciò che stava vedendo.

    Tuttavia, Plinio il Vecchio, vide poco,

    perché i gas letali del Vesuvio

    raggiunsero presto i suoi polmoni

    fino ad impedirgli la respirazione.

    E così il nostro enciclopedista morì,

    onore e lode dai saggi della sua epoca,

    zio e padre adottivo dell’altro Plinio, il Giovane,

    che fu colui che ci raccontò in una delle sue lettere,

    indirizzate a Tacito, la fine del suo parente.

    ---

     

    El SECRETO DEL MAGO

    A la memoria de José Manuel Mariño Gallego

    No hay que ser un Houdini para escapar de aquí. 

    Bastan ganas, arrestos, velocidad, sorpresa,

    todo lo que una fuga comme il faut presupone.

    Estoy aquí. No estoy. Tan solo una palmada,

    un abrir y un cerrar de ojos, y me esfumo

    del reino de la vida, buscando otro lugar

    menos hostil, más claro, menos real, más libre

    que el que ocupé hasta hoy y que ahora, de repente,

    se me antoja podrido, vetusto, soporífero.

    Pero es el Mago, siempre, el que con su varita

    maravillosa apunta al corazón del mundo

    para que la partida se haga más confortable.

    Es él, no yo, quien puede deshacer el entuerto

    del ingreso en la nube de donde nadie vuelve

    con un único gesto, una sola palabra

    florecida en milagro. Y esa palabra vuela,

    veloz, hasta la altura del enésimo cielo, 

    donde las negras sombras no existen, y la noche 

    se disuelve en el éter, y reina una luz tibia 

    que baña el universo y escribe en las estrellas,

    con letras imborrables, el secreto del Mago.

     

    IL SEGRETO DEL MAGO

                                 Alla memoria di José Manuel Mariño Gallego

    Non bisogna essere un Houdini per scappare da qui.

    Bastano voglia, coraggio, velocità, sorpresa,

    tutto ciò che una fuga comme il faut presuppone.

    Sono qui. Non son qui. Soltanto una pacca,

    un battito di ciglia e svanisco

    dal regno della vita, cercando un altro luogo

    meno ostile, più chiaro, meno reale, più libero

    di quello che ho occupato fino ad oggi e che ora, all’improvviso,

    mi sembra marcio, vetusto, soporifero.

    Ma è il Mago, sempre, che con la sua bacchetta

    meravigliosa mira al cuore del mondo

    affinché il gioco divenga più confortevole.

    È Lui, non io, che può riparare il torto

    Dell’ingresso nella nuvola da dove nessuno ritorna

    con un unico gesto, una sola parola

    sbocciata miracolosamente. E quella parola vola,

    veloce, fino all’altezza dell’ennesimo cielo,

    dove le ombre nere non esistono, e la notte

    si dissolve nell’etere, e regna una luce tiepida

    che bagna l’universo e scrive nelle stelle,

    con lettere indelebili, il segreto del Mago.

    ---

    LUNA LLENA

    Hoy, desde la cubierta del yate Bleu de Nîmes,

    veré la luna llena.

    Por una vez, acaso por vez única,

    veré la luna llena ascender desde el mismo

    mar por donde navego

    hasta el cielo de luces encendidas

    que convierte la noche en el rescoldo

    de lo que en el crepúsculo fue hoguera. 

    Veré desde cubierta cómo arde en el espacio

    la exacta geometría de la luna,

    trazando con sus rayos una senda en el mar.

    Las olas, obedientes,

    respetarán el curso de ese camino mágico,

    y destellos fugaces y fulgores efímeros

    lo harán desembocar en mis ojos atónitos,

    bañándome en su luz y en su belleza,

    la misma luz, la misma belleza de lo inútil,

    de lo imperecedero.

     

    LUNA PIENA

    Oggi, dal ponte dello yacht Bleu de Nîmes,

    vedrò la luna piena.

    Per una volta, forse per l’unica volta,

    vedrò sorgere la luna piena dallo stesso 

    mare attraverso il quale navigo

    fino al cielo di luci accese

    che trasforma la notte in brace

    di ciò che al crepuscolo fu fuoco.

    Vedrò dal ponte come arde nello spazio

    L’esatta geometria della luna,

    che traccia con i suoi raggi un sentiero nel mare.

    Le onde, obbedienti,

    rispetteranno il corso di quel sentiero magico,

    e bagliori fugaci e fulgori effimeri

    lo faranno sfociare nei miei occhi attoniti,

    immergendomi nella sua luce e nella sua bellezza,

    la stessa luce, la stessa bellezza di ciò che è inutile,

    di ciò che è imperituro.

    ---

    MORFINA

    A la memoria de José Luis Chousa

    Cuando aparece

    en escena ese fármaco,

    se muere alguien.

    Y si ese alguien

    es tu mejor amigo,

    tu alma se rompe.

    Adónde iré,

    rodeado de muerte

    por todas partes.

     

    MORFINA

    In memoria di José Luis Chousa

    Quando appare

    in scena quel farmaco,

    qualcuno muore.

    E se quel qualcuno

    è il tuo migliore amico,

    ti si rompe l’anima.

    Dove andrò,

    circondato dalla morte

    ovunque?.

    ---

    SOLEARES DEL SILENCIO

    Era un silencio culpable:

    cortaba en dos el espacio

    como el filo de un alfanje.

    Y el desamor se iba abriendo

    paso por sus corazones

    al ritmo gris del silencio.

    Las palabras se agolpaban

    en sus bocas, pero huían

    antes de ser pronunciadas.

    Era un silencio malvado.

    Echaba sal en la herida.

    Sabía cómo hacer daño.

    Ellos lo intentaron todo

    para no contaminarse

    de aquel silencio ominoso.

    Pero el silencio triunfó.

    Sembró el terreno de minas

    y acabó con el amor.

     

    SOLEARES DEL SILENZIO

    Era un silenzio colpevole:

    tagliava lo spazio in due

    come il filo di una sciabola.

    E il disamore si faceva

    strada attraverso i loro cuori

    al ritmo grigio del silenzio.

    Le parole affluivano

    nelle loro bocche, ma fuggivano

    prima di essere pronunciate.

    Era un silenzio malvagio.

    Metteva sale sulla ferita.

    Sapeva come ferire.

    Essi tentarono tutto

    per non essere contaminati

    da quel silenzio ominoso.

    Ma il silenzio trionfò.

    Seminò il terreno di mine

    e finì con l’amore.

    ---

    ORACIÓN (III)

    Protégeme, Señor, del ruido de su falda

    al caer por el suelo, de la cara que pone

    cuando le desabrocho el último botón 

    de su corpiño. Líbrame de sus ojos vacíos,

    inertes, despegados del mundo, cuando rozo 

    apenas con mis dedos su garganta desnuda.

    Sálvame de sus besos largos como las piernas

    de Cyd Charisse, profundos como el mar en la Fosa

    de las Marianas. Llévame a un lugar donde nadie

    se enamore de nadie. Donde nadie se bese.

    Da miedo ser feliz. El amor, a la larga, 

    degenera en dolor. Protégeme, Dios mío. 

     

    PREGHIERA (III)

    Proteggimi, Signore, dal rumore della sua gonna

    quando cade a terra, dalla faccia che fa

    quando sbottono l’ultimo bottone

    del suo corpetto. Liberami dai suoi occhi vuoti,

    inerti, scollati dal mondo, quando sfioro

    appena con le mie dita il suo collo nudo.

    Salvami dai suoi baci lunghi come le gambe

    di Cyd Charisse, profondi come il mare nella Fossa

    delle Marianne. Portami in un luogo dove nessuno

    s’innamori di nessuno. Dove nessuno si baci.

    Fa paura essere felici. L’amore, alla lunga,

    degenera in dolore. Proteggimi, mio ​​Dio.

    ---

    CREPÚSCULO AMOROSO

    de/di Luis Alberto de Cuenca

    (trad. Marcela Filippi)

    Tranquila está la tarde. Tranquila y silenciosa.

    Los pájaros se dejan llevar por el ambiente

    de paz y duermen ya. Sus hermanas, las flores, 

    hace tiempo que sueñan. Hay un mundo que gira

    alrededor, extenso, variado, con otros

    seres que no descansan. Pero cae la tarde

    y en tu jardín los pájaros duermen, como las flores,

    mientras la oscuridad va ensanchando su reino

    a costa de la luz. El tiempo y el espacio

    son mis cómplices hoy, por más que se me escape

    una furtiva lágrima, casi donizettiana,

    que resbala hasta el suelo y lo humedece un poco.

    Y si tiempo y espacio son miembros de mi tribu,

    es que existe el milagro, y eso en este crepúsculo

    con pájaros durmientes y flores soñadoras 

    merece recordarse por medio de estos versos

    que, como siempre, evocan un tiempo y un espacio: 

    los nuestros, amor mío.

     

    CREPUSCOLO D’AMORE

    La sera è tranquilla. Tranquilla e silenziosa.

    Gli uccelli si lasciano trasportare dall’ambiente

    di pace e dormono già. Le loro sorelle, i fiori,

    è da molto che sognano. C’è un mondo che gira

    intorno, esteso, vario, con altri

    esseri che non riposano. Ma cala la sera

    e nel tuo giardino gli uccelli dormono, come i fiori,

    mentre l’oscurità espande il suo regno

    a costo della luce. Il tempo e lo spazio

    sono i miei complici oggi, per quanto mi scappi

    una furtiva lacrima, quasi donizettiana,

    che scivola fino a terra e la inumidisce un po’.

    E se tempo e spazio sono membri della mia tribù,

    è che il miracolo esiste, e ciò in questo crepuscolo

    con uccelli dormienti e fiori sognanti

    merita di essere ricordato attraverso questi versi

    che, come sempre, evocano un tempo e uno spazio:

    i nostri, amore mio.

    --

    (De El secreto del mago. XXXIII Premio de Poesía Jaime Gil de Biedma. Visor 2023)

  • POESIE CON TRADUAZIONE
    DI GUADALUPE GRANDE
    AGUIRRE

    data: 16/03/2024 22:38

    Guadalupe Grande Aguirre Testimone tragica di una storia famigliare e della sua esistenza stessa fino alla sua morte prematura.

    (Madrid, 30 maggio 1965- 2 gennaio 2021) è stata una poetessa, saggista e critica spagnola.

    Laureata in Antropologia Sociale presso l'Università Complutense di Madrid, era figlia dei poeti Francisca Aguirre e Félix Grande e nipote del pittore Lorenzo Aguirre.

     

    LA CENIZA

    Digo que no existe el olvido;

    hay muerte y sombras de lo vivo,

    hay naufragios y pálidos recuerdos,

    hay miedo e imprudencia

    y otra vez sombras y frío y piedra.

    Olvidar es sólo un ar1cio del sonido;

    tan sólo un perpetuo acabamiento que va

    de la carne a la piel y de la piel al hueso.

    Así como las palabras primero son de agua

    y luego de barro

    y después de piedra y de viento.

     

    LA CENERE

    Dico che l'oblio non esiste;

    c'è morte e ombra di ciò che è vivo,

    ci sono naufragi e pallidi ricordi,

    c'è paura e imprudenza

    e ancora ombre e freddo e pietra.

    Dimenticare è solo un artificio del suono;

    solo una perpetua fine che va

    dalla carne alla pelle e dalla pelle all'osso.

    Proprio come le parole che prima sono di acqua

    e poi di fango

    e poi di pietra e di vento.

    ---

    LETANÍA SIN NOSOTROS

    Es en este tiempo incierto, intacto,

    es en este instante desnudo,

    sin palabras, sin nosotros, tan sólo

    tendido suavemente en el olvido.

    Es bajo esta lluvia muda y ciega,

    esta lluvia sin nosotros,

    esta hora sin nosotros,

    esta agua sin sed.

    Es. Es sin siempre, es sin memoria,

    es sin llanto y sin risa,

    es sin miedo y sin gracias te sean dadas.

    Es, como si eso fuera poco,

    sin causa y sin remedio,

    a pesar nuestro,

    Y es, desde luego, sin calles ni avenidas,

    sin fuentes ni estaciones,

    sin la tristeza que da mirar el firmamento.

     

    LITANIA SENZA DI NOI

    È in questo tempo incerto, intatto,

    è in questo nudo istante,

    senza parole, senza di noi, semplicemente

    disteso soavemente nell'oblio.

    È sotto questa pioggia muta e cieca,

    questa pioggia senza di noi,

    quest'ora senza di noi,

    quest'acqua senza sete.

    È. È sempre senza, è senza memoria,

    è senza pianto e senza riso,

    è senza paura e senza grazie ti siano date.

    È, come se ciò fosse poco,

    senza causa e senza rimedio,

    malgrado noi.

    Ed è, indubbiamente, senza strade né viali,

    senza fontane né stagioni,

    senza la tristezza che fa guardare il firmamento.

     

                                                                  (El libro de Lilit)

    ---

    EN RELATIVO

    Que el mundo es imposible. Que las calles no pueden cabernos en el pecho.

    Que nada cabe en el hueco que le está destinado y así nos van las cosas.

    Que las hojas de los árboles siguen cayendo y el mar sigue diciendo una palabra que no

    podemos descifrar: una palabra en movimiento, una palabra en la que cabe el tiempo.

    Que estamos hechos de tiempo, pero no de mar.

    Que llevamos la cuenta del tiempo que vivimos, mareados, como si pudiéramos llevar las cuentas del mar.

    Que contamos la lluvia de los días y los pasos tartamudos de las horas.

    Que hacemos balance de minucias.

    Que se nos caen las palabras de la boca, sin entenderlas, como la nieve se aturde en el asfalto.

    Que confundimos la nieve con la sal, los relojes con la sangre, el pecho con un garaje, y

    nos consolamos creyendo que todo es relativo, como este pronombre.

     

    IN RELATIVO

    Che il mondo è impossibile. Che le strade non possono dimorare nel nostro petto.

    Che nulla sta nella cavità a cui è destinato ed è così che ci vanno le cose.

    Che le foglie degli alberi continuano a cadere e il mare continua a dire una parola che

    non possiamo decifrare: una parola in movimento, una parola in cui sta il tempo.

    Che siamo fatti di tempo, ma non di mare.

    Che teniamo il conto del tempo che viviamo, storditi, come se potessimo tenere il computo del mare.

    Che contiamo la pioggia dei giorni e i passi biascicanti delle ore.

    Che facciamo bilancio di minuzie.

    Che ci cadono le parole dalla bocca, senza capirle, così come la neve si stordisce sull'asfalto.

    Che confondiamo la neve con il sale, gli orologi con il sangue, la cassa con un garage, e

    ci consoliamo credendo che tutto sia relativo, come questo pronome.

     

    (La llave de niebla)

    ---

    ESTACIÓN DE CEREZOS

    Estación de cerezos... llueve, llueve, no para de llover. Se suceden los ciclos, se suceden las voces. Sesuceden las horas y las estaciones mientras el tren arranca la cosecha de estar lejos. Pero este   año   llueve,   este   año   llueve   demasiado,  dicen,  y   todo   son   adverbios y adjetivos y muy pocos verbos que llevarse a la boca.

    Hoy   llueve.   Desde   la   ventana   de   mi   casa   veo   una   hilera   de   cerezos   florecidos:palabras para los ojos que se quedarán mudas para el paladar. Nadie sabrá de esascerezas, nadie.

    Cruza el tren la estación de no saber y a pesar de todo, sobre todo a pesar de la incertidumbre, a pesar de las cerezas que no brotarán, a pesar del asfalto y graciasa la lluvia, los árboles florecen.

    Es esta mancha rosa contra el gris, son estas tempranas flores, empujadas por lamemoria   de   lo   que   no   sucederá,   quienes   nos   avisan   de   la   llegada   de   un   mayo náufrago al andén.

    Así las horas, así los días. Así los parques y los árboles urbanos. Así el mercado y nuestra   despensa,  así  la   lluvia   y   los   recuerdos.   Así   las   estaciones,   el  postre   y   el vagón  de  tercera  para   las  cerezas.  Así  la  lluvia  y la  memoria  entre  el   racimo  de cerezas que acabo  de  colocar  en el  frutero mientras el tren cruza  la estación de estar lejos y no saber.

     

    STAGIONE DI CILIEGIE

    ... piove, piove, non smette di piovere. Si susseguono i cicli, si susseguono le voci . Si susseguono le ore e le stagioni  mentre il treno strappa il raccolto dell'essere lontano. Ma quest'anno piove, quest'anno piove troppo, dicono, e sono tutti avverbi e aggettivi e pochissimi verbi da mettere in bocca.

     

    Oggi piove. Dalla finestra di casa mia vedo una fila di ciliegi fioriti: parole per gli occhi che resteranno mute al palato. Nessuno saprà di quelle ciliegie, nessuno.

    Attraversa il treno la stagione del non sapere e nonostante tutto, soprattutto, nonostante l'incertezza, nonostante le ciliegie che non germoglieranno, nonostante l'asfalto e grazie alla pioggia, gli alberi fioriscono.

     

    È questa macchia rosa contro il grigio, sono questi fiori prematuri, spinti dalla memoria di ciò che non accadrà, che ci avvertono dell'arrivo di un maggio naufrago ambiguo.

     

    Così le ore, così i giorni. Così i parchi e gli alberi urbani. Così il mercato e la nostra dispensa, così la pioggia e i ricordi. Così le stagioni, il frutto e il vagone di terza classe per le ciliegie. Così la pioggia e la memoria in mezzo al grappolo di ciliegie che ho appena messo nella fruttiera mentre il treno attraversa la stagione dell'essere lontano e del non sapere.

                                                                                                                                                                                              (La llave de niebla)

    ---

    OFICIO DE CRISÁLIDA

    Durante un tiempo estuve muerta:

    hubo hambre y cansancio,

    y el sonido del mar y el aroma de los alimentos

    y la luz de la vida poblándose, reuniéndose;

    pero algo estuvo muerto.

     

    (nada existe más allá del instante

    nada germina           nada surge

    las horas pasan sin hacer ruido

    niebla que empaña cuanto toca)

     

    Fue imposible rastrear los pasos en el tapiz

    y ni siquiera hubo obstinación,

    pues lo primero que un muerto pierde es la memoria;

    comencé a olvidar sin ningún plan ni itinerario

    y no hubo signo premonitorio

    que advirtiera la llegada de esa calamidad.

     

    (acariciaste mi sombra afanosamente         amor

    pero entonces ya estaba muerta

    hilachas de deseo en la piel y espuma muerta en la boca

    que estar muerto es triste y dura mucho e indigna a quien lo presencia)

     

    Durante un tiempo estuve muerta

    como una crisálida guardada en una caja de cartón,

    detenida en el umbral, olvidada del gusano y de la mariposa.

    Instante perpetuo, cómo duele despertar de tu sosegada indiferencia,

    de tu dócil y atónita bondad.

     

    MESTIERE DI CRISALIDE

    Ci fu un tempo in cui ero morta:

    c'era fame e stanchezza,

    e il rumore del mare e l'aroma degli alimenti

    e la luce della vita che si popolava, raccogliendosi;

    ma qualcosa era morto.

     

    (nulla esiste oltre l'istante

    nulla germoglia      nulla sorge

    le ore passano senza far rumore

    nebbia che appanna tutto ciò che tocca)

     

    Era impossibile tracciare i passi sul tappeto

    e non c'era neanche ostinazione,

    perché la prima cosa che perde un morto è la memoria;

    iniziai a dimenticare senza alcun piano né itinerario

    e non c'era alcun segno premonitore

    che avvertisse l'arrivo di quella calamità.

     

    (accarezzasti la mia ombra con affanno      amore

    ma allora ero già morta

    brandelli di desiderio sulla pelle e schiuma morta sulla bocca

    l'essere morti è triste e dura a lungo e indigna chi ne è presente)

     

    Ci fu un tempo in cui ero morta

    come una crisalide conservata in una scatola di cartone,

    prigioniera sulla soglia, dimenticata dal verme e dalla farfalla.

    Istante perpetuo, quanto fa male svegliarsi dalla tua calma indifferenza,

    dalla tua docile e attonita bontà.

                                                   (El libro de Lilit)

    ---

    GATAS PARIENDO

    Así escuchas las cosas de tu vida como el maullido de un gato al fondo del jardín

     

    Te despiertas de madrugada y oyes al fondo muy al fondo ese remoto maullido de gato

      recién nacido

     

    Y un verano y luego otro y otro más hasta llegar a esta noche

     

    al fondo del jardín   al fondo

     

    Así escuchas las cosas de tu vida así escuchas las cosas del mundo 

                a oscuras        de noche    palpando el susto de no entender o el de no

    querer hacerlo

     

    y ese gato no para de maullar y es una pequeña herida no sabes

        de qué no sabes de quién pero ahí está insistiendo clamando de hambre y noche al

        borde del peligro al borde del abismo al borde del jardín Un coche

    un faro luego nada

     

    Y continuarán los maullidos más obcecados que tú y si no al tiempo al próximo verano

       hasta la próxima canícula sonido desvalido como una onomatopeya tan poco lírica que no la puedes escribir

     

    Qué pensaría nadie y quién es nadie al leer esa onomatopeya tan líricamente escrita

      tan ridículamente sonora tan de viñeta de posguerra

     

    pero suena suena cada noche

     

    y tú para bordear la herida dices que así empezó todo con una onomatopeya con un

      sonido tan innombrable como ahora el insistente aullido del gato recién nacido convocándote a dónde pidiéndote qué

     

    O quizá algo peor tal vez nada te convoque y tan solo te despiertas en medio de la

       noche para ser el precario testigo que no puede traducir una onomatopeya Eso te

       dices para bordear la herida

     

    Escuchas el maullido del gato Has visto un hombre sin brazos al borde de la limosna

      has rozado la pierna perdida del animal en el pantalón doblado sobre el muslo has

      comprendido que la muerte es un ramo de rosas de plástico atado a un farol

    y te has preguntado qué palabra no es una onomatopeya indescifrable una

       persecución en la sombra

     

    Un verano y otro al fondo de la vida al fondo del jardín al fondo del sonido

     

    Y las gatas siguen pariendo sin parar y paren onomatopeyas que al fondo del jardín

       resuenan como las tablas de la ley.

     

     

    GATTE PARTORENDO

    Così senti le cose della tua vita come il miagolio di un gatto in fondo al giardino

     

    Ti svegli all’alba e senti in fondo molto in fondo quel remoto miagolio di gatto

       appena nato

     

    E un’estate e poi un’altra e un’altra ancora fino ad arrivare a questa notte

     

    in fondo al giardino   in fondo

     

    Così senti le cose della tua vita così senti le cose del mondo

          al buio    di notte    palpando la paura di non capire o il non

    volerlo fare

     

    E quel gatto non smette di miagolare ed è una piccola ferita non sai di cosa non sai di chi

    ma è lì che insiste a piangere di fame e notte sul bordo del pericolo

    sul bordo dell’abisso sul bordo del giardino Una macchina un faro poi nulla

     

    E continueranno i miagolii più accecati di te e poi vedremo alla prossima estate

       fino alla prossima canicola rumore disarmante come un’onomatopea così poco lirica

       che non la puoi scrivere

     

    Cosa penserebbe nessuno e chi è nessuno al leggere quell’onomatopea così liricamente scritta

        così ridicolmente sonora da vignetta del dopoguerra

     

    ma suona suona ogni notte

     

    e tu per lambire la ferita dici che così cominciò tutto con un’onomatopea con un

       suono tanto innominabile come ora l’insistente miagolio del gatto appena nato

       che ti chiama dove che ti chiede cosa

     

    O chissà qualcosa di peggio forse nulla ti chiama e ti risvegli solamente nel mezzo della

       notte per essere il precario testimone che non può tradurre un’onomatopea Questo ti

       dici per lambire la ferita

     

    Senti il miagolio del gatto Hai visto un uomo senza braccia sull’orlo dell’elemosina

       hai sfiorato la gamba perduta dell’animale nei pantaloni ripiegati sulla coscia

       hai compreso che la morte è un ramo di rose di plastica legato a un lampione

    e ti sei chiesto quale parola non sia un’onomatopea indecifrabile, una

       persecuzione nell’ombra

     

    Una estate e un’altra in fondo alla vita in fondo al giardino in fondo al rumore

     

    E le gatte continuano a partorire senza smettere e partoriscono onomatopee che in fondo al giardino

       riecheggiano come le tavole della legge.

     

                                                                        (Hotel para erizos)

     

  • SULLA POESIA DI
    LUIS MIGUEL RABANAL

    data: 06/03/2024 23:43

    La poesia, la parola, la bellezza scelta, come un vento assopito, erode paesaggi, e nello stesso tempo li riscopre, li riempie di sabbia (" Io scrivo da un altro mondo alieno,/quello delle immaginazioni impossibili. / Dietro quest'orologio si nasconde / anche il freddo"). Quell'enunciazione è il palato della memoria, ma anche il suo falsario e corruttibile veleno. La poesia è capace di cullarsi in un passato quasi sempre ambiguo, anche se è un inganno che recupera i bar, il fumo, il gin e il sesso. È una parola seminale e generatrice, il cui potere salvifico, e perciò maledetto, si sostituisce al fatto, lo “avvolge”…

                                                                                                                           Andrés Gonzáles

    HABÍAN COLOCADO SUS MANOS 

    Habían colocado sus manos

    sobre el fuego y no tenían prisa.

    A alaridos nos llamaban desde su sensatez

    y era hermosa esa luz que vaticinaba

    en nosotros momentos de amor,

    abreviaturas de la dicha,

    incluso obscenas deserciones

    que nos conducirían a la muerte.

    Detrás de ellos llegaba la extrañeza

    como un tapir rotundo.

    De repente pretendíamos vivir.

     

    AVEVANO MESSO LE LORO MANI

    Avevano messo le loro mani

    sul fuoco e non avevano fretta.

    Ci chiamavano urlando dalla loro sensatezza

    ed era bellissima quella luce che vaticinava

    in noi tormenti di amore,

    abbreviazioni della gioia,

    anche oscene diserzioni

    che ci avrebbero condotto alla morte.

    Dietro di loro arrivava la stranezza

    come un tapiro rotondo.

    All'improvviso pretendevamo di vivere.

     ---

     CENIZAS

    También nos ha ocurrido un día que el temor atenaza

    el cuerpo que fue nuestro y nos ponemos

    bobos al averiguar

    que la realidad nos contempla desde portones cálidos. 

    De tal modo es la fortuna de quien sonríe en su lecho

    mientras se frota los ojos para comprobar

    que le pertenecen y se esparce por el mundo su ceniza.

    Igual que si hubiese muerto ayer en el borde del pantano,

    al querer ser testigo mudo de su voz cuando contaba

    que el dolor posee un rostro hermoso si no es a ti

    al que zarandea el muy memo, árbol en ascuas frente

    al observador de la experiencia, si no nos toca con su garfio

    frío y nos amedrenta sin ninguna fogosidad

    en sus palabras.

    Él está cansado de olvidarse

    y reaparece en su cuarto la jauría que hemos visto

    hincada en las arterias de su cuello de noche,

    cuando las estrellas son simplemente estrellas y la arcada

    sucede, y la sangre circunscribe su pasatiempo ineficaz

    que es hacer desaparecer

    con discreción los días.

    Seguro que habrá un martes sin pesar, o él ignora

    cómo son los minutos que siguen al daño impertinente

    que cree haber sentido en el fondo desigual de su cerebro,

    una y otra vez, como los caballos retumban

    desde la edad que él apenas si consiente haber vivido.

    Nadie llama en esa puerta que ahora mismo se entreabre.

     Se está bien aquí anotando la remota entelequia

    de un náufrago amigo sobre el cuaderno negro y ajado.

    Si a ella, por lo menos, le apeteciese venir a socorrer

    con su cuerpo a este cuerpo extinguido que desearía

    sobrevivir, un día más,

    en la mañana.

    CENERE

    È capitato anche a noi un giorno che il timore attanagliasse

    il corpo che fu nostro e divenissimo

    ottusi scoprendo

    che la realtà ci contempla da tiepidi portoni. 

    Siffatta è la fortuna di chi sorride nel suo letto

    mentre si strofina gli occhi per comprovare

    che gli appartengono e si sparga per il mondo la sua cenere.

    Proprio come se fosse morto ieri sul ciglio della palude,

    volendo essere testimone muto della sua voce quando raccontava

    che il dolore possiede

    un volto bellissimo se non sei tu

    colui che è scosso dallo stolto, albero in fiamme davanti

    all'osservatore dell'esperienza, se non ci tocca col suo uncino

    freddo e non ci atterrisce senza alcuna foga

    nelle sue parole.

    Lui è stanco di dimenticare

    e riappare nella sua stanza il branco che abbiamo visto

    inginocchiato nelle arterie del suo collo di notte,

    quando le stelle sono semplicemente stelle e il conato

    giunge, e il sangue circoscrive il suo passatempo inefficace

    di far scomparire

    con discrezione i giorni.

     Sicuramente ci sarà un martedì senza rammarico, o lui ignora

    come sono i minuti che susseguono il danno impertinente

    che crede di aver sentito nel fondo disuguale del suo cervello,

    una e più volte, così come riecheggiano i cavalli

    dall'età che a stento ammette di aver vissuto.

    Nessuno bussa a quella porta che proprio ora si dischiude.

    Si sta bene qui ad annotare la remota entelechia

    di un amico naufrago sul quaderno nero e sciupato.

    Se lei, almeno, avesse voglia di venire in soccorso

    col suo corpo a questo corpo estinto che vorrebbe

    sopravvivere, un  giorno ancora,

    di mattina.

    ---

    POEMA PARA MÍSTICAS Y MÍSTICOS

    Si fue o no el invierno con su nieve

    irrespetuosa e inabarcable, ya no lo recuerdo.

    Si creciste en el reproche de los días cortos

    donde nadie se esforzaba por explicarte el mundo

    y sus carabinas de madera, qué culpa tengo yo

    de tu fracaso.

    Obra en tu poder hoy la sonrisa

    del que ha sido golpeado dos y tres veces

    y se enamora perdidamente de su verdugo dulce

    y es simple el pretexto que acobarda.

    En aquel camino sobrevivió tu soledad

    espoleada por alguien que jamás chocó tus manos,

    al igual que tú víctima del frío, y equivocaste

    su aliento con la hediondez de los lobos

    que se comen a los niños malos.  

    De cuanto huye, de cuanto duele

    en el penúltimo anochecer, de las migajas

    del tiempo, nos queda la razón

    de haber soñado mucho con mujeres hermosas

    y guerreros azules que sin duda vendrían

    a arrasar la infancia,

    ese cojo carromato repleto de castigos

    tirado por un viejo león y un dromedario

    infame.

    Debes sonrojarte cuando recuerdes

    quién fue el vasallo y quién el gilipollas.

    Solamente esto es la vida: pronosticar mejor

    o peor la calentura.

     

    POESIA PER MISTICHE E MISTICI

    Se è stato o meno l'inverno con la sua neve

    irrispettosa e smisurata, non lo ricordo più.

    Se sei cresciuto nella recriminazione dei giorni brevi

    dove nessuno si sforzava di spiegarti il ​​mondo

    e le sue carabine di legno, quale colpa ho io

    del tuo fallimento.

    Opera in tuo potere oggi il sorriso

    di colui che è stato colpito due e tre volte

    e si innamora perdutamente del suo dolce carnefice

    ed è semplice il pretesto che intimorisce. 

    Su quella strada è sopravvissuta la tua solitudine

    pungolata da chi non ha mai urtato le tue mani,

    come te vittima del freddo, e hai equivocato

    il suo respiro con il lezzo dei lupi

    che mangiano i bambini cattivi.

    Da quanto fugge, da quanto duole

    nel penultimo imbrunire, dalle briciole

    del tempo, ci rimane la ragione

    di aver sognato a lungo con donne bellissime

    e guerrieri blu che senza dubbio sarebbero venuti

    a distruggere l'infanzia,

    quel carriaggio zoppo stracolmo di castighi

    trainato da un vecchio leone e da un dromedario

    infame.

    Dovresti arrossire nel ricordare

    chi era il vassallo e chi era il minchione.

    Soltanto questo è la vita: pronosticare meglio

    o peggio l'eccitazione.

    ---

    DE LOS EXTRAÑOS

    I

    No es difícil advertir en el hombre recostado

    un río profundo que surca su memoria y lo traslada

    al tiempo sin fatigas que alguna vez sufrió en su carne,

    como un estrépito.

    Es el atardecer quien padece su fiereza y es la huida

    que culmina en un escondite del paisaje

    de su edad devastada.

    Reconoce a quien tras las moreras vaticina su mal,

    se dan las buenas tardes y sonríe por la incrédula

    mano mugrienta del niño que hoy no puede ser

    amigo suyo.

    Hay vencejos dementes que gritan de contento a su lado

    y se diría que es tarde y que la vida se nos simboliza

    tortuosa, pero también magnánima.

    Importa conocer su celebración de lo diverso

    y no tanto su manía de hacerse ensordecer por los globos

    añiles del poniente, y no tanto su desenvoltura

    de individuo que ha sido abordado por el daño

    escrupuloso, el de haber vivido muy secretamente

    la soledad con el tedio aromatizado

    en las noches de hierbabuena y escarcha.

    No basta con nombrar su pasado de muchacho

    que duerme en el duro borde del alcohol

    sin apenas quererlo.

    Que nos diga quién fue, como si el lamentarlo

    nos transportase a otro mundo cruel y no por ello

    más definitivo.

    II

    Se parece a los inviernos, con su voz de trapo ronca

    y la paciencia indescriptible del anciano.

    Al dormirse le cierran la ventana para que no sueñe

    con el frío y se ovilla lo mismo que el cobarde cuando dan

    la hora, la del principio de todo.

    La más maravillosa y la más triste.

    DEGLI ESTRANEI

    I

    Non è difficile avvertire nell'uomo coricato

    un fiume profondo che solca la sua memoria e lo trasporta

    al tempo senza fatiche che un dì patì nella sua carne,

    come uno strepito.

    È il tramonto che soffre la sua spietatezza ed è la fuga

    che culmina in un nascondiglio del paesaggio

    della sua età devastata.

    Riconosce chi dietro i gelsi predice il suo male,

    si dicono buona sera e sorride per l'incredula

    mano sudicia del bambino che oggi non può essere

    suo amico.

    Ci sono rondoni dementi che gridano di felicità accanto a lui

    e si direbbe che questa sera, che la vita ci viene simboleggiata

    in modo tortuoso, ma anche magnanimo.

    Importa conoscere la sua celebrazione di ciò che è diverso

    e non tanto della sua mania di farsi stordire dai palloni

    indaco del ponente, e non tanto della sua disinvoltura

    di persona che è stata urtata dal danno

    scrupoloso, quello di aver vissuto molto segretamente

    la solitudine col tedio aromatizzato

    nelle notti di menta e di brina.

    Non basta non nominare il suo passato da ragazzo

    che dorme sul bordo duro dell'alcol

    senza neanche desiderarlo.

    Che ci dica chi è stato, come se il dispiacersi

    ci trasportasse in un altro mondo crudele e non per questo

    più definitivo.

     II

    Somiglia agli inverni, con la sua voce di straccio rauca

    e la pazienza indescrivibile dell'anziano.

    Quando si addormenta gli chiudono la finestra affinché non sogni

    col freddo e si raggomitola come il codardo quando scandisce

    l'ora, quella del principio di tutto.

    La più meravigliosa e la più triste.

    ---

    LA CASA VIEJA

    Se escuchan pisadas en nuestro corazón

    y es un hombre que llega cansado

    y que se ofrece para cualquier apuro.

    A cambio de comida emborronará la inocencia

    y desde un cuarto lóbrego, frente a un vaso

    de algo, nos contará historias

    de días ajenos e impasibles,

    igual que la ternura: un delito estremecedor

    o una vaga memoria que informe de personas

    que amamos y no están ya junto a nosotros

    por no saberse singulares,

    un verano de felices fracturas de tobillo

    o un verdugo que mordió la niebla para siempre.

    Sería preciso recordar eso que narra

    la pesadumbre como si fuera un eco oxidado

    y mustio que nos da su ánimo,

    que ve en nuestros ojos el inútil privilegio

    con el que queremos volver a la casa vieja,

    allí donde se hace feroz el paso del tiempo

    caudaloso y hemos naufragado tantas veces.

    Y al fin se marcha el hombre a picar

    a otras puertas, calcinadas

    también por la lluvia, abiertas de par en par

    para que nadie se adentre en el secreto.

    Éramos pequeños y se nos mostraba

    la envoltura, la azul apariencia de las cosas.

    Ningún misterio más

    que el de no haberlo comprendido. 

    LA VECCHIA CASA

    Si sentono passi nel nostro cuore

    ed è un uomo che arriva stanco

    e che si propone per qualsiasi necessità.

    In cambio di cibo, scarabocchierà l’innocenza

    e da una stanza lugubre, davanti a un bicchiere

    di qualcosa, ci racconterà storie

    di giorni estranei e impassibili,

    come la tenerezza: un delitto sconvolgente

    oppure un vago ricordo che riferisca di persone

    che abbiamo amato e non sono più accanto a noi

    per non sapere di essere singolari,

    un'estate di felici fratture alla caviglia

    o un aguzzino che ha morso la nebbia per sempre.

    Sarebbe opportuno ricordare ciò che racconta

    il dispiacere come se fosse un'eco arrugginita

    e triste che ci dà il suo incoraggiamento,

    che vede nei nostri occhi l'inutile privilegio

    con cui vogliamo ritornare alla vecchia casa,

    lì dove si fa feroce il trascorrere del tempo

    fecondo e siamo naufragati tante volte.

    E alla fine l'uomo se ne va a spilluzzicare

    ad altre porte, calcinate

    anche dalla pioggia, sbarrate

    affinché nessuno si addentri nel segreto.

    Eravamo piccoli e ci veniva mostrato

    l'involucro, l'apparenza azzurra delle cose.

    Nessun altro mistero

    oltre a quello di non averlo capito.

    ---

    ESQUINAS

    Era, sin dudarlo, el lugar más hermoso.

    Donde se guardaban las cosas inservibles

    y el tiempo con musgo.

    Crecía sordamente sin cesar allí la nostalgia

    sin nadie notarlo, ese perfume ajado de materia

    que resbala entre las hojas frescas de junio,

    ese rostro presuntamente amado que ahogó la lluvia.

    En algún atardecer se acercó a espiar las caderas

    ensambladas y a los jóvenes profiriendo ultrajes

    y serias advertencias de muerte.

    Daba igual, si él quisiera pondría un nombre

    exacto a cada cosa, colgaría su abrigo de un cerezo

    leñoso y escribiría en el árbol con suma congoja

    palabras que dislocasen tan bien lo invocado, Obdulia

    y sus novios, y su amor desgraciado.

    O no bastaba la remota escritura.

    Si regresó a lo umbrío y golpeó con su puño

    porque fuera verdad ese dislate de la vida.

    Tantos años hoy para no gritar que se vaya.

     ANGOLI

    Era, senza dubbio, il posto più bello.

    dove si custodivano le cose inservibili

    e il tempo col muschio.

    Lì cresceva cupamente e incessante la nostalgia

    nessuno se ne accorgeva, quel profumo appassito di materia

    che scivola tra le fresche foglie di giugno,

    quel volto presumibilmente amato che la pioggia ha annegato.

    Una sera si avvicinò a spiare i fianchi

    assemblati e ai giovani proferendo ingiurie

    e gravi avvertenze di morte.

    Non aveva importanza, se lui avesse voluto avrebbe dato un nome

    esattamente a ogni cosa, avrebbe appeso il suo cappotto a un ciliegio

    legnoso e avrebbe scritto sull'albero con grande angoscia

    parole che travisassero così bene quanto invocato, Obdulia

    e i suoi fidanzati, e il suo amore disgraziato.

    Oppure la remota scrittura non bastava.

    Se è tornato nella cupezza e ha colpito col pugno

    affinché fosse vero quello sproposito della vita.

    Tanti anni oggi per non gridare di andarsene.

  • JAVIER SÁNCHEZ MENÉNDEZ
    E LE SUE RIFLESSIONI
    SULLA VITA E LA POESIA

    data: 31/12/2023 18:15

    Javier Sánchez Menéndez (1964) è un poeta, saggista ed editore spagnolo. Sia la sua poesia che la sua prosa (tutta prosa poetica) costituiscono una costante riflessione sulla vita e sulla sua più alta forma di espressione e dignità: la poesia. Pertanto, tutto il suo lavoro è considerato poetico.

    Javier Sánchez Menéndez (1964) es un poeta, ensayista y editor español. Tanto su poesía como su prosa (prosa poética toda ella), constituyen una reflexión constante sobre la vida y sobre su más alta forma de expresión y de dignificación: la poesía. Por lo cual toda su obra está considerada como íntegramente poética.

    AYÚDAME A MORIR UN POCO SOLAMENTE

    Y ahora 

    que he perdido a dios 

    y a la mujer que más quiero, 

    y he arrojado mis huesos ante la vía de un tren 

    equivocado, 

    y he bebido mis noches en la acera, 

    y los días, mis días, 

    han secado los llantos de las palomas hembras; 

    ahora, 

    qué me decís del hombre 

    sino el pulso vital de su cansancio, 

    sin otra cosa que imaginar y recordar, 

    qué me decís del hombre.

     

    AIUTAMI A MORIRE SOLTANTO UN PO’

    E ora

    che ho perso dio

    e la donna che più amo,

    e ho gettato le mie ossa sulla via di un treno

    sbagliato,

    e ho bevuto le mie notti sul marciapiede,

    e i giorni, i miei giorni,

    hanno asciugato il pianto delle colombe;

    ora,

    cosa mi dici dell’uomo

    se non il battito vitale della sua stanchezza,

    senza un’altra cosa da immaginare e ricordare

    cosa mi dici dell’uomo?

    ---

    EL JARDÍN ENTRE LA NIEBLA DE LA MAÑANA

    El jardín entre la niebla de la mañana

    parece algo más que un jardín

    porque estás tú

    que no eres una sombra,

    no emerges de los árboles

    ni de los rascacielos.

     

    IL GIARDINI NELLA NEBBIA DEL MATTINO

    Il giardino nella nebbia del mattino

    sembra più di un giardino

    perché ci sei tu 

    che non sei un’ombra,

    non emergi dagli alberi

    né dei grattacieli.

    ---

    EN GALIA NARBONENSE

    Vindex, 68 d.C., en Galia Narbonense

    Galba puede morir tras la sublevación.

    El cielo era el espejo del aire tras el monte,

    la noche de Nerón era otra Roma.

    Y pude estar junto a ti.

    La esfera se hizo Bética en sus claros

    y la noche tembló de malestar por nuestro encuentro.

    Confíscame los bienes —repetías—,

    y yo no firmo autógrafos ante cuatro legiones,

    era la séptima y alguna otra del norte.

    Parece que el Danubio es el protagonista,

    un pasillo de césped te aguardaba,

    y sobre el suelo franco estuve sometido

    pensando en tu coraza, en tu caballo blanco

    que apareció de pronto con aquel cuerpo herido

    sobre el lomo cansado y frágil de la muerte.

    No quise adivinar que era tu imagen.

     

    NELLA GALLIA NARBORENSE 

    Vindex, 68 d.C, in Gallia Narbonense

    Galba può morire dopo la ribellione.

    Il cielo era lo specchio dell’aria dietro il monte,

    la notte di Nerone era un’altra Roma.

    E ho potuto stare accanto a te.

    La sfera divenne Betica nelle sue radure

    e la notte tremò di malessere per il nostro incontro.

    Confiscami i beni - ripetevi -,

    e io non firmo autografi dinanzi a quattro legioni,

    era la settima e qualche altra del nord.

    Sembra che il Danubio sia il protagonista,

    un sentiero di erba ti aspettava,

    e in suolo franco fui sottomesso

    pensando alla tua corazza, al tuo cavallo bianco

    che apparve all’improvviso con quel corpo ferito

    sul dorso stanco e fragile della morte.

    Non ho voluto indovinare se fosse la tua immagine.

    ---

    SIN QUE VENGA LA NIEBLA

    Quiero que sepas, por encima de todo,

    que no entiendo el sentido de este amor:

    las noches frías de un invierno enclaustrado

    o el calor agobiante de estas tardes

    cuando paseo y recuerdo los lugares que anduvimos juntos.

    La mañana con viento en el Alcázar

    y tu falda volaba como lo hacen las hojas de los sauces.

    Quiero que sepas, si no es mucha molestia,

    que te echo de menos:

    tus risas, tus cabellos, tus detalles pendientes de un hilo,

    aquel abrazo lento y fugitivo en la esquina del parque

    con un te quiero mucho y una lágrima.

    Recuerdos que tus pasos en la acera

    iban dejando sombras, y hasta melancolía,

    porque no es posible querer y ser querido

    sin que venga la niebla

    y difumine entonces tus risas, tus cabellos,

    y ese quiero que sepas que te quiero.

     

    SENZA CHE GIUNGA LA NEBBIA

    Voglio che tu sappia, sopra ogni cosa,

    che non capisco il senso di questo amore:

    le fredde notti di un inverno di clausura

    o il caldo opprimente di queste sere

    mentre passeggio e ricordo, i luoghi in cui siamo stati insieme.

    La mattina di vento nell’Alcazar

    e la tua gonna volava come le foglie dei salici.

    Voglio che tu sappia, se non è troppo disturbo,

    che mi manchi:

    le tue risate, i tuoi capelli, i tuoi dettagli vigili a un filo,

    quell’abbraccio lento e sfuggente all’angolo del parco

    con un ti amo e una lacrima.

    Ricordi che i tuoi passi sul marciapiede

    man mano lasciavano ombre, e persino malinconia,

    perché non è possibile amare ed essere amati

    senza che giunga la nebbia

    e dissolva poi le tue risate, i tuoi capelli,

    e quel voglio che tu sappia che ti amo.

    ---

    INFANCIA

    He querido ser sombra nueve veces,

    he aprendido del gato a dominar

    la muerte y su pureza, a ser desgracia,

    a sentirme infantil: un episodio de hombres

    y dragones. Hoy solo el sol socorre

    el pensamiento. Si morir fuera cierto,

    hay un sueño azulado que repite los cantos,

    los recuerdos, los libros y el pupitre,

    la sonrisa en el rostro, los zapatos

    manchados de tierra dejando huellas

    en el salón, en la cocina, los restos

    de un trabajo o un descubrimiento.

    Han muerto ya los árboles, las nubes,

    las estrellas, los pájaros.

    ¡Si morir fuera cierto!

     

    INFANZIA

    Ho voluto essere ombra nove volte,

    ho imparato dal gatto a dominare

    la morte e la sua purezza, ad essere disgrazia,

    a sentirmi infantile: un episodio di uomini

    e draghi. Oggi solo il sole assiste

    il pensiero. Se morire fosse vero,

    c’è un sogno azzurro che ripete i canti,

    i ricordi, i libri e la scrivania,

    il sorriso sul volto, le scarpe

    macchiate di terra che lasciavano impronte

    nel salone, in cucina, i resti

    di un lavoro o di una scoperta.

    Sono già morti gli alberi, le nuvole, 

    le stelle, gli uccelli.

    Se morire fosse vero!

    ---

    GIACOMO CASANOVA

    Quiero ser un dios vivo

    muy sensible a la luz

    que con sus rayos

    domina infatigable los días,

    los astros, los encuentros de marzo

    con la lluvia y las nubes.

    La tierra es misteriosa y el sol

    desciende entre la niebla

    en este atardecer tan solitario.

    En marzo te busqué por las orillas,

    por los patios de rosas perfumadas,

    por las cuestas e iglesias de los pueblos.

    Tuve que esperar mucho,

    que llegaran las tardes, las noches,

    demorar el silencio de las almas

    y palpar con mis manos

     

    ese blanco detalle que presentan los muros.

    Solo la cal en piedra es un adorno,

    no contiene ruinas ni secretos;

    ella se muestra pura.

    Van cantando los pinos a sus troncos,

    las jaras en la tarde eran tus ojos

    que se ocultaban con el día.

    Yo lloré por tu rostro,

    por el ángel que tienes en ti misma,

    por esa indiferencia de tus manos

    que se apagan en marzo como nadie.

    Ahora la lluvia roza los cristales,

    llama –como la luna blanca–

    antes que el tiempo acabe,

    antes que la sonrisa apagada que posees

    se detenga en las calles

    que no reconocimos,

    antes de que una mano de amor

    consuele la amargura de mi llanto.

    Chopin, El Veronés, las carreras de Ascot,

    son el cielo que contemplo;

    vuelan pájaros camino de la luz,

    la sombra.   

                      Solo tu amor y el agua.

     

    GIACOMO CASANOVA

    Voglio essere un dio vivente

    molto sensibile alla luce

    che con i suoi raggi

    instancabile domina i giorni,

    gli astri, gli incontri di marzo

    con la pioggia e le nuvole.

    La terra è misteriosa e il sole

    cala nella nebbia

    in questo imbrunire così solitario.

    A marzo ti ho cercata lungo le rive,

    nei cortili di rose profumate,

    lungo i pendii e le chiese dei paesi.

    Ho dovuto aspettare molto,

    che arrivassero le sere, le notti,

    ritardare il silenzio delle anime

    e palpare con le mie mani

    quel bianco dettaglio che presentano i muri.

    Solo la calce sulla pietra è un ornamento,

    non contiene rovine né segreti;

    essa si mostra pura.

    I pini van cantando ai loro tronchi,

    i cisti di sera erano i tuoi occhi

    che si nascondevano col giorno.

    Ho pianto per il tuo volto

    per l’angelo che hai in te stessa,

    per quell’indifferenza delle tue mani

    che si spengono a marzo come nessuno.

    Ora la pioggia sfiora i cristalli,

    chiama - come la luna bianca -

    prima che finisca il tempo,

    prima che lo spento sorriso che hai

    si fermi nelle strade

    che non abbiamo riconosciuto,

    prima che una mano d’amore

    consoli l’amarezza del mio pianto.

    Chopin, il Veronese, le corse di Ascot,

    sono il cielo che contemplo;

    volano uccelli sentiero della luce,

    l’ombra.

                      Solo il tuo amore e l’acqua.

    (Del libro También vivir precisa de epitafio. Antología poética -1983-2017- Chamán Ediciones.

    Albacete 2018)

    ---

    PERMANENCIA

    Es la poesía lo que llena la vida del poeta las veinticuatro horas del día, el alimento que crece y vuela como el pájaro. Y no se escribe para nadie aunque son los lectores los dueños de las obras, aunque sigan teorizando los otros y justificando su propia impotencia. Hay poco tiempo y la mudez avisa, debemos prepararnos, la llamada se repite en el centro de su propia cabeza, ese bosque del yo en el nosotros. 

    El laberinto, a pesar del disponer de una coqueta entrada  es un círculo cerrado, la estancia del silencio, la mansedumbre de la soledad. Es la permanencia, siempre es la permanencia. Perseverar en la constancia, habitando  el secreto, en la casa de la separación. Sí, es la permanencia. ¿Y quiénes son los otros?

     

    PERMANENZA

    È la poesia che riempie la vita del poeta ventiquattro ore al giorno, l’alimento che cresce e vola come l’uccello. E non si scrive per nessuno, benché siano i lettori i padroni delle opere, nonostante gli altri continuino a teorizzare e a giustificare la propria impotenza. C’è poco tempo e il mutismo avverte, dobbiamo prepararci, la chiamata si ripete al centro della propria testa, quel bosco dell’io nel noi.

    Il labirinto, nonostante disponga di un’entrata civettuola, è un cerchio chiuso, l’alloggio del silenzio, l’arrendevolezza della solitudine. È la permanenza, è sempre la permanenza. Perseverare nella costanza, vivendo il segreto, nella casa della separazione. Sì, è la permanenza. E chi sono gli altri?

    ---

    HE PARTIDO TU CARA EN MIL PEDAZOS

    He partido tu cara en mil pedazos

    y he contemplado en el suelo

    los trozos de una vida,

                                             un recuerdo.

    He tomado en tu ausencia tu letra como sueño

    y he navegado atónito

    dentro de cualquier río

    que atente a tu presencia

    cargada de ilusión, junto a unos papeles,

    sentado en una silla.

     

    HO FRANTUMATO LA TUA FACCIA IN MILLE PEZZI

    Ho frantumato la tua faccia in mille pezzi

    e ho contemplato sul pavimento

    i pezzi di una vita,

                                              un ricordo.

    Ho preso nella tua assenza la tua parola come sogno  

    e ho navigato attonito

    in qualsiasi fiume

    che minacci la tua presenza

    carica di illusioni, accanto ad alcune carte,

    seduto su una sedia.

    ---

    NUNCA SE PIERDE LA ESPERANZA

    Nunca se pierde la esperanza hasta que por sí sola    

                         [y sin llamarla te dice que ya ha muerto.

    Y me llamó una tarde de domingo,

    era en el mes de mayo,

    marcaba la esperanza con el dedo

    y la perdía en el hilo telefónico.

    Lo que a ella llegaba eran palabras

    un poco averiadas y sin línea,

    porque el oportunismo de un instante

    parece estremecer lo más sencillo,

    y lo sencillo de una insinuación es siempre negativo,

    es no tener más ganas

    o tal vez apetencias.

    Me he preguntado a veces desde entonces

    si no marqué otro número distinto,

    y si la voz aquella de mujer que respondía

    era mi amor o era una vivienda

    que no cansaba nunca de negarme,

    porque estaba fijando libremente su mirada

    y sentía obligación de vacaciones

    o de estar sin más comunicando.

     

    NON SI PERDE MAI LA SPERANZA

    Non si perde mai la speranza finché lei da sola

                         [e senza chiamarla ti dice che è già morta.

    E mi ha chiamato una sera di domenica,

    era il mese di maggio,

    componevo la speranza col dito

    e la perdevo nel filo telefonico.

    Ciò che a lei giungeva erano parole

    un po’ alterate e senza linea,

    perché l’opportunismo di un istante

    sembra scuotere ciò che è più semplice,

    e la semplicità di un’insinuazione è sempre negativa,

    è non avere più desiderio

    o forse appetito.

    Mi sono chiesto, a volte, da allora,

    se avevo composto un altro numero,

    e se quella voce di donna che aveva risposto

    fosse il mio amore o fosse una dimora

    che  non mi stancavo mai di negare a me stesso,

    perché stavo fissando liberamente il suo sguardo

    e sentivo obbligo di vacanze 

    o semplicemente di non continuare a comunicarci.

    (Del libro El violín mojado – Seuba, Barcelona, 1991 (1ª ed.) – Libros del Aire, Madrid, 2013 (2ª ed.).

    ---

    EL SUEÑO

    El sueño de los hombres es superior a sus capacidades.

    Así, una mosca es pesada por el hecho de ser mosca, 

    nunca por la definición del adjetivo.

    Quienes se han apartado  tendrán razones, maneras de 

    envidiar o justificaciones. He saludado al enemego con 

    un apretón de manos. No hay enemigos, repito en la cabeza, 

    existe lo vulgar, lo que no es. La no poesía.

     

    IL SOGNO

    Il sogno degli uomini è superiore alle loro capacità. Quindi,

    una mosca è pesante per il fatto di essere una mosca, mai

    per la definizione dell’aggettivo.

    Coloro che si sono appartati avranno ragioni, modi di invidiare

    o giustificazioni. Ho salutato il nemico con un’affettuosa stretta 

    di mano. Non ci sono nemici, ripeto nella mia testa, c’è ciò 

    che è volgare, ciò che non è. La non poesia.

    ---

    LO DESCONOCIDO

    ¿Qué harás tú, oh Dios, cuando yo muera? Este verso de Rilke se propaga y hasta pierdo el sentido de estos pies 

    que se cansan de andar. Es lo desconocido. Un camino sin rubo y un miedo real como una mirada

    penetrante.

    Nadie pide nacer y somos parte de una humanidad enigmática. Árboles, nubes, pájaros, sombras y misterio. 

    ¿Hay algo más allá?

     

    L’IGNOTO

    Cosa farai, Dio, se muoio? Questo verso di Rilke si propaga e perdo persino il senso di questi piedi che si stancano di camminare. 

    È l’ignoto. Un cammino senza rotta e una reale paura come uno sguardo penetrante.

    Nessuno chiede di nascere e noi siamo parte di un’umanità enigmatica. Alberi, nuvole, uccelli, ombre e mistero. 

    C’è qualcos’altro oltre?

    ---

    ESCRIBIR MATA

    Vuelvo a poner derechos los cuadros de la pared. Todos están torcidos. Salgo al campo y busco los anima-les, las plantas, los árboles, las nubes. Todos se han escondido.Tienen miedo. Se ahogó la comadreja en el agua. Las encinas dejaron sus bellotas en el suelo. Las flores se han marchitado. Los pájaros cantan breve- mente. El invierno es infelicidad.

    Un golpe de tos, un grito, el más mínimo ruido. La lingüística, la semántica y la morfología. Todo

    sobra. La soledad es silencio, es oscuridad, es mediodía.

    Las autoridades poéticas advierten que escribir mata.

     

    SCRIVERE UCCIDE

    Raddrizzo di nuovo i quadri della parete. Tutti sono storti. Esco nei campi e cerco gli animali, le piante, gli alberi, le nuvole. Tutti si sono nascosti. Hanno paura. La donnola è annegata nell’acqua. I lecci hanno lasciato le loro ghiande per terra. I fiori sono marciti. Gli uccelli cantano brevemente. L’inverno è l’infelicità. 

    Un colpo di tosse, un grido, il più minimo rumore. La linguistica, semantica e morfologia. Tutto avanza. La solitudine è silenzio, è oscurità, è mezzodì.

    Le autorità poetiche avvertono che scrivere uccide.

    ---

    SOLUCIONES

    Lo decía el poeta, y lo hizo sin pestañear: es tarde cuando 

    descubrimos la realidad y el sentido común. Suele

    ocurrir fuera de tiempo, nos encontramos en esa línea

    imaginaria que separa la lucidez de la locura. El deterioro, 

    a partir de ese momento, es rápido, veloz, preciso.

    Las circunstancias impiden quela decisión acierte o marche 

    vagando entre palabras.

    Todos los hombres somos iguales,el ser humano muere,

    los árboles crecen, los pájaros sanos vuelan, las nubes caminan 

    por el cielo a su ritmo.

    Ha concluido otro día sin solución. Seguimos sin entender 

    el motivo central, la disciplina, la justicia social,

    la propia vida. No busques soluciones, no existen.

     

    SOLUZIONI

    Lo diceva il poeta, e lo fece senza batter ciglio: è tardi quando 

    scopriamo la realtà e il buon senso. Suole accadere

    fuori dal tempo, ci troviamo in quella linea immaginaria 

    che separa la lucidità dalla follia. Il deterioramento, 

    a partire da quel momento, è rapido, veloce, preciso.

    Le circostanze impediscono che la decisione sia giusta o si muova

    vagando tra le parole.

    Tutti gli uomini siamo uguali, l’essere umano muore,

    gli alberi crescono, gli uccelli sani volano, le nuvole 

    camminano in cielo al loro ritmo.

    Un altro giorno si è concluso senza soluzione. Continuiamo senza

    capire il motivo centrale, la disciplina, la giustizia sociale, 

    la nostra propria vita. Non cercare soluzioni, non esistono.

    ---

    LA CONFIGURACIÓN

    He besado muchas veces a mi madre en la cabeza, sobre

    todo, cuando no podía levantar la cara para configurarse. 

    Hoy olía a un perfume barato pero limpio. Era una

    confesión. Su respiración lenta y difícil,el corazón que late 

    debilitadamente y una esperanza quese agarra a lo que

    no debe obtenerse.

    Es la configuración. Las voces delos muertos quellaman

    a destiempo y ese tono poético que ha dejado la esencia

    por encima de la composición.

    Con el beso en la cabeza defendí todo lo que no fui capaz 

    de decirle en persona. Una voz y mil manifestaciones de 

    cariño.

    Ahora quema la vida. La sal se ha despertado del sueño

    de los necios y Platón ha disfrazado de sapo su diálogo.

    Vamos a morir a la provincia, a las sombras, a los falsos

    ambientes, a la configuración.

     

    LA CONFIGURAZIONE

    Ho baciato tante volte mia madre sulla testa, soprattutto,

    quando non poteva alzare il volto per mostrarsi. Oggi

    aveva l’odore di un profumo economico ma pulito. Era una 

    confessione. Il suo respiro lento e affannoso, il cuore che batte 

    debolmente e una speranza che si aggrappa a ciò che non si 

    può avere.

    È la configurazione. Le voci dei morti che chiamano

    precocemente e quel tono poetico che lascia l’essenza 

    al di sopra della composizione.

    Col bacio sulla testa ho difeso tutto ciò che non sono 

    stato in grado di dirle di persona. Una voce e mille 

    manifestazioni di affetto.

    Ora la vita brucia. Il sale si è risvegliato dal sonno degli

    sciocchi e Platone ha camuffato da rospo il suo dialogo.

    Moriremo in provincia, nelle ombre, nei falsi 

    ambienti, nella configurazione.

     (Del libro De cuna y sepultura, -sexto libro de Fábula-. Ediciones El gallo de oro, 2018)

    ---

    LA ESENCIA

    Imagina que el tiempo 

    es una vela

    y su calor es la esencia.

    La llama no se mueve

    si se respeta el aire,

    si suprimes 

    esa respiración

    desmesurada.

    Imagina 

    que existe la verdad

    y todo en ella es falso.

    Ser invisible es encontrarse solo.

     

    L’ESSENZA

    Immagina che il tempo

    sia una candela

    e il suo calore sia l’essenza.

    La fiamma non si muove

    se si rispetta l’aria,

    se sopprimi

    quel respiro

    smisurato.

    Immagina

    che esista la verità 

    e in essa tutto sia falso.

    Essere invisibile è trovarsi da solo.

    ---

    LOS POSOS DE CAFÉ

    La abuela de mi madre era una bruja.

    Entre otras muchas cosas me mostró

    el sortilegio de la lectura,

    me enseñó a amar los libros

    como quien ama un cuerpo,

    a oler los libros sin deseos de capacidad,

    como alimento puro y único,

    a respetar la belleza de la literatura

    y su propia forma: la esencia del arte.

    De ella aprendí la entrada al laberinto,

    el diálogo pausado con los pájaros,

    escalar a las nubes con cuidado,

    a llorar al silencio y al lenguaje.

    Cuando me miraba sus ojos transmitían dulzura,

    nostalgia y melancolía. Susurraba de contemplar,

    de atender, de entender, y no conseguía

    alcanzar las metas programadas

    porque ella era la meta, el incidente

    que se convierte en acontecimiento.

    De la humildad decía que era indispensable,

    como también de la música, la amabilidad

    y la delicadeza con los otros.

    Cuando nací la abuela de mi madre

    ya había muerto.

     

    I FONDI DI CAFFÈ

    La nonna di mia madre era una strega.

    Tra le tante cose mi ha insegnato

    il sortilegio della lettura,

    mi ha insegnato ad amare i libri

    come chi ama un corpo,

    ad annusare i libri senza desiderio di saturazione,

    come alimento puro e unico,

    a rispettare la bellezza della letteratura

    e della sua stessa forma: l’essenza dell’arte.

    Da lei ho imparato l’ingresso nel labirinto,

    il dialogo placido con gli uccelli,

    a scalare le nuvole con attenzione,

    a piangere al silenzio e al linguaggio.

    Quando mi guardava i suoi occhi trasmettevano dolcezza,

    nostalgia e malinconia. Sussurrava nel contemplare,

    nell’accogliere, nel comprendere, e non riusciva

    a raggiungere le mete programmate

    perché lei era la meta, l’incidente

    che diventa avvenimento.

    Dell’umiltà diceva che era indispensabile,

    così come la musica, l’amabilità

    e la delicatezza con gli altri.

    Quando sono nato la nonna di mia madre

    era già morta.

    ----

    EL PASEO

    Suelo venir aquí

    cuando la lluvia es fina,

    cuando desgarra el frío

    la tradición oral

    y el puente se derrumba.

    Hoy nace el tiempo

    y en él

    mora el recuerdo.

     

    LA PASSEGGIATA

    Sono solito venire qui

    quando la pioggia è fina,

    quando il freddo lacera

    la tradizione orale

    e il ponte crolla.

    Oggi nasce il tempo

    e in esso

    dimora il ricordo.

    ---

    PUNTOS DE RESISTENCIA

    Los pájaros han comenzado a crear

    puntos de resistencia, nidos, refugios.

    Acopian alimento

    para dejar de ser obreros,

    para tener consciencia de sí mismos.

    Los pájaros han comenzado a vivir

    sin su lamento.

     

    PUNTI DI RESISTENZA

    Gli uccelli hanno cominciato a creare

    punti di resistenza, nidi, rifugi.

    Immagazzinano cibo

    per cessare di essere operai,

    per avere coscienza di se stessi.

    Gli uccelli hanno cominciato a vivere

    senza il loro lamento.

    ---

    NUESTRA VERDAD

    Regresamos del tiempo

    con el tiempo

    (o sin el tiempo),

    pero somos nosotros:

    nuestra verdad es cuerpo

    y es espíritu,

    oscura podredumbre sin raíz.

    Tensión moral.

    Tensión poética.

    Tensión vital.

    Solo la vida nos detiene.

     

    LA NOSTRA VERITA’

    Ritorniamo dal tempo

    col tempo

    (o senza il tempo),

    ma siamo noi:

    la nostra verità è corpo

    ed è spirito,

    oscura putredine senza radice.

    Tensione morale.

    Tensione poetica.

    Tensione vitale.

    Soltanto la vita ci ferma.

    ----

    NI A LOS MUERTOS

    Se nos presenta un mundo en decadencia,

    sin consciencia social,

    sin argumentos.

    Un mundo

    o una jaula.

    Un espejo vacío y sin reflejo,

    el milagro de ser o de no ser:

    la vida no concierne ni a los muertos.

     

    NÉ AI MORTI

    Ci si presenta un mondo in decadenza,

    senza coscienza sociale

    senza argomenti.

    Un mondo

    o una gabbia.

    Uno specchio vuoto e senza riflesso,

    il miracolo di essere o di non essere:

    la vita non affascina nemmeno i morti.

    (Del libro Ese sabor antiguo de las obras. Chamán Ediciones, Albacete 2022) 

  • POESIE (CON TRADUZIONE)
    DI MIGUEL SÁNCHEZ-OSTIZ

    data: 29/12/2023 17:54

    Miguel Sánchez-Ostiz (Pamplona,1950), prestigioso poeta, romanziere, saggista e articolista, dal 1977. Scrittore prolifico di romanzi, diari, saggi. È il massimo esperto di Pío Baroja, uno degli scrittori spagnoli più importanti della Generazione del 1898.

     

    DOCTOR JECKYLL Y MR. HYDE, QUE EN PAZ DESCANSEN

    Jeckyll y Hyde al fin reunidos

    En su fosa se revuelven a tierra suelta

    Uno debajo del otro

    Uno encima del otro

    Pero sobre todo uno dentro del otro.

    Un solo húmero y una sola mandíbula

    Un cráneo desgastado

    Falanges tibias esternón

    Pieza a pieza rescatados de la ceniza

    En la urna de la posteridad.

     

    DOTTOR JECKYLL E MR.  HYDE, CHE RIPOSINO IN PACE

    Jekyll e Hyde finalmente riuniti

    Nella loro fossa si rivoltano nella terra sciolta

    Uno sotto l’altro

    Uno sopra l’altro

    Ma soprattutto uno dentro l’altro.

    Un solo omero e una sola mandibola

    Un cranio degradato

    Falangi tibie sterno

    Frammento a frammento riscattati dalle ceneri

    Nell’urna della posterità.

    ---

    PRESAGIOS

    Que no te inquiete

    el vuelo bajo del pájaro,

    ni el tembloroso

    y prolongado tañido de la campana,

    ni el inoportuno golpeteo

    de la mariposa nocturna

    en tu ventana,

    ni ese aullido inmotivado del perro,

    pues no son sino reflejos

    de la oscuridad 

    que desde siempre te habita.

     

    PRESAGI

    Che non ti inquieti

    il volo basso dell’uccello,

    né il tremolante

    e prolungato rintocco della campana,

    né l’inopportuno crepitio

    della farfalla notturna

    sulla tua finestra,

    né quell’immotivato ululato del cane,

    perché non sono altro che riflessi

    dell’oscurità

    che da sempre abita in te.

    (Del libro La marca del cuadrante. Pamiela Ediciones, Pamplona-Iruña 2000)

    ---

    TIEMPO DE BORRASCA

    Hay gente que se está despidiendo del mundo

    y no nos damos cuenta,

    que parece recordar y está diciendo adiós,

    que viene junto a nosotros para irse.

    Hay gente. Extraña gente.

    Hay gente que cuando la empujan

    contra el muro del drama,

    de las falsas lamentaciones,

    que es el muro común de la noche, dice:

    «Soy yo el que le gusta a la tierra.

    Acuérdate de las hayas»,

    y desaparece de seguido en la nieve.

     

    TEMPO DI BURRASCA

    C’è gente che si sta congedando dal mondo

    e non ce ne rendiamo conto,

    che sembra ricordare e sta dicendo addio,

    che viene vicino a noi per andarsene.

    C’è gente. Strana gente.

    C’è gente che quando viene spinta

    contro il muro del dramma,

    delle false lamentazioni,

    che è il muro comune della notte, dice:

    «Sono io che piaccio alla terra.

    Ricordati dei faggi»,

    e scompari subito nella neve.

    ---

     LA ÚLTIMA MATA  

    Había un reloj grave en aquella casa,

    tenía reflejos funerales de nácar,

    de caracolas de un tiempo abolido.

    Era el reloj de nuestra vida,

    daba las horas en las noches retumbaba

    en la oscuridad bailoteaban las sombras

    de los fantasmas eran los vivos

    que ya estaban muertos eran, eran 

    los primeros versos, los primeros colores,

    los primeros empeños, los primeros deseos,

    las primeras invenciones, en la noche siempre.

    Era un reloj grave, pero encantado,

    un reloj detenido en un tiempo de sombra,

    el  que nos daba las horas.

     

    L’ULTIMA PIANTA

    C’era un orologio grave in quella casa,

    aveva riflessi funebri di madreperla,

    di conchiglie di un tempo abolito.

    Era l’orologio della nostra vita,

    dava le ore, nelle notti rimbombava

    nell’oscurità ondeggiavano le ombre

    dei fantasmi erano i vivi

    che erano già morti erano, erano

    i primi versi, i primi colori,

    i primi tentativi, i primi desideri,

    le prime invenzioni, di notte sempre.

    Era un orologio grave, ma incantato,

    un orologio fermo in un tempo d’ombra,

    quello che ci dava le ore.

    ---

    LA TRIACA MAGMA DE TARTUFO

    Una ilimitada confianza en el orden,

    en la vida acomodada al paso de las estaciones,

    en la salud del miedo,

    en la hermosura de las cosas de este mundo,

    bajo la luz líquida en el paisaje del alma,

    en le apaciguarse por las buenas

    y, a ratos, en ser oriental.

    Y de noche, cuando todo calla,

    y quieres dormir, dormir para siempre,

    o ir hacia atrás, y despertar, 

    tal vez ayer o mejor hace veinte años,

    sin memoria, sin pasado, sin destino,

    y dejarte llevar por todos los diablos

    porque no hay orden que valga

    ni corazón en calma,

    solo memoria y mañas y espesa rutina.

     

    LA TRIACA MAGMA DI TARTUFFO

    Un’illimitata fiducia nell’ordine,

    nella vita favorita dal passare delle stagioni,

    nella salute della paura,

    nella bellezza delle cose di questo mondo,

    sotto la luce liquida nel paesaggio dell’anima,

    nel placarsi spontaneamente

    e, a volte, nell’essere orientale.

    E di notte, quando tutto tace,

    e vuoi dormire, dormire per sempre,

    o tornare indietro, e svegliarti,

    forse ieri o meglio vent’anni fa,

    senza memoria, senza passato, senza destino,

    e lasciati trasportare da tutti i diavoli

    perché non c’è ordine che valga

    né cuore in quiete,

    solo memoria, farse e spessa routine.

    ---

    DE LA CASA ENEMIGA

    El holor a humo

    a maderas viejas

    a muertes olvidadas anónimas

    cuyas agonías andaban como arañas por las paredes.

    El ruido de la carcoma y del picapino.

    La llave que cierra la puerta.

    No hay ni otra ciudad ni otro país habitable

    que las palabras, los sonidos que se recuerdan

    a ojos cerrados, los olores, las voces, el tacto

    que duermen agazapados en el fondo de tu memoria.

    Lo demás es errancia o rutina o deserción o entregarse.

    Es atarse uno mismo de pies y manos,

    y arrogarse de seguido al río.

    Lo demás es la casa encantada donde las cosas

    aparecen y desaparecen a voluntad

    ilusionismo puro,

    de la peor especie esta vez.

     

    DALLA CASA NEMICA

    L’odore di fumo

    a legni vecchi

    a morti dimenticate anonime

    le cui agonie camminavano come ragni sulle pareti.

    Il rumore del tarlo e del picchio.

    La chiave che chiude la porta.

    Non c’è né un’altra città né un altro paese abitabile

    che le parole, i suoni che si ricordano

    a occhi chiusi, gli odori, le voci, il tatto

    che dormono rannicchiati nel fondo della tua memoria.

    Il resto è errare o routine o diserzione o rinuncia.

    È legarsi mani e piedi,

    e poi gettarsi al fiume.

    Il resto è la casa stregata dove le cose

    appaiono e scompaiono a volontà

    illusionismo puro,

    della peggior specie questa volta.

    ---

    JUAN SIN MIEDO

    Un hombre tranquilo es un hombre sin miedo,

    sin esa desazón del que vive en vilo,

    centinela y a la vez furtivo

    pendiente de ese relámpago

    en la oscuridad como un «¡Quién vive!».

    Es alguien que contempla sin cuidado

    los helechos que el presagio del otoño

    pinta de brasas al atardecer,

    porque no tiene ni cartas ni cuentas

    pendientes de pago

    ni ayer ni mañana

    ni sobre todo la inquietud de partir,

    porque pone su verdad en el tablero

    y no miente,

    no dice una cosa por otra,

    no oculta ases

    y de las mangas hace capirotes.

     

    GIOVANNI SENZA PAURA

    Un uomo tranquillo è un uomo senza paura,

    senza quell’inquietudine di chi vive sospeso,

    sentinella e allo stesso tempo furtivo

    attento a quel fulmine

    nel buio come un “Chi va là!”

    È qualcuno che contempla con noncuranza

    le felci che il presagio dell’autunno

    dipinge di braci al tramonto,

    perché non ha né carte né conti

    in sospeso da pagare 

    né ieri né domani

    né soprattutto l’inquietudine di partire,

    perché mette la sua verità sul tavolo

    e non mente,

    non dice una cosa per un’altra,

    nessun asso nascosto 

    e fa ciò che gli pare.

    ---

    VIDA AL MARGEN

    Construirse, inventarse, pergeñar

    una vida al margen no es tan fácil,

    es toda una aventura,

    es un viaje más largo de lo que pensamos.

    Construirse una nueva vida

    es negocio de gente joven,

    lo demás, la escorredura, la traición

    y la fundación de un mundo 

    tan nuevo como prorpio (lo uno por lo otro),

    es cosa del singular apartamiento,

    del humor vagabundo,

    de la genuina incredulidad y del saludable escepticismo,

    del saber que engañarse a uno mismo

    es el último signo de juventud. 

     

    VITA AL MARGINE

    Costruirsi, inventarsi, ingegnarsi

    una vita al margine non è così facile,

    è tutta un’avventura,

    è un viaggio più lungo di quanto pensiamo.

    Costruirsi una nuova vita

    è affare per gente giovane,

    il resto, lo scorrere, il tradimento

    e la fondazione di un mondo

    tanto nuovo quanto proprio (l’uno per l’altro),

    ha a che fare col singolare distanziamento,

    dell’umorismo vagabondo,

    della genuina incredulità e del salutare scetticismo,

    di sapere che ingannare se stessi

    è l’ultimo segnale di giovinezza.

    (Del ibro Aquí se detienen. ARS POETICA. Oviedo-Asturias, 2018)

    ---

    TIEMPO DE DESOLACIÓN

    El pasado, ese país imaginario

    en donde se encuentra intocado,

    bajo la luz de un día más claro que ningún otro,

    todo aquello que pudo suceder

    y no fue nada o poca cosa,

    ¿Qué, a ver, qué?

    ¿Otra tierra, otro empleo, otra estirpe?

    Que es de necios rebelarse

    con el pie en el estribo.

    Escribiría: «En el pasado estaba la casa…».

    Pero en realidad no hubo casa alguna

    ni en el pasado, ni ahora, ni nunca,

    estaba en algún lugar de una geografía imprecisa

    no era la casa de mis hijos

    ni la mía propia ni ésta la mejor historia

    que podría haberles dejado.

     

    TEMPO DI DESOLAZIONE

    Il passato, quel paese immaginario

    dove si trova intatto,

    sotto la luce di un giorno più limpido di ogni altro,

    tutto ciò che sarebbe potuto accadere

    e non fu niente o poca cosa,

    Cosa, vediamo, cosa?

    Un’altra terra, un altro impiego, un’altra stirpe?

    È da sciocchi ribellarsi

    con il piede nella staffa.

    Scriverei: «Nel passato c’era la casa…».

    Ma in realtà non ci fu alcuna casa

    né in passato, né ora, né mai,

    era da qualche parte in una geografia imprecisa

    non era la casa dei miei figli

    né la mia, né questa la storia migliore

    che avrei potuto lasciare loro.

    ---

    EL TÚNEL

    No hay antídoto para el veneno

    lento de la vida en balde.

    Por mucho túnel que a ciegas caves,

    el escombro de los malos recuerdos ahoga.

     

    IL TUNNEL

    Non esiste un antidoto per il veleno

    lento della vita invano.

    Per quanto scavi dei tunnel alla cieca,

    le macerie dei brutti ricordi soffocano.

    (Del libro Fingimiento y desarraigos, 2001-2017. Pamiela Ediciones 2017)

    ---

    PARTITURA DE SOMBRA

    Un papel rayado, un papel pautado 

    con la línea de la vida, con la soga del ahorcado,

    con la cuerda de un piano, con un hilo

    de telégrafo que murmura a campo abierto.

    Escribe el poeta, cansado, despierto,

    insomne en la noche, repasa sus trucos,

    sus canciones vagas, las del bosque cerrado,

    las del Bosque de la Malandanza,

    de donde nadie salió con ventura.

     

    PARTITURA D’OMBRA

    Un foglio rigato, un foglio concordato

    con la linea della vita, con la corda dell’impiccato,

    con la corda di un pianoforte, con un filo

    di telegrafo che mormora a campo aperto.

    Il poeta scrive, stanco, sveglio,

    insonne di notte, ripassa i suoi trucchi,

    le sue vaghe canzoni, quelle del bosco chiuso,

    quelli del Bosco della Sciagura,

    da cui nessuno è uscito con fortuna.

    (Del libro Fingimiento y desarraigos -2001-2017- Pamiela Ediciones 2017)

    ---

    ARTESANO PERFUMISTA 

    Como un sonámbulo en casa ajena

    velo y escribo con palabras 

    que creía perdidas 

    en el quicio del sueño

    y entro en nuestra vieja casa

    cuando estaba viva.  

    Puedo sentir el olor del humo y de la tinta,

    el de la sangre y el del vino 

    que era el de la tormenta, 

    su color, el de la tarde.

    Allí flotaba, por rincones inolvidables,

    el olor de la sal que quemaba 

    en la piel, al sol, en el agua 

    sobre el ruejo de la salina,

    y también el del vinagre,

    el del molino de chocolate,

    el de la confitura y el del jabón de sosa,

    y el olor espeso del agua del río 

    y el de la saponaria violeta

    y el del esparto y las caballerías y el cuero,

    el del aceite y el el barro

    y el de la llama en el candil de la tronada.

    Al otro lado de puertas cerradas

    estaba el olor del papel viejo y el de los mapas

    el del palosanto y las maderas preciosas,

    el de los viejos libros y los legajos,

    el del secreto que salía sorpresivo

    de los escondrijos de los muebles antiguos, 

    el de la seda y el damasco rojo, azul, verde,

    el de la humedad de la bodega y sus telarañas,

    y el de la pólvora. 

    Olores que están en mi memoria

    y parecen dormir, y sin embargo crecen 

    como crecen las raíces,

    en los cimientos de mi casa de aire.

     

    ARTIGIANO PROFUMIERE

    Come un sonnambulo in casa altrui

    vigilo e scrivo con parole

    che credevo perdute

    nella cornice del sogno

    ed entro nella nostra vecchia casa

    quando era viva.

    Posso sentire l’odore del fumo e dell’inchiostro,

    del sangue e del vino

    che era quello della tempesta,

    il suo colore, quello della sera.

    Lì fluttuava, in angoli indimenticabili,

    l’odore del sale che bruciava

    sulla pelle, al sole, nell’acqua

    sul ciottolato della salina,

    e anche quello dell’aceto,

    quello della macina di cioccolato,

    quello della confettura e quello del sapone alla soda,

    e l’odore denso dell’acqua del fiume

    e quello della saponaria violetta 

    e quello dello sparto, dei finimenti e del cuoio,

    quello dell’olio e del fango

    e quello con la fiamma nella lucerna per il temporale.

    Dall’altra parte delle porte chiuse

    C’era l’odore di carta vecchia e delle mappe

    quello del palissandro e dei legni pregiati,

    quello dei vecchi libri e delle cartelle,

    quello del segreto che usciva all’improvviso

    dai nascondigli di mobili antichi,

    quello della seta e del damasco rosso, blu, verde,

    quello dell’umidità della cantina e delle sue ragnatele,

    e quello della polvere.

    Odori che sono nella mia memoria

    e sembrano dormire, eppure crescono

    come crescono le radici

    nelle fondamenta della mia casa d’aria.

    ---

    JUEGOS DE MANOS

    Cuando al fin comprendas el significado

    de un gesto, de un guiño,

    de una breve palabra

    que pasaste por lato en su momento,

    o revivas el exacto instante

    de la ocasión desperdiciada,

    del olvido inexcusable,

    o más aún, cuando encuentres

    el secreto escondido en el regalo

    que hoy no conservas

    -pequeñas figuras quebradas de sombra,

    libros perdidos que eran el santo y seña

    de la complicidad en el juego y del engaño-

    será demasiado tarde.

    Todo lo querrás borrar

    como quien cierra

    una página turbadora.

    Será inútil, ahí quedarán.

    Y tú, tú hablarás solo.

     

    GIOCHI DI MANI

    Quando finalmente capirai il significato

    di un gesto, di un cenno,

    di una parola breve

    che in quel momento hai trascurato,

    oppure rivivrai l’esatto istante 

    dell’occasione dissipata,

    dell’oblio ingiustificabile,

    o ancor di più, quando troverai

    il segreto nascosto nel regalo

    che oggi non conservi

    -piccole figure spezzate di ombra,

    libri perduti che erano la parola d’ordine

    della complicità nel gioco e dell’inganno-

    sarà troppo tardi.

    Vorrai cancellare tutto

    come chi chiude

    una pagina sconvolgente.

    Sarà inutile, lì resteranno.

    E tu, tu parlerai da solo.

    ---

    EL FONDO DEL CUADRO

    En el fondo del cuadro un mendigo que huye,

    un cazador furtivo se da a la fuga,

    un proscrito regresa para irse.

    A estas alturas ignoro la diferencia.

    Unas veces huyo, otras me fugo

    otras me despierto y se han ido,

    me han abandonado, por fortuna, 

    expoliado, dado por muerto, anónimo,

    y sigo mi camino más tieso que un ocho,

    pero con el temor de que el mundo

    se haya entre tanto detenido por las buenas,

    y miro por eso a mi espalda,

    para ver si por el fondo del cuadro se escurren

    los vagamundos, los mendigos, los proscritos,

    los merodeadores, tu mismo,

    que con los años, has cogido, sin darte cuenta,

    un aspecto sospechoso, poco recomendable,

    de merodeador, de curandero sin remedios,

    y de buhonero sin alforjas,

    el de aquellos que no tienen sitio

    ni lugar ni acomodo y van de un lado a otro,

    escurriéndose, por el fondo del cuadro.

     

    LO SFONDO DEL QUADRO

    Sullo sfondo del quadro un mendicante fugge,

    un cacciatore furtivo si dà alla fuga,

    un proscritto ritorna per andarsene,

    a questo punto ignoro la differenza.

    Alcune volte sfuggo, altre volte scappo

    altri mi sveglio e se ne sono andati,

    mi hanno abbandonato, per fortuna,

    depredato, dato per morto, anonimo,

    e continuo la mia strada dritto come un fuso,

    ma col timore che il mondo

    nel frattempo si sia naturalmente fermato,

    e per ciò guardo dietro di me,

    per vedere attraverso lo sfondo del quadro scorrono

    i errabondi, i mendicanti, i proscritti,

    i malfattori, tu stesso,

    che con gli anni, hai acquisito, senza rendertene conto,

    un aspetto sospetto, poco raccomandabile,

    da brigante, da guaritore senza rimedi,

    e da venditore ambulante senza sacchi,

    quello di coloro che non hanno spazio

    né posto né alloggio e vanno da un luogo all’altro,

    serpeggiando, lungo lo sfondo del quadro.

    ---

    EL CUARTO DE JUGAR

    Había ― déjame contarte, déjame ―

    trenes de hojalata, rojigualdos,

    soldados de plomo, rojos y azules estos,

    y sobre todo un teatro de guiñol donde ensayar

    estas palabras perdidas, encontradas

    Amor… amor y odio y quita y defensa

    de la propia vida siempre.

    Mira, Mickey, mira lo que dice Robin,

    el de los bosques, desde el proscenio, 

    mira cómo se ilumina de pronto el bosque, 

     escucha, escucha, el poeta cree que está solo:

    «Te buscaba desde entonces,

    te debo la vida, amor».

    Qué bárbaro, el tío, no te parece.

    Esas cosas no se dicen, me susurran los listos.

    Pero ese teatro era para aprender 

    a decir lo que sentía, para impostar también, 

    para ser el otro, los otros,

    yo mismo, un teatro rojo y verde,

    un teatro perdido, un teatro en ruinas,

    aquí reencontrado, 

    en estos papeles del presente fugitivo.

    Y aún me preguntan por qué te dedico mis versos,

    por qué mi casa de palabras lleva tu nombre. 

    Cuando se iba la luz, aparecían países remotos,

    allí mismo, en la oscuridad, corazones

    de árboles, secretos, grutas, mares, 

    laberintos, casas encantadas, seres invisibles,

    barcos voladores, espadachines, 

    siniestros aparecidos.

    Aquello era ver el futuro, la otra cara,

    y asombrarse de veras,

    aquello era el verdadero escenario,

    mi papel en la comedia, el circo,

    las palabras verdaderas

    santo y seña de la puerta de socorro

    valija de los malos tiempos,

    el más ligero equipaje de la vida.

     

    LA STANZA DA GIOCO

    C’era - lascia che ti racconti, lascia... - 

    trenini di latta, rosso-oro,

    soldatini di piombo, rossi e blu questi,

    e soprattutto un teatro di burattini dove provare

    queste parole perdute, ritrovate

    Amore... amore e odio e togli e difendi

    la vita stessa sempre.

    Guarda, Mickey, guarda cosa dice Robin,

    quello dei boschi, dal proscenio,

    guarda come ‘illumina all’improvviso il bosco,

    ascolta, ascolta, il poeta crede di essere solo:

    «Ti ho cercato da allora,

    ti devo la vita, amore».

    Straordinario, il tipo, non credi?

    Quelle cose non si dicono, mi sussurrano i furbi.

    Ma quel teatro era per imparare

    per dire ciò che si sentiva, anche per imporre,

    per essere l’altro, gli altri,

    io stesso, teatro rosso e verde,

    un teatro perduto, un teatro in rovina,

    qui ritrovato,

    in queste carte del presente fuggitivo.

    E mi chiedono ancora perché ti dedico i miei versi,

    perché la mia casa di parole porta il tuo nome.

    Quando andava via la luce, apparivano paesi remoti,

    proprio lì, nell’oscurità, cuori 

    di alberi, segreti, grotte, mari,

    labirinti, case incantate, esseri invisibili,

    navi volanti, spadaccini,

    apparsi sinistri.

    Ciò era vedere il futuro, l’altra faccia,

    e sorprendersi veramente,

    Quello era il vero scenario.

    il mio ruolo nella commedia, il circo,

    le parole vere

    chiave e codice della porta di soccorso

    valigia dei brutti tempi,

    il più leggero bagaglio della vita.

    (De Aquí se detienen. Ars Poetica, Oviedo, 2018)

  • IDENTITÀ PERSONALE
    E NAZIONALE NEI VERSI
    DI MANUEL RICO

    data: 21/05/2023 23:07

    Manuel Rico (Madrid, 1952) è poeta, narratore e critico letterario. Laureato in giornalismo, ha collaborato in vari giornali e riviste (El Mundo, Cuadernos Hispanoamericanos, Ínsula, Letra Internacional, Mercurio, Turia…). È critico di poesia in Babelia, nel quotidiano El País. È autore, dei libri di poesie La densidad de los espejos  (1997 e 2017) Premio di poesia ispano-americana Juan Ramón Jiménez de 1997, Donde nunca hubo ángeles  (2003), Fugitiva ciudad (2012) Premio Internacional Miguel Hernández  e Los días extraños (2015), Cuaderno de historia (2021). El lento adiós de los tranvías  (1992 e 2020), La mujer muerta  (2000 e 2011), Los días de Eisenhower (2002), Verano  (2008) e Un extraño viajero   (2016) sono i suoi ultimi romanzi. Diarios de los 80 (2019). È autore del saggio Memoria, deseo y compasión   (2001) sulla poesia di Vázquez Montalbán e dei libri di viaggio Por la sierra del agua (2007) e Letras viajeras (2016). Dirige la collana di poesia della Bartleby Editores e scrive di politica e cultura sul quotidiano digitale Nueva Tribuna. Dal 2015 presiede l'Associazione di Scrittori Spagnoli (ACE).

     
    LA ADVERTENCIA
    Me avisaron: no vuelvas a las calles
    que fueron tuyas
    alguna vez. Te morderá una sombra.
    Pero una rebeldía
    macerada en memoria y añoranza
    preparó, sigilosa, mi retorno.
     
    En qué funesta hora
    me rendí a su conjuro: desde entonces
    me vence la ceguera si pretendo
    proyectar mi mirada en un lugar distinto
    a este cuarto de libros y teléfonos.
    Es una enfermedad desconocida,
    como una veladura del contorno,
    tal vez un desacuerdo con la luz,
    acaso la caricia que quedara pendiente
    cuando el padre se hundió
    en el ciego sendero del vacío.
     
    Siento sus dientes fríos cruzar la tarde.
    No puedo verlos. Llegan
    su tensión afilada
    en el paisaje antiguo del reverso.
    Es una trampa: la mordedura
    que me anunciaron.
     
    L'AVVERTIMENTO
    Mi avevano avvertito: non tornare nelle strade
    che furono tue
    una volta. Ti morderà un'ombra.
    Ma una ribellione
    macerata nella memoria e nella nostalgia
    ha preparato, celatamente, il mio ritorno.
     
    In quale fatidica ora
    mi sono arreso alla sua cospirazione: da allora
    mi soggioga la cecità  se pretendo
    proiettare il mio sguardo in un luogo diverso
    da questa stanza di libri e di telefoni.
    È una malattia sconosciuta
    come una velatura del contorno,
    alle volte un disaccordo con la luce,
    forse la carezza rimasta in sospeso
    quando il padre sprofondò
    nel cieco sentiero del vuoto.
     
    Sento i suoi denti freddi attraversare la sera.
    Non riesco a vederli.  Giunge
    la loro tensione pungente
    nell'antico paesaggio dell'opposto.
    È una trappola: la morsicatura
    che mi hanno annunciato.
                                                 
    (De La densidad de los espejos, 1997) 
    ---
    LUZ DE CÓMODA
    A la cómoda llegaba esa luz en declive como un perro manso
    que destilan las horas de las tardes de invierno.
    Esa luz nunca ciega donde se reconocen
    las sombras infrecuentes de todos nuestros muertos
    y que huele a cerrado y a pasillo nocturno
    y al corazón acude a mecerlo en su niebla.
     
    Era el cofre prohibido
    que acotaba mi padre debajo de un retrato
    desde el que me miraba desde la inexistencia
    de sus ojos marcados, tan joven, por la muerte.
     
    Luz de cómoda. Extraña latitud
    donde la claridad se quiebra 
    para hacerse pereza y habitación en sombra
    hundiéndose en un tiempo de parados relojes,
    viejas horas que duelen como antiguos pañuelos
    por la madre olvidados
    entre lacas y guantes y sedas y pañuelos
    para siempre varados en la luz de la muerte.
     
    LUCE DA COMÒ
    Al comò giungeva quella luce in declivio come un cane mite
    che distillano le ore delle sere d'inverno.
    Quella luce mai cieca dove si riconoscono
    le infrequenti ombre di tutti i nostri morti
    e che sa di chiuso e a corridoio notturno
    e al cuore giunge per cullarlo nella sua nebbia.
     
    Era il cofanetto proibito
    che incorniciava mio padre sotto un ritratto
    da cui mi guardava dall'inesistenza
    dei suoi occhi segnati, così giovani, dalla morte.
     
    Luce da comò. Strana latitudine
    dove la chiarità si rompe
    per divenire torpore stanza in ombra
    immergendosi in un tempo di orologi fermi,
    vecchie ore che fanno male come antichi fazzoletti
    dalla madre dimenticati
    tra lacche e guanti e sete e fazzoletti
    per sempre ancorati nella luce della morte.        
     
    (De Quebrada luz. 1996)
    ---
    IMAGEN DE SARAJEVO
    Alguna vez sabremos por qué en ciertas mañanas
    hay un olor a pólvora y a sangre
    junto al rosal que crece en el jardín?
    ¿Por qué con ese olor cuyo origen ignoras
    un muro destruido se erige en tu recuerdo
    y hay un niño sin ojos en medio de la calle
    y postes telegráficos
    cruzando, como escombros la calzada?
     
    Si tú eras el más sabio de la infancia,
    el que tenía los ojos en su sitio,
    no ese niño que huye con espanto y ceguera,
    sino el feliz, ¿a qué ese olor a pólvora
    en la rosa, esa imagen de luz desbaratada,
    ese paisaje muerto de postes derribados
    en calzadas inútiles?
     
    IMMAGINE DI SARAJEVO
    Sapremo mai perché in certe mattine
    c'è un odore di polvere da sparo e di sangue
    accanto al rosaio che cresce in giardino?
    Perché con quell'odore la cui origine ignori 
    viene eretto un muro distrutto alla tua memoria
    e c'è un bambino senza occhi in mezzo alla strada
    e pali del telegrafo
    che attraversano come macerie, la strada?
     
    Se tu eri il più saggio dell'infanzia,
    colui che aveva gli occhi al suo posto,
    non quel bambino che fugge con spavento e cecità,
    ma quello felice, perché quell'odore di polvere da sparo
    nella rosa, quell'immagine di luce spezzata,
    quel paesaggio morto di pali rovesciati
    su strade inutili?
    ---
    ANTIGUA TIERRA
    En la región perdida que llamamos infancia,
    en ese territorio que viejas lluvias hunden
    en vagos claroscuros, dicen que desde siempre
    nos aguada, con ropa de domingo,
    una diosa cruel a quien llamamos
    dicha o felicidad, qué importa el nombre.
    Mantienes la conciencia de haber sido inquilino
    de tan huidiza estancia porque a veces,
    cuando el presente aplica sus decretos,
    la memoria te vence y te convocan
    presencias de aquel tiempo,
    rostros que te dejaron
    inerme ante el empuje de los años.
     
    Y siempre, cuando intentas
    conjurar la orfandad y los reclamas
    no tardan en huir al refugio que habita
    entre los pliegues de la inexistencia.
     
    ANTICA TERRA
    Nella regione perduta che chiamiamo infanzia,
    in quel territorio in cui vecchie piogge sprofondano
    in vaghi chiaroscuri, dicono che da sempre
    ci attende, con abiti domenicali,
    una dea crudele che chiamiamo
    gioia o felicità, cosa importa il nome!
     
    Rimani consapevole di essere stato inquilino
    di tale fugace dimora perché a volte,
    quando il presente applica i suoi decreti,
    la memoria ti sconfigge e ti convocano
    presenze di quel tempo,
    volti che ti hanno lasciato
    inerme dinnanzi alla spinta degli anni.
     
    E sempre quando provi
    a scongiurare l'orfanilità e li rivendichi
    non tardano a  scappare nel rifugio che vive
    tra le pieghe della non esistenza.
    ---
    MARTÍN SANTOS
    El silencio era largo 
    y gris. Era el silencio
    el signo de la hora. Y era gris 
    también la hora. Y la voz era baja, 
    contenida
    y oculta en los bares inhóspitos
    de los barrios extremos. Daba
    cierta angustia escuchar sus ecos temerosos.
     
    "Ya ves, son tiempos duros”, nos decía
    la voz de algún pariente convertido en penumbra.
     
    Como flores cortadas,
    los hombres caminaban en silencio.
    Como huecos inmensos.                                               
                                                      Como huecos.
     
     
    MARTÍN SANTOS
    Il silenzio era lungo
    e grigio. Era il silenzio
    il segno dell'ora. Ed era grigia 
    anche l'ora. E la voce era bassa,
    contenuta
    e occulta nei bar inospitali 
    dei quartieri estremi. Dava una
    certa angoscia sentire i suoi echi spaventosi.
     
    "Vedi, sono tempi difficili", ci diceva
    la voce di un parente trasformato in penombra.
     
    Come fiori recisi,
    gli uomini camminavano in silenzio.
    Come enormi cavità.
     
                                                      Come cavità.
    ---
    CARPINTERÍA
    En el cristal de los escaparates
    que circundan la plaza se reflejan
    las siluetas fugaces de dos hombres:
    son padre e hijo y tú los reconoces
    porque llegan del predio en sombra de tu historia.
     
    La amanecida aturde los objetos
    con su luz temblorosa. Es verano y caminan,
    el paso decidido, por la acera.
    El autobús se anuncia, con un sonido turbio,
    al fondo de la calle.
     
    “Vendrás conmigo a la carpintería,
    manejarás las herramientas. Así se aprende
    la densidad del hombre”.
     
    Fue en el hombro del joven
    donde buscó la mano de aquel viejo
    la caricia negada tantas veces.
     
    Sentí su gravidez llena de vida
    como si el mundo, de pronto, me acogiera
    y una niebla indecisa se posara en mis gafas
    de turbio adolescente
    y me hiciera más suyo: un ser complementario
    prolongándolo.
     
    FALEGNAMERIA
    Nel vetro delle vetrine
    che circondano la piazza si riflettono
    le sagome fugaci di due uomini:
    sono padre e figlio e tu li riconosci
    perché vengono dalla terra in ombra della tua storia.
     
    Lo spuntar del giorno stordisce gli oggetti
    con la sua luce tremolante. È estate e camminano,
    il passo deciso, lungo il marciapiede.
    L'autobus si annuncia, con un suono torbido,
    in fondo alla strada.
     
    “Verrai con me in falegnameria,
    maneggerai gli strumenti. Così si impara
    la densità dell'uomo".
     
    Fu sulla spalla del giovane
    dove la mano di quel vecchio cercò 
    la carezza negata tante volte.
     
    Sentii la sua gravità piena di vita
    come se il mondo, all'improvviso, mi accogliesse
    e una nebbia indecisa si depositasse sui miei occhiali
    di torbido adolescente
    e diventassi più suo: un essere complementare
    che lo prolungava.
     
    (De La densidad de los espejos. Premio Juan Ramón Jiménez 1997)
    ---
    PAISAJE TRAS LA VENTANA
    Lo que amamos. Ese trazo
    que anticipan las sombras alargadas
    de los últimos bloques de la ciudad hundida
    en un diciembre de viento y de ceniza, de domingos
    grises, de rastros de otras lluvias,
    de siluetas que huyen, embozadas,
    del asedio de la noche que, lenta, se aproxima.
     
    Se agitan, con violencia los toldos. Las ventanas
    muestran su luz no decisiva, tiemblan 
    en soledad. En l frío se azoran
    parques y escaparates, qué diciembre
    en mudanza vive tras los cristales -más allá
    del cenicero usado, del sonido imperfecto
    de una radio muy vieja-.
     
    Es el confín de tu ciudad, el inseguro
    talud de las afueras extendido
    ante tus ojos vueltos al imoreciso páramo
    de la memoria.
     
                                    Ese niño que cruza la avenida.
    Ese abrigo de paño. Esa mujer algo encorvada
    que no mira ni te advierte, que ignora tu espionaje
    tras la fría ventana de tu cuarto, tras la estela
    de un domingo disperso entre los libros de la tarde,
    tienen algo de ti, tal vez la duda
    común ante el vacío.
     
    PAESAGGIO DIETRO LA FINESTRA
    Ciò che amiamo. Quel tratto
    che anticipano le ombre lunghe 
    degli ultimi blocchi della città immersa
    in un dicembre di vento e di cenere, di domeniche
    grigie, di tracce di altre piogge,
    di sagome che fuggono, avvolte,
    dall'assedio della notte che, lentamente, si approssima.
     
    Si agitano con violenza le tende. Le finestre
    mostrano la loro luce indecisa, tremano
    in solitudine. Sotto il freddo sussultano
    parchi e vetrate, quale dicembre
    in mutevolezza vive dietro ai vetri -al di là
    del posacenere usato, del suono imperfetto
    di una radio molto vecchia-?
     
    È il confine della tua città, l'incerto
    pendio dei dintorni esteso
    davanti ai tuoi occhi volti verso l'imprecisa landa
    della memoria.
     
                                    Quel bambino che attraversa il viale.
    Quel cappotto di stoffa. Quella donna un po'  incurvata
    che non  guarda né ti avverte, che ignora il tuo spiare
    dietro la fredda finestra della tua stanza, dietro la scia
    di una domenica smarrita tra i libri della sera,
    hanno qualcosa di te, forse il dubbio
    comune dinanzi al vuoto.
     
     
    (De Versiones del invierno. Cajasur publicaciones, Córdoba, 2008)
    ---
    FOTOGRAMA
    Veo trenes poblados
    de espectros que se alejan. Marchan
    a lugares vacíos, a regiones
    que los mapas ocultan
    como se oculta el miedo. 
     
    Veo la soledad 
    en los ojos de un niño 
    que es espectro y no entiende
    su herida condición, un niño triste
    que avanza en ese tren
    hacia el hondón del miedo. 
     
    Ese tren cruza aldeas
    habitadas, cruza entre gentes mudas
    o ciegas que construyen
    la impostura del desconocimiento
    y de la huida: eluden su destino
    como se espanta el miedo.
     
    En los ojos de espectro de ese niño 
    no crece el jaramago 
    pues no hay tierra ni agua:
    sólo vuela el pájaro oscuro,
    la geografía de los sueños rotos,
    el recuerdo sin ojos de una duda
    que se parece
    terriblemente al miedo.
     
    FOTOGRAMMA
    Vedo treni affollati
    di spettri che si allontanano. Vanno
    in luoghi vuoti, in regioni
    che le mappe occultano
    così come si occulta la paura.
     
    Vedo la solitudine
    negli occhi di un bambino
    che è spettro e non capisce
    la sua ferita condizione, un bambino triste
    che avanza in quel treno
    verso il profondo della paura.
     
    Quel treno attraversa villaggi
    abitati, attraversa tra gente muta
    o cieca che costruiscono
    l'impostura dell'ignoranza
    e della fuga: eludono il loro destino
    così come si spaventa la paura.
     
    Negli occhi di spettro di quel bambino
    non cresce il tarassaco
    poiché non c'è né terra né acqua:
    vola soltanto l'uccello oscuro,
    la geografia dei sogni spezzati,
    il ricordo senza occhi di un dubbio
    che somiglia
    terribilmente alla paura.
    ---
    TU BRUMA     
    No confundas la noche con tu noche, la bruma
    con tu bruma.
                             Bebe tu soledad, camina
    por las altas cornisas donde la angustia  llueve
    a veces.
                   Piénsate vencido.
    Noche y bruma, así, sin adjetivo, son otras.
    Otros cuerpos habitan sus dominios, no
    tu noche: ella jamás podrá dejar sus ruinas
    en el jardín ajeno, en el corazón algo turbio de los otros.
     
    No confundas la noche que vives con la noche.
    Es tuya solamente: antigua propriedad que odias a veces.
     
    LA TUA BRUMA
    Non confondere la notte con la tua notte, la bruma
    con la tua bruma
                             Bevi la tua solitudine, cammina
    lungo gli alti cornicioni dove l'angoscia piove 
    a volte.
                   Pensati vinto.
    Notte e bruma, così, senza aggettivo, sono altre.
    Altri corpi abitano i suoi domini, non
    la tua notte: essa non potrà mai lasciare le sue rovine
    nel giardino altrui, nel cuore un po' torbido degli altri.
     
    Non confondere la notte che vivi con la notte.
    È tua soltanto: antica  proprietà che odi a volte.
    ---
    EL PARÉNTESIS
    Adoro cada noche al dios que persevera
    en el imprescindible oficio
    de inventar el paréntesis, el hueco
    donde llenar la voz
    con las huellas del día, con palabras
    bien dichas, con espejos donde tu piel proyecta
    caricias milenarias, despedidas y dudas.
    Lo adoro en ese tiempo del final de la tarde,
    cuando todo se vence a la lenta marea de las sombras
    y vuelven viejas sílabas a encontrar el sentido
    que olvidamos:
     nos ronda
    la lectura remota de un libro de Pavese,
    rescoldos de veranos y domingos,
    devociones ajadas por la labor del tiempo
    pueblos que idealizamos en paréntesis
    como el que cada tarde inventa
    ese dios tan extraño que vive en nuestra casa.
     
    LA PARENTESI
    Adoro ogni notte il dio che persevera
    nell'imprescindibile mestiere
    di inventare la parentesi, il foro
    dove riempire la voce
    con le orme del giorno, con parole
    ben dette, con specchi dove la tua pelle proietta 
    carezze millenarie, congedi e dubbi.
    L'adoro in quell'ora del finale della sera,
    quando tutto declina alla lenta marea delle ombre
    e tornano vecchie sillabe a trovare il senso
    che abbiamo dimenticato:
                                          aleggia in noi
    la lettura remota di un libro di Pavese,
    braci di estati e di domeniche,
    devozioni sfrangiate dal lavoro del tempo
    popoli che idealizziamo tra parentesi
    come quello che ogni sera inventa
    quel dio tanto strano che vive in casa nostra.
    ---
    MEMORIAS DE LOS TRENES Y DEL TIEMPO
    VI
     
    La soledad primera –o quizá su recuerdo,
    ¿quién vive o certifica su presente,
    quién se atreve a confirmar que aquello que viviste
    era la soledad?–, bajo un sol que se fuga,
    tiembla en el horizonte, tiene forma
    de una vieja maleta, huye a tierra baldía, busca cueva
    o refugio en el tren
    de una oscura posguerra:
    los vencejos llegaban, su vuelo dibujaba un abismo
    frente a tus ojos.
     
    MEMORIE DEI TRENI E DEL TEMPO
    VI
     
    La solitudine prima –o forse il suo ricordo,
    chi vive o certifica il suo presente?
    chi osa confermare che ciò che hai vissuto
    fosse la solitudine? –, sotto un sole che fugge,
    trema all'orizzonte, ha forma
    di  una vecchia valigia, fugge in terra desolata, cerca grotta
    o rifugio nel treno
    di un oscuro postguerra:
    i rondoni arrivavano, il loro volo disegnava un abisso
    davanti ai tuoi occhi.
    ---
    PUEBLO ABANDONADO
    En este cántaro, en este pueblo herido
    por el viento y la huida, por los pájaros últimos
    de viejas primaveras, nada crece, nada busca
    la voz, el horizonte. 
     
                                      Todo muere, 
    se hace ruina, silencio, desolada 
    penumbra.
     
    Acaricias las piedras, las maderas vencidas, 
    los nidos al fin huérfanos, te pierdes por senderos
    donde crece, cual hiedra, el abandono
    y el recuerdo de las calles alegres
    se pudre entre los días,
    que se han hecho rastrojo.
     
    En esta zanja nadie ama, ni canta. Gana el polvo
    la batalla, es quimera el regreso 
    del agua.
     
                  Ya no sabes qué hacer, dónde extender los sueños
    que heredaste, la vida legada por los tuyos.
     
    Caminas entre escombros, 
    entre enseres inútiles, hundido en un paisaje
    que es tan solo memoria,
    rescoldo de una tierra y de un tiempo
    jamás recuperables.
     
    PAESELLO ABBANDONATO
    In questa conca, in questo paesello ferito
    dal vento e dalla fuga, dagli ultimi uccelli
    di vecchie primavere, nulla cresce, nulla cerca
    la voce, l'orizzonte.
                                       Tutto muore,
    diventa rovina, silenzio, desolata
    penombra.
     
    Accarezzi le pietre, i legni abbattuti,
    i nidi orfani, ti perdi lungo i sentieri
    dove cresce, come edera, l'abbandono
    e il ricordo del tatto si perde tra i giorni,
    che sono diventati stoppia.
     
    In questo fossato nessuno ama né canta. La polvere vince
    la battaglia, è chimera il ritorno 
    dell'acqua.
                   Non sai più cosa fare, dove stendere i tuoi sogni
    che hai ereditato, la vita il lascito dei tuoi.
     
    Cammini in mezzo a macerie
    tra arnesi inutili, sprofondato in un paesaggio
    che è solo memoria,
    braci di una terra e di un tempo
    giammai recuperabili.
    ---
    MEMORIA DE CIERTA LLUVIA
    El rasgo conocido. La luz. El aire. Las palabras.
    El olor de la noche —¿o no era
    propiamente la noche, sino la lluvia
    que movía la tierra, deshacía las flores, los geranios, 
    levantaba el aroma de lo poco visible?—,
    contigo llega.
     Huellas de otras horas, ventanas,
    cines desposeídos
    de la felicidad tardía
    del final del domingo —aquel taxi, aquel húmedo olor
    de las afueras—, contigo acuden, viejo transeúnte
    que acampas hoy en mi cuerpo cansado,
    en el espejo donde entrelazan los años
    su larga urdimbre de experiencias y olvido.
     
    MEMORIA DI CERTA PIOGGIA
    La nota fattezza. La luce. L'aria. Le parole.
    L'odore della notte —o non era
    propriamente la notte, ma la pioggia
    che s muoveva la terra, sciupava i fiori, i gerani,
    sollevava l'aroma di ciò che è poco visibile?—,
    giunge insieme a te.
                                       Tracce di altre ore, finestre,
    cinema spogli
    della felicità tardiva
    di fine domenica —quel taxi, quell'odore umido
    della periferia—, sopraggiungono con te, vecchio viandante
    che ti accampi oggi nel mio corpo stanco,
    nello specchio dove gli anni intrecciano 
    la loro lunga trama di esperienze e di oblio.
    ---
    EL CERCO DE LO PRÓXIMO
    A veces, este cuerpo cabizbajo, tendente
    a la melancolía, a miedos sin sentido,
    crece y madura 
    en unidades mínimas de gozo.
     
    Esta pasión por lo inmediato,
    por lo que sólo abarca un golpe de mirada,
    se adueña de mis ojos, de mis dedos,
    dicta una travesía plena de intimidades,
    de objetos entrevistos en el paisaje cotidiano
    sin saberlos apenas.
     
    Lo pequeño es hermoso. Cálido. 
                                             Abriga y baña
    con su ternura, con sus huecos
    al fin acostumbrados a la línea
    que tus dedos dibujan, a tu piel ya cansada
    por dudas e intemperies, por oficios
    insanos, por batallas perdidas hace tiempo, 
    o ganadas tan sólo en el íntimo llano donde ronda
    la moral convicción que a ti te sirve.
     
    A ti tan sólo.
     
    IL CERCHIO DI CIÒ CHE È PROSSIMO
    A VOLTE, questo corpo abbattuto, tendente
    alla malinconia, a paure senza senso,
    cresce e matura
    in unità minime di piacere.
     
    Questa passione per l'immediato,
    per ciò che racchiude soltanto un colpo di sguardo,
    s'impadronisce dei miei occhi, delle mie dita,
    detta una spedizione piena di intimità,
    di oggetti intravisti nel paesaggio quotidiano
    conoscendoli appena.
     
    Ciò che è piccolo è bello. Mite.
                                          Ripara e bagna
    con la sua tenerezza, con i suoi pertugi
    finalmente abituati alla linea
    che le tue dita disegnano, alla tua pelle ormai stanca
    da dubbi e intemperie, da funzioni
    insane, da battaglie perdute da tempo,
    o vinte soltanto nell'intimo piano dove si aggira
    la morale convinzione che a te serve.
     
    Solanto a te.
    ---
    EL REGRESO
    Otra vez este cuarto. 
                                    Como tantas.
    Otra vez estas viejas cortinas amarillas. 
    Estos libros gastados por el tiempo, 
    por la rota esperanza que otros años
    en ellos sumergieron.
                                     Otra vez esta cueva
    que es costumbre, historia o tedio
    —y gozo en ocasiones— donde viven las huellas,
    los ojos, la memoria que te abate.
     
    Otra vez los grabados, las cercas de la angustia,
    las tapias de la noche, la silla,
    la mesa de trabajo —y de duda y de niebla
    tantas veces—, otra vez las palabras
    gastadas, el mismo encuentro siempre.
     
    Al fin y al cabo, tú
    perdido entre los pliegues de la vida.
     
    IL RITORNO
    DI NUOVO questa stanza.
                                                Come tante.
    Di nuovo queste vecchie tende gialle.
    Questi libri consumati dal tempo,
    per la speranza spezzata che altri anni
    in essi si sono immersi.
                                             Di nuovo questa grotta
    che è abitudine, storia o tedio
    —e a volte piacere— dove vivono le orme,
    gli occhi, il ricordo che ti abbatte.
     
    Di nuovo le incisioni, gli steccati dell'angoscia,
    i muri della notte, la sedia,
    il tavolo da lavoro —e di dubbio e di nebbia
    tante volte—, di nuovo le parole
    sprecate, lo stesso incontro sempre.
     
    Alla fine, tu
    smarrito tra le pieghe della vita.
    ---
    LA DUDA RAZONABLE
    ¿Fuimos imprescindibles
    nosotros, apenas tentativas
    de una voz heredada en el suburbio
    donde ardía una Historia 
    tan común y vivida
    y, sin embargo, tan lejana
    a quienes hoy pasean 
    el parque que contemplo, señalado
    en el torpe crepúsculo 
    que una luz periférica
    inventa en la ciudad?
     
    IL RAGIONEVOLE DUBBIO
    Fummo imprescindibili
    noi, tentativi appena
    di una voce ereditata nel sobborgo
    dove ardeva una Storia
    così comune e vissuta
    e, ciononostante, così lontana
    a chi oggi passeggia
    nel parco che contemplo, indicato
    nell'incerto crepuscolo
    che una luce periferica
    inventa nella città?
    ---
    VIEJA TRAICIÓN 
    ¿Por qué me amarga tanto
    ese beso perdido
    en las islas en sombra
    de antiguas despedidas?
     
    ¿Por qué, como un destello, aturde
    mi conciencia el rescoldo
    de un acto que fue hurto,
    bien medida traición, preámbulo
    de la distancia 
    que han abierto los años y los trenes?
     
    VECCHIO TRADIMENTO
    Perché mi amareggia tanto
    quel bacio perduto
    nelle isole in ombra
    di vecchi congedi?
     
    Perché, come un bagliore, stordisce
    la mia coscienza il fuoco
    di un atto che fu furto,
    ben misurato tradimento, preambolo
    della distanza
    che gli anni e i treni hanno aperto?
    ---
    PIDO LA LUZ Y LA INSOLENCIA...
    PIDO la luz y la insolencia: pido 
    la claridad, la certidumbre de los hechos
    con parecido empeño al que asumiera
    Blas de Otero al pedir la paz y la palabra.
     
    En esta calle oscura, en esta latitud
    que al lado de mi casa tiembla a veces,
    en el precario territorio donde el tiempo señala
    la frágil densidad de los proyectos
    de vida, tiendo mis años como alfombras
    y pido la luz y la insolencia.
     
    Cerca,
    otras vidas extienden sus alfombras
    ajadas, su piel rota, su mirada
    como un pozo sin agua, como un pozo.
     
    CHIEDO LA LUCE E L'INSOLENZA
    CHIEDO la luce e l'insolenza: chiedo
    la chiarezza, la certezza dei fatti
    con l'impegno simile a quello assunto
    da Blas de Otero nel chiedere la pace e la parola.
     
    In questa strada buia, in questa latitudine
    che vicino a casa mia trema a volte,
    nel precario territorio dove il tempo indica
    la fragile densità dei progetti
    di vita, stendo i miei anni come tappeti
    e chiedo la luce e l'insolenza.
     
    Vicino,
    altre vite stendono i loro tappeti
    logori, la loro pelle avvizzita, il loro aspetto
    come un pozzo senz'acqua, come un pozzo.
     
    (Del libro De viejas estaciones invernales. Ediciones Igitur, 2006)
    ---
    LA ADVERTENCIA 
    Me avisaron: no vuelvas a las calles 
    que fueron tuyas 
    alguna vez. Te morderá una sombra. 
    Pero una rebeldía  
    macerada en memoria y añoranza 
    preparó, sigilosa, mi retorno. 
     
    En qué funesta hora 
    me rendí a su conjuro: desde entonces 
    me vence la ceguera si pretendo  
    proyectar mi mirada en un lugar distinto  
    a este cuarto de libros y teléfonos. 
    Es una enfermedad desconocida,  
    como una veladura del contorno,  
    tal vez un desacuerdo con la luz,  
    acaso la caricia que quedara pendiente 
    cuando el padre se hundió  
    en el ciego sendero del vacío. 
     
    Siento sus dientes fríos cruzar la tarde. 
    No puedo verlos. Llegan 
    su tensión afilada  
    en el paisaje antiguo del reverso. 
    Es una trampa: la mordedura 
    que me anunciaron. 
     
    L'AVVERTIMENTO
    Mi avevano avvertito: non tornare sulle strade
    che sono state tue
    una volta. Ti morderà un'ombra.
    Ma una ribellione
    macerata nella memoria e nella nostalgia
    aveva preparato, in silenzio, il mio ritorno.
     
    In quale ora funesta
    mi sono arreso al suo sortilegio? Da allora
    mi sconfigge la cecità se pretendo
    di proiettare il mio sguardo in un luogo diverso
    da questa stanza di libri e di telefoni.
    È una malattia sconosciuta,
    come una velatura del contorno,
    forse un disaccordo con la luce,
    forse la carezza rimasta in sospeso
    quando il padre sprofondò
    nel cieco sentiero del nulla.
     
    Sento i suoi denti freddi attraversare la sera.
    Non riesco a vederli. Precipitano
    la loro tensione pungente
    sul retro dell'antico paesaggio.
    È una trappola: il morso
    che mi era stato annunciato.
    ---
    DONDE ASOMA LA TARDE
    Donde asoma la tarde: en la ventana.
    O en el vaso de whisky, en ese engaño
    que te aguarda en la mesa o te vigila.
     
    En la piel que es temblor cuando los dedos
    tocan los signos de la edad, tantean
    territorios ocultos. En la ropa
    tendida al sol que alguna vez fue tuya.
     
    En la arena de agosto. En una playa
    descubierta en Pavese aquel verano
    de fiebres y lecturas. En la calle
    del barrio que ya no nos espera.
     
    En la lengua cortada en aquel tiempo
    de la niebla. En la hora más triste, herida
    de domingos. En los ojos del padre,
    sembrados de hospitales y de muerte.
     
    Siempre acecha esa luz que no prescribe. 
     
     
    LADDOVE SPUNTA LA SERA
    Laddove spunta la sera: nella finestra.
    O nel bicchiere di whisky, in quell'inganno
    che ti aspetta a tavola o che ti vigila.
     
    Sulla pelle che è tremore quando le dita
    toccano i segni dell'età, tastano
    territori occulti. Nei panni
    stesi al sole che una volta furono tuoi.
     
    Sulla sabbia di agosto. In una spiaggia
    scoperta in Pavese quell'estate
    di febbri e letture. Sulla strada
    del quartiere che non ci aspetta più.
     
    Nella lingua spezzata in quel tempo
    della nebbia. Nell'ora più triste, ferita
    delle domeniche. Negli occhi del padre,
    disseminati di ospedali e di morte.
     
    È sempre in agguato quella luce che non si estingue.
     
     
     
    (Del libro Quebrada Luz, 1996)
    ---
    USO DE LA MEMORIA
                                                …tiempos en que hablar de árboles casi es un crimen...
                                                                   Bertolt Brecht. A nuestros sucesores (1938)
     
                                                                                                      A Fernando Beltrán
     
    Aprendí, desde niño, a perdonar silencios 
    y cegueras no sé si transitorias. Nunca
    fui capaz, sin embargo, de asumir el olvido
    como un bálsamo. Sí como hiel o penumbra
    envenenada, como fraude. Tampoco supe
    abismarme en la helada belleza que el poema 
    proponía. 
                     Sabed que en la Alemania parda
    y negra,
    entre enguantadas voces y láminas de plomo, 
    los magos del lenguaje, tiznados de una luz
    de habitación tapiada, pulían la sintaxis 
    hasta encender el árbol o dar flores de nieve,
    buscaban el destello innombrado en los mármoles
    de los acantilados de la desolación
    a la vez que en el aire, sobre la Selva Negra
    o sobre el Rhin, la carne se hacía transparencia,
    sedimento de humo y voz deshabitada,
    hedor tan solo a Humanidad extinta,
    a flor de cieno. 
     
    En ese tiempo mate, Walter Benjamin supo
    del frío de la muerte y del exilio, y Jochen
    Klepper, en su jardín, dio tierra a los diarios
    de un tiempo de cristales rotos. Después, urdió 
    la muerte propia al lado de los suyos 
    burlando, así, al gas zyklon y a la Gestapo.
    Por decreto, la voz 
    de Henrich Mann era expropiada 
    y el coraje de Ernst Wiechert vagaba entre cadáveres
    en un lugar llamado El bosque de los muertos.
     
    Mientras, así, la noche dibujaba
    el envés del lenguaje en una tierra amarga, 
    los magos del silencio bebían los detritos 
    del himno y la proclama o enfermaban de culpa.
     
    ¿Cómo dar al olvido el poder de una noche
    huera de amaneceres? De mis antepasados
    recibí como herencia la luz de la memoria. 
    En su raíz alientan todavía
    las voces condenadas. Y aquel frío. 
     
    USO DELLA MEMORIA
                                                   …tempi in cui discorrere di alberi è quasi un crimine...
                                                                       Bertolt Brecht. A coloro che verranno (1938)
     
                                                                                                        A Fernando Beltrán
    Ho imparato, fin da bambino, a perdonare silenzi
    e cecità non so se transitori. Mai
    fui capace, malgrado ciò, di assumere l'oblio
    come un balsamo. Sì, come il fiele o penombra
    avvelenata, come frode. Non seppi nemmeno 
    immergermi nella gelida bellezza che la poesia
    proponeva.
                           Sapete che nella Germania buia
    e nera,
    tra voci camuffate e lamine di piombo,
    i maghi del linguaggio, imbrattati di una luce
    di stanza tappata, pulivano la sintassi
    fino ad accendere l'albero o dare fiori di neve,
    cercavano il bagliore innominato nei marmi
    delle scogliere della desolazione
    mentre nell'aria, sopra la Foresta Nera
    o sul Reno, la carne diveniva trasparenza,
    sedimento di fumo e voce disabitata,
    fetore solo di Umanità estinta,
    a fior di melma.
     
    In quel tempo sbiadito, Walter Benjamin seppe
    del freddo della morte e dell'esilio, e Jochen
    Klepper, nel suo giardino, sotterrò i diari
    di un tempo dei cristalli rotti. Dopo, ordì                  
    la propria morte accanto ai suoi
    burlando, così, il gas zyklon e la Gestapo.
    Per decreto, la voce
    di Henrich Mann veniva espropriata
    e il coraggio di Ernst Wiechert vagava tra i cadaveri
    in un luogo chiamato La selva dei morti.
     
    Nel mentre, la notte disegnava
    l'opposto del linguaggio in una terra amara,
    i maghi del silenzio bevevano i detriti
    dell'inno e del proclama o ammalavano di colpa.
     
    Come gettare nell'oblio il potere di una notte
    priva di albe? Dai miei antenati
    ho ricevuto in eredità la luce della memoria.
    Nella sua radice incoraggiano ancora
    le voci condannate. E quel freddo.
    ---
    DE LA ORFANDAD COMPLETA
                             A Águeda Lucía (1920-1998), la madre
     
    El aire lleva indicios
    de los días inestables donde habita
    la primavera rota de la madre, la primavera
    que nunca llegaría —ella soñaba, 
    en los pasillos de la muerte
    de una casa prestada, jamás suya,
    la floración de los frutales y la lluvia de abril—,
    los días de aquel marzo de mil novecientos
    noventa y ocho 
    que no llegaron pues la muerte
    fue el anticipo del silencio, el olor de los éteres y de la metadona, 
    el frío de la calle y de la noche 
    desahuciada.
     
    Estabas solo cuando el silencio negro.
    Solo con ella cuando el silencio de afilado cristal 
    fue definitivo, agrio segundo, hueco
    de eterna duración.
    Solo con el tiempo desguazado
    en la casa que no fue nunca suya ni de nadie.
     
    Hay días que se sueñan y temen, días
    que no florecen,
    en los que el aire, y la ciudad, y el agua,
    se llenan de silencios y de niebla,
    te saben a infancias ya prescritas y a bufandas de lana,
    a mantas que no sirven, a días casi inmóviles
    de pócimas inútiles: como aquel de febrero
    de la orfandad completa y de la madre rota
    de mil novecientos
    noventa y ocho. 
     
    DELL' ORFANILITÀ COMPLETA 
                                 Ad Águeda Lucía (1920-1998), la madre
     
    L'aria porta indizi
    dei giorni instabili in cui dimora
    la primavera spezzata della madre, la primavera
    che non sarebbe arrivata mai —lei sognava,
    nei varchi della morte
    una casa in prestito, mai sua,
    la fioritura degli alberi da frutto e la pioggia d'aprile—,
    i giorni di quel marzo del millenovecento
    novant'otto
    che non giunsero poiché la morte 
    fu l'anticipazione del silenzio, l'odore di etere e metadone,
    il freddo della strada e della notte
    inguaribile.
     
    Eri da solo quando vi fu il silenzio nero.
    Solo con lei quando il silenzio di cristallo tagliente
    fu definitivo, secondo aspro, vuoto
    di eterna durata  .
    Solo col tempo in frantumi
    nella casa che non fu mai sua né di altri.
     
    Ci sono giorni che si sognano e che si temono, giorni
    che non fioriscono,
    in cui l'aria, e la città, e l'acqua,
    si riempiono di silenzi e di nebbia,
    sanno di infanzie già prescritte e di sciarpe di lana,
    di coperte che non servono, di giorni quasi immobili
    di pozioni inutili: come quello di febbraio
    dell'orfanilità  completa e della madre stroncata
    del millenovecento
    novantotto.
    ---
    NO REVELA EL POEMA NECEDADES
    No revela el poema necedades
    sino rastros de una verdad antigua.
    Cruza puertas y muros, atestigua
    temblores del idioma, salvedades
    que olvidamos a veces, las edades
    que cruzamos a ciegas o la exigua
    señal de un tiempo roto: así es de ambigua 
    la lengua entre los versos. Las verdades
    en el miedo se escriben o en el gozo.
    Son realidad y vida, no poema.
    Éste miente y araña y así enciende
    el núcleo de la vida, el turbio esbozo
    de los sueños ajados, el emblema
    de lo extraño, la luz que nunca ofende.
     
    NON RIVELA SCIOCCHEZZE LA POESIA
    Non rivela sciocchezze la poesia
    ma scie di una verità antica.
    Attraversa porte e muri, testimonia
    tremori dell'idioma, avvertimenti
     
    che a volte dimentichiamo, le età
    che attraversiamo alla cieca o l'esiguo
    segnale di un tempo spezzato: tanto è ambigua
    la lingua tra i versi. le verità
     
    si scrivono nella paura o nella gioia.
    Sono realtà e vita, non  poesia.
    Questa mente e graffia e così accende
     
    il nucleo della vita, il torbido abbozzo
    dei sogni lacerati, l'emblema
    di ciò che è strano, la luce che non offende mai.
    ---
    MEJORES QUE NOSOTROS
    Oh muchachas de los años setenta,
    os recuerdo esta tarde, mientras miro a quien amo.
    Ella fue de las vuestras. Descubría
    la luz y los semáforos, las sábanas heladas 
    y los sábados heridos de filmes imposibles. 
     
    Muchachas de blue jeans adictos al pecado 
    y a los viejos caminos y a músicas indóciles.
     
    Muchachas de habitación estudiante, camisa de franela y 
     [discos de prestado,
    de flor muy generosa y de poemas malditos,
    de arcillas y cerámicas, de ropas adquiridas en viejos 
                                                                               [mercadillos.
     
    Muchachas torturadas, frágiles como la espuma
    de las últimas bahías vírgenes del siglo en que nacisteis.
    Erais pequeñas patrias donde el amor tenía 
    un lugar fugitivo y una tarde de lluvia,
    virginidades rotas cual dudosas batallas con pocos vencedores,
    caminatas sin fin por calles que esperaban 
    la decisión y la vehemencia frente a las ciegas sombras
    del pasado.
     
    Muchachas como ella, la mujer a quien amo,
    gigantescas anémonas de cine matinal y parques escondidos
    que tuvisteis ternura traicionada, que agotasteis a Freud
    buscando lo imposible. Dulces muchachas a las que amamos mal, 
    [a las que casi dictábamos 
    frases de Whilhelm Reich torpemente aprendidas.
     
    Hoy os recuerdo dulces y entregadas,
    generosas y bellas e inmerecidas,
    encogidas bajo el poncho o con los pies helados
    bajo una manta rústica en un pueblo perdido
    detrás de cualquier sábado.
     
    MIGLIORI DI NOI
    Oh ragazze degli anni settanta,
    vi ricordo questa sera, mentre guardo chi amo.
    Lei fu una di voi. Scopriva
    la luce e i semafori, le lenzuola gelate
    e sabati feriti da film impossibili.
     
    Ragazze in blue jeans fedeli al peccato
    e ai vecchi tragitti e a musiche indocili.
    Ragazze della stanza dello studente, camicia di flanella e
                                                                     [dischi in prestito,
    dal fiore molto generoso e di poesie maledette,
    di argille e ceramiche, di abiti comprati in vecchi
                                                                [mercatini.
    Ragazze torturate, fragili come la schiuma
    delle ultime baie vergini del secolo in cui siete nate.
    Eravate piccole patrie dove l'amore aveva
    un luogo fuggitivo e una sera di pioggia,
    verginità spezzate quali dubbie battaglie con pochi vincitori,
    infinite camminate lungo strade che aspettavano
    la decisione e la veemenza dinanzi alle ombre cieche
    del passato.
    Ragazze come lei, la donna che amo,
    giganteschi anemoni di cinema mattutini e parchi nascosti
    che avete avuto tenerezza tradita, che avete esaurito Freud
    àcercando l'impossibile. Dolci ragazze che abbiamo amato male
                                                         [a cui abbiamo quasi dettato
    frasi di Whilhelm Reich goffamente imparate.
     
    Oggi vi ricordo dolci e dedite,
    generose e belle e immeritate,
    rannicchiate sotto il poncho o con i piedi congelati
    sotto una coperta rustica in un paesello sperduto
    dietro un qualsiasi sabato.
    ---
    GASOLINERAS SIN VIDA
    Gasolineras solitarias, dejadas por una mano oculta
    en lugares inhóspitos, donde la luz nos quema
    y nos aturde.
     
    Con algún remolque abandonado. Con sombras
    de lo inerte bajo el sol de julio. Con latas oxidadas
    asomando entre cardos y papeles
    de letras descoloridas que anuncian paraísos.
     
    Descienden, como sombras ambiguas,
    los secos pájaros del mediodía. Nos confiesan
    que aquí hubo vida y viaje, sueños de mar, lentas sombrillas
    avanzando hacia el agua, niños y juventud en fuga.
     
    Mas hoy acampa lo más amargo de la llanura.
    Ya no huele a gasoil o solo a su memoria empobrecida
    y la paja, dispersa bajo los surtidores, nos revela
    pérdida y desamparo: la autopista, a dos kilómetros,
    marcó un nuevo destino. 
     
                                                 Y definió la muerte
    de la gasolinera y de los sueños
    que el tiempo y el verano otorgaban al viaje.
     
    DISTRIBUTORI DI BENZINA SENZA VITA                  
    Distributori di benzina solitari, abbandonati da una mano occulta
    in luoghi inospitali, dove la luce ci abbaglia
    e ci stordisce.
     
    Con qualche rimorchio abbandonato. Con ombre
    di ciò che è inerte sotto il sole di luglio. Con lamiere ossidate 
    che spuntano tra cardi e cartelli
    dalle scritte sbiadite che annunciano paradisi.
     
    Discendono, come ombre ambigue,
    gli aridi uccelli del mezzogiorno. Ci confessano
    che qui ci fu vita e viaggi, sogni di mare, lenti ombrelloni
    avanzando verso l'acqua, bambini e gioventù in fuga.
     
    Ma oggi accampa l'amaro più amaro della pianura.
    Non c'è più l'odore di gasolio e nemmeno la sua memoria impoverita
    e la paglia, sparsa sotto gli erogatori, ci rivela
    perdita e abbandono: l'autostrada, a due chilometri,
    ha definito una nuova destinazione.
     
                                                  E ha definito la morte 
    del distributore e dei sogni
    che il tempo e l'estate conferivano al viaggio.
     
    (Del libro Tiempo salvado del tiempo. El sastre de Apollinaire, 2020)
    ---
    A P U N T E S
    I
    ENTRO en el dormitorio que hace tiempo mi hijo abandonó
    (cosas de la edad y del dominio inevitable de la biología)
    para buscar el aire que ya no será nuestro.
     
    Él se fue, viene a veces a casa con sus mundos al hombro
    y lo recibe la historia. Historia de dedales y lápices,
    de libros no leídos y cuentos olvidados, viejos videos
    y juguetes ya irresponsables a la luz del abandono.
     
    A veces, veo en sus ojos parte de mi historia. Parte de mis
          cuadernos
    escritos con desorden, clips abandonados e inútiles bolígrafos,
    plumas estilográficas que tuvieron un tiempo esplendoroso
    antes de que naciera, el tirachinas que respiró vientos de montaña
    y se apiadó de los pájaros.
     
    Él, y su hermana, son los pasajeros
    del barco que ella y yo tomamos cuando el tiempo era frío
    y era negro y silencio.
                                           Los miro cuando estamos juntos
    y nos reconocemos sin apenas hablar. Gestos de familia
    y residuos de vida, guiños conocidos y sombras de la Historia.
     
    II
    Me asomo a la ventana. Es primavera y llueve y en la calle
    hay alerta por vientos excesivos. Pero en la casa
    reside lo apacible, están los libros marcando lo vivido,
    está la biografía adensada en objetos de lugares perdidos en la
            noche
    que anega la memoria. Es la historia.
     
    La calle avanza entre jardines. Vive. Por ella caminaste,
    hoy caminas aún, con la extraña bandera de la compasión y sus
            derivas
    con el trato más frágil: aquel que abarca a la otra gente,
    a quienes respiraron tu mismo aire o el de tus ancestros
    conviviendo en los otros, inventando dominios
    o extendiendo consignas de verdades antiguas.
     
    La calle reposa, la calle espera, la calle ha sido hogar para la
           historia
    de los tuyos: tierra de los domingos incompletos y de los sábados
           de fiesta,
    de los sueños escritos en papel de estraza o en tela muy sensible,
    la calle.
     
    III
    Bebíamos el agua de los arroyos. Las flores del camino
    nos dejaban noticia de un mundo virgen, recorríamos
     
    tierras sin roturar y lechos de cebada: comulgábamos
    con el mundo ingobernable de los pueblos vacíos
    y de las ratas de agua.
    Todo aquello retorna con el verde del plátano
    que se alza tras la ventana y despide el inverno mientras ellos,
    tus hijos, recobran, con la luz de la casa,
    tus fragmentos de historia y la contemplan
    como historia distinta: es la suya, la que ignoras
    aunque sepas que tal ignorancia te empobrece y desasiste.
     
    Es su historia: una imagen deforme de la tuya.
     
    En la calle, la fronda. En la casa, la densidad de los espejos
    y el desván
    que guarda los juguetes y otra parte
    de su historia.
                             Y de la tuya.
     
     
     
     
    APPUNTI
    I
    Entro nella camera da letto che da tempo mio figlio ha abbandonato 
    (cose dell'età e l'inevitabile dominio della biologia)
    per cercare l'aria che non sarà più nostra.
     
    Lui se n'è andato, a volte torna a casa con i suoi mondi in spalla
    e lo riceve la storia. Storia di ditali e matite,
    di libri non letti e favole dimenticate, vecchi video
    e giocattoli ormai irresponsabili alla luce dell'abbandono.
     
    A volte, vedo nei suoi occhi parte della mia storia. Parte dei miei
             quaderni
    scritti con disordine, fermagli abbandonati e penne inutili,
    penne stilografiche che hanno avuto un tempo di splendore
    prima che nascesse, la fionda che ha respirato venti di montagna
    ed ebbe pietà degli uccelli.
     
    Lui, e sua sorella sono i passeggeri
    della nave che lei ed io occupavamo quando il tempo era freddo
    ed era buio e silenzioso.
                                            Li guardo quando siamo insieme
    e ci riconosciamo senza quasi parlare. Gesti di famiglia
    e residui di vita, ammiccamenti conosciuti e ombre della Storia.
     
    II
    Mi affaccio alla finestra. È primavera e piove e per strada
    c'è allerta per venti eccessivi. Ma in casa
    risiede la mitezza, ci sono i libri che segnano quanto vissuto,
    c'è la biografia addensata in oggetti di luoghi perduti nella
             notte
    che annega la memoria. È la storia.
     
    La strada avanza tra giardini. Vive. Lungo questa hai camminato,
    oggi cammini ancora, con la strana bandiera della compassione e delle sue
             derive
    con il tratto più fragile: quello che include le altre persone,
    coloro che hanno respirato la tua stessa aria o quella dei tuoi antenati
    convivendo negli altri, inventando domini
    o estendendo disposizioni di antiche verità.
     
    La strada riposa, la strada aspetta, la strada è stato focolare per la
            storia
    dei tuoi: terra delle domeniche incomplete e dei sabati 
            di festa,
    di sogni scritti su cartastraccia o su tela molto sensibile,
    la strada.
     
    II
    Bevevamo l'acqua dei ruscelli. I fiori della strada
    ci lasciavano notizia di un mondo vergine, percorrevamo
     
    terreni non arati e talami d'orzo: eravamo in comunione
    con il mondo ingovernabile dei villaggi vuoti
    e i topi d'acqua.
    Tutto ciò ritorna con il verde del platano
    che si alza dietro la finestra e congeda l'inverno mentre loro,
    i tuoi figli, riacquistano, con la luce della casa,
    i tuoi frammenti di storia e la contemplano
    come storia diversa: è la loro, quella che ignori
    anche se sai che tale ignoranza ti impoverisce e ti distacca.
     
    È la loro storia: un'immagine deforme da quella tua.
     
    Per strada, il fogliame. In casa, la densità degli specchi
    e la soffitta
    che custodisce i giocattoli e un'altra parte
    della loro storia.
                              E della tua.
    ---
    E N C I E R R O  Y  S O L E D A D
                           (La vida entró en un paréntesis de sombra. Cuarentena)
    I
    VIVO el desorden de la vida
    en el orden silencioso que el campo, liberado,
    extiende más allá de la casa.
     
    Todo en letargo menos las lilas del jardín
    y la memoria. Menos los pájaros que acuden
    a las migas escasas
    y a la memoria.
     
                                La que dibujas
    mientras avanza el silencio por las calles desiertas
    y hoy prohibidas, la que construye
    sus torres muy pequeñas y sus desfiladeros
    en las llamas precarias de una chimenea
    que jamás nos olvida.
     
    He llenado mi ropa de sombras,
    de noticias de sombra y de muertos absurdos.
    Es el desorden de la vida, el abismo imprevisto,
    un silencio que es grávido y aspira a ser eterno
    más allá de la casa.
     
    II
    Fuiste ayer a la compra. Embozado,
    recorriste las calles
    de la pequeña ciudad que vive en tus novelas de montaña.
     
    El silencio es la alfombra que estos días despliega
    su temblor y su frío y sus pocos viandantes.
     
    Es silencio y horror y niebla asustadiza.
     
    Ficción colándose en las grietas de la realidad,
    haciéndose realidad no imaginada, sólo viva
    en la medieval memoria de abismos no soñados,
    en la sombra de escaparates mudos: hace sólo unos días
    eran color e invitación, sueños y luces
    y voces y espesura.
     
    III
    En los espejos, sólo un hombre embozado
    con los ojos de niebla: sólo en parte
    llego a reconocerme. En los espejos solos.
    En los mudos espejos agrietados.
    Esperando el vacío de la calle, el miedo de los solos
    destejiendo en la acera el tapiz de la vida.
     
    Es abril. Duro abril que ni el Eliot
    más triste y pesaroso imaginó en su crueldad
    de enfermedad y muerte.
     
    IV
    Nevó en los primeros días de la noche.
    Abril de nieve y de montaña,
    de miedos abisales y de niebla.
     
    Refugiados e insomnes, inquilinos
    de lo incierto y de las pesadillas,
    desgranamos los días, amamos las ventanas
    y amamos el jardín,
    los días desiguales y las noches en vela, las raras novedades
    y los pálidos números y la negra estadística.
     
    Las pantallas, refugios agoreros,
    enlutadas sonrisas y perplejas farmacias.
     
    Mas llegaron las lluvias y el mes más cruel
    siguió acumulando soledades
    y señales nocturnas, y las flores
    soñaron reinventarse pero tú estabas solo y encerrado
    y perplejo.
     
    En Gargantilla de Lozoya. Marzo, abril y mayo 2020.
     
    ISOLAMENTO E SOLITUDINE
    (La vita è entrata in una parentesi d'ombra. Quarantena)
     
    I
    VIVO il disordine della vita
    nell'ordine silenzioso che la campagna, liberata,
    si estende oltre la casa.
     
    Tutto in letargo tranne i lillà del giardino
    e della memoria. Tranne gli uccelli che accorrono
    verso le scarse briciole
    e alla memoria.
     
                             Quella che disegni
    mentre avanza il silenzio lungo le strade deserte
    e oggi proibite, quella che costruisce
    le sue torri molto piccole e i suoi varchi
    nelle fiamme precarie di un camino
    che mai ci dimentica.
     
    Ho riempito i miei vestiti di ombre,
    di notizie d'ombra e di morti assurdi.
    È il disordine della vita, l'abisso imprevisto,
    un silenzio che è gravido e aspira ad essere eterno
    al di là della casa.
     
    II
    Sei andato a fare spesa. Imbacuccato,
    hai percorso le strade
    della piccola città che vive nei tuoi romanzi di montagna.
     
    Il silenzio è il tappeto che in questi giorni distende
    il suo tremore e il suo freddo e i suoi pochi viandanti.
     
    È silenzio, orrore e nebbia spaventosa.
     
    Finzione filtrandosi nelle crepe della realtà,
    diventando realtà non immaginata, solo viva
    nella medievale memoria  di abissi mai sognati,
    nell'ombra di vetrine mute: solo pochi giorni fa
    erano colore e invito, sogni e luci
    e voci e calca.
     
    III
    Negli specchi, solo un uomo imbacuccato
    con gli occhi di nebbia: solo in parte
    riesco a riconoscermi. Negli specchi solitari.
    Nei muti specchi incrinati.
    Aspettando il vuoto della strada, la paura dei soli.
    Dipanando nel marciapiede l'arazzo della vita.
     
    È aprile. Duro aprile che nemmeno l'Eliot
    più triste e afflitto immaginò nella sua crudeltà
    di malattia e di morte.
     
    IV.
    Nevicò nei primi giorni della notte.
    Aprile di neve e di montagna,
    di paure abissali e di nebbia.
     
    Rifugiati e insonni, inquilini
    dell'incerto e degli incubi,
    sgraniamo le giornate, amiamo le finestre
    e amiamo il giardino,
    i giorni diseguali e le notti in bianco, le rare novità
    e i pallidi numeri e le statistiche nere.
     
    Gli schermi, rifugi infausti,
    sorrisi afflitti e farmacie perplesse.
     
    Ma sono arrivate le piogge e il mese più crudele
    continuò ad accumulare solitudini
    e segnali notturni, e i fiori
    sognavano di reinventarsi ma tu eri solo e rinchiuso
    e perplesso.
    ---
    D E S C A M P A D O
    ERA hacia el descampado
    donde moría la ciudad y los primeros
    álamos anunciaban el río y el verde de los juncos,
    antes de la campiña y la extrañeza,
    tras los primeros ecos de la consciente vida
    y de la muerte sospechada
    en la conversación, más allá de las puertas
    que escondían los viejos a la sombra de octubre.
     
    Era más allá de la ventana. Más allá de aquel cuarto de libros
    y desorden y camisas y treguas.
     
    Allí jugabas, florecías inverso, te asomabas al mundo.
     
    STERRATO
    Era verso lo sterrato
    dove moriva la città e i primi
    pioppi annunciavano il fiume e il verde dei giunchi,
    prima della campagna e della stranezza,
    dietro i primi echi della vita cosciente
    e della morte sospetta 
    nella conversazione, al di là delle porte
    che i nascondevano i vecchi  all'ombra di ottobre.
     
    Era oltre la finestra. Oltre quella stanza dei libri
    e disordine e camicie e tregue.
     
    Lì giocavi, fiorivi all'inverso, ti affacciavi al mondo.
    --- 
    LA PRIMERA VENTANA
    La ventana que ya no es. La muerta
    ventana que dejó, temblorosa,
    imágenes aún vivas contra el tiempo y la arena.
     
    La ventana de las casa en que he vivido,
    mas ante todo
    la ventana de entonces, la que daba
    a un campo sin ciudad y vertederos,
    a las calles huidizas, al frío vertical
    y al calor imprevisto y a la niebla.
     
    La ventana abierta a la avenida
    y a los escaparates, al blanco y negro frágil
    de los sueños vacíos.
                                           La ventana
    tras la que crecieron tus ojos, creció el mundo
    y el domingo.
                             La ventana.
     
    LA PRIMA FINESTRA
    La finestra che non c'è più. La morta
    finestra che ha lasciato, tremolanti,
    immagini ancora vive contro il tempo e la sabbia.
     
    La finestra delle case in cui ho vissuto,
    ma soprattutto 
    la finestra di allora, quella che dava
    a un campo senza città e senza discariche,
    alle strade sfuggenti di chi fugge via, al freddo verticale
    e al caldo imprevisto e alla nebbia.
     
    La finestra aperta al viale
    e alle vetrine, al fragile bianco e nero
    dei sogni vuoti.
                               La finestra
    dietro alla quale son cresciuti i tuoi occhi, è cresciuto il mondo 
    e la domenica.
                             La finestra.
    ---
    A C E R A  Y  L Í M I T E
    UNA acera
    puede conducir al infierno de los abandonados
    o llenarte de sueños hechos de escaparates y maniquíes:
    aquella acera nos llevaba
    al centro de todas las ciudades. En la calle
    Alcalá vivían todas las urbes conocidas:
    los cines de los jueves y la ropa del sábado,
    los cafés donde el padre y los viejos paraguas.
    La gris zapatería donde bastas maletas
    dormían en un fondo de viajes no vividos e imposibles países.
     
    Una acera puede albergar un mundo
    o anunciar el desierto, descubrir su trastienda.
    Sin embargo, en aquella,
    de brillos inseguros y reflejos y alondras algo sucias,
    había mundos y desiertos y sombras de desvanes.
     
    En la patria inestable de las noches
    de un país sometido, mi mundo respiraba,
    se ensanchaba en los límites
    de la luz conocida y no llorábamos.
     
    MARCIAPIEDE E LIMITE
    Un marciapiede
    può condurre all'inferno degli abbandonati
    o riempirti di sogni fatti di vetrine e manichini:
    quel marciapiede ci portava
    al centro di tutte le città. Nella via
    Alcalá vivevano tutte le città conosciute:
    i cinema dei giovedì e i vestiti del sabato,
    i caffè dov'era il padre e i vecchi ombrelli.
    La grigia calzoleria  dove abbondanti valigie
    dormivano in un fondo di viaggi non vissuti e di  paesi impossibili.
     
    Un marciapiede può racchiudere un mondo
    o annunciare il deserto, scoprire il suo retrobottega.
    Tuttavia, in quella
    di luminosità incerte e riflessi e allodole un po' sporche,
    c'erano mondi e deserti e ombre di soffitte.
     
    Nella patria instabile delle notti
    di un paese sottomesso, il mio mondo respirava,
    si ingrandiva nei limiti
    della luce conosciuta e non piangevamo.
    ---
    ANTEPASADOS
    Eran ellos:
    los que vivieron la muerte y su avaricia
    en plena juventud. Fuimos
    los herederos de los temores,
    las tapias donde su sombra, el hueco
    para sus lágrimas
    mientras crecíamos.
                                         Después
    en la edad indecisa de la conciencia,
    fuimos su miedo viejo y su alegría,
    la luz adormecida que despierta de pronto
    y que se asusta, fuimos
    los herederos grises de antiguas primaveras,
    los viajeros hacia un abismo
    hecho de incertidumbre y luminarias,
    de aturdidas verdades y destellos
    de un mundo al que nombrar
    contra el crepúsculo.
     
    ANTENATI
    Erano loro:
    quelli che hanno vissuto la morte e la sua avidità
    in piena giovinezza. Siamo stati
    gli eredi delle loro paure,
    i muri per la loro ombra, il buco
    per le loro lacrime
    mentre crescevamo.
                                         Dopo,
    nell'età indecisa della coscienza,
    siamo stati la loro vecchia paura e la loro gioia,
    la luce assopita che si sveglia all'improvviso 
    e che si spaventa, siamo stati
    i grigi eredi delle antiche primavere,
    i viaggiatori verso un abisso
    fatto di incertezza e di luminarie,
    di stordite verità e di bagliori 
    di un mondo da nominare
    contro il crepuscolo.
    ---
    E S E  D E S C O N O C I D O
    LO leí en algún lugar: «la muerte es ese amigo que aparece
    en las fotografías de la familia,
    discretamente a un lado, y al que nadie
    acertó nunca a reconocer».*
     
     
    Nadie le preguntó su nombre, nadie lo sintió ajeno cuando llegó
            a la casa
    y se bebió de un trago el enésimo whisky de la noche, nadie
    extrañó sus caricias, ni su mirada triste cuando besó a los niños
    y fue deconstruyendo
    la emoción de la fiesta con gestos familiares y apenada sonrisa.
     
    Pudo llegar con nieve en los caminos una tarde de invierno.
    O ser el visitante de octubre que llegó en autobús
    de un lugar periférico a un encuentro
    de antiguos compañeros de curso o de barriada.
     
    Anónimo invitado a un banquete de boda, ocupando un extremo
    de una mesa agobiada por sucesivos brindis.
    O enfermo y sin color en una rara foto
    en un viejo hospital de los cincuenta, o feliz visitante
    de una fiesta en el campo un final del verano que acabó con
           tormenta.
     
    Todos vieron al desconocido. Pero nadie reparó en su presencia,
    extrañó su rostro o su palabra, evitó su intrusismo en la familia,
           nadie
    sorprendió su mirada propicia al tono mate
    ni sintió escalofríos cuando ocupó un lugar junto a la esposa
    o al lado del más viejo de la casa. Aquel desconocido
    siempre acabó encontrando su lugar en el grupo
    para encerrar el tiempo en sus facciones y fijar el instante
    que decretó aquel flash muy cerca del crepúsculo.
     
    No nos llama, ni apela a la memoria. Es. Así de simple: existe.
     
    Muchos años después lo descubrimos
    en alguna velada
    de reencuentros y copas y memorias en álbumes, en medio de
    los otros.
    Allí perdura y nadie lo conoce. Tampoco lo recuerda.
    Entre rostros inconfundibles, entre ropas todavía presentes
    en los viejos armarios de la casa.
     
                                                               ¿Quién era?
    ¿Lo conocíais de algo? ¿Del trabajo quizá?
    ¿Un amigo del barrio, un vecino tal vez?
    No hay respuesta. Sólo adviertes una grieta en la tarde y en el
          tiempo.
    Es ese amigo que a veces aparece
    en las fotografías familiares que nos suena de algo
    y al que nadie conoce.
     
     
    * «La muerte es ese amigo que aparece en las fotografías de la familia, discretamente a un lado, y al que nadie acertó nunca a reconocer». Eliseo Diego, «Versiones», en Poemas escogidos en la oquedad del tiempo.
     
    QUELLO SCONOSCIUTO
    L'ho letto da qualche parte: «la morte è quell'amico che compare 
    nelle fotografie di famiglia, 
    discretamente in disparte, e che nessuno 
    è mai riuscito a riconoscere».
     
    Nessuno gli chiese il suo nome, nessuno lo sentì estraneo quando è arrivato.
             a casa
    e bevette d'un sorso l'ennesimo whisky della notte, nessuno
    sentì la mancanza delle sue carezze, né il suo sguardo triste quando baciò i bambini
    e smembrava
    l'emozione della festa con gesti familiari e sorriso afflitto.
     
    Sarebbe potuto arrivare con la neve sulle strade una sera d'inverno.
    Oppure essere il visitatore di ottobre arrivato in autobus
    da un luogo periferico a un incontro
    di vecchi compagni di classe o di quartiere.
     
    Anonimo ospite a un banchetto di nozze, che occupa un'estremità
    di una tavola stremata da successivi brindisi.
    O malato e senza colore in una foto rara
    in un vecchio ospedale degli anni Cinquanta, o felice visitatore
    di una festa in campagna in un finale d'estate che finì con
            tormenta.
     
    Tutti videro lo sconosciuto. Ma nessuno si accorse della sua presenza,
    si stupì del suo volto o della sua parola, evitò la sua invadenza in famiglia,
            nessuno
    sorpreso dal suo sguardo propenso al tono opaco
    né rabbrividì quando prese posto accanto alla sposa
    o accanto al più vecchio della casa. Quello sconosciuto
    finiva sempre per trovare il suo posto nel gruppo
    per imprigionare il tempo nelle sue fattezze e fissare l'istante
    che decretò quel flash molto vicino al crepuscolo.
     
    Non ci chiama, né fa appello alla memoria. È. Semplicemente: esiste.
     
    Molti anni dopo lo scoprimmo
    in qualche veglione
    di ritrovamenti, bevute e ricordi negli album, in mezzo agli
           altri.
    Là permane e nessuno lo conosce. Nemmeno lo si ricorda.
    Tra volti inconfondibili, tra abiti ancora presenti
    nei vecchi armadi della casa.
                                                                Chi era?
    Lo conoscevate da qualcosa? Dal lavoro forse?
    Un amico del quartiere, un vicino, forse?
    Non c'è risposta. Si avverte soltanto una crepa nella sera e nel
           tempo.
    È quell'amico che a volte appare
    nelle fotografie di famiglia che ci richiama a qualcosa 
    ma che nessuno conosce.
     
    * «La morte è quell'amico che compare nelle fotografie di famiglia, discretamente in disparte, e che nessuno è mai riuscito a riconoscere». Eliseo Diego, «Versioni», in Poemas escogidos en la oquedad del tiempo.
    ---
    VIVO EN MI PADRE
    La ventanilla del autobús nocturno es un espejo
    deforme que me ofrece, desvaído,
    el rostro de mi padre y me sumerge, de pronto,
    en la duda, en  la niebla, en la zozobra.
     
    Soy yo, seguro, mas mi padre, envejecido y solo,
    a una idéntica edad,
    me mira extraño y me recuerda
    lo poco de vida que le queda. He
    cumplido, en el último octubre,
    los años que él tenía
    cuando sin despedirme,
    me dio la soledad como legado.
     
    Me siento raro, en parte desvalido,
    ante la irreverencia de este espejo imprevisto,
    ante la mirada glauca
    de mi raíz convertida en mi rostro
    arañado de años, y recuerdo
    los días precedentes en la carpintería
    ùvisitada a diario en un lugar al margen:
    cruzaba la ciudad en los amaneceres
    y volvía, con humo
    de lejanas hogueras y cansancio,
    a la casa que pronto dejaríamos
    los más jóvenes.
     
    He vuelto muchas veces
    al mismo autobús que en esta noche
    me recibe en silencio, casi sin pasajeros:
    lugar que compartimos ignorados por todos.
    Sus ventanillas y mi rostro algo más que  maduro
    dibujan su regreso: él y yo confundimos el tiempo,
    acoplamos los rostros en el espejo oscuro
    e imagino
    las raras escaleras que he de bajar con él
    cuando nadie nos mire.
     
    VIVO IN MIO PADRE
    Il finestrino dell'autobus notturno è uno specchio
    deforme che mi offre, sbiadito,
    il volto di mio padre e mi immerge, improvvisamente
    nel dubbio, nella nebbia, nell'angoscia.
     
    Sono io, certo, ma mio padre, invecchiato e solo,
    alla stessa età,
    mi guarda in modo strano e mi ricorda
    quel po' di vita che gli rimane. Ho
    compiuto, lo scorso ottobre,
    gli anni ch'egli aveva
    quando, senza salutarmi,
    mi ha dato la solitudine come lascito.
     
    Mi sento strano, in parte indifeso,
    dinanzi all'irriverenza di questo specchio imprevisto,
    dinanzi allo sguardo glauco
    della mia radice trasformatasi nel mio volto
    graffiato dagli anni, e ricordo
    i precedenti giorni nella falegnameria
    visitata quotidianamente in un luogo al margine:
    attraversavo la città nelle albe
    e tornavo, col fumo
    di fuochi lontani e di stanchezza,
    alla casa che presto avremmo lasciato
    i più giovani.
     
    Sono tornato molte volte
    sullo stesso autobus che questa sera
    mi riceve in silenzio, quasi senza passeggeri:
    luogo che abbiamo condiviso ignorato da tutti.
    I suoi finestrini e il mio volto  più che maturo
    tratteggiano il suo ritorno: lui ed io confondiamo il tempo,
    accoppiamo i volti nello specchio scuro
    e immagino
    le strane scale che dovrò scendere con lui
    quando nessuno ci guarderà.
    --- 
    T E  M I R O
    TE miro a veces y recuerdo. Te
    contemplo en el sueño y vivo.
    Estás ahí, siempre
    has estado ahí, tan sabia como entonces
    y tan débil por dentro,
    tan vigía y cercana y a la vez extraña y misteriosa,
    dueña de los secretos y de una dignidad
    sencilla y poderosa y, por eso, sutil, casi invisible.
     
    Toco tu mano y no ha aprendido
    nada de deslealtades ni de olvido.
    Es la mano de las tardes de viento y de promesas.
    La mano de los abismos y de la claridad para mi miedo.
     
    Está ahí, en el tiempo inicial de la torpeza
    y aquí respira, en la hora de la madurez y los milagros
    de los días difíciles y del gozo tardío,
    en la hora de las tardes de búsqueda
    en los bares que pueblan los más jóvenes.
     
    TI GUARDO
    Ti guardo a volte e ricordo. Ti
    contemplo nel sogno e vivo.
    Sei lì, sempre
    sei stata lì, così saggia come allora
    e così debole dentro,
    così vigile e vicina e allo stesso tempo estranea e misteriosa,
    padrona dei segreti e della dignità
    semplice e potente e, per ciò, sottile, quasi invisibile.
     
    Tocco la tua mano e non ha imparato
    nulla di slealtà né di oblio.
    È la mano delle sere di vento e di promesse.
    La mano degli abissi e della lucidità per la mia paura.
     
    È lì, nel tempo iniziale del mio impaccio
    e qui respira, nell'ora della maturità e dei miracoli
    di giorni difficili e della gioia tardiva,
    nell'ora delle sere di indagine
    nei bar che popolano i più giovani.
    ---
    E L  R O B O
    UN bolso, mejor dicho,
    una pequeña mochila
    puede contener apuntes, poemas,
    retazos de ciudades de paso o de hoteles perdidos,
    un e-book con universos de un idioma inabarcable,
    palabras a la amada, frustraciones,
    un kleenex olvidado, clips perdidos,
    cuentas y facturas de un tiempo no accesible,
    proteína de sueños y cuadernos,
    quizá los restos
    de pequeños naufragios, confesiones
    ocultas y una lágrima.
     
    Fue no un descuido sino la devoción por los poemas
    de Barreto, el vino posterior tal vez, la charla ennoblecida
    por exilios diversos y nostalgia
    de tierras tropicales no vividas,
    por destierro y distancia y mucha nube.
     
    Se fue aquel bolso a un lugar invisible. Me consuela
    tener la certidumbre
    de que saldó alguna deuda, difuminó un abismo
    o acabó por colmar el hambre de unos días.
     
    IL FURTO
    Una borsa, anzi,
    un piccolo zaino
    può contenere appunti, poesie,
    rimasugli di città di passaggio o di alberghi perduti,
    un e-book con universi di un idioma inaccessibile,
    parole all'amata, frustrazioni,
    un kleenex dimenticato, clips smarriti,
    conti e fatture di un tempo non raggiungibile,
    proteina di sogni e quaderni,
    forse i resti
    di piccoli naufragi, confessioni
    nascoste e una lacrima.
     
    Non fu una svista ma la devozione per le poesie
    di Barreto, il vino successivo forse, il parlare nobilitato
    da vari allontanamenti e nostalgia
    di terre tropicali non vissute,
    da esilio e distanza e molte nubi.
     
    Quella borsa se n'è andata in un posto invisibile. Mi consola
    avere la certezza
    che abbia risarcito qualche debito, sfumato un abisso
    o riuscito a saziare la fame di qualche giorno.
    ---
    R O M A  E N  F A M I L I A
    ROMA en la lluvia
    regalando en enero su vocación de mundo.
    Tú y yo con ellos bajo la lluvia,
     
    haciendo nuestra historia algo menos perdida
    en los mínimos fiordos de la casa y del barrio.
     
    Tu Roma tenía en Bertolucci patios de vecindad y mucha ropa
    flotando en tendederos de azoteas absurdas,
    olores a edredón y a alcantarilla,
    fotogramas de paso con vespa y bicicletas,
    con cuestas asequibles y rincones de niebla.
     
    Con el siglo y los hijos nos hicimos con ella. Roma
    inestable y muy gris, se quedó con nosotros
    para siempre.
                             Fue
    nuestro último viaje compartido con ellos.
    Dejó su inclemencia y su lluvia
    en mi viejo cuaderno.
                                           Hoy pervive en sus hojas
    e, incansable, respira como eterno presente.
     
     
    R O M A IN F A M I L I A
    Roma sotto la pioggia
    che regala a gennaio la sua vocazione di mondo.
     
    Tu ed io insieme a loro sotto la pioggia,
    rendere la nostra storia un po' meno perduta
    nei minimi fiordi della casa e del quartiere.
     
    La tua Roma aveva in Bertolucci cortili di quartiere e tanti panni 
    svolazzando su stendini di terrazze assurde,
    odori di trapunta e di fogna,
    fotogrammi di passaggio con vespa e biciclette,
    con salite abbordabili e angoli di nebbia.
     
    Col secolo e i figli ce ne siamo impossessati. Roma
    instabile e molto grigia, rimase con noi
    per sempre.
                   Fu
    il nostro ultimo viaggio condiviso con loro.
    Lascò la sua inclemenza e la sua pioggia
    nel mio vecchio taccuino.
                                            Oggi sopravvive nei suoi fogli
    e, instancabile, respira come eterno presente.
    ---
    C O L O R E S
    ERA el amarillo un color de habitación y fiebre,
    de cerradas cancelas y escaleras a sótanos.
    Más allá, en tierras promisorias y en los sueños del padre,
    crepitaban los verdes custodiando quimeras de luz y de abundancia
    en un norte imposible, contemplado
    desde el precario cuenco de la casa en el sur
    de una ciudad central.
     
    En el rojo florecía la herida, la impagable demanda,
    la voz del subterráneo atravesando
    otoños sucesivos y primaveras rotas.
     
    En el azul la infancia y la marisma, la cúpula del campo,
    la libertad del extrarradio, el reino de los juncos y del agua.
     
    Vivir en gris y no saberlo. En gris y en aire tendente a lo borroso,
    oh color del silencio y los abrigos, color de las techumbres
    y del paño aturdido que heredamos de oscuros familiares que
         vivían
    al pie de una estación casi desierta.
     
    ¿Y el negro?
    ¿Qué decir de ese nimbo que ciega y equipara,
    que, igualando las vidas y las muertes, confunde a los expertos
    que alguna vez se ilusionaron
    con los vientos absurdos, tendentes al milagro, de la vida?
     
    ¿Y el negro?
     
    COLORI
    ERA il giallo un colore di stanza e di febbre,
    di cancelli chiusi e di scale verso scantinati.
    Al di là, in terre promettenti e nei sogni del padre,
    crepitavano i verdi che custodivano chimere di luce e di abbondanza
    in un nord impossibile, contemplato
    dal precario concavo della casa nel sud
    di una città centrale.
     
    Nel rosso fioriva la ferita, l'impagabile richiesta,
    la voce del sottosuolo attraversando
    autunni successivi e primavere interrotte.
     
    Nel blu l'infanzia la maremma, la cupola della campagna,
    la libertà dell'hinterland, il regno dei giunchi e dell'acqua.
     
    Vivere nel grigio e non saperlo. Nel grigio e in aria tendente all'offuscato,
    oh colore del silenzio e dei cappotti, colore dei tetti
    e della stoffa stordita che ereditammo da oscuri parenti che
          vivevano
    ai piedi di una stazione quasi deserta.
     
    E il nero?
    Che dire di quel nimbo che acceca ed equipara,
    che, uguagliando le vite e le morti, confonde gli esperti
    che un giorno si sono illusi 
    con i venti assurdi, tendenti al miracolo, della vita?
     
    E il nero?
    ---
    S I L E N C I O
    EL padre callaba. Era orgulloso pero callaba. Cruzaba la ciudad
    cada mañana adentrándose en el amanecer del extrarradio y
    volvía, ya de noche, cuando yo llevaba horas durmiendo. El padre
    hablaba poco. Lo esencial y lo sabido. La pequeñez de la vida se
    reflejaba en la parquedad de su discurso, en sus silencios excesivos,
    en su miedo. Recuerdo sus olores nacidos del barniz y la madera,
    sus ojos apagados por la miopía, su mano algo tosca, como si jamás
    hubiera aprendido los secretos de la ternura. Escribía, también,
    poco, con letra inclinada hacia adelante, con pulso dudoso, en
    facturas sonrosadas de papel casi biblia que decían secretos tales
    como el precio de los aparadores, de los armarios roperos, de las
    mesillas de noche, de las librerías: todo a precios asequibles y
    alcanzable a plazos. Sin IVA, por supuesto.
     
    SILENZIO
    Il padre taceva. Era orgoglioso ma taceva. Attraversava la città
    ogni mattina addentrandosi nell'alba dell'entroterra e
    ritornava, ormai di notte, quando io dormivo da ore. Il padre
    parlava poco. L'essenziale e il solito. La piccolezza della vita si
    rifletteva nella parchezza del suo discorso, nei suoi silenzi eccessivi,
    nella sua paura. Ricordo i suoi odori nati dalla vernice e dal legno,
    i suoi occhi spenti dalla miopia, la sua mano un po' grezza, come se mai 
    avesse imparato i segreti della tenerezza. Scriveva, anche, 
    poco, con calligrafia inclinata in avanti, con polso incerto, su
    fatture rosate di carta pressoché bibbia che raccontavano tali segreti
    come il prezzo delle credenze, degli armadi guardaroba, dei
    tavolini da notte, delle librerie: tutto a prezzi sostenibili e
    accessibili a rate. Senza IVA, ovviamente.
    ---
    D O R M I T O R I O  P A T E R N O
    EL aire vuelve
    con olores, con briznas
    de una felicidad endeble:
    el espejo, sobre la cómoda,
    me entrega temblores y sustancias,
    devociones pequeñas, rastros.
     
    He abierto la puerta y allí estaban
    la luz menos adulta, el cabecero
    oscuro de la vieja cama,
    el olor algo agreste de un pañuelo perdido,
    el dedal y el ovillo, los perfumes
    gastados en muy precarias fiestas,
    el crucifijo inútil.
     
    Sí: la luz menos adulta,
    la del amanecer de los inviernos,
    la del espejo aturdido
    por el pulso que gobierna los años
    y su gris mordedura, la mesilla
    de noche y los retratos
    de rostros conocidos que se hicieron de niebla
    y el altar donde el padre
    cada noche usurpaba tus quimeras de Edipo.
     
    STANZA PATERNA
    L'aria torna
    con odori, con ciocche
    di una felicità svigorita:
    lo specchio, sul comò,
    mi porge tremori e sostanze,
    piccole devozioni, tracce.
     
    Ho aperto la porta e lì c'erano
    la luce meno adulta, la testiera
    oscura del vecchio letto,
    l'odore un po' aspro di un fazzoletto perduto,
    il ditale e il gomitolo, i profumi
    consumati in feste molto precarie,
    il crocifisso inutile.
     
    Sì: la luce meno adulta,
    quella dell'alba degli inverni,
    quella dello specchio stordito
    dal palpito che governa gli anni
    e il suo grigio morso, il tavolino
    da notte e i ritratti
    di volti conosciuti che sono diventati di nebbia
    e l'altare dove il padre
    ogni notte usurpava le tue chimere da Edipo.
    ----
    PATIO
    El patio se abría a la chatarra
    y al mueble desposeído
    de utilidad y vida. Trastos que ocupaban
    las zonas escondidas y los miedos más allá de la parra.
     
    El patio
    vivía en las arañas y en las ratas,
    maduraba en la higuera y los veranos y acogía
    la bicicleta imposible y las vasijas muertas, era
    el extraño preámbulo de la casa y sus noches 
    incompletas: el patio.
     
    En agosto buscaba en él la noche
    y las estrellas o buscaba
    las rutas imposibles de Gagarin
    tumbado en un somier cubierto
    por una vieja colcha
    que hacía a veces de mantel y otras
    de lugar para el gozo: mis amigos
    y Anamari inventaban los juegos
    y el azar se encargaba 
    de darles perversión, quizá insolencia
    en las noches más largas del verano
    de una infancia que acabó algo más tarde.
     
    Aquel patio, que jamás fue jardín,
    fue almacén e intemperie, 
    trasunto de los bosques y los ríos,
    llanura cabalgable o precipicio
    o isla del tesoro. 
                              En sus añosos árboles
    —una higuera y dos olmos que venían
    del tiempo de la guerra—
    el futuro temblaba como mis once años.
     
    CORTILE
    Il cortile si apriva ai rifiuti
    e al mobile privo
    di utilità e di vita. Rifiuti che occupavano
    le zone nascoste e le  paure al di là della vite.
     
    Il cortile
    viveva nei ragni e nei topi,
    maturava nel fico e nelle estati e accoglieva
    la bicicletta improbabile e vasellame morto, era
    lo strano preambolo della casa e delle sue notti
    incomplete: il cortile.
     
    Ad agosto in esso cercavo  la notte
    e le stelle o cercavo
    le improbabili rotte di Gagarin
    sdraiato su un letto rivestito
    da una vecchia coperta
    che a volte fungeva da tovaglia e altre
    da luogo per il divertimento: i miei amici
    e Anamari inventavano i giochi
    e il caso si faceva carico
    di offrire perversione, forse insolenza
    nelle notti più lunghe dell'estate
    di un'infanzia che finì poco più tardi.
     
    Quel cortile, che non fu mai giardino,
    fu deposito e intemperie,
    riflesso dei boschi  e dei fiumi,
    pianura cavalcabile o precipizio
    o isola del tesoro.
                                 Nei suoi vecchi alberi 
    — un fico e due olmi che giungevano
    dal tempo della guerra—
    il futuro tremava come i miei undici anni.
     
     
    (De Cuaderno de historia. Editorial Pre-Textos, Valencia 2021)
     

  • ALICIA MARIÑO ESPUELAS
    UN AVVICINAMENTO
    ALL'AFFASCINANTE MONDO
    GIAPPONESE DEGLI HAIKU

    data: 18/04/2023 23:24

    Alicia Mariño Espuelas

    (Cáceres, 1958). Dottore di ricerca in Filologia francese, con una tesi su Villiers de l'Isle-Adam, e laureata in Giurisprudenza. I suoi campi di ricerca più assidui sono la letteratura fantastica e il cinema dell'orrore, che ha generato numerosi articoli pubblicati in riviste specializzate spagnole e straniere. Ha curato, tra altri autori, Théophile Gautier, Barbey d'Aurevilly e Giovanni Papini. Collaboratrice abituale in programmi culturali radiofonici e televisivi, è coautrice di una curatissima traduzione de Il Tatuaggio, l'immortale racconto fantastico di Jun'ichirō Tanizaki, un primo approccio all'affascinante mondo giapponese che ultimamente ha integrato con lo studio di altri autori orientali. Nel 2013 ha pubblicato il libro di poesie Aire del tiempo.
     
    PAISAJES/PAESAGGI
     
    PUESTA DE SOL EN MADRID
    La espada roja
    del sol en la montaña
    fulmina el tiempo
      
    TRAMONTO A MADRID
    La spada rossa
    del sole sulla montagna
    fulmina il tempo.
     
    EN EL KAROO
    Hay una acacia
    que partió el rayo cruel
    sin verter lágrimas.
      
    NEL KAROO
    C'è un'acacia
    che spezzò un lampo crudele
    senza versare lacrime.
    ---
    Luces y sombras
    se cruzan en la senda
    de los magnolios.
     
    Luci e ombre
    si intersecano nel sentiero
    delle magnolie.
    ---
    Lluvia de pétalos,
    el alma de un acacia
    que mece el viento.
     
    Pioggia di petali,
    l'anima di un'acacia
    che culla il vento.
    ---
    Cayó el  rocío
    como cae la muerte
    sobre el destino.
     
    Cadde la rugiada
    come cade la morte
    sopra il destino.
    --
    AIGUABLAVA
    Plata en el mar:
    son estrellas fugaces
    ebrias de sal.
     
    AIGUABLAVA
    Argento nel mare
    sono stelle fugaci
    ebbre di sale.
     
    LLUVIA DE VERANO
    Esa belleza
    que rompe el corazón
    de las anémonas. 
     
    PIOGGIA D'ESTATE
    Quella bellezza
    che spezza il cuore
    degli anemoni.
     
    MELANCOLÍAS/MALINCONIE
     
    Lágrimas frías
    cuando llega la noche:
    melancolía.
     
    Lacrime fredde
    quando giunge la notte:
    malinconia.
    ---
    Te has ido lejos,
    dejas sin primavera
    mis pensamientos.
     
    Te ne sei andato lontano,
    lasci senza primavera
    i miei pensieri.
    ---
    Sueños fugaces,
    noche de estrellas rotas:
    así es mi cárcel.
     
    Sogni fugaci,
    notte di stelle rotte:
    così è il mio carcere.
    ---
    Sol de verano
    que abandonas mis flores
    por otros campos.
      
    Sole d'estate
    che abbandoni i miei fiori
    per altri campi.
    --
    Todas las noches
    te busco en el olvido
    de mis recuerdos.
     
    Tutte le notti
    ti cerco nell'oblio
    dei miei ricordi.
    ---
    En mis heridas
    florecerá el jardín
     de la memoria.
     
    Nelle mie ferite
    fiorirà il giardino
    della memoria.
    ---
    Brota el dolor
    en el sutil relámpago
    de la tristeza.
      
    Germoglia il dolore
    nel sottile lampo 
    della tristezza.
    ---
    La flor de loto
    se baña melancólica
    en sueños
     muertos.
     
    Il fiore di loto
    si bagna malinconico
    nei sogni morti.
    ---
    Todos mis versos
    añoran la mirada
    de aquel te quiero.
     
    Tutti i miei versi
    anelano lo sguardo
    di quel ti amo.
    ---
    HOMENAJES/OMAGGI
     
    IN MEMORAIAM
    Un collar roto,
    perlas a la deriva.
    Los que se han ido.
      
    IN MEMORAIAM
     
    Un collare rotto,
    perle alla deriva.
    Quelli che sono andati via.
      
    EN LA TUMBA DE SOSEKI
    Ser como tú,
    surcando el infinito,
    tigre de luz.
     
    NELLA TOMBA DI SOSEKI
    Essere come te,
    solcando l'infinito,
    tigre di luce.
    ---
    MI HIJO CARLOS
    Niño querido,
    tus veinticinco años
    ya no son míos.
     
    MIO FIGLIO CARLO
    Bambino caro,
    i tuoi venticinque anni
    non sono più miei.
     
    DRAGUT
    Audaz pirata
    de olas y de vientos
    y de palabras.
     
    DRAGUT
    Audace pirata
    di onde e di venti
    e di parole.
    ---
    JULIETA
    Llegó Julieta.
    Se ha fundido la nieve
    y es primavera.
     
    GIULIETTA
    Giulietta è arrivata.
    Si è sciolta la neve
    ed è primavera.
     
    MARÍA AURELIANA
    Dulce silencio,
    cuando limpias mis cosas
    con tus recuerdos.
     
    MARIA AURELIANA
    Dolce silenzio,
    quando pulisci le mie cose
    con i tuoi ricordi.
    ---
    EL PIANISTA
    De un dedo a otro,
    como algas en el mar,
    bailan tus ojos.
     
    IL PIANISTA
    Da un dito all'altro
    come alghe nel mare,
    i tuoi occhi danzano.
    ---
    BLADE RUNNER
    Caían como
    lágrimas en la lluvia
    mis pensamientos.
     
    BLADE RUNNER
    Cadevano come
    lacrime nella pioggia
    i miei pensieri.
    ---
    LA MÉMOIRE ET LA MER
    Llora la música
    tras las puertas cerradas
    del firmamento.
     
    LA MÉMOIRE ET LA MER
    Piange la musica
    dietro le porte chiuse
    del firmamento.
    ---
    BESOS/BACI
     
    Un solo beso:
    calor de primavera
    para el deshielo.
     
    Un solo bacio:
    calore di primavera
    per il disgelo.
    ---
    Tan sólo un beso
    sobre las frías losas
    de aquel deseo.
     
    Soltanto un bacio
    sulle fredde pietre
    di quel desiderio.
    ---
    MOMENTOS/MOMENTI 
    Soy sólo un sueño,
    el sueño de uns sombra,
    sueño perpetuo.
     
    Sono solo un sogno
    il sogno di un'ombra,
    sogno perpetuo.
    ---
    WILLIAM BLAKE
    Hilos de seda
    unen las alegrías
    con nuestras penas.
     
    WILLIAM BLAKE
    Fili di seta
    uniscono le gioie
    con le nostre pene.
    ---
    16 DE JUNIO DE 2012
    Tú, junto al mar,
    jugando a construir
    la eternidad.
     
    16 GIUGNO 2012
    Tu, in riva al mare
    giocando a costruire
    l'eternità.
    ---
    Son tus palabras
    arenas movedizas 
    para mi alma.
     
    Sono le tue parole
    sabbie mobili
    per la mia anima.
    ---
    SIN TECHO
    No hay luna llena
    ni estrellas ni amapolas 
    en mi destierro.
     
    SENZA TETTO
    Non c'è la luna piena
    né stelle né papaveri
    nel mio esilio.
    ---
    Sólo un deseo:
    que estas olas diluyan
    dolor y miedo.
     
    Solo un desiderio:
    che queste onde diluiscano
    dolore e spavento.
    ---
    Con armonía
    me pierdo en el naufragio
    de cada día.
     
    Con armonia
    mi perdo nel naufragio
    di ogni giorno.
    ---
    Como un lagarto
    vivo en tu corazón:
    siempre es verano.
     
    Come una lucertola
    vivo nel tuo cuore:
    è sempre estate.
    ---
    Morir contigo
    bajo la luna llena
    o en el olvido.
     
    Morire con te
    sotto la luna piena
    o nell'oblio.
    ---
    Tú deslizándote
    por la ladera azul
    de un viejo sueño.
     
    Tu sgusciando
    lungo il pendio
    di un vecchio sogno.
    ---
    Pisando barro
    en la noche infinita.
    Y sin zapatos.
     
    Calpestando fango
    nella notte infinita
    E senza scarpe.
    ---
    Noche de bodas.
    Qué triste tu pijama
    sobre la alfombra.
     
    Notte di nozze.
    Com'è triste il tuo pigiama
    sopra il tappeto.
    ---
    Instante eterno:
    principio y fin se buscan
    en el silencio.
     
    Istante eterno:
    principio e fine si cercano
    nel silenzio.
    ---
    Oigo a las rosas
    susurrar en silencio
    tu despedida.
     
    Sento le rose
    sussurrare in silenzio
    il tuo addio.
    ---
    Te guardaré
    junto a los lotos blancos 
    de mi memoria.
     
    Ti custodirò
    insieme ai loto bianchi
    della mia memoria.
     
    (Del libro Aire del tiempo. Reino de Cordelia, Madrid 2013)
     

  • MARISA PEÑA HA
    IL DONO DELLA POESIA,
    LA BELLA POESIA

    data: 06/04/2023 23:20

    Marisa Peña è nata a Madrid nel 1969. Laureata in Filologia Ispanica presso l'Università Complutense di Madrid, lavora come insegnante di scuola secondaria presso lo IES Ítaca. Ha scritto per le riviste digitali Tiempos Modernos e Plumas hispanoamericanas, e per il blog "Memoria pública" del quotidiano PÚBLICO. Alcune sue poesie sono raccolte in diverse antologie digitali come quella curata da Fernando Sabido (Poeti del XXI sec.), e in riviste letterarie come Imán, Álora la bien cercada e Alkaid. Ha pubblicato: Poemario a  dos voces, La factoría edizioni.  Colección conscientes; Poética Armilar, Lapizcero edizioni; IndignHadas, Unaria Ediciones: Esa helada verdad de la belleza, ed.Quadrivium; ErotizHadas, ed.Unaria Ediciones; El hilo de la memoria, ed.Unaria Ediciones; Mapa de interiores, ed. 21punto9 y La tristeza del farero, ed. Marlibrosgen.

    ROPA TENDIDA AL VIENTO

    Ya no quedan vestigios de los últimos besos,
    se apagaron las luces que llevan a tu puerta,
    no hay carteles que indiquen el nombre de tu calle,
    ni lluvia que nos moje bajo los soportales.
    Ya no subiré nunca aquella vieja cuesta.
    No marcaré tu número, ni escribiré tu nombre,
    ni perderé autobuses, ni calmaré tu llanto,
    ni abrazaré tu sombra en las noches insomnes.
    Pero, a veces, la brisa me traerá tu recuerdo
    y llevará mi voz hasta donde te halles,
    y sentirás un roce de caricias antiguas,
    y un sabor en los labios de una boca olvidada.
    Y entonces, sólo entonces, recordaremos todo:
    los nombres, 
    los teléfonos, 
    la lluvia, 
    los abrazos...
    Y entonces, sólo entonces, podremos olvidarnos.
     
    PANNI STESI AL VENTO
    Ormai non restano più vestigia degli ultimi baci,
    si sono spente le luci che conducono alla tua porta,
    non ci sono cartelli che indichino il nome della tua strada,
    né pioggia che ci bagni sotto i portici.
    Non salirò mai quel vecchio pendio.
    Non comporrò il tuo numero, né scriverò il tuo nome,
    né perderò l'autobus, né calmerò il tuo pianto,
    né abbraccerò la tua ombra nelle notti insonni.
    Ma, a volte, la brezza mi porterà il tuo ricordo
    e condurrà la mia voce ovunque ti troverai,
    e sentirai uno sfiorare di carezze antiche,
    e un sapore sulle labbra di una bocca dimenticata.
    E allora, solo allora, ricorderemo tutto:
    i nomi,
    i telefoni,
    la pioggia
    gli abbracci...
    E allora, solo allora, potremo dimenticarci.
    ---
     
    RECUERDO TU TRISTEZA
    Recuerdo tu tristeza,
    y esa lenta agonía de las horas.
    Recuerdo la tibieza
    de aquella sempiterna juventud,
    tan plena de belleza.
    Y esa mortal quietud 
    de “soledad sonora”
    que no sobrevivió a nuestra torpeza…
     
    RICORDO LA TUA TRISTEZZA
    Ricordo la tua tristezza,
    e quella lenta agonia delle ore.
    Ricordo la tepidezza
    di quella sempiterna giovinezza,
    così piena di bellezza.
    E quella quiete mortale
    di "sonora solitudine"
    che non sopravvisse al nostro imbarazzo ...
    ---
     
    HOY QUISIERA QUE ALGUIEN ME SALVARA
    Hoy quisiera que alguien me salvara,
    un héroe de la vida cotidiana,
    un miliciano de las cosas sencillas,
    un joven corazón sin cicatrices,
    un amigo sin más,
    un asidero, donde colgar mis miedos y mis penas.
    Hoy quisiera que alguien sostuviera
    entre sus manos fuertes y valientes,
    toda mi cobardía hecha pedazos,
    y me dijera ven, sencillamente,
    sin aspavientos, sin falsos halagos,
    empujando mi ánimo maltrecho
    más allá de los versos,
    de los libros inéditos,
    de las palabras huecas.
    Hoy quisiera que alguien me arrastrara
    fuera de este refugio en el que habito,
    me ayudara a limpiar las telarañas,
    a colgar de una cuerda lo que ha de ser lavado:
    las sábanas gastadas,
    la tristeza baldía,
    la yerma soledad de las derrotas…
    Y después de tenderlo todo al viento,
    me ofreciera su hombro solidario
    donde apoyar mi frágil entereza,
    mi decepción vestida de domingo,
    para poder, de nuevo, caminar.
     
    OGGI VORREI CHE QUALCUNO MI SALVASSE 
    Oggi vorrei che qualcuno mi salvasse,
     un eroe della vita quotidiana,
     un miliziano delle cose semplici,
     un giovane cuore senza cicatrici,
     un amico niente di più,
     un sostegno, dove appendere le mie paure e le mie pene.
     Oggi vorrei che qualcuno sostenesse
     tra le sue mani forti e valorose,
     tutta la mia codardia ridotta in frantumi,
     e mi dicesse vieni, semplicemente,
     senza smancerie, senza false lusinghe,
     spingendo il mio spirito leso
     al di là dei versi,
     dei libri inediti
     delle parole vuote.
     Oggi vorrei che qualcuno mi trascinasse
     fuori da questo rifugio in cui abito,
     mi aiutasse a pulire le ragnatele,
     ad appendere a una corda ciò che deve essere lavato:
     le lenzuola consumate,
     la tristezza desolata,
     la sterile solitudine delle sconfitte...
     E dopo aver steso tutto al vento,
     mi offrisse la sua spalla come sostegno
     dove appoggiare la mia fragile integrità,
     la mia delusione vestita da domenica,
     per poter di nuovo, camminare.
    ---
     
    TENER UN POEMA ENTRE LAS MANOS
    Tener un poema entre las manos,
    un buen poema,
    de esos que se leen una y otra vez...
    no de usar y tirar,
    de fácil consumo,
    de pronta caducidad.
    Tener un buen poema entre las manos,
    y disponerse a pelarlo,
    a disfrutarlo
    lentamente,
    gajo
    a
    gajo.
    Tener un buen poema en nuestra boca,
    propio o ajeno, eso apenas importa,
    y devorarlo,
    una y otra vez
    hasta que duele.
     
    AVERE UNA POESIA TRA LE MANI
    Avere una poesia tra le mani
    una bella poesia,
    di quelle che si leggono una e più volte...
     non usa e getta,
    di facile consumo,
    di breve caducità.
    Avere una bella poesia tra le mani,
    e disporsi a sbucciarla,
    a goderne
    lentamente,
    a
    spicchi.
    Avere una bella poesia nella nostra bocca,
    propria o altrui, ciò poco importa,
    e divorarla,
    una e più volte
    finché fa male. 
    ---
     
    LOS AÑOS IRREPARABLES
                                                       "Dulzura de los años
                                                        irreparables (...)"
                                                                   Jorge Guillén
    Desde el tardío verano en el que habito,
    recuerdo la dulzura
    de aquella primavera,
    de aquellos años irrecuperables,
    del no querer saber,
    de aquella espera- acaso interminable-.
    de los cielos nublados
    y las tardes eternas.
    Jugar, soñar, vivir, beber la vida,
    en cada sorbo un poco de tristeza
    y un apetito atroz de besos locos,
    de vértigo fugaz,
    de deseo contenido,
    de caricias, de lluvia en los portales.
    Lo recuerdo, ¡y parece tan cercano,
    tan real, tan posible, tan corpóreo!
    Pero aquella dulzura embriagadora
    se marchó para siempre, irreparable...
     
    GLI ANNI IRREPARABILI
                                                       "Dolcezza degli anni 
                                                       irreparabibi (...)"
                                                                  Jorge Guillén
    Dalla tardiva estate in cui abito,
    ricordo la dolcezza
    di quella primavera,
     
    di quegli anni irrecuperabili,
    di non voler sapere,
    di quell'attesa -forse interminabile-.
    di cieli nuvolosi
    e le sere eterne.
    Giocare, sognare, vivere, bere la vita,
    in ogni sorso un po' di tristezza
    e un  appetito atroce di baci folli,
    di vertigini fugaci  ,
    di desiderio contenuto,
    di carezze, di pioggia nei colonnati.
    Lo ricordo, e sembra così vicino,
    così reale, così possibile, così corporeo!
    Ma quella dolcezza inebriante
    se n'è andata per sempre, irreparabile...
    ---
     
    EL VERSO NOS CONSUME
    El verso nos consume,
    nos quema,
    nos arde,
    nos araña.
    Conquistamos la letra y la ceniza,
    y una cálida voz
    llega al sueño que duerme,
    y perfora aquel cielo un mar de piedra,
    y un corazón de arena nos reclama.
    Y el verso nace así:
    de fuego y fragua,
    de corazón herido y voz serena,
    de ceniza y de luz,
    de viento y alma.
     
    IL VERSO CI CONSUMA
    Il verso ci consuma,
    ci brucia,
    arde in noi,
    ci graffia.
    Conquistiamo la parola e la cenere,
    e una calida voce 
    giunge al sogno che dorme,
    e trafigge quel cielo un mare di pietra,
    e un cuore di sabbia ci reclama.
    E il verso nasce così:
    di fuoco e di fucina,
    di cuore ferito e di voce serena,
    di cenere e di luce,
     del vento e di anima.
    ---
     
    Y VAMOS OLVIDANDO CADA DÍA
    Y vamos olvidando cada día
    aquello que una vez fue imperdonable.
    Cerraremos las puertas
    y dejaremos fuera las derrotas,
    los amores baldíos,
    los nombres que ahora son impronunciables, 
    las cartas no enviadas,
    los teléfonos mudos,
    los presagios cumplidos,
    y la certeza de lo inevitable.
    Buscaremos refugio
    entre las ascuas de un fuego dormido, 
    y nos calentaremos
    huyendo de la fría incertidumbre, 
    y de la pálida fotografía
    en que se va muriendo, 
    perfumada de tiempo,
    esa helada verdad de la belleza.
     
    E DIMENTICHIAMO OGNI GIORNO
    E dimentichiamo ogni giorno
    ciò che una volta fu imperdonabile.
    Chiuderemo le porte
    e lasceremo fuori le sconfitte,
    gli amori inutili,
    i nomi che ora sono impronunciabili,
    le lettere non spedite,
    i telefoni muti,
    i presagi avverati,
    e la certezza dell'inevitabile.
    Cercheremo rifugio
    tra le braci di un fuoco assopito,
    e ci scaldiamo
    fuggendo dalla fredda incertezza,
    e dalla pallida fotografia
    in cui sta morendo,
    profumata di tempo,
    quella gelida verità della bellezza.
    ---
     
    HOY TU SOMBRA Y MI SOMBRA DIBUJARON                                                     
                                                                                           "Y eran una,
                                                                                           y eran una,
                                                                                           ¡y eran una sola sombra larga!..."
     
                                                                                                                    J. Asunción Silva
    Hoy tu sombra y mi sombra dibujaron
    figuras imposibles, en la esquina
    que llevaba directa a la tibieza 
    de un recuerdo de mar, 
    luminoso y salobre.
    La arena se dolía bajo mis pies desnudos
    y tu silencio oblicuo hizo mío tu asombro.
    Y todo era posible, 
    pero nada ocurría...
    Mientras, la luz perfecta de una mañana humilde 
    proyectaba las sombras
    de nuestros cuerpos claros, perfectos, e infinitos.
     
    OGGI LA TUA OMBRA E LA MIA OMBRA HANNO DISEGNATO
                                                                                                           "Ed erano una,
                                                                                                           ed erano una,
                                                                                                           ¡ed erano una sola lunga
    ombra !..."
                                                                                                                                        J.
    Asunción Silva
    Oggi la tua ombra e la mia ombra hanno disegnato
    figure impossibili, nell'angolo
    che portava direttamente al tepore
    di un ricordo di mare,
    luminoso e salmastro.
    La sabbia mi doleva sotto i piedi nudi
    e il tuo obliquo silenzio fece mio il tuo stupore.
    E tutto era possibile
    ma nulla accadeva...
    Intanto, la luce perfetta di un umile mattino
    proiettava le ombre
    dei nostri corpi chiari, perfetti e infiniti.
    --
     
    LA VIDA NOS SORPRENDE
                                                    "Porque también la vida nos sujeta, 
                                                    porque precisamente, no es como la esperábamos"
                                                                    J.Gil de Biedma (Compañeros de viaje)
    La vida nos sorprende, 
    nos pilla de improviso 
     
    con la cama deshecha 
    y la comida puesta,
    a punto de vivir, sencillamente...
    Nos acorrala en cada nueva esquina, 
    en cada tren perdido,
    en cada paso dado,
    en cada beso.
    La vida nos sujeta, nos arrulla,
    nos aborda sin más, nos interroga, 
    nos deja sin aliento, nos ahoga, 
    nos arrastra,
    nos eleva,
    nos desploma...
    Y al final, sin avisar,
    nos abandona.
     
    LA VITA CI SORPRENDE
                                                 "Perché anche la vita ci soggioga,
                                                  perché precisamente, non è come ci aspettavamo"
                                                                                              (Compañeros de viaje)
    La vita ci sorprende
    ci coglie all'improvviso
    con il letto disfatto
    e il cibo pronto,
    sul punto di vivere, semplicemente...
    Ci intrappola in ogni nuovo angolo,
    in ogni treno perduto,
    in ogni passo compiuto,
    in ogni bacio.
    La vita ci soggioga, ci culla,
    ci abborda avventatamente, ci interroga,
    ci lascia senza fiato, ci annega,
    ci trascina,
    ci solleva,
    ci fa crollare...
    E alla fine, senza preavviso,
    ci abbandona.
    ---
     
    ME DISPONGO AL OLVIDO
    Me dispongo al olvido…
    A olvidar, a ser olvidada.
    Tiendo mi cuerpo al sol de la intemperie,
    a la voracidad del infortunio.
     
    Hacer olvido…
    Con las manos abiertas 
    y los ojos cerrados,
    borraré los recuerdos,
    y esa frágil memoria 
    de los inmerecidos desconciertos.
     
    MI DISPONGO ALL'OBLIO
    Mi dispongo all'oblio...
    A dimenticare, a essere dimenticata.
    Distendo il mio corpo al sole dell'intemperie,
    alla bramosia dell'avversità.
    Creare oblio...
    Con le mani aperte
    e gli occhi chiusi,
    cancellerò i ricordi,
    e quella fragile memoria
    degli sconcerti immeritato.
    ---
     
    QUERER LLORAR, Y NO ENCONTRAR EL LLANTO
    Querer llorar, y no encontrar el llanto.
    Querer gritar, y que se ahogue el grito.
    Querer dormir, y que el sueño no llegue.
    Llevar una tormenta en los zapatos,
    y no poder andar entre la arena.
    Escribir en el agua,
    asumir el silencio,
    renegar del olvido.
    Resistir sin más opción que la derrota,
    aceptar la soledad de mi trinchera.
    Caminar,
    arrastrarse,
    consumirse,
    y empeñarse en seguir... 
     
    VOLER PIANGERE, E NON TROVARE IL PIANTO
    Voler piangere, e non trovare il pianto.
    Voler gridare senza che anneghi il grido.
    Voler dormire, e il sogno non arriva.
    Portare una tempesta nelle scarpe,
    e non poter camminare sulla sabbia.
    Scrivere sull'acqua
    assumere il silenzio,
    rinnegare l'oblio
    Resistere senza altra scelta che la sconfitta,
    accettare la solitudine della mia trincea.
     
    Camminare,
    trascinarsi,
    logorarsi,
    e impegnarsi a continuare...
    ---
     
    SIN AMOR
                                                        "Sólo quien ama vuela"... 
                                                                         M.Hernández
    Sin amor
    nada somos. 
    Apenas una sombra,
    apenas un silencio.
    Si nos aman nos nombran,
    y si nos nombran,
    somos.
     
    SENZA AMORE
                                                         "Solo chi ama vola"...
                                                                       M.Hernández
    Senza amore
    siamo nulla.
    Solo un'ombra
    solo un silenzio.
    Se ci amano, ci nominano,
    e se ci nominano,
    Siamo.
    ---
     
    NO QUIERO QUE SOSTENGAS MI DERROTA
    No quiero que sostengas mi derrota,
    ni quiero que me cubras de azucenas.
    Por ti cavé mi fosa,
    enterré mis cenizas
    y me aparté del mundo para siempre.
    Si quieres regresarme, no me olvides.
    Atesora por siempre mi recuerdo,
    hazle un hueco en tu almohada de silencios
    y déjale dormir.
     
    NON VOGLIO CHE ASSECONDI LA ​​MIA SCONFITTA
    Non voglio che assecondi la mia sconfitta,
    né voglio che tu mi ricopra di gigli.
    Per te ho scavato la mia fossa,
    ho seppellito le mie ceneri
    e mi sono appartata dal mondo per sempre.
    Se vuoi restituirmi a me stessa, non mi dimenticare.
     
    Fai tesoro per sempre del mio ricordo,
    fagli una fessura nel tuo cuscino di silenzi
    e lascialo dormire.
    ---
     
    YO VENGO AQUÍ A OFRECERME EN MI TORPEZA
    Yo vengo aquí a ofrecerme en mi torpeza,
    humanamente frágil,
    dispuesta a defenderme,
    dispuesta a descoserme las costuras,
    y a coserlas de nuevo .
    Aquellos que me saben,
    que me nombran,
    lo comprenden sin más,
    no hace falta explicar lo inexplicable,
    escribir es tan sólo
    una torpeza más.
     
    VENGO QUI PER OFFRIRMI NELLA MIA GOFFAGGINE
    Vengo qui per offrirmi nella mia goffaggine,
    umanamente fragile,
    pronta a difendermi,
    disposta a strappare le cuciture,
    e a cucirle di nuovo.
    Quelli che mi conoscono,
    che mi nominano,
    lo capiscono senz'altro,
    non c'è bisogno di spiegare l'inspiegabile
    scrivere è soltanto
    un'ulteriore goffaggine.
    ---
     
    DESPEDIDA
    Eres tú, mar inmenso, el que me acoge
    cuando vuelvo de todas las batallas.
    El que espera de nuevo mi regreso,
     inmutable, sereno, inabarcable...
    Todo viene de dentro, del recuerdo profundo.
    La voz del mar arrulla mi memoria,
    con el eco infinito de mis sueños.
     
    CONGEDO
    Sei tu, mare immenso, quello che mi accoglie
    quando torno da tutte le battaglie.
    Colui che attende di nuovo il mio ritorno,
    immutabile, sereno, irraggiungibile...
     
    Tutto viene da dentro, dal ricordo profondo.
    La voce del mare culla la mia memoria,
    con l'eco infinita dei miei sogni.
    ---
     
    VOLVER AL SUR
    Volver al sur,
    sentir el viento,
    llorar la luz,
    parar el tiempo.
    Volver al sur, 
    sentir el tiempo 
    parar la luz
    llorar el viento.
    Volver al sur, 
    parar el viento, 
    sentir la luz,
    llorar el tiempo.
     
    TORNARE AL SUD
    Tornare al sud,
    sentire il ​​vento,
    piangere la luce,
    fermare il tempo.
    Tornare al sud,
    sentire il tempo
    fermare la luce
    piangere il vento.
    Tornare al sud,
    fermare il vento,
    sentire la luce,
    piangere il tempo.
    ---
     
    LLANTO
    Los jinetes de la muerte
    cabalgan sus caballos desbocados.
    Llora un niño en Alepo.
    Llora una niña en Niza...
    Llora un padre en Bagdad.
    Llora una madre en Yemen.
    Y en sus cunetas tristes,
    y en sus tumbas sin nombre,
    lloran también mis muertos.
     
    PIANTO
    I fantini della morte
    cavalcano i loro cavalli imbizzarriti.
    Piange un bambino ad Aleppo.
    Piange una bambina a Nizza...
    Piange un padre a Baghdad.
    Piange una madre nello Yemen.
    E nelle loro cunette tristi,
    e nelle loro tombe senza nome,
    piangono anche i miei morti.
    ---
     
    SOMOS SÓLO UNA LLAMA
    Somos sólo una llama
    que oscila
    entre el recuerdo
    o el olvido,
    entre saber
    o ignorar,
    entre el sueño
    o la vigilia.
    entre apagarse
    o permanecer.
     
    SIAMO SOLO UNA FIAMMA
    Siamo solo una fiamma
    che oscilla
    tra il ricordo
    o l'oblio,
    tra sapere
    o ignorare,
    tra il sogno
    o la veglia.
    tra spegnersi
    o permanere.
    ---
     
    YA NO QUEDAN VESTIGIOS
                                                                     "Ya no será/ ya no(...)" 
    Idea Vilariño
    Ya no quedan vestigios 
    de los últimos besos,
    se apagaron las luces 
    que llevan a tu puerta,
    no hay carteles que indiquen el nombre de tu calle,
    ni lluvia que nos moje bajo los soportales.
     
    Ya no subiré nunca aquella vieja cuesta,
    ni marcaré tu número, ni escribiré tu nombre,
    no perderé autobuses, ni calmaré tu llanto,
    ni abrazaré tu sombra 
    en mil noches insomnes.
    Pero, a veces, la brisa 
    me traerá tu recuerdo
    y llevará mi voz hasta donde te halles,
    y sentirás un roce de caricias antiguas,
    y el sabor en los labios de mi boca olvidada.
    Y entonces, sólo entonces, recordaremos todo:
    los nombres, 
    los teléfonos, 
    la lluvia, 
    los abrazos...
    Y entonces, sólo entonces,
    podremos olvidarnos.
     
    NON CI SONO PIÙ VESTIGIA  
                                                                     "Non sarà più / non più (...)"
                                                                                            Idea Villarino
    Non ci sono vestigia
    degli ultimi baci,
    si sono spente le luci 
    che conducono alla tua porta,
    non ci sono cartelli che indichino il nome della tua strada,
    né pioggia che ci bagni sotto i portici.
    Non farò più quella vecchia salita,
    né comporrò il tuo numero, né scriverò il tuo nome,
    non perderò gli autobus, né calmerò il tuo pianto,
    né abbraccerò la tua ombra
    in mille notti insonni.
    Ma, a volte, la brezza
    mi porterà il tuo ricordo
    e porterà la mia voce dove tu ti troverai,
    e sentirai lo sfiorare di carezze antiche,
    e il sapore sulle labbra della mia bocca dimenticata.
    E allora, solo allora, ricorderemo tutto:
    i nomi,
    i telefoni,
    la pioggia,
    gli abbracci...
     
    E allora, solo allora,
    potremo dimenticarci.
    ---
     
    MIENTRAS ME QUEDE VOZ
    Mientras me quede voz
    hablaré de los muertos
    tan quietos, tan callados,
    tan molestos.
    Mientras me quede voz
    hablaré de sus sueños,
    de todas las traiciones,
    de todos los silencios,
    de los huesos sin nombre
    esperando el regreso,
    de su entrega absoluta,
    de su dolor de invierno.
    Mientras me quede voz
    no han de callar mis muertos.
     
    FINCHÈ AVRÒ VOCE
    Finché avrò voce
    parlerò dei morti
    così quieti, così silenziosi,
    così molesti.
    Finché avrò voce
    parlerò dei loro sogni,
    di tutti i tradimenti,
    di tutti i silenzi,
    delle ossa senza nome
    aspettando il ritorno,
    della loro abnegazione assoluta,
    del loro dolore d'inverno.
    Finché avrò voce
    i miei morti non devono tacere.
    --- 
     
    AUTORRETRATO
    Nací en un año impar,
    en primavera,
    en los últimos estertores
    del franquismo.
    Tuve una buena infancia,
     
    aunque siempre habitaba en la tristeza.
    Crecí entre libros, mimos de mi abuela
    y solícitos cuidados paternales.
    Pero no fui feliz.
    No pude protegerme de la lluvia,
    ni del primer zarpazo de un amor de domingo,
    ni del oscuro perfume
    que deja la inocencia abandonada.
    Descubrí el egoísmo, la mentira,
    la oquedad en el fondo de un abrazo,
    la falsa risa resonando al fondo,
    y el profundo dolor de un paso en falso.
    No supe renunciar a la ternura,
    ni huir a tiempo de las tempestades
    ni soportar callada la injusticia…
    Y conocí el sabor del primer beso,
    la profunda verdad de una caricia
    la entrega sin reservas a la vida
    y el “adiós para siempre” necesario.
    He amado, he conocido, he fracasado,
    bailé con la alegría y con la pena
    un baile de frenéticas piruetas.
    Y he probado los tragos más amargos
    junto con el dulzor de una sonrisa.
    Y desde aquí contemplo lo que queda
    todavía por vivir,
    por llorar,
    y por llevar a cuestas. 
     
    AUTORITRATTO
    Sono nata in un anno dispari
    in primavera,
    durante gli ultimi stertori
    del franchismo.
    Ho avuto una buona infanzia
    benché vivesse sempre nella tristezza.
    Sono cresciuta tra i libri, e le coccole di mia nonna
    e attente cure genitoriali.
    Ma non ero felice.
    Non sono riuscita a proteggermi dalla pioggia
    né dalla prima granfiata di un amore domenicale,
    né dal profumo oscuro
    che lascia l'innocenza abbandonata.
    Ho scoperto l'egoismo, la menzogna,
    il vuoto in fondo a un abbraccio,
    il falso riso che echeggia nel sottofondo,
     e il profondo dolore di un passo falso.
    Non ho saputo rinunciare alla tenerezza,
    né fuggire in tempo dalle tempeste
    né sopportare in silenzio l'ingiustizia...
    E ho conosciuto il sapore del primo bacio,
    la verità profonda di una carezza
    la dedizione senza riserve alla vita
    e "l'addio per sempre" necessario.
    Ho amato, ho conosciuto, ho fallito,
    ho ballato con gioia e con dolore
    un ballo di frenetiche piroette.
    E ho assaggiato le bevande più amare
    insieme alla dolcezza di un sorriso.
    E da qui contemplo ciò che resta
    ancora da vivere,
    da piangere,
    e da portare in spalla.

  • UNA POESIA DI BORGES
    PER BEPPE LOPEZ

    data: 28/03/2023 22:44

    Questa poesia sull'assenza, di Jorge Luis Borges, l'ho tradotta perché vuole essere un omaggio per il mio carissimo Beppe. Ora che si muove nell'universo come una nuvola leggera, sento che lui sia ovunque, e il suo ricordo avvolgerà per sempre la mia vita.

     

    AUSENCIA
    Habré de levantar la vasta vida
    que aún ahora es tu espejo:
    cada mañana habré de reconstruirla.
    Desde que te alejaste,
    cuántos lugares se han tornado vanos
    y sin sentido, iguales
    a luces en el día.
    Tardes que fueron nicho de tu imagen,
    músicas en que siempre me aguardabas,
    palabras de aquel tiempo,
    yo tendré que quebrarlas con mis manos.
    ¿En qué hondonada esconderé mi alma
    para que no vea tu ausencia
    que como un sol terrible, sin ocaso,
    brilla definitiva y despiadada?
    Tu ausencia me rodea
    como la cuerda a la garganta,
    el mar al que se hunde.
     
    ASSENZA
    Dovrò elevare la vasta vita
    che anche ora è tuo specchio:
    ogni mattina dovrò ricostruirla.
    Da quando te ne sei andato,
    quanti luoghi sono diventati vani
    e privi di senso, come
    luci di giorno.
    Sere che erano nicchia della tua immagine,
    musiche in cui sempre mi aspettavi,
    parole di quel tempo,
    io dovrò spezzarle con le mie mani.
    In quale cavità nasconderò la mia anima
    per non vedere la tua assenza
    che come un sole terribile, senza tramonto,
    brilla definitiva e spietata?
    La tua assenza mi circonda
    come la corda al collo,
    il mare di chi sprofonda.

  • 7 POESIE (CON TRADUZIONE)
    DI JUAN JOSE' VELEZ OTERO
    SOGNANDO ORNELLA MUTI

    data: 30/12/2022 16:43

    Juan José Velez Otero, poeta, insegnante e traduttore spagnolo. Nato a Sanlúcar de Barrameda, nel 1957. Laureato in filologia inglese, ha sempre coniugato l'attività letteraria con l'insegnamento. Ha pubblicato un imponente, prestigioso corpus di libri di poesie: Panorama desde el ático (Madrid, 1998); Ese tren que nos lleva (Madrid, 1999); Juegos de misantropía (El Puerto de Santa María, 2002 y Sevilla, 2017); El álbum de la memoria (Sevilla, 2004); La soledad del nómada (Madrid, 2004); El sonido de la rueca (Córdoba, 2005); El solar (Madrid, 2007); Otro milagro de la primavera (Valencia, 2010); En el solar del nómada (Valparaíso, Granada, 2014); Dióxido de carbono (Valparaíso , Granada,2016); Pasmo (Valparaíso Ediciones, Granada, 2019) Ámbito sustancial. Antología (Ars Poetica, Oviedo, 2019) Cuando todos soñábamos con Ornella Muti (Valparaíso, Granada, 2022). Con i libri precedenti ha ottenuto i premi, Feria del Libro de Madrid, il Ciudad de Cáceres, il Rosalía de Castro, l' Aljabibe de Poesía, o il José de Espronceda. In qualità di traduttore, Velez Otero ha tradotto in spagnolo le opere degli autori nordamericani Donald Hall, Yusef Komunyakaa, Jane Kenyon, Philip Levine, Etheridge Knight, Sharon Olds, Charles Simic o Billy Collins, nonché quelle dei poeti palestinesi Nathalie Handal e Najwan Darwish e gli autori britannici James Byrne, Greta Bellamacina, Carol Ann Duffy, Warsan Shire e Malika Booker.


    YA NO SUEÑO
    Tengo un libro en mi mesa, un cenicero
    —luciérnagas difuntas del hastío—
    una copa de whisky y una foto,
    y un silencio que no perturba nadie.
    Me gustan las cortinas y ese cuadro
    con su jarrón naranja y sus espigas.
    Tengo un lápiz anciano y unos versos
    que brotan como cardos del olvido.
    Me gusta abrir la puerta cada cuando
    para que salga y entre mi fantasma,
    para que salga y entre el aire noble
    que me acompaña puro y me diluye.
    Sobre mi mesa, el ascua de la vida,
    el calendario atroz que ya no entiendo.

    NON SOGNO PIÚ
    Ho un libro sul mio tavolo, un posacenere
    —lucciole defunte dal tedio—
    un bicchiere di whisky e una foto,
    e un silenzio che non perturba nessuno.
    Mi piacciono le tende e quel dipinto
    col suo vaso arancione e le sue spighe.
    Ho una vecchia matita e alcuni versi
    che germogliano come cardi dall'oblio.
    Mi piace aprire la porta ogni tanto
    affinché esca ed entri il mio fantasma,
    affinché esca ed entri l'aria nobile
    che mi accompagna puro e mi diluisce.
    Sul mio tavolo, la brace della vita,
    il calendario atroce che ormai non comprendo.

    ---
    REFLEJO
    En el armario hay cuatro puertas, dos de ellas con espejo.
    Aquí me encuentro desnudo, recién salido del baño.
    Mi imagen multiplicada hasta hacerse infinita,
    el reflejo y las réplicas del extraño que soy, un hombre
    repetido hasta el abismo.
    ¿Quién de ellos soy yo:
    los ojos que me miran de frente, los ojos que me acechan
    desde el azogue íntimo que mi espalda nubla?

    Es la luz cada vez más lejana y amarilla,
    la traición, la amenaza, el celo de cien mil
    extraños por mi espalda.
    El homicidio
    posible y helado en lo desconocido.
    O el crimen interior
    y la amenaza, el suicidio tenaz también en su posible.
    Acecha el miedo.
    Yo, mi propia bestia.

    IL RIFLESSO
    Nell'armadio ci sono quattro ante, due delle quali con specchio.
    Qui mi trovo nudo, appena uscito dal bagno.
    La mia immagine moltiplicata fino a diventare infinita,
    il riflesso e le repliche dello sconosciuto che sono, un uomo
    ripetuto fino all'abisso.
    Chi di loro sono io?:
    gli occhi che mi guardano di fronte, gli occhi che mi scrutano
    dall'intimo argento vivo che la mia schiena annebbia?

    Quella luce sempre più lontana e gialla,
    il tradimento, la minaccia, la gelosia di centomila
    estranei alle mie spalle.
    L'omicidio
    possibile e freddo nell'ignoto.
    O il crimine interiore
    e la minaccia, il suicidio tenace anche nel suo possibile.
    La paura accerchia.
    Io, la mia propria bestia.

    ---
    IMAGEN CONGELADA
    Tú, en el cuarto vacío,
    en el espacio grande de una casa cerrada,
    escuchando a Serrat o leyendo a Vallejo,
    estudiando los libros que pasaron de moda,
    enamorado siempre de la chica imposible,
    soñando con los sueños que nunca sucedieron.
    Obstinados empeños componiendo pacientes
    la lenta sinfonía de recuerdos postreros.
    Las fracciones del alma más tarde desveladas
    como pulpa y alquimia; los enlaces fallidos,
    los átomos quebrados de otra resistencia.
    Y la melancolía,
    tu puta melancolía,
    como avispas zumbando alrededor del pozo.
    El sol de la tarde amarilla en el patio,
    la calle y el silencio y sus moreras grandes.
    Y la tristeza, siempre la tristeza
    que eterna delataba tu signo entre los otros.
    Tú solo en el cojín de una silla, sentado
    delante de una mesa en una habitación
    de una casa que ya no existe.
    Al menos
    por entonces quedaba la esperanza.

    IMMAGINE CONGELATA
    Tu, nella stanza vuota,
    nel grande spazio di una casa chiusa,
    ascoltando Serrat o leggendo Vallejo,
    studiando i libri che sono passati di moda,
    sempre innamorato della ragazza impossibile,
    sognando sogni che non si sono avverati mai .

    Sforzi ostinati che pazienti componevano
    la lenta sinfonia di ricordi posteriori.

    Le frazioni dell'anima rivelate in seguito
    come polpa e alchimia; i legami falliti,
    gli atomi spezzati di un'altra resistenza.

    E la malinconia,
    la tua fottuta malinconia,
    come vespe che ronzano intorno al pozzo.

    Il sole del pomeriggio giallo nel cortile,
    la strada e il silenzio e i suoi grandi gelsi.
    E la tristezza, sempre la tristezza
    che eterna tradiva il tuo segno tra gli altri.

    Tu solo sul cuscino di una sedia, seduto
    davanti a un tavolo in una stanza
    di una casa che non esiste più.
    Almeno
    allora c'era la speranza.

    ---
    LOS BENDITOS
    Buena parte de mis amigos piensa en positivo.
    Buena parte de mis amigos procura
    que yo piense en positivo.
    Piensan
    en lo bello de la vida y sus placeres,
    en lo bello de la vida y sus asombros,
    en lo bello de la vida.
    Pasean a los nietos y los traen del colegio
    cogidos de la mano.
    También transportan
    sus mochilas mínimas. No contemplan,
    benditos ellos,
    la sentencia de un dios concebido por los hombres,
    la orfandad que el homínido ante la finitud sentía.
    ¿Somos la única especie consciente de la muerte,
    de la decrepitud y el sino? Música sin ecos somos.
    Benditos sean los adaptados
    a la virtud de la adecuación y del olvido,
    los felices y prácticos, bendito sea
    el estoicismo moderno de la tribu clonal
    que vive la vida en actitud fructífera sin reparar en ello
    –este drama biológico e irresoluble–,
    sin admitir que ha llegado la hora
    en que existe más pasado que futuro,
    que no miras atrás porque te duele el aire
    y sus verdades; saber que ya nadie, nunca más,
    se acostará contigo por amor.

    I BEATI
    Buona parte dei miei amici pensa positivo.

    Buona parte dei miei amici cerca
    che io pensi positivo.
    Pensano
    nella bellezza della vita e dei suoi piaceri,
    nella bellezza della vita e delle sue meraviglie,
    nella bellezza della vita.

    Portano a passeggio i nipoti e li riportano da scuola
    tenuti per mano.
    Trasportano anche
    i loro zaini minimi. Non contemplano,
    beati loro,
    la sentenza di un dio concepito dagli uomini,
    l'orfanità che l'ominide dinanzi alla finitezza provava.

    Siamo l'unica specie consapevole della morte,
    della decrepitezza e del fato? Musica senza echi siamo.

    Beati gli adattati
    alla virtù dell'adeguamento e dell'oblio,
    i felici e i pratici, beato sia
    lo stoicismo moderno della tribù clonale
    che vive la vita con atteggiamento fecondo senza accorgersene
    –questo dramma biologico e irrisolvibile–,
    senza ammettere che è giunta l'ora
    in cui c'è più passato che futuro,
    che non ti guardi indietro perché ti fa male l'aria
    e le sue verità; sapere che nessuno, mai più,
    dormirà con te per amore.

    ---
    ANAGNÓRISIS
    Según la Ciencia, parece ser que nuestros genes
    almacenan un poco de todos y cada uno
    de nuestros antepasados, por remotos que sean,
    en grado tal que, por proceso evolutivo,
    cada uno de nosotros, y demás miembros de cada especie,
    tenemos nuestro origen en las primeras moléculas orgánicas
    de hace 3.800 millones de años.

    Estas cifras y conjeturas me aturden y me admiran,
    me demudan, me marean.
    También hablan de la panspermia.
    Para mí era más fácil cuando creíamos en Dios.

    Yo solía caer enfermo casi todos los inviernos.
    Era débil de garganta.

    Mi madre,
    he de creer que, por prescripción médica,
    me ponía un pijama de guata, me arropaba dulcemente,
    y allí me tenía una semana de días interminables
    y noches de febrícula.

    Me aburría,
    todos los años la misma historia, me aburría,
    pero ella —ya experta en el remedio—,
    me prestaba una caja de madera labrada,
    artesanal y oscura, brillante como la piel de los
    crucificados;
    un pequeño cofre tallado por las manos de un pretérito
    donde mi madre guardaba el tesoro de un par de
    generaciones:
    postales desde un cuartel dirigidas a alguien
    con torpes letras de amor, misivas de cumpleaños
    con caligrafías de colegios de la iglesia
    —otras turbias e infantiles—, felicitando a personas
    que yo no conocía y que, pronto,
    me fueron resultando familiares; rogativas y pésames,

    estampas de cristos y vírgenes dolidas,
    de santos y tormentos, un surtidor de flores y de lazos,
    de invitaciones de boda y recordatorios de primera
    comunión,
    de esquelas tristes, igual que la luz de la tarde en la ventana,
    y un rosario de cuentas amarillas
    enlazando decenas de fotos en blanco y negro:
    personas lejanas ante un fotógrafo cuya imagen
    también dormiría en otra caja de cualquier madre
    de cualquier niño enfermo y aburrido como yo.
    Antepasados ya borrados de la historia.

    De modo que, según los datos que la ciencia aporta,
    allí, en la labrada cajita de madera, descubría
    y examinaba a aquellos que, aportándome sus genes,
    a su vez heredados de otras generaciones,
    habían contribuido a que yo, mi conjunto fortuito
    de células enfermas, pudiera estar allí, febril y demacrado,
    contemplando las fotos de todos los inviernos.

    ANAGNORISIS
    Secondo la scienza, sembrerebbe che i nostri geni
    immagazzinino un poco di tutti e di ciascuno
    dei nostri antenati, per quanto remoti essi siano,
    a tal punto che, per effetto del processo evolutivo,
    ognuno di noi, e altri membri di ogni specie,
    abbiamo la nostra origine nelle prime molecole organiche
    da 3.800 milioni di anni.

    Queste cifre e congetture mi stordiscono e mi stupiscono,
    mi sconvolgono, mi fanno girare la testa.
    Parlano anche di panspermia.
    Per me era più facile quando credevamo in Dio.

    Ero solito ammalarmi quasi ogni inverno.
    Ero debole di gola.
    Mia madre,
    devo credere che, su prescrizione medica,
    mi metteva un pigiama di flanella, mi copriva dolcemente,
    e così mi teneva una settimana di giorni interminabili
    e di notti febbrili.
    Mi annoiavo,
    ogni anno la stessa storia, mi annoiavo,
    ma lei —ormai esperta nel rimedio—,
    mi prestava una scatola di legno intagliato,
    artigianale e scura, lucida come la pelle dei
    crocifissi;
    un piccolo cofanetto intagliato da mani di un passato
    dove mia madre custodiva il tesoro di un paio di
    generazioni:
    cartoline da una caserma indirizzate a qualcuno
    con goffe lettere d'amore, missive di compleanno
    con calligrafia di scuole di chiesa
    —altre torbide e infantili—, di auguri a persone
    che non conoscevo e che, presto,
    mi sono diventate familiari; preghiere e condoglianze,

    immagini di cristi e vergini dolenti,
    di santi e di tormenti, un distributore di fiori e di nastri,
    di inviti di nozze e ricordi di prima
    comunione,
    di tristi necrologi, come la luce della sera alla finestra,
    e un rosario di grani gialli
    legando decine di foto in bianco e nero:
    persone lontane davanti a un fotografo la cui immagine
    dormirebbe anche in un'altra scatola di qualsiasi madre
    di qualsiasi bambino malato e annoiato come me.
    Antenati già cancellati dalla storia.

    Quindi, secondo i dati che la scienza apporta,
    lì, nell'intagliata scatola di legno, scoprivo
    ed esaminavo quelli che, dispensandomi i loro geni,
    a loro volta ereditati da altre generazioni,
    avevano contribuito al fatto che io, il mio insieme fortuito
    di cellule malate, potessi essere lì, febbricitante ed emaciato,
    contemplando le foto di tutti gli inverni.

    ---
    MAÑANA DE LLUVIA
    Febrero. Están los huertos
    iluminados de almendros bajo la luz plomiza
    de una mañana lluviosa.
    Huele a café en todas las ventanas.
    Se desliza el agua por las fachadas viejas.
    Calle Misericordia,
    el pavimento de piedras mojadas
    y redondas. Sigue lloviendo.
    Una imagen borrosa,
    soy yo,
    con un impermeable azul,
    muerto de miedo, camino de la escuela.

    MATTINA DI PIOGGIA
    Febbraio. Gli orti sono
    illuminati da mandorli sotto la luce plumbea
    di una mattina piovosa.
    C'è odore di caffè in tutte le finestre.
    Scorre l'acqua dalle vecchie facciate.
    Via Misericordia,
    il pavimento di pietre bagnate
    e rotonde. Continua a piovere.
    Un'immagine sbiadita,
    sono io,
    con un impermeabile blu,
    morto dalla paura, mentre vado a scuola.

    ---
    DIBUJO DEL NATURAL
    Estos días azules y este sol de la infancia
    Antonio Machado

    En este mismo patio de la infancia
    hoy vuelve a dar el sol como otras veces,
    como en aquellos días de coladas
    y sábanas al viento.

    Hoy vuelve a dar el sol, mas no es el mismo,
    ni canta nadie nada mientras tiende
    la piel de los recuerdos.

    Pasé toda la vida
    huyendo del futuro,
    temiendo este momento.

    Y tuvo que llegar.

    En el cordel, sujetas por dos pinzas,
    las zapatillas grises
    que conservan aún la forma de tus pies.

    DISEGNO DAL NATURALE
    Questi giorni blu e questo sole dell'infanzia
    Antonio Machado

    In questo stesso cortile dell'infanzia
    oggi torna il sole come altre volte,
    come in quei giorni di bucato
    e di lenzuola al vento.

    Oggi torna il sole, ma non è lo stesso,
    né tantomeno nessuno canta qualcosa mentre stende
    la pelle dei ricordi.

    Ho trascorso tutta la vita
    fuggendo dal futuro,
    temendo questo momento.

    È dovuto arrivare.

    Sulla corda, tenute da due mollette,
    le pantofole grigie
    che conservano ancora la forma dei tuoi piedi.

     
    (De Cuando todos soñábamos con Ornella Muti. Valparaíso Ediciones, marzo 2022)

     

  • DUE ANNI SENZA FREDDY
    CASTILLO CASTELLANOS

    data: 17/12/2022 12:06

    "Me parece muy feliz el proyecto de que todos aquellos que lo trataron escriban sobre él; mi testimonio será acaso el más breve y sin duda el más pobre, pero no el menos imparcial ..."
    ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​
    "Il progetto che tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui ne scrivano, mi sembra molto felice; la mia testimonianza sarà forse la più breve e certamente la più povera, ma non la meno imparziale ..."

    ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​(Jorge Luis Borges. "El memorioso" Ficciones, 1944)
    DUE ANNI SENZA FREDDY
    Oggi sono trascorsi due anni dalla morte di Freddy,  il mio amato amico-maestro. Il suo modo di parlare, di leggere e di scrivere erano lo specchio della sua anima. La poesia e Borges furono il luogo dove ci siamo incontrati. L'ho detto altre volte, se la comunicazione lo permetteva, che ci raccontavamo la vita attraverso le nostre letture (le sue infinitamente più ricche delle mie). Spesso mi chiedeva di tradurgli poesie di poeti italiani che non erano stati mai tradotti. Mi parlava di Borges in una maniera splendida. Risolveva i miei dubbi esistenziali e di lavoro. I suoi consigli erano precisi e preziosi.
    Quando Freddy morì, mi sono sentita persa. Ascoltavo -e continuo a farlo- i suoi messaggi​ vocali affinché i miei giorni non perdessero la luce dei suoi insegnamenti. Mi diceva sempre: "leggi, analizza bene ciò che leggi, fai in modo che le letture diventino parte di te. Ama​ ogni volta di più la tua professione, e non farti incantare dalla vanità e dal falso potere dell'ego; solo così​ potrai perfezionare il tuo mestiere."
    Insieme a lui ho condiviso letture, conversazioni, analizzavamo versi e ci raccontavamo le nostre reciproche amarezze. Tutto questo accadde, "senza​ averlo mai incontrato".

    Per tutte queste ragioni, per me, Freddy​ non apparterrà mai a un tempo lontano.

    Sono appena tornata dalla Sicilia e sono certa che Freddy avrebbe preteso descrizioni dettagliate di tutto ciò che ho visitato. Gli avrei raccontato, prima di tutto, della Torre Pisana, che si trova nel Palazzo dei Normanni, dove furono scritti i primi versi in lingua italiana; lì dove è nata la famosa Scuola Siciliana.

    Lascio la poesia "Falconeria" dedicata al Grande Federico II di Svevia.


    DOS AÑOS SIN FREDDY
    Hoy han pasado dos años desde la muerte de Freddy, mi querido amigo-maestro. Su forma de hablar, de leer y de escribir eran el espejo de su alma. La poesía y Borges fueron el lugar donde nos​ encontramos. Lo he dicho otras veces, si la comunicación lo permitía, que nos contábamos la vida a través de nuestras lecturas (las suyas infinitamente​ más ricas que las mías). A menudo me pedía que tradujera poemas de poetas italianos que nunca habían sido traducidos. Me habló de Borges de una manera espléndida. Resolvía​ mis dudas existenciales y de trabajo. Sus consejos eran precisos y preciosos.
    Cuando Freddy murió, me sentí perdida. Escuchaba -y lo sigo haciendo- sus mensajes de voz para que mis días no perdieran la luz de sus enseñanzas. Me decía siempre: "lee, analiza bien lo que lees, haz que las lecturas se vuelvan parte de ti. Ama cada vez más tu profesión,​ y no te dejes encantar por la vanidad y el falso poder del ego; solo así podrás perfeccionar tu oficio :"
    Con él compartí lecturas, conversaciones, analizábamos versos y nos contábamos nuestras mutuas amarguras. Todo esto ocurrió, "sin haberlo encontrado nunca".
    Por todas esas razones, para mí, Freddy jamás pertenecerá a un tiempo lejano.

    Acabo de volver de Sicilia y estoy segura de que Freddy exigiría descripciones detalladas de todo lo que visité. Yo le habría hablado, primero que nada, de la Torre Pisana, que se encuentra en el Palacio de los Normandos, donde se escribieron los primeros versos en la lengua italiana; allí donde nació​ la famosa Escuela Siciliana.​

    Dejo el poema "Cetrería"​ dedicado al Gran Federico II de Suabia.​ ​


    FALCONERIA
    Amava l’alchimia e le poesie
    Era letterato triste e ardente
    Compose alcuni versi per Costanza
    che suonarono purissimi
    nella notte siciliana
    Ma il suo forte era il trono e la caccia
    Disponeva di falconi e di paggi
    con quella rara compiacenza
    che sono soliti avere i saggi quando amano
    Nulla fecero alla sua anima due scomuniche
    anodine e ottuse come tutte
    Era cugino di Tommaso d’Aquino
    Era potente ma anche poeta
    rarità che la storia e Platone
    non compresero mai
    ancor meno la vita torbida
    dei poveri eserciti del Papa
    Si chiamava bellamente Federico II di Svevia.


    CETRERÍA
    Amaba la alquimia y los poemas
    Era letrado triste y ardoroso
    Le compuso a Constanza algunos versos
    que llegaron a sonar purísimos
    en la noche siciliana
    Pero su fuerte eran el trono y la caza
    Disponía de halconeros y de pajes
    con esa rara complacencia
    que suelen tener los sabios cuando aman
    Nada le hicieron a su alma dos excomuniones
    anodinas y torpes como todas
    Era primo de Tomás de Aquino
    Era poderoso pero también poeta
    rareza que la Historia y Platón
    no comprendieron nunca
    menos la vida turbia
    de los pobres ejércitos del Papa
    Se llamaba bellamente Federico II de Suabia.

     


     

  • "ARIOSTO E GLI ARABI"
    GRANDE POESIA DI BORGES
    IN ORIGINALE E IN ITALIANO

    data: 14/10/2022 16:10

    Ed ecco qui "Ariosto y los Arabes" di Borges (in lingua originale e da me tradotta in italiano), con la splendida introduzione di Freddy Castillo Castellanos (anch'essa in lingua originale e da me tradotta). "Oltre a rappresentare un magnifico tributo a un classico della poesia italiana (Orlando Furioso) e al suo autore (Ludovico Ariosto)", rileva fra l'altro Castillo Castellanos, "questa poesia contiene alcune presenze fondamentali nell’opera di Borges. Ne enumero alcune di natura metaforica: il libro come metafora dell’universo, il sogno come vita e la vita come scrittura...".

    ARIOSTO Y LOS ÁRABES

    Además de representar un magnífico homenaje a un clásico de la poesía italiana (Orlando Furioso) y a su autor (Ludovico Ariosto), este poema contiene ciertas presencias fundamentales en la obra de Borges. Enumero algunas de carácter metafórico: el libro como metáfora del universo, el sueño como vida y la vida como escritura. También hay otras de carácter temático, entre las que pueden destacarse la épica europea, la lectura y, por supuesto, los árabes y sus maravillas. Los lectores del poema podrán encontrar muchas más en este campo minado de constantes borgeanas. Empezar diciendo que “nadie puede escribir un libro” es plantearse de una vez el propósito ilusorio de la escritura verdadera: la creación de un mundo. El poeta sólo puede dedicarse a “soñarlo”, un poco a la manera del mago de Las ruinas circulares que quería “soñar un hombre”, no “soñar con un hombre”. Así Ariosto, en su Orlando, se afanó en “soñar lo ya soñado”, que es, de algún modo, escribir lo ya escrito y tejer “en un largo poema” la madeja de un “resplandeciente laberinto” (otra metáfora borgeana), diseminado en diversas historias y leyendas urdidas por “la memoria y el olvido”, presencias, también, muy de Borges, el memorioso, quien en su ontología negativa afirmó una vez que sólo una cosa no hay: el olvido. Sueños de Oriente y de Occidente encuentra Borges en Ariosto y su Orlando. Los menciona con delicada precisión en su poema. A lo largo de los siglos, esos sueños (el libro) se han convertido en “…una risueña / región que alarga inhabitadas millas / de indolentes y ociosas maravillas / que son un sueño que ya nadie sueña”. El Orlando queda solo, soñándose a sí mismo, sin que lo interrumpan las notas de los eruditos, que en lugar de acompañarlo, se alejan de su sueño, es decir, de su vida. En Buenos Aires, en una sala desierta, un hombre lee un “silencioso libro” que viaja en el tiempo y que sueña con “agrado lento” un largo «ocio de caminos», tal como lo quiso con deleite su italiano autor. El hombre ve la luz de la tarde que cae sobre la portada de la edición milanesa que acaba de cerrar. Escribe entonces Ariosto y los árabes, que es también un sueño, pero “un sueño presuroso”.
    Prof. Freddy Castillo Castellanos

     

    ARIOSTO Y LOS ÁRABES

    Nadie puede escribir un libro. Para
    que un libro sea verdaderamente,
    se requieren la aurora y el poniente,
    siglos, armas y el mar que une y separa.

    Así lo pensó Ariosto, que al agrado
    lento se dio, en el ocio de caminos
    de claros mármoles y negros pinos,
    de volver a soñar lo ya soñado.

    El aire de su Italia estaba henchido
    de sueños, que con formas de la guerra
    que en duros siglos fatigó la tierra
    urdieron la memoria y el olvido.

    Una legión que se perdió en los valles
    de Aquitania cayó en una emboscada;
    así nació aquel sueño de una espada
    y del cuerno que clama en Roncesvalles.

    Sus ídolos y ejércitos el duro
    Sajón sobre los huertos de Inglaterra
    Dilapidó en apretada y torpe guerra
    Y de esas cosas quedó un sueño: Arturo.

    De las islas boreales donde un ciego
    sol dibuja el mar, llegó aquel sueño
    de una virgen dormida que a su dueño
    aguarda, tras el círculo de fuego.

    Quién sabe si de Persia o del Parnaso
    vino aquel sueño del corcel alado
    que por el aire el hechicero armado
    urge y que se hunde en el desierto ocaso.

    Como desde el corcel del hechicero,
    Ariosto vio los reinos de la tierra
    surcada por las fiestas de la guerra
    y del joven amor aventurero.

    Como a través de tenue bruma de oro
    vio en el mundo un jardín que sus confines
    dilata en otros íntimos jardines
    para el amor de Angélica y Medoro.

    Como los ilusorios esplendores
    que el Indostán deja entrever el opio,
    pasan por el Furioso los amores
    en un desorden de calidoscopio.

    Ni el amor ignoró ni la ironía
    y soñó así, de pudoroso modo,
    el singular castillo en el que todo
    es (como en esta vida) una falsía.

    Como a todo poeta la fortuna
    o el destino le dio una suerte rara;
    iba por los caminos de Ferrara
    y al mismo tiempo andaba por la luna.

    Escoria de los sueños, indistinto
    limo que el Nilo de los sueños deja,
    con ellos fue tejida la madeja
    de ese resplandeciente laberinto.

    De ese enorme diamante en el que un hombre
    puede perderse venturosamente
    por ámbitos de música indolente,
    más allá de su carne y de su nombre.

    Europa entera se perdió. Por obra
    de aquel ingenuo y malicioso arte,
    Milton pudo llorar de Brandimarte
    el fin y de Dalinda la zozobra.

    Europa se perdió, pero otros dones
    dio el vasto sueño a la famosa gente
    que habita los desiertos del Oriente
    y la noche cargada de leones.

    De un rey que entrega, al despuntar el día,
    su reina de una noche a la implacable
    cimitarra, nos cuenta el deleitable
    libro que al tiempo hechiza, todavía.

    Alas que son la brusca noche, crueles
    garras de las que pende un elefante,
    magnéticas montañas cuyo amante
    abrazo despedaza los bajeles.

    La tierra sostenida por un toro
    y el toro por un pez; abracadabras,
    talismanes y místicas palabras
    que en el granito abren cavernas de oro;

    esto soñó la sarracena gente
    que sigue las banderas de Agramante;
    esto, que vagos rostros con turbante
    soñaron, se adueñó de Occidente.

    Y el Orlando es ahora una risueña
    región que alarga inhabitadas millas
    de indolentes y ociosas maravillas
    que son un sueño que ya nadie sueña.

    Por islámicas artes reducido
    a simple erudición, a mera historia,
    está solo, soñándose. (La gloria
    es una de las formas del olvido).

    Por el cristal ya pálido la incierta
    luz de una tarde más toca el volumen
    y otra vez arden y otra se consumen
    los oros que envanecen la cubierta.

    En la desierta sala el silencioso
    libro viaja en el tiempo. Las auroras
    quedan atrás y las nocturnas horas
    y mi vida, este sueño presuroso.

    ARIOSTO E GLI ARABI
    Oltre a rappresentare un magnifico tributo a un classico della poesia italiana (Orlando Furioso) e al suo autore (Ludovico Ariosto), questa poesia contiene alcune presenze fondamentali nell’opera di Borges. Ne enumero alcune di natura metaforica: il libro come metafora dell’universo, il sogno come vita e la vita come scrittura. Ce ne sono anche altre di natura tematica, tra le quali si possono evidenziare l’epica europea, la lettura e, ovviamente, gli arabi e le loro meraviglie. I lettori della poesia ne troveranno molte altre in questo campo minato di costanti borgesiane. Innanzitutto cominciare dicendo che «nessuno può scrivere un libro» è voler subito considerare lo scopo illusorio della scrittura vera: la creazione di un mondo. Il poeta può solo dedicarsi a «sognarlo», un po’ alla maniera del mago de Le rovine circolari che voleva «sognare un uomo», non «sognare con un uomo». Così Ariosto, nel suo Orlando, si sforzò di «sognare il già sognato», che in qualche modo corrisponde a scrivere ciò che è già stato scritto e a tessere «in una lunga poesia» la matassa di un «rilucente labirinto» (un’altra metafora borgesiana), disseminando in varie storie e leggende ordite dalla «memoria e dall’oblio», presenze proprie di Borges, il memorioso, che nella sua ontologia negativa affermò una volta che c’è solo una cosa che non esiste: l’oblio. Sogni d’Oriente e d’Occidente, Borges trova in Ariosto e nel suo Orlando. Li menziona con delicata precisione nella sua poesia. Nel corso dei secoli, quei sogni (il libro) sono diventati «…una ridente/regione che estende disabitate miglia/di indolenti ed oziose meraviglie/che sono un sogno che nessuno sogna«. L’Orlando rimane da solo, sognando se stesso, senza essere interrotto dalle note degli eruditi, che anziché accompagnarlo, si allontanano dal suo sogno, vale a dire dalla sua vita. A Buenos Aires, in una sala deserta, un uomo legge un «silenzioso libro» che viaggia nel tempo che sogna con «lento piacere» un lungo «ozio di cammini», così come lo volle il suo autore italiano. L’uomo vede la luce della sera che cade sulla copertina dell’edizione milanese che ha appena chiuso. Quindi scrive Ariosto e gli arabi, che è anche un sogno, ma «un sogno precipitoso». Prof. Freddy Castillo Castellanos

     

    ARIOSTO E GLI ARABI

    Nessuno può scrivere un libro. Affinché
    un libro lo sia veramente
    ci vuole l’aurora e il ponente,
    secoli, armi e il mare che unisce e separa.

    Così lo pensò Ariosto, che al lento
    piacere si dette, nell’ozio di cammini
    di chiari marmi e di neri pini,
    di sognare di nuovo il già sognato.

    L’aria della sua Italia era rigonfia
    di sogni, che con forme della guerra
    che in duri secoli affaticò la terra,
    tessero la memoria e l'oblio.

    Una legione che si smarrì nelle valli
    d’Aquitania cadde in un’imboscata;
    così nacque quel sogno di una spada
    e del corno che clama a Roncisvalle.

    I suoi idoli ed eserciti il duro
    sassone sugli orti d’Inghilterra
    dilatò in serrata e sciocca guerra
    e di quelle cose rimase un sogno: Arturo.

    Dalle isole boreali dove un cieco
    sole offusca il mare, giunse quel sogno
    di una vergine addormentata che il suo signore
    attende, dietro a un cerchio di fuoco.

    Chissà se dalla Persia o dal Parnaso
    venne quel sogno del corsiero alato
    che in aria lo stregone armato
    urge e sprofonda nel deserto occaso.

    Come dal corsiero dello stregone,
    Ariosto vide i regni della terra
    solcata dalle feste della guerra
    e dal giovane amore avventuriero.

    Come attraverso tenue bruma d’oro
    vide nel mondo un giardino i cui confini
    dilata in altri intimi giardini
    per l’amore di Angelica e Medoro.

    Come gli illusori splendori
    che all’indostano lascia percepire l’oppio
    passano attraverso il Furioso gli amori
    in un disordine da caleidoscopio.

    Né l’amore ignorò né l’ironia
    e sognò così, con pudore,
    il singolare castello dove tutto
    è (come in questa vita) una falsità.

    Come a ogni poeta, la fortuna
    o il destino gli diede una sorte rara;
    andava per le strade di Ferrara
    e al tempo stesso camminava sulla luna.

    Scoria dei sogni, indistinto
    limo che il Nilo dei sogni lascia,
    con questi fu tessuta la matassa
    di quel rilucente labirinto,

    di quell’enorme diamante in cui un uomo
    può perdersi lietamente
    in ambiti di musica indolente,
    al di là della sua carne e del suo nome.

    Europa tutta si smarrì. Ad opera
    di quell’ingenua e maliziosa arte,
    Milton poté piangere la di Brandimarte
    fine e la di Dalinda sofferenza.

    Europa si smarrì, ma altri doni
    ha dato il vasto sogno alla famosa gente
    che abita i deserti dell’Oriente
    e la notte carica di leoni.

    Di un re che consegna, allo spuntar del giorno,
    la sua regina di una notte all’implacabile
    scimitarra; ci racconta il dilettevole
    libro che tuttora il tempo incanta.

    Ali che sono la brusca notte, crudeli
    grinfie da cui pende un elefante,
    magnetiche montagne il cui amante
    abbraccio frantuma il naviglio.

    La terra sostenuta da un toro
    e il toro da un pesce; abracadabra,
    talismani e mistiche parole
    che nel granito aprono caverne d’oro;

    questo sognò la saracena gente
    che segue le bandiere di Agramante;
    questo, che vaghi volti con turbante
    sognarono, s’impadronì dell’Occidente.

    E l’Orlando è ora una ridente
    regione che estende disabitate miglia
    di indolenti e oziose meraviglie
    che sono un sogno che ormai nessuno sogna.

    Da islamiche arti ridotto
    a semplice erudizione, a mera storia,
    è solo, sognando se stesso. (La gloria
    è una delle forme dell’oblio.)

    Attraverso l’ormai pallido cristallo l’incerta
    luce di un’altra sera tocca il volume
    e ardono di nuovo e si consumano
    gli ori che impreziosiscono la copertina.

    Nella deserta sala il silenzioso
    libro viaggia nel tempo. Restano indietro
    le aurore e le notturne ore
    e la mia vita, questo sogno precipitoso.

    Jorge Luis Borges

  • 11 POESIE DI ISABEL MIGUEL
    IN SPAGNOLO E IN ITALIANO

    data: 30/09/2022 18:53

    Isabel Miguel, Soria 1956. Poetessa e traduttrice, vive a Madrid, dove lavora come insegnante. Membro del consiglio editoriale della casa editrice Lastura, dirige la collana di poesia Alcalima.

     

    PALABRAS A MI PADRE
    Tengo pánico, padre,
    de mi memoria.
    Se perderán tus pasos
    y tu voz en mi tiempo
    que, pese a todo, avanza.
    II
    ¿Dónde guardaré tanto?
    ¿En qué lugar?
    Para que no se esfumen
    ni el calor de tus manos
    ni tu aroma de niño.
    III
    ¿En qué medida
    Se calibra la ausencia?
    ¿Qué la valora?
    ¿Quién pondera el tamaño
    del vacío del alma?

    PAROLE A MIO PADRE
    Provo panico, padre,
    per la mia memoria
    I tuoi passi si perderanno
    e la tua voce nel mio tempo
    che, nonostante tutto, avanza.
    II
    Dove custodirò così tanto?
    In quale luogo?
    Affinché non sbiadisca
    né il calore delle tue mani
    né il tuo aroma da bambino.
    III
    In quale misura
    si calibra l'assenza?
    Cosa la valorizza?
    Chi pondera la dimensione
    del vuoto dell'anima?

    ---
    HAY UNA NEGACIÓN A LA ESCRITURA

    Hay una negación a la escritura.
    Parálisis de letra que me llaga
    como un dolor antiguo.

    Es sin buscarlo que busco el desencuentro
    porque la percusión de la palabra
    rescate viejos sones del olvido
    o al escribir la tinta sea sangre
    y el papel la descubra.

    Y está la luz en sombra
    en este descrecerme primaveras
    por la blandura inerte de las manos.

    C'È UNA NEGAZIONE ALLA SCRITTURA
    C'è una negazione alla scrittura.
    Paralisi di verbo che mi lacera
    come un dolore antico.

    È senza cercarlo che cerco il conflitto
    affinché la percussione della parola
    riscatti vecchi suoni dall'oblio
    o nello scrivere l'inchiostro sia sangue
    e la carta lo scopra.

    E la luce è in ombra
    in questo mio decrescere di primavere
    per la morbidezza inerte delle mani.

    ---
    VELADA

    ¿Bajo qué manto, tul, rebozo o toca
    me esconden y me escondo ante los ojos?

    Un atavismo cruel que nos distancia.
    Una creencia ahondando las heridas.

    Cómo duele vivir con tantas losas.
    Cuánto grito enmudece carne adentro.

    VELATA
    Sotto quale manto, tulle, scialle o cappuccio
    mi nascondono e mi nascondo davanti agli occhi?

    Un atavismo crudele che ci distanzia.
    Una credenza che affonda le ferite.

    Come fa male vivere con così tanti involucri!
    Quanto grido ammutolisce didentro!

    ---
    EL DAÑO

    Apenas se sucede la eclosión,
    cada pequeña larva emprende la tarea.
    Trabajo y alimento crean surcos,
    dejan rastro de quera tras su paso.
    Galerías, caminos, galerías.
    Buscando qué futuro, qué salida.
    Con su trabajo lento y continuado
    apuntan destrucción a este presente.

    Todo terminará en la tristeza,
    así es su carcoma.

    IL DANNO
    Appena avviene la schiusa,
    ogni piccola larva intraprende la sua opera.
    Lavoro e alimento creano solchi,
    lasciano traccia di corrosione dietro di se.
    Gallerie, percorsi, gallerie.
    In cerca di quale futuro? Quale via d'uscita?
    Col loro lavoro lento e continuo
    mirano alla distruzione in questo presente.

    Tutto finirà nella tristezza,
    così è il suo tarlo.

    ---
    ME CONFUNDO EN EL FUEGO

    Me confundo en el fuego,
    en la danza de luces de la hoguera.
    Movimiento de llamas que me atrapa
    para deshabitarme,
    para dejar de ser en ese tiempo
    -si acaso me supiera yo en mí misma-.
    Y recorro el camino hacia la nada
    sin pensar ni sentir,
    transportada en la hipnosis de su fuerza
    cual chispa primigenia de la vida.

    MI CONFONDO NEL FUOCO
    Mi confondo nel fuoco,
    nella danza di luci del falò.
    Movimento di fiamme che mi cattura
    per disabitarmi,
    per cessare di essere in quel momento
    -nel caso in cui conoscessi me stessa-
    E percorro la strada verso il nulla
    senza pensare né sentire,
    trasportata nell'ipnosi della sua forza
    quale scintilla primigenia della vita.

    ---
    OTOÑO

    Miro caer el agua
    gota a gota.
    Mansamente, la nieve
    que el tejado cubría
    de temprana blancura
    se ha fundido.
    Ante mí, un magnolio
    mueve sus tristes ramas desfloradas.

    El invierno ya avanza y todo es frío.
    Por dentro, también tiemblo.

    II
    Estos días de lluvia en el otoño,
    rebosan un dulce letargo,
    la suave languidez
    que acaricia una lágrima.

    No es dolor,
    no es el daño.

    Es la tristura blanda
    del agua que nos lleva.

    AUTUNNO
    Osservo cadere l'acqua
    goccia a goccia.

    Soavemente, la neve
    che copriva il tetto
    di prematuro biancore
    si è sciolta.
    Dinanzi a me, una magnolia
    muove i suoi tristi rami sfioriti.

    L'inverno sta già avanzando e tutto è freddo.
    Anche dentro, tremo.

    II
    Questi giorni di pioggia in autunno,
    pullulano di un dolce letargo,
    il leggero languore
    che accarezza una lacrima.

    Non è dolore
    non è il danno.

    È la lieve tristezza
    dell'acqua che ci trasporta.

    ---
    DESAHUCIO

    Se llamaba María
    y tenía su casa
    muy cerca de la tuya.
    Y hace días, muy pocos, que no vive.
    Hace días que no sale a la compra,
    que no asoma su rostro a la ventana,
    que no sueña
    ni habla
    ni respira.
    Se ha vencido en el caos de la crisis
    al terror del desahucio y del vacío.
    Así mueren los pobres,
    en silencio,
    en el gris abandono de sus vidas,
    sin conocer el grito de su fuerza,
    su protesta en un coro de gargantas.
    Y culpo a la avaricia,
    a los mercados,
    a los que nos gobiernan pese a todo,
    de esta muerte.
    Se llamaban María, Ana o Luisa,
    poco importan su nombres.
    Su silencio es ahora
    el fin de los silencios.

    SFRATTO
    Si chiamava Maria
    e aveva la sua casa
    molto vicino alla tua.
    E da giorni, pochissimi, che non vive.
    Da giorni che non esce a fare la spesa.
    che non si affaccia alla finestra,
    che non sogna
    non parla
    né respira.
    Si è arresa nel caos della crisi
    al terrore dello sfratto e del vuoto.
    Così muoiono i poveri
    in silenzio,
    nel grigio abbandono delle loro vite,
    senza conoscere il grido della loro forza,
    la loro protesta in un coro di gole.
    E incolpo l'avarizia
    i mercati,
    chi ci governa nonostante tutto,
    di questa morte.
    Si chiamava Maria, Anna o Luisa,
    poco importano i loro nomi.
    Il loro silenzio è ora
    la fine dei silenzi.

    ---
    ENTRE SUS ALAS LLEVAN

    Entre sus alasa llevan
    el fututro los pájaros.
    Pero la vida
    diluye los colores con la sombra.
    No hay sol en la distancia.
    Arrastramos el tiempo de los hombres,
    La ganancia cruel,
    la lucha impía
    que niega la razón.

    Qué queda de esperanza.

    TRA LE LORO ALI
    Tra le loro ali portano
    il futuro gli uccelli.
    Ma la vita
    impallidisce i colori con l'ombra.
    Non c'è sole in lontananza.
    Trasciniamo il tempo degli uomini,
    il crudele guadagno,
    l'empia lotta
    che nega la ragione.

    Cosa rimane di speranza?

    ---
    NO ME SIENTO EN CULPABLE

    Caía el sol.
    La mar era un prodigio de reflejos,
    acuarela que nadie pintaría
    con velas blancas.

    Se hizo la tarde sereno latido
    de una mano en la mía
    entre la fresca caricia del aire,
    mirada suspendida en la cadencia
    de luces enlazadas.

    Y me atrapó
    el colorido trémolo
    de un mar-cielo de amianto.

    Espumé entre las olas batientes de la orilla
    hasta sentirme roca, arena y sal,
    aleteé viento, me crecí en árbol,
    hechizada gaviota en propio vuelo.
    Fui latido en el pulso de otras venas,
    y aire de tu mismo aliento...
    ... y paz.

    No me siento culpable de ser dios
    entre la eternidad de dos instantes.

    NON MI SENTO COLPEVOLE
    Tramontava il sole.
    Il mare era un prodigio di riflessi,
    acquerello che nessuno dipingerebbe
    con vele bianche.
    La sera si è fatta sereno palpito
    di una mano nella mia
    tra la fresca carezza dell'aria,
    sguardo sospeso nella cadenza
    di luci intrecciate.

    E fui intrappolata
    dal colore tremulo
    di un mare-cielo di amianto.

    Ho schiumato tra le onde battenti della riva
    fino a sentirmi roccia, sabbia e sale,
    ho sventolato, crebbi in albero,
    gabbiano ammaliato nel proprio volo.

    Fui palpito nel polso di altre vene,
    e aria del tuo stesso alito...
    ... e pace.

    Non mi sento colpevole di essere Dio
    tra l'eternità di due istanti.

    ---

    EL TIEMPO SE HACE JOVEN

    El tiempo se hace joven con el tiempo.
    Ya no es lento su paso
    como lo fue en la infancia.
    Vive.
    Y lo hace tanto
    que las horas son menos horas,
    los días menos días
    y los años más años.
    Lo que antes me sumaba,
    ahora me resta.
    Un ahínco voraz
    que en su final me pierde.

    IL TEMPO DIVENTA GIOVANE
    Il tempo diventa giovane col tempo.
    Il suo passo non è più lento
    come è stato durante l'infanzia.
    Vive.
    E lo fa tanto
    che le ore sono meno ore,
    i giorni meno giorni
    e gli anni più anni.
    Ciò che prima mi sommava,
    ora mi sottrae.
    Una smania vorace
    che nel suo finale mi perde.

    ---

    DESVÁN

    He vuelto a abrir
    la puerta del desván.

    Subí en puntillas
    vibrantes escalones
    y me quedé
    en el rayo de sol
    de la lumbrera...

    Qué fortuna la mía.
    Aún poseo
    refugio en los recuerdos.

    SOFFITTA
    Ho aperto di nuovo
    la porta della soffitta.

    Ho salito in punta di piedi
    gradini vibranti
    e sono rimasta
    nel raggio di sole
    della fenditura...

    Che fortuna la mia.
    Ancora posseggo
    rifugio nei ricordi.

     

  • MARIA GARCIA ZAMBRANO
    POESIE DI MADRE
    PER LA FIGLIA MALATA

    data: 19/05/2022 16:37

    Molte delle poesie della presente selezione di poesie di María García Zambrano, con la mia traduzione in italiano, fanno parte del libro "La hija" (La figlia) in cui l'autrice racconta con intensità e onestà la sua condizione di madre di una figlia malata; esperienza che ha contribuito ad accrescere l'amore verso sua figlia. Un libro che testimonia le difficoltà quotidiane di una madre coraggiosa. Laureata in Giornalismo, María García Zambrano (Elda, 1973) ha un dottorato in Lettere all'Università di Siviglia; post-laurea in Lettere Moderne presso l'Università Paris-Saint Dennis; studi di semiotica all'Università di Lima e seminari sulla letteratura argentina a Buenos Aires. Ha pubblicato quattro libri: El sentido de este viaje (Aguaclara, 2007. Premio Paco Mollá); Menos miedo (Premio Carmen Conde dell'Editoriale Torremozas e semifinalista del Premio Ausiàs March alla migliore silloge del 2012); La hija (El Sastre de Apollinaire, 2015 Abisinia Editorial, 2022); Diarios de la alegría (Sabina, 2019).

    No
    no son pájaros
    son alas de ceniza
    con la lengua de acero de las locomotoras

    no
    no son pájaros
    son restos de un ave mitológica
    barco ebrio o loba parturienta
    abriéndose
    por encima de las cúpulas

    no son pájaros los estambres
    de las flores funerarias
    la cabeza enterrada
    avestruz de los agostos
    transeúnte que tala
    los sueños

    son alas de ceniza
    frágiles cuerpos dormidos
    en los santuarios de la voz

    no
    no es un pájaro este miedo
    anidando en la boca


    No
    non sono uccelli
    sono ali di cenere
    con la lingua d'acciaio delle locomotive

    no
    non sono uccelli
    sono resti di un uccello mitologico
    nave ebbra o lupa partoriente
    che si apre
    sopra le cupole

    non sono uccelli gli stami
    dei fiori funerei
    la testa sepolta
    struzzo di ogni agosto
    transeunte che infrange
    i sogni

    sono ali di cenere
    fragili corpi addormentati
    nei santuari della voce

    no
    non è un uccello questa paura
    che si annida in bocca

    (De Esta ira. Inédito)

    ---
    EL NIDO
    La casa llora y yo
    seco madera para tu cuerpecito
    (juguete que se inunda
    margarita anegada).
    La casa llora.

    Pero la vida también se alimenta
    busca su hueco para quedarse
    lucha
    hilo que no se rompevida para espantar
    el dolor.

    ¿Cómo secar esta lágrima de no tenerte
    en la esquina rota de la casa?

    IL NIDO
    La casa piange e io
    asciugo legna per il tuo corpicino
    (giocattolo che si allaga
    margherita annegata).
    La casa piange.

    Ma anche la vita si alimenta
    cerca la sua fessura per rimanere
    lotta
    filo che non si spezza
    vita per spaventare
    il dolore.

    Come asciugare questa lacrima di non averti
    nell'angolo rotto della casa?

    ---
    NO HALLARÍA PALABRA TAN PURA
    No existe la carencia
    no
    lo imperfecto
    las hojas moteadas se ciñen
    en lo alto
    no ves banalidad en el paisaje.
    Hondura de raíces
    lo otro
    el devenir
    la hiedra
    aferrada a su destino.
    – Quién podría nombrar
    esta belleza –
    Si algún visitante cantara
    la historia
    del insecto azul que ejercita
    su vuelo
    no hallaría palabra
    tan pura
    para acoger
    el dulce
    temblor
    del agua.

    NON TROVEREI PAROLA COSÌ PURA
    Non esiste la carenza
    non
    l'imperfetto
    le foglie screziate si cingono
    in alto
    non vedi banalità nel paesaggio.
    Profondità di radici
    l'altro
    il divenire
    l'edera
    afferrata al suo destino.
    - Chi potrebbe nominare
    questa bellezza -
    Se qualche visitatore cantasse
    la storia
    dell'insetto blu che esercita
    il suo volo
    non troverei parola
    così pura
    per accogliere
    il dolce
    brivido
    dell'acqua.

    ---
    CODA

    Avanzo por el pasillo que transitan los muertos.
    Busco el fulgor que acontece a la vida.
    (Tú eres testigo de mi lucha).
    Regreso por el corredor blanco con la hija intacta.
    Pase lo que pase, he vencido.

    CODA
    Avanzo lungo il corridoio dove transitano i morti.
    Cerco il fulgore che avviene alla vita.
    (Tu sei testimone della mia lotta).
    Ritorno attraverso il corridoio bianco con la figlia intatta.
    Qualunque cosa accada, ho vinto.

    ---
    EL PRESAGIO
    Rebusco en el armario de la muerte
    un luto que me cubra las costillas.
    Me visto de remiendos.
    No hay tejido
    que pueda resguardar
    este cadáver.

    IL PRESAGIO
    Frugo nell'armadio della morte
    un lutto che mi copra le costole.
    Mi vesto di rappezzi.
    Non c'è tessuto
    che possa proteggere
    questo cadavere.

    ---
    EL SUEÑO DE LA FELICIDAD
    Recoger cagrejos a las doce de las noche
    a tientas
    sortear las rocas más puntiagudas
    levantarlas
    cogerlos por la parte inofensiva
    echarlos en el cubo
    seguir
    con la linterna en la cabeza
    buscar
    de la mano de mi padre
    con emoción
    y los pies tiritando de mar
    y de salitre
    mirar
    debajo de las sombras
    su mano agarrando fuerte la mía

    cuidado de no pisar el reflejo de la luna.

    IL SOGNO DELLA FELICITÀ
    Raccogliere granchi a mezzanotte
    a tentoni
    schivare le rocce più taglienti
    sollevarle
    prenderli dalla parte inoffensiva
    buttarli nel secchio
    continuare
    con la torcia sulla testa
    cercare
    mano nella mano di mio padre
    con emozione
    e i piedi tremanti per il mare
    e la salsedine
    guardare
    sotto le ombre
    la sua mano che afferra forte la mia

    curando di non calpestare il riflesso della luna.

    ---
    PARTIDA DE NACIMIENTO
    Yo nací atada a un árbol con almendras,
    un tronco duro que había que limpiar en el invierno.
    Flores blancas perfumaron
    el hueco donde a veces me escondía
    hundida hasta los ojos.

    Del mar solo recuerdo el hambre,
    una hilera de sillas mirando el horizonte,
    castillos destrozados,
    juguetes rotos.

    Yo nací con frío en los molares,
    sin tiempo de jugar a las muñecas,
    con el miedo disuelto en leche de papilla.

    Una vez fui sola al cementerio
    a regar las flores de mi tumba.

    ESTRATTO DI NASCITA
    Sono nata legata a un albero con le mandorle,
    un tronco duro che bisognava pulire in inverno.
    Fiori bianchi hanno profumato
    il buco dove a volte mi nascondevo
    abbassata fino agli occhi.

    Del mare solo ricordo la fame,
    una sfilza di sedie guardando l'orizzonte,
    castelli distrutti,
    giocattoli rotti.

    Sono nata con freddo nei molari,
    senza tempo per giocare alle bambole,
    con la paura sciolta in pappa lattea.

    Una volta sono andata al cimitero
    per innaffiare i fiori sulla mia tomba.

    ---
    EL MIEDO
    Sé del miedo cuando digo mi nombre.
    Alejandra Pizarnik

    ¿Quién desinfecta el miedo
    abre esta piel, deletrea tu nombre?

    ¿Quién limpia esta manía
    de escribir con despojos?

    ¿Qué sanatorio podría albergar
    tanta pavura?


    LA PAURA
    Conosco la paura quando pronuncio il mio nome.
    Alejandra Pizarnik

    Chi disinfetta la paura
    apre questa pelle, scandisce il tuo nome?

    Chi pulisce questa mania
    di scrivere con privazioni?

    Quale sanatorio potrebbe ospitare
    tanto pavore?

    ---
    EL LLANTO
    La hiel es más dulce que este crujir
    de sillas al romperse.

    Cristales estallan dejando en los ojos
    restos de
    vidrio.

    Ya no escuece.
    Resbalan los fragmentos.
    No hay herida.

    Tan solo una punzada que se alivia
    con el llanto.

    IL PIANTO
    Il fiele è più dolce di questo scricchiolare
    di sedie quando si rompono.

    Cristalli si spaccano lasciando negli occhi
    resti di
    vetro.

    Non punge più.
    I frammenti scivolano.
    Non c'è ferita.

    Soltanto una fitta che si allevia
    con il pianto.

    ---
    LA VIDA
    Respiraré por ti.
    Atraparé todo el aire de este y otros mundos
    que voy a inventar
    para que caminemos juntas.
    Inventaré una galaxia
    para que llegues a lo alto
    y extiendas tu mirada por encima de los dioses.

    Respiraré por ti.
    Seré tus ojos y en ellos
    guardaré el mar
    (con las manos de mi padre conteniendo la espuma
    y todos los moluscos que se aferran a la roca).
    Inventaré un mundo acuático para que flotes y te sumerjas
    serás el pez más veloz.

    Respiraré por ti.
    Multiplicaré mis alvéolos
    y miles de luciérnagas y estrellas y la luz
    entrarán por tu piel como caballos que vuelan
    libres e iluminados.
    Un amor limpísimo disolverá la enfermedad.

    Respiraré por ti.
    Seré tu lengua
    con todas las palabras que existen y otras
    babel entre tus dientes
    la historia que contaremos a tus hijas.

    Respiraré por ti

    hasta que ya no quede savia en este cuerpo
    entonces

    inventaré otra vida para seguir respirando.

    LA VITA
    Respirerò per te.
    Catturerò tutta l'aria di questo e di altri mondi
    che inventerò
    per camminare insieme.
    Inventerò una galassia
    affinché tu giunga in vetta
    e tu protenda il tuo sguardo al di sopra degli dèi.

    Respirerò per te.
    sarò i tuoi occhi e in essi
    guarderò il mare
    (con le mani di mio padre che contengono la schiuma
    e tutti i molluschi che si afferrano alla roccia).
    Inventerò un mondo acquatico affinché tu possa fluttuare e immergerti
    sarai il pesce più veloce.

    Respirerò per te.
    Moltiplicherò i miei alveoli
    e migliaia di lucciole e di stelle e la luce
    entreranno nella tua pelle come cavalli che volano
    liberi e illuminati.
    Un amore limpidissimo dissolverà la malattia.

    Respirerò per te.
    sarò la tua lingua
    con tutte le parole che esistono e altre
    babele tra i tuoi denti
    la storia che racconteremo alle tue figlie.

    Respirerò per te.

    finché non ci sarà più linfa in questo corpo
    poi

    inventerò un'altra vita per continuare a respirare.

    (Del libro La hija. El sastre de Apollinaire. 2015)

  • IN SPAGNOLO E IN ITALIANO
    25 POESIE DI VELEZ OTERO

    data: 30/04/2022 16:30

    Vi propongo venticinque poesie dello spagnolo Juan José Velez Otero, da me tradotte in italiano. Poeta, insegante e traduttore spagnolo, Velez Otero è nato a Sanlúcar de Barrameda, nel 1957. Laureato in filologia inglese, ha sempre coniugato l'attività letteraria con l'insegnamento. Ha pubblicato un imponente, prestigioso corpus di libri di poesie: Panorama desde el ático (Madrid, 1998); Ese tren que nos lleva (Madrid, 1999); Juegos de misantropía (El Puerto de Santa María, 2002 y Sevilla, 2017); El álbum de la memoria (Sevilla, 2004); La soledad del nómada (Madrid, 2004); El sonido de la rueca (Córdoba, 2005); El solar (Madrid, 2007); Otro milagro de la primavera (Valencia, 2010); En el solar del nómada (Valparaíso, Granada, 2014); Dióxido de carbono (Valparaíso , Granada,2016); Pasmo (Valparaíso Ediciones, Granada, 2019) Ámbito sustancial. Antología (Ars Poetica, Oviedo, 2019) Cuando todos soñábamos con Ornella Muti (Valparaíso, Granada, 2022). Con i libri precedenti ha ottenuto i premi, Feria del Libro de Madrid, il Ciudad de Cáceres, il Rosalía de Castro, l' Aljabibe de Poesía, o il José de Espronceda. In qualità di traduttore, Velez Otero ha tradotto in spagnolo le opere degli autori nordamericani Donald Hall, Yusef Komunyakaa, Jane Kenyon, Philip Levine, Etheridge Knight, Sharon Olds, Charles Simic o Billy Collins, nonché quelle dei poeti palestinesi Nathalie Handal e Najwan Darwish e gli autori britannici James Byrne, Greta Bellamacina, Carol Ann Duffy, Warsan Shire e Malika Booker.

    APÁRTATE, QUE ME NUBLAS EL SOL
    Ciertas gentes padecen un mal inconfundible:
    pasean solitarios y sonríen a la vida con tristeza,
    beben mucho, mienten y sueñan. Con ojos errantes
    miran hacia atrás. Con frecuencia
    se olvidan de la muerte y no aman la vida
    como la amamos otros.
    Leen y no comentan, oyen pero no votan
    (postura reprochable a los ojos de otra gente
    ciertamente comprometida.)
    No son rentables socialmente. Estatuas de sal,
    no sienten el vértigo del tedio,
    ni acuden ciegos a la luz de la purpurina.
    No son aprovechables, ni necesitan consuelo,
    ni religión, ni futuro: la paz y el vacío
    hace tiempo que ya están en sus maletas.
    Ciertas gentes eluden el dolor como la dicha
    y la muerte no les aplica
    un nuevo estado en la existencia.
    No aman la esclavitud
    que los demás amamos.
    Y viajan en el tiempo, y el tiempo
    se oculta en ellos.
    Cierta gente
    tiene una extraña
    inclinación
    a la tristeza.

    SPOSTATI, CHE MI OFFUSCHI IL SOLE
    Alcune persone soffrono un male inconfondibile:
    passeggiano da sole e sorridono alla vita con tristezza,
    bevono molto, mentono e sognano. Con occhi erranti
    guardano indietro. Frequentemente
    dimenticano la morte e non amano la vita
    come la amiamo altri .
    Leggono e non commentano, ascoltano ma non votano
    (atteggiamento rimproverabile agli occhi di altra gente
    sicuramente impegnata.)
    Non sono socialmente redditizi. Statue di sale,
    non sentono la vertigine del tedio,
    Né diventano ciechi alla luce della porporina.
    Non sono sfruttabili, né necessitano consolazione,
    né religione, né futuro: la pace e il vuoto
    da tempo sono già nelle loro valigie.
    Alcune persone eludono il dolore come la felicità
    e la morte non applica loro
    uno stato nuovo nell'esistenza.
    Non amano la schiavitù
    che noi altri amiamo.
    E viaggiano nel tempo, e il tempo
    si occulta in essi.
    Certa gente
    ha una strana
    inclinazione
    alla tristezza.

    ---
    POÉTICA
    Conozco a algunos.

    Escriben solos en la penumbra,
    callados en la derrota,
    en el lugar vacío, en el hueco
    inmenso de un útero inservible y yermo.

    Son los desconocidos, los olvidados, los parias.

    Ni siquiera son malditos.

    No hablan del bote de champú,
    no hablan del paquete de Marlboro,
    ni del yogur de la merienda,
    ni del taxi que tomaron esta tarde
    para volver del dentista.

    Son los inadaptados.

    Ya creo haber dicho que habitan un lugar,
    un lugar vacío al amor de la sombra.

    Jamás visitaron la Corte, no conocieron mecenas
    ni frecuentaron fiestas de gozos académicos.

    Tampoco tertulias ni guateques locos
    de triunfadores clónicos.

    Cuando trabajan, sueñan.
    Esclavos de la letra, de otras actividades comen,
    y cuando les dejan se ayuntan,
    y al final
    en el olvido mueren.

    Conozco a algunos.

    No son gregarios.

    POETICA
    Conosco alcuni.

    Scrivono da soli nella penombra,
    silenziosi nella sconfitta,
    nel luogo vuoto, nel concavo
    immenso di un utero inservibile e infecondo.

    Sono gli sconosciuti, i dimenticati, i paria.

    Non sono neanche maledetti.

    Non parlano della bottiglia di shampoo,
    non parlano del pacchetto di Marlboro
    né dello yogurt della merenda,
    né del taxi che hanno preso stasera
    rientrando dal dentista.

    Sono i disadattati.

    Credo di aver detto che abitano un luogo,
    un luogo vuoto all'amore dell'ombra.

    Non hanno mai visitato la Corte, né conosciuto mecenati
    né partecipato a feste di giubilo accademiche.

    Nemmeno raduni né folli bagordi
    di trionfatori cloni.

    Quando lavorano, sognano.
    Schiavi della parola, di altre attività mangiano,
    e quando glielo concedono si aggregano,
    e alla fine
    nell'oblio muoiono.

    Conosco alcuni.

    Non sono gregari.

    ---
    UBI SUNT
    En esta ciudad no han cambiado mucho las cosas.
    En esta ciudad se ha parado el tiempo,
    se ha parado la luz
    como quedó parado el color en las fotos antiguas,
    como se paró el silencio en el primer reloj
    que tuvimos de niños y que ahora guardamos
    en el mismo cajón donde escondemos los objetos
    varados del fracaso, las momias dormidas
    de nuestros recuerdos fríos. En esta ciudad
    aún quedan tejados en ruina
    donde crece el jaramago
    y anidan los vencejos.
    Esta tarde, pisando por la plaza,
    oyendo cómo vuelven las cigüeñas,
    me ha llegado la noticia.
    Venía usted del norte
    y a menudo nos hablaba de sus pueblos de pizarra,
    de los otoños de luz en las montañas verdes.
    Yo callaba en la clase y veía una diosa,
    una misma de aquellas de las que usted hablaba
    cuando explicaba Hesiodo, cuando explicaba a Ovidio,
    las blancas ninfas de los poemas de Garcilaso,
    las mujeres fatales de los versos de Bécquer...
    Allí estaba usted, con su voz de Circe
    hablándonos de sueños, de ascética monacal, hablándonos
    de leyendas y de héroes, de siglos y batallas,
    de páramos nevados y cumbres de ventisca,
    de los campos antiguos, de nobles y de reyes;
    nos hablaba de gestas y trágicos amores,
    de cosas imposibles que no eran de mi mundo.
    La amé en el silencio de aquella clase umbría
    y apagada que usted llenaba de luz,
    también en la calidez y desolación de mis deseos,
    en el patio anunciante del estío
    cuando estudiaba a la sombra de la parra vieja,
    en la mesa fría y triste de luz
    de mi cuarto de invierno. Me he acercado al Instituto
    este sábado veinte de febrero limpio
    en que terminan de florecer los almendros.
    La fachada está igual, la misma puerta,
    el envejecido escalón de mármol amarillo,
    las mismas rejas herrumbrosas y las mismas
    ventanas por donde la luz entraba
    en las pequeñas tardes de octubre
    que olían a cuadernos compartidos,
    a gomas de borrar de nata y fresa,
    a pupitre pobre de madera y tinta.
    Todo está igual desde entonces,
    pero un sello de tiempo,
    intransitable y lóbrego, oculta una verdad
    pavorosa y fría. Todo igual,
    menos usted que ya no está, menos usted
    y yo, que ya no estamos; yo, en la soledad
    de esta habitación donde recuerdo;
    usted en el silencio de su cementerio
    pequeñito y lóbrego de un pueblo entre montañas.
    En esta ciudad no han cambiado mucho las cosas.
    El tiempo se paró, y yo me acomodé ya a la tristeza.
    Por mi ventana miro, y veo el paseo a esta hora solitario
    con sus moreras grandes y la rumorosa fuente
    que lleva años enteros brotando del olvido.
    En esta ciudad no han cambiado las cosas,
    pero ha pasado el tiempo dejando en nosotros
    una pátina amarilla, un aroma irrespirable
    a enredaderas mustias,
    el olor atufante y severo del fracaso.
    Estoy triste y hablo solo. Es lo que pasa cuando uno
    está triste, que habla consigo mismo.
    O con los muertos.
    Ubi sunt, doña Blanca, ¿dónde están,
    dónde están, dónde están aquellos días?

    UBI SUNT
    In questa città non sono cambiate molto le cose.
    In questa città il tempo si è fermato
    la luce si è fermata
    così come il colore nelle foto antiche,
    così come il silenzio nel primo orologio
    che avevamo da bambini e che ora conserviamo
    nello stesso cassetto dove nascondiamo gli oggetti
    incagliati dal fallimento, le mummie addormentate
    dei nostri ricordi freddi. In questa città
    ci sono ancora tetti in rovina
    dove cresce il tarassaco
    e nidificano i rondoni.
    Questa sera, passeggiando per la piazza,
    udendo come tornano le cicogne,
    mi è giunta la notizia.
    Tu venivi dal nord
    e ci parlavi spesso dei suoi villaggi di ardesia
    degli autunni di luce nelle montagne verdi.
    Io tacevo in classe e vedevo una dea,
    una di quelle di cui tu parlavi
    quando spiegavi Esiodo, quando spiegavi Ovidio,
    le bianche ninfe delle poesie di Garcilaso,
    le femmes fatales dei versi di Bécquer...
    Lì c'eri tu, con la tua voce da Circe
    parlandoci di sogni, di ascesi monastica, parlandoci
    di leggende e di eroi, di secoli e di battaglie,
    di brughiere innevate e cime di bufere,
    degli antichi campi, di nobili e di re;
    ci parlavi di gesta e di tragici amori,
    di cose impossibili che non erano del mio mondo.
    Ti ho amata nel silenzio di quell'aula in ombra
    e spenta che tu riempivi di luce,
    anche nel candore e nella desolazione dei miei desideri,
    nel cortile che annunciava l'estate
    quando studiavo all'ombra della vecchia vite,
    intorno al tavolo vecchio e triste di luce
    della mia stanza d'inverno. Mi sono avvicinato all'Istituto
    questo sabato 20 di febbraio limpido
    quando i mandorli finiscono di fiorire.
    La facciata è uguale, la stessa porta,
    l'invecchiato scalone di marmo giallo,
    le stesse sbarre arrugginite e le stesse
    finestre attraverso le quali entrava la luce
    durante le sere di ottobre
    con l'odore di quaderni condivisi,
    di gomme da cancellare alla panna e alla fragola,
    di scrivania povera di legno e d'inchiostro.
    Tutto è uguale fin da allora,
    ma un segno di tempo,
    intransitabile e lugubre, nasconde una verità
    spaventosa e fredda. Tutto uguale,
    tranne te che non ci sei più, tranne te
    e me, che non ci siamo più; io nella solitudine
    di questa stanza dove ricordo;
    tu nel silenzio del tuo cimitero
    piccolo e lugubre di un paese tra le montagne.
    In questa città non sono cambiate molto le cose.
    Il tempo si è fermato, e io mi sono già adagiato nella tristezza.
    Attraverso la mia finestra guardo, e vedo il sentiero solitario a quest'ora
    con i suoi grandi gelsi e la fontana rumorosa
    che da interi anni germoglia dall'oblio.
    In questa città le cose non sono cambiate,
    ma il tempo è passato lasciando in noi
    una patina gialla, un aroma irrespirabile
    di rampicanti appassite,
    l'odore stucchevole e severo del fallimento.
    Sono triste e parlo da solo. È ciò che accade quando uno
    si sente triste, parla con se stesso.
    O con i morti.
    Ubi sunt, doña Blanca, dove sono,
    dove sono, dove sono quei giorni?

    ---
    EL SOLAR
    Toda la vida buscando los campos
    verdes de menta que te dijeron una vez
    existían, no sabes dónde, pero existían
    porque algunos habían estado allí, decían,
    y trajeron en sus manos gozosas
    el suave olor de la lavanda y de la piperita dulce.

    Toda la vida la misma letanía:
    estudia, trabaja, contrólate,
    sé hombre de provecho que la vida no es fácil,
    y que el futuro depende del ahora,
    y que quien guarda halla, y que quien siembra recoge,
    y que quien no sufre alguna vez
    no merece conocer la dimensión del gozo.

    Toda la vida, que tantos años son nada.
    Y que ocurre que el sacrificio rinde ganancias,
    y que el hombre es bueno y que la sociedad lo corrompe,
    y que somos racimos de idéntica uva,
    y la moral y la ética y el estético comportamiento humano.

    Y preparemos un mundo mejor,
    que el que tenemos no sirve,
    como si eso, hasta ahora, hubiese dependido alguna vez
    del sacrificio, del estudio, del trabajo,
    del provecho, de la esperanza de una minoría humana.

    Un mundo mejor… los campos de menta…
    el fresco olor a piperita dulce…
    o el solo solar donde ahora te hallas
    remangándote el frío hasta las ligas
    como puta vieja desconsolada y triste
    esperando que alguien le ofrezca dos pesetas de luz
    o le dé tan siquiera, con cargo a su cuenta,
    un simple beso desinteresado y herido
    en su boca aún agraz de amapola olvidada.

    L'ERMO SUOLO
    Tutta la vita alla ricerca dei campi
    verdi di menta che una volta ti dissero
    che esistevano, non sai dove, ma esistevano
    perché alcuni erano stati lì, dicevano,
    e avevano portato nelle loro gioiose mani
    il leggero profumo della lavanda e della menta piperita.

    Tutta la vita la medesima litania:
    studia, lavora, controllati,
    sii uomo di spessore che la vita non è facile,
    e che il futuro dipende dall'ora,
    e che chi risparmia trova, e chi semina raccoglie,
    e chi non soffre qualche volta
    non merita di conoscere la dimensione della gioia.

    Tutta la vita, che tanti anni non sono nulla.
    E succede che il sacrificio ricompensa,
    e quell'uomo è buono e che la società lo corrompe,
    e che siamo grappoli della stessa uva,
    e della morale, dell'etica e dell'estetico agire umano.

    E prepariamo un mondo migliore,
    che quello che abbiamo non serve,
    come se ciò, fino ad ora, fosse mai dipeso
    dal sacrificio, dallo studio, dal lavoro,
    dal profitto, dalla speranza di una minoranza umana.

    Un mondo migliore... i campi di menta...
    il fresco profumo della menta piperita...
    o soltanto l'ermo suolo dove ora ti trovi
    rimboccandoti il freddo fino alle cosce
    come una vecchia puttana sconsolata e triste
    aspettando che qualcuno le offra due pesetas di luce
    o le dia, a carico del suo conto,
    un semplice bacio disinteressato e ferito
    nella sua bocca ancora agra di papavero dimenticato.

    ---
    LIBRO DE POEMAS
    Alguien,
    desconocido y cercano,
    dejó en este cajón
    el libro de una historia,
    un diario brumoso
    acuñado en el plomo
    de los días de espera.

    Pintó un reloj en cada página,
    un laberinto invisible
    trazó en el desvaído
    papel indescifrable:

    la espera de los sueños,
    el humo del fracaso
    y un profundo abandono
    de pétalo olvidado.

    LIBRO DI POESIE
    Qualcuno,
    ignoto e prossimo
    ha lasciato in questo cassetto
    il libro di una storia,
    un diario brumoso
    forgiato nel piombo
    dei giorni di attesa.

    Ha dipinto un orologio su ogni pagina,
    un labirinto invisibile
    ha tracciato nella sbiadita
    carta indecifrabile:

    l'attesa dei sogni
    il fumo del fallimento
    e un abbandono profondo
    da petalo dimenticato.

    ---
    APARTAMENTO EN OTOÑO
    Todos se fueron ya porque es otoño

    y apagaron la luz de los pasillos,

    dejaron un silencio como niebla

    en el jardín sin signos de verano.

     

    La luna es grande y blanca en la ventana,

    la luna es la farola de esta noche

    de lunes, larga, larga, casi un río

    de sueño y de infinito, casi muerte.

     

    Aquí se oye el mar como un silencio

    que no quisiera ser, como las hojas

    de un viento que remueve la memoria.

     

    Se oye el mar y es parte de esta casa,

    la única con luz en la ventana

    que da a los bares tristes y vacíos.

     

    APPARTAMENTO IN AUTUNNO
    Tutti sono già andati via perché è autunno

    e hanno spento la luce dei corridoi,

    hanno lasciato un silenzio come nebbia

    nel giardino senza indizi d'estate.

     

    La luna è grande e bianca alla finestra

    la luna è il lume di questa notte

    di lunedì, lunga, lunga, quasi un fiume

    di sogno e d'infinito, quasi morte.

     

    Qui si sente il mare come un silenzio

    che non vorrebbe esserlo, come le foglie

    di un vento che smuove la memoria.

     

    Si sente il mare ed è parte di questa casa,

    l'unica con luce nella finestra

    che si affaccia sui bar mesti e vuoti.

    ---
    TRISTE DE TI
    A ver si tú me entiendes, no estoy solo,
    estoy triste de ti, que no es lo mismo,
    y me duele el recuerdo aunque no importe
    en este invierno herido de caléndulas.

    Estoy triste de ti; tal vez lo mismo
    que estar triste de mí, triste de todo,
    del sueño, del destino, la esperanza.
    Estar triste de ti no es estar triste

    de luz, del amargor de lengua nueva,
    de Dios, de los humanos y del tiempo.
    Se trata de estar triste sin remedio

    pues la edad de la lluvia es cosa triste
    sin manos para el talle de tu barro,
    sin pan para las noches de mi sangre.

    TRISTE DI TE
    Vediamo se mi comprendi, non sono solo,
    sono triste di te, che non è la stessa cosa,
    e mi fa male il ricordo anche se non importa
    in questo inverno ferito di calendule.

    Sono triste di te; forse è lo stesso
    che essere triste di me, triste di tutto,
    del sogno, del destino, della speranza.
    Essere triste di te non è essere di triste

    della luce, dell'amarezza di una lingua nuova,
    di Dio, degli umani e del tempo.
    Si tratta di essere triste senza rimedio

    poiché l'età della pioggia è cosa triste
    senza mani per la misura della tua argilla,
    senza pane per le notti del mio sangue.

    ---
    TATUAJE
    No te esfuerces en huir
    ni en buscar horizontes más allá
    de las montañas.

    No juegues a encontrar
    el país desconocido,
    ni valles nuevos
    de paz
    entre los montes del alma.

    La soledad te habrá de hallar
    en el cubil más lejano,
    en la más fría casa olvidada,

    pues con la negra máscara
    de su rostro
    tatuada llevas la piel.

    TATUAGGIO
    Non ti sforzare di fuggire
    né di cercare orizzonti al di là
    delle montagne.

    Non giocare a trovare
    il paese sconosciuto,
    né valli nuove
    di pace
    tra i monti dell'anima.

    La solitudine ti dovrà trovare
    nel riparo più lontano,
    nella più fredda casa dimenticata,

    poiché con la maschera nera
    del suo volto
    porti la pelle tatuata.

    ---
    EL ALMA DE LA TARDE, LA BELLEZA
    El alma de la tarde, la belleza
    marchita de la luz en los portales,
    el múrice dorado de las nubes,
    los ecos mortecinos que el levante
    difunde por trigales y labranzas
    mortales son si mueren con nosotros,
    si mueren a los ojos y a la lengua,
    al tacto y a la flor de los sentidos,
    si un día han de acabar como acabaron
    las horas ya difuntas que, en su tránsito,
    capaces de asolar el tiempo, fueron
    veloces, fugitivos rayos mudos.

    La tumba profanada de los sueños
    hoy huele como algas insepultas
    que no vuelven al mar con las mareas.

    Dejadme contemplar el panorama:
    de piedra sueños muertos en sudarios,
    la soledad, el viento en las acacias,
    los folios del recuerdo, y el lamento
    de que algo se está yendo para siempre.

    L'ANIMA DELLA SERA, LA BELLEZZA
    L'anima della sera, la bellezza
    appassita della luce nei portali,
    il murice dorato delle nuvole,
    gli echi affievoliti che il levante
    diffonde lungo i campi di grano e di coltivazioni
    mortali sono se muoiono con noi,
    se muoiono agli occhi e alla lingua,
    al tatto e a fior di sensi,
    se un giorno devono finire come finiscono
    le ore già defunte che, nel loro transito,
    capaci di rovinare il tempo, furono
    veloci, fuggitivi fulmini muti.

    La tomba profanata dei sogni
    oggi ha l'odore di alghe insepolte
    che non tornano al mare con le maree.

    Lasciatemi contemplare il panorama:
    di pietra sogni morti nei sudari,
    la solitudine, il vento nelle acacie,
    i fogli del ricordo, e il lamento
    che qualcosa sta andando via per sempre.

    ---
    A VECES EL MAR TIENE UN EXTRAÑO SOSIEGO
    A veces el mar tiene un extraño sosiego
    que las aves imitan, una incierta conciencia
    de la vida que pasa inútilmente hermosa,
    preciosamente vana, calladamente inmóvil.
    Es el mudo deseo de ser hoja en la brisa
    lo que emulan las aves. A veces el mar tiene
    una cierta tristeza que las aves imitan,
    el rotundo vacío de un poniente sin ecos
    de veranos antiguos. Es la blanca nostalgia
    de la infancia sin prisas lo que emulan las aves.
    A veces el mar tiene las ventanas abiertas
    y un batir de visillos que las aves imitan,
    un aroma de fruta otoñal y madura
    en el cesto dormido. Es el lento destino
    en espejos de agua lo que emulan las aves.
    A veces el mar tiene reflejos de mis alas.

    A VOLTE IL MARE HA UNA STRANA QUIETE
    A volte il mare ha una strana quiete
    che gli uccelli imitano, un'incerta coscienza
    della vita che trascorre inutilmente bella,
    preziosamente vana, silenziosamente immobile.
    È il muto desiderio di essere foglia nella brezza
    ciò che emulano gli uccelli . A volte il mare ha
    una certa tristezza che gli uccelli imitano ,
    il reboante vuoto di un ponente senza echi
    di antiche estati. È la bianca nostalgia
    dell'infanzia senza premure ciò che emulano gli uccelli.
    A volte il mare ha le finestre aperte
    e uno sbattere di tende che gli uccelli imitano,
    un aroma di frutta autunnale e matura
    nel cesto assopito. È il lento destino
    in specchi d'acqua ciò che emulano gli uccelli.
    A volte il mare ha riflessi delle mie ali.

    ---
    TAL VEZ FUESE VERANO
    Tal vez fuese verano y los jazmines
    del parque estaban vivos. Por las noches
    olían. Y dormían en silencio
    los pájaros oscuros de las torres.

    El mundo iba muy lento. Tú tenías
    una blusa turquesa y unos ojos
    muy grandes y una voz blanca y alegre
    y unos pechos que no pesaban nada.

    Recuerdo que reías, y mirabas
    como quien mira a Dios, como quien mira
    el mar desde los montes de la aurora.

    Recuerdo, era verano y tú eras malva,
    tenías en el cuerpo la dulzura
    de las moreras blancas y los guindos.

    FORSE ERA ESTATE
    Forse era estate e i gelsomini
    del parco erano vivi. Di notte
    profumavano. E dormivano in silenzio
    gli oscuri uccelli delle torri.

    Il mondo procedeva molto lento. Tu avevi
    una camicetta turchese e degli occhi
    molto grandi e una voce bianca e allegra
    e dei seni che pesavano nulla.

    Ricordo che ridevi e guardavi
    come chi guarda Dio, come chi guarda
    il mare dai monti dell'aurora.

    Ricordo che era estate e tu eri malva,
    avevi nel tuo corpo la dolcezza
    dei gelsi bianchi e dei ciliegi.

    ---
    AURORA
    Amanece detrás del campanario
    y, en torno a las antenas, la mañana
    agita ya un torrente de vencejos.
    La claridad callada de esta hora
    va lenta, poco a poco iluminando
    su rostro tan distinto al de la noche.
    De pronto abre los ojos, me sonríe
    como un ángel de luz que apareciera
    entre nubes de sueño. El horizonte
    nos llama hacia una vida de noticias,
    de música y café.
    Y se desnuda
    como quien abre un ramo de lavandas,
    y pisa el aire y lleva sus caderas
    hacia el humo del baño. La contemplo
    como un feliz muchacho que de pronto
    descubriera el sentido de estar vivo.

    AURORA
    Fa giorno dietro il campanile
    e, intorno alle antenne, il mattino
    agita già un flusso di rondoni.
    Il silenzioso chiarore di quest'ora
    va piano, poco a poco illumina
    il suo volto così diverso da quello della notte.
    All'improvviso apre gli occhi, mi sorride
    come un angelo di luce che appare
    tra nuvole di sogno. L'orizzonte
    ci chiama a una vita di novità,
    di musica e di caffè.
    E si spoglia
    come chi apre un mazzo di lavande,
    e calpesta l'aria e porta i suoi fianchi
    nel fumo del bagno. La contemplo
    come un ragazzo felice che all'improvviso
    scopre il senso di essere in vita.

    ---
    ANTES
    Y llegaban las lluvias a los patios dormidos,
    las cigüeñas se iban y volvían los vientos,
    regresaban las sombras a las tapias desnudas
    de los domingos largos. Era un frío callado

    en las aulas. De nuevo las estampas de fútbol
    en el álbum, el miedo de los lunes oscuros,
    de la iglesia, el silencio de los libros de Historia,
    los tebeos, los cuentos, los primeros cigarros

    que sabían a cine, a crepúsculo y pájaros.
    Y llegaban las lluvias, y la niebla en los pinos,
    y noviembre, y las dalias, y mi madre cosiendo,

    y mi hermano jugando a la luz de la alcoba,
    y mi padre en la sala con la radio. Y la tarde
    que sabe a chocolate y huele a pegamento.

    PRIMA
    E arrivavano le piogge nei cortili addormentati,
    le cicogne andavano via e tornavano i venti,
    le ombre riapparivano sulle pareti nude
    delle lunghe domeniche. Era un freddo silenzioso

    nelle aule. Di nuovo le figurine di calcio
    nell'album, la paura dei lunedì bui,
    della chiesa, il silenzio dei libri di Storia,
    i fumetti, i racconti, le prime sigarette

    con sapore a cinema, a crepuscolo e a uccelli.
    E arrivavano le piogge, e la nebbia tra i pini,
    e novembre, e le dalie, e mia madre che cuce,

    e mio fratello che gioca alla luce dell'alcova,
    e mio padre in soggiorno con la radio. E la sera
    che ha il sapore di cioccolata e l'odore di colla.

    ---
    QUE LA VIDA NOS HACE VAGABUNDOS SIN PERROS
    Que la vida nos hace vagabundos sin perros
    es verdad como el vino que enturbia los vocablos
    en sórdidas tabernas de calles solitarias
    donde el viento barriera los últimos residuos
    de verbenas conclusas, los confetis flotantes
    sin más rumbo que olvido en los cubos del alba.

    Es cierto que la vida nos convoca a los ritos
    del reloj en las aras del dios intransigente
    que reclama demencia. Que la vida nos quiere
    vagabundos errantes es verdad. Nos regala
    un epítome nuevo cada huida de luna
    con que, solos y a tientas, redactar el asunto
    que nos tiene ocupados en las salas del tiempo
    donde esperan los trenes que nos llevan, turbados,
    por paisajes futuros y estaciones diversas.

    Oh, la vida otras veces nos acuna en sus brazos,
    y comete un instante en nosotros estupro,
    y nos deja en la ropa el esperma del sueño,
    un olor indeleble a colonia barata.

    CHE LA VITA CI RENDE DEI VAGABONDI SENZA CANI
    Che la vita ci rende dei vagabondi senza cani
    è vero come il vino che intorbidisce le parole
    in sordide taverne nelle strade solitarie
    dove il vento ha spazzato via gli ultimi residui
    di feste concluse, i coriandoli fluttuanti
    senza altra rotta che l'oblio nei secchi dell'alba.

    È vero che la vita ci convoca nei riti
    dell'orologio nelle are del dio intransigente
    che reclama demenza. Che la vita ci vuole
    dei vagabondi erranti è vero. Ci regala
    una nuova epitome ogni fuga di luna
    con cui, da soli e a tentoni, redigere la cosa
    che ci tiene occupati nelle sale del tempo
    dove attendono i treni che ci conducono, turbati,
    attraverso futuri paesaggi e stagioni diverse.

    Oh, la vita altre volte ci culla tra le sue braccia,
    e commette per un istante in noi uno stupro,
    e ci lascia sui nostri vestiti lo sperma del sogno,
    un odore indelebile di colonia da quattro soldi.

    ---
    EL SUEÑO DEL NÓMADA
    Pensabas que el que deserta de la vida vive en eldesierto. W. SZYMBORSKA

    Estar así. No temer al tiempo,
    ni al hogar, ni al abandono,
    ni al residuo que queda
    tras un día de calma.
    Desterrar el miedo.

    Ni oscuridad, ni viento de cometa
    han de abrir estas ventanas.
    La madurez supuesta
    está formada por signos invisibles de derrota,
    por los desnudos ritos
    que celebra la ausencia.

    Estar así:
    la utilidad del pan
    y la tristeza de los atardeceres vivos
    cargados de palabras habitadas.
    Sepultar las tablas diversas del recuerdo,
    que lo que cubre la tierra,
    si no es semilla, se pudre.

    Estar así. No más temor al destino:
    la incertidumbre espesa
    de un día de lluvia
    al amparo de un sueño
    que, seguramente,
    nunca habrá de ser cumplido,
    nunca, nunca,nunca habrá de ser cumplido.

    IL SOGNO DEL NOMADE
    Pensavi che chi diserta la vita vive nel deserto. W. SZYMBORSKA

    Trovarsi così. Non temere il tempo,
    né la casa, né l'abbandono,
    né al residuo che resta
    dopo una giornata di calma.
    Esiliare la paura.

    Né oscurità né vento di cometa
    devono aprire queste finestre.
    La presunta maturità
    è fatta da segni invisibili di sconfitta,
    dai nudi riti
    che celebra l'assenza.

    Trovarsi così:
    l'utilità del pane
    e la tristezza dei vivi tramonti
    carichi di parole vissute.

    Seppellire le varie tavole del ricordo,
    ciò che la terra copre,
    se non è seme, marcisce.

    Trovarsi così. Non più paura del destino:
    la spessa incertezza
    di un giorno di pioggia
    al riparo di un sogno
    che, sicuramente,
    non si realizzerà mai,
    mai, mai,
    mai si realizzerà.

    ---
    ÁLBUM DE VIAJE

    A qué has venido aquí, a esta ciudad
    desierta y quieta,
    a este lugar donde anochece el frío
    y tornan ya a las torres
    las últimas sombras
    vencidas de la tarde. A qué viniste
    huyendo de tus días,
    de tu derrota ahora irremediable,
    qué viniste a buscar que ya no tienes
    a esta ciudad nevada que te acoge,
    que te exhuma en silencio la aterida
    gangrena del recuerdo.
    Fotos antiguas
    en un álbum abierto, voces
    que ignoras si existieron
    y que oyes ahora con claridad fulgente
    en esta noche vieja como ellas.
    A qué has venido aquí a levantar los sueños
    si ya no son los sueños de tu infancia,
    si ya se puso el sol en los tejados.
    Miras
    la
    nieve
    caer
    sobre los bancos negros y vacíos,
    los fuegos de artificio en los espejos del Neva.
    A qué viniste aquí.La nieve es dulce
    como algodón de feria en tu memoria,
    cae lenta como plumas posándose en las cúpulas,
    cubriendo los aleros del futuro y del miedo,
    borrando los caminos
    que nunca más podrás tomar de vuelta.

    ALBUM DI VIAGGIO
    Cosa sei venuto a fare qui, in questa città
    deserta e quieta,
    in questo luogo dove tramonta il freddo
    e tornano alle torri ormai
    le ultime ombre
    esaurite della sera? Cosa sei venuto a fare
    fuggendo dai tuoi giorni,
    dalla tua sconfitta irrimediabile ora?
    Cosa sei venuto a cercare che non hai più
    in questa città innevata che ti accoglie,
    che silenziosamente ti riesuma l'intorpidita
    cancrena del ricordo?
    Foto antiche
    in un album aperto, voci
    che ignori se siano esistite
    e che ora senti con chiarezza fulgente
    in questa notte vecchia come esse.
    Cosa sei venuto a fare qui a suscitare i sogni
    se non sono più i sogni della tua infanzia,
    se il sole si è già posato sui tetti?
    Guardi
    la
    neve
    cadere
    sulle panchine nere e vuote,
    i fuochi d'artificio sugli specchi della Neva.
    Cosa sei venuto a fare qui? La neve è dolce
    come cotone da fiera nella tua memoria,
    cade lentamente come piume posandosi sulle cupole,
    coprendo i conrnicioni del futuro e della paura,
    cancellando le vie
    che mai più potrai riprendere.

    ---
    LOLITA
    Qué estupidez a mis años
    jugando a las muñecas
    contigo. ¿Qué castigo se impondrá,
    según el Libro,
    por pecar de pensamiento
    con las hijas de los hombres?

    No hay dioses que me culpen
    si sienten lo que siento.

    Tengo la edad de tu padre,
    aunque no existe duda
    de que te miro con otras gafas.

    Espero que no trascienda.

    Cómo me gustaría desabrocharte la camisa.

    Ese bullicio de hormigas en el pecho
    es el premio secreto a tu sonrisa.

    Debo de estar enfermo porque me siento feliz:
    esta mañana
    me he levantado antes de lo acostumbrado
    para besar las colillas
    que ayer tarde dejaste en mi mesa.

    LOLITA
    Che sciocchezza alla mia età
    giocare alle bambole
    con te. Quale punizione s'imporrà,
    secondo il Libro,
    per aver peccato di pensiero
    con le figlie degli uomini?

    Non ci sono dei che possano incolparmi
    se sentono ciò che io sento.

    Ho l'età di tuo padre
    sebbene non ci siano dubbi
    che ti guardo con altri occhi.

    Spero di non trascendere.

    Come vorrei sbottonarti la camicia.

    Quel tumulto di formiche nel petto
    è il premio segreto per il tuo sorriso.

    Devo essere malato perché mi sento felice:
    questa mattina
    mi sono alzato prima del solito
    per baciare i mozziconi
    che ieri sera tardi hai lasciato sul mio tavolo.

    ---
    OTRO MILAGRO DE LA PRIMAVERA
    Otro sol, otra luz, otras gaviotas,
    otras voces, la tarde que se alarga,
    el viento que hace dulce la ceniza,
    otra calle, otro cielo, otro silencio.

    Otra piel, otro tiempo, la veleta
    que deja de girar y apunta al Este,
    otro sueño, otra hierba, otras muchachas
    haciendo incontenible la nostalgia.

    Si ahora yo tuviera esa otra luz,
    el viento, ese otro sol, la tarde dulce,
    el cielo del silencio y la veleta.

    del sueño señalando otra distancia,
    intuyo, no estaría aquí esperando
    otro milagro de la primavera.

    UN ALTRO MIRACOLO DELLA PRIMAVERA
    Un altro sole, un'altra luce, altri gabbiani,
    altre voci, la sera che si allunga,
    il vento che rende dolci le ceneri,
    un'altra strada, un altro cielo, un altro silenzio.

    Un'altra pelle, un altro tempo, il segnavento
    che smette di girare e punta a Est,
    un altro sogno, un'altra erba, altre ragazze
    rendendo incontenibile la nostalgia.

    Se ora io avessi quell'altra luce,
    il vento, quell'altro sole, la dolce sera,
    il cielo del silenzio e il segnavento

    del sogno che indica un'altra distanza,
    intuisco, che non starei qui ad aspettare
    un altro miracolo della primavera.

    ---
    EL RESTO DE LOS DÍAS
    Escribo desde el resto de los días,
    desde la luz cerrada del invierno,
    hacia el futuro escribo con palabras
    que nunca volverán a la memoria.

    El tiempo, viejo lobo, irá mordiendo
    los ya heridos talones de mis años
    y pasar ignrando por las viñas
    con un racimo de frágil en los dedos.

    Evocar el presente desvaído
    en la niebla. Del reino del relámpago
    retornarán las lluvias obstinadas

    que ya no mojarán mis hombros grises,
    que nunca regarán ya mis fracasos,
    deshojando las rosas del olvido.

    IL RESTO DEI GIORNI
    Scrivo dal resto dei giorni,
    dalla chiusa luce dell'inverno,
    verso il futuro scrivo con parole
    che non torneranno mai alla memoria.

    Il tempo, vecchio lupo, andrà a mordere
    i già feriti talloni dei miei anni
    e passerò ignorato tra i vigneti
    con un grappolo fragile tra le dita.

    Evocherò il presente sbiadito
    nella nebbia. Dal regno dei fulmini
    torneranno le piogge ostinate

    che non bagneranno più le mie spalle grigie,
    che mai annaffieranno i miei fallimenti,
    sfoltendo le rose dell'oblio.

    ---
    PAISAJE
    Es un paisaje extraño el de estos días,
    el impuesto paisaje de la niebla,
    el de esta niebla extraña que conoces
    porque vives la noche de esa suerte.

    Es un paisaje extraño el de ti mismo
    y el de fuera de ti, el que no entiendes,
    un paisaje ya ajeno el de tu mismo
    fantasma envejecido en el asombro.

    Te perdiste las fiestas que inventaron
    las promiscuas calendas de la vida.
    Ya no importa el dolor. Vino la calma

    a ofrecerte el paisaje que ahora aceptas:
    la niebla en la ventana y la ventisca.
    Tú: carne, soledad, agua y memoria.

    PAESAGGIO
    È uno strano paesaggio quello di questi tempi,
    l'imposto paesaggio della nebbia,
    quello di questa strana nebbia che conosci
    perché vivi la notte in quella forma.

    È uno strano paesaggio quello di te stesso
    e quello fuori di te, quello che non capisci,
    un paesaggio già estraneo quello del tuo stesso
    fantasma invecchiato nello stupore.

    Ti sei perso le feste che hanno inventato
    le promiscue calende della vita.
    Ormai non importa il dolore. E' venuta la calma

    ad offrirti il ​​paesaggio che ora accetti:
    la nebbia sulla finestra e la bufera.
    Tu: carne, solitudine, acqua e memoria.

    ---
    PASEO VESPERTINO
    Este hombre pasea solo por las calles
    encendidas de la ciudad,
    camina,
    piensa,
    atardece.
    Y hace frío. Lleva una mano
    olvidada en el bolsillo
    y una bufanda cálida le cubre
    el grito sofocado del tedio.
    Un hombre camina por la ciudad
    en este crepúsculo universal
    e inmenso bajo los árboles
    desnudos de hojas y de pájaros.
    Ya no es joven, no es joven,
    pero tuvo esplendor en la mirada,
    amigos que fueron deshaciéndose
    o que pasean,
    —¿también solos?—
    por otras ciudades tan distintas de ésta misma.
    Ha quemado los años, se fueron quemando con la prisa.
    No le consuela la voz de la memoria,
    ni el recuerdo baldío de las mujeres que tuvo,
    ni el deseo esperanzado
    de tener otras un día.

    Se han cerrado ya las puertas
    y no merece la pena golpear en ninguna.
    Es un hombre que pasea extraño en la ciudad,
    es un hombre cualquiera deshojado de sueños.
    Camina despacio con pasos desganados,
    mira al cielo y bosteza, se detiene
    ante una tienda, se acomoda las gafas,
    alza los ojos
    y me ve reflejado en los cristales.

    PASSEGGIATA VESPERTINA
    Quest'uomo passeggia da solo per le strade
    accese della città,
    cammina,
    pensa,
    tramonta.
    E fa freddo. Porta una mano
    dimenticata in tasca
    e una sciarpa calda copre
    il grido soffocato del tedio.
    Un uomo cammina per la città
    in questo crepuscolo universale
    e immenso sotto gli alberi
    nudi di foglie e di uccelli.
    Non è più giovane, non è giovane,
    ma ha avuto splendore nello sguardo,
    amici che man mano cadevano a pezzi
    o che passeggiano,
    —anche da soli?—
    in altre città così diverse da questa.
    Ha bruciato gli anni, si sono bruciati con la fretta.
    Non lo consola la voce della memoria,
    né il ricordo desolato delle donne che ha avuto,
    né il desiderio speranzoso
    di averne altre un giorno.

    Le porte si sono già chiuse
    e non vale la pena bussarne a nessuna .
    È un uomo che cammina estraneo per la città,
    è un uomo qualunque spogliato di sogni.
    Cammina piano con passi svogliati,
    guarda in cielo e sbadiglia, si ferma
    davanti a un negozio, si sistema gli occhiali,
    alza gli occhi
    e mi vede riflesso sulle lenti.

    ---
    ESTE ESPEJO DEL CUARTO DE BAÑO
    Este espejo del cuarto de baño
    me conoce como yo mismo,
    casi me habla.
    Por las mañanas me saluda
    con sus pecas blancas de jabón
    y salpicaduras de crema dental.
    Por la noche aparta la vista
    por no ver la cara mustia y cansada,
    la de poros violentos y ojos de besugo.
    Este espejo del cuarto de baño
    conoce mis secretos íntimos
    y mi verdad oculta:
    la ansiedad precisa de los fracasos
    de los días y las noches,
    cotidianos, repetidos,
    sin solución aparente.
    A este espejo
    hace tiempo que se le pudrió
    la lámpara,
    pero me observa y saluda
    desde la sombra sorda,
    desde la eterna nada
    que florece en el silencio.

    QUESTO SPECCHIO DELLA SALA DA BAGNO
    Questo specchio della sala da bagno
    mi conosce come me stesso,
    quasi mi parla.
    Le mattine mi saluta
    con le sue bianche lentiggini di sapone
    e schizzi di dentifricio.
    Di notte distoglie lo sguardo
    per non vedere il viso mesto e stanco,
    quello coi pori violenti e gli occhi da pesce lesso.
    Questo specchio della sala da bagno
    conosce i miei intimi segreti
    e la mia verità nascosta:
    l'esatta ansia dei fallimenti
    dei giorni e delle notti,
    quotidiani, ripetuti
    senza soluzione apparente.
    A questo specchio
    da molto tempo si è imputridita
    la lampadina,
    ma mi osserva e saluta
    dall'ombra sorda,
    dal nulla eterno
    che germoglia nel silenzio.

    ---
    EL DÍA QUE ME ENTERRARON
    El día que me enterraron
    no tenía nada de especial.
    Ni llovía
    ni hacía un día florido
    de primavera dulce.
    El día que me enterraron
    tapiaron mi puerta
    con ladrillos gruesos
    de indiferencia y sombra.
    No recuerdo
    a qué hora me enterraron,
    ni dónde.
    Solo creo tener el presentimiento
    vago
    de haber notado
    aquel frío eterno en las entrañas,
    este frío intenso y paralizante
    que aún siento,
    a veces,
    cuando los vivos vienen a visitarme.

    IL GIORNO IN CUI FUI SEPOLTO
    Il giorno in cui fui sepolto
    non aveva nulla di speciale.
    Non pioveva
    non era neanche una lieta giornata
    di primavera dolce.
    Il giorno in cui fui sepolto
    hanno serrato la mia porta
    con grossi mattoni
    d'indifferenza e di ombra.
    Non ricordo
    a che ora fui sepolto,
    né dove.
    Credo solo di avere il vago
    presentimento
    di aver notato
    quel freddo eterno nelle viscere,
    questo freddo intenso e paralizzante
    che sento ancora,
    qualche volta,
    quando i vivi vengono a visitarmi.

    ---
    LO QUE UN DÍA DEJASTE
    Lo que un día dejaste en el agua del pozo
    has venido buscando, pero el pozo está seco
    como nube en el horno de mañana de estío.

    Ahora vienes y encuentras soledad, que no es poco,
    unos pájaros sordos en los trenes del humo
    y una niebla escondida detrás de los cipreses.

    Un ejército dulce de libélulas rojas
    se ha posado en las cañas del poniente morado
    anunciando la noche, cuna vieja de insectos.

    Y te vas a la playa solitaria y vacía
    sin querer ser feliz, pues la dicha no es nada,
    solo un labio fugaz que en el alba se pierde.

    Lo que un día dejaste en el agua del pozo
    ahora vienes buscando, pero el pozo es un lecho
    de guijarros dormidos, de madera olvidada,
    ese tren que nos lleva hacia oscuros crepúsculos.

    CIÓ CHE UN GIORNO HAI LASCIATO
    Ciò che un giorno hai lasciato nell'acqua del pozzo
    sei venuto a cercare, ma il pozzo si è seccato
    come nuvola nel forno di una mattina d'estate.

    Ora vieni e trovi solitudine, che non è poco,
    alcuni uccelli sordi nei treni del fumo
    e una nebbia nascosta dietro i cipressi.

    Un esercito dolce di libellule rosse
    si è posato sulle canne del ponente ametista
    annunciando la notte, vecchia culla d'insetti.

    E te ne vai sulla spiaggia solitaria e deserta
    senza voler essere felice, perché la gioia non è niente,
    solo un labbro fugace che all'alba si perde.

    Ciò che un giorno hai lasciato nell'acqua del pozzo
    ora vieni a cercare, ma il pozzo è un letto
    di sassi addormentati, di legno dimenticato,
    quel treno che ci porta verso oscuri crepuscoli.

    ---
    NO TIENE LA CARCOMA LUGAR EN LA NOSTALGIA

    No tiene la carcoma lugar en la nostalgia,
    ni tiene la nostalgia lugar en el otoño.
    No tiene la tristeza lugar en este cielo
    nacido de los ojos azules de los días.

    Es tiempo lo que mide la edad de los objetos,
    mas no la de la vida incierta como lluvia
    que inunda la memoria. ¿Recuerdas? Era otoño.
    Desde el puente de Carlos mirabas el Moldava
    dorado por las luces ya viejas de la tarde.

    El jazz y la cerveza por las calles de Praga.
    Resonaban los pasos de los viejos poetas,
    los últimos fulgores allí en la Plaza Vieja,
    crepúsculos de sombras y piedras silenciosas.

    Vencidos en la noche buscábamos tabernas
    y un sueño donde hallar farolas encendidas
    que nos tocase el alma con manos ruborosas.

    Yo sé que lo recuerdas. Las calles de Hradcany
    tenían la belleza del tiempo ya vivido,
    de un tiempo de pasión vivido con dulzura.

    Y era bueno aprender que la vida no es nada
    si un instante en la dicha es un beso desnudo
    que en las calles vacías reverbera en el aire.

    IL TARLO NON HA POSTO NELLA NOSTALGIA
    Il tarlo non ha posto nella nostalgia,
    né la nostalgia ha posto nell'autunno.
    Non ha la tristezza posto in questo cielo
    nato dagli occhi blu dei giorni.

    E' tempo ciò che misura l'età degli oggetti,
    ma non quello della vita incerta come pioggia
    che inonda la memoria. Ricordi? Era autunno.
    Dal Ponte Carlo guardavi la Moldava
    dorata già dalle luci vecchie della sera.

    Il jazz e la birra per le strade di Praga.
    Risuonavano i passi dei vecchi poeti,
    gli ultimi bagliori lì nella Piazza Vecchia,
    crepuscoli di ombre e pietre silenziose.

    Esausti nella notte cercavamo osterie
    e un sogno, dove trovare lumi accesi,
    che ci toccasse l'anima con mani arrossate.

    Io so che lo ricordi. Le strade di Hradčany
    avevano la bellezza del tempo già vissuto,
    di un tempo di passione vissuto con dolcezza.

    Ed era un bene imparare che la vita non è niente
    se un istante nella gioia è un bacio nudo
    che nelle strade vuote riverbera nell'aria.
     

  • DIECI DELICATE POESIE
    (IN SPAGNOLO E ITALIANO)
    DI MANUEL LOPEZ AZORIN

    data: 29/03/2022 18:51

    Propongo questa volta ai lettori di questo blog dieci poesie, con mia traduzione in italiano, del poeta spagnolo Manuel López Azorín, che ho già avuto modo di far loro conoscere. Si tratta di versi tratti dall'antologia Letras Espana, nei quali spicca con nitidezza la squisita delicatezza nell'uso della parola, da parte di questo autore. Che non a caso ho avuto modo di definire il poeta della dolcezza e dell'armonia.

    FLASH-BACK
    Desaparecerán estas imágenes
    que ahora retrotraes.

    Todo se quemará. Será ceniza
    o se hundirá en el barro y el olvido.

    Negativos de niebla en el archivo
    de la tierra o del aire.

    Aunque sigan las luces en la sala
    de tu cinematógrafo,
    el proyector dará vida a otra historia
    que ya no será tuya.
    En la pantalla
    se acabarán los sueños.
    Las escenas
    (por el cine de calle) que se rueden,
    otro será el actor, el director…

    el productor… no sé, nunca ha dado la cara.
    Sólo puso los medios
    para que tu filmaras tu película.
    (Si es que no ha sido todo un espejismo.)

    FLASH-BACK
    Scompariranno queste immagini
    che ora retrodati.

    Tutto brucerà. Sarà cenere
    o sprofonderà nel fango e nell'oblio.

    Negativi di nebbia nell'archivio
    della terra o dell'aria.

    Benché ci siano ancora le luci nella sala
    del tuo cinematografo,
    il proiettore darà vita a un'altra storia
    che non sarà più la tua.
    Sullo schermo
    i sogni finiranno.
    Le scene
    (nel cinema di strada) che si gireranno,
    un altro sarà l'attore, il regista...

    il produttore… non so, non ha mai mostrato il volto.
    Ha messo soltanto i mezzi
    affinché tu girassi il tuo film.
    (Sempreché non sia stato tutto un miraggio.)

    ---
    AYER
    Ayer es sólo un sueño,
    algo que fue pero que ya no existe
    aunque a veces visite la memoria
    vestido de dolor o de alegría.

    Ayer se fue.
    La vida
    es un tiempo de llanto inexplicable
    y es un tiempo de dicha.
    Su madeja
    enreda la memoria y nos devuelve
    un tiempo inexistente
    envuelto entre las luces y las sombras
    de algo que ya es un sueño.

    Ayer se fue, mañana no ha llegado
    Ayer es sólo tiempo en la memoria.

    IERI
    Ieri è solo un sogno
    qualcosa che fu ma che già non esiste
    benché a volte visiti la memoria
    vestito di dolore o di allegria.

    Ieri svanì.
    La vita
    è un tempo di pianto inspiegabile
    e anche un tempo di gioia.
    La sua matassa
    aggroviglia la memoria e ci restituisce
    un tempo inesistente
    avvolto tra le luci e le ombre
    di qualcosa che è già un sogno.

    Ieri è svanito, domani non è giunto
    Ieri è solo tempo nella memoria.

    ---
    ESTA ES MI VIDA AHORA
    Sólo la luz alumbra, sólo el amor nos salva.
    Lo demás es un caos Nos envuelve
    y en plena claridad nos hace ciegos.
    (La ignorancia es ceguera y la tenemos,
    no sólo por los ojos.)

    Soy un ciego que contempla su vida.
    Esta es mi vida ahora:
    sombras, luces, las huellas
    de pisadas sentidas, pensadas, vividas,
    de palabras soñadas...
    (T.S. Eliot lo dijo: Somos Grecia.
    No tan sólo seguir sus tradiciones.)
    Es la marca de un tiempo sucedido
    donde el árbol, a veces, dio su fruto
    y otras veces no tuvo;
    pero cada cosecha, buena o mala,
    sirvió para saber que cada día
    es otro aprendizaje el que despierta
    con la curiosidad, otra ilusión,
    otra nueva mirada en ese espejo
    del hombre y de la vida.

    Esta es mi vida ahora.
    Camino, observo, miro, la contemplo,
    paso frente a su espejo, veo a los mercaderes
    traficar con lenguajes que rehúyo.
    (Nunca quise en mi casa traficantes.)

    Observo a los que ansían
    anclarse entre los pliegues de páginas doradas
    vendiendo hasta el aliento por su gloria
    y rehúso sus verbos.
    Son verbos de ficción, verbos de trueque,
    de vanidad.
    Moneda por lisonja,
    lisonja por moneda y poca vida propia.
    (Casas de terciopelo sin despensa,
    arquitectura de fachada,
    belleza de reclamo, de mediática búsqueda,
    casas sin vida propia.)

    Prefiero contemplar a los poetas
    escribiendo a la espera de la luz
    y sin más ambición que la del éxtasis.
    (A cierta edad ya no se espera nada
    que no traiga la luz.)

    Hay poetas de luz, no todo está perdido,
    y jóvenes que buscan esa luz del misterio.

    Soy un ciego que edifica su casa,
    aprendiendo a mirar.

    QUESTA È LA MIA VITA ORA
    Solo la luce illumina, solo l'amore ci salva.
    Il resto è un caos Ci circonda
    e in pieno chiarore ci rende ciechi.
    (L'ignoranza è cecità e noi ce l'abbiamo,
    non solo negli occhi.)

    Sono un cieco che contempla la sua vita.
    Questa è la mia vita ora:
    ombre, luci, le orme
    di passi sentiti, pensati, vissuti,
    di parole sognate...
    (T.S. Eliot lo disse: Siamo Grecia.
    Non solo seguire le sue tradizioni.)
    È il segno di un tempo trascorso
    dove l'albero, a volte, ha dato i suoi frutti
    e altre volte no;
    ma ogni raccolto, buono o cattivo,
    è servito per sapere che ogni giorno
    è un altro apprendimento colui che si sveglia
    con la curiosità, un'altra illusione,
    un altro nuovo sguardo in quello specchio
    dell'uomo e della vita.

    Questa è la mia vita ora.
    Cammino, osservo, guardo, la contemplo,
    passo davanti al suo specchio, vedo i mercanti
    trafficare con linguaggi da cui fuggo.
    (Non ho mai voluto trafficanti in casa mia.)

    Osservo coloro che smaniano
    ancorarsi tra le pieghe di pagine dorate
    vendendo persino il fiato per la loro gloria
    e rifiuto i loro verbi.
    Sono verbi di finzione, verbi di scambio,
    di vanità
    Moneta per adulazione,
    lusinghe per moneta e poca vita propria.
    (Case di velluto senza dispensa,
    architettura di facciata,
    bellezza di richiamo, di mediatica ricerca,
    case senza vita propria.)

    Preferisco contemplare i poeti
    scrivendo in attesa della luce
    e senza altra ambizione che quella dell'estasi.
    (A una certa età non ci si aspetta nulla
    che non porti la luce.)

    Ci sono poeti di luce, non tutto è perduto,
    e giovani che cercano quella luce del mistero.

    Sono un cieco che edifica la sua casa,
    imparando a guardare.

    ---
    JULIO 24
    Hay noticias que, a veces,
    nos rompen la quietud
    y la calma se vuelve incertidumbre.

    El día caminaba esplendoroso,
    pleno de luz y, todo, de repente,
    se ha teñido de sombra
    (Una palabra, a veces, una frase,
    de pronto cambia todo).
    El corazón acelera el latido
    y aparece el temor.

    Hay noticias, palabras, que traen
    desasosiego
    y un miedo que, por más que se pretende,
    resulta incontrolable.

    Y me pongo a escribir para vencerlo,
    para alejar la sombra,
    para abrazar la luz con la palabra,

    esa palabra oscura que parece que abruma
    y no se sabe bien qué significa.

    Quiero abrazar la luz
    en este día de palabras sombra,
    de noticias que dejan el miedo en los sentidos.

    Quiero sentir tu voz y que sea consuelo,
    que sea tu palabra la que llegue y me libre
    de esta sombra que ahora
    ha oscurecido el día y la esperanza.

    24 LUGLIO
    Ci sono notizie che, a volte,
    rompono la nostra quiete
    e la calma diviene incertezza.

    La giornata trascorreva splendida,
    piena di luce e, tutto, all'improvviso,
    si è tinto d'ombra
    (Una parola, a volte, una frase,
    improvvisamente cambia tutto).
    Il cuore accelera il battito
    e appare il timore.

    Ci sono notizie, parole, che portano
    turbamento
    e una paura che, per quanto si pretenda,
    risulta incontrollabile.

    E comincio a scrivere per vincerla,
    per allontanare l'ombra,
    per abbracciare la luce con la parola,
    quella parola oscura che sembra soggiogare
    e non si sa bene cosa significhi.

    Voglio abbracciare la luce
    in questo giorno di parole ombra,
    di notizie che sedimentano la paura nei sensi.

    Voglio sentire la tua voce, che sia consolazione,
    che sia la tua parola che giunga e mi liberi
    da quest'ombra che ora
    ha offuscato il giorno e la speranza.

    ---
    HUID DE LOS POETAS QUE SIEMPRE TIENEN PRISA
    Huid de los poetas que siempre tienen prisa,
    de aquellos que parecen escapar
    y sin embargo están en todas partes
    (están, pero no están.)
    ofreciéndose a ser, pero no siendo
    más que un medio de ser para sí mismos.

    Parecen huir siempre
    (pero nunca se marchan)
    y ofrecen una imagen
    de huidiza timidez,
    –¿Es altivez , soberbia?– de misterio.

    No es más que una artimaña
    para ocultar la sed protagonista,
    para alcanzar la luz de los neones, páginas…
    Si alguna vez se sacian,
    (y algunos lo consiguen)
    deslumbrantes, se nos muestran esquivos y con prisas.

    La prisa es estrategia y cuando los conoces,
    aunque brillen sus versos, decepcionan.

    FUGGITE DAI POETI CHE SEMPRE HANNO FRETTA
    Fuggite dai poeti che sempre hanno fretta,
    da quelli che sembrano scappare
    nondimeno stanno ovunque
    (ci sono, ma non ci sono.)
    offrendo di essere, ma non sono
    altro che un mezzo di essere per se stessi.

    Sembrano sempre fuggire
    (ma non se ne vanno mai)
    e offrono un'immagine
    di sfuggente timidezza,
    – È alterigia, orgoglio? – di mistero.

    Non è altro che un artificio
    per nascondere la sete da protagonista,
    per ghermire la luce dei neon, le pagine...
    Se mai si saziano,
    (e alcuni lo conseguono)
    abbaglianti, appaiono schivi e di fretta.

    La fretta è strategia e quando li conosci,
    sebbene i loro versi splendano, deludono.

    ---
    NO HAY NADA MÁS QUE HACER

    I

    Este vivir sin saber desconcierta,
    deja un amargo sabor en la sangre.

    Por las venas se funden trazo y vida,
    son el latido vivo del presente
    hecho futuro, ayer, tiempo, palabra
    sobre página blanca.
    Duda en el corazón y el pensamiento.

    Fluye Heráclito y sus aguas se duelen,
    cantan, se duelen y cantan alegres.
    Cuanto mayor dolor
    más conciencia se tiene de estar vivo.
    (Que la alegría llega por el llanto
    nos dijeron un día.)
    Del manantial al mar
    todo es dolor y todo es alegría
    (Porque todos los sueños se evaporan
    y toda realidad tiene su niebla.)
    y antes, si fue, no se recuerda ahora
    ni se recordará tampoco luego
    cuando el olvido nos habite.

    Dice mi corazón que un dios existe
    y clama su presencia
    de amor, siempre de amor, sobre las aguas.
    (Sólo es éste el cantar
    cuando mi corazónen él se sueña.)
    Mas la razón le duda
    pues el hombre es libre, y ciego camina
    y en tanto desconcierto,
    no encuentra la justicia de la altura
    ni el amor de la altura recorriendo las aguas.
    Aunque el agua del alma nunca muera,
    uno es principio y fin
    y no existe conciencia de otras aguas
    ni antes ni luego de haber sido.

    Este vivir sin saber,
    este dolor que hace sentir la vida,
    paradoja, es el canto,
    la sangre, el trazo, el río, y es el agua
    que brotó de los cascos de Pegaso.

    (Porque Hipocrene existe y está en el Helicón
    para apagar la sed que brota dentro
    mientras este vivir fluye y se agota)


    II
    Ese vivir sin saber desconcierta.
    Deja en el rostro un amargo sabor,
    pone en la sangre un extraño temblor
    y hace la duda más grande y abierta.

    Duda que deja la vida en alerta
    y ante la incógnita, acerca la voz
    -hecha ya tiempo en palabras- y un son
    canta lo cierto que, muerto, despierta.

    Libre por la memoria va la máquina,
    siente la vida, sueña, en su cedazo,
    yendo de un tiempo a otro tiempo perdido.

    Vida que se desangra por la página.
    No hay nada más que hacer. Hecho ya el trazo...
    todo es silencio ya, todo es olvido.

    NON C'E' PIU' NULLA DA FARE

    I
    Questo vivere senza sapere sconcerta,
    lascia un sapore amaro nel sangue.

    Lungo le vene si fondono segno e vita,
    sono il palpito vivo del presente
    fatto futuro, ieri, tempo, parola
    su pagina bianca.
    Dubbio nel cuore e nel pensiero.

    Scorre Eraclito e le sue acque si dolgono,
    cantano, si dolgono e cantano allegre.
    Quanto più dolore
    si ha più consapevolezza di essere vivi.
    (Che la gioia giunge dal pianto
    ci hanno detto un giorno.)
    Dalla sorgente al mare
    tutto è dolore e tutto è gioia
    (Perché tutti i sogni evaporano
    e tutta realtà ha la sua nebbia.)
    e prima, se fu, non lo si ricorda ora
    né lo si ricorderà neanche in seguito
    quando l'oblio ci abiterà.

    Dice il mio cuore che un dio esiste
    e clama la sua presenza
    d'amore, sempre d'amore, sulle acque.
    (Solo questo è il cantare
    quando il mio cuore si sogna in esso.)
    Ma la ragione dubita di lui
    poiché l'uomo è libero, e cieco cammina
    e in tanto sconcerto,
    non trova la giustizia della sommità
    né l'amore della sommità che percorre le acque.
    Benché l'acqua dell'anima non muoia mai,
    siamo inizio e fine
    e non c'è consapevolezza di altre acque
    né prima né dopo essere stati.

    Questo vivere senza sapere
    questo dolore che la vita fa sentire,
    paradosso, è il canto,
    il sangue,il segno, il fiume, ed è l'acqua
    che sgorgò dagli zoccoli di Pegaso.

    (Perché Ippocrene esiste e si trova nell'Elicona
    per placare la sete che si origina dentro
    mentre questo vivere scorre e si esaurisce)

    II
    Questo vivere senza sapere sconcerta.
    Lascia sul volto un sapore amaro,
    introduce nel sangue uno strano tremito
    e rende il dubbio più grande e aperto.

    Dubbio che mette in allerta la vita
    e di fronte all'incognita, avvicina la voce
    -fatta già tempo in parole- e un suono
    canta il vero che, morto, si desta.

    Libera dalla memoria va la macchina,
    sente la vita, sogna, nel suo setaccio,
    andare da un tempo a un altro tempo perduto.

    Vita che si disangua lungo la pagina.
    Non c'è più nulla da fare. Ormai fatto il segno...

    A questo punto tutto è già silenzio, tutto è oblio.

    ---
    EL HECHO DE ESCRIBIR NO ES QUE ME SALVE
    El hecho de escribir no es que me salve
    de hacerle frente al mal, y de asumirlo
    como entrada a la casa del olvido,
    la casa de la cual nada se sabe.

    El hecho de escribir, es que me vale
    para poner al sol, mientras escribo,
    la sombra en la que voy, como vencido,
    envuelto en un temor que nadie sabe.

    El hecho de escribir: sacar las dudas,
    ahuyentar esta sombra que me envuelve,
    dejar en el papel el miedo escrito.

    Sé que el hecho de hacerlo no me cura,
    pero alivia esta lucha que mantiene
    mi vida con la casa del olvido.

    IL FATTO DI SCRIVERE NON È CHE MI SALVI
    Il fatto di scrivere non è che mi salvi
    dall'affrontare il male e di assumerlo
    come ingresso nella casa dell'oblio,
    casa di cui nulla si sa.

    L'atto di scrivere, vale per me solo
    per mettere al sole, mentre scrivo,
    l'ombra in cui vado, come sconfitto,
    avvolto in un timore che nessuno conosce.

    L'atto di scrivere: dissolvere i dubbi,
    scacciare quest'ombra che mi avvolge,
    lasciare sulla carta la paura scritta.

    So che l'atto di farlo non mi cura,
    ma incoraggia questa lotta che dà vigore
    alla mia vita verso la casa dell'oblio.

    ---
    SÓLO TÚ, MAR
    Sólo tú, mar, espuma
    salada de mi llanto, me acompañas
    en esta áspera isla que me habita.

    Sólo tus olas saben de mis lágrimas,
    la ausencia de mi orilla,
    la que preciso para ser un río,
    porque sin ella no hay Amor posible
    y la corriente cesa
    y se funde contigo para siempre.

    Sólo tú me comprendes.

    Desde este acantilado te contemplo,
    soy una isla inhóspita,
    rodeado de ti, los dos tan solos…

    Yo a la espera del sueño o de los sueños,
    tú impasible, milenio tras milenio,
    abrazando las lágrimas y el canto
    de los que van y vienen del Amor
    a tus playas de enigma y de misterio.

    SOLO TU, MARE
    Solo tu, mare, schiuma
    salata del mio pianto, mi accompagni
    in quest'aspra isola che mi abita.

    Solo le tue onde conoscono le mie lacrime,
    l'assenza della mia sponda,
    quella di cui ho bisogno per essere un fiume,
    perché senza di essa non c'è Amore possibile
    e la corrente cessa
    e si fonde con te per sempre.

    Solo tu mi comprendi.

    Da questa scogliera ti contemplo,
    sono un'isola inospitale,
    circondato da te, noi due così soli...

    Io in attesa del sogno o dei sogni,
    tu impassibile, millennio dopo millennio,
    abbracciando le lacrime e il canto
    di chi va e viene dall'Amore
    alle tue spiagge di enigma e di mistero.

    ---
    CURRICULUM VITAE
    Diagnosis:
    carcinoma epidermoide,
    bien diferenciado de piel, que infiltra
    el borde quirúrgico profundo.
    (Probable recidiva.)

    Otras patologías anteriores:
    Enfermedad de Crhon, epitelioma,
    adenocarcinoma de colon tipo C.

    Tratamiento a seguir:
    para el crhon, el que vaya surgiendo.
    Para el epitelioma, fuera sol.
    Para el colon, tras la quimioterapia,
    revisión trimestral
    y para el carcinoma epidermoide
    intensa observación y, mientras tanto,
    esperar y seguir
    (dentro de lo posible) soportando
    el curriculum vitae.

    (De momento, a escribir como se pueda
    para dejar el miedo entre papeles
    con poemas de vida.)

    CURRICULUM VITAE
    Diagnosi:
    carcinoma a cellule squamose,
    ben differenziato della pelle, che infiltra
    il margine chirurgico profondo.
    (Probabile recidiva.)

    Altre patologie anteriori:
    Morbo di Chron, epitelioma,
    adenocarcinoma del colon tipo C.

    Terapia da seguire:
    per il chron, cure a disposizione.
    Per l'epitelioma, sole proibito.
    Per il colon, dopo la chemioterapia,
    revisione trimestrale
    e per carcinoma a cellule squamose
    intensa osservazione e, nel frattempo,
    sperare e continuare
    (per quanto possibile) a sopportare
    il curriculum vitae.

    (Per ora, scrivere come si possa
    trasferire la paura sul foglio
    con poesie di vita.)

    ---
    (1967)
    Cómo atenaza el miedo,
    cómo llega y apresa,
    cómo hiere por dentro
    y cómo, ya en él preso,
    no se es, no se piensa…
    y ya no somos nuestros.

    Me abrazaré a la luz.
    La negra sombra del temor, la duda,
    ya no será, conmigo,
    sinónimo y antónimo de mí.

    (1967)
    Come attanaglia la paura
    come arriva e imprigiona,
    come ferisce da dentro
    e come, già recluso,
    non si è, non si pensa ...
    e non siamo più nostri.

    Abbraccerò la luce.
    L'ombra nera della paura, del dubbio,
    non sarà più, con me,
    sinonimo e antonimo di me.

  • IL RISUONO DI BORGES
    NELLE POESIE
    DI DOMINGUEZ RAMOS

    data: 18/03/2022 18:36

    Nel ricco panorama della poesia spagnola degli ultimi decenni, si sottolinea il nome di Santos Domínguez Ramos (Cáceres, Spagna, 1955), autore, spagnolo la cui opera è stata ampiamente riconosciuta, premiata, tradotta e inclusa nella selezione 25 poètes d'Espagne, pubblicata in Francia nel 2008, considerata come una delle più rappresentative della poesia spagnola degli ultimi cinquant'anni. E' autore di altri libri eccellenti: Las provincias del frío, En un bosque extranjero, Las sílabas del tiempo, Luna y ciencia nocturna, El viento sobre el agua, Principio de Incertidumbre, Regulaciòn del sueño, Un canto straniero (Talos Edizioni, 2019), El tercer reino (Pre-Textos, Poesía. Valencia 2021), Ho visto ardere la vita (Talos Edizioni, 2021).
    "Lo si riconosce da una cadenza di echi o di vocaboli che si succedono per fornire il profilo preciso di un'immagine, sia esso un testo dall'impronta metafisica o dall'affettuosa ricreazione di un personaggio; c'è una sorta di "marchio Domínguez" a servizio della luce. Meglio detto: della sua ricerca. Una luce che illumina strade vecchie o sconosciute e recupera territori ed esseri dimenticati.
    I suoi testi invocano letture, paesaggi e ombre protettive, che si rivelano di volta in volta in una delicata esplorazione della memoria. Anzi: diventano poco a poco memoria. Una sorta di immaginario, non nel modo "culturalistico" come alcuni un tempo erano soliti fare; appare come un grande telone, perché il poeta è anche memoria, e lo è perché gli autori e i personaggi che ha letto (o visto o sentito) sono parte importante della sua vita. Domínguez dice, in un verso che ha risuonato in me borgesianamente."Siamo la nostra memoria in un paesaggio" (Persistenza del fumo). E siamo qualcos'altro, afferma: "Siamo ciò che dimentichiamo". Bisognerebbe aggiungere insieme a Borges e alla sua ontologia negativa, che quest'ultima potrebbe essere provvisoria, perché "Solo una cosa non c'è: è l'oblio.
    Se c'è qualcosa che Santos Domínguez ha, è orecchio, un orecchio che gli permette di non abbandonare mai la sua melodia, anche se di "musica insondabile" si tratti.
    La parola come approssimazione dell'esperienza; meglio detto, come unica esperienza: la grande esperienza di una vita dedicata alla poesia e alle sue segrete assonanze. Perché "nella poesia vive una simulazione".
    (Freddy Castillo Castellanos)

     

    GEORGES DE LA TOUR

    No es la luz lo que pinta, es un hilo caliente
    que comunica el mundo con otro laberinto,
    sin tiempo y sin materia,
    donde asedian también las horas y el silencio.

    Cercado por las sombras, no es la luz lo que pinta
    quien hizo de la noche su reino silencioso.
    Es la esquina escalena,
    el ángulo recóndito que da a una calle en sombra
    y a una mujer que sueña un sueño en contraluz.

    Da a un lugar que no existe en un tiempo vacío,
    a las resplandecientes lecciones de tinieblas
    y a su silencio quieto en la noche del verbo.

    Da a una mano extendida
    que no proyecta sombras sobre el mundo,
    a la mano encendida de quien mira hacia dentro,
    hacia su propia noche,
    en la distancia inmóvil de una luz que no alumbra.

    Da a la efímera noche del agua de los sueños
    que reflejan al fondo un lugar que no existe
    en el tiempo vacío donde flota el reflejo.

    Cobre candente y crudo, arde la luz inmóvil,
    arde una epifanía temblorosa de instantes,
    pero nadie la mira.

    En el enigma mudo de la hora más oscura
    surge el que duerme y calla
    en su estupor despierto, bajo la sombra quieta
    que el viento curva y borra,
    bajo esa luz inmóvil que le ha robado a un sueño.

    GEORGES DE LA TOUR
    Non è la luce ciò che dipinge, è un filo caldo
    che comunica il mondo con un altro labirinto,
    senza tempo e senza materia,
    dove assediano anche le ore e il silenzio.

    Accerchiato dalle ombre, non è la luce ciò che dipinge
    colui che fece della notte il suo regno silenzioso.
    È l'angolo scaleno,
    il lato recondito che dà su una strada in ombra
    e su una donna che sogna un sogno in controluce.

    Dà su un luogo che non esiste in un tempo vuoto,
    sulle risplendenti lezioni di tenebre
    e sul suo quieto silenzio nella notte del verbo.

    Dà su una mano tesa
    che non proietta ombre sul mondo,
    sulla mano accesa di chi si guarda dal didentro,
    verso la sua propria notte,
    nell'immobile distanza di una luce che non illumina.

    Dà sull'effimera notte dell'acqua dei sogni
    che riflettono sullo sfondo un luogo che non esiste
    nel tempo vuoto dove fluttua il riflesso.

    Rame candente e crudo, arde la luce immobile,
    arde un'epifania tremolante di istanti,
    ma nessuno la guarda.

    Nell'enigma muto dell'ora più buia
    sorge chi dorme e tace
    nel suo desto stupore, sotto la quieta ombra
    che il vento curva e cancella,
    sotto quella luce immobile che ha rubato a un sogno.
    ---

    MIENTRAS AGONIZO

    Por la vía dolorosa de la membrana opaca
    se deslizó secreta
    la punzada de sangre que me lleva a la muerte.
    Lo sé ya, mientras calla mi dolor en la aguja
    y gime sólo el ojo
    bajo las dentelladas agudas de mi miedo.

    No me voy de vacío.
    Mi inocencia se lleva
    de este mundo feliz hacia una nada de aire
    que se disuelve en aire y no duele ni pesa,
    las últimas palabras que calmaron mi angustia,
    las últimas caricias que cerraron mis párpados.

    Mientras siguen los pájaros cantando
    y al fondo suena el mar innumerable,
    no me voy de vacío.

    En el milagro azul de mi mirada
    vivieron las mañanas de sol y estuvo el viento
    transparente y fecundo que venía de los pinos,
    la materia marina de la tarde,
    las gaviotas que aún vuelan sobre mi asombro alegre.

    No me voy de vacío como no se va el día
    sin su carga sonora de luz cumplida y clara.
    Me llevo en las pupilas
    la presencia de aquellos que me dieron
    calor con sus miradas, mi mejor alimento.

    Bajo otra luz distinta, más blanca y menos fría,
    alguien entenderá
    la plenitud del mundo que persiste en mis ojos
    abiertos a la nada.

    MENTRE AGONIZZO

    Lungo la dolorosa via della membrana opaca
    serpeggiò segreta
    la fitta di sangue che mi porta alla morte.
    Lo so già, mentre il mio dolore tace nell'ago
    e geme solo l'occhio
    sotto i morsi acuti della mia paura.

    Non me ne vado vuoto.
    La mia innocenza porta via
    da questo mondo felice verso un nulla di aria
    che si dissolve in aria e non fa male né pesa,
    le ultime parole che hanno calmato la mia angoscia,
    le ultime carezze che hanno chiuso le palpebre.

    Mentre gli uccelli continuano a cantare
    e in fondo echeggia il mare innumerevole,
    non me ne vado vuoto.

    Nel miracolo blu del mio sguardo
    hanno vissuto le mattine di sole e vi fu il vento
    trasparente e fecondo che veniva dai pini,
    la materia marina della sera,
    i gabbiani che ancora volano sul mio allegro stupore.

    Non me ne vado vuoto così come non se ne va il giorno
    senza il suo carico sonoro di luce compiuta e chiara.
    Porto con me nelle pupille
    la presenza di quelli che mi hanno dato
    calore con i loro sguardi, il mio miglior alimento.

    Sotto una luce diversa, più bianca e meno fredda,
    qualcuno comprenderà
    la pienezza del mondo che persiste nei miei occhi
    aperto al nulla.
    ---

    OSCURA SEÑAL

    Se notaba en algunos presagios desolados,
    en ciertas madrugadas
    que la luz invadía con su guadaña blanca
    por sorpresa, como arden los campos enemigos,
    con cuchillas de fuego y tizones de acero.

    Se sabía que una tarde caliente sonarían
    las campanas de muerte y el miedo a los olivos
    en la noche sin sueño, ni amanecer ni luna,
    que bajaría la sangre por las calles en cuesta
    como un río sin canciones ni desembocadura.

    Se sabía que el silencio sería la voz del pánico,
    otra forma de muerte, otro modo del miedo:
    el idioma común del muerto y los mortales
    y una antigua costumbre de días sin cosecha.

    Y la memoria intacta
    mandaba con temblor de hoja en otoño,
    con números ofidios,
    una señal oscura y un soplo de aire helado.

    OSCURO SEGNALE

    Era palese in alcuni desolati presagi,
    in certe albe
    che la luce invadeva con la sua falce bianca
    di sorpresa, così come ardono i campi nemici,
    con lame di fuoco e tizzoni d'acciaio.

    Si sapeva che una sera calda avrebbero suonato
    le campane a morte e la paura per gli ulivi
    nella notte senza sonno, né alba né luna,
    che sarebbe scorso il sangue lungo le strade in declivio
    come un fiume senza canzoni né sbocchi.

    Si sapeva che il silenzio sarebbe stata la voce del panico,
    un'altra forma di morte, un'altro modo della paura:
    il comune idioma del morto e dei mortali
    e un'antica usanza di giorni senza raccolto.

    E la memoria intatta
    comandava con tremore di foglia in autunno,
    con numeri ofidi,
    un segnale oscuro e un soffio d'aria gelida.
    ---

    NO NECESITO VERLO

    No necesito verlo. Mi sueño lo alimenta.

    Si gime en la pupila
    la lenta intermitencia de la tarde
    y aún recuerda la escarcha el ojo del caballo,
    dame el descenso armónico del sauce,
    la luz desmoronada que cae por la colina,
    la bajada del agua en piedra de cascada.

    Así caeré en el centro de mí mismo,
    en la ola material que arrastrará hasta el fondo,
    sobre el arco del tiempo,
    una cruz de ceniza y un cazador de sombras.

    No necesito verlo. En esta hora desciende
    el latido del aire, la luz respiratoria
    sobre el agazapado felino de la noche.

    Y otro minuto aguarda, en medio de la tregua,
    su momento de sangre, salvaje y subalterno.
    No necesito verlo. Mi sueño lo alimenta.

    NON HO BISOGNO DI VEDERLO

    Non ho bisogno di vederlo. Il mio sogno lo alimenta.

    Se geme nella pupilla
    la lenta intermittenza della sera
    e la brina ancora ricorda l'occhio del cavallo ,
    dammi la flessione armonica del salice,
    la luce franata che cade giù per la collina,
    la discesa dell'acqua in pietra di cascata.

    Così cadrò nel centro di me stesso,
    nell'onda materiale che trascinerà fino in fondo,
    nell'arco del tempo,
    una croce di cenere e un cacciatore di ombre.

    Non ho bisogno di vederlo. A quest'ora discende
    il palpito dell'aria, la luce respiratoria
    sull'accovacciato felino della notte.

    E un altro minuto attende, in mezzo alla tregua,
    il suo momento di sangue, selvaggio e subalterno.
    Non ho bisogno di vederlo. Il mio sogno lo alimenta.
    ---

    EL RUISEÑOR EN LA MURALLA

    I
    Cae la sombra en el mundo como una lluvia antigua,
    como una profecía del viento extraviado
    en agujeros negros.

    Deriva incandescente del tiempo navegable,
    tiempo inmóvil que vibra en la tarde de arena
    y congrega en la orilla genital sus racimos,
    las cuerdas de cristal que pulsan los minutos.

    Ilesa luz distante por la que vuela el pájaro
    en su presente eterno,
    puerta del sueño, puente
    por el que cruza el viento del otoño
    sobre un río constelado de semillas.

    Que un alto surtidor trepe en el aire
    sobre la pulsación tranquila de la sombra
    y que un terror antiguo deshaga bajo el viento
    la última luz del día,
    espiral de ceniza, luna de los reflejos.

    II
    Entra el viento en la rama como en el cuerpo el sueño,
    como el mar en la cueva, como en el río la sombra.

    Como piedras lunares de una luna lejana
    son hojas sucesivas las máscaras del tiempo,
    los números impares,
    la oscura transparencia de la noche.

    Son el tiempo abolido en el presente fijo del espejo.

    Suspendido en su centro de piedra incandescente,
    flotando a la deriva,
    el eje rotatorio de dos lunas de hielo.

    L'USIGNOLO SUL MURO

    I
    L'ombra cade sul mondo come una pioggia antica,
    come una profezia del vento smarrito
    in dei buchi neri.

    Deriva incandescente del tempo navigabile,
    tempo immobile che vibra nella sera di sabbia
    e raduna sulla sponda genitale i suoi grappoli ,
    le corde di cristallo che i minuti scandiscono.

    Illesa luce lontana su cui l'uccello vola
    nel suo presente eterno,
    porta del sogno, ponte
    sul quale attraversa il vento dell'autunno
    sopra un fiume costellato di semi.

    Che un alto erogatore si inerpichi nell'aria
    sulla pulsazione tranquilla dell'ombra
    e che un antico terrore dissolva sotto il vento
    l'ultima luce del giorno,
    spirale di cenere, luna dei riflessi.

    II
    Il vento entra nel ramo come nel corpo il sogno,
    come il mare nella grotta, come nel fiume l'ombra.

    Come pietre lunari di una luna lontana
    sono foglie successive le maschere del tempo,
    i numeri dispari,
    l'oscura trasparenza della notte.

    Sono il tempo abolito nel presente fisso dello specchio.

    Sospeso nel suo centro di pietra incandescente,
    galleggiando alla deriva,
    l'asse rotatorio di due lune di ghiaccio.
    ---

    SIGNO EN SOMBRA

    En los muros sin luz de la vigilia
    cae la música ciega en la penumbra
    donde brilla el aceite
    y el veneno del fósforo que ciega las pupilas
    ilumina el silencio sideral y secreto.

    Cae la música que arde,
    la música invisible que mueve los planetas
    y desciende a la luz blanca de la memoria.

    Suena un graznido agrio
    en el silencio negro de este insomnio de piedras
    y en el cauce sereno del signo cae la sombra.

    Secreta, sin color, sin latido y sin dueño,
    cae la sombra otra vez, como un alón herido
    del temblor insondable de la noche.

    Con una luz vacía y una música hueca,
    respiran las hogueras blancas de la memoria
    y hay quietas ramas muertas
    sobre el agua parada del estanque,
    bajo el oído verde del tiempo áspero en fuga
    como un brocal de fuego, como un eco de luna
    en el silencio verde de la lluvia.

    Los enigmas nocturnos que arrasan los inviernos
    sobre las conjeturas dudosas del vacío
    son señuelos de sombras, son pájaros oscuros
    que resisten al tiempo sobre la nieve dura,
    son la pólvora negra en la lluvia incansable,
    la maquinaria lenta que mueve los planetas,
    la cifra de las venas con óxido y con hielo.
    Lunar y estremecido, cae el hielo en el desierto
    y hace arder en la noche y en su fulgor de escarcha
    el laberinto lento de la arena.

    SEGNO IN OMBRA

    Sulle mura senza luce della veglia
    cade la musica cieca nella penombra
    dove brilla l'olio
    e il veleno del fosforo che acceca le pupille
    illumina il silenzio siderale e segreto.

    Cade la musica che arde,
    la musica invisibile che muove i pianeti
    e discende nella luce bianca della memoria.

    Un aspro stridio suona
    nel silenzio nero di questa insonnia di pietre
    e nel sereno solco del segno cade l'ombra.

    Segreta, senza colore, senza palpito e senza padrone,
    l'ombra cade di nuovo , come una grande ala ferita
    dall'insondabile tremito della notte.

    Con una luce cava e una musica vuota,
    respirano i bianchi fuochi della memoria
    e ci sono quieti rami morti
    sull'acqua immobile dello stagno,
    sotto il verde orecchio del tempo aspero in fuga
    come un cerchio di fuoco, come un'eco di luna
    nel silenzio verde della pioggia.

    Gli enigmi notturni che distruggono gli inverni
    sulle dubbie congetture del vuoto
    sono richiami d'ombra, sono uccelli oscuri
    che resistono al tempo sulla neve dura,
    sono la polvere nera nella pioggia instancabile,
    il lento congegno che muove i pianeti,
    la cifra delle vene con ossido e gelo.
    Lunare e minato, cade il ghiaccio nel deserto
    e fa ardere nella notte e nel suo bagliore di brina
    il lento labirinto della sabbia.
    ---

    LA TARDE NAVEGABLE

    V

    En el confín sonoro de la tarde,
    con el canto carnal del pájaro que vuelve
    levantaba un paisaje de extravío
    en las desordenadas entrañas de la tierra.

    Y la niebla encendida bajaba a los caminos
    y al pulso prolongado de los ríos
    con espuma y destellos,
    al agua numerosa en desbandada,
    al lubricán opaco donde confunde el día
    los límites del mundo
    con el final dudoso de las nubes.

    Miniatura del rayo la palabra que incendia
    los frutos agrupados en el suelo sin tiempo.

    Acarreo de yescas, paladas de la sangre
    que sube a la garganta del canto y a la letra
    recóndita que se hunde en las raíces,
    en la corteza mineral del mundo.

    Y en el centro del fuego del núcleo de la tierra
    el oscuro telurio de relámpagos de agua
    crece bajo la lluvia de los días impares
    o se hunde por el tuétano de los martes con niebla.

    LA SERA NAVIGABILE

    V

    Nel confine sonoro della sera,
    col canto carnale dell'uccello che ritorna
    si alzava un paesaggio di smarrimento
    nelle disordinate viscere della terra.

    E l'accesa nebbia scendeva sui sentieri
    e al polso prolungato dei fiumi
    con schiuma e scintillii,
    alla ricca acqua in disordine,
    all'opaco crepuscolo dove il giorno confonde
    i limiti del mondo
    col finale dubbioso delle nuvole.

    Miniatura del fulmine la parola che incendia
    i frutti raggruppati sul suolo senza tempo.

    Trasporto di esche, palate del sangue
    che sale alla gola del canto e al testo
    recondito che affonda nelle radici,
    nella corteccia minerale del mondo.

    E nel centro del fuoco del nucleo della terra
    l'oscuro tellurio di fulmini d'acqua
    cresce sotto la pioggia dei giorni dispari
    o sprofonda lungo il midollo dei martedì di nebbia.
    ---

    PASAN SOMBRAS OSCURAS

    I

    Por oscuras penínsulas pasan sombras oscuras,
    deshabitadas sombras de herrumbre que el salitre
    hizo crecer un día con lluvias litorales
    sobre un verdín de olvido.

    Con lentitud de fiebre, pasan sombras oscuras
    bajo esta luz de aceite, bajo esta luz que pesa
    sobre los cuerpos lentos del sueño y el presagio.

    No conozco su nombre ni he pisado su escarcha,
    pero ocurría noviembre en los ríos de la herida
    y excavaba en las rocas hondas cárcavas blancas.

    La arqueología frutal que evocan los adverbios
    es memoria de un mapa hecho de carne y sombras,
    solar y laboriosa secuela de las manos.

    La mirada levanta las sílabas del mundo,
    hace crecer con hielo
    arroyos de ceniza y sombras de escorpiones,
    la geometría precisa del estrago en el hueso.

    Latirán otras tardes sin nosotros
    en las ascuas sonoras, en las jambas secretas.
    Y nada será nuestro,
    ni el recuerdo del humo ni el sonido del sueño.

    PASSANO OMBRE OSCURE

    I

    Attraverso buie penisole passano ombre oscure ,
    disabitate ombre di ruggine che la salsedine
    un giorno fece crescere con le piogge costiere
    su una muffa di oblio.

    Con lentezza di febbre, passano ombre oscure
    sotto questa luce d'olio, sotto questa luce che pesa
    sui lenti corpi del sogno e del presagio.

    Non conosco il loro nome né ho calpestato il loro gelo,
    ma correva novembre nei fiumi della ferita
    e scavava nelle rocce profonde gole bianche.

    L'archeologia fruttata che gli avverbi evocano
    è memoria di una mappa fatta di carne e di ombre,
    solare e laboriosa sequela delle mani.

    Lo sguardo alza le sillabe del mondo,
    fa crescere con ghiaccio
    ruscelli di cenere e ombre di scorpioni,
    la geometria precisa del disfacimento nell'osso.

    Palpiteranno altre sere senza di noi
    nelle braci sonore, nei ceppi segreti .
    E nulla sarà nostro
    né il ricordo del fumo né il suono del sogno.
    ---

    ANTES DE QUE ARDA EL TIEMPO

    III

    Antes de que arda el tiempo
    en la espesura verde del acorde,
    sigilosos y frágiles,
    los pájaros arrojan su silencio a la orilla.

    Antes de que la noche, poniente y destemplada,
    huya por los espacios submarinos del sueño,
    ya respira el planeta
    en la orilla sin sol de la mañana,
    en las deportaciones que incendiarán con nubes
    la fragua submarina de cada atardecer.

    Antes de que arda el fuego en las notas del pájaro.

    PRIMA CHE ARDA L TEMPO

    III

    Prima che arda il tempo
    nello spessore verde dell'accordo,
    furtivi e fragili,
    gli uccelli gettano il loro silenzio sulla riva.

    Prima che la notte, calante e stemperata,
    fugga lungo gli spazi sottomarini del sogno,
    il pianeta già respira
    nell'orlo senza sole del mattino,
    nelle deportazioni che incendieranno con nuvole
    la fucina sottomarina di ogni tramonto.

    Prima che arda il fuoco nelle note dell' uccello.
    ---

    ANTES DE QUE ARDA EL TIEMPO

    VI

    Somos lo que no deja de regresar: el agua
    y el recuerdo sin cauce de la vida.

    Somos el horizonte sonoro de los pájaros,
    su silencio en la tarde de la rama encendida.

    Somos un friso antiguo, el perfil de la noche
    que esculpieron los años en silencio
    sobre la nieve antigua y silenciosa.

    Somos lo que hemos sido:
    un silencio de islas donde la luz se embalsa
    como un largo naufragio sin responso,
    el fulgor del relámpago, los metales opacos
    y la luz virreinal de la mañana.

    PRIMA CHE ARDA IL TEMPO

    VI

    Siamo ciò che non smette di ritornare: l'acqua
    e il ricordo senza alveo della vita.

    Siamo l'orizzonte sonoro degli uccelli,
    il suo silenzio nella sera del ramo acceso.

    Siamo un antico fregio, il profilo della notte
    che gli anni hanno scolpito nel silenzio
    sulla neve antica e silenziosa.

    Siamo ciò che siamo stati:
    un silenzio di isole dove la luce s'imbarca
    come un lungo naufragio senza responso,
    il fulgore del lampo, i metalli opachi
    e la luce radiante del mattino.
    ---

    COMO UN HECHIZO ANTIGUO

    Como un hechizo antiguo,
    vuelve el paisaje ahora a la memoria,
    al silencio habitado del bosque de las almas
    y al frío incandescente de las noches de enero
    que reverbera azul en su alta transparencia.

    Atravesaba el día la misma luz de sal,
    sobre el aire flotaba la misma casa de agua.

    Limitaba sus muros
    el silencio parado de un río sin orillas,
    su transcurso callado
    en la sangre nevada del invierno.

    COME UN ANTICO INCANTESIMO

    Come un antico incantesimo,
    torna ora il paesaggio alla memoria,
    al silenzio abitato dal bosco delle anime
    e al freddo incandescente delle notti di gennaio
    che riverbera blu nella sua alta trasparenza.

    La stessa luce di sale attraversava il giorno,
    nell'aria fluttuava la stessa casa d'acqua .

    Limitava le sue mura
    il fermo silenzio di un fiume senza sponde,
    il suo corso silenzioso
    nel sangue innevato dell'inverno.
    ---

    NOCHE INSOMNE

    Con negra espalda llega, sin luz y sin memoria,
    la lenta madrugada a las declinaciones
    serenas de los bosques.

    Es la noche del mundo y los dioses lejanos
    se hunden en las tinieblas.

    Un dolor innombrable escala reptilmente
    los abismos celestes de la noche sagrada.
    Dan señales de ausencia las huellas de su huida:
    un canto misterioso, lo profundo, lo abierto.

    Noche serena, noche insomne de los párpados
    en el tiempo sin luz del corazón.

    NOTTE INSONNE

    Con spalla nera giunge, senza luce e senza memoria,
    l'alba lenta alle declinazioni
    serene dei boschi.

    È la notte del mondo e gli dei lontani
    sprofondano nelle tenebre.

    Un dolore innominabile scala strisciante
    gli abissi celesti della notte sacra.
    Danno segni di assenza le orme della sua fuga:
    un canto misterioso, il profondo, l'aperto.

    Notte serena, notte insonne delle palpebre
    nel tempo senza luce del cuore.
    ---

    MEMORIA DE LA HERIDA

    Como estatuas de sal,
    se han quedado los días detenidos
    con su silencio azul sobre el borde del tiempo.

    Al otro lado en sombra de la tarde,
    el agua, lentamente,
    pregunta por el humo que se aleja.

    Árboles repetidos al borde azul del viento
    que azota las orillas calladas de la tarde.
    Un viento en el que habitan la rosa y las cenizas,
    por alamedas verdes en las que cae la noche
    profunda del olvido.

    Como un puñal de nieve, con su viento afilado
    entra la noche aguda de diciembre
    para segar la luz dura que silba
    su huida en el jardín.

    Un pájaro de hielo lo acompaña en un soplo.

    MEMORIA DELLA FERITA

    Come statue di sale,
    sono rimasti fermi i giorni
    con il loro silenzio blu sull'orlo del tempo.

    Dall'altra parte nell'ombra della sera,
    l'acqua, lentamente,
    chiede del fumo che si allontana.

    Alberi ripetuti sull'orlo blu del vento
    che percuote i bordi silenziosi della sera.

    Un vento abitato dalla rosa e dalle ceneri,
    lungo viali verdi in cui cade la notte
    profonda dell'oblio.

    Come un pugnale di neve, con il suo vento tagliente
    entra l'acuta notte di dicembre
    per falciare la luce dura che sibila
    la sua fuga in giardino.

    Un uccello di ghiaccio lo accompagna in un soffio.
    ---

    COLORES INVENTADOS

    Lo cuentan las paredes
    desde la luz oblicua que ilumina los sueños
    y en la magia del lienzo
    lo dicen los pigmentos que inventan los colores:
    el verde iridiscente, el trabajoso púrpura
    o el ocre más austero,
    los azules gloriosos que vio el renacentista,
    las gamas de ultramar que intuyó un argonauta.

    Y el tiempo también pinta con su velo de niebla
    la voz desvanecida de una tarde imprecisa,
    los mapas de la luz, el color variable
    de cobre y tierra cruda.

    Es el tiempo quien toca
    el teclado de luz que tañe el arco iris,
    la matizada vibración del aire
    en azules lejanos y blancos duraderos,
    o en bosques incendiados de oro viejo y cobalto.

    Las estrellas de plomo y las luces del norte,
    las gamas de la tierra y el verde de la muerte
    son espectros visibles de las fuentes oscuras
    y su escala de sombras saturadas y líquidas.

    Es el tiempo el que pinta la armónica secuencia
    que teje los matices de las horas,
    lo que queda de un sueño después de la tormenta,
    su azul de lejanías que dispersa la tarde.

    COLORI INVENTATI

    Lo raccontano le pareti
    dalla luce obliqua che illumina i sogni
    e nella magia della tela
    lo dicono i pigmenti che inventano i colori:
    il verde iridescente, il laborioso porpora
    o l'ocra più austero,
    gli azzurri gloriosi che vide il rinascentista,
    le gamme d'oltremare che intuì un argonauta.

    Anche il tempo dipinge col suo velo di nebbia
    la voce sbiadita di una sera imprecisa,
    le mappe della luce, il colore variabile
    di rame e di cruda terra.

    È il tempo che preme
    la tastiera di luce che tratteggia l'arcobaleno,
    la digradata vibrazione dell'aria
    in azzurri lontani e bianchi duraturi,
    o in boschi incendiati di oro antico e di cobalto.

    Le stelle di piombo e le luci del nord,
    le gamme della terra e il verde della morte
    sono spettri visibili di oscure sorgenti
    e della loro scala di ombre sature e liquide.

    È il tempo che dipinge l'armonica sequenza
    che tesse le sfumature delle ore,
    ciò che resta di un sogno dopo la tempesta,
    il suo azzurro di lontananze che la sera disperde
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    I

    Envuelto en otra luz, vas al lugar del símbolo,
    al ámbito intermedio del interior del bosque,
    entre el reptil y el ave,
    con los signos que el viento escribe entre las nubes.

    En los caminos negros de una cueva
    la tarde deposita su simiente amarilla
    y las flechas de fuego del recuerdo.

    Allí ha enterrado el tiempo
    su voz innumerable,
    la persistente furia de su herida.

    IBRIDO MONDO

    I

    Avvolto in un'altra luce, ti inoltri nel luogo del simbolo,
    nell'ambito intermedio dell'interno del bosco,
    tra il rettile e l'uccello,
    con i segni che il vento scrive tra le nuvole.

    Nei sentieri neri di una cavità
    la sera depone il suo seme giallo
    e le frecce di fuoco del ricordo.

    Lì il tempo ha sepolto
    la sua voce innumerevole,
    la persistente furia della sua ferita.
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    II

    Más allá de la lengua, más allá de los nombres
    traza con tu latido lo que el ojo no alcanza.

    Fija en la pauta leve de la sílaba
    la inmóvil sucesión de las mareas,
    lo que dicta la música secreta de los astros.

    Mira a esta nueva luz
    lo que la araña teje en el espejo
    entre un extremo y otro de la trama,
    el hilo luminoso con el que traza el mundo.

    Escucha en la alta noche lo que escribe tu voz
    sobre el soporte frágil del mercurio inasible.

    Lo que la noche exhala.

    IBRIDO MUNDO

    II

    Al di là della lingua, al di là dei nomi
    traccia col tuo palpito ciò che l'occhio non coglie.

    Fissa sulla lieve linea della sillaba
    l'immobile susseguirsi delle maree,
    ciò che detta la segreta musica degli astri.

    Guarda in questa nuova luce
    ciò che il ragno tesse allo specchio
    tra un capo e l'altro della trama,
    il filo luminoso con cui traccia il mondo.

    Ascolta nella notte alta ciò che la tua voce scrive
    sul fragile supporto del mercurio inafferrabile .

    Ciò che la notte esala.
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    IV

    Pregúntale a la sombra del caballo,
    pregúntale a la tierra
    y a la piel afilada del cuchillo,
    a un camino sin nadie y a un puente abandonado
    sobre las aguas turbias del recuerdo.

    Pregúntale también
    al que no tiene nombre en su reino invisible
    y al latido incesante de la noche.

    Destino y tiempo juntos, profundidad oscura
    donde lo inaccesible,
    donde brillan los ojos negros de la serpiente
    y el caballo de nieve de las constelaciones.

    Pregúntale a la tierra
    y al ojo de los dioses del vacío.

    IBRIDO MONDO

    IV

    Chiedilo all'ombra del cavallo,
    chiedilo alla terra
    e alla pelle affilata del coltello,
    a un cammino senza nessuno e a un ponte abbandonato
    sulle torbide acque del ricordo.

    Chiedilo anche
    a colui che non ha nome nel suo regno invisibile
    e al palpito incessante della notte.

    Destino e tempo insieme, profondità oscura
    dove vi è l'inaccessibile,
    dove brillano gli occhi neri del serpente
    e il cavallo di nevi delle costellazioni.

    Chiedilo alla terra
    e all'occhio degli dei del vuoto.
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    V

    Hubo pasos aquí.

    Transcurrimos por huellas con la música leve
    de los bosques antiguos,
    con la luz de mercurio que pesa en el invierno.

    De vez en cuando vemos la alta llama amarilla,
    las fuentes de la luz en el espacio diáfano
    del centro primordial.

    De vez en cuando asoma la lanza luminosa
    que hiere la osamenta desnuda de la noche
    y abre en el cielo verde
    los claros manantiales de los que brota el tiempo.

    Y hay sonidos de arcilla, imágenes errantes
    en su corriente oscura.

    Alrededor, la noche secreta de los astros
    con su fulgor latente de cristal y de hielo.

    IBRIDO MONDO

    V

    Dei passi ci furono qui.

    Abbiamo percorso le orme con la leggera musica
    degli antichi boschi,
    con la luce di mercurio che pesa in inverno.

    Ogni tanto vediamo l'alta fiamma gialla
    le fonti di luce nello spazio diafano
    del centro primordiale.

    Ogni tanto appare la lancia luminosa
    che ferisce l'ossatura nuda della notte
    e apre nel verde cielo
    le chiare sorgenti dalle quali sgorga il tempo.

    E ci sono suoni di argilla, immagini erranti
    nella sua oscura corrente.

    Intorno, la notte segreta degli astri
    con il suo fulgore latente di cristallo e di gelo.
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    VI

    Con esta luz de arcilla se inauguraba el mundo.

    En sus flores de hielo persiste la memoria
    antigua de la llama.

    Desde la orilla esparce esta luz fugitiva
    su cosecha de humo, su ceniza en el agua.

    IBRIDO MONDO

    VI

    Con questa luce d'argilla si inaugurava il mondo.

    Nei suoi fiori di gelo persiste la memoria
    antica della fiamma.

    Dal suo margine sparge questa luce fuggitiva
    la sua raccolta di fumo, la sua cenere nell'acqua.
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    VII

    Como un pájaro herido
    de rojo entre las alas y las olas,
    el sol cae lentamente sobre el mar y la niebla
    cansada de los puertos.

    Cuatro caballos blancos de crines llameantes
    lo contemplan inquietos
    desde el borde de luz de los acantilados.

    Porque ha llegado el tiempo del fruto de la sangre
    y arden fuegos antiguos
    en la noche de hielo del planeta.

    Y un animal de sombra se despeña en lo hondo
    como otro mensajero de lo oscuro
    mientras la tierra asciende y la noche se hunde
    sobre el ciego fulgor de las estrellas.

    IBRIDO MONDO

    VII

    Come un uccello ferito
    di rosso tra le ali e le onde,
    il sole cade lentamente sul mare e sulla nebbia
    stanca dei porti.

    Quattro cavalli bianchi con criniere fiammeggianti
    lo contemplano inquieti
    dal lembo di luce delle scogliere.

    Perché è giunto il tempo del frutto del sangue
    e ardono fuochi antichi
    nella notte di gelo del pianeta.

    E un animale di ombra si scaglia nel profondo
    come un altro messaggero del buio
    mentre la terra ascende e la notte sprofonda
    sul cieco fulgore delle stelle.

    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    XIV

    Desde el filo de luz que penetra en las ramas
    sobre el centro del bosque, baja polvo de estrellas.

    Un relámpago azul atraviesa el espacio
    con fulgor de ala en vuelo
    y hay caballos oscuros que galopan al fondo
    callado de la tarde.

    IBRIDO MONDO

    XIV

    Dal filo di luce che penetra tra i rami
    al centro del bosco, scende polvere di stelle.

    Un fulmine blu attraversa lo spazio
    con fulgore d'ala in volo
    e ci sono scuri cavalli che galoppano sullo sfondo
    silenzioso della sera.
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    XVI

    Transcurre el animal a la intemperie
    de una sombra a otra sombra:
    sus huesos instintivos ignoran la ceniza.

    Tiene bajo la lluvia
    la consistencia mineral del tiempo,
    conserva la conciencia de la herida,
    conoce la raíz sonora del peligro.

    Mira en lo abierto y calla,
    reconoce el latido opaco de su miedo
    pero ignora la angustia
    en la pauta arterial de la mañana.

    IBRIDO MONDO

    XVI

    Trascorre l'animale alle intemperie
    da un'ombra a un'altra ombra:
    le sue istintive ossa ignorano la cenere.

    Ha sotto la pioggia
    la consistenza minerale del tempo,
    conserva la consapevolezza della ferita,
    conosce la radice sonora del pericolo.

    Guarda all'aperto e tace,
    riconosce il battito opaco della sua paura
    ma ignora l'angoscia
    nello stampo arterioso del mattino.
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    XVII

    En esta hora de sombra brillarán las hogueras
    para anunciar la noche, para invocar al sol
    y sus viejas banderas que arden en el poniente.

    Se desborda en lo oscuro
    la transparencia azul del aire de las cúpulas.

    Refugiado en el sueño,
    se oculta como un viejo animal desolado.

    IBRIDO MONDO

    XVII

    In quest'ora di ombra splenderanno i fuochi
    per annunciare la notte, per invocare il sole
    e le sue vecchie bandiere che ardono a ponente.

    Deborda nell'oscuro
    la trasparenza blu dell'aria delle cupole.

    Rifugiato nel sonno,
    si occulta come un vecchio animale desolato.


    ---
    HÍBRIDO MUNDO

    XIX

    Canta el viento en lo oscuro su furia y su extravío,
    su giro sin reposo ni espacio ni fronteras.

    Canta lejano y ciego
    lo que ha dejado atrás, lo que tiene delante:
    el extravío sin cauce de su furia.

    IBRIDO MONDO

    XIX

    Canta il vento nell'oscurità la sua furia e il suo smarrimento,
    il suo giro senza riposo né spazio né frontiere.

    Canta lontano e cieco
    ciò che ha lasciato dietro, ciò che ha davanti:
    lo smarrimento senza alveo della sua furia.
    ---

    HÍBRIDO MUNDO

    XX

    Como el ala invisible del pájaro en lo alto,
    como su canto leve que traspasaba el aire,
    así el tiempo en huida, así el recuerdo en llamas.

    Cae en el pozo la lluvia serena de la noche
    y el verdín en los dedos silentes de la estatua.

    En la orilla el incendio, las hogueras de sangre.

    Y en lo verde la espada, la memoria del frío

    IBRIDO MONDO

    XX

    Come l'ala invisibile dell'uccello in alto,
    come il suo canto lieve che trafigge l'aria,
    così il tempo in fuga, così il ricordo in fiamme.

    Cade nel pozzo la pioggia serena della sera
    e la muffa sulle dita silenziose della statua.

    Sul bordo l'incendio, i fuochi di sangue.

    E nel verde la spada, la memoria del freddo.
    ---

    EL PÁJARO EN LA NIEVE

    IV

    Ajeno al sigiloso transcurso del latido
    y a la corriente oscura del incesante río,
    reposa en tu memoria un pájaro sin vuelo.

    Bajo su mansedumbre se diluye el espacio,
    se desbordan los límites sin fuga de la tarde.

    En su ámbito sin peso se ha detenido el tiempo.

    L'UCCELLO NELLA NEVE

    IV

    Estraneo al silenzioso corso del palpito
    e alla corrente oscura dell'incessante fiume,
    riposa nella tua memoria un uccello senza volo.

    Sotto la sua mansuetudine si diluisce lo spazio,
    debordano i limiti senza fuga della sera.

    Nel suo ambito senza peso, il tempo si è fermato.
    ---

    EL PÁJARO EN LA NIEVE

    V

    Nos salva cada tarde la lentitud del pájaro,
    sus dos notas aladas, el hueco que en el aire
    va dejando su vuelo.

    La breve levedad de su memoria,
    su intuición del espacio que le dicta la luz,
    la suave inconsistencia
    del aire elemental en el que flota inerme
    son acaso
    la verdadera cifra de todo lo que vive.

    Como una flor escueta, ese vuelo amarillo
    regresa cada tarde con su clave secreta
    a la cadencia roja de la luz que se muere
    bajo el ángel tendido del ocaso
    y al incendio lejano de su espada de fuego.

    Cada tarde nos salva
    su lenta levedad en el espacio.

    L'UCCELLO NELLA NEVE

    V

    Ogni sera la lentezza dell'uccello ci salva,
    le sue due note alate, il buco che nell'aria
    va lasciando il suo volo.

    La breve levità della sua memoria,
    la sua intuizione dello spazio che gli detta la luce,
    la soave inconsistenza
    dell'aria elementare in cui fluttua inerme
    sono forse
    la vera cifra di tutto ciò che vive.

    Come un semplice fiore, quel volo giallo
    ritorna ogni sera con la sua chiave segreta
    sulla cadenza rossa della luce che muore
    sotto l'angelo disteso dell'occaso
    e del lontano incendio della sua spada di fuoco.

    Ogni sera ci salva
    la sua lenta levità nello spazio.
    ---

    EL PÁJARO EN LA NIEVE

    XIV

    Escrito está en la piedra y en la raíz del árbol
    este temblor de vuelo, la vibración del aire
    en el lugar del pájaro y la hoja
    que cae como la luz por una grieta ardiente.

    Desasido, en lo leve, frágil como el cristal
    tembloroso de un sueño,
    parado como el vuelo sin voz de las libélulas.

    Su quieta mansedumbre sin memoria
    está escrita en el agua, detenida en el aire
    desde una inmemorial noche de peces.

    L'UCCELLO NELLA NEVE

    XIV

    È scritto nella pietra e nella radice dell'albero
    questo tremito di volo,la vibrazione dell'aria
    nel luogo dell'uccello e della foglia
    che cade come la luce lungo una crepa ardente.

    Disgiunto,nel leve,fragile come il cristallo
    tremolante di un sogno,
    fermo come il volo senza voce delle libellule.

    La sua quieta mansuetudine senza memoria
    è scritta nell'acqua, sospesa nell'aria
    da un'immemorabile notte di pesci.
    ---

    PUNTO DE FUGA

    VII

    En la noche de espejos
    las aguas del transcurso de las constelaciones
    girarán en lo hondo.

    Las raíces en sombra de un árbol habitable
    alimentan el sueño
    con astros oceánicos, con sirenas celestes.

    Y esta luz vertebral cruza azul la galaxia
    y se sumerge en calma
    en el lomo de plata de un oscuro delfín.

    PUNTO DI FUGA

    VII

    Nella notte di specchi
    le acque del percorso delle costellazioni
    ruoteranno in profondità.

    Le radici in ombra di un albero abitabile
    alimentano il sogno
    con astri oceanici, con sirene celesti.

    E questa luce vertebrale attraversa blu la galassia
    e s'immerge placida
    nel dorso d'argento di un oscuro delfino.
    ---

    PUNTO DE FUGA

    XIV

    Despiertan las palabras
    sobre la niebla lenta de la noche,
    sobre el cauce de un río.

    Y una música leve nace de las raíces
    oscuras de otra orilla,
    de una semilla antigua,
    del pánico a la sombra del animal cansado.

    Como la fiebre, enciende la tarde sus antorchas
    contra un cristal oscuro
    que el viento ha ido enfriando.

    Sobre la voz del agua
    el corazón sin fondo de la noche,
    el sueño que convoca otra sed, otro río.

    Tiembla su luz azul lentamente en la orilla.

    PUNTO DI FUGA

    XIV
    Si svegliano le parole
    sopra la lenta nebbia della notte,
    sopra l'alveo di un fiume.

    E una musica leggera nasce dalle radici
    oscure di un'altra riva,
    da un seme antico,
    dal panico all'ombra dell'animale stanco.

    Come la febbre, la sera accende le sue torce
    contro un oscuro cristallo
    che il vento ha raffreddato.

    Sopra la voce dell'acqua
    il cuore senza fondo della notte,
    il sogno che convoca un'altra sete, un altro fiume.

    Trema la sua luce blu lentamente sulla riva.

    -------

    Nota. La selezione di alcuni testi - tutti tradotti in italiano da Marcela Filippi -f a parte degli ultimi libri di Santos Domìnguez, in particolare Il terzo regno, pubblicato da Pre-Textos nel 2021.

     


     

     

  • DIECI POESIE DI MARTIN
    CHE VIVE DI SCRITTURA

    data: 13/03/2022 16:22

    Dieci poesie di Valentín Martín, con mia traduzione in italiano. Lo abbiamo già conosciuto, in questo blog. Martìn ha svolto studi umanistici e scienze della formazione presso l'Università di Salamanca. Ha studiato giornalismo a Madrid. E' scrittore, saggista e poeta. Ha insegnato. Ha scritto migliaia di articoli sui giornali e le riviste più importanti del paese, oltre a una trentina di libri. Vive della sua scrittura.

    AMOR CONSTANTE MÁS ALLÁ DE LA VIDA
    Aunque bombardeases los almendros
    de mi huerto e incendiases
    la casa de mi madre ausente,
    no sabotearás mis sueños:
    tengo la paciencia de un asesino.
    Le he cogido gusto a esto
    de estar sólo e inventarte
    como se inventa un currículo
    de novio absurdo
    o un pasado poblado de banderas.
    Yo diré la úl!ma palabra,
    es hembra y te conoce.

    AMORE COSTANTE OLTRE LA VITA
    Anche se tu bombardassi i mandorli
    del mio frutteto e dessi alle fiamme
    la casa di mia madre assente,
    non saboterai i miei sogni:
    ho la pazienza di un assassino.
    Ci ho preso gusto al fatto
    di stare solo e d'inventarti
    come s'inventa un curriculum
    di assurdo fidanzato
    o di un passato popolato di bandiere.
    Io dirò l'ultima parola,
    è femmina e ti conosce.

    ---
    DUEÑA DE LA MADRUGADA
    Costado dulce ese perfil herido
    Abisal y hermosa pueblas el mundo
    Rebelión de apátridas nuestra calle
    Mágica es la arcilla que te envuelve
    Entreabiertas tus caderas a la vida
    Nocturna como un milagro madrileño.

    Tu nombre es la frontera
    entre el amor y la nada

    PADRONA DELL'ALBA
    Costato dolce quel profilo ferito
    Abissale e bella popoli il mondo
    Ribellione di apolidi la nostra strada
    Magica è l'argilla che ti avvolge
    E sbocciati i tuoi fianchi alla vita
    Notturna come un miracolo madrileno.

    Il tuo nome è la frontiera
    tra l'amore e il nulla

    ---

    HORA MAGA

    Hoy el mar tiene seis puntas
    estrellas de capitán
    ¿hacemos besos?
    cuajadito de tardes
    baja el monte niño
    y no le rozan las horas
    lejos de la lujuria
    de julio jubiloso

    dame limosna bruja
    que sueno más que valgo.

    ORA MAGA
    Oggi il mare ha sei punte
    stelle di capitano
    facciamo dei baci?
    insieme di sere
    scende il monte bambino
    e le ore non lo sfiorano
    lontano dalla lussuria
    giubilante di luglio

    dammi elemosina strega
    che faccio più rumore di quanto valgo.

    ---
    AMOUR FOU
    Sé que te dan miedo los coroneles y las cigarras
    pero lo mío es la paz sin avispas
    la mansa rendición del grito

    lo mío es amar en lontananza
    con la ferocidad de los glaciares
    y la quietud de los pastores

    lo mío es amar desde el esbozo
    y tú la reina del primer mundo
    del segundo y del tercero

    lo mío es amar por cuenta propia
    con el salario mínimo del párpado
    clausurado por la devoción de la paciencia

    eso es:
    amar mientras se escurre el tiempo
    camino de los valles

    y así pasar la vida río arriba río abajo
    como nosotros en los tiempos del cólera
    amar por amar ya ves qué poca cosa

    AMOUR FOU
    So che hai paura dei colonelli e delle cicale
    ma ciò che provo è pace senza vespe
    la mite resa del grido

    ciò che provo è amare in lontananza
    con la ferocia dei ghiacciai
    e la quiete dei pastori

    ciò che provo è amare dall'abbozzo
    e tu la regina del primo mondo
    del secondo e del terzo

    ciò che provo è amare per conto mio
    col salario minimo della palpebra
    chiusa dalla devozione della pazienza

    ciò è:
    amare mentre scorre il tempo
    lungo i sentieri delle valli

    e così trascorrere la vita a monte a valle
    come noi ai tempi del colera
    amare per amare vedi che poca cosa

    ---
    LECTURA DEL SILENCIO PARA MIGUEL
    Yo morí a los diecisiete.

    El resto ha sido otra cosa:
    tiempo avaro sin cornisas
    desde donde despeñar
    el descenso a los infiernos
    y dis!ntos compañeros de viaje.

    Hoy escribo desnudo y solo
    mientras pasa la vida en las pupilas
    de las muchachas sin abismos ni dulzura
    y enmudezco
    ante los niños que no piden pan,
    sino un porvenir de funcionario.

    Cuando yo estaba vivo
    había cosas raras pero no tantas.

    Los hombres soñaban llanuras.

    Algunos robaban aromas
    otros teníamos nombres baratos
    y hasta sen!do del humor.

    Los charlatanes sabían callar,
    había pocos pelirrojos
    y, eso es cierto,
    muchos enfermos de nostalgia.

    Cuando yo estaba vivo
    la vida era un cántaro de luz,
    una sílaba siempre incierta
    la dócil amenaza del otoño
    y poco más, pero suficiente.

    Creo que voy a volver al silencio.
    Esto era sólo un ensayo general.

    LETTURA DEL SILENZIO PER MIGUEL
    Sono morto ai diciassette.
    Il resto è stato un'altra cosa:
    tempo avaro senza cornici
    da dove compiere
    la discesa agli inferni
    e diversi compagni di viaggio.

    Oggi scrivo nudo e solo
    mentre la vita scorre nelle pupille
    delle ragazze senza abissi né dolcezza
    e ammutolisco
    davanti ai bambini che non chiedono pane,
    bensì un avvenire da funzionario.

    Quand'ero vivo
    c'erano cose strane ma non così tante.

    Gli uomini sognavano pianure.

    Alcuni rubavano aromi
    altri avevano nomi modesti
    e perfino senso dell'umorismo.

    I ciarlatani sapevano tacere,
    c'erano pochi coi capelli rossi
    e, ciò è vero,
    molti malati di nostalgia.

    Quand'ero vivo
    la vita era un cantaro di luce,
    una sillaba sempre incerta
    la docile minaccia dell'autunno
    e poco altro, ma a sufficienza.

    Credo che tornerò al silenzio.
    Questo era solo una prova generale.

    ---
    AFRICANA
    Tu cuerpo
    es un poema herido
    una noche temprana
    el sabor a ceniza
    de llantos silenciosos
    la inocencia de arena
    donde mece la brisa
    la muerte de su sueño
    atardece la furia
    imposible de siglos
    y la cuchilla

    te habito niña mía
    con mi carga de culpa
    y mi amor insurrecto
    tú me dueles
    cuando ya viejito
    vuelvo de la guerra
    de labrar simples cosas
    de mi mundo de padre

    guardemos el secreto
    no se entere la vida.

    AFRICANA
    Il tuo corpo
    è una poesia ferita
    una notte giovane
    il sapore a cenere
    di pianti silenziosi
    l'innocenza della sabbia
    dove la brezza culla
    la morte del suo sogno
    tramonta la furia
    impossibile di secoli
    e la lama

    abito in te mia fanciulla
    con il mio carico di colpa
    e il mio amore ribelle
    tu mi duoli
    quando ormai vecchietto
    torno dalla guerra
    d'intagliare cose semplici
    dal mio mondo di padre

    manteniamo il segreto
    che la vita non se ne accorga

    ---
    DESAMOR

    Porque es tarde, amor mío, y se cayó
    nuestra fiesta en vencejos sin futuro
    esta noche yo sueño a manos llenas
    las trenzas de la hija que no tuve.
    Lejano está aquel beso fugitivo,
    crepúsculos y azules inmersiones,
    perdida para siempre está la hora
    que juntos construimos este verso.
    (Será que las alondras no concuerdan,
    porque muerte al amor no gritó nadie.)
    Porque es tarde, amor mío, y aún oigo
    las olas del naufragio en el olvido
    desde esta raíz triste que amanece
    te pido que no digas más te quiero.

    DISAMORE
    Poiché è tardi, amore mio, e la nostra festa
    è finita in rondoni senza futuroin rondoni senza futuro
    stanotte io sogno a piene mani
    le trecce della figlia che non ho avuto.
    Lontano è quel bacio fuggitivo,
    crepuscoli e immersioni blu,
    è perduta per sempre l'ora
    in cui abbiamo costruito insieme questo verso.
    (Sarà che le allodole non sono concordi,
    perché nessuno ha gridato morte all'amore.)
    Poiché è tardi, amore mio, e sento ancora
    le onde del naufragio nell'oblio
    da questa triste radice che sorge
    ti chiedo di non dire più ti amo.

    ---
    ESTRICTAMENTE PERSONAL
    Me construyo
    corazón y venas
    y piel caliente.
    Están dentro
    las voces del gran río
    gritando sucesos,
    la estructura del mañana
    y un tren de parabienes.
    Este viento erótico
    ya brama jornalero.
    Ámame porque
    merezco la pena.
    Hoy creo en mí.

    STRETTAMENTE PERSONALE
    Mi costruisco
    cuore e vene
    e pelle calda.
    Dentro ci sono
    le voci del grande fiume
    urlando accadimenti,
    la struttura di domani
    e un treno di rallegramenti.
    Questo vento erotico
    bramisce giornaliero ormai.
    Amami perché
    valgo la pena.
    Oggi credo in me.

    ---
    ASÍ ES LA VIDA
    Sabrás que el viento
    jamás penetra las estatuas
    ni acalla las esquilas de la risa.
    Pero a veces las cordilleras se arrodillan
    al paso de los corceles.

    Porque hay milagros mortales
    en el entero amor de las lobas
    y yo tengo envidia de la piedra
    que puede esperar eternamente.

    Dime cómo susurran la mañanas.

    COSÌ È LA VITA
    Saprai che il vento
    non penetra mai le statue
    né tantomeno fa tacere il trillo delle risate.
    Ma a volte le cordigliere si inginocchiano
    al passo dei corsieri.

    Perché ci sono miracoli mortali
    in tutto l'amore delle lupe
    e io provo invidia della pietra
    che può eternamente aspettare.

    Dimmi come sussurrano le mattine.

    ---
    EPÍLOGO
    En la orilla dolorida
    de la nada ven
    con un adiós deshabitado

    un puñado de viento
    una estela de música
    un corazón abstracto
    y una chica de Tahití

    suave es el camino
    cuando nadie queda
    atrás para el ansia

    qué falta de estupor
    morirse sin hijos.

    EPILOGO
    Sulla riva dolente
    vieni dal nulla
    con un addio disabitato

    una manciata di vento
    una scia di musica
    un cuore astratto
    e una ragazza di Tahiti

    gentile è il cammino
    quando non rimane nessuno
    dietro per l'ansia

    che mancanza di stupore
    morire senza figli!

     

  • LA POETESSA BULGARA
    CHE SCRIVE IN SPAGNOLO
    E CHE QUI HO TRADOTTO

    data: 06/02/2022 19:02

    Con Zhivka Baltadzhieva “siamo di fronte a un'ammirevole poetessa e traduttrice. La sua poesia ha l'audacia di presentarsi a sé stessa con assoluta verità. A vivere con il dito nella piaga. Formalmente è chiara, diretta, senza smettere di essere misteriosa. E ha nella sua complicità con le Scienze uno dei suoi tratti più personali" (Ángel Guida, 1948-2022). Nata a Sofia, in Bulgaria, il 23 settembre 1947, Zhivka Baltadzhieva è poetessa, traduttrice, ricercatrice, dottoressa cum laude in filologia slava e linguistica indoeuropea, professoressa universitaria ed editrice. Cresciuta in una città di provincia, Sliven, ha trovato nell'immaginazione, nei libri e nell'arte il suo rifugio, la sua macchina del tempo, la sua libertà, il suo modo di essere. Per più di due decenni ha scritto le sue poesie bilingue contemporaneamente in bulgaro e spagnolo. Tra i suoi libri di poesie spiccano: “Al Final del Bosque Verde”, “Fiebre”, “GenES”, “Fuga a lo Real”, “Sol”, “Nunca”, “ Mitologías Apátridas”, “Poema Ajeno”, “Luz Diurna”, Plexo Solar”. Le sue poesie sono state tradotte in più di venti lingue e inserite in importanti antologie di poesia contemporanea, pubblicate in diversi paesi d'Europa, Stati Uniti, America Latina, Asia e Africa. Ha scritto saggi, articoli di ricerca, copioni per documentari. Alcuni di questi testi fanno parte di edizioni monografiche come “N. V. Gogol 200 anni dopo”, “Cervantes nei paesi slavi”, “Tolstoj un secolo dopo”, “Le lingue e le culture dei paesi dell'allargamento dell'Unione Europea”, “La Spagna e il mondo slavo. Ha tradotto in spagnolo opere di alcuni dei grandi della letteratura bulgara: Hristo Botev, “Poesia”, Blaga Dimitrova “Spazi”, Antón Donchev “Il misterioso cavaliere del libro sacro”, Nikolay Kantchev, “29 poesie”. Ha presentato in diverse riviste almeno una ventina poeti bulgari. Ha tradotto in bulgaro opere di Federico García Lorca, Miguel Hernández, Francisco de Quevedo, San Juan de la Cruz e alcuni degli attuali poeti spagnoli.

    ODISSEY 2001

    Cabo Cañaveral, abril, 2001.

    Odisseo parte a las cuatro de la mañana
    a través del Universo plano
    un parámetro
    entre otros
    del eje espacio – tiempo.

    Viaja a Marte,
    a buscar la vida
    en el hielo
    y las chimeneas volcánicas.

    A navegar
    por todas las sensaciones
    en el Mar Pontio del vacío interestelar
    atormentado.

    Morirá
    por volver
    a cualquier Tierra,

    cualquier Ítaca, devastada por pretendientes,
    cualquier patria
    que una vez aconteció entre las estrellas.

    Volverá.
    A desvanecerse
    en el primer instante de amor
    posible.

    ODISSEA 2001
    Cape Canaveral, aprile 2001.

    Odisseo parte alle quattro del mattino
    attraverso l'Universo piatto
    un parametro
    tra l'altro
    dell'asse spazio-tempo.

    Viaggia su marte,
    alla ricerca della vita
    nel gelo
    e nei camini vulcanici.

    A navigare
    attraverso tutte le sensazioni
    nel Mare Pontino del vuoto interstellare
    tormentato

    Morirà
    per ritornare
    in qualsiasi Terra,

    qualsiasi Itaca, devastata da spasimanti,
    qualsiasi patria
    che una volta si produsse tra le stelle.

    Ritornerà.

    A svanire
    nel primo istante d'amore
    possibile.

    ---
    HOMERO

    Adivinando
    he dejado de ver.

    Y ahora me despierto
    en el ojo
    de otro.

    Hasta el dedo
    que me quita la lágrima encendida
    es suyo.

    Se quema.

    Y arde.
    Y tanto me duele

    que canto.

    Para no sentir.

    OMERO

    Indovinando
    ho smesso di vedere.

    E ora mi sveglio
    nell’occhio
    di un altro.

    Persino il dito
    che mi rimuove la lacrima accesa
    è suo.

    Si brucia.

    E arde.
    E tanto mi duole

    che canto.

    Per non sentire.

    ---
    ULISES

    A la playa de Ítaca
    me trajeron dormido,
    un cuerpo inerte sólo.

    Primero
    no me reconocieron
    y después nadie me preguntó
    nada.

    He matado a los pretendientes.
    Y más

    no tengo que navegar.

    No tengo que inventar.
    No tengo que inventarme.
    No tengo que ser
    otro.

    No tengo que ser.

    Ni siquiera yo
    sueño con Odisseo.

    Mi fuga
    a lo real

    se ha cumplido.

    ULISSE

    Sulla spiaggia di Itaca
    mi hanno portato addormentato,
    solo un corpo inerte.

    Prima
    non mi hanno riconosciuto
    e dopo nessuno mi ha chiesto
    nulla.

    Ho ucciso i pretendenti.
    E più

    non devo navigare.

    Non devo inventare.
    Non devo inventarmi.
    Non devo essere
    un altro.

    Non devo essere.

    Nemmeno io
    sogno Odisseo.

    La mia fuga
    verso il reale

    si è compiuta.

    ---
    ORFEO

    Me devuelven a Eurídice
    pero no podré ver su sombra.

    Me devuelven a Eurídice
    pero sin la memoria del amor
    que baja al infierno.

    Me devuelven a Eurídice
    pero sin camino de ida y vuelta
    ¿adónde? ¿y a quién?
    ¿Cómo encontrarme?
    ¿Soy la lira que arrancan
    con dientes y uñas
    las bacantes?

    Sin recuerdos
    no veo la luz
    de la que me hablaron los dioses del Tártaro
    y los rayos – sortilegios
    de la escritura.

    Me devuelven a Eurídice.
    ¿pero en qué dirección
    me siguen sus pasos?

    Descendí al fondo de mí mismo
    y me echaron.
    Sin sombra.

    Sin mirada.

    Hasta mi sangre
    quema
    en la herida de Otro.

    Nada sufro.

    Y canto.

    Porque no siento.

    ORFEO

    Mi restituiscono a Euridice
    ma non potrò vedere la sua ombra.

    Mi restituiscono a Euridice
    ma senza la memoria dell'amore
    che scende all'inferno.

    Mi restituiscono a Euridice
    ma senza via di andata e di ritorno
    dove? A chi?
    Come ritrovarmi?

    Sono la lira che strappano
    con denti e unghie
    le baccanti?

    Senza ricordi
    non vedo la luce
    di cui mi hanno parlato gli dei del Tartaro
    e i fulmini - sortilegi
    della scrittura.

    Mi restituiscono a Euridice.
    Ma in quale direzione
    mi seguono i suoi passi?

    Discesi in fondo a me stesso
    e mi cacciarono.
    Senza ombra.

    Senza sguardo.

    Persino il mio sangue
    brucia
    nella ferita di un Altro.

    Per nulla soffro.

    E canto.

    Perché non sento.

    ---
    DIVINA COMEDIA

    Cada vez más conectados, pululando
    entre nuestras heridas
    y las que asestamos nosotros.

    Cada vez más conectados y más ocupados
    en que nos toque nadie,
    y menos con la mirada.

    Cada vez más conectados, más
    hacia las hormigas. ¿Hacia dónde excavamos
    en el universo plano?

    Invisibles
    y (¿acaso?) inexistentes
    multimillones de perdidos.

    ¿En la ciudad?
    ¿En el campo?
    ¿En el cielo?

    ¿Infierno?

    No me encuentro en mí misma.

    DIVINA COMMEDIA
    Ogni volta più connessi, pullulando
    tra le nostre ferite
    e tra quelle che noi assestiamo.

    Ogni volta più connessi e più impegnati
    che nessuno ci tocchi,
    e meno con lo sguardo.
    Ogni volta più connessi, di più
    verso le formiche. Verso dove scaviamo
    nell’universo piatto?

    Invisibili
    e (forse?) inesistenti
    miliardi di smarriti.

    In città?
    In campagna?
    In cielo?

    Inferno?

    Non mi ritrovo in me stessa.

    ---
    NOSOTROS

    Puerto total, territorio agónico de frecuencias enloquecidas,
    anclado en su propia expansión,
    hipnótico sueño, descarado y áspero,
    en la espiral de la escurridiza mañana
    entre resplandecientes helechos e higueras olorosas.

    Artefacto, creado por la suma de neutrinos +
    hidrógeno + helio + elementos pesados + estrellas
    + 95 % de fuerza oscura.

    ¿Qué alucinamos con las rocas, las lluvias torrenciales
    y los ocasos que hierven
    en la constelación de Pegaso?

    Multitudes de Casandras con el corazón ametrallado
    por el precario

    devenir.

    NOI

    Porto totale, territorio agonico di frequenze impazzite,
    ancorato nella sua stessa espansione,
    ipnotico sogno, sfacciato e aspro,
    nella spirale dell'inafferrabile mattina
    tra scintillanti felci e profumati fichi.

    Artefatto, creato dalla somma di neutrini +
    idrogeno + elio + elementi pesanti + stelle
    + 95% di forza oscura.

    Quanto allucinati con le rocce, le piogge torrenziali
    e i tramonti in ebollizione
    nella costellazione di Pegaso?

    Moltitudini di Cassandre nel cuore mitragliato
    dal precario
    divenire.

    ---

    TENGO UNA PALABRA DE INVIERNO EN MIS VENAS

    Tengo una palabra de invierno en mis venas,
    un coágulo
    que avanza y avanza. Un desluminador,
    una lámina de oro negro nanoestructurada,
    que absorbe toda la luz. Una palabra falta de cariño,
    una palabra autista. Con la frente sangrante golpea los muros.
    Se agita. Se agita. Se funden las contraventanas azules
    del recuerdo y de lo imaginado en su dolor. Solo la sierpe
    sigue siendo un rayo que se dispara, amarillo e inmediato,
    en el umbral.

    HO UNA PAROLA D'INVERNO NELLE VENE

    Ho una parola d'inverno nelle vene,
    un coagulo
    che avanza e avanza. Un desluminador,
    una lamina d'oro nera nanostrutturata,
    che assorbe tutta la luce. Una parola priva d'affetto,
    una parola autistica. Con la fronte sanguinante colpisce i muri.
    Si agita. Si agita. Si fondono le imposte blu
    del ricordo e di quanto immaginato nel suo dolore. Solo la serpe
    continua ad essere un lampo che si spara, giallo e immediato,
    sulla soglia.

    Desluminador (scoperta dei ricercatori spagnoli): Materiale che assorbe totalmente la luce visibile. Una lastra d'oro spessa meno di un millesimo di millimetro, gli scienziati hanno praticato dei fori di circa 500 nanometri (la dimensione della lunghezza d'onda della luce visibile) in modo che la luce vi penetri e sia totalmente assorbita dal materiale. Questi tipi di superfici dorate porose intrappolano la luce in modo che la caratteristica lucentezza del metallo si trasformi nel nero più profondo.

    ---

    PROTOCOLO DE KYOTO

    Este año las golondrinas llegan diez días antes.

    En las laderas de la Cornisa Cantábrica
    los urogallos se muestran dóciles, luego obscenos te piden caricias
    y encolerizados te persiguen.

    Hembras de moluscos con pene
    y ballenas macho con útero y ovarios
    vienen a suicidarse a las orillas de nuestras playas.

    Las cigüeñas no migran.
    Migran los bosques.
    ¿O marchan furiosos?

    No hay ni charco

    para lavarse las manos.

    PROTOCOLLO DI KYOTO
    Quest'anno le rondini arrivano dieci giorni prima.

    Sulle pendici della Cornice Cantabrica
    gli urogalli si mostrano docili, poi osceni ti chiedono carezze
    e incolleriti ti inseguono.

    femmine di molluschi con pene
    e balene maschi con utero e ovaie
    vengono a suicidarsi sulle rive delle nostre spiagge.

    Le cicogne non migrano.
    Migrano i boschi.
    O se ne vanno furiosi?

    Neanche una pozzanghera

    per lavarsi le mani.

    ---
    BREVE HISTORIA BÚLGARA

    Sobrevivimos, sobrevivimos, siempre sobrevivimos.

    Sobrevivimos a los bizantinos.
    Sobrevivimos a los otomanos.
    Sobrevivimos a los rusos.
    A los fascistas, a los comunistas.

    Sobreviviremos a los nuestros,
    a los ajenos, a los vuestros.
    Dolor con labios apretados de cal y añil
    sin sombra.

    Sobrevivimos, sobrevivimos, sobrevivimos.

    Precedente histórico
    milagro de los milagros.
    ¿A qué más fuerzas
    -oscuras y luminosas-
    no subsistimos?

    Supervivientes, supervivientes, supervivientes: ni vivos, ni muertos.

    Silabea la luna tonta:
    ¡Ni muertos!
    Ni muertos siquiera
    para albergar esperanza

    de resucitar.

    BREVE STORIA BULGARA
    Sopravviviamo, sopravviviamo, sempre sopravviviamo.

    Sopravviviamo ai Bizantini.
    Sopravviviamo agli ottomani.
    Sopravviviamo ai russi.
    Ai fascisti, ai comunisti.

    Sopravvivremo ai nostri
    agli altri, ai vostri.
    Dolore con labbra serrate d'indaco e calce
    senza ombra.

    Sopravviviamo, sopravviviamo, sopravviviamo.

    Precedente storico
    miracolo dei miracoli.
    A quali altre forze
    -oscure e luminose-
    non resistiamo?

    Sopravvissuti, sopravvissuti, sopravvissuti: né vivi
    né morti.

    Scandisce la luna stolta:
    Né morti!
    Neppure morti
    per ospitare speranze

    di risuscitare.

    ---

    AQUÍ ESTÁN

    Aquí están.
    Él y su perro imaginario.
    Él y su mano acariciando lo imaginario.
    Él y sus ojos cerrados bajo los párpados.
    Él. Y líquenes, lozas, granito,
    arena, palabras, silencio,
    adorando lo ilusorio
    inolvidable.

    SONO QUI

    Sono qui.
    Lui e il suo cane immaginario.
    Lui e la sua mano accarezzando l'immaginario.
    Lui e i suoi occhi chiusi sotto le palpebre.
    Lui. E licheni, vasellame, granito,
    sabbia, parole, silenzio,
    adorando l'illusorio
    indimenticabile.

    ---

    FOTOGRAFÍA DIGITAL

    Sentada en un banco en la sombra,
    en la plaza empedrada de la iglesia de San Demetrio,
    en Sliven, mi сiudad, mi paisaje genético,
    siento el sol y el aguacero
    de lo que ya ha pasado, de lo que pasará.
    Aunque nunca pudo ser pronunciado mi amor
    y tampoco mi amargura,
    las nubes, los árboles, las blancas paredes de las casas de antaño,
    los nuevos edificios de cristal y plásticos inteligentes,
    las pequeñas flores que burlan el pavimento,
    los sobresaltados pájaros del horizonte,
    los transeúntes y los ausentes
    silabean su fervor sin darse cuenta.
    Solo que la piel de la vida y de la muerte se eriza.
    Y entonces, el aire sopla levemente
    y apacigua el paisaje.

    FOTOGRAFIA DIGITALE

    Seduta su una panchina all'ombra
    nella piazza lastricata della chiesa di San Demetrio,
    a Sliven, la mia città, il mio paesaggio genetico,
    Sento il sole e l'acquazzone
    di ciò che è già successo, di ciò che accadrà.
    Sebbene mai poté essere pronunciato il mio amore
    e nemmeno la mia amarezza,
    le nuvole, gli alberi, le bianche mura delle case di un tempo,
    i nuovi edifici in vetro e di plastiche intelligenti,
    i piccoli fiori che raggirano il pavimento,
    gli spaventati uccelli dell'orizzonte,
    i transeunti e gli assenti
    sillabano il loro fervore senza rendersene conto.
    Solo che la pelle della vita e della morte si rizza.
    E poi, l'aria soffia leggermente
    e placa il paesaggio.

    (Dal libro Fuga a lo Real, Amargord, Madrid 2012)
     

  • A UN ANNO DALLA MORTE
    DI CASTILLO CASTELLANOS
    POETA TRISTE E ARDENTE

    data: 07/12/2021 19:16

    Freddy Castillo Castellanos è morto esattamente un anno fa, il 12 dicembre 2020. Aveva settant'anni e nove mesi E' stato avvocato, scrittore, ricercatore, saggista e docente. Nato a Barquisimeto (Venezuela), dove risiedeva e dove è deceduto. Rettore-Fondatore dell’Università Nazionale Sperimentale di Yaracuy (1999-2011). Direttore e professore di seminari e di laboratori di poesia presso la Casa de las Letras “Antonio Arráiz”. È stato membro del consiglio direttivo della casa editrice Biblioteca Ayacucho ed è stato membro del consiglio dei lettori della casa editrice Monte Ávila, Caracas. Autore dei seguenti libri di saggi letterari: Incisioni; Sucre, il più sereno degli eroismi, La scienza della cavalleria andante; La gastronomia come patrimonio immateriale. Ha fondato e diretto le riviste letterarie Letra Continua e Papel Abierto.

    Amaba la alquimia y los poemas.
    Era letrado triste y ardoroso.

    Así comienza el poema Cetrería, del poeta, profesor y crítico venezolano Freddy Castillo Castellanos.

    No es caprichoso el orden de esa enumeración. Antes de haber leído ningún verso suyo, antes de saber que escribía versos, conocí a Freddy a través de Marcela Filippi, que le había solicitado un prólogo para Un canto straniero, la antología bilingüe de mi poesía que la infatigable y brillante traductora estaba preparando.

    Los párrafos de aquel memorable prólogo tenían una tonalidad, una hondura y un pulso lector que no eran los de un profesor, un erudito o un crítico más o menos aficionado a la poesía, sino los de alguien que había bajado a los infiernos de sí mismo y ascendido a la luz de la palabra que nos salva.

    Aquellas páginas inolvidables las destilaba la pluma de alguien que hablaba del paisaje y la memoria, de la música y las palabras, de la luz y del tiempo desde el secreto compartido de los iniciados, desde dentro de la poesía.

    Desde allí escribía aquel desconocido que -luego lo supe- “era letrado triste y ardoroso” como el Federico II de Suabia al que dedicaba aquellos versos porque, como él mismo, “amaba la alquimia y los poemas.”

    Y porque, como escribió en otro texto, “la memoria y el azar poseen hilos secretos que se cruzan en su lugar predilecto: el laberinto”, el lector asiste ahora al rito circular en el que Marcela Filippi traduce algunos poemas de Freddy y oficia como una sacerdotisa de la luz y del fuego de la poesía, para que en ese azar concurrente que nos alumbró el maestro Lezama como un espacio habitable y luminoso se mantenga vivo y latente el recuerdo del amigo, para que la memoria conserve sus secretos, para que la niebla que lo envolvió una noche “no se disipe aún. Lo pide el alma.”

    Santos Domínguez Ramos

     
    Amava l'alchimia e le poesie.
    Era letterato triste e ardente.

    Inizia così la poesia Falconeria, del poeta, professore e critico venezuelano Freddy Castillo Castellanos.

    Non è capriccioso l'ordine di questa enumerazione. Prima di leggere i suoi versi, prima di sapere che scriveva versi, ho conosciuto Freddy tramite Marcela Filippi, che gli aveva chiesto un prologo per Un canto straniero, l'antologia bilingue della mia poesia che l'infaticabile e brillante traduttrice stava preparando.

    I paragrafi di quel memorabile prologo avevano una tonalità, una profondità e un polso di lettura che non erano quelli di un professore, di un erudito o di un critico più o meno amante della poesia, ma quelli di chi era sceso negli inferni di se stesso e asceso alla luce della parola che ci salva.

    Quelle pagine indimenticabili le distillava la penna di chi parlava del paesaggio e della memoria, della musica e delle parole, della luce e del tempo dal segreto condiviso degli iniziati, dall'interno della poesia.

    Fu da lì che scriveva quello sconosciuto che - appresi poi - "era letterato triste e ardente" come Federico II di Svevia al quale dedicò quei versi e perché, come egli stesso, "amava l'alchimia e le poesie".

    E poiché, come scrisse in un'altra poesia, "la memoria e il caso posseggono fili segreti che si intersecano nel loro luogo prediletto: il labirinto", il lettore assiste ora al rito circolare in cui Marcela Filippi traduce alcune poesie di Freddy e officia come una sacerdotessa della luce e del fuoco della poesia, affinché in quella coincidenza illuminataci dal Maestro Lezama come uno spazio abitabile e luminoso, si mantenga vivo e latente il ricordo dell'amico, affinché la memoria conservi i suoi segreti, affinché la nebbia che lo avvolse una notte “non si dissipi ancora. Lo chiede l'anima."
    Santos Domínguez Ramos

    CETRERÍA
    Amaba la alquimia y los poemas
    Era letrado triste y ardoroso
    Le compuso a Constanza algunos versos
    que llegaron a sonar purísimos
    en la noche siciliana
    Pero su fuerte eran el trono y la caza
    Disponía de halconeros y de pajes
    con esa rara complacencia
    que suelen tener los sabios cuando aman
    Nada le hicieron a su alma dos excomuniones
    anodinas y torpes como todas
    Era primo de Tomás de Aquino
    Era poderoso pero también poeta
    rareza que la Historia y Platón
    no comprendieron nunca
    menos la vida turbia
    de los pobres ejércitos del Papa
    Se llamaba bellamente Federico II de Suabia

    FALCONERIA
    Amava l’alchimia e le poesie
    Era letterato triste e ardente
    Compose alcuni versi per Costanza
    che suonarono purissimi
    nella notte siciliana
    Ma il suo forte era il trono e la caccia
    Disponeva di falconi e di paggi
    con quella rara compiacenza
    che sono soliti avere i saggi quando amano
    Nulla fecero alla sua anima due scomuniche
    anodine e ottuse come tutte
    Era cugino di Tommaso d’Aquino
    Era potente ma anche poeta
    rarità che la storia e Platone
    non compresero mai
    ancor meno la vita torbida
    dei poveri eserciti del Papa
    Si chiamava bellamente Federico II di Svevia
    ---
    MNEMÓSINE
    La memoria y el azar poseen hilos secretos que se cruzan en su lugar predilecto: el laberinto.
    La memoria tiene pasadizos ocultos, pero no se pierde. Tú te pierdes en ella.
    Perder la memoria, en realidad, es perderse en la memoria. Es perder su hilo.
    La memoria también es un bosque. Sus árboles, a veces, no te dejan verla. Procura siempre alcanzar un claro en su interior y trata de leer desde allí a María Zambrano, como quien celebra un ritual arcaico.
    La memoria tiene vida propia. Tú no la tienes. Ella te tiene a ti.
    La memoria tiene más futuro que pasado, aunque contenga todos los pasados.
    La memoria puede ser silenciosa e invisible, pero está ahí, más viva que nunca, acechándote.
    Cuando la memoria habla, tú callas. Cuando la memoria calla, tú ni hablas ni escribes. Te dejas llevar por su rumor.
    La memoria no escribe hoy porque lo escribió todo mañana.
    La memoria atesora personajes que parecen perdidos para siempre. Un día, que puede ser hoy, uno de esos personajes aparece y te dice lo que nunca se atrevió a decirte hace décadas. Son las viejas celadas de Mnemósine, madre de todas las musas.
    La memoria se detiene algunas veces y rememora. Después vuelve con más bríos y te inunda.
    La memoria es una mañana en el mar porque dos amantes escuchan el aria de las Bachianas brasileiras Nro. 5 de Villalobos.
    La memoria es un territorio infinito, un légamo que no termina.
    Pero la memoria suele dislocar su brújula y se va al pasado, por irse al futuro.
    Se equivocó la memoria. Se equivocaba.

    MNEMOSINE
    La memoria e il caso posseggono fili segreti che si incrociano nel loro luogo prediletto: il labirinto.
    La memoria ha passaggi occulti, ma non si perde. Tu ti perdi in essa.
    Perdere la memoria, in realtà, è perdersi nella memoria. E’ perdere il suo filo.
    La memoria è anche un bosco. I suoi alberi, a volte, non ti permettono di vederla.
    Procura sempre di raggiungere una radura al suo interno e cerca di leggere da lì
    Maria Zambrano, come chi celebra un rituale arcaico.
    La memoria ha vita propria. Tu non ce l'hai. Lei ha te.
    La memoria ha più futuro che passato, sebbene contenga tutti i passati.
    La memoria può essere silenziosa e invisibile, ma è lì, più che mai a braccarti.
    Quando la memoria parla, tu taci. Quando la memoria tace, tu non parli né scrivi. Ti lasci trasportare dai suoi rumori.
    La memoria non scrive oggi perché ha scritto tutto domani.
    La memoria raccoglie personaggi che sembrano perduti per sempre. Un giorno, che può essere oggi, uno di quei personaggi appare e ti dice ciò che non ha mai osato dirti da decadi. Sono le vecchie insidie di Mnemosine, madre di tutte le muse.
    La memoria qualche volta si ferma e rimembra. Dopo torna con più brio e ti inonda.
    La memoria è una mattina al mare perché due amanti ascoltano l'aria delle Brachianas Brasileiras nro 5 di Villa-Lobos.
    La memoria è un territorio infinito, un limo che non finisce.
    Ma la memoria di solito disloca la sua bussola e se ne va al passato, per andare al futuro.
    Si è sbagliata la memoria. Si sbagliava.
    ---
    ROTHKO
    Han salido del convento.
    Él la toma de la mano y miran el cielo de Florencia.
    Por la dulzura de su Anunciación
    y por el espacio armonioso de sus frescos,
    invocan, agradecidos,
    el nombre de Fra Angelico.
    Hace poco, en Roma, supieron
    que ella dará a luz el próximo diciembre.
    Un dulce asombro los conmueve.

    ROTHKO
    Sono usciti dal convento.
    Lui la prende per mano e guardano il cielo di Firenze.
    Per la dolcezza della sua Annunciazione
    e per lo spazio armonioso dei suoi affreschi,
    invocano, grati,
    il nome di Fra Angelico.
    Recentemente, a Roma, hanno saputo
    che lei darà alla luce il prossimo dicembre.
    Un dolce stupore li commuove.

    ---
    EL PAISAJE SOY YO
    El paisaje invisible.
    El hombre ante el paisaje invisible, es el paisaje.
    Ante el paisaje total,
    el hombre siempre se hace invisible.

    IL PAESAGGIO SONO IO
    Il paesaggio invisibile.
    L’uomo davanti al paesaggio invisibile, è il paesaggio.
    Davanti al paesaggio totale,
    l’uomo sempre diventa invisibile.

    ---
    DOS PAVESIANAS Y UN GATO

    I
    Porque la siento en el aire,
    lo que me gusta de Roma
    es su manera de perder el tiempo.
    Si bebo una copa,
    no es como en Turín.
    Allá bebo de rabia…
    En cambio, en Roma,
    siento que el vino
    entra y me recrea por dentro.
    Y sueño que el mundo es un camino infinito,
    como Roma.
    II
    No sé si vengo de la colina o del valle,
    de los bosques o de una casa con balcones.
    Este pueblo, donde no he nacido,
    durante mucho tiempo fue para mí el universo.
    En él se cultiva la uva que se vende en Canelli.
    También, se recogen las trufas
    y se llevan a Alba.
    Tengo para mí que las colinitas de Canelli
    son la puerta del mundo.

    DUE PAVESIANE E UN GATTO
    I
    Perché la sento nell’aria,
    ciò che mi piace di Roma
    è la sua maniera di perdere tempo.
    Se bevo un bicchiere,
    non è come a Torino.
    Là bevo per rabbia...
    Invece, a Roma,
    sento che il vino
    entra e mi ricrea dentro.
    E sogno che il mondo sia un cammino infinito,
    come Roma.
    II
    Non so se vengo dalla collina o dalla valle,
    dai boschi o da una casa con balconi.
    Questo paese, dove non sono nato
    durante molto tempo fu per me l’universo.
    In esso si coltiva l’uva che si vende a Canelli.
    Parimenti, si raccolgono i tartufi
    e si portano ad Alba.
    Tengo per me che le collinette di Canelli
    siano la porta del mondo.

    ---
    PONGE

    Francis Ponge,
    luego de dictar una conferencia sobre las cosas,
    besó la mesa y dijo:
    "La quiero porque no ha pretendido nunca
    Ser un piano".

    Así,
    después
    de estarse horas
    sobre la página en balnco
    uno podría decir que es adorable,
    porque nada en ella
    haces las veces de un poema


    PONGE

    Francis Ponge,
    dopo aver tenuto una conferenza sulle cose,
    baciò il tavolo e disse:
    "Lo amo perché non ha mai preteso
    Essere un pianoforte".

    Così,
    dopo essere stati delle ore
    sulla pagina in bianco,
    si potrebbe dire che è adorabile,
    perché nulla in essa
    fa le veci di una poesia.

    ---

    NEBLINA

    Todas las mañanas, la neblina.
    Adentro, desorientados y felices, los recuerdos.
    Que no se disipe aún. Lo pide el alma.

    NEBBIA

    Tutte le mattine, la nebbia.
    Dentro, disorientati e felici, i ricordi.
    Che non si dissipi ancora. Lo chiede l'anima.

    ---
    SEXTINA DE LA DIOSA

    Me dicen que ha vuelto la diosa
    ambarina, con toda su belleza
    irresistible. Emergió de su sueño
    de Westphalen, amigo de la noche,
    orfebre minucioso de la imagen.
    Ha vuelto la diosa Todos lo dicen.

    Pero no todos los que ahora dicen
    que por estos parajes la diosa
    ha vuelto con su misma imagen
    encendida, conocen la belleza
    terrible que deslumbra en la noche
    y domina, incandescente, el sueño.

    No a todos perturba el sueño
    esta presencia. Bien lo dicen
    los bellos versos de Westphalen: noche
    tras noche, arremete la diosa
    insomne. Envuelta en su belleza
    total, dentro del reino de la imagen.

    Y lo devasta. Y se vuelve imagen
    pura que sólo la gracia y el sueño
    del poeta y sus ganas de belleza
    saben pertinaz y oscura. Dicen
    que hubo un tiempo en que la diosa
    nos perseguía, insaciable, por la noche,

    por todos los rincones de la noche.
    Sensual, en su pasión de imagen
    irredenta, un rumor dejó la diosa
    en un fugaz paseo por mi sueño.
    Un rumor de mujer, de los que dicen
    atrapar la ebriedad de la belleza.

    En ese tiempo supe que la belleza
    visita un sólo instante de la noche.
    También supe que las musas dicen
    sólo que llega a ser imagen
    fiel de ellas, una especie de sueño
    que nos lleva en vigilia tras la diosa.

    Que la diosa ha vuelto, ya lo dicen,
    el sueño y la ambarina imagen
    que esta noche me dictan su belleza.

    SESTINA DELLA DEA

    Mi dicono che è tornata la dea
    ambrata, con tutta la sua bellezza
    irresistibile. E' emersa da un sogno
    di Westfalen, amico della notte,
    minuzioso orafo dell'immagine.
    E' tornata la dea. Tutti lo dicono.

    Ma non tutti quelli che ora dicono
    che in questi paraggi la dea
    sia tornata con la sua stessa immagine
    accesa, conoscono la bellezza
    terribile che affascina di notte
    e domina, incandescente, il sogno.

    Non a tutti perturba il sogno
    questa presenza. E bene dicono
    i versi belli di Westfalen: notte
    dopo notte, insorge la dea
    insonne, avvolta nella sua bellezza
    totale, dentro il regno dell'immagine.

    E lo devasta. E diventa immagine
    pura che solo la grazia e il sogno
    del poeta e i suoi desideri di bellezza,
    sanno esser pertinace e oscura. Dicono
    che ci fu un tempo in cui la dea
    ci inseguiva, insaziabile, di notte,

    in tutti gli angoli della notte.
    Sensuale, nella sua passione d'immagine
    irredenta, un rumor ha lasciato la dea
    in un fugace andar per il mio sogno.
    Un rumor di donna, di quelli che dicono
    catturar l'euforia della bellezza.

    In quel tempo seppi che la bellezza
    visita un solo istante della notte.
    Ho saputo anche che le muse dicono
    solo ciò che può diventare immagine
    fedele ad esse, una specie di sogno
    che ci conduce in veglia dietro la dea.

    Che la dea sia tornata, già lo dicono,
    il sogno e l'ambrata immagine
    che stanotte mi dettano la sua bellezza.

    ---
    ARTE POÉTICA

    No sé bien si trata de un capricho
    o de otra forma musical. Su ausencia
    es un estilo fugado de mi sueño
    que espera una luz de esa mirada.
    Se trata también d este desnudo
    corazón, consciente en su desvelo.

    ¿Qué busca aquel que en el desvelo
    mueve su mano a ritmo de capricho,
    preguntándole a algún desnudo
    astro, si en las noches de ausencia
    otras manos convocan la mirada
    que todavía se escapa de sueño?

    Porque también se trata de un sueño
    persistente y febril en su desvelo,
    que persigue con fervor una mirada,
    una mirada que brote del capricho
    (o del deseo de conjurar la ausencia)
    y cante sola desde el papel desnudo.

    A ratos interrogo en el desnudo
    folio donde respiro, callo y sueño.
    Y como un vago signo de ausencia
    que se cubre, aflora en el desvelo,
    bajo las alas del frágil capricho,
    el lejano fulgor de su mirada.

    Pero es un espejismo la mirada
    en el espejo letal de tu desnudo
    oficio, una nota más de ese capricho
    que engaña de nuevo con el sueño.
    No es posible salir de ese desvelo
    de arideces rituales y de ausencia.

    La poesía adviene como ausencia
    y a pocos prodiga su mirada.
    Un lezamiano súbito en desvelo
    a veces esplende en el desnudo
    horizonte del despierto sueño
    y luce, al fin, saciado mi capricho.

    Mas, su capricho es ser la ausencia
    y se borra el sueño y la mirada
    y me vuelvo desnudo a mi desvelo.

    ARTE POETICA

    Non so bene se si tratti di un capriccio
    o di altra forma musicale. La sua assenza
    è uno stile fuggito dal mio sogno
    che aspetta una luce da quello sguardo.
    Si tratta altresì di questo nudo
    cuore, cosciente nella sua veglia.

    Cosa cerca colui che nella veglia
    muove la sua mano a ritmo di capriccio,
    domandando a qualche nudo
    astro, se nelle notti di assenza
    altre mani convocano lo sguardo
    che ancora scappa da un sogno?

    Perché si tratta anche di un sogno
    persistente e febbrile nella sua veglia,
    che insegue con fervore uno sguardo,
    uno sguardo che germogli dal capriccio
    (o dalla voglia di scongiurare l'assenza)
    e canti solo dalla carta nuda.

    A tratti mi interrogo nel nudo
    foglio dove respiro, taccio e sogno.
    E come un vago segno di assenza
    che si copre, emerge nella veglia,
    sotto le ali del fragile capriccio,
    il lontano fulgore del suo sguardo.

    Ma è un miraggio lo sguardo
    nello specchio letale del tuo nudo
    uffizio, altra nota di quel nudo capriccio
    che inganna di nuovo con il sogno.
    Non è possibile uscire da quella veglia
    di aridità rituali e di assenza.

    La poesia avviene come assenza
    e a pochi prodiga il suo sguardo.
    Un repentino lezamiano in veglia
    qualche volta risplende nel nudo
    orizzonte del rianimato sogno
    e mostra, alla fine, sazio il mio capriccio.

    Ma il suo capriccio è essere l'assenza
    e si cancella il sogno e lo sguardo
    e mi volgo nudo alla mia veglia.

     

  • I VERSI DI JAVIER LOSTALE'
    RIFLESSIVI E CELEBRATIVI

    data: 20/10/2021 15:20

    La poesia di Javier Lostalé (Madrid, 1942) - come si rileva dai versi che pubblichiamo, con la traduzione in italiano da me curata - è poesia riflessiva e celebrativa allo stesso tempo. È una meditazione permanente sulle grandi incertezze che incombono sull'uomo contemporaneo e sugli ambiti più sensibili dell'esperienza personale; intimità, amore, memoria, meditazione sulla poesia stessa, ricerca nel paesaggio di quegli spazi in cui il buio riempie di luce e illumina gli spazi meno conosciuti dell'anima, È anche un poeta molto amato dalle nuove generazioni, un poeta sempre in linea con la modernità e sempre pronto ad aiutare i poeti giovani. Da radioamatore, è stato in prima linea nei più importanti programmi RNE dedicati alla poesia (grazie a lui poesia e radio non sono antagoniste), El Ojo Critico e La Estación Azul. Il suo apporto è stato pubblicamente riconosciuto di gran valore culturale, per il quale gli è stato concesso il Premio Nazionale per la Promozione della Lettura.

    CONFESIÓN
    Escribo porque me salva, porque es lo único que me queda, porque fija un sonido, unas luces, el final de un acto de amor, el escenario de unas horas de deseo. Escribo porque están conmigo los que ya nunca estarán, porque bajo el mar desde la mesa donde apoyo la cuartilla y me quedo quieto en la memoria de un cuerpo, y prolongo unas voces hasta perder la noción del tiempo (días y años juntos, apretados en un instante que me deja sin defensa). Escribo porque al abrir el seno de una palabra encuentro la iluminación última del beso, porque pronuncio a solas mi única verdad: ésa que después desmiento con mi vida. Escribo porque hay un llanto íntimo que me purifica desde que comienzo a hacer signos en el papel, porque poseo las cosas desde su respiración humana y puedo habitar aquello de lo que fui desterrado. Escribo para ser joven y alimentar una esperanza radical, para tener lo que no tengo y escuchar lo que nunca me dijeron. Escribo porque nunca fue más bello el engaño.

    CONFESSIONE
    Scrivo perché mi salva, perché è l'unica cosa che mi resta, perché fissa un suono, delle luci, il finale di un atto d'amore, lo scenario di qualche ora di desiderio. Scrivo perché sono insieme a me quelli che non ci saranno mai, perché abbasso il mare dal tavolo dove appoggio il foglio e rimango quieto nel ricordo di un corpo, e prolungo alcune voci fino a perdere la cognizione del tempo (giorni e anni insieme, stretti in un istante che mi lascia indifeso). Scrivo perché quando nello schiudere il seno di una parola trovo l'illuminazione ultima del bacio, perché pronuncio da solo la mia unica verità: quella che poi smentisco con la mia vita. Scrivo perché c'è un pianto intimo che mi purifica dal momento in cui comincio a scrivere segni sul foglio, perché faccio mie le cose dal loro respiro umano e posso vivere ciò da cui sono stato esiliato. Scrivo per essere giovane e per nutrire una speranza radicale, per avere ciò che non ho e ascoltare ciò che non mi hanno mai detto. Scrivo perché l'inganno non è mai stato così bello.

    ---
    BAILA
    Baila, baila
    con esa sombra
    que acompañó tu vida
    y en la que no supiste renacer.

    Baila, baila
    hasta caer rendido
    en su paraíso
    que no te pertenece.
    Aprieta su cuerpo
    tan tuyoque no haces sino borrar
    con tus manos y tus ojos.

    Baila, baila
    con su idea
    que en ti se encarna
    como un corazón herido.

    Gira, gira tu beso
    alrededor de un sol apagado,
    mientras hay mareas en tu pecho
    que se repiten enfermas.
    Abre todas las puertas y ventanas
    para que te inunde la luz
    de quien no te espera,
    pero con el que no dejas de bailar
    hasta consumarte.

    BALLA
    Balla, balla
    con quell'ombra
    che ha accompagnato la tua vita
    e nella quale non hai saputo rinascere.

    Balla, balla
    finché non ti sarai arreso
    nel suo paradiso
    che non ti appartiene.
    Stringi il suo corpo
    così tuo
    che non fai che cancellare
    con le tue mani e con tuoi occhi.

    Balla, balla
    con la sua idea
    che in te si incarna
    come un cuore ferito.

    Gira, gira il tuo bacio
    intorno a un sole spento,
    mentre nel tuo petto ci sono maree
    che si ripetono malate.
    Apri tutte le porte e finestre
    affinché ti inondi la luce
    di chi non ti aspetta,
    ma col quale non smetti di ballare
    fino a consumarti.

    ---
    REGRESA
    La luz que envuelve hoy tu casa,
    mientras a ella regresas,
    es la misma que un día te borró
    en la dicha pasajera de saberte amado.
    Tanto es así que no eres tú
    el que ahora en soledad camina,
    sino aquél que nunca acabó de llegar
    extraviado en el único paisaje
    de la memoria encendida de otro ser.
    Por eso un momento te detienes
    para, separado del mundo,
    escuchar de nuevo la voz
    de quien ya no existe,
    pero que ahora te otorga
    el don inmortal
    de volver a nacer dentro de su olvido.

    RITORNI
    La luce che oggi avvolge la tua casa,
    mentre vi torni,
    è la stessa che un giorno ti ha cancellato
    nella gioia passeggera di saperti amato.
    Tanto è che non sei tu
    quello che ora in solitudine cammina,
    bensì colui che non ha mai smesso di arrivare
    smarrito nell'unico paesaggio
    della memoria accesa di un altro essere.
    Perciò ti fermi un momento
    in cui, separato dal mondo,
    sentire di nuovo la voce
    di chi non esiste più,
    ma che ora ti concede
    il dono immortale
    di tornare a nascere dentro al suo oblio.

    ---
    CEMENTERIO Y ROSA
    Entre el vapor dorado y punzante de la vieja cervecería
    (madera, espuma, hirviente círculo del posavasos)
    que prolongaba todas las mañanas el deseo de tu cuerpo
    y el pequeño cementerio con buganvillas
    apenas hay unos pasos,
    apenas hay un pasadizo de luz
    que explica ahora, no sé cuántos años después,
    las silenciosas órbitas que trazó en nuestra sangre el olvido
    mientras la insolación del tacto
    destruía en su alta terraza de piel
    cualquier signo o símbolo
    con el que pudiéramos vencer al tiempo.
    Solo, con la memoria de un extraño
    que no se reconoce en lo que amó,
    he traspasado el umbral del pequeño camposanto
    y en las cuencas vacías de todo lo que me calcinó
    he plantado una rosa
    para ver si todavía el perfume cuenta
    lo que ya no tiene voz.

    CIMITERO E ROSA
    Tra il vapore dorato e penetrante della vecchia birreria
    (legno, schiuma, cerchio bollente di sottobicchieri)
    che prolungava tutte le mattine il desiderio del tuo corpo
    e il piccolo cimitero con le bouganvilles
    ci sono appena pochi passi,
    c'è appena un passaggio di luce
    che spiega ora, non so quanti anni dopo,
    le silenziose orbite che ha tracciato nel nostro sangue l'oblio
    mentre l'insolazione del tatto
    distruggeva sulla sua alta terrazza di pelle
    qualsiasi segno o simbolo
    con cui avremmo potuto sconfiggere il tempo.
    Da solo, con la memoria di uno sconosciuto
    che non si riconosce in ciò che aveva amato,
    ho varcato la soglia del piccolo camposanto
    e nelle orbite vuote di tutto ciò che mi aveva calcinato
    ho piantato una rosa
    per vedere se il profumo racconta ancora
    ciò che non ha più voce.

    ---
    QUIEN AMA
    Quien ama
    cruza la frontera
    con un único paisaje dentro.

    Quien ama
    dobla la velocidad de su pensamiento
    para que alguien respire
    a través del pulmón de su memoria.

    Quien ama
    se queda sin pulso
    ante quien no viene hoy
    aunque su horizonte sea mañana.

    Quien ama
    se adelanta siempre
    con su mirar de ciego.

    Quien ama
    tirita de tanto no saber
    lo que es su única fe.

    Quien ama
    arde sin calendario
    en todas las estaciones.

    Quien ama
    asciende tan alto
    que ya no encuentra su lugar
    fuera de lo amado.

    Quien ama
    despierto entra en un sueño
    del que no quiere volver a despertar.

    Quien ama
    sin nunca haber sido amado
    escribe ahora este poema
    en el que se va borrando,
    mientras su escritura
    no deja de sangrar.

    CHI AMA
    Chi ama
    attraversa la frontiera
    con un unico paesaggio dentro.

    Chi ama
    raddoppia la velocità del suo pensiero
    affinché qualcuno respiri
    attraverso il polmone della sua memoria.

    Chi ama
    rimane privo di palpito
    dinanzi a chi non viene oggi
    sebbene il suo orizzonte sia domani.

    Chi ama
    è sempre avanti
    con il suo sguardo da cieco.

    Chi ama
    trema da così tanto non sapere
    quale sia la sua unica fede.

    Chi ama
    arde senza calendario
    in tutte le stagioni.

    Chi ama
    ascende così in alto
    che non trova più il suo posto
    fuori da quel che è amato.

    Chi ama
    sveglio entra in un sogno
    dal quale non vuole svegliarsi di nuovo.

    Chi ama
    senza mai essere stato amato
    scrive ora questa poesia
    nella quale si va cancellando,
    mentre la sua scrittura
    non cessa di sanguinare.

    ---
    ÁRBOL
    Ese árbol pequeño
    no busca amparo
    en ninguna mirada humana.
    Cada día se recibe a sí mismo
    hasta alcanzar sin memoria
    su honda plenitud,
    y así repartir su gracia
    sin escuchar otra respuesta
    que el vuelo quieto
    de su propia respiración.
    Ese árbol eres tú,
    solitario canto enamorado,
    en medio de un paisaje
    que mudo también te responde
    hasta amanecer
    en todo lo que no sabes
    pero que ya te inunda con su luz.

    ALBERO
    Quel piccolo albero
    non cerca rifugio
    in nessun sguardo umano.
    Ogni giorno accoglie sé stesso
    fino a raggiungere senza memoria
    la sua profonda pienezza,
    e così distribuire la sua grazia
    senza sentire altra risposta
    che il quieto volo
    del suo stesso respiro.
    Quell'albero sei tu
    solitario canto innamorato,
    nel mezzo di un paesaggio
    che anche muto ti risponde
    fino a far giorno
    in tutto ciò che non sai
    ma che già ti inonda con la sua luce.

    ---
    AÚN MIRAS
    Aún miras con amor
    a quien sin amor se aleja,
    por eso cada día eres creado
    en la insolación de su distancia.
    Aún sales al encuentro
    de lo que sin figura
    late su eternidad dentro de ti.
    Regresar luego no puedes
    a ningún lugar de tu vida,
    pues sólo perteneces
    a quien te nombra
    apagándose en su nombrar.
    Como en el mar,
    la línea de tu horizonte
    se confunde con el cielo
    de quien ya no está,
    y así tu amor sin destino
    doble soledad canta
    en su única inmensidad.

    ANCORA GUARDI
    Ancora guardi con amore
    a chi senza amore si allontana,
    perciò ogni giorno sei creato
    nell’insolazione della sua distanza.
    Ancora vai incontro
    a ciò che senza figura
    palpita la sua eternità dentro di te.
    Ritornare allora non puoi
    a nessun luogo della tua vita,
    poiché appartieni solo
    a chi ti nomina
    e si spegne al menzionarlo.
    Come nel mare,
    la linea del tuo orizzonte
    si confonde col cielo
    di chi non c’è più
    e così il tuo amore senza destino
    canta doppia solitudine
    nella sua unica immensità.

    ---
    NUBES
    No tienen memoria las nubes,
    su tránsito de espejo en vuelo
    se consuma en libertad de luz cambiante.
    Apenas necesitamos levantar los ojos
    para sentir el leve peso de sus formas,
    tan ignorantes de nuestro desvelo
    como de la soledad pequeña de unos pasos.
    Ángeles insomnes de claridades y tormentas
    queman las nubes el pecho adolescente
    con su sofoco tibio de pajar.
    Y si un viento de sombras las cruza
    tiemblan navíos fantasma en cada ventanal
    mientras al fondo manos maternas
    se posan en un silencio azul.
    Oro de sueños siempre en vilo
    depositan las nubes en el corazón más solitario,
    y el nadador cruza el río
    en su propia constelación cegado.
    A su paso las torres resumen
    la tensión íntima del paisaje,
    y entre valles el aire más alto
    irradia su secreto.
    En su luciente desvanecimiento
    las nubes nos ignoran,
    pero hay en ellas un fugitivo soplo carnal
    que nos anuda sin tiempo ni destino
    a la universal pulsación de lo aún no concebido.

    NUVOLE
    Non hanno memoria le nuvole,
    il loro transito è uno specchio in volo
    si consuma nella libertà di luce variabile.
    C’è bisogno appena di alzare gli occhi
    per sentire il lieve peso delle sue forme,
    così ignorante della nostra insonnia
    così come la piccola solitudine di alcuni passi.
    Angeli vigili di chiarori e tempeste
    bruciano le nuvole il petto adolescente
    col loro tiepido affanno di paglia.
    E se un vento di ombre le attraversa
    tremano navi fantasma in ogni finestra
    mentre in fondo mani materne
    si posano su un silenzio blu.
    Oro di sogni sempre sospeso
    depositano le nuvole nel cuore più solitario,
    e il nuotatore attraversa il fiume
    nella propria costellazione accecato.
    Al loro passaggio le torri riassumono
    l'intima tensione del paesaggio,
    e tra le valli l'aria più alta
    irradia il suo segreto.
    Nel loro lucente dissolversi
    le nuvole ci ignorano,
    ma c'è in loro un fuggitivo soffio carnale
    che ci annoda senza tempo né destino
    alla pulsazione universale di ciò che non è ancora concepito.

    ---
    SOLITARIO
    Tiene el solitario toda la luz dentro,
    por eso se convoca a noche perpetua
    sin dejar nunca de amanecer.
    Núbil vive en el astro quieto de su sueño,
    hundido su corazón en latitud sin orillas.
    Exiliado fiel a su propio destino
    mide lo infinito mediante latidos,
    y redime tanta ausencia
    con un adviento de sombras en calma.
    Abre surcos el pensamiento del solitario
    hasta tocar el embrión de lo iluminado,
    y cada uno de sus deseos
    se consuma en la vigilia con pulso
    de un hondo ser sin nadie.
    Desclavado de cualquier respiración
    sabe llenar su pecho de mareas silenciosas,
    y su meta está siempre en la partida.
    Sin firmamento se desnuda el solitario
    mientras es amado por lo que no existe.
    Su destino es renacer
    en la sorda transparencia del olvido.

    SOLITARIO
    Ha il solitario tutta la luce dentro,
    per questo convoca sé stesso a notte perpetua
    senza far mai finire d’albeggiare.
    Nubile vive nel quieto astro del suo sonno,
    piantato il suo cuore in latitudine senza sponde.
    Fedele esiliato al proprio destino
    misura ciò che è infinito attraverso i battiti,
    e redime tanta assenza
    con un avvento di ombre in quiete.
    Apre solchi il pensiero del solitario
    fino a toccar l'embrione dell’illuminato,
    e ciascun dei suoi desideri
    si consuma nella veglia con polso
    di un profondo essere senza nessuno.
    Affrancato da qualsiasi respiro
    sa riempirsi il petto di maree silenziose,
    e la sua meta è sempre nella partenza.
    Senza firmamento si denuda il solitario
    mentre è amato da ciò che non esiste.
    Il suo destino è rinascere
    nella sorda trasparenza dell'oblio.

    ---
    ¿DÓNDE ESTÁS?
    ¿Dónde estás, criatura sin amor de mi vida?
    Como un planeta silencioso me envuelve tu luz
    que tú no sabes y yo no alcanzo.
    Quieta caminas hacia mí
    dentro de tu ángel dormido
    que con su halo de sueño
    me despierta a tu lado,
    bella criatura sin nombre ni cuerpo
    a cuya sombra me entrego
    en tiempo y espacio anterior al deseo,
    pues allí donde existes
    una forma muda
    en soledad se recrea.
    Pura ausencia de mi vida,
    fe sin dios en que amanezco,
    concíbeme en tu profundo latido sin aire
    para que, juntos, nos olvidemos
    en el mismo amor desierto.

    DOVE SEI?
    Dove sei, creatura senza amore della mia vita?
    Come un pianeta silenzioso mi avvolge la tua luce
    che tu non conosci e io non raggiungo.
    Quieta cammini verso di me
    dentro al tuo angelo addormentato
    che con la sua aura di sogno
    mi sveglia al tuo fianco,
    bella creatura senza nome né corpo
    alla cui ombra mi abbandono
    nel tempo e nello spazio prima del desiderio,
    poiché lì dove esisti
    una forma muta
    in solitudine si ricrea.
    Pura assenza della mia vita,
    fede senza dio in cui mi sveglio,
    concepiscimi nel tuo profondo battito senz’aria
    affinché, insieme, ci dimentichiamo
    nello stesso amore deserto.

    ---
    CIELO COMPLETO
    De nada te arrepientas:
    tu existencia brilla ya
    en su cielo completo,
    allí donde vida y muerte
    son la misma tiniebla blanca.
    Que nada en tu biografía cicatrice
    para que sean sus heridas quienes la escriban.
    Que ningún otro tesoro busques
    más allá de lo perdido dentro de ti.
    Conciencia eres ya sólo
    rendida a la más bella desposesión,
    la que tú elegiste
    sin apagarse nunca el fuego
    de su primera turbación lunar.
    Abandonado y sin territorio
    no regreses de donde estás,
    pues no hay espacio más hondo
    que el de un alma habitándose en soledad.

    CIELO COMPLETO
    Non ti pentire di nulla:
    la tua esistenza brilla già
    nel suo cielo completo,
    lì dove vita e morte
    sono la stessa tenebra bianca.
    Che nulla nella tua biografia cicatrizzi
    affinché siano le sue ferite a scriverla.
    Non cercare nessun altro tesoro
    al di là di ciò che è perduto dentro di te.
    Sei ormai solo coscienza
    resa alla più bella espropriazione,
    quella che tu hai scelto
    senza spegnere mai il fuoco
    della sua prima perturbazione lunare.
    Abbandonato e senza territorio
    non tornare da dove sei,
    poiché non c'è spazio più profondo
    di quello di un'anima che dimora nella sua solitudine.
     

  • I VERSI DI RAMIREZ LOZANO
    TRA LEGGEREZZA E IRONIA

    data: 19/09/2021 19:51

    José Antonio Ramirez Lozano, nato a Nogales (Spagna) nel 1950, è uno scrittore, professore e poeta. Ha pubblicato romanzi, libri di racconti e di letteratura infantile e per giovani. In Lozano il linguaggio va oltre gli schemi convenzionali; plasma con leggerezza e ironia nuovi modelli narrativi e poetici. Egli afferma che tutto gira intorno alle parole, strumenti che gli consentono di sperimentare nuove prospettive creative di scrittura, sempre pensate da un punto di vista ludico e ironico. Questo è il principio su cui si basa e su cui si muove la penna di José A. Ramírez Lozano, di cui pubblichiamo una selezione di poesie fra le più significative, seguite dalla mia traduzione in italiano.

    SOMBRAS
    La tarde se santigua de lechuzas
    y el cielo se recoge, impuro por torcaz,
    en el recato de los palomares.

    Ya los cirios se abren
    paso en las sombras alumbrando
    las sombras mismas, esa oscura
    comitiva de lutos, esa fila
    de los deudos de Dios con el pabilo
    en mano de la fe, con la moneda
    del arrepentimiento con que saldan
    los mortales el pecio de su horror,
    el ábaco terrible de sus culpas.

    Da su hilera en la plaza
    y en la cal se recortan los perfiles chinescos
    de las calvas devotas, de las negras
    mantillas, mientras suena
    la música de Dios en la calleja y callan
    las fuentes en su salmo.

    OMBRE
    La sera si segna di civette
    e il cielo si raccoglie, impuro per lievità,
    nella modestia delle colombaie.

    I ceri ormai si aprono
    strada nelle ombre illuminando
    le ombre stesse, quell'oscura
    comitiva di lutti, quella fila
    di congiunti di Dio con lo stoppino
    della fede in mano, con la moneta
    del pentimento con cui i mortali
    saldano il relitto del loro orrore,
    il terribile abaco dei loro peccati.

    Protende la sua fila sulla piazza
    e sulla calce si ritagliano le ombre cinesi
    di calve devote, delle nere
    mantelle, mentre suona
    la musica di Dio nel vicolo e tacciono
    le fontane nel loro salmo.

    TODAVÍA
    Os juro que me iré
    como se fue mi padre, así, dejando
    encendida la luz de la cocina
    y su tazón de leche con galletas
    frente al televisor.

    Me lo he propuesto, amigos,
    -la cama por hacer, la radio puesta-
    para que no sospeche
    la muerte mi abandono y llegue tarde
    por una vez, y tenga
    que ir cerrando las puertas
    y apagando las luces
    una por una, así,
    burlada en su tardanza,
    torpe en su menester y todavía
    la vida de mi parte, ella a la zaga,
    los perros de la noche en las callejas
    ladrándole furtiva.

    ANCORA
    Vi giuro che me ne andrò
    come se ne andò mio padre, così, lasciando
    accesa la luce della cucina
    e il suo tazzone di latte con biscotti
    davanti al televisore.

    Me lo sono proposto, amici,
    -il letto da fare, la radio accesa-
    affinché non sospetti
    la morte il mio abbandono e giunga tardi
    per una volta, e debba
    chiudere le porte
    e spegnere le luci
    una per una, così,
    derisa nel suo ritardo,
    goffa nel suo mestiere e ancora
    vita dalla mia parte, lei indietro,
    i cani della notte nei vicoli
    abbaiandole contro furtivamente.

    CRUZ DE GUÍA
    Y de repente,allí, contra el desgarro
    turbio del lubricán, entre chumberas,
    por los negros calveros
    remotos del canchal, asoma
    ya la cruz.

    ¿De quién son esas voces
    tan agrias, la salmodia triste,
    destemplada, sin lumbre,
    que el ventarrón,a ráfagas,
    deshilacha hasta el grito?

    ¿De qué valle de lágrimas?
    ¿De qué región sin pastos peregrinan
    al huerto de qué miel? ¿Qué estrella guía
    su ciega trashumancia?

    Acudid al asombro.
    Bajan al mundo a tientas
    y en la espina lo buscan del rosal.
    Dios se da en el castigo, ellos lo saben,
    más que en el dulce goce de sus dones.

    CROCE PER GUIDA
    E all'improvviso, laggiù, contro lo strazio
    torbido del vespro, tra fichi d'india,
    tra le nere radure
    remote della pietraia, appare
    già la croce.

    Di chi sono quelle voci
    così stridule, la mesta salmodia,
    aspra, senza calore,
    che a raffiche, la burrasca,
    persino il grido sfilaccia?

    Da quale valle di lacrime?
    Da quale regione senza pascoli peregrinano
    verso l'orto di quale miele? Quale stella guida
    la loro cieca transumanza?

    Accorrete allo stupore.
    Scendono al mondo a tentoni
    e nella spina lo cercano dal rosaio.
    Dio si dà nel castigo, essi lo sanno,
    più che nel dolce piacere dei suoi doni.

    ROSA DEL LABERINTO
    En mitad de las sombras
    hay una rosa blanca en la que está
    cifrado el laberinto.

    Bajas al atrio aquel de los denarios,
    donde los publicanos,
    y te encuentras de pronto en el museo
    de los telegrafistas
    en el que dos clarisas ensartan con su aguja
    las minúsculas muertas de los abecedarios.

    Las monjas te señalan la puerta de salida
    y al abrirla te das
    con los desolladeros de Estrasburgo
    donde matan un buey para Mitrídates.

    Escapas entonces del horror
    por el ojo del buey que descuartizan
    y vienes a parar a la oficina
    de patentes de Roma en que registran
    un candado de hielo,
    las palabras de los agonizantes,
    la corambre del mártir san Anilio.

    Y el mártir te señala con el dedo
    el portón que da al Tíber, pero da
    a una alcoba de Praga
    donde un hombre de negro que aborrece sus élitros
    se suicida con un insecticida.

    Y al verlo desesperas y vuelves a intentarlo
    porque sabes que en mitad de las sombras
    hay una rosa blanca en la que está
    cifrado el laberinto y quien la corta
    regresará al origen
    deshojando sus pétalos, escalones arriba,
    hasta dar con el cáliz algún día,
    esa copa sagrada de las revelaciones.

    ROSA DEL LABIRINTO
    In mezzo alle ombre
    c'è una rosa bianca in cui è
    cifrato il labirinto.

    Scendi nell'atrio quello dei denari,
    là dove i pubblicani,
    e ti ritrovi all'improvviso nel museo
    dei telegrafisti
    dove due clarisse infilzano con l'ago
    le lettere minuscole morte degli abbecedari.

    Le monache ti segnalano la porta d'uscita
    e all'aprirla t'imbatti
    con i mattatoi di Strasburgo
    dove uccidono un bue per Mitridate.

    Scappi dunque dall'orrore
    attraverso l'occhio del bue che squartano
    e vai a parare all'ufficio
    di brevetti di Roma dove registrano
    un lucchetto di ghiaccio,
    le parole degli agonizzanti,
    la pelle del martire sant'Anilio.

    E il martire ti segnala col dito
    il portone che si affaccia sul Tevere, ma dà
    su un'alcova di Praga
    dove un uomo in nero che aborrisce le sue elitre
    si suicida con un insetticida.

    E vedendolo ti disperi e riprovi di nuovo
    perché sai che in mezzo alle ombre
    c'è una rosa bianca in cui è
    cifrato il labirinto e chi la taglia
    ritornerà all'origine
    strappandone i petali, scaloni in alto,
    fino a raggiungere un giorno il calice,
    quella coppa sacra delle rivelazioni.

    ESE RÍO
    Por Torales, mi pueblo,
    pasa un río sin nombre que crece con nombrarlo.
    Un río de sonidos, un caudal de rumores
    que está hecho de voces lavanderas
    y lejanos balidos y remotos aullidos
    y del grito terrible de los niños ahogados.

    Basta contar un cuento para que crezca el río.

    A veces, es tan alta la crecida
    que en las ermitas hubo que dejar de rezar
    y estuvieron prohibidos los pregones,
    las canciones de amor y hasta las nanas.

    El río de mi pueblo no tuvo nunca nombre.
    En cuanto se lo ponen,
    él lo arrastra al olvido, ese otro mar.

    QUEL FIUME
    Per Torales, il mio paese,
    passa un fiume senza nome che cresce al nominarlo.
    Un fiume di suoni, un flusso di rumori
    che è fatto di voci lavandaie
    e lontani belati e remoti ululati
    e il terribile grido dei bambini affogati.

    Basta raccontare una storia perché cresca il fiume.

    A volte, è così alta la portata
    che negli eremi si dovette smettere di pregare
    e furono proibite le invocazioni,
    le canzoni d'amore e persino le nenie.

    Il fiume del mio paese non ha mai avuto un nome.
    Appena glielo danno,
    esso lo trascina nell'oblio, quell'altro mare.

    VACA SOLA
    Hay una vaca enorme aquí en mi sueño
    que pasta entre las tumbas.
    Una vaca que ignora el himno de los mártires,
    el ciclo de las témporas
    y que apedrean los deudos cuando acuden
    con su hebra de luto y sus flores de plástico.
    Sobre su piel dibuja el mundo
    los negros continentes, los océanos blancos.
    Y ella ignora su peso, la deuda de los días,
    el signo que el destino ha escrito en su testuz
    y que sólo los hombres logran interpretar.

    Su mugido es oscuro, como el turbio
    acecho de la ira, la cuerna del hondero.
    Y convoca en agosto las tormentas de azufre,
    los tábanos de fuego que pregonan
    el lubricán del juicio, ese arrecife último
    de las generaciones.

    Ella ignora la promesa de Dios,
    pero se deja, mansa,
    ordeñar por el ángel de la desolación
    mientras camina lenta,
    arrastrando sus ubres, el hilo de su leche
    sobre las matas verdes de ortiga y achicoria,
    sobre las tumbas negras que aguardan todavía
    el vano despertar, el alba de la carne.
    N.B.: La vaca es una metáfora de España

    VACCA SOLA
    C'è un'enorme vacca qui nel mio sogno
    che pascola tra le tombe.
    Una vacca che ignora l'inno dei martiri,
    il ciclo delle tempora
    e che i congiunti quando arrivano lapidano
    con il loro filo di lutto e i loro fiori di plastica.

    Sulla sua pelle disegna il mondo
    i continenti neri, gli oceani bianchi.
    Ed essa ignora il suo peso, il debito dei giorni,
    il segno che il destino ha scritto sulla sua fronte
    e che solo gli uomini possono interpretare.

    Il suo muggito è scuro, come la torbida
    minaccia della rabbia, il corno del fromboliere.
    E convoca in agosto le tempeste di zolfo,
    i tafani di fuoco che proclamano
    il tramonto del giudizio, quello scoglio ultimo
    delle generazioni.

    Essa ignora la promessa di Dio
    ma, mite, si lascia
    mungere dall'angelo della desolazione
    mentre cammina lentamente,
    trascinando le sue mammelle, il filo del suo latte
    sui cespugli verdi di ortica e cicoria,
    sulle tombe nere che attendono ancora
    il vano risveglio, l'alba della carne.

    MIRLO COTIDIANO
    Para Rosalía, huésped de su jardín.

    Ajeno a las preguntas
    y a las revelaciones,
    el cielo tuyo y mío
    será el mismo del mirlo que escuchamos
    cantar cada mañana.

    Dame tu mano. Cierra
    bien los ojos al mundo y abandónate
    a la sabia lección
    de su fragilidad, al breve
    azar con que sortea los instantes
    que aún están por llegar
    y, sin embargo, adelanta su pico.
    Escucha como burla los sentidos
    con sólo celebrarlos.

    Y canta y se sostiene
    -mirlo divino, tímpano del día-
    eterno en su ignorancia.

    MERLO COTIDIANO
    Per Rosalia, ospite del suo giardino

    Estraneo alle domande
    e alle rivelazioni,
    il cielo tuo e mio
    sarà lo stesso del merlo che sentiamo
    cantare ogni mattina.

    Dammi la tua mano. Chiudi
    bene gli occhi al mondo e abbandonati
    alla saggia lezione
    della sua fragilità, al breve
    azzardo con cui elude gli istanti
    che ancora devono arrivare
    eppure, anticipa il becco.
    Ascolta come burla i sensi
    semplicemente celebrandoli.

    E canta e si sostiene
    -mirlo divino, timpano del giorno-
    eterno nella sua ignoranza.

    OSCURO ARCÁNGEL
    Ya no temo al diablo. Temo más
    -mucho más que a su horror de cuando niño-
    a su terrible ausencia, esa certeza
    de que sólo esté Dios y que no tenga
    para vivir más que virtud y cielo,
    sin comezón ni sal,
    sin el veneno tan ebrio de la carne.

    Jamás temí al arcángel del pecado.
    Tampoco a su belleza. Temo, sí,
    que me pase de largo por la vida
    y ni me tiente apenas, ni me mire,
    o que vaya a mirarme con piedad.

    ¡Oh, ven, Luzbel, a mí! Bórrame el sueño
    maldito de lo eterno y hazme sólo
    mortal entre las bestias. Tú, que has visto
    de cerca a Dios y renunciaste al Cielo
    por la lujuria de la sangre, bésame
    y que sea tu boca quien delate
    mi nombre a los esbirros de la Muerte.

    ARCANGELO OSCURO
    Non temo più il diavolo ormai. Temo di più
    -molto di più del suo orrore di quando ero bambino-
    la sua terribile assenza, quella certezza
    che ci sia solo questo Dio e di non avere
    per vivere altro che virtù e cielo,
    senza corrosione né sale,
    senza il veleno così ebbro della carne.

    Non ho mai temuto l'arcangelo del peccato.
    Nemmeno la sua bellezza. Temo, sì,
    che oltrepassi la mia vita
    e non mi tenti quasi, e nemmeno mi guardi,
    o che possa guardarmi con pietà.

    Oh vieni, Luzbel, da me! Cancella il mio sogno
    maledetto dell'eterno e rendimi soltanto
    mortale tra le bestie. Tu, che hai visto
    da vicino Dio e hai rinunciato al Cielo
    per la lussuria del sangue, baciami
    e che sia la tua bocca a tradire
    il mio nome agli sbirri della Morte.

    MARTIRIO DE SAN ICASIO
    Más allá de las viñas, donde Corambo deja
    su condición feraz para dar paso al yermo
    ruin de la Mandrágora, Icasio,el santo, ayuna
    disputándole el sitio al cuervo y al lagarto.
    Turbio de soledad, al mundo tan ajeno
    que apenas me conoce siendo su soberano.

    –Dime quién eres, dame –me inquiere con su dedo–
    tu nombre de una vez para que pueda amarte
    con mi voz, como aman a Dios sus criaturas.

    –No te daré mi nombre. Soy tu try, eso basta.
    Dios, si te ha dado el suyo, fue sólo porque vive
    de la misericordia de aquellos que lo invocan.
    Yo no tengo otra cosa que palabras. Corambo
    es mi obra. Yo vivo tan sólo de nombrar
    mientras, mudo, tu Dios aguarda que lo nombres.

    –¿Y cómo siendo tú tan soberbio no admites
    que te llame, si el nombre ha sido la raíz
    de ese vicio tan viejo con el que te coronas?

    –Ni la piedad consiendo ni la humildad tampoco.
    Que sepas bien, Icasio, que la palabra sólo
    se debe a la victoria y que yo nunca doy
    la mía porque nadie pueda así someterme.

    –¿Es Dios por eso acaso un hombre sometido?

    –Dios nunca se entregó. Dios vive de no estar
    donde lo buscan todos, repartido, innombrable
    de tan añicos, huésped siempre mudo en su himno
    que lo celebra y hace latir en vano el débil
    corazón de los fieles con su misericordia.
    Yo no diré mi nombre jamás a mi enemigo.
    Yo no quiero que un ángel rebelde me traicione
    y arrebate mi luz. Debes saber tan sólo
    las sílabas precisas de mi reino, Corambo.
    Repíyelas, Icasio, y habitarás su lumbre.

    –De ninguna manera. Yo no me debo a otro
    reino que el de Dios Padre y no espero otro amparo
    que aquel de su infinita piedad tan redentora.

    –Él no te nombrará. Él nunca te nombró
    como yo ahora te nombro, Icasio, para darte
    consistencia de vida, razón a tu impostura.
    Vivirás mientras digas y, a cambio, no tendrás
    que invocarme. He sellado mi nombre para siempre.
    He mandado también derribarles los templos
    a los desheredados para no darle así
    ocasión a esa indigna virtud de la piedad.
    Vivirás mientras digas. La palabra es el reino.

    –Dios está más allá de las palabras, vive
    de su ausencia y nos habla callando al corazón.

    –Desprecias la palabra, Icasio, porque es ella
    quien castiga la amarga soledad de este yermo.
    Tu renuncia del mundo no es más que la impotencia
    de tu odio por él. Sin embargo, tú sabes
    que sólo la palabra le da forma a la vida
    y de no ser por ella ni siquiera ese Dios
    sustantivo que amas se tendría se tendría en su esencia.
    Te arrojaré de ti si reniegas del nombre
    del que vives, herencia única en que te tienes.
    Eres porque te llamo y a mi sometimiento
    debes tú la gozosa sucesión de tus días.
    Te arrojaré de ti, te vaciaré del nombre
    que tanto te contuvo para darte a la nada.
    Un verso te concedo, un verso sólo, Icasio,
    para que te arrepientas y vuelvas sobre ti.
    Si no, será la nada terrible del papel
    en blanco quien acabe con la que fue tu vida.

    –No le temo a nada. Mátame ya de ausencia.

    –Tú lo quisiste, Icasio. Este último verso
    será el filo que rompa la vena tan oscura
    de tu caligrafía. Al fin y al cabo tú
    –¡oh pasión de la voz, edad de mi escritura!–
    no fuiste más que otra palabra del poema.

    MARTIRIO DI SAN ICASIO
    Al di là delle vigne, dove Corambo lascia
    la sua fertile condizione per far posto al deserto
    spregevole della Mandragora, Icasio, il santo, digiuna
    rivendicando il posto del corvo e della lucertola.
    Torbido di solitudine, il mondo tanto alienato
    che a malapena mi conosce essendo io il suo sovrano.

    –Dimmi chi sei, dammi –mi intima col suo dito–
    il tuo nome in definitiva affinché possa amarti
    con la mia voce, così come amano Dio le sue creature.

    –Non ti darò il mio nome. Sono il tuo re, ciò basta.
    Dio, se ti ha dato il suo, è stato solo perché vive
    della misericordia di chi lo invoca.
    Io non ho altro che parole. Corambo
    è la mia opera. Io vivo solo per nominare
    mentre, muto, il tuo Dio attende che tu lo nomini.

    –E come mai essendo tu così superbo non ammetti
    che ti chiami, se il nome è stato la radice
    di quel vizio tanto vecchio con cui ti incoroni?

    –La pietà non acconsento, né l'umiltà nemmeno.
    Sappi bene, Icasio, che la parola solo
    si deve alla vittoria e che io non do mai
    la mia affinché nessuno possa sottomettermi.

    - È forse per questo Dio un uomo sottomesso?

    –Dio non ha mai ceduto. Dio vive del non essere
    dove lo cercano tutti, distribuito, innominabile
    perché di tanti pezzi, ospite sempre silenzioso nel suo inno
    che lo celebra e fa palpitare in vano il debole
    cuore dei fedeli con la sua misericordia.
    Io non dirò mai il mio nome al mio nemico.
    Non voglio che un angelo ribelle mi tradisca
    e mi strappi la luce. Deve solo conoscere
    le sillabe precise del mio regno, Corambo.
    Ripetile, Icasio, e abiterai la sua luce.

    -In nessun modo. Io non mi lego ad altro
    regno che quello di Dio Padre e non aspetto altra protezione
    che quella della sua infinita pietà così redentrice.

    –Egli non ti nominerà. Egli non ti ha mai nominato
    come ora io ti nomino, Icasio, per darti
    consistenza di vita, ragione alla tua impostura.
    Vivrai finché dirai e, in cambio, non dovrai
    invocarmi. Ho sigillato il mio nome per sempre.
    Ho anche ordinato di distruggere i templi
    ai diseredati per così non offrire
    occasione a quella indegna virtù della pietà.
    Vivrai finché dirai. La parola è il regno.
    –Dio è al di là delle parole, vive
    della sua assenza e ci parla tacitando il cuore.

    –Disprezzi la parola, Icasio, perché è lei
    che punisce l'amara solitudine di questo deserto.
    La tua rinuncia al mondo non è altro che l'impotenza
    del tuo odio per esso. Tuttavia, tu sai
    che solo la parola dà forma alla vita
    e se non fosse per lei nemmeno quel Dio
    sostantivo che ami lo si avrebbe nella sua essenza.
    Ti espellerò da te se rinneghi il nome
    di cui vivi, eredità unica in cui ti reggi.
    Sei perché ti chiamo e alla mia sottomissione
    devi la gioiosa successione dei tuoi giorni.
    Ti espellerò da te, ti svuoterò dal nome
    che ti ha contenuto tanto per offrirti al nulla.
    Ti concedo un verso, un verso solo, Icasio,
    affinché tu ti penta e torni a te stesso.
    Altrimenti, sarà il terribile nulla del foglio
    in bianco che finirà con quella che fu la tua vita.

    -Non temo il nulla. Uccidimi già d'assenza.

    –Lo hai voluto tu, Icasio. Quest'ultimo verso
    sarà il filo che spezzerà la tanto oscura vena
    della tua calligrafia. In fin dei conti tu
    –Oh passione della voce, età della mia scrittura! -
    non sei stata che un'altra parola della poesia.
    Detalles para el lector:
    Corambo es el nombre inicial, la sucesión de los nombres, que va creando y abriendo el lugar del poema, ese ámbito privilegiado en el que vive el espíritu creativo en toda su plenitud y su libertad. Épica de la palabra creadora, de los asedios a los que se ve sometida y de absoluta necesidad para la conciencia humana en cualquier tiempo.
    Dettagli per il lettore:
    Corambo è il nome iniziale, la successione dei nomi, che crea e apre il luogo della poesia, quell'ambito privilegiato in cui vive lo spirito creativo in tutta la sua pienezza e libertà. Epica della parola creatrice, degli assedi a cui questa è sottoposta , e di assoluta necessità per la coscienza umana in ogni tempo.

    FURTIVA
    Como la nieve cae
    furtiva en la alta noche y va pisando
    descalza los baldíos
    sin que apenas las sombras
    sospechen la costumbre
    de su mansa blancura,
    así también tu mano,
    fría bajo las sábanas,
    busca mi cuerpo tibio y lo acaricia
    sin que la Muerte sepa
    la virtud de su acto, su certeza,
    el copo con que alivia
    mi oscuro desamparo.

    FURTIVA
    Così come cade la neve
    furtiva nella notte alta e scalza
    va calpestando la desolazione
    senza che quasi le ombre
    sospettino la consuetudine
    del suo mansueto candore,
    così anche la tua mano
    fredda sotto le lenzuola,
    cerca il mio corpo tiepido e lo accarezza
    senza che la Morte conosca
    la virtù del suo tatto, la sua certezza,
    il fiocco con cui lenisce
    il mio oscuro avvilimento.

    SAN TACIO Y LAS HORMIGAS
    Las hormigas recaudan
    para las catedrales
    pequeños cristalitos,
    almíbar de libélulas
    y arena de Salónica
    para los arbotantes.

    Las beatas maldicen
    su migaja de luto.

    Y las hormigas buscan
    ocultas cerraduras
    para sacar la herrumbre,
    el musgo del diablo,
    los corazones secos
    de las viejas polillas.

    San Tacio les predica
    un cielo de alacenas
    donde una mártir corta
    su pechito de azúcar
    venial para ellas.

    SAN TAZIO E LE FORMICHE
    Le formiche raccolgono
    per le cattedrali
    piccoli cristalli,
    sciroppo di libellula
    e sabbia di Salonicco
    per gli archi rampanti.

    Le beate maledicono
    la loro briciola di lutto.

    E le formiche cercano
    occulte serrature
    per togliere la ruggine,
    il muschio del diavolo,
    i cuori secchi
    delle vecchie tarme.
    San Tazio predica loro
    un cielo di credenze
    dove una martire taglia
    il loro piccolo petto di zucchero
    veniale per esse.

  • MARIA ANGELES
    PEREZ LOPEZ
    POESIE D'UNITA'
    E DI DIVERSITA'

    data: 28/07/2021 20:17

    Il corpo come canale di comunicazione con il mondo e con con lo spirito. E’ la via scelta da María Ángeles Pérez López (Valladolid, Spagna, 1967), poetessa e professoressa titolare di Letteratura Ispanoamericana all’Università di Salamanca. Le sue poesie, scrive Antonio Colinas, “sono, allo stesso tempo, unità e diversità, il cammino di chi crea che sa condurci ad altre strade. Unità nella diversità. Questo è il raro equilibrio della poesia: stare tra la realtà, e la realtà che trascende, tra il sentire (molto sensibile a volte) e il pensare (che è grave o che ferisce molto)”. Juan Carlos Mestre ha parlato di “fecondazione etica della poesia di fronte agli incidenti del pensiero rassegnato e alla banalità degli atti di forza [...] la parola che trafigge contorni e acuisce il disordine argomentativo dei significati, le nude maniere del parlare, introducendoci in meditazioni significative, nell'avvenire delle orme che vanno in direzione della conoscenza e delle risonanze dualistiche del mondo creati dalla parola”. Infine, per Jose Maria Balcells, “si potrebbe dire che uno dei vettori della scrittura di María Ángeles Pérez López potrebbe essere inteso come una poetica della donna in mezzo alle cose, che si immerge all'interno di esse. Tra le diverse questioni affrontate dalla poetessa di Valladolid, vorrei evidenziare una tra le più rappresentative, quella della scrittura del corpo, del corpo della donna, come se quella scrittura a volte germogliasse da quello stesso corpo”.

    IGUAL QUE UN CHOPO ENFERMO
    Igual que un chopo enfermo, la mujer
    pierde trozos de piel y de corteza,
    tapa con antibióticos su herida
    y se pregunta cómo sobrevive
    a esta pasión que quema lo que toca,
    este zumo de ortigas, esta ausencia
    que abrasa los pezones, la pelusa
    de la orejita mansa y proverbial
    que se incendió en el fuego de querer
    al hombre que no está, su olvidación
    como una herida larga e inexorable.

    Sobre el cuerpo abrasado, sobre el árbol
    que el hombre penetró con su cuchillo
    para grabarle letras inconclusas
    y dejar un silencio sin ventanas
    en que se estrellan rotas las alondras,
    la mujer se enfurece, se resiste,
    llora madera blanda, podredumbre
    de harina cercenada y sin tamiz.
    ¿Qué importan las palabras con que él hizo
    que creciera el deseo, la chopera?
    No hay nada que contarle al corazón
    si se quebraron pájaros y ramas,
    si su ausencia volvió toxicidad
    la descomposición de la madera,
    una nube de zinc irrespirable
    como un hongo que crece en la corriente.

    Igual que un chopo enfermo, la mujer
    pinta en su herida el nombre, se obsesiona,
    inventa maldiciones, se desgana,
    lamenta su atadura, su raíz
    y pierde la corteza y sus ahíncos.
    La pudrición del árbol sobre el cuerpo
    es una forma amarga del amor.

    COME UN PIOPPO INFERMO
    Come un pioppo infermo, la donna
    perde brandelli di pelle e di corteccia,
    copre con antibiotici la sua ferita
    e si chiede come sopravviva
    a questa passione che brucia ciò che tocca,
    questo succo di ortiche, quest'assenza
    che infiamma i capezzoli, la peluria
    del piccolo orecchio mite e proverbiale
    che si è incendiato nel fuoco di volere
    l'uomo che non c'è, il suo oblio
    come una ferita lunga e inesorabile.

    Sul corpo scottato, sull'albero
    che l'uomo ha penetrato col suo coltello
    per incidervi lettere inconcluse
    e lasciare un silenzio senza finestre
    su cui, rotte, si schiantano le allodole,
    la donna s'infuria, resiste,
    piange legno tenero, putredine
    di farina assottigliata e senza setaccio.
    Cosa importano le parole con cui egli fece
    crescere il desiderio, il pioppeto?
    Non c'è nulla da raccontare al cuore
    se uccelli e rami sono stati spezzati,
    se la sua assenza modificò in tossicità
    la decomposizione del legno,
    una nuvola di zinco irrespirabile
    come un fungo che cresce nella corrente.

    Come un pioppo infermo, la donna
    dipinge il nome sulla sua ferita, si ossessiona,
    inventa maledizioni, si stanca,
    lamenta il suo legame, la sua radice
    e perde la corteccia e le sue energie.
    Putredine dell'albero sul corpo
    è una forma amara dell'amore.

    ---
    HASTA EL POEMA LLEGAN, COMO ISLOTES
    Hasta el poema llegan, como islotes
    de óxido y de plancton celular,
    los restos silenciosos del naufragio
    en que quedan los barcos y los hombres
    tras el amor intenso, el oleaje
    que levanta su proa y la sumerge
    al fondo de la mar y sus caballos.
    Las caracolas guardan su rumor,
    la lentitud sombría en que los peces
    desnudos se acomodan a morir
    y vuelven cristalina su belleza
    de fósil, su armadura transparente,
    su vertical caída hasta el silencio
    en que el fondo del mar guarda la espuma
    que levantó el deseo y las mareas.
    En su abisal distancia deslenguada,
    amor y mar comparten varias letras
    y la raíz mojada por la sal
    empapa cada signo tras su empeño
    por la coloración y el frenesí.
    La boca humedecida, la entretela
    del cuerpo y sus humores ablandados,
    las veintisiete letras rezumadas
    por la líquida masa del amor
    después se vuelven piedra quebradiza,
    astilla y fósil blanco en su rescoldo,
    su agalla enrojecida en el vivir.

    GIUNGONO FINO ALLA POESIA, COME ISOLOTTI
    Giungono fino alla poesia, come isolotti
    di ossido e di plancton cellulare,
    i silenziosi resti del naufragio
    dove rimangono le navi e gli uomini
    dopo l'amore intenso, l'ondata
    che alza la prua e la sommerge
    in fondo al mare e ai suoi cavalli.
    Le conchiglie custodiscono il suo rumore,
    l'oscura lentezza con cui i pesci
    nudi si dispongono a morire
    e rendono cristallina la loro bellezza
    di fossile, la loro armatura trasparente,
    la loro caduta verticale fino al silenzio
    dove il fondo del mare conserva la schiuma
    che ha innalzato il desiderio e le maree.
    Nella loro spudorata distanza abissale,
    amore e mare condividono diverse lettere
    e la radice bagnata dal sale
    imbeve ogni segno alla luce dello sforzo
    della colorazione e della frenesia.
    La bocca inumidita, l'involucro
    del corpo e dei suoi umori addolciti,
    le ventisette lettere che trasudano
    dalla liquida massa dell'amore
    diventano poi fragile pietra,
    scheggia e fossile bianco nelle sue braci,
    le sue branchie arrossate nel vivere.

    ---
    SOBRE SU PECHO MUERTO, LA MUJER
    Sobre su pecho muerto, la mujer
    pinta una gran ventana para el aire.
    El corazón, en su áspera alegría,
    asoma al sur su sala octogonal
    por el hueco del seno que extirparon
    la enfermedad, la mano, el bisturí.
    Sobre su pecho muerto, la mujer
    raspa cualquier recuerdo doloroso
    y colorea el soplo y el zumbido
    del arrebato rojo de quedarse.
    El hospital se borra en su blancura,
    esa sala de espera es no lugar,
    la habitación sin lágrimas ni olivos
    es también no lugar, los lavatorios
    y ascensores que nunca se detienen,
    el pasillo alargado como el miedo
    de biopsia en biopsia es no lugar.
    La madre le cosió dos senos tibios
    con hilo destrenzado del cordón
    que la anudaba al tiempo y sus asomos.
    Ahora un médico serio, preocupado
    descose uno de ellos, lo retira
    en silencio, y la extensa cicatriz
    que corre por el tórax como el frío
    abrasa los paisajes de la tundra.
    Pero sobre su pecho, la mujer
    sombrea un árbol negro, transversal
    por la ira de perderse en el otoño.
    También nubes y niños anhelantes
    en su transpiración y su ajetreo
    para mojar la tarde y las palabras.
    El viento que entra en tromba la despeina
    y su risa es un pájaro veloz.

    SUL SUO PETTO MORTO, LA DONNA
    Sul suo petto morto, la donna
    dipinge una grande finestra per l'aria.
    Il cuore, nella sua aspra allegria,
    tende a sud la sua stanza ottagonale
    attraverso l'incavo del seno che la malattia,
    la mano, il bisturi hanno estirpato.
    Sul suo seno morto, la donna
    raschia qualsiasi ricordo doloroso
    e colora il soffio e il ronzio
    dall'impulso rosso di restare.
    L'ospedale svanisce nel suo biancore,
    quella sala d'attesa è un non luogo,
    la stanza senza lacrime né ulivi
    è anch'essa un non luogo, lavaggi
    e ascensori che non si fermano mai,
    il corridoio allungato come la paura
    da biopsia in biopsia è un non luogo.
    La madre le ha cucito due tiepidi seni
    con filo districato del cordone
    che la legava al tempo e alle sue rivelazioni.
    Ora un medico serio, preoccupato
    ne scuce uno, lo rimuove
    in silenzio, e l'ampia cicatrice
    che corre lungo il torace come il freddo
    brucia i paesaggi della tundra.
    Ma sul suo petto, la donna
    ombreggia un albero nero, attraversato
    dalla rabbia di perdersi nell'autunno.
    Anche nuvole e bambini anelanti
    nella loro traspirazione e tumulto
    per bagnare la sera e le parole.
    Il vento che entra impetuoso la scompiglia
    e la sua risata è un uccello veloce.

    ---
    CUANDO ESTOY ANTE LA HOJA DE PAPEL
    Cuando estoy ante la hoja de papel
    y pienso que la tinta la fecunda,
    la ensucia felizmente con su esperma
    oscuro y rumoroso como el agua,
    me siento tan inútil e incapaz
    mirando la fiereza del amor
    de otros versos escritos desde antes
    que apenas malamente si me sirven;
    tan solo es que conozco la teoría
    de una parte del libro que alimento
    pero a partir de ahí el camino está
    sin marcas ni cercado ni balido,
    la soledad es mía y solo mía,
    las letras más oscuras las anoto
    con el aire que expulsan mis pulmones
    y es mía la silbante desazón
    con que pronuncio sitios y personas
    si ya crecí y no puedo sostenerme
    y estoy mirando sola el alfabeto
    para ver cómo horada sobre el aire,
    sobre el cuerpo del tiempo en el que soy,
    estelas o señales demoradas.
    Por eso mi mirada no es ingenua
    o solo en ese resto de primaria
    y soleada picazón de la alegría,
    porque gané y me hice poseedora
    de la zona de sombra incuestionable
    con que las cosas miran a la muerte.
    También de la torpeza con que miran
    el sol y su calor en primavera
    si llegan los manzanos a traer
    el corcho del sabor ya restallado
    como un licor ardiendo en el empeño
    inútil e insensato de construir,
    de armar un edificio de cristal
    para atrapar la sombra de ceniza,
    rescoldo que dejamos en el aire.

    QUANDO SONO DAVANTI AL FOGLIO DI CARTA
    Quando sono davanti al foglio di carta
    e penso che l'inchiostro lo fecondi,
    lo sporchi felicemente col suo sperma
    scuro e rumoroso come l'acqua,
    mi sento così inutile e incapace
    guardando la fierezza dell'amore
    di altri versi scritti prima
    che con difficoltà appena mi servono;
    conosco soltanto la teoria
    di una parte del libro che alimento
    ma a partire da lì il cammino è
    senza segni né recinzione né belato,
    la solitudine è mia e solo mia,
    le lettere più scure le annoto
    con l'aria che i miei polmoni espellono
    ed è mia la stridula inquietudine
    con cui pronuncio luoghi e persone
    se sono già cresciuta e non posso sostenermi
    e sto guardando da sola l'alfabeto
    per vedere come perfora nell'aria,
    nel corpo del tempo nel quale sono,
    scie o segnali ritardati.
    Per questo il mio sguardo non è ingenuo
    o soltanto in quel resto di primario
    e soleggiato prurito di gioia,
    perché ho vinto e ho conquistato il possesso
    dell'indiscutibile zona d'ombra
    con cui le cose guardano la morte.
    Anche della goffaggine con cui guardano
    il sole e il suo calore in primavera
    se i meli giungono a portare
    il tappo del sapore già sprigionato
    come un liquore che arde nello sforzo
    inutile e insensato di costruire,
    di modellare un edificio di cristallo
    per catturare l'ombra di cenere,
    braci che lasciamo nell'aria.

    ---
    SUPONGO QUE CRECER DEBE SER ALGO DE ESTO
    Supongo que crecer debe ser algo de esto.

    Supongo que ha de ser el largo aprendizaje
    de mirar cada cosa tantas veces
    como para cubrir su superficie
    de rutina
    o costumbre
    que sabe de antemano el gesto, ese ritual
    del ojo, de la boca
    en su risa inicial, en la lejana.

    Supongo que ha de ser el largo aprendizaje
    de mirar desde atrás, desde debajo
    para dejar así manoseada
    la cosa que miramos, la persona,
    traspasada, capturada por el ojo
    que se aburre y se espanta, y no revive
    la fuerza insoportable de la herida,
    tijera,
    afilada tijera
    contra el cordón umbilical,
    la que establece nuestra propia autonomía
    celular, sentimental, respiratoria,
    nuestra capacidad estrictamente personal
    para el desastre,
    el estallido
    o la deflagración.

    La que me nombra dueña de mi baúl de sombras,
    de mis aperos, mi lápiz
    despuntado,
    del uno que quiere copular y sumarse
    pero se queda en sí y mira desde dentro
    la determinación de la materia.

    SUPPONGO CHE CRESCERE DEBBA ESSERE QUALCOSA DEL GENERE
    Suppongo che crescere debba essere qualcosa del genere.
    Suppongo che debba essere il lungo apprendimento
    di guardare ogni cosa tante volte
    come a voler coprire la sua superficie
    di quotidiano
    o di abitudine
    che il gesto sa in anticipo, quel rituale
    dell'occhio, della bocca
    nella sua risata iniziale, in quella lontana.

    Suppongo che debba essere il lungo apprendimento
    di guardare da dietro, da sotto
    per lasciare così palpeggiata
    la cosa che guardiamo, la persona,
    trafitta, catturata dall'occhio
    che si annoia e si spaventa e non rivive
    la forza insopportabile della ferita,
    forbice,
    affilata forbice
    contro il cordone ombelicale,
    quella che stabilisce la nostra propria autonomia
    cellulare, sentimentale, respiratoria,
    la nostra capacità strettamente personale
    per il disastro,
    lo scoppio
    o la deflagrazione.

    Quella che mi nomina padrona del mio baule di ombre,
    dei miei utensili, la mia matita
    spuntata,
    dell'uno che vuole copulare e sommarsi
    ma rimane in sé e guarda da dentro
    la determinazione della materia.

    ---
    CUANDO SALE EL ALIENTO DESBOCADO
    no
    las palabras
    no hacen el amor
    hacen la ausencia
    si digo agua ¿beberé?
    si digo pan ¿comeré?
    Alejandra Pizarnik

    Cuando sale el aliento desbocado,
    febril o presuroso en su caliente
    nube de aire que viaja y que regresa
    a mojar de rocío las ventanas,
    cada palabra es manto y alboroto,
    una forma insensata de querernos.
    Cada palabra trae su corazón,
    su almendra aprisionada por la lengua.
    Si digo pan tal vez no me alimente,
    el trigo guarda avaro su tesoro
    y no sube la masa a acometer
    el cielo de la boca, el paladar,
    la amarilla planicie del verano
    en que hombres y gorriones se desgastan.
    Pero si digo agua, viene a mares,
    trae su grito feliz hasta la puerta,
    arrasa la matriz de la memoria
    y sube hasta el recuerdo enrojecido.
    Cuando yo digo agua, no estoy diciendo pan
    sino comienzo,
    y viene desde lejos con su escarcha,
    su fiebre y su esplendor, su poderosa
    boca para llevarse los terrores.

    Si digo agua, inunda el dormitorio,
    escala las rodillas y su miedo,
    trae légamo y las piedras de las ruinas
    de tantos paraísos fracasados.
    Arranca la raíz que nos recibe,
    nos devuelve hasta el gesto primigenio
    de mirar sorprendidos la belleza,
    nos atraviesa y llena con su semen,
    fermenta en nuestro día en pan candeal,
    hogaza acariciada por el tiempo.

    QUANDO IL RESPIRO VIEN FUORI SREGOLATO

    no
    le parole
    non fanno l'amore
    fanno l'assenza
    se dico acqua, berrei?
    se dico pane, mangerei?
    Alejandra Pizarnik

    Quando il respiro vien fuori sregolato
    febbrile o frettoloso nella sua calda
    nuvola d'aria che viaggia e che ritorna
    a bagnare le finestre di rugiada,
    ogni parola è mantello e tumulto,
    un'insensata maniera di amarci.
    Ogni parola porta il suo cuore,
    la sua mandorla imprigionata dalla lingua.
    Se dico pane, forse non mi nutro,
    il grano custodisce avidamente il suo tesoro
    e la massa non lievita ad invadere
    il cielo della bocca, il palato,
    la gialla estensione dell'estate
    in cui uomini e passeri si logorano.
    Ma se dico acqua, arriva una marea,
    porta il suo grido felice fino alla porta,
    demolisce la matrice della memoria
    e sale fino al ricordo acceso.
    Quando dico acqua, non dico pane
    bensì inizio,
    e viene da lontano con la sua brina,
    la sua febbre e il suo splendore, la sua bocca
    poderosa per portare via i terrori.
    Se dico acqua, inonda la stanza,
    scala le ginocchia e la sua paura,
    porta melma e sassi dalle rovine
    di tanti paradisi falliti.
    Strappa la radice che ci accoglie,
    ci rende perfino il gesto primigenio
    di guardare sorpresi la bellezza,
    ci penetra e ci riempie col suo seme,
    fa fermentare il nostro giorno in pane tenero,
    nutrimento accarezzato dal tempo.

    ---
    LA AUSENTE
    Me declaro la ausente,
    la que deja su cuerpo en cualquier sitio
    como quien se abandona con cansancio
    y parece mirar cada grano de arena
    que cae pesadamente mientras mide
    la ruidosa llegada del futuro,
    pero en verdad escucha los quejidos
    que los otros esparcen en el viento
    como los sembradores de cizaña,
    el modo en que la savia recorre como sangre
    el cuerpo vegetal de las encinas
    cada vez más rojizas contra el sol,
    ese temblor apenas perceptible
    con que los saltamontes se estremecen
    en el salto encharcado por el hambre
    o la deflagración que hace estallar al hombre
    y lo lanza con rabia contra el suelo
    para el festín de lágrimas y pájaros
    en el territorio llamado país.
    Me declaro la ajena,
    la que apoya sus brazos y sus hombros
    contra un trozo infinito de pared
    mientras tropieza lenta en cada signo
    y busca ser visible-no visible,
    infame paradoja en la que estar
    peleando por mi trozo de dolor,
    mi pan envejecido de repente,
    pan ácimo y amargo en su alimento
    pero tan necesario como el día
    y el tiempo en el que gira el corazón.

    L'ASSENTE
    Mi dichiaro l'assente,
    colei che lascia il suo corpo ovunque
    come chi si abbandona con stanchezza
    e sembra che guardi ogni granello di sabbia
    cadere pesantemente mentre misura
    la rumorosa venuta del futuro,
    ma in realtà ascolta i gemiti
    che gli altri disperdono nel vento
    come seminatori di zizzania,
    il modo in cui la linfa percorre come il sangue
    il corpo vegetale delle querce
    sempre più rosseggianti contro il sole,
    quella scossa appena percettibile
    con cui le cavallette si agitano
    nel salto insudiciato dalla fame
    o la deflagrazione che fa esplodere l'uomo
    e lo lancia con rabbia a terra
    per il banchetto di lacrime e di uccelli
    nel territorio chiamato paese.
    Mi dichiaro aliena,
    colei che appoggia le sue braccia e le sue spalle
    contro uno scampolo infinito di parete
    mentre inciampa lentamente in ogni segno
    e cerca di essere visibile-non visibile,
    infame paradosso in cui trovarsi
    a litigare per la mia porzione di dolore,
    il mio pane invecchiato all'improvviso,
    pane azzimo e amaro nel suo alimento
    ma tanto necessario come il giorno
    e il tempo in cui gira il cuore.

    ---
    DE PRONTO
    De pronto una palabra nos asalta,
    se nos queda rondando impertinente,
    se sienta en el ombligo de la lengua
    y borra la memoria de las otras.
    Si es la palabra agravio, se nos queda instalada
    en el mueble central del paladar,
    y las siete minúsculas letras que la forman
    derrochan la profunda dimensión del sonido,
    consumen todo el aire indispensable
    para decir completo el alfabeto,
    para hacer una lista de las enciclopedias,
    para nombrar de forma infinita el amor.
    Y esos siete silbidos del vocablo
    me siguen como perros en las horas
    en que el rencor amuebla mis rincones
    y atrae a su cortejo la palabra desastre,
    la palabra fracaso, o bien la floración
    pero solo si viene junto a su rotura
    como el caso acaecido del verde vegetal
    de un geranio caído contra el suelo,
    más fuera ya de sí que de nosotros,
    a punto de la savia enternecida
    por lágrimas que son como de escarcha.

    El tronco vegetal del alfabeto,
    el de la vida rota algunas veces
    nombra entonces la misma desazón.

    ALL'IMPROVVISO
    All'improvviso una parola ci assale,
    ci ronza con impertinenza,
    si siede sull'ombelico della lingua
    e cancella la memoria delle altre.
    Se la parola è agravio, diventa un tarlo
    nel mobile centrale del palato,
    e le sette minuscole lettere che la formano
    sprecano la dimensione profonda del suono,
    consumano tutta l'aria indispensabile
    per dire l'alfabeto completo,
    per fare un elenco delle enciclopedie,
    per nominare in modo infinito l'amore.
    E quei sette sibili del vocabolo
    mi seguono come cani nelle ore
    in cui il rancore arreda le mie estremità
    e attira le sue attenzioni la parola disastro,
    la parola fallimento, oppure la germinazione
    ma solo se giunge insieme alla sua rottura
    come è avvenuto nel caso del verde vegetale
    di un geranio caduto a terra,
    già più fuori da sé che da noi,
    sul divenire della linfa intenerita
    da lacrime che sono come di brina.

    Il tronco vegetale dell'alfabeto,
    quello della vita spezzata a volte
    nomina dunque la stessa sofferenza.

    ---
    CAEN
    Caen las hojas con un fragor indescriptible
    escucho cómo tiemblan contra el suelo
    golpean las aceras
    salpican entre el barro de las calles

    escucho cómo conspiran en las ramas
    su estrategia de caída sus modos disciplinados de caer
    pueden rozar el agua y suspirarla
    pero se imponen nuevos métodos
    hermanas compañeras hijas del mismo aire que respiro

    escucho el ruido de los nervios exaltados
    excitación ante el combate
    las consignas reclamos ¡¡oh modos tan exactos de caer!!
    mirada de arcángeles soberbios
    el gesto de un ángel turbador
    desnuda su belleza
    y rescatada

    CADONO
    Cadono le foglie con un fragore indescrivibile
    sento come tremano contro il suolo
    urtano i marciapiedi
    schizzano nel fango delle strade

    sento come cospirano tra i rami
    la loro strategia di caduta i loro modi disciplinati di cadere
    possono sfiorare l'acqua e sospirarla
    ma s'impongono nuovi metodi
    sorelle compagne figlie della stessa aria che respiro

    sento il rumore di nervi esaltati
    eccitazione dinanzi al combattimento
    le parole d'ordine di richiamo, oh modi così precisi di cadere!!
    sguardo di arcangeli superbi
    il gesto di un angelo minaccioso
    denuda la loro bellezza
    e le soccorre

    ---
    AL FONDO DEL VERANO
    Al fondo del verano hay un caballo.
    Relincha, se impacienta y acontece.
    Sube inquieto, es espuma de los días.
    Habla una lengua insólita que no predecimos.
    Una lengua de viento y de vocales
    que desestima el léxico del miedo:
    ni látigo ni espuela ni talones
    que chocan entre sí ruidosamente
    cuando repliega, herido, las orejas,
    el delicado modo de abrevar
    en el agua enlutada de la sombra.

    Al fondo del verano hay un caballo.
    Le contaron que es hijo de los dioses
    y las largas praderas azuladas
    pero no le interesa nuestra mitología.
    El oxígeno exhorta en su pulmón
    el lenguaje veloz de lo invisible.
    Lo que él tampoco alcanza a conocer.
    Baja de las estatuas de los héroes
    y franquea el verano y las tormentas
    en su resuello eléctrico y salvaje.
    Se sacude los nombres que le dimos:
    ni tótem ni Pegaso ni abolengo.

    Al fondo de ti, siempre hay un caballo.
    Vocaliza palabras inauditas,
    caligramas sonoros de la luz
    que saltan de sus belfos y no mueren.
    También tú, que te aferras a su cuello
    y abrazas su dolor y su estatura
    cuando alguien lo apalee con crudeza,
    ruegas los caligramas de la luz.
    Temblando te levantas y aconteces.

    IN FONDO ALL'ESTATE
    In fondo all'estate c'è un cavallo.
    Nitrisce, si spazientisce e si rivela.
    Sale inquieto, è schiuma dei giorni.
    Parla una lingua insolita che non prediciamo.
    Una lingua di vento e di vocali
    che respinge il lessico della paura:
    né frusta né sperone né talloni
    scontrandosi l'un l'altro fragorosamente
    quando piega, ferito, le orecchie,
    il delicato modo di bere
    nell'acqua luttuosa dell'ombra.

    In fondo all'estate c'è un cavallo.
    Gli hanno raccontato che è il figlio degli dei
    e delle lunghe praterie azzurre
    ma non è interessato alla nostra mitologia.
    L'ossigeno esorta nel tuo polmone
    il linguaggio veloce di ciò che è invisibile.
    Ciò che nemmeno lui riesce a conoscere.
    Scende dalle statue degli eroi
    e varca l'estate e le tempeste
    nel suo respiro elettrico e selvaggio.
    Si scrolla i nomi che gli abbiamo dato:
    né totem né Pegaso né lignaggio.

    In fondo a te c'è sempre un cavallo.
    Vocalizza parole inaudite,
    calligrammi sonori della luce
    che saltano dal suo muso e non muoiono.
    Anche tu, che ti afferri al suo collo
    e abbracci il suo dolore e la sua statura
    quando qualcuno lo colpisca con crudezza,
    preghi i calligrammi della luce.
    Tremando ti alzi e ti riveli.

     

  • LA POTENZA VISIONARIA
    DI JOSE' MARIA JURADO

    data: 28/06/2021 19:45

    José María Jurado (Siviglia, 1974) è un ingegnere di telecomunicazioni, scrittore e poeta spagnolo. "Niente a che vedere con il culturalismo di cartapesta, quello che si riduce a mero ornamento o a fare da scenario", specifica Santos Domínguez Ramos, grande critico letterario e poeta anch'egli. "Con lui la cultura è in primo piano, fatta propria come realtà esistenziale, trasformata in vita, in esercizio di scrittura o in contemplazione dell'arte e della bellezza. Ascolta la musica, guarda il dipinto, suggeriva Hemingway con una semplicità che va bene per un narratore o per un giornalista. Ma il poeta deve andare oltre, fino ad ascoltare la pittura o vedere la musica. Fino a vivere in Emily Dickinson, leggere Budapest, parlare per Schubert o ascoltare Zurbarán. Senza quella capacità sinestetica, senza quella potenza visionaria, senza quel dono delle rivelazioni che JMJ ha ripetutamente e ammirevolmente corroborato, ogni poeta sarebbe un poeta minore e dimenticabile".

    SOBRE LA ODA A UNA URNA GRIEGA DE JOHN KEATS
    Este vaso no existe,
    ningún ánfora o crátera podría
    guardar tanta belleza sin quebrarse.

    Es en vano indagar en los mármoles de Elgin
    o estudiar asombrado la cerámica
    de Las antigüedades de Hamilton,
    la arqueología no registra
    estas escenas y paisajes
    en una sola pieza.

    Ni la ciudad remota junto al puerto
    con adelfas floridas que desciende
    hacia el vinoso mar y las naves de Homero,
    ni los jóvenes ágiles que juegan
    en los valles de Arcadia con doncellas,
    semejantes a dioses.
    Ninguna hidra escanciará este vino
    de pasión y de música silente,
    ninguna libación ni ceniza sagrada
    acogerán sus frágiles contornos
    vedados a los ojos de los hombres.

    II
    Apenas hay en Roma, donde yaces,
    un boceto del «Vaso de Sosibios»
    trazado por tu mano hecha de agua;
    inútil es buscar en sus figuras
    la presencia inmortal que profetizas.

    ¿Cuántas veces había leído yo tu oda
    atento solo a su final glorioso,
    «beauty is truth, truth beauty»,
    que había sido ajeno a su sentido?

    Tú cantabas la urna de tu alma,
    pues los dioses te habían escogido
    para servirse el néctar de tu copa.

    «Llorad por Adonais», dijo un poeta,
    que vio retroceder al tiempo,
    para ser fulminado por las furias
    en el oscuro mar impenetrable.

    ¿Por qué? ¿Por qué llorar si permaneces
    eternamente joven
    en tu carro de fuego junto al sol?

    Tu cuerpo era una urna fragilísima,
    ningún ánfora o crátera podría
    guardar tanta belleza sin quebrarse.


    ODE SU UN'URNA GRECA DI JOHN KEATS
    Questo vaso non esiste,
    nessun'anfora o cratere potrebbe
    contenere tanta bellezza senza rompersi.

    È vano indagare sui marmi di Elgin
    o studiare con stupore la ceramica
    di Le Antichità di Hamilton,
    l'archeologia non registra
    queste scene e paesaggi
    in un solo pezzo.

    Nemmeno la città remota vicino al porto
    con oleandri fioriti che discende
    verso il vinoso mare e le navi di Omero,
    né gli agili giovani che giocano
    nelle valli dell'Arcadia con donzelle,
    somiglianti a degli dei.

    Nessuna idra verserà questo vino
    di passione e di musica silente,
    nessuna libagione né cenere sacra
    accoglierà i suoi fragili contorni
    vietati agli occhi degli uomini.

    II
    A stento c'è a Roma, dove giaci,
    un bozzetto del «Vaso di Sosibios»
    tracciato dalla tua mano fatta di acqua;
    inutile è cercare nelle sue figure
    l'immortale presenza che profetizzi.

    Quante volte avevo letto la tua ode
    attento soltanto al suo finale glorioso,
    «beauty is truth, truth beauty»,
    tanto da essere estraneo al suo senso?

    Tu cantavi l'urna della tua anima,
    poiché gli dei ti avevano scelto
    per servirsi il nettare dall tuo calice.

    «Piangete per Adonais», disse un poeta,
    che ha visto retrocedere il tempo,
    per essere fulminato dalle furie
    nell'oscuro mare impenetrabile.

    Perché? Perché piangere se rimani
    eternamente giovane
    nel tuo carro di fuoco vicino al sole?

    Il tuo corpo era un'urna fragilissima,
    nessun'anfora o cratere potrebbe
    contenere tanta bellezza senza rompersi.

    ---
    TRAFALGAR
    Con Santos y Rosalía
    Aquel día hubo bruma, pero hoy yo puedo verlos
    gravitar sobre el agua como cuerpos celestes,
    como lentos castillos de maderas y nubes.

    Ante el hondo estruendo de dos siglos de pólvora
    enmudecen las aguas y los barcos emergen,
    espectrales y fríos, de la niebla y el sueño.

    En los acantilados truenan las andanadas
    y una larga humareda de salitre y azufre
    acompaña el viraje de estos monstruos marinos.

    De pie frente a la Historia miro pasar los buques
    las escuadras de cuerdas y violines podridos
    atacando un scherzo de madrépora y sangre.

    (Los muertos sin orilla arriban siempre a la playa
    con las cuencas vaciadas por gaviotas insomnes
    y un sudario de algas que espanta a los bañistas.)

    Se alejan las fragatas por el cabo del tiempo
    y otra vez vuelve el mar y otra vez vuelve el mar,
    en vano interrogarse por la gloria o la patria.

    Pero que cada hombre cumpla con su deber.*

    TRAFALGAR
    Quel giorno ci fu foschia, ma oggi io posso vederli
    gravitare sull'acqua come corpi celesti,
    come lenti castelli di legno e di nuvole.

    Dinanzi al frastuono di due secoli di polvere
    le acque tacciono e le navi emergono,
    spettrali e fredde, dalla nebbia e dal sogno.

    Sulle scogliere tuonano i colpi di cannone
    e una lunga nuvola di fumo di salnitro e zolfo
    accompagna la virata di questi mostri marini.

    In piedi di fronte alla Storia guardo passare le navi
    i quadrati di corde e dei violini marci
    attaccando uno scherzo di madrepora e sangue.

    (I morti senza riva arrivano sempre sulla spiaggia
    con le orbite svuotate da gabbiani insonni
    e un sudario di alghe che spaventa i bagnanti.)

    Si allontanando le fregate nel corso del tempo
    e di nuovo torna il mare e di nuovo torna il mare,
    invano interrogarsi sulla gloria o sulla patria.

    Ma che ogni uomo compia il suo dovere.*

    * England expects that every man will do his duty (Nelson)

    ---
    VOCES DEL VERANO
    Es la vida la hermana del dolor
    que a nuestro lado fluye como un río,
    todo emerge de ahí y en su corriente,
    en sus hondos remansos y en sus barrancos profundos,
    encuentra su sentido, su muerte y transfiguración.

    Pero ahora es verano,
    sobre los muros encalados crecen
    la sombra y la verdad, como crece la muerte
    en las sábanas blancas perfumadas de espliego.

    Abandonad los cuartos amarillos
    hacia la noche abierta colmada de deseo.

    Bajo el cielo estrellado del gran verano cósmico
    contemplad los abismos,
    escuchad el crujido de la rueda del tiempo,
    la rotación de las constelaciones
    que anuncian el cristal de la nueva conciencia.

    Antes de que regresen las auroras de otoño
    y retorne la angustia a los desfiladeros.

    VOCI DELL'ESTATE
    E' la vita la sorella del dolore
    che accanto a noi scorre come un fiume,
    tutto emerge da lì e nella sua corrente,
    nei suoi fondi ristagni e nei suoi profondi precipizi,
    trova il suo senso, la sua morte e trasfigurazione.

    Ma ora è estate,
    sui muri imbiancati crescono
    l'ombra e la verità, come cresce la morte
    sulle bianche lenzuola profumate di lavanda.

    Abbandonate le stanze gialle
    verso la notte aperta colma di desiderio.

    Sotto il cielo stellato della grande estate cosmica
    contemplate gli abissi,
    ascoltate lo scricchiolio della ruota del tempo,
    il movimento delle costellazioni
    che annunciano il cristallo della nuova coscienza.

    Prima che tornino le aurore d'autunno
    e ritorni l'angoscia nei ristretti passaggi.

    ---

    MAGNOLIA
    Para Santos y Rosalía
    en su jardín de rosas amarillas
    Hoy he cortado una magnolia triste.

    La miro envejecer, como envejece el oro,
    contemplo mansamente la belleza que expira
    y cifro mi destino en su destino.

    ¿Abrevarán en mí los raudos colibríes?

    ¿Las doradas abejas de la muerte?

    MAGNOLIA
    Oggi ho tagliato una magnolia triste.

    La guardo invecchiare, come invecchia l'oro,
    contemplo placidamente la bellezza che spira
    e cifro il mio destino nel suo destino.

    Si disseteranno in me gli svelti colibrì?

    Le api d'oro della morte?

    ---
    COMO PINTADAS POR TIÉPOLO
    Sobre un fondo de antenas y tejados
    una tarde de otoño tras la lluvia
    vimos pasar las aves migratorias
    y un claro gris y unas fugaces nubes
    como pintadas por Tiépolo.


    No pensé en la República de Oro
    en infinitos canales que gobierna la muerte,
    donde el claro salitre los azules desvae
    de la Scuola dei Carmini.

    Tampoco en el palacio Irreal de Madrid:
    la fiera apoteosis de la corona enferma
    que naufraga en las aguas abisales y altivas
    de los dioses y héroes.

    Solo pensé en el cielo,
    en las nubes rosadas y al mismo tiempo grises,
    en la bóveda azul tan frágil y tan plácida
    viajando lentamente hacia la noche
    que ya pintaba Rembrandt.

    COME DIPINTE DA TIEPOLO
    Su uno sfondo di antenne e tetti
    una sera d'autunno dopo la pioggia
    abbiamo visto passare gli uccelli migratori
    e un grigio chiaro e delle fugaci nuvole
    come dipinte da Tiepolo.

    Non ho pensato alla Repubblica d'Oro
    in infiniti canali che la morte governa,
    dove la chiara salsedine sbiadisce gli azzurri
    della Scuola dei Carmini.

    Neanche nel palazzo Irreale di Madrid:
    la fiera apoteosi della Corona malata
    che naufraga nelle acque abissali e altezzose
    degli dei e degli eroi.

    Ho solo pensato nel cielo,
    nelle nuvole rosa e al medesimo tempo grigie,
    nella volta azzurra così fragile e così placida
    viaggiando lentamente verso la notte
    che Rembrandt stava già dipingendo.

    ---
    MAÑANA DE PASCUA
    (Caspar David Friedrich)
    Las mujeres, calladas, contemplan el camino
    que se pierde en el páramo espectral y brumoso.

    Esqueleto del alma, los árboles desnudos,
    como dos urnas negras enmarcan el paisaje.

    Y aunque las ramas tienen algunos brotes tiernos
    no pueden impedir la profusión de espinas.

    Bajo la luz dudosa del recuerdo de un sueño
    se esfuman a lo lejos ciertas sombras extrañas.

    Todo es simple y solemne como el astro radiante
    que enciende en el espacio una pálida hoguera.

    Por su altura en el cielo debe de ser la luna,
    parece, sin embargo, un sol recién nacido.

    Pero no canta el gallo y aún dormitan las bestias.
    ¿Amanece? ¿anochece? algo está sucediendo.

    La muerte esta mañana es débil e imprecisa.
    El frío está pintado de forma minuciosa.

    MATTINO DI PASQUA
    Le donne, in silenzio, contemplano il cammino
    che si perde nel paramo spettrale e brumoso.

    Scheletro dell'anima, gli alberi spogli,
    come due urne nere incorniciano il paesaggio.

    E anche se i rami hanno alcuni teneri germogli
    non possono impedire la profusione di spine.

    Nella dubbia luce del ricordo di un sogno
    svaniscono in lontananza certe strane ombre.

    Tutto è semplice e solenne come il radioso astro
    che accende nello spazio un pallido fuoco.

    Dalla sua altezza nel cielo deve essere la luna,
    sembra, tuttavia, un sole appena nato.

    Ma il gallo non canta e le bestie ancora dormicchiano.
    Albeggia? Fa notte? Qualcosa sta succedendo.

    La morte questa mattina è debole e imprecisa.
    Il freddo è dipinto in forma minuziosa.

    ---
    ENTRE DOS FOTOGRAFÍAS
    José María Jurado Prieto in memoriam
    Aquel almendro en flor ya lo sabía
    y quiso bendecirte con sus rosas,
    nadie debe morir en primavera.

    Ahora tú eres ceniza y yo una sombra
    que persigue tu luz en los retratos
    bajo la ausencia en sepia del recuerdo:

    nunca hubiera podido levantarte
    con el amora con el que tú me alzabas
    en el verano del setenta y cuatro.

    Son sagrados los restos de la vida
    y aunque nada hay de ti en esta urna,
    pues gozas de la gloria de los justos.

    yo la levanto al sol y digo padre,
    padre mío que estás en los cielos
    ahora y en la hora de mi muerte.

    TRA DUE FOTOGRAFIE
    Quel mandorlo in fiore lo sapeva già
    e ha voluto benedirti con le sue rose,
    nessuno dovrebbe morire in primavera.

    Ora tu sei cenere e io un'ombra
    che rincorre la tua luce nei ritratti
    sotto l'assenza in seppia del ricordo:

    Non avrei mai potuto sollevarti
    con l'amore con cui tu mi sollevavi
    nell'estate del settantaquattro.

    Sono sacri i resti della vita
    e sebbene non ci sia nulla di te in quest'urna,
    godi della gloria dei giusti tuttavia,

    la sollevo al sole e dico padre,
    padre mio che sei nei cieli
    ora e nell'ora della mia morte.

    ---
    LUNA LLENA EN PLAZA NAVONA
    Bajo la sombra grave de la noche
    y decrépitas calles que oficiaban
    un tributo macabro a la belleza,
    llegamos a la plaza y a la luna
    como quien llega al mar, aquí, la muerte.

    En esta elipse orbita
    la perfección del barroco.

    Sobre el antiguo estadio de Domiciano
    los palacios y fuentes se suceden,
    se suceden los pórticos, las cúpulas,
    y la Iglesia Triunfante glorifica
    la sangre de los mártires.

    No hay muchos escenarios así sobre la tierra,
    pero si apartas el telón verás los huesos
    apilados tras siglos de dolor.

    Aún rugen en las gradas las masas poseídas
    por una sed de sangre no saciada
    y entre aquellas hogueras la pureza
    subía hacia los cielos como un cántico.

    Mirad la luna llena,
    hecha del mismo mármol que los siglos
    alumbrando los ojos de los muertos,
    viene a pasar revista a sus legiones.

    ¿Por qué estamos aquí?

    LUNA PIENA IN PIAZZA NAVONA
    Sotto la grave ombra della notte
    e decrepite strade che officiavano
    un tributo macabro alla bellezza,
    siamo arrivati alla piazza e alla luna
    come chi giunge al mare, qui, la morte.

    In questa ellisse orbita
    la perfezione del barocco.

    Sopra l'antico stadio di Domiziano
    i palazzi e le fontane si susseguono,
    si susseguono i portici, le cupole,
    e la Chiesa trionfante glorifica
    il sangue dei martiri.

    Non ci sono molti scenari siffatti sulla terra,
    ma se sposti il sipario vedrai le ossa
    ammassate da secoli di dolore.

    Ancora ruggiscono sui gradini le masse possedute
    da una sete di sangue non saziata
    e tra quei roghi la purezza
    saliva in cielo come un cantico.

    Guardate la luna piena
    fatta con lo stesso marmo dei secoli
    illuminando gli occhi dei morti,
    viene a esercitare il controllo sulle sue legioni.

    Perché siamo qui?

    ---
    ÁGUILAS, 14
    [Sevilla]
    «So many, I had not thought death had undone so many»*
    T.S. Eliot, La tierra baldía
    Llueve sobre la casa de mi madre.
    El agua descuartiza las paredes.
    De pie, bajo la lluvia, ante el umbral contemplo
    cómo pasan las sombras,
    cómo pasan las sombras de las sombras,
    a través de los siglos y los siglos.

    Este solar,
    que alguna vez fue huerta, cuadra,
    horno de pan, taller de alfarería,
    vio desfilar las águilas de Roma
    y ya llevaba mil años habitado.
    Desde aquel remotísimo fenicio
    que atravesó la niebla y los pantanos
    y cobijó sus sueños tras un muro
    en el siglo, ¿cuál?, antes del tiempo.

    En su recinto
    hubo alegría y duelo;
    en primavera, flores y, en el invierno, lumbre.
    Engendrados y muertos en la casa
    se sucedieron hombres y mujeres
    bajo los alminares y los galeones
    como las hojas de los árboles.

    Acaso pudo dar refugio
    a un soldado de Urbina
    o alojar a una escuadra de dragones franceses,
    y escuchó –esto es seguro-
    Las radiadas arengas de Queipo de Llano
    («y nadie se atrevía a asomarse a las ventanas»).

    Sentados a la mesa cuatro niños
    atienden a sus juegos.
    Mi madre borda y canta,
    junto al balcón su padre lee
    y una luz cereal ilumina la estancia.
    Es una tarde clara de verano.
    La última.

    Pasajeros terrestres de la casa.

    ÁGUILAS, 14
    [Sevilla]
    «So many, I had not thought death had undone so many»*
    T.S. Eliot, La tierra baldía

    Piove sulla casa di mia madre.
    L'acqua distrugge le pareti.
    In piedi sotto la pioggia, dinanzi alla soglia contemplo
    come passano le ombre,
    come passano le ombre delle ombre,
    attraverso i secoli e i secoli.

    Questa abitazione,
    che una volta fu frutteto, borgo,
    forno per il pane, laboratorio di ceramica,
    ha visto sfilare le aquile di Roma
    ed era abitata già da mille anni.
    Da quel remotissimo fenicio
    che attraversò la nebbia e le paludi
    e protesse i suoi sogni dietro un muro
    nel secolo, quale?, prima del tempo.

    Nel suo recinto
    vi fu allegria e lutto;
    in primavera, fiori e, in inverno, fuoco.
    Generati e morti in casa
    si sono succeduti uomini e donne
    sotto i minareti e i galeoni
    come le foglie degli alberi.

    Forse poté dare rifugio
    a un soldato di Urbina
    o alloggiare un'unità di draghi francesi,
    e sentì -questo è certo-
    le arringhe via radio di Queipo de Llano
    ("e nessuno osava affacciarsi alle finestre").

    Seduti a tavola quattro bambini
    si occupano dei loro giochi.
    Mia madre ricama e canta,
    accanto al balcone suo padre legge
    e una luce di cereale illumina la stanza.
    È un luminoso pomeriggio d'estate.
    L'ultimo.

    Passeggeri terrestri della casa.

    *«Tantos, nunca creí que la muerte hubiera deshecho a tantos»

    «Mai avrei creduto che morte, tanta ne avesse disfatta»

    N.B.: Águilas, 14 è una strada di Siviglia

    ---
    DREAM A LITTLE DREAM OF ME

    No conozco la flor del sicomoro,
    pero he vivido muchos años
    en el país azul de la tristeza,
    allí aprendí a escuchar el canto de los pájaros.

    No sé soñar despierto, solo sé soñar;
    para que tú las cobijes he arrojado a tu sueño
    un puñado de estrellas irisadas.

    Si alguna vez despertamos brillarán a lo lejos
    como en una bahía o una vieja canción.

    DREAM A LITTLE DREAM OF ME
    Non conosco il fiore del sicomoro,
    ma ho vissuto molti anni
    nel paese blu della tristezza,
    lì ho imparato il canto degli uccelli.

    Non so sognare ad occhi aperti, so solo sognare;
    affinché tu le protegga ho scagliato nel tuo sogno
    una manciata di stelle iridescenti.

    Se mai ci sveglieremo brilleranno lontano
    come in una baia o in una vecchia canzone.


     

  • CUENCA, IL GRAN POETA
    CHE FONDE CULTURA E VITA
    E ARMONIZZA GLI OPPOSTI

    data: 22/06/2021 13:28

    Luis Alberto de Cuenca (Madrid, 29 dicembre 1950) è un ellenista spagnolo, filologo, poeta, traduttore, saggista, editorialista, critico ed editore letterario. È membro a pieno titolo dell'Accademia Reale di Storia, membro dell'Accademia di Belle Lettere di Granada, membro del Consiglio Reale di Fondazione del Museo del Prado e membro della giuria per il Premio Principessa delle Asturie per la Letteratura. Santos Domínguez Ramos, prestigioso critico letterario spagnolo, definisce la poesia di Cuenca come "una voce lirica plurale che coniuga tradizione e modernità non solo nel campo espressivo, ma anche nel repertorio tematico, aprendo canali di comunicazione tra cultura classica e di massa, tra il mondo greco-latino e universo pop, tra l'epopea medioevale e il comico, tra cinema e letteratura. Una delle chiavi fondamentali dell'opera di Luis Alberto de Cuenca è la capacità di assumere nel suo sguardo un mondo bifronte e di trasmetterlo nella sua poesia in un ammirevole esercizio di integrazione. È una poetica che completa, che armonizza gli opposti e fonde cultura e vita, distanza ironica e passione sentimentale, comunicazione e conoscenza, linguaggio letterario e linguaggio quotidiano, malessere e celebrazione. Tali elementi eterogenei contribuiscono a generare una poesia figurativa che ha i suoi riferimenti tematici in materie come l'amore, la memoria o l'amicizia, la sua cornice spaziale negli ambienti urbani e i suoi modelli formali nella narratività, nell'iperrealismo e nella linea chiara. Ogni poesia ha una vocazione narrativa che potrebbe essere il seme di una storia in cui realtà e desiderio, memoria e presente, linguaggio colloquiale e allusioni colte, vita e arte, esperienza e letteratura danno le chiavi di lettura a una poetica della fusione che rende compatibili, nella voce del poeta, la disinvoltura mondana e la classicità."

    COLLIGE, VIRGO, ROSAS
    Niña, arranca las rosas, no esperes a mañana.
    Córtalas a destajo, desaforadamente,
    sin pararte a pensar si son malas o buenas.
    Que no quede ni una. Púlete los rosales
    que encuentres a tu paso y deja las espinas
    para tus compañeras de colegio. Disfruta
    de la luz y del oro mientras puedas y rinde
    tu belleza a ese dios rechoncho y melancólico
    que va por los jardines instilando veneno.
    Goza labios y lengua, machácate de gusto
    con quien se deje y no permitas que el otoño
    te pille con la piel reseca y sin un hombre
    (por lo menos) comiéndote las hechuras del alma.
    Y que la negra muerte te quite lo bailado.

    COLLIGE, VIRGO, ROSAS
    Fanciulla, strappa le rose, non aspettare domani.
    Tagliale a brandelli, forsennatamente,
    senza fermarti a pensare se sono buone o guaste.
    Che non ne resti nemmeno una. Distruggi i rosai
    che troverai sul tuo cammino e lascia le spine
    per i tuoi compagni di scuola. Godi
    della luce dell'oro finché puoi e rendi
    la tua bellezza a quel dio paffuto e malinconico
    che va per i giardini instillando veleno.
    Godi di labbra e lingua, frantumati di piacere
    con chi lo concede e non permettere che l'autunno
    ti colga con la pelle inaridita e senza un uomo
    (almeno) divorandoti i lineamenti dell'anima.
    E che la nera morte ti sottragga di quanto ti ha deliziato.


    ---
    POLITICAL INCORRECTNESS

    para Alicia
    Sé buena, dime cosas incorrectas
    desde el punto de vista político. Un ejemplo:
    que eres rubia. Otro ejemplo: que Occidente
    no te parece un monstruo de barbarie
    dedicado a la sórdida tarea
    de cargarse el planeta. Otro: que el multi-
    culturalismo es un nuevo fascismo,
    solo que más hortera, o que disfrutas
    pegando a un pedagogo o a un psicólogo,
    o que el Mediterráneo te horroriza.
    Dime cosas que lleven a la hoguera
    directamente, dime atrocidades
    que cuestionen verdades absolutas
    como: «No creo en la igualdad». O dime
    cosas terribles como que me quieres
    a pesar de que no soy de tu sexo,
    que me quieres del todo, con locura,
    para siempre, como querían antes
    las hembras de la Tierra.

    POLITICAL INCORRECTNESS
    Sii buona, dimmi cose scorrette
    dal punto di vista politico. Un esempio:
    che sei bionda. Un altro esempio: che l'Occidente
    non ti sembra un mostro di barbarie
    dedito al sordido compito
    di distruggere il pianeta. Un altro: che il multi-
    culturalismo è un nuovo fascismo,
    soltanto più grossolano, o che ti diverti
    nel picchiare un pedagogo o uno psicologo,
    o che il Mediterraneo ti fa orrore.
    Dimmi cose che portino direttamente
    alle fiamme, dimmi atrocità
    che contestino verità assolute
    come: "Non credo nell'uguaglianza". O dimmi
    cose terribili come che mi ami
    anche se non sono del tuo sesso,
    che mi ami completamente, alla follia,
    per sempre, come amavano prima
    le femmine della Terra.

    ---
    VARIACIÓN SOBRE UN TEMA DE MIMNERMO
    Fuera de los regalos que dispensa Afrodita,
    lejos de los placeres de la carne, ¿qué queda
    que pueda resultar medianamente grato,
    cuando lo principal nos dejó para siempre?
    No es solo fealdad lo que trae la vejez,
    sino también ruindad. De viejos, contemplamos
    el mundo con rencor. Nos parece imposible
    que haya acabado todo tan pronto, y se nos frunce
    el ceño, y comenzamos a detestar palabras
    como ‘joven’, ‘frescor’, ‘lozanía’, ‘verano’,
    y nos hacemos turbios, con posos permanentes
    en el alma, envidiosos de cuanto nos rodea.
    Esos cuerpos triunfantes, esas miradas limpias
    e ingenuas, esos pechos erguidos, esos muslos
    compactos continúan tentando nuestra carne
    fofa, inútil, añosa. Siguen soliviantándonos
    como antes. Pero antes no éramos invisibles
    para ellos, y ahora somos apenas sombras
    que salen a su paso, regiones devastadas
    por la edad, repulsivas reliquias de otro tiempo.

    VARIAZIONE SU UN TEMA DI MIMNERMO
    Oltre ai doni che dispensa Afrodite,
    lontano dai piaceri della carne, cosa resta
    che possa risultare moderatamente piacevole,
    quando la cosa principale ci ha lasciato per sempre?
    Non è solo bruttezza ciò che porta la vecchiaia,
    ma anche meschinità. Da vecchi, contempliamo
    il mondo con rancore. Ci sembra impossibile
    che tutto sia finito così presto, e aggrottiamo
    le sopracciglia, e cominciato a detestare parole
    come "giovane", "freschezza", "floridezza", "estate",
    e diventiamo torbidi, con accumuli permanenti
    nell'anima, invidiosi di quanto ci circonda.
    Quei corpi trionfanti, quegli sguardi puliti
    e ingenui, quei seni eretti, quelle cosce
    compatte continuano a tentare la nostra carne
    flaccida, inutile, annosa. Continuano ad istigarci
    come prima. Ma prima non eravamo invisibili
    per essi, e ora siamo a malapena ombre
    che escono sulla loro scia, regioni devastate
    dall'età, ripugnanti reliquie d'altri tempi.

    ---
    ABRE TODAS LAS PUERTAS
    Abre todas las puertas: la que conduce al oro,
    la que lleva al poder, la que esconde el misterio
    del amor, la que oculta el secreto insondable
    de la felicidad, la que te da la vida
    para siempre en el gozo de una visión sublime.
    Abre todas las puertas sin mostrarte curioso
    ni prestar importancia a las manchas de sangre
    que salpican los muros de las habitaciones
    prohibidas, ni a las joyas que revisten los techos,
    ni a los labios que buscan los tuyos en la sombra,
    ni a la palabra santa que acecha en los umbrales.
    Desesperadamente, civilizadamente,
    conteniendo la risa, secándote las lágrimas,
    en el borde del mundo, al final del camino,
    oyendo cómo silban las balas enemigas
    alrededor y cómo cantan los ruiseñores,
    no lo dudes, hermano: abre todas las puertas.
    Aunque nada haya dentro.

    APRI TUTTE LE PORTE
    Apri tutte le porte: quella che conduce all'oro,
    quella che porta al potere, quella che nasconde il mistero
    dell'amore, quella che occulta il segreto insondabile
    della felicità, quella che ti dà la vita
    per sempre nella gioia di una visione sublime.
    Apri tutte le porte senza mostrarti curioso
    senza prestare importanza alle macchie di sangue
    che schizzano i muri delle stanze
    proibite, nemmeno ai gioielli che rivestono i tetti,
    né alle labbra che cercano le tue nell'ombra,
    né alla parola santa che scruta nelle soglie.
    Disperatamente, civilmente,
    trattenendo il riso, asciugandoti le lacrime,
    sul bordo del mondo, alla fine della strada,
    sentendo come sibilano le pallottole nemiche
    intorno e come cantano gli usignoli,
    non dubitare, fratello: apri tutte le porte.
    Anche se non ci sia niente dentro.

    ---
    LA MALCASADA

    a Jon Juaristi

    Me dices que Juan Luis no te comprende,
    que sólo piensa en sus computadoras
    y que no te hace caso por las noches.
    Me dices que tus hijos no te sirven,
    que sólo dan problemas, que se aburren
    de todo y que estás harta de aguantarlos.
    Me dices que tus padres están viejos,
    que se han vuelto tacaños y egoístas
    y ya no eres su reina como antes.
    Me dices que has cumprido los cuarenta
    y que no es fácil empezar de nuevo,
    que los únicos hombres con que tratas
    son colegas de Juan en IBM
    y no te gustan los ejecutivos.
    Y yo, ¿qué es lo que pinto en esta historia?
    ¿Qué quieres que haga yo? ¿Que mate a alguien?
    ¿Que dé un golpe de estado libertario?
    Te quise como un loco. No lo niego.
    Pero eso fue hace mucho, cuando el mundo
    era una reluciente madrugada
    que no quisiste compartir conmigo.
    La nostalgia es un burdo pasatiempo.
    Vuelve a ser la que fuiste. Ve a un gimnasio,
    píntate más, alisa tus arrugas
    y ponte ropa sexy, no seas tonta,
    que a lo mejor Juan Luis vuelve a mimarte,
    y tus hijos se van a un campamento,
    y tus padres se mueren.

    LA MALMARITATA
    Mi dici che Juan Luis non ti comprende,
    che pensa solo ai suoi computer
    e che non ti presta attenzione nelle notti.
    Mi dici che i tuoi figli non ti servono,
    che danno solo problemi, che si annoiano
    di tutto e che sei stanca di sopportarli.
    Mi dici che i tuoi genitori sono vecchi,
    che sono diventati taccagni ed egoisti
    e tu non sei più la loro regina come prima.
    Mi dici che hai compiuto i quaranta
    e che non è facile ricominciare,
    che gli unici uomini con cui hai a che fare
    sono i colleghi di Juan all'IBM
    e non ti piacciono i dirigenti.
    E io, cos'è che dipingo in questa storia?
    Cosa vuoi che io faccia? Che uccida qualcuno?
    Che faccia un colpo di stato libertario?
    Ti ho amato come un pazzo. Non lo nego.
    Ma è stato molto tempo fa, quando il mondo
    era una luminosa alba
    che non hai voluto condividere con me.
    La nostalgia è uno spregevole passatempo.
    Torna ad essere quella che eri. Vai in palestra
    truccati di più, stira le rughe
    e mettiti vestiti sexy, non essere sciocca,
    che forse Juan Luis torna a vezzeggiarti,
    e i tuoi figli vadano in campeggio,
    e i tuoi genitori muoiano.

    ---
    PRONTO OLVIDARÁS TODO
    Pronto olvidarás todo.
    Pronto te olvidarán.
    Nuestra materia prima es el olvido.
    Dónde está aquel pasaje del Nibelungenlied,
    dónde aquella mirada de fuego inextinguible,
    dónde aquella visión de tu desnudo
    entre las sombras de la biblioteca,
    dónde aquellas palabras que resonaron, crueles,
    durante tantos años,
    en mi alma.
    Dónde están.
    Qué se hicieron.
    El bien y el mal, lo hermoso y lo terrible
    de tu ínfima existencia pasaron, de la misma
    manera que pasaron los imperios, las rosas,
    los tebeos del sábado,
    las lágrimas de miedo y de impotencia
    que traía la noche con su muerte diaria.

    Tu memoria está a punto de irse para siempre
    y de dejarte solo, sin recuerdos.

    Pronto olvidarás todo.
    Pronto te olvidarán.

    PRESTO DIMENTICHERAI TUTTO
    Presto dimenticherai tutto.
    Presto ti dimenticheranno.
    La nostra materia prima è l'oblio.
    Dov'è quel passaggio del Nibelungenlied,
    dove quello sguardo di fuoco inestinguibile,
    dove quella visione del tuo nudo
    tra le ombre della biblioteca,
    dove quelle parole che risuonarono, crudeli,
    per tanti anni,
    nella mia anima?
    Dove sono?
    Dove sono finite?
    Il bene il male, il bello e quanto terribile
    della tua infima esistenza è passato, nella stessa
    maniera in cui son passati gli imperi e le rose,
    i fumetti del sabato,
    le lacrime di paura e d'impotenza
    che la notte con la sua morte quotidiana portava.

    La tua memoria è sul punto di andarsene per sempre
    e di lasciarti da solo, senza ricordi.

    Presto dimenticherai tutto.
    Presto ti dimenticheranno.

    ---
    VERANO ETERNO
    Hay quien nos dice: «Amigos, esta historia
    ya no va a durar mucho. El invierno se acerca».
    Y le decimos: «Somos caballeros
    del verano. El invierno no llegará a alcanzarnos.
    Mientras el cuerpo aguante,
    cantaremos canciones para olvidar el frío.
    En las canciones es verano siempre».

    ESTATE ETERNA
    C'è chi ci dice: «Amici, questa storia
    non durerà molto. L'inverno si avvicina».
    E gli diciamo: «Siamo signori
    dell'estate. L'inverno non giungerà da noi.
    Finché il corpo resista,
    canteremo canzoni per dimenticare il freddo.
    Nelle canzoni è sempre estate».

    ---
    MEMORIA DE TUS OJOS AL DESPERTAR
    Quítame la guirnalda de tu risa
    de encima de la tumba, róbame
    el póstumo recuerdo de tus besos,
    entrégame a la noche del olvido
    total, que es finalmente lo que toca
    en esta coyuntura de la muerte,
    pero hay algo que nunca lograréis
    ni tú ni la tiniebla que me cubre,
    y es que me muera sin hacer memoria,
    aunque sea un segundo, de la cara
    que me ponías al abrir los ojos
    cada mañana, de esa cara llena
    de vida, de esos ojos iniciándose
    en la fiesta del mundo, en la alegría
    de existir, y que ahora, al otro lado
    del espejo, de alguna forma mágica,
    guían mis pasos en la oscuridad.

    MEMORIA DEI TUOI OCCHI AL RISVEGLIO
    Toglimi la ghirlanda della tua risata
    da sopra la tomba, rubami
    il postumo ricordo dei tuoi baci,
    consegnami alla notte dell'oblio
    totale, che è finalmente quel che tocca
    in questa congiuntura della morte,
    ma c'è qualcosa che mai otterrete
    né tu né la tenebra che mi copre,
    ed è che io muoia senza ricordare,
    anche fosse per un secondo, il viso
    che mi porgevi nell'aprire gli occhi
    ogni mattina, quel viso pieno
    di vita, quegli occhi iniziandosi
    nella festa del mondo, nella gioia
    di esistere, e che ora, dall'altra parte
    dello specchio, in qualche magica forma,
    guidano i miei passi nell'oscurità.

    ---
    JULIA
    Mientras haya ciudades, iglesias y mercados,
    y traidores, y leyes injustas, y banderas;
    mientras los ríos sigan vertiendo su basura
    en el mar y los vientos soplen en las montañas;
    mientras caiga la nieve y los pájaros vuelen,
    y el Sol salga y se ponga, y los hombres se maten;
    mientras alguien regrese, derrotado, a su cuarto
    y dibuje en el aire la V de la victoria;
    mientras vivan el odio, la amistad y el asombro,
    y se rompa la tierra para que crezca el trigo;
    mientras tú y yo busquemos el medio de encontrarnos
    y nuestro encuentro sea poco más que silencio,
    yo te estaré queriendo, vida mía, en la sombra,
    mientras mi pecho aliente, mientras mi voz alcance
    la estela de tu fuga, mientras la despedida
    de este amor se prolongue por las calles del tiempo.

    JULIA
    Finché ci saranno città, chiese e mercati,
    e traditori, e leggi ingiuste e bandiere;
    finché i fiumi continueranno a gettare la loro sporcizia
    nel mare e i venti soffieranno sulle montagne;
    finché cadrà la neve e voleranno gli uccelli,
    e il sole sorgerà e tramonterà, e gli uomini si uccideranno;
    finché qualcuno tornerà, distrutto, nella sua stanza
    e disegnerà nell'aria la V della vittoria;
    finché vivranno l'odio, l'amicizia e lo stupore,
    e si romperà la terra per far crescere il grano;
    finché tu ed io cercheremo il modo d'incontrarci
    e il nostro incontro sarà poco più che il silenzio,
    io ti starò amando, vita mia, nell'ombra,
    finché il mio petto respirerà, finché la mia voce raggiungerà
    la scia della tua fuga, finché il congedo
    di questo amore si prolungherà lungo le strade del tempo.

    ---
    AMOUR FOU
    Los reyes se enamoran de sus hijas más jóvenes.
    Lo deciden un día, mientras los cortesanos
    discuten sobre el rito de alguna ceremonia
    que se olvidó y que debe regresar del olvido.
    Los reyes se enamoran de sus hijas, las aman
    con látigos de hielo, posesivos, feroces,
    obscenos y terribles, agonizantes, locos.
    Para que nadie pueda desposarlas, plantean
    enigmas insolubles a cuantos pretendientes
    aspiran a la mano de las princesas. Nunca
    se vieron tantos príncipes degollados en vano.

    Los reyes se aniquilan con sus hijas más jóvenes,
    se rompen, se destrozan cada noche en la cama.
    De día, ellas se alejan en las naves del sueño
    y ellos dictan las leyes, solemnes y sombríos.

    AMOUR FOU
    I re s'innamorano delle loro figlie più giovani.
    Lo decidono un giorno, mentre i cortigiani
    discutono sul rito di qualche cerimonia
    dimenticata e che deve tornare dall'oblio.
    I re si innamorano delle loro figlie, le amano
    con fruste di ghiaccio, possessivi, feroci,
    osceni e terribili, agonizzanti, folli.
    Affinché nessuno possa sposarle, pongono
    enigmi insolubili a quanti pretendenti
    aspirino alla mano di principesse. Mai
    si sono visti tanti principi sgozzati invano.

    I re si annichiliscono con le loro figlie più giovani,
    si sconquassano, si dilaniano ogni notte nel letto.
    Di giorno, esse si allontanano sulle navi del sogno
    ed essi dettano le leggi, solenni e adombrati.
     

  • LE POESIE DI J. C. MESTRE
    PER RESTITUIRE
    SIGNIFICATO ALLE PAROLE

    data: 12/06/2021 17:37

    “La poesia, che è parola nel tempo, è la particella elementare della lingua dei popoli. Parla alla folla che non esiste". Restituire il significato alle parole. Questa è la missione della poesia per il poeta Juan Carlos Mestre (da una sua intervista a El País): è necessario che le parole riacquistino il loro significato. Ripopolino spiritualmente il mondo. Mestre (Villafranca del Bierzo, León, Spagna, 15 aprile 1957) è poeta, artista visivo saggista e musicista. Premio Castilla y León per la Letteratura nel 2018 per la sua opera complessiva, ha ricevuto altri importanti riconoscimenti come il Premio Nazionale di Poesia (2009) per il suo libro La casa roja; vincitore del Premio Adonáis (1982) per Antífona del otoño en el valle del Bierzo, premio Gil de Biezma (1992)...

    SELEZIONE DI POESIE

    EL VALLE
    Nada es la belleza. Mirad el sol,
    su lluvia luminosa de pedernal caliente
    que humildes hace ser sobre la tierra
    los serenos labios y bellos de lo joven.

    Ahora sabrás por qué bajo la voz de la noche
    mi país se oscurece, campo de tirsos
    donde verdea el musgo triste de lo anciano.

    No hay consolación, sobre esta piedra
    se pudren los ojos del conde Luna
    lamidos por la sombra gris del abandono.

    Como la nieve que cae sobre los cedros,
    como la noche lenta en que reside
    y se hace blanca hacia nosotros
    su condición tan leve de ceniza.

    Toda la noche llamó la noche a los caballos,
    toda la noche por un mar de estrellas apagadas
    cruzaron mi corazón sus ojos puros.

    Como astros sin luz bajo las piedras,
    como espejos cansados que no fulgen,
    como arenas del mar bajo la nieve.

    Pasaron con su corazón tronchando ramas
    cruzaron lentos relinchando la espesura
    por los calveros súbitos del bosque.

    Poderosa es la luz, el tacto de la lluvia
    que cae sobre los valles del Seo y de Valcarce,
    sobre las aldeas y la alta obsidiana de los montes
    y los bosques de encinos y de rojos alerces.

    Llueve, llueve en mi corazón y en los oteros de Cela,
    llueve sin misericordia sobre los pastizales tiernos
    donde plácidos rebaños pacen sumergidos
    la hierba nueva del invierno.

    Para la contemplación ha nacido la luz su deseo,
    para la inmóvil tristeza de la paciencia extendida
    que ha dictado la aurora sobre los fríos parajes.

    Así la primavera, la tallada pasión de lo que crece
    como un ala de dolor sobre los campos se ha dormido,
    fuente abandonada que cae sobre los pilos longevos de piedra.

    Admítete conmigo, hemos nacido aquí, no moriremos
    rebrotará el corazón del légamo sus címbalos
    y el agua de apacible bondad al manantial sereno.

    Oh flor de la gavanza, oloroso aire del romero
    que al paso de las corzas aromas el camino.

    Yo te desconozco, castaño donde hoy brujan los hielos
    y el cálido soplo de la vida no ha existido.

    Mi pueblo, el padre de mi padre,
    el triste, el pueblo,
    como una dulce bestia ha entrado en el otoño.

    LA VALLE
    Nulla è la bellezza. Guardate il sole
    la sua pioggia luminosa di selce incandescente
    quanto umile rende sulla terra
    le belle e serene labbra di ciò che è giovane.

    Ora saprai perché sotto la voce della notte
    il mio paese imbrunisce, campo di tirsi
    dove verdeggia il muschio triste di ciò che è anziano.

    Non c'è consolazione, su questa pietra
    imputridiscono gli occhi del conte di Luna
    lambiti dall'ombra grigia dell'abbandono.

    Come la neve che cade sui cedri,
    come la notte lenta in cui risiede
    e si fa bianca verso di noi
    la sua condizione così lieve di cenere.

    Tutta la notte la notte ha chiamato i cavalli,
    tutta la notte lungo un mare di stelle spente
    i suoi occhi puri attraversarono il mio cuore.
    Come astro senza luce sotto le pietre,
    come specchi stanchi che non rifulgono,
    come sabbie del mare sotto la neve.

    Sono passati con il loro cuore troncando rami,
    attraversarono lentamente nitrendo lungo
    le improvvise radure fitte del bosco.

    Potente è la luce, il tatto della pioggia
    che cade sulle valli del Seo e di Valcarce,
    sui i villaggi e l'alta ossidiana dei monti
    e sui boschi di querce e di rossi larici.

    Piove, piove nel mio cuore e sui colli di Cela,
    Piove senza misericordia sui teneri pascoli
    dove placidi greggi pascono sommersi
    l'erba nuova dell'inverno.

    Per la contemplazione la luce fa nascere il suo desiderio,
    per l'immobile tristezza della prolungata pazienza
    che ha dettato l'aurora sui luoghi freddi.

    Così la primavera, l'intagliata passione di ciò che cresce
    come un'ala di dolore sui campi si è addormentata,
    fonte abbandonata che cade sui longevi pilastri di pietra.

    Ammetti con me, siamo nati qui, non moriremo
    germoglierà di nuovo il cuore del limo i suoi cembali
    e l'acqua di mite bontà nella serena sorgente.

    Oh, fiore della rosa selvatica, profumata aria di rosmarino
    che al passaggio dei caprioli aromatizzi il sentiero.
    Ti disconosco, castagno dove oggi stregano i ghiacci
    e dove il calido alito della vita non è esistito.

    Il mio paese, il padre di mio padre,
    il triste, il paese,
    come una dolce bestia è entrato nell'autunno.

    ---
    LA TUMBA DE KEATS
    (fragmento)
    Llueve, llueve sobre las cúpulas bruñidas por el beneficio,
    sobre los estandartes empapados por la usura del comercio llueve,
    llueve sobre los muros del Pontificado y los altares de lo Absoluto,
    todo el día llueve bronce sobre las campanas, sangre sobre las espuelas,
    llueven monedas de oro sobre el árbol de los abstinentes,
    llueve saliva de óxido sobre la teogonía de los metales,
    sobre las estatuas fundidas con la brevedad de los hombres,
    llueve sobre las llagas barrocas de la fe y sobre la corona de espinas,
    sobre San Sebastián según un modelo de Bernini atravesado por el acero,
    llueve la polilla del psicoanálisis sobre las negras sotanas,
    llueve en las afueras del hombre y en las cercanías del otro hombre que va en él,
    llueve sobre una mujer, la lluvia deja de ser lluvia, la mujer deja de ser mujer,
    llueve sobre lugares húmedos y el agua de los estanques favorable a la peste,
    llueve sobre los puentes y sobre el jardín en la casa de las prostitutas,
    llueve sobre los muchachos amenazados por el resplandor de la velocidad
    y el reclinatorio de los que van a morir a la edad de los príncipes.
    Aquí hay otra escritura, aquí amor y pájaros góticos contra la solemnidad del eco,
    aquí las viejas semillas, la madera de cruz plantada por la mano del romano,
    el burgo erigido hace ahora dos mil bajo las estrellas que inventó Copérnico,
    el mausoleo en cuya avaricia vive predestinada Roma, desvalida y esclava,
    el déspota que huye hacia otra ciudad que no existe en un caballo de hierro.
    Este es el lugar donde el escéptico le da la mano al inmoral
    y llamo inmoral a aquél que carece de la virtud de reconocerse en el otro,
    el insumergible en su mina de talco, el que ejerce la jerarquía como innato derecho
    y construye su tormento sobre la escoria de otros,
    el obsesivo en la negación de los actos ajenos,
    el impostor que muta, el himno con el que se alaba lo que se desprecia,
    la cautela ante el gozo.
    Hablad voces de la decrepitud, hablad bajo los párrafos inciertos
    del que padece memoria,
    lo que bajo las costillas del puente dedicado a la memoria de Umberto Primero
    es escritura de la gran cloaca romana,
    allí donde la deformación de la belleza conduce el pensamiento
    del hombre a la embriaguez,
    donde la persistencia de la hermosura abre su ojo de cíclope y extravía a los adúlteros
    por un paisaje con niebla.
    Toda la vida se parece a mi vida.
    la cabeza de Minerva y la de San Juan Bautista.
    el tributo con que paga el hijo la cripta de su padre.
    el agua del Nilo con que hace su pan el herrero,
    la pasta de polvo con que imita el albañil las piedras,
    la destilación de la música en los pasadizos, la lengua del Tíber abriendo
    las aldabas de la noche,
    toda la vida se parece a mi vida.
    el ojo del insubordinado se parece a mi ojo,
    la boca del inexistente se parece a mi boca,
    el gusano pasta la yema del jaguar, la metafísica hace su aparición en la anestesia,
    el convicto ha cancelado su pacto con la respiración, el papiro ha cerrado
    su acuerdo con las lianas secretas,
    la incinerada vocal de la náusea es inminente.

    LA TOMBA DI KEATS
    (frammento)
    Piove, piove sulle cupole brunite dal beneficio,
    sugli stendardi zuppi dall'usura del commercio piove
    piove sui muri del Pontificato e sugli altari dell'Assoluto,
    tutto il giorno piove bronzo sulle campane, sangue sugli speroni,
    piovono monete d'oro sull'albero degli astinenti,
    piove saliva di ossido sopra la teogonia dei metalli,
    sulle statue fuse con la brevità degli uomini,
    piove sulle piaghe barocche della fede e sulla corona di spine,
    su San Sebastiano secondo un modello di Bernini trafitto dall'acciaio,
    piove il tarlo della psicoanalisi sulle tonache nere,
    piove nei dintorni dell'uomo e nelle adiacenze dell'altro uomo che c'è in lui,
    piove su una donna, la pioggia cessa di essere pioggia, la donna cessa di essere donna,
    piove su luoghi umidi e sull'acqua degli stagni favorevoli alla peste,
    piove sui ponti e sul giardino nella casa delle prostitute,
    piove sui ragazzi minacciati dal bagliore della velocità
    e sull'inginocchiatoio di coloro che moriranno all'età dei principi.
    Qui c'è un'altra scrittura, qui amore e uccelli gotici contro la solennità dell'eco,
    qui i vecchi semi, il legno di croce piantato dalla mano del romano,
    il borgo eretto duemila anni fa sotto le stelle inventate da Copernico,
    il mausoleo nella cui avidità vive predestinata Roma, indifesa e schiava,
    il despota che fugge verso un'altra città che non esiste, su un cavallo di ferro.
    Questo è il luogo dove lo scettico stringe la mano all'immorale
    e definisco immorale colui che manca della virtù di riconoscersi nell'altro,
    l'inaffondabile nella sua miniera di talco, colui che esercita la gerarchia come diritto innato
    e costruisce il suo tormento sulle scorie di altri,
    l'ossessivo nella negazione degli atti altrui,
    l'impostore che muta, l'inno con cui si loda ciò che si disprezza,
    la cautela dinanzi al piacere.
    Parlate voci della decrepitezza, parlate sotto i paragrafi incerti
    di chi patisce memoria,
    ciò che sotto le costole del ponte dedicato alla memoria di Umberto Primo
    è scrittura della grande cloaca romana,
    là dove la deformazione della bellezza conduce il pensiero
    dell'uomo all'ubriachezza,
    dove la persistenza della bellezza apre il suo occhio da ciclope e travia gli adulteri
    lungo un paesaggio con nebbia.
    Tutta la vita somiglia alla mia vita.
    la testa di Minerva e quella di San Giovanni Battista.
    il tributo con cui il figlio paga la cripta di suo padre.
    L'acqua del Nilo con cui il fabbro fa il suo pane,
    la pasta di polvere con cui il muratore imita le pietre,
    la distillazione della musica nei corridoi, la lingua del Tevere aprendo
    i battenti della notte,
    tutta la vita somiglia alla mia vita.
    L'occhio dell'insubordinato somiglia al mio occhio,
    la bocca dell'inesistente somiglia alla mia bocca,
    il verme pascola il midollo del giaguaro, la metafisica fa la sua apparizione nell'anestesia,
    il condannato ha annullato il suo patto con la respirazione,
    il papiro ha chiuso il suo accordo con le liane segrete,
    l'incenerita vocale della nausea è imminente.

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    EL ADEPTO
    He leído durante toda la noche el Discurso sobre la dignidad del hombre de Pico de la Mirándola,
    de él se deduce que el 14 de mayo de 1486 no existe,
    que la primavera y la juventud son hijas de Marsilio Ficino,
    que la belleza es por derecho mitológico esposa del trípode y el camaleón.

    Acepto haber leído el destino en un vaso de agua seis mil años antes de la muerte de Platón,
    acepto haber alimentado a un animal de uñas curvas,
    acepto la influencia de los magos persas.
    No tengo hijos, ¿acaso he cometido un crimen?
    Tampoco tengo energías para la épica.
    Confieso adorar descalzo el triángulo de la piedad que otros llaman cubo de Zoroastro,
    confieso mi creencia en la teología del número 7 y la gestación de los donantes de calor,
    confieso mi fe en Timeo de Locros astrónomo de lo diverso.

    He leído durante toda la noche el árbol de la conjetura,
    de sus frutos he traído a mi casa la escalera circular junto a la que Jacob tuvo un sueño
    y el testimonio sobre la naturaleza celeste de todas las piedras.

    Asumo haber prestado atención a lo que impide,
    asumo la visitación del pródigo y la música de las esferas,
    asumo no haber dejado escrito nada que no me haya sucedido en el futuro.

    He leído durante toda la noche el Discurso sobre la dignidad del hombre,
    de él se deduce la aritmética del mar y la Ley bajo la corteza de la encina,
    de él se deduce el río de la ciencia y la golondrina de los caldeos,
    de él se deduce la inexistencia de la muerte y la fecundidad de lo discutible.

    L'ADEPTO
    Ho letto durante tutta la notte il Discorso sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola,
    dal quale si deduce che il 14 maggio 1486 non esiste,
    che la primavera e la gioventù sono figlie di Marsilio Ficino,
    che la bellezza è per diritto mitologico sposa del tripode e del camaleonte

    Ammetto di aver letto il destino in un bicchiere d'acqua seimila anni prima della morte di Platone,
    ammetto di aver nutrito un animale dalle unghie ricurve,
    ammetto l'influenza dei maghi persiani.
    Non ho figli, ho forse commesso un crimine?
    Inoltre, non ho energie per l'epica.
    Confesso di adorare scalzo il triangolo della pietà che altri chiamano il cubo di Zoroastro,
    confesso la mia fede nella teologia del numero 7 e nella gestazione dei donatori di calore,
    confesso la mia fede in Timeo di Locri astronomo del diverso.

    Ho letto durante tutta la notte l'albero della congettura,
    dai suoi frutti ho portato a casa mia la scala circolare accanto alla quale Giacobbe ebbe un sogno
    e la testimonianza sulla natura celeste di tutte le pietre.

    Assumo di aver prestato attenzione a ciò che proibisce,
    assumo la visita del prodigo e della musica delle sfere,
    assumo di non aver scritto nulla che non mi sia accaduto in futuro.

    Ho letto durante tutta la notte il Discorso sulla dignità dell'uomo,
    dal quale si deduce l'aritmetica del mare e la Legge sotto la corteccia della quercia,
    da esso si deduce il fiume della scienza e la rondine dei caldei,
    da esso si deduce l'inesistenza della morte e la fecondità di quanto è discutibile.

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    PUEBLO
    Absolutamente destruidos el destino del sueño y el palomar del príncipe
    Los amantes los pies de las nubes la edad de las estrellas en el telescopio
    Cuando las monedas del trueno los yunques amados los imanes natales
    Arrastran los juegos inevitables las tierras miradas por los otoños atentos
    Tan sencillas como ruiseñores bordados en la corbata llegan sus hojas
    Las nieves claras los chales nocturnos sobre las rubias botellas del árbol vacío
    Los sonidos quebrados las campanas pisoteadas por la vendimia
    Sentado junto al límite donde el viento arroja sus ojos de niño cansado
    El sincero sol las nieblas que heredan el espejo popular de los ríos
    Solitario como un naipe perdido el valle la dudosa rosa sobreviviente
    El enigma de todos los mundos que les ha otorgado dominio
    Y los transparentes padres las lámparas de la ruina son un pueblo de amor
    Cenan bajo las bombillas de lana observados por la sonrisa de los suyos
    Se levantan como viajeros que hubieran llegado al centro de la noche
    La gran soledad que se despoja de sus párpados y entra en las horas
    Los cielos serrados los trabajos invernales sobre quienes aún siguen viviendo
    Y todo como un aro como un sendero de caballos que nunca hubiera existido
    Y todo como una casa donde pernoctase oculta la médula de la adivinación.

    PAESELLO
    Assolutamente distrutti il destino del sogno e della torre colombaia del principe
    Gli amanti i piedi delle nuvole l'età delle stelle nel telescopio
    Quando le monete del tuono le amate incudini i magneti nativi
    Trascinano i giochi inevitabili le terre osservate dagli autunni vigili
    Così semplici come gli usignoli ricamati nella cravatta giungono le sue foglie
    Le limpide nevi gli scialli notturni sulle bionde bottiglie dell'albero vuoto
    I suoni spezzati le campane calpestate dalla vendemmia
    Seduto vicino al limite dove il vento getta i suoi occhi da bambino stanco
    Il sole sincero le nebbie che ereditano lo specchio popolare dei fiumi
    Solitario come una carta perduta la valle la dubbiosa rosa sopravvissuta
    L'enigma di tutti i mondi che elargito loro dominio
    E i genitori trasparenti le lampade della rovina sono un popolo d'amore
    Cenano sotto i lumicini di lana osservati dal sorriso dei congiunti
    Si alzano come viaggiatori che hanno raggiunto il centro della notte
    La grande solitudine che si leva dalle loro palpebre ed entra nelle ore
    I cieli coperti i lavori invernali su coloro che ancora continuano a vivere
    E tutto come un cerchio come un sentiero di cavalli che mai sarebbe esistito
    E tutto come una casa dove pernotterebbe il midollo della divinazione.

    ---
    EL PODER DEL VIENTO
    El viento de otoño el viento que arrastra restos de espino y lágrimas desnudas hasta detrás
    de los vagones donde los machos manosean prostitutas jóvenes mientras las madrinas
    cosen botones sin saber qué astro ha caído del cielo y a nadie le corresponde el encargo de
    embellecer la tierra y considerarse en algo semejante a los pájaros. El viento que toca con
    dedos de bakelita las cosas que dejaron de ser santas que dejan de preguntarse para qué
    sirven y tras la amputación y la farsa y todo eso del reparto las entregas al coleccionista. Es
    el viento el que vuelve histéricos a los ángeles y a las hermanas que recogen bajo la
    banqueta el carbón quemado de sus hijas. El viento malintencionado con su olor a jarabe y
    a vergüenza cuando golpea las cancelas y los malandros regresan a la propiedad con los
    puños ensangrentados. Es el viento sin nombre sobre las colchas negras y la médula de los
    carneros el viento de otoño sobre las agriculturas de la muerte.

    IL POTERE DEL VENTO
    Il vento d'autunno, il vento che trascina resti di spino e lacrime nude fino a dietro
    i vagoni dove i maschi palpeggiano giovani prostitute mentre le madrine
    cuciono bottoni senza sapere quale astro sia caduto dal cielo e a nessuno corrisponde l'incarico
    di abbellire la terra e di considerarsi simile agli uccelli in qualcosa. Il vento che soffia con
    dita di bachelite le cose che hanno cessato di essere sante che smettono di chiedersi a cosa
    servono e dopo l'amputazione e la farsa e quanto della distribuzione le consegni al collezionista. È
    il vento che rende isterici gli angeli e le sorelle che raccolgono sotto la
    panchetta il carbone bruciato delle loro figlie. Il vento malintenzionato con il suo odore di sciroppo e
    di vergogna quando colpisce i cancelli e i malviventi tornano nella proprietà con i
    pugni insanguinati. E' il vento senza nome sulle coltre nere e il midollo dei
    montoni il vento d'autunno sulle agricolture della morte.

    ---
    CAVALO MORTO
    Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Un poema de Lêdo Ivo es una luciérnaga que busca una moneda perdida. Cada moneda perdida es una golondrina de espaldas,posada sobre la luz de un pararrayos. Dentro de un pararrayos hay un bullicio de abejas prehistóricas alrededor de una sandía. En Cavalo Morto las sandías son mujeres semidormidas que tienen en medio del corazón el ruido de un manojo de llaves.
    Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Lêdo Ivo es un hombre viejo que viveen Brasil y sale en las antologías con cara de loco. En Cavalo Morto los locos tienen alas de mosca yvuelven a guardar en su caja las cerillas quemadas como si fuesen palabras rozadas por el resplandorde otro mundo. Otro mundo es el fondo de un vaso, un lugar donde lo recto tiene forma de herradura yhay una sola calle forrada con tela de gabardina.
    Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Un lugar que existe en un poema deLêdo Ivo es un río que madruga para ir a fabricar el agua de las lágrimas, pequeñas mentiras de lluviaheridas por una púa de acacia. En Cavalo Morto los aviones atan con cintas de vapor el cielo como silas nubes fuesen un regalo de Navidad y los felices y los infelices suben directamente a loshipódromos eternos por la escalerilla del anillador de gaviotas.
    Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Un poema de Lêdo Ivo es el amante deun reloj de sol que abandona de puntillas los hostales de la mañana siguiente. La mañana siguiente eslo que iban a decirse aquellos que nunca llegaron a encontrarse, los que aun así se amaron y salen delbrazo con la brisa del anochecer a celebrar el cumpleaños de los árboles y escriben partituras para eltimbre de las bicicletas.
    Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Lêdo Ivo es una escuela llena depinzones y un timonel que canta en el platillo de leche. Lêdo Ivo es un enfermero que venda las olas yenciende con su beso las bombillas de los barcos. En Cavalo Morto todas las cosas perfectaspertenecen a otro, como pertenece la tuerca de las estrellas marinas al saqueador de las cabezassonámbulas y el cartero de las rosas del domingo a la coronita de luz de las empleadas domésticas.
    Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. En Cavalo Morto cuando muere uncaballo se llama a Lêdo Ivo para que lo resucite, cuando muere un evangelista se llama a Lêdo Ivopara que lo resucite, cuando muere Lêdo Ivo llaman al sastre de las mariposas para que lo resucite.Háganme caso, los recuerdos hermosos son fugaces como las ardillas, cada amor que termina es uncementerio de abrazos y Cavalo Morto es un lugar que no existe.

    CAVALO MORTO
    Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Una poesia di Lêdo Ivo è una lucciola che cerca una moneta smarrita. Ogni moneta perduta è una rondine di spalle, posata sulla luce di un parafulmine. All'interno di un parafulmine c'è un ronzio di api preistoriche attorno a un'anguria. In Cavalo Morto le angurie sono donne sonnolente che hanno in mezzo al cuore il suono di un mazzo di chiavi.
    Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Lêdo Ivo è un uomo vecchio che vive in Brasile e appare nelle antologie con una faccia da pazzo. In Cavalo Morto i pazzi hanno ali da mosca e mettono di nuovo nella loro scatola i cerini bruciati come se fossero parole sfiorate dal bagliore di un altro mondo. Un altro mondo è il fondo di un bicchiere, un luogo dove il rettilineo ha la forma di un ferro di cavallo e c'è un'unica strada rivestita di gabardine.
    Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo è un fiume che si leva presto per andare a fabbricare l'acqua delle lacrime, piccole bugie di pioggia ferite da un aculeo di acacia. In Cavalo Morto gli aerei legano con nastri di vapore il cielo come se le nuvole fossero un regalo di Natale e i felici e gli infelici salgono direttamente agli ippodromi eterni lungo la scaletta dell'inanellatore di gabbiani.
    Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Una poesia di Lêdo Ivo è l'amante di un orologio solare che abbandona in punta di piedi gli ostelli del mattino seguente. Il mattino seguente è ciò che si sarebbero detti quelli che non sono riusciti mai ad incontrarsi, quelli che malgrado ciò si sono amati ed escono a braccetto con la brezza della sera per festeggiare il compleanno degli alberi e scrivono partiture per il campanello delle biciclette.
    Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Lêdo Ivo è una scuola gremita di fringuelli e un timoniere che canta nel piattino di latte. Lêdo Ivo è un infermiere che benda le onde e accende col suo bacio le lampare delle barche. In Cavalo Morto tutte le cose perfette appartengono a qualcun altro, così come il dado delle stelle marine appartiene al saccheggiatore delle teste sonnambule e il postino delle rose della domenica alla coroncina di luce delle domestiche.
    Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. In Cavalo Morto, quando muore un cavallo, Lêdo Ivo viene chiamato affinché lo resusciti, quando muore un evangelista, Lêdo Ivo viene chiamato affinché lo resusciti, quando muore Lêdo Ivo, chiamano il sarto di farfalle affinché lo resusciti. Prestatemi ascolto, i bei ricordi sono fugaci come gli scoiattoli, ogni amore che finisce è un cimitero di abbracci e Cavalo Morto è un luogo che non esiste.

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    BALTHUS
    Es imposible encerrarse con el Marido de la Noche
    cuando la música de los pasatiempos abandona el cuento de Balthus
    y el enfermero se encoge de hombros.
    Difícilmente sentiré vergüenza:
    He puesto mis manos sobre el consejo
    y la amenaza de su justicia se ha convertido en mi compañera.
    Un hombre venerable es un escarmiento que no se debería repetir.
    Según los sacerdotes, herederos del somier y la medicina de la sal,
    los rudimentos del jabalí evolucionan libremente
    siguiendo un plan trazado por el infortunio del herrero
    y el empañado cerebro de la golondrina marina.
    La felicidad será el día siguiente:
    El coche con un domador espera a la puerta.
    Y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.

    Huele a espejo en lo que empieza a dormirse:
    Un púber, sinónimo de adolescente,
    también pueden elegir entre núbil, joven o mozo,
    que enfermo de malaria orina zafiro sobre un cuadro de Balthus,
    ese lugar donde los fanfarrones sacan sus pies por debajo de la infancia
    para congraciarse con los profesionales del contratiempo.
    Y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.

    Suponiendo que lo que vemos en Balthus no sea el propio paisaje de Balthus,
    sino una rodilla con forma de montaña a la que se acerca el animalito burgués,
    cualquiera de las excusas de un gato que abandona el platillo de leche
    para lamer las cerezas de la condesa Klossowska de Rola,
    conocida como Setsuko entre los alpinistas que merodean el chalet,
    ha de ser considerada una estratagema del carnicero de armiños
    con destino al baile de los populares abrigos surrealistas.
    Aunque de lo dicho se podrían deducir dos hipótesis,
    una relacionada con las gardenias japonesas,
    otra con el silencio anulado por la música de Mozart,
    ninguna de las dos va más allá que un cangrejo con ojos azules.
    Y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.
    La ambigüedad de los exhaustos arriesga en cada visión
    una vida destinada a las carnestolendas de los museos,
    gente como Sharon Stone o el barón Philippe de Rothschild
    jugando sobre las alfombras de genciana con el perro del collar rojo.
    Un hombre impecablemente vestido entra en la casa de Giacometti,
    lleva un tablón blanco y las mujercitas familiarizadas con la mortaja,
    los ojos abiertos como medicinales kimonos,
    cruzarán las piernas digamos que para rezar.

    Y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.

    Nada se sabe y conviene no saberlo de cuánto ha de durar la vida,
    los corazones rubios suben los peldaños de dos en dos,
    las baronesas cargan los fusiles con mayonesa para defenderse de la guillotina
    y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.

    BALTHUS
    È impossibile rinchiudersi col Marito della Notte
    quando la musica dei passatempi abbandona il racconto di Balthus
    e l'infermiere alza le spalle.
    Difficilmente proverò vergogna:
    ho messo le mie mani sul consiglio
    e la minaccia della sua giustizia è diventata la mia compagna.
    Un uomo vulnerabile è una punizione che non dovrebbe ripetersi.
    Secondo i sacerdoti, eredi del giaciglio e della medicina del sale,
    i rudimenti del cinghiale evolvono liberamente
    seguendo un piano tracciato dall'infortunio del ferraio
    e dall'appannato cervello della rondine di mare.
    La felicità sarà il giorno seguente:
    l'auto con un domatore attende alla porta.
    E il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

    Sa di specchio ciò in cui inizia ad addormentarsi:
    un pubescente, sinonimo di adolescente,
    possono anche scegliere tra nubile, giovane o fanciullo,
    che malato di malaria urina zaffiro su un dipinto di Balthus,
    quel luogo dove i fanfaroni mettono avanti i piedi al di sotto dell'infanzia
    per ingraziarsi i professionisti del contrattempo.
    E il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

    Supponendo che ciò che vediamo in Balthus non sia il paesaggio di Balthus,
    ma un ginocchio a forma di montagna a cui si avvicina l'animaletto borghese,
    qualsiasi delle scuse di un gatto che abbandona il piattino del latte
    per leccare le ciliegie della contessa Klossowska de Rola,
    nota come Setsuko tra gli alpinisti che si aggirano per lo chalet,
    deve essere considerato uno stratagemma del macellaio di ermellini
    diretto al ballo dei popolari soprabiti surrealisti.
    Sebbene da quanto detto si possano dedurre due ipotesi,
    una relazionata con le gardenie giapponesi,
    un'altra con il silenzio annullato dalla musica di Mozart,
    nessuna delle due va al di là di un granchio con gli occhi azzurri.
    E il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

    L'ambiguità degli esausti rischia in ogni visione
    una vita destinata alle carnevalate dei musei,
    gente come Sharon Stone o il barone Philippe de Rothschild
    giocando sui tappeti di genziana con il cane dal collare rosso.
    Un uomo impeccabilmente vestito entra nella casa di Giacometti,
    porta una tavola bianca e le donnine che hanno familiarità col sudario,
    gli occhi aperti come kimoni medicinali,
    incroceranno le gambe diciamo per pregare.

    E il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

    Nulla si sa ed è conveniente non saperlo su quanto durerà la vita,
    i cuori biondi salgono i gradini due alla volta,
    le baronesse caricano i fucili con maionese per difendersi dalla ghigliottina
    e il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

    ---
    ECLIPSE CON RIMBAUD
    A Guadalupe Grande
    He pasado la mitad de mi vida en la oscuridad.
    He descargado camiones de oscuridad.
    He bebido toda la oscuridad.
    He dormido con la oscuridad.
    He amado la oscuridad y me he acostado con ella.
    He tocado las piedras de la oscuridad hasta herirme las manos.
    He repetido tu nombre en la oscuridad.

    Los pescadores cantan en la niebla de la oscuridad.
    Los jóvenes sin vida están despiertos en la oscuridad.
    Los músicos y las rameras guardan su corazón en la oscuridad.

    He soñado con la oscuridad la mitad de mi vida.
    He hospedado mi juventud en el cáñamo de la oscuridad.
    He desnudado a la oscuridad y gozado con ella.
    He acariciado con dedos de pastor el sexo de la oscuridad.

    La oscuridad es la oración de los acordeones nublados.
    La oscuridad vive en las palabras que descifran la muerte.
    La oscuridad habita los suburbios de la belleza.

    Dad de ladrar al perro de la oscuridad.
    Oíd la lepra sagrada de la oscuridad.

    ECLISSE CON RIMBAUD
    Ho passato metà della mia vita nell'oscurità.
    Ho scaricato camion di oscurità.
    Ho bevuto tutta l'oscurità.
    Ho dormito con l'oscurità.
    Ho amato l'oscurità e ho dormito con lei.
    Ho toccato le pietre dell'oscurità fino a ferirmi le mani.
    Ho ripetuto il tuo nome nell'oscurità.

    I pescatori cantano nella nebbia dell'oscurità.
    I giovani senza vita sono svegli nell'oscurità.
    I musicisti e le prostitute custodiscono i loro cuori nell'oscurità.

    Ho sognato l'oscurità per metà della mia vita.
    Ho ospitato la mia giovinezza nella canapa dell'oscurità.
    Ho denudato l'oscurità e con lei ho goduto.
    Ho accarezzato con dita da pastore il sesso dell'oscurità.

    L'oscurità è la preghiera delle fisarmoniche nuvolose.
    L'oscurità vive nelle parole che decifrano la morte.
    L'oscurità abita i sobborghi della bellezza.

    Date da abbaiare al cane dell'oscurità.
    Udite la sacra lebbra dell'oscurità.

    ---
    EL ARCA DE LOS DONES
    Mi alma es esa casa de madera que arrastra el vendaval.
    A veces en la noche yo siento acercarse a un huésped invisible y oigo girar su llave y escucho avanzar sus pasos.
    Entonces la poesía, cada pluma arrancada a las alas de un ángel, es la semejanza de una casa en el aire,el portal luminoso, las ventanas abiertas, el que empuja la puerta y el que entra seguro y se acerca hasta el arca y reparte los dones.
    Doy al amanecer, cuando la sangre de los delfines se derrama lentamente sobre el serrín de las cervecerías, un cuchillo blanco.
    Al que bajo el hielo negro de la noche caminó conmigo y sufrió conmigo la dócil alianza del fracaso,dejo la herida.
    A la columna de silencio de esa muchacha que rozada por el tacto de la obediencia guarda en su pensamiento la perfección de la muerte, una copa de viento y de raíces.
    Al río de mi infancia donde bebió Demócrito de Siracusa la niebla del espíritu, la claridad que ya no tendrán mis ojos.
    A la ciudad que cercada por la elipse del envejecimiento enterró su memoria junto a las norias de la desposesión, una tumba vacía.
    Al muchacho judío que ante un espejo empañado contempla el rubí de su alma atravesado por la espina de la crucifixión, una caja de música.
    A la sombra de mi padre contemplando la Luna, una cabaña en el bosque.
    Al que en los atrios de la conformidad padeció la pobreza mas no será nombrado en las tablas de la justicia, la balanza con los alimentos.
    A la orilla del mar, un caballo con cabeza de tortuga romana.
    A la mujer que me amó con la fidelidad del astrónomo, dejo el resplandor, el halo de una estrella cuyo astro no existe.
    Al ibis, la analogía de las agujas.
    Para el que estrechamente vigilado por la locura hizo vibrar el ángulo recto de las constelaciones, el acordeón y las palomas verdes de la plaza.
    Para ti, amor mío, el río eterno de los dioses y sus gatos sagrados.
    Al insobornable enemigo cuya víctima fue feliz como un imán vertiginoso ante los filamentos de la melancolía, una silla de enea.
    A la muerte, una puerta abierta.
    Al ajusticiado en el abismo de su propia escritura que solo tuvo oídos para el ángel y amó la semejanza y la inutilidad de las cosas, una jaula con peces de madera.
    Al otoño, la lejana memoria de las ballenas del cabo.
    A la sabiduría de los profetas, un candil de silencio.
    A la lápida de Leonardo Mestre, los sueños que no tuvo y que ya nunca sabrá.
    Al que con su linterna de fósforo ayudó a resistir y guió la navegación de los torturados, el faro de la utopía.

    A la dulce mujer que se acercó a mi sombra como madre, el azul de mayo y el zumbido de las abejas en la primavera.
    Al jardín de los monasterios, la alondra del alba y la rosa cortada del rabino.
    Al tetrarca y al que está detrás de su lengua como un tábano, la urna rota del centauro ante la que un lacayo da voces.
    A la tristeza que iba cruzando el puente aquella tarde de invierno, un revólver cerrado por un nudo.
    Para el leñador que derribó el gran ciprés de los hermeneutas, el meteoro silvestre de las ciervas ingrávidas.
    A la estatua de Francesco Orsini duque de Bomarzo, el vértigo transparente de la materia que huye.
    A los versos que no escribí, un collar de frutos y semillas.
    A la grieta del eremita, la pantera del anochecer.
    A la memoria, la lluvia, el lirio de las estaciones abandonadas por las que pasa el ferrocarril sin detenerse.
    A los amantes que descifran su desnudez en la oscuridad, un hilo de saliva.
    A la pirámide del conocimiento, la amatista mojada del escarabajo y los élitros celestes del jeroglífico.
    A La Habana de mis antepasados allá por mil novecientos veinte, la nieve.
    Para Rousseau el Aduanero, los ágiles antílopes que cruzan el agua encarnada de los sueños.
    Dad este libro a los animales, al búho y al alce, al armadillo y al erizo silvestre.
    Arrancadle una a una sus páginas y dádselas a los animales. Dadle al hurón la oscuridad de la palabra búfalo y al búfalo la inmaculada pradera del billar de los bares.
    Y de entre todos los dones y de entre todos los sueños, dadle a mi corazón una casa en el aire.

    L'ARCA DEI DONI
    La mia anima è quella casa di legno trascinata dalla burrasca.
    A volte di notte sento un ospite invisibile avvicinarsi e sento la sua chiave girare e sento i suoi passi avanzare.
    Quindi la poesia, ogni piuma strappata alle ali di un angelo, è la somiglianza di una casa nell'aria, il portale luminoso, le finestre aperte, colui che spinge la porta e colui che entra sicuro e si avvicina all'arca e distribuisce i doni.
    Do all'alba, quando il sangue dei delfini si sparge lentamente sulla segatura delle birrerie, un coltello bianco.
    A chi ha camminato con me sotto il gelo nero della notte e ha sofferto insieme a me la docile alleanza del fallimento, lascio la ferita.
    Alla colonna di silenzio di quella ragazza che, sfiorata dal tocco dell'obbedienza, conserva nel suo pensiero la perfezione della morte, un calice di vento e radici.
    Al fiume della mia infanzia dove Democrito di Siracusa bevve la nebbia dello spirito, la luminosità che i miei occhi non avranno più.
    Alla città che circondata dall'ellisse dell'invecchiamento seppellì la sua memoria accanto alle norie degli smarrimenti, una tomba vuota.
    Al ragazzo ebreo che davanti a uno specchio appannato contempla il rubino della sua anima trafitto dalla spina della crocifissione, una scatola musicale.
    All'ombra di mio padre che contempla la luna, una capanna nel bosco.
    A colui che negli atri della conformità ha sofferto la povertà ma non sarà citato nelle tavole della giustizia, la bilancia con gli alimenti.
    In riva al mare, un cavallo con la testa di tartaruga romana.
    Alla donna che mi ha amato con la fedeltà dell'astronomo, lascio lo splendore, l'aura di una stella il cui astro non esiste.
    All'ibis, l'analogia degli aghi.
    A chi, strettamente sorvegliato dalla follia, ha fatto vibrare l'angolo retto delle costellazioni, la fisarmonica e le colombe verdi della piazza.
    Per te, amore mio, il fiume eterno degli dei e dei loro gatti sacri.
    All'incorruttibile nemico la cui vittima fu felice come una calamita vertiginosa davanti ai filamenti della malinconia, una sedia di tifa.
    Alla morte, una porta aperta.
    Al giustiziato nell'abisso della sua stessa scrittura che ha avuto orecchie solo per l'angelo e ha amato la somiglianza e l'inutilità delle cose, una gabbia con pesci di legno.
    All'autunno, la lontana memoria delle balene del capo.
    Alla saggezza dei profeti, un lume del silenzio.
    Alla lapide di Leonardo Mestre, i sogni che non ha avuto e che mai conoscerà.
    A colui che con la sua torcia al fosforo ha aiutato a resistere e ha guidato la navigazione dei torturati, il faro dell'utopia.
    Alla dolce donna che si è avvicinata come madre alla mia ombra, l'azzurro di maggio e il ronzio delle api in primavera.
    Al giardino dei monasteri, l'allodola dell'alba e la rosa recisa del rabbino.
    Al tetrarca e a chi sta dietro la lingua come un tafano, l'urna rotta del centauro davanti alla quale un servitore lancia grida.
    Alla tristezza che stava attraversando il ponte quella sera d'inverno, una rivoltella bloccata da un nodo.
    Per il taglialegna che ha abbattuto il grande cipresso degli ermeneuti, la meteora silvestre delle agili cerve.
    Alla statua di Francesco Orsini Duca di Bomarzo, la vertigine trasparente della materia in fuga.
    Ai versi che non ho scritto, una collana di frutti e di semi.
    Alla fessura dell'eremita, la pantera del calar della notte.
    Alla memoria, la pioggia, il giglio delle stazioni abbandonate dove passa il treno senza fermarsi.
    Agli amanti che nel buio decifrano la loro nudità, un filo di saliva.
    Alla piramide della conoscenza, l'ametista bagnata dello scarabeo e le elitre celesti del geroglifico.
    All'Avana dei miei antenati intorno al 1920, la neve.
    Per Rousseau il Doganiere, le svelte antilopi che attraversano l'acqua rubra dei sogni.
    Date questo libro agli animali, al gufo e all'alce, all'armadillo e al riccio selvatico.
    Strappate le sue pagine una ad una e datele agli animali. Date alla donnola l'oscurità della parola bufalo e al bufalo l'immacolata prateria del biliardo dei bar.
    E tra tutti i doni e tra tutti i sogni, date al mio cuore una casa nell'aria.

     

     

     

     

  • "DEDICATORIA" DI GATELL
    A CHI HA PERSO
    LA VITA IN BATTAGLIA

    data: 25/04/2021 18:20

    Per l'anniversario della Liberazione voglio proporre la poesia "Dedicatoria" di Angelina Gatell - con la mia traduzione in italiano - tratta da Poema del soldado (riedizione Bartleby Editores, 2020). Con questo libro Gatell (Barcellona, 1926 - Madrid, 2017) vinse nel 1954 il prestigioso Premio Valencia di poesia. La grande poetessa spagnola vi erige un monumento in versi alla memoria di chi ha perso la vita nei campi di battaglia. Versi che, a distanza di settant'anni, non cessano di essere attuali.

    DEDICATORIA

    Escucha, hijo mío, soldado:
    aunque un hombre no puede importarle a un poeta
    cuando el mundo naufraga;
    aunque un hombre es tan sólo una chispa ligera
    que apaga una ráfaga;
    aunque un hombre, hijo mío,
    no es nada,
    cuando tantos millones de hombres,
    perdida su fe y su esperanza,
    caminan sin rumbo, cansados,
    buscando un incierto mañana,
    yo quiero cantarte, hijo mío,
    soldado en la tierra quemada,
    soldado en las tierras vencidas del mundo,
    vejadas, amargas;
    a ti sólo, soldado, hijo mío,
    (la voz no me alcanza
    para hablar a los hombres del mundo,
    a los hombres en masa,
    que tampoco escuchan la voz del poeta
    que siempre desgarra…)

    A ti sólo, uno a uno, dirijo mi canto
    como algo muy leve que toca y que cala
    y tal vez, como lluvia ligera
    se quede en tu alma.

    A ti sólo, soldado, hijo mío,
    soldado de tierras distintas, lejanas,
    soldado en las tierras del mundo,
    un poeta te canta..


    DEDICA
    Ascolta, figlio mio, soldato:
    sebbene un uomo non importi a un poeta
    quando il mondo naufraga;
    sebbene un uomo sia solo una scintilla leggera
    che spegne un bagliore;
    sebbene un uomo, figlio mio,
    non sia nulla,
    quando tanti milioni di uomini,
    perduta la loro fede e la loro speranza,
    camminano senza meta, stanchi,
    cercando un domani incerto,
    io voglio cantarti, figlio mio,
    soldato nella terra bruciata,
    soldato nelle terre sconfitte del mondo,
    ferite, amare;
    a te solo, soldato, figlio mio,
    (la voce non mi basta
    per parlare agli uomini del mondo,
    agli uomini in massa,
    che nemmeno ascoltano la voce del poeta
    che sempre lacera...)

    A te solo, uno ad uno, rivolgo il mio canto
    come qualcosa di molto leve che tocca e che cala
    e forse, come pioggia leggera
    rimanga nella tua anima.

    A te solo, soldato, figlio mio,
    soldato di terre diverse, lontane,
    soldato nelle terre del mondo,
    un poeta ti canta ...

     

     

  • VISIONI E MITI ITALIANI
    NELLE INTENSE POESIE DI
    SANTOS DOMINGUEZ RAMOS

    data: 23/04/2021 16:21

    Santos Domínguez Ramos (Cáceres, 1955), in questa breve selezione di poesie da me scelte e tradotte, ci porta per mano lungo un itinerario italiano (da nord a sud), di personaggi e luoghi attraverso i secoli. Egli compone con la precisione chirurgica della sua parola - radice e frutto della sua scrittura - immagini, suoni ed emozioni che ci giungono dal suo ricchissimo mondo, interiore e linguistico. Il poeta spagnolo ci parla delle visioni del Caravaggio, di Piranesi, di Casanova, di Dante, di Leopardi, di Roma, di De Chirico, di Anquise, di Pompei, degli affreschi della villa dei misteri a Pompei nella sua splendida poesia Lo sguardo dell'angelo, e delle magnifiche immagini che "disegna" con suggestivi versi di un dettaglio della Tomba del tuffatore nella poesia intitolata La tomba di Paestum. Come si evince da questa selezione, certamente non esaustiva, l'Italia è molto presente nell'opera del poeta Domínguez. Vorrei, infine, invitare i lettori a considerare quanta bellezza e intensità c'è nello sguardo poetico di Santos Domínguez Ramos: un vero dono! Per lui, e per chi lo legge.

    MATERIAL INFLAMABLE
    (Visión de Caravaggio)

    Alguien sostiene un foco de luz caliente y roja
    sobre los figurantes. Al fondo flota un lienzo
    y pende el terciopelo sobre la sangre helada
    que enciende el paño blanco de lino incandescente.

    Con desprecio de estatuas y atención a los hombres,
    en las criptas secretas he visto arder la vida,
    el bronce, el filtro, el pulso
    venéreo de los falos
    y un enigma de fuentes y de frutas incisas.

    Ni invención ni decoro. En las horas azules
    frecuenté las tabernas ácidas del deseo,
    el lupanar infecto donde la carne afirma
    su furia inoculada en las bocas frutales,
    en las uvas lascivas, en las ingles plebeyas.

    La dura luz se enfría en el cielo de estaño
    y es un teatro de sombras, es el final del pulso
    que vacila en las lámparas de una cámara oscura
    donde un telón amansa su geometría tajante.

    Porque nace del tiempo y vuelve a la certeza
    indigente de un cuerpo ganado en un relámpago
    y hay gestos contenidos, amagos incipientes
    y muecas sorprendidas del dolor pordiosero.

    Bajo la pertinencia de una luz clandestina
    se amansa el sedimento del bermellón o el vino.
    La ebriedad de la calle envenena al geómetra
    y en su trasiego de órbitas renacerá el sarmiento,
    la cólera, el color, las colgaduras.

    Desnudo el escenario, desnudo el personaje,
    desnudas las pasiones que un estertor denuncia,
    su sangre persuadida, sus cigarras de fuego,
    la innoble quemadura de su áspera argamasa.

    En el perfil incierto del día que se avecina
    los músicos callados preparan la trompeta
    de los últimos tiempos.

    Los muchachos nefandos, los jóvenes perversos
    con fogoso artificio, los plebeyos estragos
    de la decrepitud sobre la carne enferma.

    Es transparente el lienzo y el otoño es ahora
    esta mesa con frutos de colores intensos.
    Al fondo de la sala, coronado de hiedra,
    un ángel descarado toca un violín lascivo.

    En la consolación del canto arrecian ya los últimos
    reductos de la tarde. En la muerte del ángulo
    su tregua calla y dura. ¡Oh, cómplice del tedio!

    Es el ángel penúltimo que viene a recordarnos
    que nada nos asiste sino un tiempo pautado,
    como la partitura precaria que interpreta.

    MATERIALE INFIAMMABILE
    (visione del Caravaggio)

    Qualcuno sorregge un faro di luce calda e rossa
    sui figuranti. Sullo sfondo fluttua una tela
    e pende il velluto sopra il sangue freddo
    che accende il panno di lino bianco incandescente.

    Con disprezzo per le statue e attenzione agli uomini,
    nelle cripte segrete ho visto ardere la vita
    il bronzo, il filtro, il battito
    venereo dei falli
    e un enigma di fonti e frutti incisi.

    Né invenzione né decoro. Nelle ore blu
    ho frequentato le acide taverne del desiderio,
    il lupanare infetto dove la carne afferma
    la sua furia inoculata nelle bocche fruttate,
    nelle lascive uve, negli inguini plebei.

    La dura luce diventa fredda nel cielo di stagno
    ed è un teatro di ombre, è la fine del palpito
    che vacilla nelle lampade di una camera oscura
    dove una tenda doma la sua geometria sferzante.

    Perché nasce dal tempo e torna alla certezza
    indigente di un corpo assoggettato in un lampo
    e ci sono gesti contenuti, amari incipienti
    e smorfie sorprese dal dolore mendico.

    Sotto la pertinenza di una luce clandestina
    il sedimento del vermiglio o del vino si ammansisce.
    L'ebbrezza della strada avvelena il geometra
    e nel suo moto di orbite rinascerà il tralcio,
    la rabbia, il colore, le sospensioni.

    Nudo lo scenario, nudo il personaggio
    nude le passioni che uno stertore denuncia,
    il suo sangue persuaso, le sue cicale di fuoco,
    l'ignobile bruciatura della sua ruvida malta.

    Nel profilo incerto del giorno che si avvicina
    i musicisti in silenzio preparano la tromba
    degli ultimi tempi.

    I ragazzi nefandi, i giovani perversi
    con ardente artificio, le ferite plebee
    di decrepitezza sulla carne malata.

    La tela è trasparente e l'autunno è ora
    questo tavolo con frutti dai colori intensi
    In fondo alla stanza, coronato di edera,
    un angelo spudorato suona un violino lascivo.

    Nella consolazione del canto, già divampano gli ultimi
    avamposti della sera. Nella morte dell'angolo
    la sua tregua tace e dura. Oh, complice del tedio!

    È il penultimo angelo che viene a ricordarci
    che nulla ci assiste se non un tempo scritto,
    come la partitura precaria che interpreta.

    --

    PIRANESI EN SUS CÁRCELES

    Carceri d’invenzione.
    Giambatista Piranesi

    Viene la luz del suelo, de lo profundo sube
    para engendrar la sombra y un silencio de ruinas
    que baja de otras noches, sin horizonte apenas.

    La absorben las esquinas y las piedras,
    las columnas postradas en lo que antes fue un bosque
    y ahora es el decorado del teatro del tiempo.
    Sobre una pasarela, por un bosque de piedras
    que acosa la erosiva mirada de los astros,
    da en altos corredores, en barandillas lentas,
    plataformas y bóvedas, laberintos sin rejas
    y escaleras que tienen cortada la salida.

    Sin pájaros ni hierba, ni un animal confuso,
    un delirio o la angustia excavada en la nube
    y en el vacío sin luz de un laberinto.

    Con la ebriedad del sueño,
    un torrente de sombras baja por la escalera
    hacia una arquitectura inconcebible.

    Sube aquí un universo lineal de pesadilla,
    y una luz subterránea, por las criptas secretas
    que estaban donde estaba la hiel del corazón.

    Visiones de aguafuerte, metáforas del mundo
    que aquel cerebro negro
    vio en bóvedas sin fondo y en arcos sucesivos:
    la pesadilla, el hueso, la arena que seremos.

    PIRANESI NELLE SUE CARCERI

    La luce viene dal suolo, sale dal profondo
    per generare l'ombra e un silenzio di rovine
    che scende da altre notti, quasi senza orizzonte.

    L'assorbono gli angoli e le pietre,
    le colonne prostrate in ciò che una volta era un bosco
    e ora è l'orpello del teatro del tempo.

    Sopra una passerella, lungo un bosco di pietre
    che importuna l'erosivo sguardo degli astri,
    volge verso alti corridoi, in precarie balaustre,
    piattaforme e volte, labirinti senza sbarre
    e scale che hanno la salita interrotta.

    Senza uccelli né erba, nessun animale confuso,
    un delirio o l'angoscia scavate nella nuvola
    e nel vuoto senza luce di un labirinto.

    Con l'ebbrezza del sogno,
    un torrente di ombre scende dalle scale
    verso un'architettura inconcepibile.

    Qui sale un universo lineare da incubo
    e una luce sotterranea, attraverso le cripte segrete
    che si trovavano dove si trovava il fiele del cuore.

    Visioni d'acquaforte, metafore del mondo
    che quel cervello nero
    vide in volte senza fondo e archi successivi:
    l'incubo, l'osso, la sabbia che saremo.

    --

    CREPÚSCULO ESPAÑOL DE CASANOVA

    Hay tanto adiós delante de tu rostro
    (G. Schehadé)

    Cae la tarde amarilla, se va precipitando
    la sombra tras las copas espesas de los pinos.
    Y estos paisajes hondos, este otoño de viñas
    me hablan muy lentamente del final de la hoguera,
    de estas brasas que huelen a una dulce tristeza.

    Me consuela la calma que tiene el campo ahora.
    Me miro en el silencio interior del crepúsculo
    y en el agua del río,
    en el agua que corre somera y transitoria
    oigo hablar a los muertos que fueron mis amigos.

    El final de la tarde, con esta luz serena,
    con esta mansedumbre de las convalecencias,
    me entrega su piedad a la hora del espanto.

    A esta edad la Fortuna ya no mira a los hombres:
    mi equipaje es un hueco, un baúl de extravío,
    lo que saldan las horas, un bagaje de humo
    que pesa más ahora que cuando estaba lleno.

    Mira otra vez. Quizá
    solo es esto la vida:
    Un túmulo de arena al sur de la ventisca,
    la estatua indiferente en donde posa un pájaro
    su frágil tiempo de aire,
    la sombra del caballo contra un muro de agua.

    Sí. Quizá los minutos, como las caracolas,
    son huellas de cristal sobre la nube,
    el péndulo marino que duerme en las campanas.

    Tal vez la vida sea más un lugar que un tiempo.
    Un lugar que confunde la máscara y la piedra,
    la vigilia y la lluvia, los días y los nombres
    en la hora de la esfinge y las inundaciones.

    Tal vez la vida es esto:
    la voluntad de nieve que hay en las pesadillas,
    el espíritu áspero de una emulsión de lodo,
    un incendio que sube por el acantilado,
    cenizas y pavesas sobre las olas verdes,
    la confusa blancura de las constelaciones.

    Quizá sólo sea eso lo que la vida quiere:
    fluir y atravesarte
    como un inconsistente apócrifo del viento.
    Mis ojos sólo miran el lugar de su ausencia.

    CREPUSCOLO SPAGNOLO DI CASANOVA
    C’è così tanto addio davanti al tuo volto
    (G. Schehadé)

    Cade la sera gialla, precipita
    l’ombra dietro le fitte chiome dei pini.
    E questi paesaggi profondi, questo autunno di vigne
    mi parlano molto lentamente dello estinguersi del fuoco,
    di queste braci che sanno di una dolce tristezza.

    Mi consola la calma che ha ora la campagna.
    Mi guardo nel silenzio interiore del crepuscolo
    e nell’acqua del fiume,
    nell’acqua che scorre in superficie e transitoria,
    sento parlare i morti che furono i miei amici.

    La fine della sera, con questa luce serena,
    con questa mitezza delle convalescenze,
    mi porge la sua pietà, nel momento dello spavento.

    A questa età la Fortuna ormai non guarda più gli uomini:
    il mio bagaglio è una cavità, un baule di smarrimento,
    ciò che retribuiscono le ore, un carico di fumo
    che pesa di più ora di quando era pieno.

    Guarda di nuovo. Forse
    è solo questo la vita:
    un tumulo di sabbia a sud della bufera,
    la statua indifferente dove posa un uccello
    il suo fragile tempo d'aria,
    l’ombra del cavallo su un muro d’acqua.

    Sì. Forse i minuti, come le conchiglie,
    sono tracce di cristallo sulla nuvola,
    il pendolo marino che dorme nelle campane.

    Forse la vita è più un luogo che un tempo.
    Un luogo che confonde la maschera e la pietra,
    la vigilia e la pioggia, i giorni e i nomi
    nell’ora della sfinge e delle inondazioni.

    Forse la vita è questo:
    la volontà di neve che c’è negl’incubi,
    lo spirito aspro di un’emulsione di fango,
    un incendio che sale dalla scogliera,
    ceneri e scintille sulle onde verdi,
    il confuso biancore delle costellazioni.

    Chissà sia solo quello ciò che vuole la vita:
    fluire e attraversarti
    come un inconsistente apocrifo del vento.
    I miei occhi guardano solo il luogo della sua assenza.

    --

    INFERNO
    ¡Papé Satán, papé Satán, aleppe!
    (Dante)

    Hace un frío mojado de légamos espesos.
    Sobre el agua de hielo de la laguna Estigia
    vuela una garza de humo. Tirita la montaña.

    Son muchos y no gimen. Llevan la vista baja.
    Con lámparas humildes acuden temblorosos
    a la orilla en la ciega noche de las hogueras.
    Arrastran las cadenas de sus pasos confusos
    por el suelo dudoso de aquella selva turbia.

    Perséfone la oscura desata la tiniebla
    con sus perros de sombra
    en torpe confusión de lenguas y de caras
    por el mar invernal de los ahogados.

    Alguien que ya se ha ido ha dejado su parvo
    patrimonio de hierva, su testamento negro
    de lodo y quemaduras.

    Lejos brilla la sangre del relámpago, lejos
    la tormenta levanta su fronda de ecos mudos.
    Los leopardos pasean su vigilia de espantos
    por el agazapado confín del horizonte.

    Mientras sube una torpe colina incadescente,
    una secta desnuda de esclavos del silencio
    arrastra la blasfemia circular de la noche
    eterna del infierno.

    INFERNO

    Fa un freddo umido di fanghi densi.
    Sull'acqua ghiacciata della laguna Estigia
    vola un airone di fumo. Trema la montagna.

    Sono molti e non gemono. Hanno lo sguardo basso.
    Con umili lampade arrivano tremebondi
    alla riva nella cieca notte dei roghi.
    Trascinano le catene dei loro passi confusi
    sul terreno incerto di quella torbida selva.

    Persefone l’oscura libera le tenebre
    con i suoi cani d’ombra
    in goffa confusione di lingue e volti
    attraverso il mare invernale degli annegati.

    Qualcuno che se ne è già andato ha lasciato il suo parvo
    patrimonio d’erba, il suo nero testamento
    di fango e arsure.

    Lontano brilla il sangue del lampo, lontano
    la tormenta solleva la sua fronda di echi muti.
    I leopardi passeggiano lungo la loro veglia di paura
    lungo il rannicchiato confine dell'orizzonte.

    Mentre sale un’impacciata collina incandescente,
    una setta nuda di schiavi del silenzio
    trascina la blasfemia circolare della notte
    eterna dell'inferno.

    --

    DAVID (Florencia)

    No vuelve el corazón, pero la piedra
    pone en tus manos cálidas y en tus dos ojos fuertes
    las tardes más intensas, las mañanas más claras.

    ¿De dónde vienes tú, que no preguntas
    -nunca más hombre alguno miró tan lentamente-
    las noches que limitan nuestra altura?

    ¿De dónde tú, que en suave curvatura
    pisas el corazón de las tinieblas
    y sostienes seguro, con tus tres dedos jóvenes,
    el valor, la belleza, la dignidad del hombre?

    DAVID (Firenze)

    Non torna il cuore, ma la pietra
    mette nelle tue calide mani e nei tuoi forti occhi
    le sere più intense, le mattine più limpide.

    Da dove vieni tu, che non chiedi
    -mai più uomo alcuno ha guardato così lentamente-
    sulle notti che limitano la nostra altezza?

    Da dove tu, che con leggera curvatura
    calchi il cuore delle tenebre
    e sostieni sicuro, con le tue tre giovani dita,
    il valore, la bellezza, la dignità dell'uomo?

    --

    PASTORAL DE OTOÑO
    (Con Leopardi)

    “ed erra l’armonia per questa valle"
    (G. Leopardi)

    Sentado en una piedra
    he aprendido a mirar la tarde con los años,
    más allá del paisaje, más allá de los hombres.
    La luz dominical de una campana blanca
    suena alegre y lejana y viene de la infancia.

    Me he asomado al abismo
    donde el cuervo levanta la urgencia de su vuelo
    con el raudo dibujo de un presagio sin hora.
    Con plenitud de mieses
    está maduro el grano, en sazón la provincia
    boreal de la fruta.

    Segado está ya el trigo y lista la serpiente
    al espasmo ondulante del ciclo riguroso.
    Ya amarillea el hinojo su cruz invertebrada
    contra la tarde leve y sus altos silencios
    de pájaros azules.

    En la base del monte una nube levanta
    su columna barroca densa de agua y de luz.

    Y están solos los ojos en el final estrecho
    de esta tarde de plomo,
    de helado plomo bajo y azul sobre las sierras.

    El águila abandona su extensa envergadura
    a las curvas caudales del viento largo y verde.

    Con el canto del cuco
    algo dice la tarde que el ojo no comprende
    sobre la pesadumbre azul de la genciana,
    sobre la persistente fragilidad del lirio,
    escuetamente blanco contra la piedra gris,
    bajo un ciprés sin nombre.

    Y está cautivo el tiempo en los montes que asalta,
    jadeante, una aspereza de jaras y cantuesos.
    Cautiva la mirada del cielo de otras tardes,
    desarmada y cautiva de la luz cereal
    en donde ardió la infancia.

    Yo no sé si esta tarde regresará otra tarde
    con sus canciones verdes y su luz de campana.

    Yo la fijo en su frágil vuelo y en la subida
    agreste de retamas, en la ruina del arco
    acosado de ortigas,
    con el viento y la arena que desordena el tiempo.

    PASTORALE DI AUTUNNO

    Seduto su una pietra
    ho imparato con gli anni a guardare la sera,
    al di là del paesaggio, al di là degli uomini.
    La luce domenicale di una campana bianca
    suona allegra e lontana e viene dall’infanzia.

    Mi sono affacciato all’abisso
    dove il corvo alza l’urgenza del suo volo
    con il ratto disegno di un presagio senza ora.

    Nella pienezza delle colture
    il grano è pronto, in maturazione la provincia
    boreale della frutta.

    Segato è il frumento e pronto il serpente
    allo spasmo ondulante del ciclo rigoroso.
    Il finocchio ingiallisce già la sua croce invertebrata
    contro la lieve sera e i suoi alti silenzi
    di uccelli blu.

    Nella base del monte una nuvola alza
    la sua colonna barocca densa di acqua e di luce.
    E ci sono solo gli occhi nel finale stretto
    di questa sera di piombo,
    di freddo piombo sotto e blu sulle sierre.

    L’aquila abbandona la sua estesa apertura alare
    alle curve feconde del vento lungo e verde.

    Con il canto del cuculo
    qualcosa dice la sera che l’occhio non comprende
    sulla pesantezza blu della genziana,
    sulla persistente fragilità del giglio,
    schiettamente bianco contro la pietra grigia,
    sotto un cipresso senza nome.

    Ed è prigioniero il tempo nei monti che assale,
    ansimante, un’asprezza di cisto e stecade.
    Cattura lo sguardo del cielo di altre sere,
    disarmato e prigioniero dalla luce cereale
    dove arse l’infanzia.

    Non so se questa sera rifonderà un’altra sera
    con le sue canzoni verdi e la sua luce di campana.
    Io la fisso nel suo fragile volo e nell’agreste
    salita di ginestre, nello sconquasso dell’arco
    vessato da ortiche,
    con il vento e la sabbia che scombina il tempo.

    --

    PLATA MUDA
    (De Chirico)

    ¿Y habrá estatuas de sal del otro lado?
    Olga Orozco

    Por las cúpulas frías del desierto de un sueño,
    donde posa la luna
    su antigua soledad inhabitable en el reloj de un arco,
    viene la plata helada.

    Viene la plata sola por las olas que insisten
    en socavar la arena
    y en dispersar los pecios y enterrar las columnas
    bajo las herraduras de un galope en la orilla.

    Por la música blanca que baja de las violas
    hasta el ojo del hombre y el alfiler del grito
    que sube al corazón desde la sangre,
    por el mármol en sombra que cae en los acueductos
    viene la plata helada y sola de una rosa
    sin sueño y sin memoria.
    Hay máscaras sin nadie que vuelven con la noche
    a posar su vacío en la arena desierta.

    La ceguera de mármol de la estatua.
    Sobre las alamedas sus párpados de yeso
    en las noches con luna.

    Su plata sola y muda
    se posa indiferente
    sobre la incertidumbre del pintor o el poeta.

    ARGENTO MUTO

    E ci saranno statue di sale dall'altro lato?
    Olga Orozco

    Dalle fredde cupole del deserto di un sogno,
    dove la luna posa
    la sua antica solitudine inabitabile nell'orologio di un arco,
    arriva l'argento freddo.

    Viene solo l’argento tra le onde che insistono
    nello scavare la sabbia
    nel disperdere i relitti e nel sotterrare le colonne
    sotto gli zoccoli di un galoppo sulla riva.

    Dalla musica bianca che scende dalle viole
    fino all'occhio dell'uomo e lo spillo del grido
    che sale al cuore dal sangue,
    dal marmo in ombra che cade sugli acquedotti
    arriva l’argento freddo e solo di una rosa
    senza sogno e senza memoria.

    Ci sono maschere senza nessuno che tornano con la notte
    a posare il loro vuoto sulla sabbia deserta.

    La cecità di marmo della statua.
    Nei viali le sue palpebre di gesso
    nelle notti con luna.

    Il suo argento solo e muto
    si posa indifferente
    sull'incertezza del pittore o del poeta.

    --

    ROMA

    Cómo morir aquí, donde la higuera
    trenza el galope en bronce de los siglos
    y extiende su aspereza como si una paloma
    abriese en plena noche la curva de estas tardes.

    ROMA

    Come morire qui, dove l'albero di fico
    intreccia il galoppo in bronzo dei secoli
    ed espande la sua severità come se una colomba
    aprisse nel cuore della notte le anse di queste sere.

    --

    HIJO DE ANQUISES

    Anquises recibe con alegrìa la visita de su hijo
    (Virgilio. Eneida VI, 687)

    Hijo triste de Anquises,
    tú que te preguntabas,
    ante los altos muros de la ausencia
    que proyectan su sombra vacía por los bosques,
    en qué deshabitada habitación de niebla
    se ampara su presencia o su memoria.

    Si volvieras a verlo, si después de cruzar
    el desierto de Libia y sus noches de escarcha
    pudieras rescatarlo
    del reino de tinieblas donde muere...

    Si torpemente hundieras tu mirada,
    tus metódicos ojos que fundaron ciudades
    sobre sus ojos ciegos y sus cuencas vacías,
    verías sólo una sombra.

    No esperes ya su peso
    dulce sobre tus hombros después de la batalla:
    verías sólo el recuerdo de lo que fue su forma,
    un espejismo de aire.

    Te asaltará una pena
    que pesará en tu pecho más que su cuerpo antiguo,
    más que el aire que abrazas
    bajo esta noche oscura de la muerte.

    Será la conmemoración de los despojos
    que noviembre ha dejado con sus flores heladas
    sobre una luz tan fría que recuerda al acero.

    ¿Persiste su recuerdo
    o es sólo ese residuo de rotación y tránsito
    que en el borde cansado de la tarde,
    flota sobre el arroyo y vaga por el soto,
    por la reminiscencia de las regiones póstumas?

    Qué lugar tiene a Anquises, preguntabas,
    en qué hondas vecindades sigilosas
    vive su silenciosa mansedumbre.

    Y ahora lo has comprendido, cuando después de verlo,
    después de hablar con él
    del álgebra implacable de los días,
    te ha abierto las dos hojas de las puertas del sueño:

    Cualquier isla es su tumba cuando llueve,
    cuando la lluvia pone su máscara piadosa
    en la grisalla dura del invierno en el mar.

    FIGLIO DI ANCHISE

    Anquises riceve con gioia la visita di suo figlio
    (Virgilio, Eneida VI, 687)

    Triste figlio di Anchise,
    tu che ti chiedevi,
    dinanzi alle alte mura dell'assenza
    che proiettano la sua ombra vuota nei boschi,
    in quale disabitata abitazione di nebbia
    si ripari la sua presenza o la sua memoria .

    Se lo vedessi di nuovo, se dopo aver attraversato
    il deserto della Libia e le sue notti gelide
    potessi sottrarlo
    al regno delle tenebre dove muore ...

    Se goffamente lasciassi cadere il tuo sguardo,
    i tuoi metodici occhi che hanno fondato città
    in quelli suoi ciechi e nelle sue orbite vuote,
    vedresti solo un'ombra.

    Non attendere più il suo peso
    dolce sulle tue spalle dopo la battaglia:
    vedresti solo il ricordo di ciò che la sua ombra fu,
    un miraggio d'aria.

    Sarai assalito da una pena
    che peserà sul tuo petto più del suo corpo antico,
    più dell'aria che abbracci
    sotto questa notte oscura della morte.

    Sarà la commemorazione delle spoglie
    che novembre ha lasciato con i suoi fiori gelati
    su una luce così fredda che ricorda l'acciaio.

    Persiste il suo ricordo
    o è solo quel rumore di rotazione e transito
    che nel fianco stanco della sera,
    galleggia sul torrente e vaga nella boscaglia,
    lungo la reminiscenza delle regioni postume?

    Quale luogo imprigiona Anchise, domandavi,
    in quale profondo silente spazio circostante
    vive la sua silenziosa mansuetudine.

    E ora lo hai compreso, quando dopo averlo visto,
    dopo aver parlato con lui
    dell'implacabile algebra dei giorni,
    ti ha aperto le due foglie delle porte del sogno:
    qualsiasi isola è la sua tomba quando piove,
    quando la pioggia mette sulla sua maschera pietosa
    nella pesante cupezza dell'inverno nel mare.

    --

    LA MIRADA DEL ÁNGEL

    Sobre un fondo de almagres de Pompeya,
    sobre el incandescente color de los incendios
    que aquí, en los frescos, arde,
    anticipa esta luz sus propias destrucciones.

    Sobre ese fondo almagre han empezado a alzarse
    los días eruptivos del volcán,
    con su lluvia de fuego y su lengua de lava.

    El mundo queda atrás,
    en los misterios órficos y en sus apartamientos
    en la luz transparente de la villa iniciática,
    en el aliento frío que la pared desprende
    al fondo de estos cuerpos calientes y secretos.

    Ardiente y lentamente, va arrasando su cauce
    los cuerpos en escorzo, la sucesión de vértebras
    y aquellos corazones abiertos al misterio
    donde encendió sus piras la liturgia
    o levantó las alas un pájaro de hielo.

    Corona, mirto y túnica, sin que lo viera nadie,
    reptaba sucesivo el frío de la serpiente
    desde la oscura selva que tutelaba un fauno.

    Por esa herida abierta en la que el tiempo pone
    la lepra contagiosa de sus manos,
    los huevos insidiosos de sus declinaciones,
    huye con una lámpara
    el ángel femenino de las sombras.

    Los contempla sereno un Cupido que apoya
    la barbilla infantil en su mano de sombra,
    mientras en la otra mano está en reposo un arco.

    Es el ángel hermético
    la máscara terrible de las calcinaciones,
    es el tiempo impasible
    que le cubrió de fuego la cabeza.

    Ya sólo ese Cupido les observa
    con mirada aburrida, flexionada una pierna
    sobre la rama verde del laurel de los mitos.

    Desde otra selva oscura
    ¿qué ángeles invisibles nos estarán mirando
    igual de indiferentes, igual de imperturbables?

    LO SGUARDO DELL'ANGELO

    Sullo sfondo di almagri* di Pompei,
    sull’incandescente colore degli incendi
    che qui, negli affreschi, arde,
    anticipa questa luce le sue proprie distruzioni.

    Su quello sfondo almagre* hanno cominciato ad alzarsi
    i giorni eruttivi del vulcano,
    con la sua pioggia di fuoco e la sua lingua di lava.

    Il mondo resta indietro
    nei misteri orfici e nelle loro segretezze
    nella luce trasparente della villa iniziatica,
    nel freddo respiro che la parete sprigiona
    in fondo a questi corpi caldi e segreti.

    Ardente e lentamente, va distruggendo il loro canale
    i corpi ripiegati, la successione di vertebre
    e quei cuori aperti al mistero
    dove la liturgia accese le sue pire
    o alzò le ali un uccello di ghiaccio.

    Corona, mirto e tunica, senza che nessuno lo vedesse,
    strisciava successivamente il freddo del serpente
    dall’oscura selva che sorvegliava un fauno.

    Lungo quella ferita aperta in cui il tempo mette
    la contagiosa lebbra delle sue mani,
    le uova insidiose delle sue declinazioni,
    fugge con una lampada
    l'angelo femminile delle ombre.

    Li contempla sereno un Cupido che appoggia
    il mento infantile nella sua mano d’ombra,
    mentre nell’altra mano è a riposo un arco.

    È l'angelo ermetico
    la terribile maschera delle calcinazioni,
    è il tempo impassibile
    che gli coprì di fuoco la testa.

    Ormai solo quel Cupido li osserva
    con sguardo annoiato, una gamba flessa
    sul verde ramo dell'alloro dei miti.

    Da un'altra selva oscura
    quali angeli invisibili ci staranno osservando
    altrettanto indifferenti, altrettanto imperturbabili?

    --

    POMPEYA, 25 DE AGOSTO, AÑO 79

    Otros habían salido de la ciudad volcánica
    algunas horas antes.
    Habían ido dejando las puertas bien cerradas,
    pensaban regresar cuando pasara aquello.

    Se llevaron las llaves de hierro de sus casas,
    anillos de oro y plata, medallones, sestercios,
    estatuillas de bronce de la diosa Fortuna
    o talismanes fálicos
    de probada eficacia en asuntos de amor.

    Algunos se quedaron. Como aquella pareja.

    Con el amanecer, la lluvia de lapilli parecía amainar.
    Y aquellos dos amantes, tras una noche ardiente,
    cogieron al salir tan sólo una lucerna
    que llenaron de aceite para ver en lo oscuro.
    Tenía la forma humana de una cabeza bruna.

    En las puertas del sur –no llegaron más lejos-
    el sacerdote de Isis sólo pudo atrapar
    los gestos impotentes de su huida.
    Retuvo en su mirada un reptil encendido
    que ardía bajo las llamas;
    la luz incandescente de un tiempo sin orillas
    y el silencio inclemente de la piedra fundida.

    POMPEI, 25 AGOSTO, ANNO 79
    Altri avevano lasciato la città vulcanica
    alcune ore prima.
    Avevano lasciato le porte ben chiuse,
    pensavano di ritornare una volta finito tutto.

    Portarono via le chiavi di ferro delle loro case,
    anelli d'oro e d'argento, medaglioni, sesterzi,
    statuette in bronzo della dea Fortuna
    o talismani fallici
    di provata efficacia in questioni d'amore.

    Alcuni sono rimasti. Come quella coppia.

    Con l'alba la pioggia di lapilli sembrava svigorirsi.
    E quei due amanti, dopo una notte ardente,
    presero uscendo solo una lucerna
    che riempirono d'olio per vedere al buio.
    Aveva la forma umana di una testa bruna.

    Nelle porte meridionali - non arrivarono più lontano -
    il sacerdote di Iside poté solo catturare
    i gesti impotenti della loro fuga.
    Trattenne nello sguardo un rettile acceso
    che bruciava sotto le fiamme;
    la luce incandescente di un tempo senza sponde
    e il silenzio inclemente della pietra fusa.

    --

    LA MIRADA DEL ÁNGEL

    Sobre un fondo de almagres de Pompeya,
    sobre el incandescente color de los incendios
    que aquí, en los frescos, arde,
    anticipa esta luz sus propias destrucciones.

    Sobre ese fondo almagre han empezado a alzarse
    los días eruptivos del volcán,
    con su lluvia de fuego y su lengua de lava.

    El mundo queda atrás,
    en los misterios órficos y en sus apartamientos
    en la luz transparente de la villa iniciática,
    en el aliento frío que la pared desprende
    al fondo de estos cuerpos calientes y secretos.

    Ardiente y lentamente, va arrasando su cauce
    los cuerpos en escorzo, la sucesión de vértebras
    y aquellos corazones abiertos al misterio
    donde encendió sus piras la liturgia
    o levantó las alas un pájaro de hielo.

    Corona, mirto y túnica, sin que lo viera nadie,
    reptaba sucesivo el frío de la serpiente
    desde la oscura selva que tutelaba un fauno.

    Por esa herida abierta en la que el tiempo pone
    la lepra contagiosa de sus manos,
    los huevos insidiosos de sus declinaciones,
    huye con una lámpara
    el ángel femenino de las sombras.

    Los contempla sereno un Cupido que apoya
    la barbilla infantil en su mano de sombra,
    mientras en la otra mano está en reposo un arco.

    Es el ángel hermético
    la máscara terrible de las calcinaciones,
    es el tiempo impasible
    que le cubrió de fuego la cabeza.

    Ya sólo ese Cupido les observa
    con mirada aburrida, flexionada una pierna
    sobre la rama verde del laurel de los mitos.

    Desde otra selva oscura
    ¿qué ángeles invisibles nos estarán mirando
    igual de indiferentes, igual de imperturbables?

    LO SGUARDO DELL'ANGELO

    Sullo sfondo di almagri* di Pompei,
    sull’incandescente colore degli incendi
    che qui, negli affreschi, arde,
    anticipa questa luce le sue proprie distruzioni.

    Su quello sfondo almagre* hanno cominciato ad alzarsi
    i giorni eruttivi del vulcano,
    con la sua pioggia di fuoco e la sua lingua di lava.

    Il mondo resta indietro
    nei misteri orfici e nelle loro segretezze
    nella luce trasparente della villa iniziatica,
    nel freddo respiro che la parete sprigiona
    in fondo a questi corpi caldi e segreti.

    Ardente e lentamente, va distruggendo il loro canale
    i corpi ripiegati, la successione di vertebre
    e quei cuori aperti al mistero
    dove la liturgia accese le sue pire
    o alzò le ali un uccello di ghiaccio.

    Corona, mirto e tunica, senza che nessuno lo vedesse,
    strisciava successivamente il freddo del serpente
    dall’oscura selva che sorvegliava un fauno.

    Lungo quella ferita aperta in cui il tempo mette
    la contagiosa lebbra delle sue mani,
    le uova insidiose delle sue declinazioni,
    fugge con una lampada
    l'angelo femminile delle ombre.

    Li contempla sereno un Cupido che appoggia
    il mento infantile nella sua mano d’ombra,
    mentre nell’altra mano è a riposo un arco.

    È l'angelo ermetico
    la terribile maschera delle calcinazioni,
    è il tempo impassibile
    che gli coprì di fuoco la testa.

    Ormai solo quel Cupido li osserva
    con sguardo annoiato, una gamba flessa
    sul verde ramo dell'alloro dei miti.

    Da un'altra selva oscura
    quali angeli invisibili ci staranno osservando
    altrettanto indifferenti, altrettanto imperturbabili?

    --

    TUMBA EN PAESTUM

    Igual que el tiempo, el aire
    abre en la arena a veces surcos indescifrables.

    Vibra lejos la tarde y en un rincón oscuro
    se apaga mudo el tiempo, pero arde la memoria
    y la luz flota entonces igual que el nadador,
    sin peso y sin minutos.

    Como último profeta de un tiempo que ya ha muerto
    en la materia oscura de un corazón sin fondo,
    el nadador sublime se detiene en su salto
    y flota en el vacío, en su eterna caída.

    Cae derecho a su tumba, a las aguas que van
    al reino de los muertos,
    abre el profundo espacio
    de la tarde sin fin, de la noche sin fondo.

    Y permanece inmóvil en el aire intermedio
    de la vida a la muerte parada de las olas,
    en el aire sin tiempo circular que transcurre
    de una tierra de nadie a una tumba sin nombre.

    Es el día sin tamaño, el paisaje sin ecos
    que flota envuelto en niebla,
    contra la espalda lenta de la tarde.

    Y cae sobre la arena
    el martillo incansable de la lluvia.

    TOMBA A PAESTUM

    Come il tempo, l'aria
    apre nella sabbia a volte solchi indecifrabili.

    Vibra lontano la sera e in un angolo buio
    si spegne muto il tempo, ma arde la memoria
    e dunque la luce galleggia come il nuotatore,
    senza peso e senza minuti.

    Come ultimo profeta di un tempo che è già morto
    nella materia oscura di un cuore senza fondo,
    il sublime nuotatore si sospende nel suo salto,
    e galleggia nel vuoto, nella sua eterna caduta.

    Cade dritto nella sua tomba, nelle acque che vanno
    nel regno dei morti
    apre il profondo spazio
    della sera senza fine, della notte senza fondo.

    E rimane immobile nell'aria intermedia
    dalla vita alla morte sospese dalle onde,
    nell'aria senza tempo circolare che trascorre
    da una terra di nessuno a una tomba senza nome.

    E' il giorno senza dimensione, il paesaggio senza echi
    che galleggia avvolto nella nebbia,
    contro la lenta schiena della sera.

    E cade sulla sabbia
    il martello instancabile della pioggia.

    --

    LA LLUVIA EN AGRIGENTO

    Los colores son pájaros paralelos.
    (Roberto Juarroz)

    Cae la lluvia templada y azul sobre el pastor,
    en las flores moradas del final del invierno
    y sobre los ganados en calma de febrero.

    Llueve verde el otoño mientras rezuma lenta
    la tarde sobre el valle que se disuelve al fondo,
    igual que una acuarela.

    Con paciencia arterial arde en los laberintos
    nocturnos del verano.

    Negra lluvia de agosto
    conjuga oscuramente con su diástole líquida
    el material cifrado de los sueños,
    los animales negros de la noche
    y el oleaje opaco del mar de los ahogados.

    Es gris en la mañana con niebla de diciembre
    el color de la lluvia secreta en Agrigento,
    pero cierras el libro y al otro lado oscuro
    del cristal llueve y llueve.

    Sigue lloviendo y tiemblan
    las gotas como pájaros
    de agua sobre las piedras pulidas del camino.

    LA PIOGGIA AD AGRIGENTO
    I colori sono uccelli paralleli.
    (Roberto Juarroz)

    Cade la blu e mite pioggia sul pastore,
    sui fiori viola della fine dell'inverno
    e sul bestiame di febbraio in calma.
    Piove verde l’autunno mentre trasuda lentamente

    la sera sulla valle che si dissolve sullo sfondo,
    come fosse un acquerello.
    Con pazienza arteriale arde nei labirinti
    notturni dell’estate.

    Nera pioggia di agosto
    coniuga cupamente con la sua diastole liquida
    il materiale cifrato dei sogni,
    gli animali neri della notte
    e l’opaca ondosità del mare degli annegati.

    È grigio al mattino con nebbia di dicembre
    il colore della pioggia segreta ad Agrigento,
    ma chiudi il libro e dall'altro lato buio
    del cristallo piove e piove.

    Piove ancora e tremano
    le gocce come uccelli
    di acqua sulle pietre levigate della strada.

    --

    MAÑANA CENARÁS EN SIRACUSA
    Mañana cenarás en Siracusa
    (Cicerón)

    Fue cuando más ardía la isla sobre los pinos
    y discurría un rumor espiral de serpientes
    mientras caía la tarde más allá de las olas,
    debajo de las aguas encendidas del tiempo.

    Aún flotaba en el viento un artificio
    de memoria y olvido,
    el espacio del vértigo del interior de un sueño.

    Y en lo oculto, en lo hondo,
    en donde crece el verde silencio de las cañas,
    crece también el cuenco profundo de la noche,
    germina la secreta sintaxis de los sueños,
    con números oscuros y templos en penumbra.

    Desde los laberintos del bosque de la vida
    viajas al arrabal de los recuerdos,
    a un tiempo sin espacio,
    a una casa sin puertas tras un círculo blanco.

    A la casa del sueño, a un sueño donde eras
    no sólo el personaje, también el escenario,
    el perro oracular que protege la casa
    y conduce al que sueña al reino de los muertos.

    Eras en ese sueño el tiempo sin minutos,
    los lugares, los nombres borrosos del que sueña y del soñado,
    quien pronuncia y escucha
    lo que duerme en los pozos,
    las opacas metáforas de una sibila oscura
    que vive en tu futuro, como tú en su pasado.

    Mañana cenarás en Siracusa,
    oirás en ese sueño.
    Pero no sabrás dónde, si en cárcel o palacio,
    si acompañado o solo.

    Mañana cenarás en Siracusa.
    ¿Y en dónde está el que sueña?

    DOMANI CENERAI A SIRACUSA
    Domani cenerai a Siracusa (Cicerone)

    Fu quando l'isola ardeva di più sui pini
    e scorreva un rumore spirale di serpenti
    mentre calava la sera al di là delle onde,
    sotto le acque accese del tempo.

    Galleggiava ancora nel vento un artificio
    di memoria e oblio,
    lo spazio della vertigine nell’interno di un sogno.

    E nell’occulto, nel profondo,
    dove cresce il verde silenzio delle canne,
    cresce anche il concavo profondo della notte,
    germina la sintassi segreta dei sogni,
    con numeri scuri e templi in penombra.

    Dai labirinti dei boschi della vita
    viaggi verso l’adiacenza dei ricordi,
    a un tempo senza spazio,
    a una casa senza porte dietro un cerchio bianco.

    Alla casa del sogno, a un sogno in cui eri
    non solo il personaggio, ma anche lo scenario,
    il cane oracolare che protegge la casa
    e conduce colui che sogna al regno dei morti.

    Eri in quel sogno il tempo senza minuti,
    i luoghi, i nomi
    sfocati di chi sogna e del sognato,
    chi pronuncia e ascolta
    ciò che dorme nei pozzi,
    le opache metafore di una sibilla oscura
    che vive nel tuo futuro, come tu nel suo passato.

    Domani cenerai a Siracusa,
    Udirai in quel sogno.
    Ma non saprai dove, se in carcere o in palazzo,
    se accompagnato o da solo.
    Domani cenerai a Siracusa.
    E dov'è chi sogna?

  • Il racconto. NELLA MIA VITA
    HO AVUTO SETTE PADRI

    data: 23/03/2021 18:43

    Juan Carlos Méndez Guédez (Barquisimeto, Venezuela, 1967), è dottore in Letteratura Ispanoamericana presso l'Universita di Salamanca. I suoi romanzi pubblicati sono: La ola detenida; El baile de Madame Kalalú; Los maletines; Una tarde con campanas y Arena negra (Premio del libro dell'anno in Venezuela nel 2013). Come racconti ha pubblicato i seguenti titoli: La diosa de agua; La noche y yo; Ideogramas; Hasta luego, Mister Salinger.

    BREVE BIOGRAFÍA DE RAMÓN MÉNDEZ, ALIAS “MI PADRE”

    di Juan Carlos Méndez Guédez
    (trad. Marcela Filippi)

    En la infancia tuve siete padres y todos se llamaban Ramón Méndez.
    Desde muy pequeño, cuando me preguntaban por él, contaba su vida con abundancia de detalles.
    Comprendí luego que los datos no siempre coincidían; algunos eran ciertos, otros eran intuiciones, la mayor parte de ellos derivaban de las palabras que yo tuviese a mano en cada momento.
    Nuestra historia común era demasiado breve como para aspirar a la coherencia. Me abandonó cuando yo era un bebé de pocos meses y sólo coincidimos en un breve acto legal que no es importante para esta narración.
    De él, conservaba apenas un par de fotos; una con su uniforme de gala; blanco, con cordones dorados; otra de civil, con un traje marrón y una corbata mal anudada. Tal vez debido a esas fotos uno de mis siete padres era un sub-oficial del ejército. Y cierto es que la figura de ese militar resultaba la más próxima a la verdad (con el detalle de que según mi versión había sido condecorado por enfrentar a las guerrillas de los años sesenta), pues en otras ocasiones mi padre era marinero y vivía moviéndose en barco por el mundo transportando mercancías. En una tercera historia yo señalaba que había sido un piloto de avión que intentó evitar el bombardeo de La Moneda cuando el golpe contra Allende. Y también en ciertos momentos fue boxeador; un hábil peso welter que solía combatir en Nueva York y que tarde o temprano tendría una oportunidad para luchar por el campeonato contra Sugar Ray Leonard. Hacia la adolescencia, Ramón Méndez se transformó en un agente de inteligencia del CESID español; en un cantante de rancheras que vivía en Guadalajara dando conciertos para un selecto público; y finalmente, en un acaudalado hacendado en Apure que poseía miles de cabezas de ganado y paseaba a caballo por sus miles de hectáreas.
    Ahora que lo pienso, cada una de esas mutaciones no hablaban de él. El modo en que yo lo construía supongo corresponde a momentos de mi vida que olvidé y que ya no importan. Mutaba, mutábamos. Pero había una fijeza: su nombre. Podía describirlo de mil maneras diferentes pero siempre le coloqué su nombre real como un único indicio,
    como la escasa coherencia que él podía otorgarme.
    Por eso, cuando hace semanas yo caminaba por la calle Jugo de Maracaibo y trataba de localizar un lugar donde beberme una limonada, no supe muy bien qué hacer con esa figura renqueante que pasó a mi lado gritando versículos de la Biblia.
    Dudé. La luz. El calor. El sol zumbando en mis sienes. La sed clavada en la garganta como un pico de botella.
    Lo seguí unos metros. Adiviné su espalda; las manos inmensas, los pies pequeños; luego caminé delante de él, distinguí su frente, sus lentes de miope. Al llegar a una esquina lo dejé pasar: una sombra de aire encerrado y loción de afeitar cubierta por ropas ajadas. Apoyé la espalda en una pared. Me había pasado en muchos lugares del mundo; creía reconocerlo y luego descubría que se trataba de otra persona. Supuse que se trataba de una nueva confusión hasta que en una plaza vi que dos hombres lo saludaron a gritos pronunciando su nombre.
    Regresé al hotel Kristoff. Me eché en la cama y puse el aire acondicionado a una temperatura tan baja que me tembló la mandíbula. Quise dormir, pero al final tomé notas de trabajo en mi cuaderno. Había venido a la ciudad para impregnarme del ambiente con que se iniciaría la serie de televisión que tres prestigiosos guionistas estaban preparando para una productora. Una historia de fronteras, narcos, guerrillas, cuyas acciones saltarían entre Maracaibo, Medellín, Ciudad Juárez y Miami. Nada que no se hubiese escrito o grabado antes, pero que por eso mismo contenía grandes posibilidades de éxito.
    Con los años yo me había resignado a mi talento. Un talento muy concreto. Nadie era mejor que yo escribiendo un programa piloto. Los mejores guionistas en español o en inglés me contrataban para que escribiese ese capítulo inicial. Luego ellos continuaban el trabajo. Al parecer, mi habilidad se fatigaba al extenderse. El cansancio, y la abulia me tomaban cuando me tocaba escribir seis, doce, diez, treinta capítulos. Eso era lo que se afirmaba en el medio, y por eso desde años atrás nadie me pedía formar parte estable de un equipo. Yo era el mejor abriendo una historia, pero allí debía abandonarla en mejores manos.
    Ganaba buen dinero por ello. Yo era el encargado de abrir mundos que jamás cerraría. No albergaba quejas, ni aspiraciones. Y además esta vez, la nueva serie me permitió darme un salto a Venezuela, el lugar de dónde me había marchado hacía muchísimo tiempo.
    Mentiría si dijese que esperaba tropezar con mi padre. Cuarenta años habían pasado desde la última vez que nos vimos. Mentiría si dijese que no esperaba que una coincidencia nos acercase. Pero en los breves momentos en que imaginaba ese encuentro el escenario siempre era Caracas, la ciudad donde crecí, donde vivía mi padre cuando conoció a mamá y la llenó de falsas promesas hasta dejarla tirada con un bebé de pocos meses.
    Abrí mi ordenador. Pedí que me subieran una limonada muy fría a la habitación y durante unos instantes pensé si sería posible escribir una historia sobre mi padre; una historia personal, íntima, algo para mí, algo que no fuese un piloto pagado en dólares por unos ejecutivos de México o de Los Ángeles.
    “Ramón Méndez nació en un pueblo del estado Mérida en 1932. Sub oficial del ejército, en algún momento de los años sesenta recibió la oferta de incorporarse a la Academia militar para graduarse como oficial pero prefirió realizar estudios de nutrición en la universidad, y como decía con patético orgullo, fue el primer dietista hombre de América Latina.
    Sus tareas en las fuerzas armadas se ciñeron a vigilar la correcta alimentación de la tropa. En los años ochenta, cuando había alcanzado el rango de Maestro Técnico de Primera, no pudo justificar cierto desvío de dinero en las cuentas de la cocina del cuartel por lo que sus superiores le exigieron solicitase la baja del ejército”.
    Miré mucho rato la pantalla y comprendí que no había mucho más que contar. Al menos yo no tenía mucho más para contar después de años de infructuosas búsquedas. Ya no valían las insólitas vidas que yo le había inventado en el colegio o en el Instituto para sorpresa de esos compañeros míos que siempre tuvieron la gentileza de no advertir las contradicciones de mis historias.
    Me eché en la cama y estuve un rato chateando con Ninoska, una de mis mejores amigas. Le conté lo sucedido. Pareció intrigada, pero luego me confesó que su propio padre se encontraba enfermo en un hospital de Lima. Le di ánimos y envié saludos a aquel hombre al que había conocido en mis tiempos universitarios: un corpachón sonriente que solía invitar a los amigos de Ninoska a maravillosas parrillas en el patio de su casa.
    Cerré los ojos para dormir.
    Lo mejor era apretar mis sesiones de trabajo y largarme de inmediato de Venezuela. Quizá a Perú, para ver a mi amiga, quizá a México para reunirme con los guionistas que me habían contratado. Largarme pronto. Ya.
    Al día siguiente me coloqué en el mismo punto de la calle Jugo. Frente a mis ojos una casa resplandecía con un penetrante color uva; desde las otras fachadas brotaban resplandores amarillos, violetas, magentas, verdes. Durante unos instantes me sentí como una gota de aceite en la que estallaban tonalidades cálidas, colores de fuego y agua.
    Lo vi acercarse de nuevo; llevaba la misma ropa del día anterior, pero esta vez no daba gritos sino que apretaba entre sus manos una Biblia mugrienta. Se detuvo a tomar aire. Por su cojera, comprendí que tenía algún problema en la cadera o en las rodillas. Sonreí. Sería tan fácil darle un empujón y dejarlo tirado en la calle como una de esas cucarachas que permanecen boca arriba, impotentes, desesperadas.
    El sol pareció arder sobre las nubes. Una llamarada gélida recorrió mi espalda cuando Ramón Méndez se detuvo a mi lado y me miró. No soporté la opacidad, la niebla cansada de esos ojos pequeños. Estuve a punto de correr, pero él sonrió unos instantes y luego retomó su camino. Las piernas me temblaban.
    Regresé al hotel y tomé un montón de notas para el programa piloto. Trabajé horas y horas. Sólo me detuve para beber un par de limonadas y ducharme. Esa noche, cuando se fue apagando el cielo, sentía que acababa de subir y bajar una inmensa montaña.
    Hablé con Ninoska para saber sobre la salud de su padre. Dijo que continuaba estable en su gravedad. Le conté luego lo que había sucedido en la calle Jugo; me advirtió que a lo mejor Ramón Méndez me había reconocido. Salté al pensar en esa posibilidad. Después mi amiga susurró que debería abordarlo y hablar con él; por lo que describía sobre sus ropas quizá necesitaría dinero y como un gesto de reconciliación yo podía dárselo. Reí. Podía ser cierto, pero según me contó mamá, Ramón Méndez solía guardar billetes en un calcetín viejo. Gastaba muy poco y jamás echaba mano de esos ahorros aunque la situación de casa lo requiriese con urgencia.
    Cuando se marchó, no dejó ni un bolívar en casa. Tampoco realizó un solo giro o hizo llegar algún regalo. Años después, un abogado y un juez lo obligaron a pasar una mensualidad miserable que llegó de forma discontinua y que desapareció por entero el mes que me hice mayor de edad.
    No. Lo juro. No estaba en mis planes responder a su miseria con generosidad.
    Esa noche puse un bromazepan bajo mi lengua; me quedé dormido mirando series en la tele.
    Dormí la mañana entera y al mediodía contraté un taxi para que me llevase a Punta de Piedra; un pueblo desde el que podía contemplarse el puente sobre el lago de Maracaibo y la silueta de la ciudad. Era un sitio perfecto para algunas escenas en la que los protagonistas podían conversar sobre sus planes. Comí chivo en coco; bebí algunas cervezas y tomé muchas notas.
    Estuve mucho rato mirando el puente: sus líneas perfectas, esa solidez en la que parecía flotar sobre las aguas. Luego contemplé el lago. Me dijeron que estaba muy contaminado pero eso no podía adivinarse al mirar el parpadeo de sus pequeñas olas, de sus corrientes: atmósferas de zafiro y cuarzo, metales derretidos, cremosidad de tierra batida y espuma. Durante instantes, el tiempo desapareció y solo estuve detenido en la persistencia del agua. El lago respiró dentro de mí: sus colores, su rumor, su extensión que parecía crecer hacia el cielo.
    Recordé la leyenda de los indios Arawak. Allí se afirmaba que antes del lago existía en ese punto una frondosa selva, hasta que un día, indignado porque su hija había dejado de cuidarlo y se había marchado con un cazador a recitar versos, el dios del lugar abrió la tierra con tal fuerza que los ríos y el mar entraron con inmenso poderío y sepultaron a todos los seres que poblaban esa tierra. Por eso motivo, ahora el lago tiene una sonoridad propia que no es la del mar ni la de las corrientes fluviales; una sonoridad susurrante que recuerda las voces de la hija del dios y de su amante.
    Regresé a la calle Jugo. Perduraba en mí la visión del agua, sus voces húmedas, solares. Era como si todos esos dioses que alguna vez vivieron dentro del lago hubiesen dejado en mí una pequeña señal de silencio. Quería vaciarme de palabras. No pensar; no decir. Quizá por eso mi mirada se adhirió a la figura de Ramón Méndez cuando apareció en la calle. Esta vez caminaba con mayor lentitud, como si el dolor de los huesos lo estuviese atormentando más que nunca. Por segundos, pensé en contarle que alguna vez fue un hacendado, un piloto de avión, un boxeador de peso welter, un marinero, un espía, un cantante de rancheras, un militar heroico. Decirle sólo eso y largarme. Dejarlo con la perplejidad de descubrir que dentro de su mezquino cuerpo convivieron las muchas personas que su ausencia trazó dentro de mis palabras. Deseaba asomarlo al terror de ser también la hechura de mis historias; el agujero rellenado con frases sueltas que le fui colocando capa tras capa. Imaginé que si le hablaba y le contaba eso, las siguientes noches no dormiría pensando que todos esos fantasmas vivían dentro de él, reclamando un espacio, devorándolo.
    Pero cuando pasó a mi lado, Ramón Méndez se detuvo, me tomó por los dos brazos y dijo con voz asmática: “Hijo mío, hijo mío…Cristo, te ama. No lo olvides, Cristo te ama”.
    Lo vi marcharse. Quise respirar hondo, pero el aire palpitaba como fuego.
    No hubo tiempo para confusiones o dudas porque en la siguiente esquina tropezó con una mujer que llevaba una minifalda azul y una camiseta blanca y también le gritó: “hija mía, hija mía, Cristo te ama”.
    Esa noche hablé un buen rato con Ninoska. No le conté nada de lo sucedido. Ella parecía ausente. Me refería con palabras lentas los comentarios de los médicos. Malas noticias; pésimas previsiones. Su padre se consumía en una cama, lejano, ausente, recorrido tan sólo por quejidos que de tanto en tanto brotaban de su boca como una señal de rendición y derrota.
    - ¿Sabes qué hizo cuando muy pequeña tuve una neumonía?- acotó-, me llevó a su
    cuarto y me acostó al lado de mi madre, y él se sentó en una silla para vigilar toda
    la noche, cada noche. No durmió durante días. Yo lo veía con los ojos enrojecidos
    y el rostro demacrado, acariciando con cansancio el termómetro y las medicinas.
    Bajé al restaurante del hotel y continué tomando notas. Comí un sándwich y bebí una gaseosa. A mi lado, una pareja de canadienses hablaba entre ellos. Escuché que la mujer le contaba al marido la historia de la Virgen de Chiquinquirá. Al parecer, en el siglo XVIII una lavandera encontró una tablita en el lago y al llevarla a casa descubrió la milagrosa imagen de la virgen, por lo que ahora Maracaibo la adoraba en la principal iglesia de la ciudad.
    “El lago, el lago”, pensé, y pude contemplar esa superficie de agua como una palpitación enferma que acompañaba a la ciudad, que la reflejaba y la volvía un temblor húmedo. Desde allí, antes, ahora, surgían los dioses que acompañaban el lugar.
    Esa misma noche soñé que mi padre y yo caminábamos en el fondo del lago; envueltos en burbujas, en petróleo, en arena. Al despertar, corrí al baño y escupí varias veces: un amargo sabor de sal me llenaba la boca.
    Caminé por las calles que frecuentaba Ramón Méndez pero a horas distintas a las que él solían transitarlas. Hablé con algunas personas; logré sacarl algunos datos. El anciano vivía con una prima y se había convertido en evangélico desde hacía un par de años. A partir de ese momento recorría las plazas para predicar la palabra y amenazar a las personas con los infinitos males que caerían sobre la ciudad si ellos no se redimían. Sonreí. Mi padre había conocido la salvación; lástima que yo nunca entré en ella.
    En la tarde visité el Hotel Baralt. Un lugar en ruinas; lleno de habitaciones oscuras, colchones llenos de orine, semen, heces. En un pasillo encontré una máquina de escribir. La acaricié con la yema de mi dedo. A un lado, las ventanas se encontraban cubiertas por cartones agujereados.
    La luz en ese lugar se transformaba en textura de vidrio sucio, de tela polvorienta. Era un sitio perfecto para ubicar allí un crimen que diese pie a buena parte del programa piloto.
    Le pedí al taxista que diese una vuelta por la ciudad. Íbamos con el aire acondicionado al máximo, pero un zumbido recorría mi cabeza de punta a punta. Pensé en mi padre; pensé en el Hotel Baralt. Soné mí nariz con un pañuelo. Un olor a encierro, agua empozada y loción de afeitar inundó el carro.
    Cuando llegué a mi habitación en el Kristoff encendí otra vez el ordenador. Creía tener una buena idea para un cuento. Una mañana, el empleado del Hotel Baralt descubría que durante la noche se habían suicidado siete personas en distintas habitaciones. Un militar retirado, un boxeador, un espía, un ganadero, un piloto, un cantante de rancheras, un marinero. Quedé un buen rato frente a la pantalla. Sólo alcancé a escribir: “Al amanecer, el sol pareció hundirse en las aguas del lago…”.
    Hablé otra vez con Ninoska. Me costó descifrar sus frases entrecortadas. Mezclaba tiempos, historias. Su padre empeoraba. Tan sólo comprendí que un sacerdote había pasado esa mañana para visitarlo.
    La mañana siguiente volví a Punta de Piedra.
    Caminé un trecho hasta que la proximidad del lago me detuvo junto a dos árboles. Apoyé mis manos en los troncos. Miré a los lados, miré a mis espaldas. El sol rechinaba sobre la tierra. No vi ni un alma. Un aire cálido arañó mi rostro. Contemplé el lago y me arrodillé.
    “Si necesitan llevarse a alguien; si es necesario que el tiempo se cumpla otra vez en una persona, les ofrezco a Ramón Méndez. Él y sus siete vidas inútiles ya pueden marcharse; llévenselo a él y dejen en paz al padre de Ninoska”.
    Lo que dije fue mucho más largo. Estuve un rato balbuceando palabras, como si estuviese tirando de un hilo que se resistía. Varias veces me detuve a tomar aire; la atmósfera: pesada, viscosa, burbujeaba en mis pulmones. Rezar para mí era difícil. No tenía fe; jamás la tuve. Por eso pensaba que mi gesto podía ser aún más valioso. Para los creyentes el rezo es una comunicación natural; para mí era un acto impropio; rezaba contra mí mismo; a pesar de mí mismo, como si esas palabras fuesen una botella lanzada al agua con un mensaje que buscaba una remota respuesta.
    Apreté los párpados. Mis manos unidas hicieron fuerza hasta que me hice daño en los dedos. El lago, apacible, brillaba en sus orillas con espumas plateadas.
    - ¿Vos sabéis dónde está Rafito?
    La mujer se detuvo junto a mí, acomodó el montón de bolsas que llevaba en la mano y siguió conversando por el móvil. Durante varios segundos continuó preguntando por una persona. Resoplaba furiosa, iracunda. Me miró de reojo. Continuó caminando y escuché con nitidez el ruido de sus tacones alejándose.
    Apoyé mis manos en la pared color uva. Sentí el calor recorriendo mis dedos. Miré la hora. Volví a mirarla. Necesitaba una limonada en los próximos minutos pero era necesario esperar. Una bandada de guacamayas atravesó el cielo: pensé en letras coloridas flotando sobre una página, moviéndose como frases oleosas, escurridizas.
    Lo vi. Una vez más.
    Ramón Méndez giró en la esquina. Me observó y cruzó la calle para no pasar a mi lado. Al otro lado de la acera alzó la Biblia y gritó: “Cristo te ama, Cristo te ama”. Parecía tener menos dolores en el cuerpo porque su paso fue rápido y me recordó a un potrillo. Lo miré mucho rato. Se fue haciendo pequeño hasta que el sol reverberante lo envolvió en una luz blanca y ya no pude distinguir su silueta.
    Regresé a mi hotel. Pregunté a los botones si era posible mirar el lago desde alguna de sus ventanas y me advirtieron que no. Pedí que me subieran una limonada con mucho hielo. En la habitación me quité la ropa y la lancé sobre un sofá. Permanecí en la orilla de la cama mucho rato. Sin moverme.
    Una llamada sonó en mi móvil. Ninoska. Supe lo que iba a contarme. Lo dejé sonar y sonar. Llamó tres veces más pero no respondí. Luego entré a Internet y compré un billete para México DF. Un botones tocó mi puerta y me entregó la limonada. La coloqué en una mesa. La dejé allí, sin probarla, hasta que sus hielos se derritieron y se convirtió en una sopa ácida.
    Hundí los dedos en el vaso. Miré mis ropas deshechas, tiradas en desorden.
    Imaginé el lago: agua hueca, agua sin fondo, agua sorda. Un abismo en el que ahora sólo vivían burbujas.

    -------
    BREVE BIOGRAFIA DI RAMÓN MÉNDEZ, ALIAS "MIO PADRE"

    Nella mia infanzia ho avuto sette padri e tutti si chiamavano Ramón Méndez.
    Fin da molto piccolo, quando mi chiedevano di lui, raccontavo la sua vita con abbondanza di dettagli.
    In seguito compresi che i dati non sempre coincidevano; alcuni erano veri, altri erano intuizioni, la maggior parte dei quali derivavano dalle parole che avevo a portata di mano in ogni momento.
    La nostra storia comune era troppo breve per poter aspirare ad essere coerente. Mi ha abbandonato quando ero un bambino di pochi mesi e abbiamo coinciso solo in un breve atto legale che non è importante per questa narrazione.
    Di lui, conservavo appena un paio di fotografie; una con la sua uniforme di gala; bianca, con cordoni dorati; un'altra in borghese, in abito marrone e una cravatta annodata male. Forse a causa di quelle foto uno dei miei sette padri era un sottufficiale dell'esercito. Certo è che la figura di quel militare risultava essere la più vicina alla verità (con il particolare che, secondo la mia versione, era stato decorato per aver affrontato le guerriglie degli anni Sessanta). In una terza storia, segnalavo che era stato un pilota di aerei che tentò di evitare il bombardamento de La Moneda durante il colpo di stato contro Allende. E in certi momenti fu anche pugile; un abile welter che combatteva a New York e che prima o poi avrebbe sfidato per il titolo Sugar Ray Leonard. Verso l'adolescenza, Ramón Méndez divenne un agente dei servizi segreti spagnoli del CESID; un cantante di rancheras* che viveva a Guadalajara dando concerti per un pubblico selezionato; e infine, un ricco proprietario terriero di Apure che possedeva migliaia di capi di bestiame e girava a cavallo lungo le sue migliaia di ettari.
    Ora che ci penso, ognuna di quelle mutazioni non parlava di lui. Il modo in cui lo costruivo credo corrispondesse a momenti della mia vita che ho dimenticato e che ormai non contano più. Mutava, mutavamo. Ma c'era un punto fermo: il suo nome. Potevo descriverlo in mille modi diversi, ma gli ho sempre messo il suo vero nome come unico indizio, proprio come la scarsa coerenza che egli poteva darmi.

    Perciò, quando settimane fa camminavo per la via Jugo di Maracaibo cercando di trovare un posto dove poter bere una limonata, non ho saputo cosa fare con quella figura zoppicante che mi è passata accanto urlando versi della Bibbia.

    Esitai. La luce. Il caldo. Il sole che batteva sulle mie tempie. La sete mi si è conficcata in gola come il becco di una bottiglia.
    Lo seguì per pochi metri. Intuì la sua schiena; le mani enormi, i piedi piccoli; poi gli camminai davanti, distinsi la sua fronte, i suoi occhiali da miope. Giunto a un angolo, l'ho lasciai passare: un'ombra d'aria intrappolata e lozione da barba ricoperta da abiti logori. Appoggiai la schiena contro un muro. Mi era accaduto in molti posti del mondo; credevo di riconoscerlo e poi scoprivo che si trattava di un'altra persona. Pensai che fosse un'altra delle tante confusioni, fino a quando in una piazza ho visto che due uomini gridando lo salutavano e pronunciavano il suo nome.
    Tornai all'Hotel Kristoff. Mi buttai sul letto e azionai l'aria condizionata a una temperatura così bassa che la mia mascella sussultò. Volevo dormire, ma alla fine presi appunti di lavoro sul mio taccuino. Ero venuto in città per immergermi nell'atmosfera con cui sarebbe iniziata la serie televisiva, che tre prestigiosi sceneggiatori stavano preparando per una società di produzione. Una storia di confini, trafficanti di droga, guerriglie, le cui azioni si sarebbero svolte tra Maracaibo, Medellín, Ciudad Juárez e Miami. Nulla che non fosse stato scritto o registrato prima, ma proprio per questo aveva grandi possibilità di successo.
    Con gli anni mi ero rassegnato al mio talento. Un talento molto concreto. Nessuno era meglio di me nella scrittura di programmi pilota. I migliori sceneggiatori in spagnolo o in inglese mi hanno assunto per scrivere quel capitolo di apertura. Poi, loro continuavano il lavoro. Apparentemente la mia capacità subiva un calo se la durata si allungava. La stanchezza e l'apatia mi avvolgevano quando dovevo scrivere sei, dodici, dieci, trenta capitoli. Era quanto si affermava al centro, ed è per questo che da anni nessuno mi chiedeva di fare parte stabile di una squadra. Ero il migliore ad inaugurare una storia, ma poi, dovevo lasciarla in mani migliori.
    Guadagnavo bei soldi per questo. Ero l'incaricato di aprire mondi che non avrei mai chiuso. Non esprimevo lamentele, né aspirazioni. E inoltre questa volta, la nuova serie mi ha permesso di fare un salto in Venezuela, il luogo da cui me ne ero andato da molto tempo.
    Mentirei se dicessi che mi aspettavo di incontrare mio padre. Erano trascorsi quarant'anni dall'ultima volta che ci eravamo visti. Mentirei se dicessi che non mi aspettavo che una coincidenza ci avvicinasse. Ma nei brevi momenti in cui immaginavo quell'incontro, lo scenario era sempre Caracas, la città in cui sono cresciuto, dove viveva mio padre quando ha incontrato mamma e l'ha riempita di false promesse finché non l'ha abbandonata con un bambino di pochi mesi.
    Accesi il mio computer. Chiesi che mi portassero una limonata molto fredda in camera, e per alcuni istanti mi domandai se sarebbe stato possibile scrivere una storia su mio padre; una storia personale, intima, qualcosa per me, qualcosa di diverso da un pilota, pagato in dollari da alcuni dirigenti del Messico o di Los Angeles.
    “Ramón Méndez nacque in un paesino nello stato di Mérida nel 1932. Sottufficiale dell'esercito, a un certo punto negli anni Sessanta ricevette l'offerta di entrare nell'Accademia militare per diplomarsi come ufficiale, ma preferì studiare nutrizione all'università e, come disse con patetico orgoglio, fu il primo nutrizionista uomo dell'America Latina.
    I suoi compiti nelle forze armate si limitavano al monitoraggio della corretta alimentazione delle truppe. Negli anni Ottanta, quando aveva raggiunto il grado di Primo Maestro Tecnico, non potendo giustificare una certa distrazione di denaro dai conti della cucina della caserma, i suoi superiori chiesero il suo congedo dall'esercito."
    Ho guardato a lungo lo schermo e ho capito che non c'era molto altro da raccontare. Almeno io non avevo molto altro da raccontare, dopo anni di ricerche infruttuose. Non erano più valide le insolite vite che avevo inventato su di lui a scuola o all'istituto, per la meraviglia di quei miei compagni che avevano sempre avuto la gentilezza di non avvertire le contraddizioni delle mie storie.
    Mi buttai sul letto e chattai con Ninoska, una delle mie migliori amiche. Le raccontai l'accaduto. Sembrava incuriosita, ma poi mi confessò che suo padre era malato in un ospedale di Lima. La incoraggiai e inviai i miei saluti a quell'uomo che avevo conosciuto ai tempi dell'università: un omone sorridente che era solito invitare a meravigliose grigliate nel loro cortile, gli amici di Ninoska.
    Chiusi gli occhi per dormire.
    La cosa migliore era stringere le mie sessioni di lavoro e andarmene immediatamente in Venezuela. Forse in Perù, per vedere la mia amica, forse in Messico per incontrare gli sceneggiatori che mi avevano assunto. Andarmene presto. Subito.
    Il giorno dopo andai allo stesso punto di via Jugo. Davanti ai miei occhi una casa brillava con un penetrante color uva; bagliori gialli, viola, magenta, verdi spuntavano dalle altre facciate. Per alcuni istanti mi sono sentito come una goccia d'olio su cui esplodevano calde tonalità, colori di fuoco e d'acqua.
    Lo vidi avvicinarsi di nuovo; indossava gli stessi abiti del giorno prima, ma questa volta non lanciava urla, bensì stringeva tra le mani una Bibbia sudicia. Si fermò per prendere aria. Dal suo zoppicare, ho capito che aveva un problema all'anca o alle ginocchia. Sorrisi. Sarebbe stato così facile dargli una spinta e lasciarlo steso per strada al contrario come uno di quegli scarafaggi, indifesi, disperati.
    Il sole sembrava ardere sulle nuvole. Una fiammata gelida mi percorse la schiena quando Ramón Méndez si fermò accanto a me e mi guardò. Non sopportavo l'opacità, la nebbia stanca di quegli occhi piccoli. Fui sul punto di fuggire, ma lui sorrise per un istante e poi riprese la sua strada. Mi tremavano le gambe.
    Ritornai in albergo e presi molti appunti per il programma pilota. Lavorai ore e ore. Mi fermai soltanto per bere un paio di limonate e per fare una doccia. Quella notte, mentre il cielo si spegneva, sentivo di essere andato su e giù per un'enorme montagna.
    Parlai con Ninoska per sapere sullo stato di salute di suo padre. Disse che era stabile nella sua gravità. Poi le raccontai cosa era successo in via Jugo; mi disse che forse Ramón Méndez mi aveva riconosciuto. Trasalì al pensiero di quella possibilità. In seguito, la mia amica sussurrò che avrei dovuto avvicinarmi e parlargli; da quanto descritto sui suoi vestiti, forse aveva bisogno di soldi e come gesto di riconciliazione avrei potuto darglieli. Sorrisi. Potrebbe essere vero. Ma secondo mia madre, Ramón Méndez teneva le banconote in un vecchio calzino. Spendeva pochissimo e mai metteva mano su quei risparmi, anche se la situazione in casa lo richiedeva con urgenza.
    Quando se ne andò, non lasciò neanche un bolivar* in casa. E tantomeno ne inviò in seguito o fece mai arrivare un regalo. Anni dopo, un avvocato e un giudice lo costrinsero a passare una misera mensilità, che arrivava in modo discontinuo e che scomparve del tutto il mese in cui divenni maggiorenne.
    No, lo giuro. Non era nei miei piani rispondere alla sua miseria con generosità.
    Quella notte ho messo un bromazepan sotto la lingua; mi addormentai guardando le serie in tv
    Dormii tutta la mattina e a mezzogiorno noleggiai un taxi per farmi portare a Punta de Piedra; un paesino da cui si poteva contemplare il ponte sul lago di Maracaibo e la sagoma della città. Era un luogo perfetto per alcune scene in cui i protagonisti potevano parlare dei loro progetti. Mangiai capra al cocco; bevetti molte birre e presi molti appunti.
    Guardai a lungo il ponte: le sue linee perfette, quella solidità in cui sembrava galleggiare sull'acqua. Poi contemplai il lago. Mi dissero che era molto inquinato, ma ciò non si poteva intuire dallo sfarfallio delle sue piccole onde, e delle sue correnti: atmosfere di zaffiro e quarzo, metalli sciolti, pastosità di terra mescolata e di schiuma. Per alcuni istanti il tempo scomparve e rimasi fermo sulla persistenza dell'acqua. Il lago respirò dentro di me: i suoi colori, il suo rumore, la sua estensione che sembrava crescere in direzione del cielo.
    Ricordai la leggenda degli indiani Arawak. Lì si affermava che prima del lago esistesse, in quel punto, una selva rigogliosa, finché un giorno -indignato perché sua figlia aveva smesso di prendersi cura di lui e se ne era andata con un cacciatore a recitare versi- il dio del luogo aprì la terra con tale forza che i fiumi e il mare entrarono con immensa potenza e seppellirono tutti gli esseri che popolavano quella terra. Per questo motivo, ora, il lago ha un suo proprio suono che non è quello del mare né delle correnti fluviali; un suono sussurrante che ricorda la voce della figlia del dio e del suo amante.
    Sono tornato a via Jugo. La visione dell'acqua perdurava in me, le sue voci umide, solari. Era come se tutti quegli dei che un tempo avevano abitato dentro il lago avessero lasciato in me un piccolo segno di silenzio. Volevo svuotarmi dalle parole. Non pensare; non dire. Forse per questo il mio sguardo si è afferrato alla figura di Ramón Méndez quando apparse sulla strada. Questa volta camminava più lentamente, come se il dolore alle ossa lo tormentasse più che mai. Per alcuni secondi, pensai di dirgli che una volta era stato un allevatore, un pilota di aerei, un pugile welter, un marinaio, una spia, un cantante di rancheras*, un militare eroico. Dirgli solo questo e andarmene. Lasciarlo con la perplessità di scoprire che nel suo corpo meschino avevano coesistito le molte persone che la sua assenza aveva tracciato nelle mie parole. Volevo avvicinarlo al terrore di essere anche la creazione delle mie storie; la lacuna riempita con frasi disgiunte che man mano gli destinavo, strato dopo strato. Immaginai che se gli avessi parlato e gli avessi detto ciò, nelle notti successive non avrebbe dormito pensando che tutti quei fantasmi vivessero dentro di lui, rivendicando uno spazio, divorandolo.
    Ma quando passò accanto a me, Ramón Méndez si fermò, mi prese entrambe le braccia e disse con voce asmatica: “Figlio mio, figlio mio… Cristo, ti ama. Non lo dimenticare, Cristo ti ama”.
    Lo vidi andare via. Avrei voluto fare un respiro profondo, ma l'aria pulsava come il fuoco.
    Non ci fu tempo per la confusione o per i dubbi, perché all'angolo successivo si imbatté su una donna che indossava una minigonna blu e una maglietta bianca, e anche a lei gridò: "figlia mia, figlia mia, Cristo ti ama".
    Quella sera parlai a lungo con Ninoska. Non le dissi nulla dell'accaduto. Lei sembrava assente. Mi riferiva con parole lente le dichiarazioni dei medici. Cattive notizie; previsioni pessime. Suo padre deperiva in un letto, lontano, assente, percorso solo da gemiti che di tanto in tanto gli uscivano dalla bocca come un segnale di abbandono e di sconfitta.
    - Sai cosa fece quando ero molto piccola ed ebbi la polmonite? - precisò-, mi portò in camera sua
    e mi adagiò accanto a mia madre, e lui si sedette su una sedia a vegliare tutta
    la notte, ogni notte. Non dormì per giorni. Lo vedevo con gli occhi rossi
    e il viso scarno, mentre accarezzava con stanchezza il termometro e le medicine.
    Scesi al ristorante dell'hotel e continuai a prendere appunti. Mangiai un panino e bevetti una soda. Accanto a me, una coppia di canadesi stava parlando. Ascoltai che la donna raccontava a suo marito la storia della Vergine di Chiquinquirá. Pare che nel XVIII secolo una lavandaia trovò una piccola tavoletta nel lago e quando la portò a casa scoprì la miracolosa immagine della Vergine, ragion per cui, ora, la città di Maracaibo la adorava nella sua chiesa principale.
    "Il lago, il lago" pensai, e riuscì a contemplare quella superficie d'acqua come una palpitazione inferma che accompagnava la città, che la rifletteva e la trasformava in un fremito umido. Da lì, prima, oggi, sorgevano gli dei che accompagnavano il luogo.
    Quella stessa notte sognai che mio padre ed io camminavamo sul fondo del lago; avvolti nelle bolle, nel petrolio, nella sabbia. Quando mi svegliai, corsi in bagno e sputai più volte: un sapore amaro di sale mi riempiva la bocca.
    Camminai per le strade frequentate da Ramón Méndez, ma in ore diverse da quelle che lui era solito transitare. Parlai con alcune persone; riuscì a ricavarne alcuni dati. Il vecchio viveva con una cugina ed era diventato evangelico da un paio d'anni. Da quel momento percorreva le piazze per predicare la parola e per minacciare le persone con gli infiniti mali che sarebbero piombati sulla città se non si fossero riscattati. Sorrisi. Mio padre aveva conosciuto la salvezza; peccato che io non vi ci sia mai entrato.
    Nel pomeriggio visitai l'Hotel Baralt. Un luogo in rovina; pieno di stanze buie, materassi pieni di urina, sperma, feci. In un corridoio trovai una macchina da scrivere. L'accarezzai con la punta del dito. Da un lato, le finestre erano coperte da cartoni perforati.
    La luce in quel luogo si trasformava in una trama di vetro sporco, di stoffa polverosa. Era un posto perfetto per ambientarvi un crimine che desse spazio a gran parte del programma pilota.
    Chiesi al tassista di fare un giro per la città. Avevamo l'aria condizionata al massimo, ma un ronzio mi trafiggeva la testa da un capo all'altro. Pensai a mio padre; pensai all'hotel Baralt. Mi soffiai il naso con un fazzoletto. Un odore di chiuso, acqua stagnante e lozione da barba inondò la macchina.
    Quando arrivai nella mia stanza al Kristoff , accesi di nuovo il computer. Pensavo di avere una buona idea per una storia. Una mattina, l'impiegato dell'hotel Baralt scopriva che sette persone si erano suicidate in stanze diverse durante la notte. Un militare in pensione, un pugile, una spia, un allevatore, un pilota, un cantante di rancheras, un marinaio. Rimasi a lungo davanti allo schermo. Riuscì solo a scrivere: "All'alba, il sole sembrava sprofondare nelle acque del lago ...".
    Parlai di nuovo con Ninoska. Feci fatica a decifrare le sue frasi spezzate. Mescolava tempi e storie. Suo padre peggiorava. Intesi soltanto che un prete era passato quella mattina a fargli visita.
    La mattina seguente tornai a Punta de Piedra.
    Camminai per un po' fino a quando la prossimità del lago mi costrinse a fermarmi vicino a due alberi. Appoggiai le mani sui tronchi. Guardai ai lati, e alle mie spalle. Il sole imperversava sulla terra. Non vidi neanche un'anima. L'aria calda graffiò il mio viso. Contemplai il lago e mi inginocchiai.
    “Se avete bisogno di prendere qualcuno; se è necessario che il tempo si compia di nuovo in una persona, vi offro Ramón Méndez. Lui e le sue sette inutili vite possono andare via; portate via lui e lasciate in pace il padre di Ninoska. "
    Dissi molto di più. Balbettai parole per un po', come se stessi tirando un filo che faceva resistenza. Diverse volte mi fermai per prendere aria; l'atmosfera: pesante, viscida, ribolliva nei miei polmoni. Pregare per me era difficile. Non avevo fede; non l'ho mai avuta. Ecco perché pensai che il mio gesto potesse essere ancora più prezioso. Per i credenti, la preghiera è una comunicazione naturale; per me era un atto improprio; pregavo contro me stesso; mio malgrado, come se quelle parole fossero una bottiglia gettata in acqua con un messaggio in cerca di una remota risposta.
    Serrai le palpebre. Le mie mani unite esercitarono forza fino a farmi male alle dita. I lembi del lago, quieto, brillavano di schiuma argentea.
    - Sapete dove si trova Rafito?-
    La donna si fermò vicino a me, sistemò le molte buste che teneva in mano e continuò a parlare al cellulare. Per un po' continuò a chiedere di una persona. Sbuffava, furiosa, iraconda. Mi guardò di traverso. Continuò a camminare e sentì con chiarezza il rumore dei suoi tacchi che si allontanavano.
    Appoggiai le mie mani sulla parete color uva. Sentì il calore scorrere tra le mie dita. Guardai l'ora. La guardai di nuovo. Avevo bisogno di una limonata nei prossimi minuti, ma era necessario aspettare. Uno stormo di are attraversò il cielo: pensai a lettere colorate che fluttuavano su una pagina, muovendosi come frasi oleose e sfuggenti.
    Lo vidi. Un'altra volta.
    Ramón Méndez voltò all'angolo. Mi guardò e attraversò la strada per non passare vicino a me. Dall'altra parte del marciapiede alzò la Bibbia e gridò: "Cristo ti ama, Cristo ti ama". Sembrava avere meno dolori nel corpo perché il suo passo era veloce e mi mi fece pensare a un puledro. Lo guardai a lungo. Si fece sempre più piccolo finché il riverbero del sole lo avvolse in una luce bianca e non fui più in grado di distinguerne la sua sagoma.
    Ritornai al mio albergo. Chiesi ai facchini se era possibile guardare il lago da una delle sue finestre. Mi dissero di no. Chiesi che mi portassero in camera una limonata con molto ghiaccio. Mi tolsi i vestiti e li buttati su un divano. Rimasi a lungo sul bordo del letto. Senza muovermi.
    Squillò il mio cellulare. Ninoska. Sapevo cosa mi avrebbe detto. Lo lasciai squillare e squillare. Telefonò altre tre volte ma non risposi. Poi mi collegai a internet e comprai un biglietto per Città del Messico. Un facchino bussò alla mia porta e mi porse la limonata. La misi su un tavolo. La lasciai lì, senza assaggiarla, finché il ghiaccio si sciolse e divenne una zuppa acida.
    Affondai le dita nel bicchiere. Guardai i miei vestiti scomposti, lanciati disordinatamente.
    Immaginai il lago: acqua vuota, acqua senza fondo, acqua sorda. Un abisso in cui, ora, vivevano oramai solo bolle.

    ---
    Ranchera: è un genere musicale popolare della musica messicana
    Bolivar: è la moneta del Venezuela
     

  • "MIO NONNO", TESTO
    AUTOBIOGRAFICO
    DI CASTILLO CASTELLANOS

    data: 22/03/2021 16:58

    Oggi il prof. Freddy Castillo Castellanos, scomparso nello scorso dicembre, avrebbe compiuto 71 anni. Dedico la traduzione di questo suo testo autobiografico - "Con el abuelo", con il nonno - alla memoria di chi è stato per me un amico-maestro, al quale devo tanto, nel giorno in cui avrebbe compiuto 71 anni. I suoi consigli sono stati così importanti che hanno contribuito ad arricchire e a migliorare la mia espressione nella traduzione. Era solito dirmi: "Approfondisci e verifica le fonti, studia sempre, leggi e rileggi, a voce alta. Tieniti lontana dal narcisismo, dalla vanità e dall'ego, solo così potrai concentrarti al meglio nella tua professione. Dubita anche delle certezze, leggi sempre di più...!". Il suo affetto e la sua fiducia, che per me sono stati un dono prezioso, lo hanno spinto a consegnarmi testi autobiografici, come questo, insieme a poesie e altro. Poiché sono consapevole che chi dedica tutta la sua vita alla scrittura la considera una sorta di culto religioso, la cura e la tratta con sacralità, mi sento maggiormente onorata per aver ricevuto questo lascito. Il lettore, quindi, dovrebbe sapere che nella scrittura risiede la profondità dello spirito, quella parte che si offre solo a chi è in grado di capirne l'importanza. Ovunque tu sia, caro Freddy, tanti auguri. Oggi avresti compiuto 71 anni. A te tutta la mia gratitudine per avermi aperto le porte del tuo meraviglioso mondo e del tuo grande cuore!

    CON EL ABUELO

    En caravana los recuerdos pasan, como el tango. Pasan esta vez de la mano de mi abuelo, el único que llegué a conocer: el materno. Ocurrió que anoche vino a mi memoria una práctica suya en los últimos años de su vida, cuando tuve la fortuna de que permaneciera por varios meses en mi casa de la 17, bajo el cuidado de mi madre.

    Además de leer durante casi todo la mañana la edición completa (o casi) del diario El Impulso, se devoraba antes un pequeño matutino que había comenzado a circular por los años finales de los sesenta. Un querido amigo y vecino, que se venía de Caracas, al igual que yo, a pasar vacaciones en Barquisimeto afirmó desde entonces que mi abuelo era “el único lector de El Informador que había en la ciudad”. Y añadió este pedimento: “Como no se limita a los titulares ni a las principales noticias y lo lee todo, merece que le regalen la suscripción”.

    La imagen de mi abuelo con el diario en la mano, así como la frase exagerada de Ramón Guillermo Aveledo, aparecieron anoche ante una pregunta que me hice: “¿Hablé alguna vez con mi abuelo de política?”. Creo que no.

    Mi abuelo se llamaba José Rafael Castellanos Colmenares y era natural de El Tocuyo, donde vivió hasta 1950. Ese año se vino a Barquisimeto como damnificado del terremoto y de sus terribles heridas culturales abiertas todavía. Había nacido en la penúltima década del siglo XIX y durante buena parte de su vida ejerció como tenedor de libros comerciales. De joven tuvo algunas veleidades escriturales que compartió con un amigo. Éste firmaba con el nombre de “Torres Blanca”, mientras él lo hacía con las iniciales de sus nombres de pila, antepuestas al apellido Castilla. Así, fue “J. R. Castillla” en las modestas publicaciones tocuyanas que hizo junto con su compañero Torrealba. Alternaba los versos con la guitarra. Amaba a Rubén Darío y leía a su paisano Bartolomé Losada, padre de los poetas Hedilio y Alcides. Que yo sepa, no se conserva texto alguno de esos entretenimientos literarios, que sólo supe por él y por Óscar, el más memorioso de todos mis tíos.

    ¿Pero, escuché alguna vez a mi abuelo hablar de política? Creo que no. Y no es que el tema le fuese indiferente. En la época de la dictadura de Gómez le dio apoyo y protección a su hermano menor, el poeta Antonio Castellanos, quien sí fue un político activo y figura destacada en las luchas que en Barquisimeto se libraron en pro de la democracia, a partir de la muerte del tirano. En 1946 debió votar con fraternal (o paternal) orgullo para escoger a su hermano Toño como diputado larense ante la legendaria Asamblea Constituyente que presidió el poeta Andrés Eloy Blanco y que produjo la Constitución que sirvió de marco a nuestras primeras elecciones presidenciales directas y universales, que Venezuela aprovechó para darse el lustre de elegir a su máximo novelista: Rómulo Gallegos, quien nueve meses después fue violentamente sacada de la presidencia por unos militares. Como ha recordado el poeta Rafael Cadenas, esos militares “derrocaron a Rómulo Gallegos sin avergonzarse”. Estoy seguro de que mi abuelo, que votó por Gallegos, lamentó con su serenidad de siempre ese duro golpe a la naciente democracia. Once años después, votaría por Betancourt. Pero de esto nunca hablamos. Lo sé por mi madre y por mi tío Óscar, cronistas como fueron de los silenciosos gestos de mi abuelo.

    Mis conversaciones seguidas con él, en los tiempos en que era “el único lector de El Informador” (único lector de todas sus páginas, seguro), se limitaban a las anécdotas o a los comentarios acerca de algunos nombres que aparecían en el periódico. Recuerdo que le agradaba leer el nombre de una periodista de origen tocuyano, vinculada a la familia de comerciantes para quien él trabajó como contabilista mucho tiempo. Por esos años mi abuelo ya era un sordo consumado, pero un sordo que nos dispensaba la permanente cortesía de hablar pasito. Nos acercábamos a su oído menos dañado y se iniciaba un diálogo amable y lleno de humor, con anécdotas en las que nadie era zaherido ni maltratado. Una especie de alegría de la memoria lo acompañaba siempre. Lo acompañó hasta el último momento. Tuve la suerte de despedirme de él. Me acerqué a su lecho de enfermo, a finales de agosto de 1973. Me reconoció y me dijo, lúcido: “Estoy yéndome”. Le di un abrazo y me sonrió. Murió a los tres días: el 2 de septiembre.

    Otra imagen suya que retomé hace unas horas, fue la que un amigo captó en el año 1971, durante una Semana Santa. Marianito Álvarez estaba pasando esos días en mi casa. Después de su infaltable (“inmancable” diría mi abuelo) jugo de naranja, Mariano salió conmigo a comprar cigarros. Cuando regresamos, vio a un anciano elegante, de traje oscuro, encorbatado, que salía de mi casa, erguido y firme.

    -“¿A dónde va, abuelo?

    -“Voy a orar” fue la respuesta.

    Mariano estuvo repitiendo la escena por varios días en Caracas.

    Hoy, en medio de esta catástrofe que vivimos, le pido a mi abuelo que siga orando por nosotros. Su hermosa sonrisa volverá un día de estos.
    --
    Pido se me dispense esta bagatela. Me gustaría darle a la palabra "bagatela" el sentido musical que le habrían otorgado J.R. Castilla y Torres Blanca. Se lo doy. Tal vez la merezca.

     


    CON IL NONNO

    Passano in carovana i ricordi, come il tango. Passano questa volta per mano di mio nonno, l'unico che sono riuscito a conoscere: quello materno. È accaduto che la notte scorsa mi è venuta in mente una sua pratica negli ultimi anni della sua vita, quando ho avuto la fortuna che rimanesse per diversi mesi a casa mia presso la 17*, sotto le cure di mia madre.

    Oltre a leggere di mattina l'edizione completa (o quasi) del quotidiano El Impulso, divorava prima un piccolo giornale mattutino che aveva cominciato a circolare alla fine degli anni sessanta. Un caro amico e vicino, che veniva da Caracas, come me, per trascorrere le vacanze a Barquisimeto, affermò da allora che mio nonno era "l'unico lettore che c'era in città, di El Informador". E aggiunse questa richiesta: "Poiché non si limita ai titoli o alle principali notizie e legge tutto, merita che gli sia dato in regalo l'abbonamento".

    L'immagine di mio nonno con il giornale in mano, così come la frase esagerata di Ramón Guillermo Aveledo, sono apparse ieri sera quando mi sono chiesto: "Ho mai parlato con mio nonno di politica?". Credo di no.

    Mio nonno si chiamava José Rafael Castellanos Colmenares ed era originario di El Tocuyo, dove visse fino al 1950. Quell'anno arrivò a Barquisimeto in quanto vittima del terremoto e delle sue terribili ferite culturali, ancora aperte. Era nato nel penultimo decennio del XIX secolo e per gran parte della sua vita aveva lavorato come contabile commerciale. Da giovane aveva avuto alcune velleità scritturali che condivideva con un amico. Quest'ultimo firmava con il nome di "Torres Blanca", mentre lui lo faceva con le iniziali dei suoi nomi di battesimo, anteposte al cognome Castilla. Quindi, fu "J. R. Castillla” nelle modeste pubblicazioni di Tocuyan che realizzò insieme al suo compagno Torrealba. Alternava i versi con la chitarra. Amava Rubén Darío e leggeva al suo paesano Bartolomé Losada, padre dei poeti Hedilio e Alcides. Che io sappia, non si conserva nessun testo di quegli intrattenimenti letterari, dei quali ho appreso soltanto da lui e da Oscar, il più memorioso di tutti i miei zii.

    Ma ho mai sentito mio nonno parlare di politica? Credo di no. E non era che l'argomento gli fosse indifferente. Al tempo della dittatura di Gómez, diede sostegno e protezione al fratello minore, il poeta Antonio Castellanos, il quale, sì, fu un politico attivo e una figura di primo piano nelle lotte che si combattevano a Barquisimeto per la democrazia, a partire dalla morte del tiranno. Nel 1946 deve aver votato con orgoglio fraterno (o paterno) per scegliere suo fratello Toño come deputato Larense (dello stato di Lara) dinanzi alla leggendaria Assemblea Costituente presieduta dal poeta Andrés Eloy Blanco, che produsse la Costituzione che servì da cornice per le nostre prime elezioni presidenziali dirette e universali, in cui il Venezuela colse l'occasione per darsi il lustro di eleggere il suo più importante romanziere: Rómulo Gallegos, che nove mesi dopo fu violentemente rimosso dalla presidenza da alcuni militari. Come ha ricordato il poeta Rafael Cadenas, quei soldati "rovesciarono Rómulo Gallegos senza vergognarsene". Sono sicuro che mio nonno, che votò per Gallegos, lamentò con la sua solita serenità quel duro colpo alla nascente democrazia. Undici anni dopo, avrebbe votato per Betancourt. Ma di questo non ne abbiamo mai parlato. Lo so da mia madre e da mio zio Oscar, che furono i cronisti dei silenziosi gesti di mio nonno.

    Le mie usuali conversazioni con lui, ai tempi in cui era "l'unico lettore di El Informador" (l'unico lettore di tutte le sue pagine, di sicuro), si limitavano agli aneddoti o ai commenti riguardo alcuni nomi che apparivano sul giornale. Ricordo che gli piaceva leggere il nome di un giornalista di origine di El Tocuyo, legato alla famiglia di mercanti per i quali egli aveva lavorato a lungo come contabile. In quegli anni mio nonno era già un sordo consumato, ma un sordo che ci elargiva la permanente cortesia di parlare piano piano. Ci avvicinavamo al suo orecchio meno danneggiato e si iniziava un dialogo amichevole e pieno di umore, con aneddoti in cui nessuno veniva offeso o maltrattato. Lo accompagnava sempre una sorta di allegria della memoria. Lo accompagnò fino all'ultimo momento. Ho avuto la fortuna di salutarlo. Mi avvicinai al suo letto di malato, alla fine di agosto del 1973. Mi riconobbe e mi disse, lucido: "Me ne sto andando". Gli diedi un abbraccio e mi sorrise. Morì dopo tre giorni: il 2 settembre.

    Un'altra immagine di lui che ho recuperato poche ore fa, è quella che un amico aveva catturato nel 1971, durante una Pasqua. Marianito Álvarez stava trascorrendo quei giorni a casa mia. Dopo il suo inevitabile ("immancabile" direbbe mio nonno) succo d'arancia, Mariano uscì con me a comprare le sigarette. Quando siamo tornati, vide un anziano elegante, in abito scuro, con la cravatta, che usciva da casa mia, dritto e saldo.

    - “Dove stai andando, nonno?

    - "Vado a pregare" è stata la risposta.

    Mariano ripeté la scena per diversi giorni a Caracas.

    Oggi, in mezzo a questa catastrofe che stiamo vivendo, chiedo a mio nonno di continuare a pregare per noi. Il suo bel sorriso tornerà uno di questi giorni.

    ----
    Chiedo venia per questa bagatella familiare. Mi piacerebbe dare alla parola "bagatella" il significato musicale che J.R. Castilla e Torres Blanca gli avrebbero dato. Glielo do io. Talvolta lo meriti..

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    *17 è una strada di Barquisimeto
     

  • PENSIERO E SENTIMENTO
    NELLE POESIE DI CEREIJO

    data: 19/03/2021 13:09

    Questa volta voglio segnalare la grande poesia di José Cereijo. Anzi, 29 sue splendide composizioni, da me tradotte in italiano. Vorrei servirmi delle parole di Javier Lostalé (lettore esperto e prestigioso poeta spagnolo) per descrivere la poesia di Cereijo: "Nutre sia il pensiero che il sentimento, e dà alle cose più quotidiane un nuovo posto e profondità. Al trascorrere del tempo mette il termometro, la memoria e genera malinconia. Il silenzio è il pentagramma dove si trasmettono le note più profonde dell'atto di esistere, dove si sente la promessa di una misteriosa redenzione; silenzio che propizia due esseri a stare insieme, anche senza essersi mai incontrati. La poesia di Cereijo è scritta da un io con tanta verità; fecondazione di esistenza e temperatura etica, che crea consapevolezza nel lettore". Cereijo, oeta e traduttore, è nato a Redondela (Pontevedra) nel 1957 e vive a Madrid.

    INVIERNO EN EL PARQUE

    Paseo por el parque esta mañana

    helada y transparente.

    Los árboles escuetos se dibujan

    contra el silencio gris.

    Ahora es posible ver a cada uno

    en su forma precisa.

    Erguidos o achacosos, nada esconden:

    sólo son lo que son.

    Pensativo, yo paso entre sus formas

    esbeltas y elocuentes,

    silencioso y desnudo, como ellos;

    pero sin esperanza.

    INVERNO NEL PARCO

    Passeggio nel parco in questa mattina

    gelida e trasparente.

    Gli alberi spogli si disegnano

    contro il silenzio grigio.

    Ora è possibile vederli tutti

    nella sua forma precisa.

    Eretti o sofferenti, nulla nascondono:

    sono solo quel che sono.

    Assorto, passo tra le loro forme

    slanciate ed eloquenti,

    silenzioso e nudo, come loro;

    ma senza speranza.

    ---

    TESTAMENTO

    Este profundo azul del cielo en primavera,

    el canto de los pájaros, el rumor de los sueños,

    el amor de los libros, siempre correspondido,

    el silencio del alba,

    el de mi corazón, algunas veces,

    las horas que hacen dulce, secreta la memoria:

    es todo para ella.

    Todo para la muerte, que me ha querido tanto.

    TESTAMENTO

    Questo profondo blu del cielo in primavera

    il canto degli uccelli, il rumore dei sogni,

    l'amore per i libri, sempre corrisposto,

    il silenzio dell'alba,

    quello del mio cuore, alcune volte,

    le ore che rendono dolce, segreta la memoria:

    è tutto per lei.

    Tutto per la morte, che mi ha tanto amato.

    ---

    VEHÍCULO

    No pienses que tu vida es un vehículo

    que te lleva a la muerte

    y nunca se detiene

    y, a veces, acelera.

    Ya sabes que es verdad, pero de qué te sirve.

    VEICOLO

    Non pensare che la tua vita sia un veicolo

    che ti porti alla morte

    e non si fermi mai

    e, a volte, acceleri.

    Sai già che è vero, ma a cosa ti serve?

    ---
    LA MIRADA

    Siempre he querido, siempre,

    escribir un poema.

    Alguna vez mirando

    los árboles, las casas,

    los hombres y sus sombras,

    me parecían a punto

    de resolverse en ser, de ser reales,

    de volver transparentes las palabras

    que lo hicieran posible.

    Pero ha pasado el tiempo,

    y siento, sé, que nada he conseguido,

    excepto esto, que tal vez no es poco:

    hacer, de ese silencio

    -de la oscura inminencia, tal vez imaginaria-

    una forma de vida.

    LO SGUARDO

    Ho sempre voluto, sempre,

    scrivere una poesia.

    Qualche volta, guardando

    gli alberi, le case,

    gli uomini e le loro ombre,

    mi sembravano sul punto

    di tramutarsi in essere, di essere reali,

    di fare trasparenti le parole

    che lo rendessero possibile.

    Ma il tempo è trascorso

    e sento, so, di non aver ottenuto nulla,

    tranne questo, che forse non è poco:

    fare, di quel silenzio

    -dell'oscura imminenza, forse immaginaria-

    una forma di vita.

    ---
    CONTEMPLAS

    Contemplas

    La tarde en la ventana,

    su pura perfección.

    Algo dentro de ti debiera arrodillarse,

    reconocer, gozar

    ese hondo magisterio para el alma.

    CONTEMPLI

    Contempli

    La sera alla finestra,

    la sua pura perfezione.

    Qualcosa dentro di te dovrebbe inginocchiarsi,

    riconoscere, godere

    di quel profondo magistero per l'anima.

    ---

    ARMÓNICO MURMULLO

    Armónico murmullo de las hojas

    en el aire tranquilo de la tarde,

    agudo y leve canto de los pájaros,

    pequeñas, palpitantes flechas vivas;

    aroma silencioso de las flores,

    hondura transparente del crepúsculo.

    Escucha, siente, mira, goza, aprende:

    todo esto tiene que morir, y canta.

    ARMONICO MORMORIO

    Armonico mormorio delle foglie

    nell’aria tranquilla della sera,

    acuto e lieve canto degli uccelli,

    piccole e palpitanti frecce vive;

    aroma silenzioso dei fiori,

    profondità trasparente del crepuscolo.

    Ascolta, senti, guarda, godi, impara:

    tutto questo deve morire, e canta.

    ---

    PAISAJE

    La imagen de las casas lavadas por la lluvia.
    Las nubes poderosas a las que barre el viento.

    Esta luna inicial, y frágil, y amarilla.

    Las primeras estrellas, los espejos del agua, el olor de la

    tierra.

    Para ti voy diciendo estas pequeñas cosas

    que ha perdido tu muerte.

    PAESAGGIO

    L'immagine delle case lavate dalla pioggia.

    Le poderose nuvole che il vento spazza.

    Questa luna iniziale, fragile e gialla.

    Le prime stelle, gli specchi dell'acqua, l'odore della

    terra.

    Per te vado dicendo queste piccole cose

    che la tua morte ha perso.

    ---

    DAÑO

    Quisiera no saber esto que sé: que el amor hace daño,

    que es un veneno lento.

    Una bestia feroz que muerde y que desgarra, y tortura

    constante su aciaga compañía; y que sólo su

    ausencia

    Es más insoportable.


    DANNO

    Vorrei non sapere quello che so: che l'amore fa male,

    che è un veleno lento.

    Una bestia feroce che morde e lacera, e tortura

    costante la sua sciagurata compagnia; e che solo la sua

    assenza

    È ancor più insopportabile.

    ---

    TRISTE ROSA

    La triste rosa ha abierto esta mañana sus pétalos al beso (para ella mortal) del aire y de la luz.
    Al borde de un abismo prodiga su belleza, esa defensa inútil,
    Como si, al revés que nosotros, no buscara con ser la salvación (y aun la desdeñase ocultamente),
    Sino una justificación más honda, y de otro orden. ¿Morirá porque debe? –No, no es verdad, no la
    [defiende su belleza,
    Que sólo hace más triste su final. Es en otro lugar donde es invulnerable (pero, ¿cómo entenderlo?):
    Allí, en aquello que hace de su muerte, de su vida tan breve, un destino en sí mismo.

    TRISTE ROSA

    La triste rosa ha aperto questa mattina i suoi petali al bacio, per essa mortale, dell'aria e della luce.
    Sull'orlo di un abisso prodiga la sua bellezza, quella difesa inutile,
    come se, a differenza nostra, non cercasse di essere la salvezza, (ma la disdegnasse ocultamente),
    bensì una giustificazione più profonda, e di altro ordine. Morirà perché deve? -No, non è vero, non la
    [difende la sua bellezza,
    che rende solo più triste la sua fine. E' in un altro luogo dov'è invulnerabile (ma, come capirlo?):
    lì, in ciò che fa della sua morte, della sua vita così breve, un destino, di per sé.

    ---
    EL AMANTE RECUERDA

    No todo lo he perdido. Queda
    tu nombre. Queda la hondura del silencio después de pronunciarlo.
    Queda lo que no pasa, ni puede pasar nunca:
    lo que nunca ha pasado.

    L'AMANTE RICORDA

    Non ho perso tutto. Rimane
    il tuo nome: Rimane la profondità del silenzio dopo averlo pronunciato.
    Rimane ciò che non accade, né può accadere mai:
    quel che mai è accaduto.

    ---
    ULISES

    Besarte todavía, mientras en los cristales
    una luz indecisa
    anuncia la llegada de un día no previsto
    en el que vivir juntos, pero esta vez a solas.

    Prometerte en voz baja que ya nunca
    me volveré a marchar -y que esta vez sea cierto,
    porque ya no hay caminos
    o perdí su recuerdo.

    Saber, hermosamente,
    que ya todo es mentira, y que no importa,
    porque, después de la verdad, hay vida,
    o, más allá de una verdad, hay otra.

    Y aprender el amor que cabe en tanta ausencia.

    ULISSE

    Baciarti ancora, mentre nei vetri
    una luce indecisa
    annuncia l'arrivo di un giorno non previsto
    in cui vivere insieme, ma questa volta da soli.

    Prometterti a voce bassa che mai più
    partirò di nuovo -e che questa volta sia vero,
    perché non ci sono più strade
    o, ne ho perso il ricordo.

    Sapere, magnificamente,
    che ormai tutto è menzogna, e che non ha importanza,
    perché, dopo la verità, c'è vita,
    o, al di là di una verità, ce n'é un'altra.

    E imparare l'amore che vi è in tanta assenza.

    ---
    NUNCA

    Nunca dormí en tus brazos.
    Nunca me desperté de madrugada y vi el armario, la ventana, los libros,
    o escuché el ruido de las cañerías, los pasos solitarios en la calle,
    y pensé, incrédulo, que, puesto que todo aquello era real,
    tú también debías serlo.
    No supe a qué sabían tus labios, o tu risa.
    No te vi desnudarte.
    No supe ni sabré jamás cómo tus ojos, en el acto del amor, incendiaban la noche.
    Esa ausencia es, lo sé bien, una mutilación irremediable;
    es un triste muñón, que llevaré conmigo hasta la muerte.
    También es, a su modo, forma y prueba de amor; de lúcido y humillado amor;
    de devastado y verdadero amor, que ofrezco a tu recuerdo.


    MAI

    Mai ho dormito tra le tue braccia.
    Mai mi sono svegliato all'alba e ho visto l'armadio, la finestra, i libri
    o sentito i rumori dei tubi, i passi solitari in strada,
    e ho pensato, incredulo, che, poiché tutto ciò era reale,
    anche tu dovevi esserlo.
    Non ho saputo a cosa sapevano le tue labbra, o la tua risata.
    Non ti ho vista denudarti.
    Non ho saputo né saprò mai come i tuoi occhi, nell'atto dell'amore, incendiavano la notte.
    Quell'assenza è, lo so bene, una mutilazione irrimediabile;
    e un triste moncone, che porterò con me fino alla morte.
    E' anche, a modo suo, forma e prova d'amore, di lucido e umiliato amore,
    di devastato e vero amore, che offro al tuo ricordo.

    ---
    CONFESIÓN DE UN AMANTE

    Déjame
    Confiarte un secreto que no he contado a nadie:
    cuando tu enfermedad burlaba la pericia y el saber
    de los médicos,
    También yo, el racionalista, el no apegado a las
    supersticiones,
    Amé los amuletos, sacrifiqué a fantasmas, busqué el
    alivio de la dudosa ciencia
    De astrólogos y magos, suplicando -igual que la mujer
    más ignorante, y con la misma fe desesperada-, tu
    vuelta a la salud.
    Alguna vez, ahora, sonrío amargamente al recordar. Y
    sin embargo,
    Con la misma certeza con que sé que es absurdo, creo
    que volvería a implorar a las sombras,
    Desde la entraña misma de este despavorido corazón,
    demasiado nutrido en el silencio:
    Tanto iguala a los hombres el dolor de lo amado.

    CONFESSIONE DI UN AMANTE

    Lascia
    Che ti confidi un segreto che non ho raccontato a nessuno:
    quando la tua malattia si burlava della perizia e la conoscenza
    dei medici,
    Anche io, il razionalista, quello non attaccato alle
    superstizioni,
    Ho amato gli amuleti, ho sacrificato i fantasmi, ho cercato il
    sollievo dalla dubbiosa scienza
    Di astrologi e maghi, supplicando, proprio come la donna
    più ignorante e con la stessa disperata fede, il tuo
    ritorno alla salute.
    Qualche volta, ora, sorrido amaramente al ricordo. E
    tuttavia,
    Con la stessa certezza con cui so che è assurdo, credo
    che implorerei di nuovo le ombre,
    Dal profondo di questo cuore terrorizzato,
    troppo nutrito nel silenzio:
    Tanto rende uguali gli uomini il dolore di ciò che si ama.

    ---
    ÚLTIMO VERSO DE VIRGILIO

    La historia es conocida:
    ya a punto de morir, pidió Virgilio
    que le dieran su Eneida, para arrojarla al fuego.
    Esas palabras son, a su manera,
    como el último verso de Virgilio,
    el más íntimo y fiel, el más amargo.

    Quién sabe si el más bello.

    ULTIMO VERSO DI VIRGILIO

    La storia è nota:
    ormai sul punto di morire, Virgilio chiese
    che gli fosse data la sua Eneide, per gettarla nel fuoco.
    Quelle parole sono, a modo loro,
    come l'ultimo verso di Virgilio,
    il più intimo e fedele, il più amaro.

    Chissà se il più bello.

    ---
    SEMILLA

    Aquí depositamos, en el oscuro y hondo
    regazo de la tierra,
    estos pálidos restos:una leve semilla
    que no veremos transformarse en árbol.

    Florezca, si es posible en el silencio
    de nuestros corazones,
    como en ese vacío sin nombre y sin medida
    al que llamamos Dios; y que tal vez lo sea.

    SEME

    Qui depositiamo, nello scuro e profondo
    grembo della terra,
    questi pallidi resti: un delicato seme
    che non vedremo trasformarsi in albero.

    Fiorisca, se è possibile, nel silenzio
    dei nostri cuori,
    come in quel vuoto senza nome e senza misura
    che chiamiamo Dio; e che forse lo è.

    ---
    LUZ DE MARZO

    En esta luz de marzo,
    en esta luz estremecida y pura
    que un dios benevolente trajo hoy a tu ventana
    y que hace avergonzarse a tu silencio,
    además de su inmensa, callada compañía,
    hay una lección honda que debes aprender:
    no pueden tus palabras retenerla;
    no pueden mejorarla.

    Acata esa belleza, tan superior a ti, y déjala perderse.
    Y que el silencio sea tu forma de homenaje.

    LUCE DI MARZO

    In questa luce di marzo
    in questa luce struggente e pura
    che un dio benevolo ha portato oggi alla tua finestra
    e che fa vergognare il tuo silenzio,
    oltre alla sua immensa e calma compagnia,
    c'è una profonda lezione che devi imparare:
    le tue parole non possono trattenerla;
    non possono migliorarla.

    Ossequia quella bellezza, così superiore a te, e lascia che si perda.
    Sia il silenzio la tua forma di renderle omaggio.

    ---
    TE MIRARÉ DESPACIO

    Te miré despacio,
    me perderé en tus ojos,
    igual que un viajero
    que se pierde en un bosque
    en el que vive aún
    alguna antigua magia.
    Conoceré el silencio,
    la angustia y la belleza
    que existen en las cosas
    más grandes que nosotros.
    Y luego, al retirar
    mis ojos de los tuyos,
    llenos de tanta vida,
    habrá pasado un siglo.
    Que así el amor construye
    su eternidad, tan breve.

    TI GUARDERÒ LENTAMENTE

    Ti guarderò lentamente
    mi perderò nei tuoi occhi,
    come un viaggiatore
    che si perde in un bosco
    dove vive ancora
    qualche antica magia.
    Conoscerò il silenzio
    l'angoscia e la bellezza
    che esistono nelle cose
    più grandi di noi.
    Poi, ritirando
    i miei occhi dai tuoi,
    pieni di tanta vita,
    sarà trascorso un secolo.
    È così che l'amore costruisce
    la sua eternità, tanto breve.

    ---
    NO POR AMOR, AHORA

    Diste a mi vida luz; después, sabiduría; finalmente,
    amargura:
    Pobres dones del tiempo, que al fin todos reciben.
    Y no obstante fue grato adquirirlos así, en la hondura
    preciosa de tu cuerpo.
    Esto no es un poema de amor; y, sin embargo...

    NON PER AMORE, ORA

    Hai dato luce alla mia vita; poi saggezza; infine,
    amarezza:
    Poveri doni del tempo, che alla fine tutti ricevono.
    Ciò nondimeno è stato piacevole acquisirli così, nella profondità
    preziosa del tuo corpo.
    Questa non è una poesia d'amore; ma, tuttavia ...

    ---
    EL ESPEJO

    No acierto a ser feliz. Todas las cosas
    que busco, que poseo, que me aguardan,
    íntimamente están en otra parte
    a que no sé llegar. Y aunque las mire,
    en ese espejo que es también un sueño,
    callan, y no sé el modo
    de pasar, como Alicia, al otro lado.
    Yo quisiera aprender que también es bastante
    vivir en este cuarto
    de costumbre, poblado de cosas conocidas
    –pero también, aunque en secreto, mágicas–,
    y alzar, de vez en cuando,
    los ojos a su vaga superficie,
    a su extraña certeza imaginaria,
    e inventar algún cuento
    de imágenes hermosas (también eso es la vida:
    lúcido entretenerse),
    en tanto se demora, cortésmente,
    la prevista llegada de la noche.

    LO SPECCHIO

    Non punto ad essere felice. Tutte le cose
    che cerco, che possiedo, che mi attendono,
    intimamente stanno in un altro luogo
    al quale non so arrivare. E anche se le guardo,
    in quello specchio che è anche un sogno,
    tacciono, e io non conosco il modo
    di passare, come Alice, dall'altra parte.
    Vorrei imparare che è anche abbastanza
    vivere in questa camera
    d'abitudine, popolata da cose conosciute
    –ma anche, sebbene in segreto, magiche–,
    e sollevare, ogni tanto,
    gli occhi verso la sua vaga superficie,
    verso la sua strana certezza immaginaria,
    e inventare qualche storia
    di belle immagini (anche questo è la vita:
    un lucido intrattenersi),
    intanto tarda, cortesemente,
    il previsto arrivo della notte.

    ---
    LA ALONDRA

    JULIETA.-¿Quieres marcharte ya? Aún no ha despuntado el día. Era el ruiseñor, y no la alondra, lo que hirió el fondo temeroso de tu oído. Todas las noches canta en aquel granado... ¡Créeme, amor mío, era el ruiseñor!
    ROMEO.- Era la alondra, la mensajera de la mañana, no el ruiseñor... William Shakespeare

    Amar, amar la vida
    sin esperanza alguna,
    sabiéndola tan frágil, y tan corta.

    Saber bien que la alondra
    muy pronto va a cantar
    -que, en realidad, está cantando siempre-,
    y amarla todavía, negándose al engaño
    de que es el ruiseñor, y largo el tiempo.

    Y despedirla luego, cuando raye
    en la colina el día
    que ya no será nuestro,
    con un último beso, más dulce que los otros.

    Saber que es para siempre, que ya nada es posible,
    y apretar aún la mano final que se nos tiende
    con un amor que es casi gratitud,

    y pensar que fue hermoso:

    un don digno de un dios, que aunque no exista
    bien hubiera podido, solamente por eso,
    llegar a ser verdad.

    L'ALLODOLA

    GIULIETTA.-
    Vuoi andare già via? Ancora è lontano il giorno: Era l'usignolo, e
    non
    l'allodola
    che trafisse il tuo orecchio timoroso.
    Canta tutte le notti
    laggiù dal melograno...
    credimi, amore, era l’usignolo!
    ROMEO. -Era l’allodola, messaggera dell’alba,
    non l’usignolo.
    William Shakespeare

    Amare, amare la vita
    senza speranza alcuna,
    sapendola così fragile e così breve.

    Sapere bene che l'allodola
    molto presto canterà
    -che, in realtà, canta sempre-,
    e amarla ancora, sottraendosi all'inganno
    che sia l'usignolo, e molto il tempo.

    E salutarla poi, quando incida
    sulla collina il giorno
    che non sarà più nostro,
    con un ultimo bacio, più dolce degli altri.

    Sapendo che è per sempre, che niente è più possibile,
    e stringere ancora l'ultima mano che ci viene tesa
    con un amore che è quasi gratitudine,

    e pensare che è stato bello:

    un dono degno di un dio, che sebbene non esista
    avrebbe potuto benissimo, solo per quello,
    diventare vero.

    ---
    LA CASA

    Quisiera yo tener un lugar apartado
    en el que vivir, dueño de mi propio destino,
    escuchando la voz honda que sólo toma
    su forma en el silencio.

    Una pequeña casa entre campos y bosques,
    la amistad de las horas, la amistad de los libros,
    algún afecto leve y dulce, que no agravase
    con su peso la vida.

    A veces, en mitad de las horas estériles,
    de los días inciertos, de las noches vacías,
    como un brusco jirón de recuerdo imposible,
    yo siento que me llama.

    Y es consuelo saber que se yergue fielmente;
    que dolor y esperanza, maestros de la vida,
    poco a poco levantan esos frágiles muros
    -¿dónde, sino en mi corazón?

    LA CASA

    Vorrei avere un luogo appartato
    in cui vivere, padrone del mio destino,
    ascoltando la voce profonda che prende forma
    solo nel silenzio.

    Una piccola casa tra campi e boschi,
    l'amicizia delle ore, l'amicizia dei libri,
    qualche affetto mite e dolce, che non aggravi
    col suo peso la vita.

    A volte, nel mezzo delle sterili ore,
    di giorni incerti, delle notti vuote,
    come un brusco brandello di ricordo impossibile,
    sento che mi chiama.

    Ed è confortante sapere che si erge fedelmente;
    che dolore e speranza, maestri di vita,
    a poco a poco sollevano quelle fragili mura
    -dove, se non nel mio cuore?

    ---
    EL SECRETO

    Mis amigos suponen que soy un hombre frío,
    como si todo en mí guardase las distancias
    y no existiera nada capaz de conmoverme.
    Yo sonrío y me callo, celando mi secreto.
    Aunque parezca solo, estoy siempre contigo.
    Y me avergonzaría no ser dueño de mí,
    delante de esos ojos.

    IL SEGRETO

    I miei amici pensano che io sia un uomo freddo,
    come se tutto in me prendesse le distanze
    e non esistesse nulla in grado di commuovermi.
    Sorrido e taccio, celando il mio segreto.
    Anche se sembro solo, sono sempre con te.
    E mi vergognerei di non essere padrone di me stesso,
    davanti a quegli occhi.

    ---

    LITERATURA

    Una tarde de julio
    igual a tantas otras.
    La charla de los pájaros
    en el aire dormido.
    Un perro que camina
    y no sabe hacia dónde.
    Las voces de la gente.
    Una primera estrella.
    Es lo que estás mirando,
    es lo que estás sintiendo:
    es la pura verdad.

    Pura literatura.

    LETTERATURA

    Una sera di luglio
    uguale a tante altre.
    Le ciarle degli uccelli
    nell'aria assopita.
    Un cane che cammina
    e non sa verso dove.
    Le voci della gente.
    Una prima stella.
    È ciò che stai guardando
    è ciò che stai sentendo:
    è la pura verità.

    Pura letteratura.

    ---
    INSTANTE
    Qué instante irrevocable
    anoche en tu jardín! En el estanque,
    la luna, estremecida, nos miraba mirarnos.
    El Tiempo, no atreviéndose
    a reanudar su acostumbrado oficio,
    distante y silencioso vagaba entre las sombras.
    Yo sería el más grande poeta
    si lograse encontrar palabras que dijeran
    lo que no nos dijimos.
    (Así, algunas veces,
    Alá, el Inescrutable, da a quienes le son fieles
    un anticipo mínimo,
    una sombra fugaz del Paraíso).

    Nosotros cambiaremos,
    nos tragará el olvido, el insaciable. Ese instante es más firme:
    vale más que nosotros.

    ISTANTE

    Che irrevocabile istante
    la scorsa notte nel tuo giardino! Nello stagno,
    la luna, tremante, ci guardava guardarci.
    Il Tempo, non osando
    riprendere la sua abituale attività,
    distante e silenzioso vagava tra le ombre.
    Sarei il più grande poeta
    se riuscissi a trovare parole che dicessero
    quanto non ci siamo detti.
    (E' così, che alcune volte,
    Allah, l'Imperscrutabile, dà a coloro che gli sono fedeli
    un minimo anticipo,
    un'ombra fugace del Paradiso).

    Noi cambieremo
    ci inghiottirà l'oblio, l'insaziabile. Quel momento è più solido:
    vale più di noi.

    ---

    ULISES
    Besarte todavía, mientras en los cristales
    una luz indecisa
    anuncia la llegada de un día no previsto
    en el que vivir juntos, pero esta vez a solas.

    Prometerte en voz baja que ya nunca
    me volveré a marchar -y que esta vez sea cierto,
    porque ya no hay caminos
    o perdí su recuerdo.

    Saber, hermosamente,
    que ya todo es mentira, y que no importa,
    porque, después de la verdad, hay vida,
    o, más allá de una verdad, hay otra.

    Y aprender el amor que cabe en tanta ausencia.

    ULISSE

    Baciarti ancora, mentre sui vetri
    una luce indecisa
    annuncia l'arrivo di un giorno non previsto
    in cui vivere insieme, ma questa volta da soli.

    Prometterti a bassa voce che mai più
    partirò di nuovo - e che questa volta sia vero,
    perché non ci sono strade ormai
    ovvero ne ho perso il ricordo.

    Sapere, magnificamente,
    che tutto è ormai una menzogna, e che non importa,
    perché, dopo la verità, c'è vita,
    o, al di là di una verità, ce n'è un'altra.

    E imparare l'amore che vi è in tanta assenza.

    ---
    LOS DONES DEL OTOÑO

    Los dones del otoño
    van estando contigo: la tierna luz cansada,
    la silenciosa gloria del paisaje,
    la familiar torpeza, la
    intimidad con lo que muere. Son una compañía
    más reservada, es cierto, acaso más difícil,
    pero también más fiel: capaz de ser tú mismo
    en una medida en que no lo sería
    la petulancia, el apresuramiento
    del verano. Una riqueza menos obvia,
    pero más permanente.

    I DONI DELL'AUTUNNO

    I doni dell'autunno
    sono con te: la tenera luce stanca,
    la silenziosa gloria del paesaggio,
    la familiare inettitudine, la
    intimità con ciò che muore. Sono una compagnia
    più riservata, è vero, forse più difficile,
    ma anche più fedele: capace di essere te stesso
    nella misura in cui non lo sarebbe
    la petulanza, la premura
    dell'estate. Una ricchezza meno ovvia,
    ma più permanente.

    ---
    QUE LA VEJEZ TE TRAIGA

    Que la vejez te traiga, si te fuera
    concedido llegar a su dominio,
    la mirada tranquila de los viejos
    que ahora toman el sol
    un poco más allá de tu ventana.
    Que también para ti sea entonces la luz,
    la realidad entera, como un pequeño cuarto
    familiar, en que esperar en calma
    a que llegue la noche. Y la tierra,
    la alcoba conocida donde tenderse en paz
    cuando lo pida la hora,
    y el cansancio.

    POSSA LA VECCHIAIA PORTARTI

    Possa la vecchiaia portarti, se ti fosse
    concesso di arrivare al suo dominio,
    lo sguardo tranquillo dei vecchi
    che ora prendono il sole
    poco oltre la tua finestra.
    Possa dunque essere anche per te luce,
    l'intera realtà, come una piccola stanza
    familiare, dove aspettare con calma
    che la notte giunga. E la terra,
    l'alcova conosciuta dove stendersi in pace
    quando lo chiederà l'ora,
    e la stanchezza.

    ---
    MIRA ESA FLOR

    Mira
    esa flor en el vaso
    que dulcemente muere,
    y piensa que no deja
    detrás de sí otra cosa
    sino belleza silenciosa, y calma.

    GUARDA QUEL FIORE

    Guarda
    quel fiore nel bicchiere
    che dolcemente muore,
    e pensa che non lascia
    dietro di sé altro
    che silenziosa bellezza, e calma.

    ---
    IMAGÍNATE A BACH

    Imagínate a Bach, inclinado
    sobre un papel de música, escribiendo
    algo que sólo él, y tal vez el silencio,
    escuchan; algo que acaso sólo vaya a oírse
    una vez, una distraída vez,
    o acaso nunca,
    pero que ha de ser digno del oyente supremo,
    del que no se distrae,
    de aquél que sabe oír, y sabe
    entender, y sabe amar.

    Imagínatelo, para tu vergüenza.

    IMMAGINA BACH

    Immagina Bach, piegato
    su un foglio da musica, scrivendo
    qualcosa che solo lui, e forse il silenzio,
    sentono; qualcosa che possa essere ascoltata
    una volta, una distratta volta,
    o forse mai,
    ma che deve essere degna dell'ascoltatore supremo,
    di chi non si distrae,
    di colui che sa ascoltare, e sa
    intendere, e sa amare.

    Immaginalo, per la tua vergogna.

    (dal libro Árbol desnudo, Renacimiento 2017)

     

  • DA PIU' UN SECOLO
    I VERSI DI RUBEN DARIO
    CI PARLANO
    DEI NOSTRI TORMENTI

    data: 10/03/2021 19:16

    Poeta, giornalista e diplomatico, Rubén Darío è considerato il massimo rappresentante del modernismo letterario in lingua spagnola. In queste tre poesie intitolate "Nocturno/Notturno" Darío (Metapa, Repubblica del Nicaragua, 18 gennaio 1867 - León, Repubblica del Nicaragua, 6 febbraio 1916). affronta il tema dell'insonnia e dell'angoscia esistenziale di fronte alla morte. Vengono delineate analogie tra la vita e il sonno molto interessanti. Queste tre poesie - da me tradotte in italiano - sono caratterizzate da uno stato d'animo meditativo, contemplativo e malinconico in cui i versi sono impreziositi da immagini suggestive con evidenti allusioni ad elementi esotici, tipici dell'estetica modernista. In essi la notte diventa il palcoscenico propizio per esprimere le ansie e i tormenti più profondi che affliggono la nostra esistenza.

    NOCTURNO I

    Quiero expresar mi angustia en versos que abolida
    dirán mi juventud de rosas y de ensueños,
    y la desfloración amarga de mi vida
    por un vasto dolor y cuidados pequeños.
    Y el viaje a un vago Oriente por entrevistos barcos,
    y el grano de oraciones que floreció en blasfemia,
    y los azoramientos del cisne entre los charcos
    y el falso azul nocturno de inquerida bohemia.
    Lejano clavicordio que en silencio y olvido
    no diste nunca al sueño la sublime sonata,
    huérfano esquife, árbol insigne, obscuro nido
    que suavizó la noche de dulzura de plata...
    Esperanza olorosa a hierbas frescas, trino
    del ruiseñor primaveral y matinal,
    azucena tronchada por un fatal destino,
    rebusca de la dicha, persecuciòn del mal...
    El ánfora funesta del divino veneno
    que ha de hacer por la vida la tortura interior,
    la conciencia espantable de nuestro humano cieno
    y el horror de sentirse pasajero, el horror
    de ir a tientas, en intermitentes espantos,
    hacia lo inevitable, desconocido, y la
    pesadilla brutal de este dormir de llantos
    ¡de la cual no hay más que Ella que nos despertará!

    NOTTURNO I

    Vorrei esprimere la mia angoscia in questi versi che abolita
    diranno la mia gioventù di rose e di sogni,
    e lo sfiorire amaro della mia vita
    per un grande dolore e scarse cure.
    E il viaggio verso verso un vago Oriente da barche intraviste,
    e il grano di preghiere che fiorì in blasfemia,
    e gli scuotimenti del cigno tra le pozze
    e il falso blu notturno d’inquisita sregolatezza.
    Lontano clavicornio che il silenzio e l’oblio
    non ha dato mai al sonno la sublime sonata,
    orfana imbarcazione, albero insigne, oscuro nido
    che ingentilì la notte con dolcezza d’argento...
    Speranza profumata d’erbe fresche, canto
    dell’usignolo primaverile e mattinale
    giglio reciso da un fatale destino,
    ricercando la gioia, la persecuzione del male...
    L’anfora funesta del divino veleno
    che infonde nella vita la tortura interiore,
    la temibile coscienza del nostro umano fango
    e l’orrore di sentirsi passeggero, l’orrore
    di andare a tentoni, fra intermittenti paure,
    verso l’inevitabile, l’ignoto, e il
    brutale incubo di questo dormire nei pianti
    di cui soltanto Lei ci sveglierà!

    NOCTURNO II

    A Mariano de Cavia

    Los que auscultasteis el corazón de la noche,
    los que por el insomnio tenaz habéis oído
    el cerrar de una puerta, el resonar de un coche
    lejano, un eco vago, un ligero ruido...


    En los instantes del silencio misterioso,
    cuando surgen de su prisión los olvidados,
    en la hora de los muertos, en la hora del reposo,
    ¡sabréis leer estos versos de amargor impregnados!...

    Como en un vaso vierto en ellos mis dolores
    de lejanos recuerdos y desgracias funestas,
    y las tristes nostalgias de mi alma, ebria de flores,
    y el duelo de mi corazón, triste de fiestas.

    Y el pesar de no ser lo que yo hubiera sido,
    la pérdida del reino) que estaba para mí,
    el pensar que un instante pude no haber nacido,
    ¡y el sueño que es mi vida desde que yo nací!

    Todo esto viene en medio del silencio profundo
    en que la noche envuelve la terrena ilusión,
    y siento como un eco del corazón del mundo
    que penetra y conmueve mi propio corazón.

    NOTTURNO II

    Voi che auscultaste il cuore della notte,
    voi che per l’insonnia tenace avete udito
    la chiusura di una porta, il risuonare di un cocchio
    lontano, un’eco vaga, un leggero rumore...

    Negli istanti del silenzio, misterioso,
    quando escono dalla loro prigione i dimenticati,
    nell’ora dei morti, nell’ora del riposo,
    saprete leggere questi versi di amarezza impregnati...

    Come in un bicchiere, riverso su di loro i miei dolori
    di lontani ricordi e disgrazie funeste,
    e le tristi nostalgie della mia anima, ebbra di fiori,
    e il lutto del mio cuore, triste di feste.

    E il rimpianto di non essere quello che sarei stato,
    la perdita del regno che c’era per me,
    il pensare che per un istante, avrei potuto non nascere,
    e il sogno, che è la mia vita, da quando sono nato!

    Tutto ciò giunge in mezzo al silenzio profondo
    in cui la notte avvolge la terrena illusione
    e sento come un’eco del cuore del mondo
    che penetra e commuove il mio proprio cuore.

    NOCTURNO III

    Silencio de la noche, doloroso silencio
    nocturno… ¿Por qué el alma tiembla de tal manera?

    Oigo el zumbido de mi sangre,
    dentro de mi cráneo pasa una suave tormenta.
    ¡Insomnio! No poder dormir y, sin embargo,
    soñar. Ser la auto-pieza
    de disección espiritual, ¡el auto-Hamlet!
    Diluir mi tristeza
    en un vino de noche
    en el maravilloso cristal de las tinieblas…
    Y me digo: ¿a qué hora vendrá el alba?
    Se ha cerrado una puerta…
    Ha pasado un transeúnte…
    Ha dado el reloj tres horas… ¡Si será ella!…

    NOTTURNO III

    Silenzio della notte, doloroso silenzio
    notturno...Perché l’anima trema in tal maniera?
    Sento il pulsare del mio sangue,
    dentro del mio cranio passa una leggera tempesta.
    Insonnia! non potere dormire e, tuttavia,
    sognare. Essere la propria parte
    di dissezione spirituale, l’auto-Amleto!
    Diluire la mia tristezza
    in un vino di notte
    in un meraviglioso cristallo delle tenebre...
    E dico a me stesso: a che ora arriverà l’alba?
    Si è chiusa una porta...
    Un passante è passato...
    L’orologio ha indicato tre ore...Se sarà lei!...

    (da Cantos de vida y esperanza, 1905)
     

  • POESIE DI RAFAEL CADENAS
    (ANALISI DI CASTELLANOS
    E TRADUZIONE IN ITALIANO)

    data: 03/03/2021 17:48

    Rafael Cadenas, Barquisimeto, Venezuela 1930.
    Introduzione e analisi del Prof. Freddy Castillo Castellanos (Barquisimeto 27/03/1950-12/12/2020)

    “Sola./insicura,/perentoria parola,/casa senza inganni.//Per lei vorrei/la forza/degli alberi“. Quella breve poesia di Un’isola (1958) potrebbe servirci per collocare in Rafael Cadenas un primo legame con quella che più tardi sarebbe stata una sua costante: la limpidezza della scrittura.
    Da Intemperie e Memoriale, editi lo stesso anno (1977), la poesia di Cadenas, dopo un silenzio editoriale di un decennio, inizia a transitare un cammino diverso. Fu, in realtà, l’ingresso del poeta in quella casa senza inganni che aveva denominato in Un’isola. Dietro rimaneva la torrenziale eloquenza de I quaderni dell’esilio (1960), ma non l’insegnamento di quel viaggio e, tantomeno, l’acuta e lucida introspezione delle sue False manovre (1966), del tutto estranea alle egocentriche ostentazioni di certa poesia che era solita stancare le pubblicazioni, così come fa oggi con le reti sociali. Si trattava di un cambiamento, sì, ma anche di una perseveranza etica. Non molto tempo fa, in un’intervista, Cadenas ha detto che la sua poesia proveniva dalla poesia stessa, per poi andare in direzione della temperanza.
    Ana Nuño, nel magnifico prologo che scrisse per la prima antologia di Rafael Cadenas pubblicata in Spagna (Antologia, Visor, 2000), affermava che ne “I quaderni dell’esilio il poeta rimarcava meno la sua notorietà per bonificare un terreno previamente segnato da altre voci“, e ci invita a leggere quel leggendario libro di Cadenas come “il minuzioso, dettagliato rapporto di un viaggiatore che, prima di salpare e intraprendere un lungo viaggio fa una revisione di ciò che fino ad allora erano stati i suoi averi. “I quaderni” è da quel punto di vista, la messa in pratica del disegno eliotiano: “set my lands in order”
    Seguendo il filo di Ana, potremmo dire che la voce poetica di Cadenas è stata anche una “terra conquistata all’aridità” (Memoriale). Da Intemperie, come dice nella poesia con la quale conclude il libro, il poeta cerca che ogni parola “rechi ciò che dice./ Che sia come la scossa che la sostiene“. Penso che ciò che appare nei versi di Un’isola, citati all’inizio di questa nota si è reso evidente nel testo precisato di Intemperie (Ars poetica) incluso nella breve selezione che leggerete qui.
    Affermare che Rafael Cadenas è uno dei poeti viventi più importanti del Venezuela è ormai un luogo comune. E non per questa ragione smetterò di ripeterlo, soprattutto quando importanti premi internazionali, oltre a confermare ciò, ne estendono la validità di quella frase ad altre regioni del mondo. Così posso anche emendare l’enfasi (contraria, certamente, allo spirito del poeta) e dire, con orgoglio barquisimetano, che Cadenas è tra i più importanti poeti viventi della lingua spagnola.
    A partire dal 2009, col Premio di Letteratura in Lingue Romanze, che assegna la Fiera Internazionale del Libro di Guadalajara (FIL, il principale appuntamento editoriale del mondo ispano), si ha dato inizio a quei meritati riconoscimenti che il “Lorca”, nel 2015, e il “Reina Sofia” nel (2018) non hanno fatto altro che ratificare. A questo dobbiamo aggiungere i vari studi e articoli che un numero crescente di critici e lettori hanno dedicato all’opera del venezuelano, in Spagna, in Messico e in altri paesi. Quindi, ora, è possibile leggere da Maria Fernanda Palacios, la nostra più grande saggista, le parole che condivido:
    “Prima era più semplice scrivere su Rafael Cadenas. Pochi sapevano, fuori dal Venezuela, chi fosse. Pochi conoscevano i suoi libri, e lo avevano ascoltato. Gira ancora la leggenda che il poeta non parli. Non è vera. Qui alcuni vorrebbero che fosse verità, o che parlasse di meno, perché oggi a Cadenas lo si legge e lo si ascolta anche fuori dai nostri confini…” e ciò che egli dice “fa contrasto” (M. F. Palacios, Cuadernos Hispanoamericanos Nro.780, giugno 2015).
    Con la precedente citazione, non solo possiamo sottolineare quanto detto a proposito del meritato interesse che l’opera di Cadenas suscita fuori dal Venezuela, ma anche del carattere libero e civile di quella voce che contrasta con lo stridore e la sottomissione. Proviene da una coscienza pulita e da una profonda indagine intellettuale. Da non dimenticare che il poeta è anche un uomo di pensiero, così come lo rivela la poesia, i suoi saggi, i suoi aforismi, i suoi detti e annotazioni. Certamente tutta la sua opera (Messico, 2000 e Spagna, 2007) suggerisce una lettura di Cadenas, nella quale dialogano armoniosamente la sua poesia e la sua prosa, come se la seconda sorgesse dalla prima. O viceversa.
    Nato a Barquisimeto nel 1930, Cadenas ha pubblicato le sue prime poesie quando aveva appena sedici anni. Raccolta sotto lo stesso titolo Canti iniziali (1946); quei testi ora sono una rarità. Oltre a non essere stati più rieditati, di solito, non appaiono nemmeno nella bibliografia nota dell’autore. La ristretta selezione che qui leggerete include un testo di quel libro quasi segreto. Crediamo che si tratti di un piccolo gioiello giovanile. Lo seguono Tu che cammini (Un’isola), Nomi e Fallimento (False manovre), Ars poetica (Intemperie) e finalmente, La ricerca (Busta aperta, 2012).
    Nell’ultima poesia della selezione, l’autore ci dice che, “…concluso il viaggio/abbiamo sentito che in noi/ (…) era nata/un’altra tempra“. Già in Memoriale (1977), in un testo dal titolo Nel giardino dopo le devastazioni, l’alba aveva dato alla città del poeta quell’ “altra tempra“. Fortunatamente per i suoi lettori, con essa, Cadenas continua a scrivere la sua luminosa poesia. L’impeccabile traduzione di Marcela Filippi Plaza ci permette ora di apprezzarla in italiano.

                                                                                *****
    “Sola,/insegura,/ apremiante palabra,/ casa sin atavíos.// Para ella desearía/ la fuerza/ de los árboles”. Ese breve poema de Una isla (1958) podría servirnos para situar en Rafael Cadenas una temprana conexión con lo que habría de ser más tarde una constante suya: la limpidez de la escritura.
    A partir de Intemperie y Memorial, editados el mismo año (1977), la poesía de Cadenas, tras un silencio editorial de una década, comienza a transitar un camino distinto. Fue, en verdad, la entrada del poeta a esa casa sin atavíos que había nombrado en Una isla. Atrás quedaba la torrencial elocuencia de Los cuadernos del destierro (1960), pero no la enseñanza de ese viaje, menos aún, la aguda y lúcida introspección de sus Falsas maniobras (1966), ajena del todo a los egocéntricos alardes de cierta poesía que acostumbraba fatigar las imprentas como lo hace ahora con las redes. Se trataba de un cambio, sí, pero también de una perseverancia ética. No hace mucho, en una entrevista, Cadenas dijo que su poesía había venido de la poesía misma, para dirigirse después hacia la contención.
    Ana Nuño, en el magnífico prólogo que escribió para la primera antología de Rafael Cadenas publicada en España (Antología, Visor, 2000), afirma que en Los cuadernos del destierro “el poeta busca menos ‘declarar su nombradía’ que desbrozar un terreno previamente acotado por otras voces” y nos invita a leer ese legendario libro de Cadenas como “el minucioso, pormenorizado informe de un viajero que, antes de zarpar y emprender una larga travesía, hiciera un repaso a lo que hasta ese entonces han sido sus pertenencias. Los cuadernos es, desde este punto de vista, la puesta en práctica del designio eliotiano: set my lands in order”.
    Siguiendo el hilo de Ana, podríamos decir que la voz poética de Cadenas fue también una “tierra ganada a las sequedades” (Memorial). Desde Intemperie, como lo dice en el poema con el que cierra el libro, el poeta busca que cada palabra “lleve lo que dice./ Que sea como el temblor que la sostiene”. Pienso que lo asomado en los versos de Una isla, citados al inicio de esta nota, se hizo evidente en el aludido texto de Intemperie (Ars poetica), incluido en la breve selección que leerán acá.
    Afirmar que Rafael Cadenas es uno de los poetas vivos más importantes de Venezuela es ya un lugar común. No por eso voy a dejar de repetirlo, máxime cuando importantes premios internacionales, además de confirmarla, extienden la validez de la frase hacia otros territorios. Así, puedo retocar el énfasis (contrario al espíritu del poeta, por cierto) y decir, con orgullo barquisimetano, que Cadenas es uno los poetas vivos más importantes de la lengua española.
    A partir del 2009, con el Premio de Literatura en Lenguas Romances que otorga la Feria Internacional del Libro de Guadalajara (FIL, la principal cita editorial del mundo hispano), se dio inicio a esos merecidos reconocimientos, que el “Lorca”, en el 2015, y el “Reina Sofía” en el año (2018), no han hecho más que ratificar. A ello debemos añadir los diversos estudios y artículos que un número cada vez mayor de críticos y lectores han dedicado a la obra del venezolano, en España, México y en otros países. De ese modo, ahora es posible escuchar de María Fernanda Palacios, nuestra mayor ensayista, estas palabras que comparto:
    “Antes era más fácil escribir sobre Rafael Cadenas. Pocos sabían, fuera de Venezuela, quién era. Pocos conocían sus libros o lo habían escuchado. Corre aún la leyenda de que el poeta no habla. No es cierta. Aquí algunos querrían que esto fuera verdad, o que hablara menos, porque hoy a Cadenas se le lee y se le escucha incluso fuera de nuestras fronteras…” y lo que dice «hace contraste» (M.F. Palacios, Cuadernos Hispanoamericanos Nro. 780, junio de 2015).
    Con la cita anterior no sólo podemos subrayar lo dicho acerca del creciente y merecido interés que la obra de Cadenas suscita actualmente fuera de Venezuela, sino también el carácter libre y civil de esa voz que contrasta con la estridencia y la sumisión. Proviene de una conciencia limpia y de una honda indagación intelectual. No olvidemos que el poeta es también un hombre de pensamiento, como lo revelan, además de su poesía, sus ensayos, sus aforismos, sus dichos y sus anotaciones. Por cierto, su Obra entera (México, 2000 y España, 2007) sugiere una lectura de Cadenas en la que dialogan armoniosamente su poesía y su prosa, como si la segunda surgiese de la primera. O viceversa.
    Nacido en Barquisimeto en 1930, Cadenas publicó sus primeros poemas cuando tenía apenas dieciséis años. Reunidos bajo el título Cantos iniciales (1946), esos textos son ahora una rareza. Aparte de no haber sido nunca reeditados, no suelen figurar dentro de la bibliografía conocida del autor. La apretada selección que leerán acá incluye un texto de ese libro casi secreto. Creemos que se trata de una pequeña joya juvenil. Le siguen Tú que caminas (Una isla), Nombres y Fracaso (Falsas maniobras), Ars poetica (Intemperie) y finalmente, La búsqueda (Sobre abierto, 2012).
    En el último poema de la selección, el autor nos dice que, “…concluido el viaje/ sentimos que en nosotros/ (…)/ había nacido/ otro temple”. Ya en Memorial (1977), en un texto titulado En el jardín después de los estragos, el amanecer le había entregado a la ciudad del poeta ese “otro temple”. Para fortuna de sus lectores, con él, Cadenas sigue haciendo su luminosa poesía. La impecable traducción de Marcela Filippi Plaza nos permite ahora apreciarla en italiano.

    Barquisimeto, 30 de julio de 2018
    Freddy Castillo Castellanos
    (Venezuela)
    versione italiana di Marcela Filippi Plaza

    ***
    La mia casa è sola
    La mia casa è sola
    un giorno l’abbiamo lasciata tra penosi addii di madre
    abbiamo suonato e nessuno risponde,
    la mia casa è sola, la nostra casa fratello, è sola
    e nemmeno so cosa vi sarà rimasto dentro.
    (Canti iniziali, 1946)
    Mi casa está sola
    Mi casa está sola
    la dejamos un día entre lastimosas despedidas de madre
    tocamos y nadie contesta,
    mi casa está sola, nuestra casa hermano, está sola
    y ni sé qué habrá quedado allá adentro.
    (Cantos iniciales, 1946)

    ***
    Tu che cammini…
    Tu che cammini in questa notte nella solitudine della strada, vai piena di baci che non hai dato.
    Dell’amore ignori la scrittura prodigiosa.
    Sebbene tu non mi conosca, nel mio corpo trema lo stesso mare che danza nelle tue vene.
    Accogli i miei occhi millenari, il mio corpo ripetuto, il sussurro della mia sabbia.
    (Un’isola, 1958)

    Tú que caminas…
    Tú que caminas esta noche en la soledad de la calle, vas llenas de besos que no has dado.
    Del amor ignoras la escritura prodigiosa.
    Aunque no me conoces, en mi cuerpo tiembla el mismo mar que en tus venas danza.
    Recibe mis ojos milenarios, mi cuerpo repetido, el susurro de mi arena.
    (Una isla, 1958)

    ***
    Nomi
    Ti chiami foglia umida, notte di appartamento solo, vicissitudine,
    campana, levigatezza, e lascivia, ingenuità, morbidezza della pelle, luna piena,
    crisi
    oh mia grotta , mio anello di Saturno, mio loto da mille petali
    Eufrate e Tigri, riccio di mare, ghirlanda, Jano, recipiente, tortora, S. e
    trifoglio
    ovipara
    uva, vello e pietrificazione
    potresti chiamarti…
    ma il tuo nome è
    letto, lavandino, dentifricio, caffè, prima sigaretta,
    poi sole da taxi, acacia, ti chiami anche acacia e six pi
    em -em- o half past six o seven,
    birra e Shakespeare
    e ti chiami di nuovo foglia umida, notte d’appartamento solo
    giorno dopo giorno,
    sì, hai tanti nomi
    e non posso chiamarti
    tutto così assurdo come quelle mattine senza amore che lo specchio
    dei bagni raccoglie e protegge
    tutto così desolatamente inavvicinabile
    tutto così causa persa.
    (False manovre, 1967)

    Nombres
    Te llamas hoja húmeda, noche de apartamento solo, vicisitud,
    campana, tersura y lascivia, ingenuidad, lisura de la piel, luna llena, crisis
    oh mi cueva, mi anillo de Saturno, mi loto de mil pétalos
    Éufrates y Tigris, erizo de mar, guirnalda, Jano, vasija, tórtola, S. y trébol
    ovípara
    uva, vellocino y petrificación
    podrías llamarte…
    pero tu nombre es
    lecho, lavamanos, dentífrico, café, primer cigarrillo,
    luego sol de taxis, acacia, también te llamas acacia y six pi em
    –em- o half past six o seven,
    cerveza y Shakespeare
    y vuelves a llamarte hoja húmeda, noche de apartamento solo
    día tras día,
    sí, tienes tantos nombres
    y no te puedo llamar
    todo tan absurdo como esas mañanas sin amor que el espejo de los
    baños recoge y protege
    todo tan desoladamente inabordable
    todo tan causa perdida
    (Falsas maniobras, 1967)

    ***

    Fallimento
    Quanto ho preso per vittoria è solo fumo.
    Fallimento, linguaggio di sottofondo, varco di uno spazio più
    esigente, difficile da decifrare è la tua scrittura.
    Quando mettevi il tuo marchio sulla mia fronte, non ho mai pensato
    nel messaggio che portavi, più prezioso di tutti i trionfi.
    Il tuo fiammeo volto mi ha perseguitato ed io non sapevo allora
    che fosse per salvarmi.
    Per il mio bene mi hai lasciato agli angoli, mi hai negato
    facili successi, mi hai privato delle vie di fuga.
    Era me che volevi difendere non conferendomi luce.
    Per puro amore per me hai governato il vuoto che in tante
    notti mi ha fatto parlare febrilmente a un’assente.
    Per proteggermi hai ceduto il passo ad altri, hai permesso
    che una donna preferisse qualcuno più deciso, mi hai distolto
    da licenze suicide.
    Tu sei sempre intervenuto per prestare aiuto.
    Sì, il tuo corpo piagato, sputato, odioso, mi ha accolto
    nella mia forma più pura per consegnarmi all’essenzialità del
    deserto.
    Per pazzia ti ho maledetto, ti ho maltrattato, ti ho bestemmiato.
    Tu non esisti.
    Sei stato inventato da una delirante superbia.
    Quanto ti devo!
    Mi hai elevato a un nuovo rango pulendomi con una spugna
    ruvida, gettandomi al mio vero campo di battaglia, cedendomi
    le armi che il trionfo abbandona.
    Mi hai condotto per mano verso l’unica acqua che possa riflettermi.
    Grazie a te non conosco l’angoscia di recitare un ruolo, di reggermi
    per forza a un gradino, salire con sforzi propri, litigare per
    gerarchie, gonfiarmi fino a scoppiare.
    Mi hai reso umile, silenzioso e ribelle.
    Non ti canto per ciò che sei, ma per ciò che non mi hai lasciato essere.
    Per non darmi un’altra vita. Per avermi tenuto stretto.
    Mi hai offerto solo semplicità.
    Certamente mi hai educato con durezza, e tu stesso portavi
    il cauterio! E mi hai anche dato la gioia di non
    temerti.
    Grazie per togliermi volume in cambio di una scrittura piena.
    Grazie a te mi hai privato di boria.
    Grazie per la ricchezza a cui mi hai costretto.
    Grazie per costruire con fango la mia dimora.
    Grazie per appartarmi.
    Grazie.
    (False manovre, 1967)

    Fracaso
    Cuanto he tomado por victoria es sólo humo.
    Fracaso, lenguaje del fondo, pista de otro espacio más exigente, difícil de entreleer es tu
    letra.
    Cuando ponías tu marca en mi frente, jamás pensé en el mensaje que traías, más precioso
    que todos los triunfos.
    Tu llameante rostro me ha perseguido y yo no supe que era para salvarme.
    Por mi bien me has relegado a los rincones, me negaste fáciles éxitos, me has quitado
    salidas.
    Era a mí a quien querías defender no otorgándome brillo.
    De puro amor por mí has manejado el vacío que tantas noches me ha hecho hablar
    afiebrado a una ausente.
    Por protegerme cediste el paso a otros, has hecho que una mujer prefiera a alguien más
    resuelto, me desplazaste de oficios suicidas.
    Tú siempre has venido al quite.
    Sí, tu cuerpo llagado, escupido, odioso, me ha recibido en mi más pura forma para
    entregarme a la nitidez del desierto.
    Por locura te maldije, te he maltratado, blasfemé contra ti.
    Tú no existes.
    Has sido inventado por la delirante soberbia.
    ¡Cuánto de debo!
    Me levantaste a un nuevo rango, limpiándome con una esponja áspera, lanzándome a mi
    verdadero campo de batalla, cediéndome las armas que el triunfo abandona.
    Me has conducido de la mano a la única agua que me refleja.
    Por ti yo no conozco la angustia de representar un papel, mantenerme a la fuerza en un
    escalón, trepar con esfuerzos propios, reñir por jerarquías, inflarme hasta reventar.
    Me has hecho humilde, silencioso y rebelde.
    Yo no te canto por lo que eres, sino por lo que no me has dejado ser. Por no darme
    otra vida. Por haberme ceñido.
    Me has brindado sólo desnudez.
    Cierto que me enseñaste con dureza ¡y tú mismo traías el cauterio!, pero también me diste
    la alegría de no temerte.
    Gracias por quitarme espesor a cambio de una letra gruesa.
    Gracias a ti que me has privado de hinchazones.
    Gracias por la riqueza a me has obligado.
    Gracias por construir con barro mi morada.
    Gracias por apartarme.
    Gracias.
    (Falsas maniobras, 1967)

    ***
    Ars poetica
    Che ogni parola rechi ciò che dice.
    Che sia come la scossa che la sostiene.
    Che rimanga come una palpitazione.
    Non devo proferire falsità né mettere inchiostro dubbioso né
    aggiungere lustro a ciò che è.
    Questo mi obbliga ad ascoltarmi. Ma siamo qui per dire verità.
    Siamo reali.
    Voglio esattezze terrorizzanti.
    Tremo quando credo di falsificare me stesso. Devo soppesare le mie
    parole. Mi posseggono come io posseggo loro.
    Se non vedo bene, dimmi tu, tu che mi conosci, mia bugia, indicami
    l’impostura, strigliami la truffa.
    Ti ringrazierò, davvero.
    Impazzisco per corrispondermi.
    Sii il mio occhio, aspettami di notte e scorgimi, scrutami, scuotimi.
    (Intemperie, 1977)

    Ars poética
    Que cada palabra lleve lo que dice.
    Que sea como el temblor que la sostiene.
    Que se mantenga como un latido.
    No he de proferir adornada falsedad ni poner tinta dudosa ni añadir
    brillos a lo que es.
    Esto me obliga a oírme. Pero estamos aquí para decir verdad.
    Seamos reales.
    Quiero exactitudes aterradoras.
    Tiemblo cuando creo que me falsifico. Debo llevar en peso mis
    palabras. Me poseen tanto como yo a ellas.
    Si no veo bien, dime tú, tú que me conoces, mi mentira, señálame
    la impostura, restriégame la estafa.
    Te lo agradeceré, en serio.
    Enloquezco por corresponderme.
    Sé mi ojo, espérame en la noche y divísame, escrútame, sacúdeme.
    (Intemperie, 1977)

    ***
    La ricerca
    Mai troveremo il Graal.
    I racconti non erano veridici.
    Solo la fatica delle strade accompagnava
    chi si avventurava,
    ma ci si aspettava delle storie,
    cosa sarebbe il nostro vivere
    senza queste?
    Nulla si è risolto,
    saremmo potuti rimanere a casa.
    E’ che siamo così irrequieti.
    Tuttavia, concluso il viaggio
    abbiamo sentito che in noi
    -non più ostaggi
    della speranza-
    era nata
    un’altra tempra.
    (Busta aperta, 2012)

    La búsqueda
    Nunca encontramos el Grial.
    Los relatos no eran verídicos.
    Sólo la fatiga de los caminos acompañó
    a los que se aventuraron,
    pero se esperaban historias,
    ¿qué sería nuestro vivir
    sin ellas?
    Nada se resolvió,
    hubiéramos podido quedarnos en casa.
    Es que somos tan inquietos.
    Sin embargo, concluido el viaje
    sentimos que en nosotros
    -ya no rehenes
    de la esperanza-
    había nacido
    otro temple.
    (Sobre abierto, 2012)

    ----
    Rafael Cadenas
    traduzione a cura di Marcela Filippi Plaza

     

  • OTTO POESIE
    DI MARIA A. PEREZ LOPEZ
    IN ORIGINALE E IN ITALIANO

    data: 23/02/2021 15:42

    Pubblichiamo questa volta otto poesie di María Ángeles Pérez López, in originale e con mie traduzioni dallo spagnolo. Nata a Valladolid, Pérez López è poetessa e docente titolare di letteratura ispano-americana all'Università di Salamanca. Ha pubblicato diversi libri, tra i quali Diecisiete alfiles e Interferencias, entrambi del 2019. Il suo ultimo progetto è stato il libro d'artista Mapas de la imaginación del pájaro. Antologie della sua opera sono state pubblicate a Caracas, Città del Messico, Quito, New York, Monterrey e Bogotá. Inoltre, in edizioni bilingue, in Italia e Portogallo. Il suo ultimo libro, Fiebre y compasión de los metales, è stato finalista del prestigioso Premio Nazionale della Critica nel suo paese.

    ALCUNI DETTAGLI SULLA TRADUZIONE: Lo strumento principale della poesia è, come ben sappiamo, la parola, che ha una struttura formale che va sempre rispettata, ma nel processo di traduzione, a volte, si impone - per non cadere nella gabbia della letteralità - l'uso di altre parole. Questo concetto di equivalenza è solitamente definito, traduzione per estensione. Nel caso specifico di questa poesia ho lasciato la parola agravio, nella versione italiana, così come è scritta in spagnolo per non allontanarmi dal senso della poesia: è stato ciò che mi ha consentito di mantenere bellezza e suono.

    CAEN

    Caen las hojas con un fragor indescriptible
    escucho cómo tiemblan contra el suelo
    golpean las aceras
    salpican entre el barro de las calles

    escucho cómo conspiran en las ramas
    su estrategia de caída sus modos disciplinados de caer
    pueden rozar el agua y suspirarla
    pero se imponen nuevos métodos
    hermanas compañeras hijas del mismo aire que respiro

    escucho el ruido de los nervios exaltados
    excitación ante el combate
    las consignas reclamos ¡¡oh modos tan exactos de caer!!
    mirada de arcángeles soberbios
    el gesto de un ángel turbador
    desnuda su belleza
    y rescatada

    CADONO
    Cadono le foglie con un fragore indescrivibile
    sento come tremano contro il suolo
    urtano i marciapiedi
    schizzano nel fango delle strade

    sento come cospirano tra i rami
    la loro strategia di caduta i loro modi disciplinati di cadere
    possono sfiorare l'acqua e sospirarla
    ma s'impongono nuovi metodi
    sorelle compagne figlie della stessa aria che respiro

    sento il rumore di nervi esaltati
    eccitazione dinanzi al combattimento
    le parole d'ordine di richiamo, oh modi così precisi di cadere!
    sguardo di arcangeli superbi
    il gesto di un angelo minaccioso
    denuda la loro bellezza
    e le soccorre

    CONOZCO
    Conozco mi culpa.

    Aprendizaje lento e insobornable.
    No hay quien dé más por menos,
    ni manera
    de asumir esta flor que hiere el agua.

    CONOSCO
    Conosco la mia colpa

    Apprendimento lento e incorruttibile.
    Non c'è nessuno che dia di più per meno,
    né maniera
    di assumere questo fiore che ferisce l'acqua.

    HABLA EL MAR

    Habla
    el mar
    una
    lengua
    ya extinguida.
    Una
    lengua
    salvaje,
    sin retorno,
    que se impone
    ante el mundo
    y
    lo inunda
    de nubes,
    caballos,
    tupidos bosques de manglar
    y peces
    que desovan
    en tu boca.
    Con
    su
    vaivén
    perpetuo
    nos
    salpica
    y
    reímos
    felices
    y
    aturdidos.

    PARLA IL MARE

    Parla
    il mare
    una
    lingua
    già estinta.
    Una
    lingua
    selvaggia,
    senza ritorno,
    che s'impone
    dinanzi al mondo
    e
    lo inonda
    di nuvole,
    cavalli,
    fitte foreste di mangrovie
    e pesci
    che fecondano
    nella tua bocca.
    Con
    il suo
    viavai
    perpetuo
    ci
    schizza
    e
    ridiamo
    felici
    e
    storditi.

    LO AMPUTADO

    con César Vallejo

    Animal amputado que no muere,
    vegetal amputado que no muere,
    palabras amputadas que no mueren.

    Contra el dolor que tala la hermosura
    —el brazo gangrenado y su exigencia,
    el dedo que la máquina anuló
    y su uña que se aferra a lo invisible
    como tenaz s aferra a cada árbol
    la yema en la que inscribe su deseo,
    porción y cobertura seminal—
    siguen creciendo el tiempo, las ramitas.

    Sigue empujando el río en su desove,
    la larva en lo precario, el estornino
    en el amor salvaje a las distancias,
    la almendra en su epitelio y su ternura.
    Sigue empujando el sol toda la luz.

    Quien amputa sonidos, no percibe
    que en la palabra bosque, late el árbol
    y en la palabra rama, la madera.
    Que está el viento dormido en el violín
    y la piedra en la tierra y su traspié
    como están en la casa el pan y el hambre,
    las vocales abiertas de la boca.
    Que aunque estén cercenadas las palabras
    cada letra confirma su energía,
    su entrega y movimiento, su caudal.
    Prolifera la vida en sus acopios.

    CIÒ CHE È AMPUTATO

    con César Vallejo

    Animale amputato che non muore,
    vegetale amputato che non muore,
    parole amputate che non muoiono.

    Contro il dolore che recide la bellezza
    —Il braccio cancrenoso e la sua esigenza,
    il dito che la macchina ha annullato
    e la sua unghia che si afferra all'invisibile
    quanto tenace si afferra a ogni albero
    il polpastrello su cui inscrive il suo desiderio,
    porzione e copertura seminale—
    continuano a far crescere il tempo, i ramoscelli.

    Continua il fiume a spingere nel suo adagiare,
    la larva nel precario, lo storno
    nell'amore selvaggio nelle distanze,
    la mandorla nel suo epitelio e nella sua tenerezza.
    Continua il sole a spingere tutta la luce.

    Chi amputa i suoni, non percepisce
    che nella parola boschi, palpiti l'albero
    e nella parola ramo, il legno.
    Che il violino dorma nel vento
    e la pietra nel suolo e nella sua viscosità
    così come il pane e la fame sono in casa,
    le vocali aperte della bocca.
    E anche se le parole sono troncate
    ogni lettera conferma la loro energia,
    la loro dedizione e il loro movimento, il loro flusso.
    Prolifera la vita nei suoi approvvigionamenti.

    AL FONDO DEL VERANO

    Al fondo del verano hay un caballo.
    Relincha, se impacienta y acontece.
    Sube inquieto, es espuma de los días.
    Habla una lengua insólita que no predecimos.
    Una lengua de viento y de vocales
    que desestima el léxico del miedo:
    ni látigo ni espuela ni talones
    que chocan entre sí ruidosamente
    cuando repliega, herido, las orejas,
    el delicado modo de abrevar
    en el agua enlutada de la sombra.

    Al fondo del verano hay un caballo.
    Le contaron que es hijo de los dioses
    y las largas praderas azuladas
    pero no le interesa nuestra mitología.
    El oxígeno exhorta en su pulmón
    el lenguaje veloz de lo invisible.
    Lo que él tampoco alcanza a conocer.
    Baja de las estatuas de los héroes
    y franquea el verano y las tormentas
    43en su resuello eléctrico y salvaje.
    Se sacude los nombres que le dimos:
    ni tótem ni Pegaso ni abolengo.

    Al fondo de ti, siempre hay un caballo.
    Vocaliza palabras inauditas,
    caligramas sonoros de la luz
    que saltan de sus belfos y no mueren.
    También tú, que te aferras a su cuello
    y abrazas su dolor y su estatura
    cuando alguien lo apalee con crudeza,
    ruegas los caligramas de la luz.
    Temblando te levantas y aconteces.

    IN FONDO ALL'ESTATE
    In fondo all'estate c'è un cavallo.
    Nitrisce, si spazientisce e si rivela.
    Sale inquieto, è schiuma dei giorni.
    Parla una lingua insolita che non prediciamo.
    Una lingua di vento e di vocali
    che respinge il lessico della paura:
    né frusta né sperone né talloni
    scontrandosi l'un l'altro fragorosamente
    quando piega, ferito, le orecchie,
    il delicato modo di bere
    nell'acqua luttuosa dell'ombra.

    In fondo all'estate c'è un cavallo.
    Gli hanno raccontato che è il figlio degli dei
    e delle lunghe praterie azzurre
    ma non è interessato alla nostra mitologia.
    L'ossigeno esorta nel suo polmone
    il linguaggio veloce di ciò che è invisibile.
    Ciò che nemmeno lui riesce a conoscere.
    Scende dalle statue degli eroi
    e varca l'estate e le tempeste
    nel suo respiro elettrico e selvaggio.
    Si scrolla i nomi che gli abbiamo dato:
    né totem né Pegaso né lignaggio.

    In fondo a te c'è sempre un cavallo.
    Vocalizza parole inaudite,
    calligrammi sonori della luce
    che saltano dal suo muso e non muoiono.
    Anche tu, che ti afferri al suo collo
    e abbracci il suo dolore e la sua statura
    quando qualcuno lo colpisca con crudezza,
    preghi i calligrammi della luce.

    Tremando ti alzi e ti riveli.

    ---
    EL ACENTO IMPOSIBLE

    El acento imposible en cada nota,

    ese temblor del aire cuando vibra
    porque viene la música de lejos,
    de dentro de la piedra penetrante,
    de su oculto deseo por el agua...

    El pálpito del aire cuando crece
    una nota de luz desde la piedra,
    el resplandor que atrapa los contornos
    y hace inmenso el sonido, inaccesible.

    Pero no por todo esto se acaban los mendigos,
    la floración de especies condenadas
    a su nulo sustento, autonomía
    de la escasez quebrada por el aire.
    La piedra soñolienta, soñadora,
    repleta de sí misma, de quebranto
    y arenisca, belleza, más quebranto,
    se queda sin aliento, se estremece
    porque no hay forma humana de entender la pobreza,
    el crecimiento vegetal de manos como ramas,
    como brazos creciendo
    como troncos,
    atados de raíz
    a la carencia,
    extraños y desnudos,
    doloridos.

    L'ACCENTO IMPOSSIBILE

    L'impossibile accento in ogni nota
    quel tremolio dell'aria quando vibra
    perché la musica giunge da lontano,
    dall'interno della pietra penetrante,
    dal suo occulto desiderio per l'acqua ...

    Il palpito dell'aria quando cresce
    una nota di luce dalla pietra,
    il bagliore che cattura i contorni
    e rende il suono immenso, inaccessibile.

    Ma i mendicanti non finiscono per tutto questo,
    la fioritura di specie condannate
    al loro nullo sostentamento, autonomia
    della scarsità spezzata dall'aria.
    La pietra insonnolita e sognatrice,
    colma di se stessa, di lesione
    e arenaria, bellezza, altra lesione,
    rimane senza respiro, rabbrividisce
    perché non esiste ragione umano per comprendere la povertà,
    la crescita vegetale di mani come rami,
    come braccia crescendo
    come tronchi,
    legati dalla radice
    alla carenza,
    strani e nudi,
    sofferenti.
    ---

    DUERME EL HACHA

    con Antonio Colinas

    Duerme el hacha su sueño de madera.
    Caminan en silencio las cigarras
    para no despertar el filo hiriente,
    la herida de metal que repercute
    en el temor esquivo de los pinos.
    Caminan en silencio las rapaces,
    las liebres, los insectos, los helechos.

    El bosque entero avanza lentamente
    en la cordialidad de las ardillas,
    en el canto gastado de las piedras
    y en la respiración de los lagartos
    que cuentan muy despacio sus escamas
    y el temblor que oscurece los abetos.

    Los algarrobos mueven a los grillos
    y en cada traslación y rotación
    el bosque se desplaza a su raíz,
    su brío y clorofila, sus rastrojos
    que evitan despertar a los metales,
    la ira insidiosa con que el hierro muerde.

    Árboles y animales disimulan
    el resplandor intenso de vivir
    y marcan, sigilosos, el terreno.
    Cuando despierta el hacha solo quedan
    ariscas superficies de hormigón
    y un rastro de maleza florecida.

    DORME L'ASCIA
    con Antonio Colinas
    Dorme l'ascia il suo sonno di legno.
    Camminano in silenzio le cicale
    per non svegliare il filo che ferisce,
    la ferita metallica che incide
    nel timore schivo dei pini.
    Camminano in silenzio i rapaci,
    le lepri, gli insetti, le felci.

    L'intero bosco avanza lentamente
    nella cordialità degli scoiattoli,
    nel canto consumato delle pietre
    e nel respiro delle lucertole
    che contano lentamente le loro squame
    e il tremito che oscura gli abeti.

    I carrubi muovono i grilli
    e in ogni traslazione e rotazione
    il bosco si sposta verso la sua radice,
    la sua vitalità e clorofilla, le sue stoppie
    che evitano di svegliare i metalli,
    l'ira insidiosa con cui morde il ferro.

    Alberi e animali dissimulano
    il bagliore intenso del vivere
    e marcano, silenziosamente, il terreno.
    Quando si sveglia l'ascia ci sono solo
    ruvide superfici di cemento
    e un sentiero di erbacce fiorite.
    ---

    DE PRONTO

    De pronto una palabra nos asalta,
    se nos queda rondando impertinente,
    se sienta en el ombligo de la lengua
    y borra la memoria de las otras.
    Si es la palabra agravio, se nos queda instalada
    en el mueble central del paladar,
    y las siete minúsculas letras que la forman
    derrochan la profunda dimensión del sonido,
    consumen todo el aire indispensable
    para decir completo el alfabeto,
    para hacer una lista de las enciclopedias,
    para nombrar de forma infinita el amor.
    Y esos siete silbidos del vocablo
    me siguen como perros en las horas
    en que el rencor amuebla mis rincones
    y atrae a su cortejo la palabra desastre,
    la palabra fracaso, o bien la floración
    pero solo si viene junto a su rotura
    como el caso acaecido del verde vegetal
    de un geranio caído contra el suelo,
    más fuera ya de sí que de nosotros,
    a punto de la savia enternecida
    por lágrimas que son como de escarcha.

    El tronco vegetal del alfabeto,
    el de la vida rota algunas veces
    nombra entonces la misma desazón.

    ALL'IMPROVVISO

    All'improvviso una parola ci assale,
    ci ronza con impertinenza,
    si siede sull'ombelico della lingua
    e cancella la memoria delle altre.
    Se la parola è agravio*, diventa un tarlo
    nel mobile centrale del palato,
    e le sette minuscole lettere che la formano
    sprecano la dimensione profonda del suono,
    consumano tutta l'aria indispensabile
    per dire l'alfabeto completo,
    per fare un elenco delle enciclopedie,
    per nominare in modo infinito l'amore.
    E quei sette sibili del vocabolo
    mi seguono come cani nelle ore
    in cui il rancore arreda le mie estremità
    e attira le sue attenzioni la parola disastro,
    la parola fallimento, oppure la germinazione
    ma solo se giunge insieme alla sua rottura
    come è avvenuto nel caso del verde vegetale
    di un geranio caduto a terra,
    già più fuori da sé che da noi,
    sul divenire della linfa intenerita
    da lacrime che sono come di brina.
    Il tronco vegetale dell'alfabeto,
    quello della vita spezzata a volte
    nomina dunque la stessa sofferenza.

    (de Verbos para el bosque. Colección Lima Lee. Municipalidad de Lima, 2020)

     


     

     

     

  • LE POESIE EUROPEE
    DELL'ARAGONESE
    YUSTA PEREZ

    data: 10/02/2021 19:11

    Pubblichiamo quindici poesie di Miguel Ángel Yusta Pérez, scrittore di Saragozza, con le mie traduzioni in italiano. Yusta Pérez ha una lunga storia legata alla letteratura e ai media. Ha studiato presso l'Università della sua città. Collabora dal 1970 al quotidiano Heraldo de Aragón, dove partecipa alle sezioni Opinione, Musica (Opera) Arti e Lettere. Ha scritto centinaia di collaborazioni su vari media. È responsabile della sezione El rincón de la copla del medesimo giornale. Ha pubblicato su vari media, tra cui il quotidiano El País, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti. Ha pubblicato una ventina di libri di poesie. La sua poesia è citata e rappresentata in varie antologie come Los cisnes aragoneses. Gestisce i blog di poesia http://www.mayusta.blogspot.com e www.rincondecoplas.blogspot.com


    NOCHE
    Náufrago de tu nombre / llego a tus playas, Roma.

    Ella agotó ya todos mis nombres.
    Caen las sílabas en lagos de silencio
    hacia un olvido cierto de piel y de distancia.
    La noche se hace próxima
    y la ausencia estremece las aceras grises.
    Sólo la luz amarilla de la última pizzería
    aparece como un faro al que llego sin fuerza.
    En la estación Termini aún duermen los mendigos
    las postreras horas del otoño
    y apresuran sus pasos los últimos viajeros.
    Intento revivir en mi cerveza helada
    bajo la frialdad de los neones
    el movimiento de su cuerpo ebrio de luz.
    Y mis dedos pretenden dibujar
    el imposible nombre de sus labios.
    Al final de la noche, náufrago de su aliento,
    me pierdo en la tormenta de mis sábanas
    en un hotel dormido y solitario
    cuando ya ni los perros habitan las esquinas.

    NOTTE

    Naufrago del tuo nome / giungo sulle tue spiagge, Roma

     Lei ha esaurito tutti i miei nomi.
    Cadono le sillabe in laghi di silenzio
    verso un vero oblio di pelle e di distanza.
    La notte è prossima
    e l'assenza scuote i grigi marciapiedi.
    Solo la luce gialla dell'ultima pizzeria
    appare come un faro che raggiungo senza forze.
    Dormono ancora alla stazione Termini i mendicanti
    le ultime ore dell'autunno
    e gli ultimi viaggiatori affrettano i loro passi.
    Cerco di rivivere nella mia birra ghiacciata
    sotto la freddezza dei neon
    il movimento del suo corpo ebbro di luce.
    E le mie dita pretendono di disegnare
    l'impossibile nome delle sue labbra.
    Alla fine della notte, naufrago del suo respiro,
    mi smarrisco nella tormenta delle mie lenzuola
    in un albergo spento e solitario
    quando ormai nemmeno i cani abitano gli angoli delle strade.

    PANTEÓN

    Todos los dioses reposan apacibles
    bajo la inmensa cúpula, dorada con esmero
    en tiempos de concordia y tolerancia.
    Todos los dioses siguen allí entronizados
    con la dignidad de su sabiduría
    y prevalecen a la bárbara huella...
    En la noche desierta, vigilan la plaza
    esbeltos centinelas alineados
    y el rumor de la fuente enmascara el silencio.
    Testigos son estas romanas piedras
    del sueño integrador de aquel Adriano,
    hijo de Itálica y ungido por el sur.
    No pudieron violar tanta belleza
    los bárbaros antiguos, ni sus hijos
    prostituir más los sagrados espacios.
    Pervive la esencia del prodigio.

    Allí está vigilante la cúpula sublime,
    desafiante, desnuda y armoniosa.
    Y cada noche, en Roma,
    cuando los hombres duermen,
    las viejas piedras cantan, aun heridas,
    himnos de libertad y resistencia.

    PANTHEON

    Tutti gli dei riposano placidamente
    sotto l'immensa cupola, diligentemente dorata
    in tempi di concordia e tolleranza.
    Tutti gli dei sono ancora lì intronizzati
    con la dignità della loro saggezza
    e s'impongono sulla barbarica impronta...
    Nella deserta notte, sorvegliano la piazza
    sentinelle slanciate allineate
    e il rumore della fontana maschera il silenzio.
    Testimoni sono queste romane pietre
    del sogno conciliatorio di quell'Adriano,
    figlio di Itálica e consacrato dal sud.
    Non riuscirono a violare tanta bellezza
    gli antichi barbari, né i loro figli
    prostituire oltre gli spazi sacri.
    Perdura l'essenza del prodigio.

    Lì è vigile la cupola sublime,
    minacciosa, nuda e armoniosa.
    E ogni notte, a Roma,
    quando gli uomini dormono,
    le vecchie pietre cantano, ancora ferite,
    inni di libertà e di resistenza.

    COLISEO

    Las piedras del viejo Colosseo hablaron en la noche.

    Se mecía la noche entre las viejas piedras
    y les prestaba un manto de muda eternidad.

    Las calles dormían húmedas, frías,
    desiertas y llenas de presagios.
    Se ocultaba la vida en cómodos salones,
    pero yo caminaba por la nocturnidad alevosa,
    buscando en las esquinas del recuerdo
    un instante de gloria.
    Los frenos de un coche lejano
    rompían el silencio
    y la tibia luz de alguna ventana
    testificaba apenas la presencia del hombre.
    Yo pensaba en aquellos que habían sido grandes,
    me preguntaba por la razón de sus vidas,
    por su grandeza crucificada...

    Sólo el silencio acudía a la cita
    y entre las ruinas del viejo Coliseo
    la sombra de un imperio se alzaba vacilante.

    COLOSSEO
    Le pietre del vecchio Colosseo hanno parlato nella notte.

    La notte si cullava tra le vecchie pietre
    e prestava loro un manto di nuda eternità.

    Le strade dormivano umide, fredde,
    deserte e piene di presagi.
    La vita si occultava in comodi salotti,
    ma io camminavo nella notte insidiosa,
    cercando negli angoli della memoria
    un istante di gloria.
    I freni di un'auto lontana
    rompevano il silenzio
    e la tiepida luce di qualche finestra
    testimoniava appena la presenza dell'uomo.
    Pensavo a quelli che erano stati grandi,
    mi domandavo sulla ragione delle loro vite,
    sulla loro grandezza crocifissa ...

    Solo il silenzio si presentava all'appuntamento
    e tra le rovine del vecchio Colosseo
    l'ombra di un impero si alzava vacillante.

    FONTANA DI TREVI
    Lucía su esplendor el agua luminosa...

    Canta la fuente sola, en medio del silencio
    de la tibia y dormida noche romana.
    Me aproximo a sus aguas, casi furtivamente.
    Lavo mis manos allí de toda culpa
    asombrado aún de la belleza,
    escondida entre calles imposibles,
    que ha estallado llenando mis sentidos.
    Busco la calma en el círculo del agua
    y musito una oración incomprensible
    mientras recuerdo las tormentas
    que sin piedad azotan mi camino.
    Varias veces lancé ya las monedas
    y volveré, sin duda,
    con la nostalgia de los años grises,
    cuando Anita, voluptuosa, nos arrojaba en brazos
    de sueños imposibles en tardes de domingo
    en las salas de cines malolientes
    donde, a oscuras, viajábamos con miedo
    de la inocencia hasta la incertidumbre.
    Es casi madrugada y Neptuno me mira majestuoso,
    indiferente y frío.

    Mientras en un rincón, entre el rumor del agua,
    dos amantes acarician bellos sueños.

    FONTANA DI TREVI 2

    Se callaban las horas.
    Solamente el rumor de aquellas aguas
    inundaba de gozo
    un solo corazón, la misma piel.
    Y la noche fluía mansamente.
    No existía otro mundo
    que aquél donde habitaba nuestro amor.

    FONTANA DI TREVI
    Sfoggiava il suo splendore l'acqua luminosa...

    Canta la fontana da sola, in mezzo al silenzio
    della tiepida e assopita notte romana.
    Mi avvicino alle sue acque, quasi furtivamente.
    Lì lavo le mie mani da ogni colpa
    ancora stupito dalla bellezza,
    nascosta tra strade impossibili,
    che è esplosa inondando i miei sensi.
    Cerco la calma nel cerchio dell'acqua
    e bisbiglio una preghiera incomprensibile
    mentre ricordo le tempeste
    che spietatamente si abbattono sulla mia via.
    Diverse volte ho già lanciato le monete
    e tornerò, senza dubbio,
    con la nostalgia degli anni grigi,
    quando Anita, voluttuosa, ci gettava sulle braccia
    di sogni impossibili nelle sere di domeniche
    nelle sale di cinema maleodoranti
    dove, al buio, viaggiavamo con paura
    dall'innocenza all'incertezza.
    È quasi l'alba e Nettuno mi guarda maestoso,
    indifferente e freddo.

    Mentre ad un angolo, in mezzo al rumore dell'acqua,
    due amanti accarezzano bei sogni.

    FONTANA DI TREVI 2

    Tacevano le ore.
    Solo il rumore di quelle acque
    inondava di gioia
    soltanto un cuore, la stessa pelle.
    E la notte fluiva soavemente.
    Non esisteva altro mondo
    che quello dove viveva il nostro amore.

    EL SENA

    De Saint-Denis a Ivry el Sena hace un gigantesco signo de interrogación.
    Me pregunto si tal vez tiene pereza por dejar París
    y, también, qué hace allí encorvado sobre el afán de los hombres.
    Por la noche, el Sena parece un inmenso gusano dormido.
    Es la cloaca de París
    sólo redimida por miles de poetas impertinentes,
    por millones de seres que lo sueñan bello.
    Vía láctea del universo metropolitano
    comida por los agujeros negros de nuestras frustraciones.
    Pero hay algo grandioso en este Sena dormido
    cuando refleja en Orsay los colores de Claude Monet
    o la sonrisa de La Gioconda al pasar por el Louvre...
    Puede ser que todo eso le haya hecho girar sobre sí mismo tantas veces
    y no quiera marcharse de París.

    LA SENNA

    Da Saint-Denis a Ivry la Senna fa un gigantesco punto interrogativo.
    Mi chiedo se forse senta pigrizia di lasciare Parigi
    e, anche, cosa faccia lì incurvata sulla smania degli uomini.
    Di notte, la Senna sembra un enorme verme addormentato.
    È la cloaca di Parigi
    riscattata soltanto da migliaia di poeti impertinenti,
    da milioni di esseri che la sognano bella.
    Via lattea dell'universo metropolitano
    divorata dai buchi neri delle nostre frustrazioni.
    Ma c'è qualcosa di grandioso in questa Senna addormentata
    quando riflette nell'Orsay i colori di Claude Monet
    o il sorriso della Gioconda passando per il Louvre ...
    Può essere che tutto ciò l'abbia fatto girare su se stessa così tante volte
    che non voglia lasciare Parigi.

    GARE D'AUSTERLITZ

    Ya no desfilan las viejas maletas de madera de nuestros padres.
    Menos aún las de los turcos que llegaron antes.
    El hall inmenso se vistió de modernidad con el sudor de ellos.
    De ellas.
    De todos nosotros.
    El Bulevar del Hospital acogía los sueños,
    cuando la noche engullía la pobreza heredada.
    Las viejas maletas se contaban historias de castillos y fantasmas
    mientras guardaban secretos en sus vientres con olor a romero,
    a olivo, a tomillo y a lana tejida por manos arrugadas.
    Y añoraban cielos abiertos y soles cálidos.
    La Gare de Austerlitz es el monumento a los que pudieron llegar
    y a los que se quedaron en el camino.

    GARE D'AUSTERLITZ
    Le vecchie valigie di legno dei nostri genitori non sfilano più,
    ancor meno quelle dei turchi che sono venuti prima.
    L'immenso atrio si è vestito di modernità con il loro sudore.
    Di esse.
    Di tutti noi.
    Il Boulevard de l'Hôpital accoglieva i sogni,
    quando la notte ingoiava la povertà ereditata.
    Le vecchie valigie si raccontavano storie di castelli e di fantasmi
    mentre custodivano segreti nel loro ventre profumato dall'odore di rosmarino,
    di olivo, di timo e di lana lavorata da mani rugose.
    E desideravano cieli aperti e caldi soli.
    La Gare de Austerlitz è il monumento a quelli che sono riusciti ad arrivare
    e a quelli che sono rimasti per strada.

    MUSEO DE ORSAY

    Hoy he deseado ser muchos hombres en uno solo
    y poder tomar un muy largo café con todos ellos.
    Hablarles de mis pequeñas cosas y que me digan cómo fueron feliceso infelices.
    Y cómo pudieron prevalecer.
    Son mis pintores del Museo de Orsay.
    Quiero ver una salida del sol con Monet y mirar sus ojos enrojecidos,
    pasear con él por inmensos mares de amapolas,
    desvestir sus recatadas mujeres.
    Emborracharme con Lautrec hasta el amanecer
    y consolar su soledad buscada.
    Remar en una barca con Van Gogh
    por campos encendidos de amarillos inmensos.
    Acariciar con brisa los pétalos del pubis indefenso de Olympia.
    Penetrar insensato el Origen del Mundo
    y bañar después mis pies en un irreal Sena cristalino.
    A todos os llevo en mis ojos sedientos de luz.

    MUSEO DI ORSAY

    Oggi ho desiderato essere tanti uomini in uno
    e poter prendere un lunghissimo caffè con essi tutti.
    Parlare loro delle mie piccole cose e mi dicano quanto sono stati felici
    o infelici.
    E come sono riusciti a prevalere.
    Sono i miei pittori del Museo di Orsay.
    Voglio vedere un'alba con Monet e guardare i suoi occhi tinti di rosso,
    passeggiare con lui attraverso immensi mari di papaveri,
    spogliare le sue pudiche donne.
    Ubriacarmi con Lautrec fino allo spuntare del giorno
    e consolare la sua solitudine ricercata.
    Remare su una barca insieme a Van Gogh
    attraverso campi illuminati da sconfinati gialli.
    Accarezzare con un soffio i petali del pube indifeso di Olympia.
    Penetrare scioccamente l'origine del mondo
    e poi bagnare i miei piedi in un'irreale Senna cristallina.

    Tutti li porto negli occhi assetati di luce.

    GRECIA III

    Como émulos de Ulises
    en la noche cerrada
    navegamos a ciegas
    por la profundidad de las tinieblas.
    Todo se aclarará cuando las horas,
    abran paso a la aurora deseada
    con sus cristales blancos sobre el aire.
    Pero la noche es dueña todavía,
    y cubre poderosa al hombre atenazado.
    Sin embargo, allá en el horizonte
    hay ya brotes de luz, rumor de alondras.
    Y el hombre esperanzado
    se dirige a los pájaros del alba.

    GRECIA III

    Come emuli di Ulisse
    nella notte chiusa
    navighiamo alla cieca
    attraverso la profondità delle tenebre.
    Tutto diventerà chiaro quando le ore,
    aprano il passo alla desiderata aurora
    con i suoi cristalli bianchi nell'aria.
    Ma la notte è ancora padrona
    e potente copre l'uomo attanagliato.
    Tuttavia, là all'orizzonte
    ci sono già germogli di luce, rumore d'allodole.
    E l'uomo fiducioso
    si rivolge agli uccelli dell'alba.

    INITIUM VI

    ¿Por qué me asalta siempre ese recuerdo
    de los días de negra incertidumbre
    cuando el viaje se acerca a su final?
    ¿Por qué el color incierto del olvido
    no ha cubierto de sombras ese tiempo?
    Tal vez no haya una pausa
    donde el sosiego se materialice.
    El destino y su sombra se divierten
    y concentran las horas del desánimo.
    Va siendo tarde y tal vez deba ya
    finalizar en negro mi jornada.

    INITIUM VI

    Perché mi assale sempre quel ricordo
    dei giorni di nera incertezza
    quando il viaggio si avvicina alla sua fine?
    Perché il colore incerto dell'oblio
    non ha coperto di ombre quel tempo?
    Forse non c'è una pausa
    dove la quiete si materializzi.
    Il destino e la sua ombra si divertono
    e concentrano le ore dello scoraggiamento.
    Si sta facendo tardi e forse dovrei già
    terminare la mia giornata in nero.

    INITIUM VIII

    A veces, las palabras
    son ráfagas de viento enajenado.
    Heladas y vacías
    nos hieren en el último suspiro
    de la apagada esfera de la noche.
    Después, en el silencio,
    bebemos los licores del olvido
    y rompemos las copas.
    No vemos primaveras, ni colores,
    ni señales que indiquen si este viaje
    acaso ha terminado.
    Y estamos ya desnudos
    sin las palabras válidas
    que nos salven definitivamente.

    INITIUM VIII

    A volte le parole
    sono raffiche di vento ostile.
    Fredde e vuote
    ci feriscono nell'ultimo respiro
    della spenta sfera della notte.
    Dopo, nel silenzio,
    beviamo i liquori dell'oblio
    e rompiamo i bicchieri.
    Non vediamo primavere, né colori,
    né segnali che indichino se questo viaggio
    sia, forse, terminato.
    E siamo già nudi
    senza le parole valide
    che ci salvino definitivamente.

    (de Pasajero de otoño. Huerga y Fierro editores. Madrid 2018)


    TRAS EL CRISTAL

    la lluvia se estremece

    (transparente silencio,

    imaginadas formas).

    Una gota traza un suave camino,

    sin contacto posible, hacia mi mano.

    Mis dedos han dejado

    que se convierta en luz.

    DIETRO IL VETRO

    la pioggia sussulta

    (silenzio trasparente,

    forme immaginate).

    Una goccia traccia una leggera via,

    senza possibile contatto, verso la mia mano.

    Le mie dita permettono

    che diventi luce.

     

    QUIERO encontrar mi vida entre tus ojos
    limpios de adolescente,
    perfumada por pensamientos tibios
    como soles de aquellas primaveras
    perdidas hace tiempo.

    Quiero reconocerme como un náufrago
    que te busca anhelante
    y ofrecerte mi adiós
    antes de navegar hacia el crepúsculo.

    Sé que al pensar en ti
    será mi muerte digna compañera
    y tú te quedarás, adolescente,
    sentada en el camino
    dueña de mis recuerdos.

    La última mirada,
    el postrero suspiro,
    será la despedida de quien te quiso tanto.

    VOGLIO trovare la mia vita nei tuoi occhi
    limpidi da adolescente,
    profumata da tiepidi pensieri
    come il sole di quelle primavere
    perdute da tempo.

    Voglio riconoscermi come un naufrago
    che ti cerca con desiderio
    e offrirti il mio addio
    prima di navigare verso il crepuscolo.

    So che pensando a te
    la mia morte sarà una degna compagna
    e tu resterai, adolescente,
    seduta sulla via
    padrona dei miei ricordi.
    L'ultimo sguardo
    sospiro finale,
    sarà il commiato di chi ti ha tanto amato.

    ESTA NOCHE

    Te quería decir en esta noche,
    cuando ya nadie habita en la distancia
    y dormidos los pájaros
    es el silencio dueño de las vidas.
    Te quería decir, y te lo digo
    —aunque a veces me corte las palabras
    el saber que tu oído las escucha
    y tus ojos las miran–
    que esta tarde cuando volvía a casa,
    tan silencioso y solo,
    mientras sobrevolaba el pensamiento
    utópicos lugares,
    de pronto, te me has aparecido
    con tus ojos profundos
    y tus manos repletas de caricias,
    abierta la sonrisa,
    piernas de adolescente, apresuradas
    por llegar a mis brazos
    y rodearme fuerte con los tuyos.
    Tu cabello jugando con el viento,
    extendidas las manos en el aire,
    presentidas caricias.
    Venías, llegabas y te quedabas...
    Entonces he sentido que la tarde
    se llenaba de luces
    y que toda la gente sonreía.
    Que aún era hermoso el mundo
    y los taxis, las casas, los semáforos.
    Que las tiendas, las calles, las aceras
    se llenaban de luces de repente
    e íbamos del brazo, felices como niños.
    Pero esta tarde no has aparecido.
    Por eso te lo digo,
    que te he echado de menos en las horas
    que otro día mataban poco a poco.
    Y aunque al subir a casa
    ha sonado el teléfono y me has dicho te quiero
    por un momento, amor, por un momento,
    las luces se apagaron en mi alma...
    Por eso te repito,
    pero tal vez callarme debería,
    que cada tarde, amor, que cada tarde,
    me dejes que la acabe entre tus brazos.

    QUESTA NOTTE

    Volevo dirti in questa notte
    in cui nessuno dimora in lontananza,
    addormentatisi gli uccelli,
    è il silenzio padrone delle vite.
    Volevo dirti e te lo dico
    -anche se a volte mi spezzi le parole
    il sapere che il tuo orecchio le ascolti
    e che i tuoi occhi le guardino -
    che questa sera quando tornavo a casa,
    così silenzioso e solo,
    mentre il pensiero sorvolava
    utopici luoghi,
    all'improvviso, mi sei apparsa
    con i tuoi occhi profondi
    e le tue mani cariche di carezze,
    il sorriso aperto,
    gambe da adolescente, affrettate
    di raggiungere le mie braccia
    e circondarmi forte con le tue.
    I tuoi capelli che giocano col vento
    tese le mani in aria,
    intuite carezze.
    Venivi, arrivavi e restavi ...
    Quindi sentivo che la sera
    si riempiva di luci
    e che tutta la gente sorrideva.
    Che il mondo era ancora bello
    e anche i taxi, le case, i semafori.
    Che i negozi, le strade, i marciapiedi
    si illuminavano all'improvviso
    e andavamo a braccetto, felici come bambini.
    Ma questa sera non sei apparsa.
    Per questo ti dico,
    che mi sei mancata nelle ore
    che ammazzano poco a poco un altro giorno.
    E anche se salendo a casa
    il telefono ha squillato e mi hai detto ti amo
    per un momento, amore, per un momento,
    le luci si sono spente nella mia anima...
    Ecco perché ti ripeto
    Ma forse dovrei tacere,
    che ogni sera, amore, che ogni sera,
    tu mi consenta di concluderla tra le tue braccia.

    VUELO de mis recuerdos al presente:
    reconozco derrotas.
    Pero también los triunfos
    que trazaron caminos
    a mis perdidos ángeles.

    VOLO dei miei ricordi al presente:
    riconosco sconfitte.
    Ma anche i trionfi
    che hanno tracciato sentieri
    ai miei angeli smarriti.

    (de El camino hacia tu nombre. Editorial Quadrivium. Girona 2011)

     

     

     

     

  • OTTO POESIE INEDITE
    DI ANTONIO SPAGNUOLO

    data: 06/02/2021 18:56

    Pubblichiamo otto poesie inedite di un importante poeta italiano. Anzi, napoletano. Antonio Spagnuolo, classe 1931, ha pubblicato - dagli anni Cinquanta ad oggi - una cinquantina di volumi di poesie. E’ stato tradotto in francese, inglese, greco moderno, iugoslavo, spagnolo, rumeno, arabo e turco. Ha fondato e diretto riviste letterarie. Di lui si sono occupati i maggiori critici letterari italiani. Attualmente dirige la collana "Le parole della Sybilla" per Kairòs editore e la rassegna ”Poetrydream” in Internet (http://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com).

     

    IL GIOCO DELLE MELE

    Quello che adesso stringi fra le coltri
    è soltanto il ricordo di follie
    che rincorresti al tempo delle mele:
    fantasmi
    che ti ripetono gesti allucinanti.
    Null’altro che illusioni aggrappate ad un sogno
    rimasto indiscreto .
    Lo spazio che le dita riuscivano a comporre
    sgualciva l’orlo dei quaderni segreti.
    Nel lampo che lo sguardo franava al passo
    e ricamava le fantasie dell’orizzonte
    tu eri la carne da mordere,
    colorata per vaneggiamenti tutto svaniva inesorabilmente
    tra le carte ed il video, in abbadono,
    trattenendo le mani sul bordo delle vene
    che scorrevano tra i minuti dell’ignoto .
    Ecco i miei sogni radunati alla sera
    pronti a sconvolgere il vuoto dei muscoli.
    Pronti a rigare i margini del cielo
    con le vocali di fuoco che disgregano il senso.
    A volte torna, a volte riprende le parole
    ed una luce forsennata
    come il pensiero di colpa o di fuga
    rinverdisce la pelle, nel passo liquefatto.
    Non ha più senso la bocca inaridita
    dove parlava il petalo a confondere
    lo sciogliersi dell’onda.
    All’improvviso ti svegli e chiedi una carezza
    crogiolo di future inesattezze
    punto e daccapo nel rombo di un naufragio.

    ACCADE

    E’ sempre la prima volta quando rincorro il tuo labbro
    tra le nebbie del sogno , come per colpire, e punire
    un incontro clandestino nelle spire del vento.
    Incastonato buio recito il monologo
    sfidando gli specchi e a goccia a goccia
    confondo il sudore incandescente nelle parole incise alle pareti.
    Il dubbio è nella storia ormai disfatta,
    frammentata da scaglie ed irrequieta nel rivolo
    di un arcobaleno indiscreto,
    quasi lo spazio aperto a declinare nuove illusioni
    nella tenue ragnatela che ti avvolge.
    L’intarsio custode di esplosioni ritorna vertigine.

    ANCORA TU

    Ancora tu riduci all’impotenza
    vertiginosamente dilagando
    tra le fauci affamate dell’inferno.
    Dove c’è dato aprire una parola?
    Dove portare il corpo che si estranea
    nel lucore di morte, se non conosce sussulti?
    Potesse adagiarsi l’illusione candida
    fra gli alberi e gli uccelli, fra le strade deserte,
    il respiro del vento sospingerebbe
    il cervello che dorme nel torpore
    a nuovi insulti, a leghe inaspettate
    in cerca di vecchie musiche tra i versi.
    Ora possiedi le metropoli stranite
    a rinnovar l’infamia dell’insulto,
    le lacrime che ripetono paure,
    lo stupore di segrete solitudini,
    trascinando galassie nei viali.
    Impenetrabile alle stelle stringi
    sanguinanti dita a radunare suoni
    tra le incredibili lesioni della mente.
    E’ l’alchimia della clessidra
    che riduce frantumi del mio inconscio.

    SABATO

    Di nuovo si ribella la barriera delle ore,
    che inseguimmo sino a ricadere nell’oro fuso,
    cantando angoli di strade in penombra
    mentre rispondeva il clamore della sera.
    Ogni tessuto cede alle foglie ingiallite
    per rinnovare il sogno nato dalla terra,
    sostanza ed energia nel raggio breve
    chiamato angoscia.
    Percorro le tue minuscole letizie
    per sottili cammini di sangue,
    e cerco il suono limpido delle dita
    per il fugace sentiero delle palpebre,
    oggi che la tua bocca ha silenzio infinito.

    IL CAPRICCIO

    Da morto a morto, scambiate le armature,
    bestemmiammo alla guerra,
    futilità di minuzie in attesa di speranze.
    Delitti immaginati per scoprire
    quali fossero i veri nemici della poesia
    in questa rovente prepotenza di anarchia.
    Ai margini della solitudine si sfianca l’oro del cielo
    e affogo senza pietà nella tua vigna
    umida e attaccaticcia di secreti.
    Nel suggere la chiocciola
    ho ancora sulla lingua l’acre selezione
    della tua scheggia, e negli orecchi
    il capriccio verbale che ti piacque scandire.
    Un rullio di ricordi comprime le incertezze
    del buio.

    INCANTAMENTO

    Balze della memoria si rincorrono
    per un sottile incandescente filo
    che riporta fantasmi a nuovo incanto.
    Si riaccende ogni gesto
    e nell’anfratto annido l’incerto mormorio
    del nulla, che circonda od infrange
    nell’alienarmi tra le coronarie,
    per incidere variopinte angosce.
    Annullo e ti rincorro perché ogni traccia
    nel cemento ormai incalza,
    circùito inaspettato al tuo negare,
    quando il tempo arrossava nelle sere
    ripetendo quest’oggi il senso dell’ignoto.
    Mi disperdo abbagliato nell’inconscio,
    scrivendo vaporose premesse
    in questi giorni d’agosto senza tregua
    invermigliato tra le bizzarrie in fuga
    delle ore che battono all’arteria.
    Perdura il tratto breve tra le radici e pietre
    qui nella sera per rinverdire i ricordi
    come un adagio a consenso di una fugacità
    inespressa.

    TRAMONTO E NATURA

    Nel vortice dei colori che il tramonto
    propone ogni sera, quasi indispettito
    per la spuma di onde imbizzarrite,
    cerco ancora il tuo ciglio a dispetti improvvisi.
    Sconvolge il pensiero la tua voce
    che annunzia la risacca , che si arrende
    alla scena dell’ eterna profondità, trafitta
    blu ardesia, come radice
    che rincorre la luce, ove tutto sarà diverso,
    anche un rifugio tranquillo, alle pareti
    corrose dal tempo e dagli specchi.
    Ma in questi ultimi giorni
    cesellata scrittura alla deriva
    una ghirlanda è il tepore del sussurro,
    attraverso lo stretto fluire del sublime
    che ricama memorie, che traluce
    nel riscontro di ottave, a riscontro del cielo,
    che rifulge per accecare l’urlo mio indispettito .
    Oggi affondo nel turbine indiscreto,
    che l’universo offre accadimento di usure,
    iracondo silenzio per questo rivolgimento
    delle scorie di una natura contaminata e tradita.
    Alla fine è smarrita la graziosa emozione
    della scelta,
    senza risposta l’infamia della terra.

    CARNE

    Era una danza improbabile ed un salto
    tra le ossa e la carne ormai avvizzita
    quando al tempo nel bosco la strega
    cominciò urla confitta nel torace.
    Una strana novella inarcata nell’acqua
    distingueva il giorno dalla luna
    in contrasto del demone straniero
    per il simbolo che s’ammuta alla mente
    superstite all’incidente, con le braccia
    paralizzate dalla paura, dimenticando
    quello che si desiderava per il futuro,
    mentre il cielo diventa verde e scoppia
    per ricadere sanguinare, soffocata
    da una lastra di marmo, falsata dal tempo
    polvere che ritornerà alle origini
    soarsa nel vento, oltre la vita,
    oltre lo spazio, oltre i confini del niente!

     

  • VALENTIN MARTIN
    POETA UMANISTA
    E GIORNALISTA

    data: 02/02/2021 22:57

    Pubblichiamo sei poesie di Valentín Martín (con mia traduzione in italiano). Martìn ha svolto studi umanistici e scienze della formazione presso l'Università di Salamanca. Ha studiato giornalismo a Madrid. E' scrittore, saggista e poeta. Ha insegnato. Ha scritto migliaia di articoli sui giornali e le riviste più importanti del paese, oltre a una trentina di libri. Vive della sua scrittura.

    PATMOS

    Y al regresar las lunas
    de su largo viaje
    abrazarán las noches
    con el beso oculto
    de la dulce muerte.
    No sabrás nunca
    que la traición hiberna
    en los labios del ansia
    de todas las mentiras.
    Heredarás el tajo
    de guadañas antiguas
    y en tus manos está
    su posibilidad de pluma
    donde nacer un libro
    que nos redima a todos
    más allá del miedo
    donde pace el pasado
    con todas sus vidas.

    PATMOS
    E quando ritorneranno le lune
    dal loro lungo viaggio
    abbracceranno le notti
    con il bacio occulto
    della dolce morte.
    Non saprai mai
    che il tradimento iberna
    sulle labbra dell’ansia
    di tutte le bugie.
    Erediterai il taglio
    di antiche falci
    e nelle tue mani cè
    la sua possibilità di penna
    dove far nascere un libro
    che ci redima tutti
    al di là della paura
    dove il passato pascoli
    con tutte le sue vite.

    MARÍTIMA ANA

    Es el mar el que se va si tú te vas.
    Queda el salitre de los arrecifes
    que tocaron tu piel como los novios
    y una arena que querría ser araña
    guardando tus pies hasta que vuelvas.
    Ni una sola roca consiguió ser zarza
    al apagarse la vigilia de tus dientes
    porque quizás también se mueren
    las cosas que consuman tu paisaje.
    Resulta inevitable que le nazcan
    nostalgias de aguas a las que cubren
    viudedades de peces encendidos
    y le falta la euforia de tus pleamares.
    Para qué sirve una lámpara, un sol
    si tú no habitas ya archipiélagos
    y la vida entonces casi sobra
    cuando la luz se enciende para nadie.
    Ningún mar canta a las estatuas, todos
    sienten el dolor de la mudez y recuendan
    los semblantes que estuvieron en su vida
    para luego marcharse adonde las plazas.
    Quizás hoy el agua tiene sospechas
    de que fue solamente un preámbulo.
    No se conforma, cómo va a conformarse
    con tan poca cosa si lo que quiere
    es que formes parte de su esencia
    donde está la fragua eterna del sueño.
    Nadie sabe lo que piensa el mar
    al quedarse solo con sus soledades.

    MARITTIMA ANNA
    È il mare che se ne va se tu vai via.
    Rimane la salsedine degli scogli
    che hanno toccato la tua pelle come i fidanzati
    e una sabbia che vorrebbe essere ragno
    coprendo i tuoi piedi finché non torni.
    Nemmeno una roccia è riuscita ad essere arbusto
    quando si spense la vigilia dei tuoi denti
    perché forse muoiono anche
    le cose che hanno consumato il tuo paesaggio.
    È inevitabile che vi nascano
    nostalgie di acque che vengono coperte
    da vedovanze di pesci accesi
    e gli manchi l'euforia delle tue alte maree.
    A cosa serve una lampada, un sole
    se non abiti più arcipelaghi
    e la vita dunque è quasi d'avanzo
    quando la luce si accende per nessuno.
    Nessun mare canta alle statue, tutti
    sentono il dolore del mutismo e ricordano
    i volti che ci sono stati nella loro vita
    per poi andare nelle piazze.
    Forse oggi l'acqua ha dei sospetti
    che sia stato solo un preambolo.
    Non è felice, come può sentirsi felice
    con così poco, se ciò che vuole
    è che tu faccia parte della sua essenza
    dove si trova l'eterna fucina del sogno.
    Nessuno sa cosa pensa il mare
    quando rimane da solo con le sue solitudini.


    EL PESO DE LA YERBA

    Le estoy cogiendo gusto a esto de ser viejo

    sumar más dudas de año en año,

    ver cómo se esfuma alguna certeza que quedaba,

    a que tantos amigos de antes sean ahora tan pocos.

     

    Se van las devociones que me prometieron

    amor eterno y resultó que era solo un contrato

    con mi rentabilidad y su ambición tan noble.

     

    No les condenéis, hay que entenderlos,

    para ellos la vida tampoco es fácil

    y nadie en sus cabales pondría la suya

    a mi nombre tan barato que por no tener

    no cuenta ningún futuro en las heredades.

     

    Ya todos se nombran unos a otros

    con letras que sugieren porvenires de aristocracia

    porque con el apellido no pueden los funcionarios

    aquellos que te prohibían llamar Libertad a una hija

    o Tronsky a un perro, o a un gato Comandante.

     

    Debéis abrir la mente a los nuevos matarifes.

     

    Por qué mentar un compromiso si nadie sabe

    para qué sirve, lo mismo que los contubernios

    ya no alcanzan a fumigar a un triste Fray Escoba

    y otras menudencias para escribir un currículo

    con posibilidades universitarias de Carrefour,

    o con suerte un puesto de organista eclesiástico

    y de cantautor en bares con alegres muchachas

    que no exijan el derecho de admisión a los abstemios.

     

    Tened paciencia,

    que es algo que con las prisas se pierde mucho.

     

    Miradme a mí, observad mi poca estatura

    en una sociedad tan exigente con los ciudadanos.

    Por mucho corega que le ponga a mis dientes

    postizos, y me cambie de ropa interior por las tardes,

    no me atrevería tampoco a besar a Anthony Hopkins.

     

    Que los besos de los viejos dan mucha risa

    y algún asquito, para qué engañarnos,

    está en el guión de la propia vida que se va

    por donde vino y nunca supimos si fue estela

    en la mar o el camino que se deshace al desandar.


    IL PESO DELL'ERBA

    Ci sto prendendo gusto ad essere vecchio

    sommare più dubbi di anno in anno,

    vedere come sfuma qualche certezza rimasta,

    che i tanti amici di prima ora siano così pochi.

     

    Spariscono le devozioni che mi avevano promesso

    amore eterno e si è scoperto essere solo un contratto

    con la mia redditività e la sua ambizione così nobile.

     

    Non condannateli, bisogna capirli,

    anche per loro la vita non è facile

    e nessuno sano di mente darebbe la propria

    per il mio nome così economico e che per non avere

    non ha alcun futuro nelle eredità.

     

    Ormai tutti si nominano a vicenda

    con lettere che suggeriscono un domani d'aristocrazia

    perché non possono usare il cognome i funzionari

    quelli che ti proibivano chiamare una figlia Libertà

    o Tronsky un cane, o un gatto Comandante.

     

    Dovete aprire la mente ai nuovi macellai.

     

    Perché proferire un impegno se nessuno sa

    a cosa serva? così come le prepotenze che non possono

    più avvolgere nel fumo nemmeno un triste Fray Escoba*

    e altre sciocchezze per scrivere un curriculum

    con possibilità universitarie da Carrefour,

    o con fortuna un posto da organista ecclesiastico

    e come cantautore nei bar con allegre ragazze

    che non esigano il diritto di ammissione agli astemi.

     

    Abbiate pazienza,

    che è qualcosa che nella fretta si perde molto.

     

    Guardatemi, osservate la mia scarsa statura

    in una società così esigente con i cittadini.

    Per quanta colla metta ai miei denti

    posticci, e cambi la mia biancheria intima tutte le sere,

    non oserei baciare nemmeno Anthony Hopkins.

     

    I baci dei vecchi fanno molto ridere

    e un po' schifo, perché ingannarci?

    è nel copione della vita stessa che se ne va

    da dove è venuta e, mai abbiamo saputo se sia stata scia

    nel mare o il cammino che si dissolve ripercorrendolo.


    * Frate scopa. Si fa riferimento all'umile Martín de Porres o Martin de la Carité (Lima, 9 dicembre 1579 - Lima, 3 novembre 1639) il cui unico compito era quello di spazzare il convento.


    COMPAÑERA

    Un año más la vida se desmocha
    y no se cumplen las advertencias
    de la serpiente, porque aquella
    calle del Desengaño era mentira
    como tantas que acompañaron
    el tragaluz de los púlpitos fofos.

    Si tú escaseas
    queda una cerita inmóvil
    que no encenderá ya nadie.

    Quemada por las balas
    yo he visto tus heridas
    la noche que murió la muerte
    -doce días duró el sueño-
    del primogénito aquel 89.

    He vivido tu corazón obrero
    tu pecho una torcaz almohada
    para que descansara el hambre
    de tantos que pedían pámpanos.

    He sido testigo a la hora
    de agotar tu tinaja de dulces
    para girar el sueño de un niño
    abolir zarzas, ortigas, ruinas
    construir un castillo de lucernas
    hacer de ese hogar una vigilia
    para el respirar de un poeta
    que fue tras de tus pasos un día
    y ahora que murieron veranos
    es feliz porque le dejaste estar
    y estuvo donde tú quisiste.

     

    Con la voz, con las manos
    sin bajar tus banderas nunca
    porque tu sangre no se vende
    así te he visto vivir tu vida
    junto a la mía encendida de ti.

    COMPAGNA

    Un altro anno la vita cade a pezzi
    e non si realizzano gli avvertimenti
    del serpente, perché quella
    via del Desengaño era una menzogna
    come tante che accompagnarono
    l'abbaino dai pulpiti fasulli.

    Se tu non ci sei
    rimane un lumino immobile
    che nessuno accenderà più.

    Bruciata dai proiettili
    ho visto le tue ferite
    la notte in cui morì la morte
    -dodici giorni è durato il sogno-
    del primogenito quel 89.

    Ho vissuto il tuo cuore operaio
    il tuo petto un cuscino palombo
    per far riposare la fame
    di tanti che chiedevano frutti.

    Sono stato testimone all'ora
    di esaurire il tuo barattolo di dolci,
    trasformare il sogno di un bambino
    abolire rovi, ortiche, rovine
    costruire un castello di luci
    fare di quel focolare una veglia
    per il respiro di un poeta
    che un giorno andò dietro ai tuoi passi
    e ora dopo estati morte
    è felice perché lo hai fatto rimanere
    ed è stato dove tu hai voluto.

     

    Con la voce, con le mani
    senza mai abbassare le tue bandiere
    perché il tuo sangue non è in vendita
    così ti ho visto vivere la tua vita
    accanto alla mia illuminata da te.

    Per comprendere meglio la poesia:
    Poesia dedicata alle ragazze spagnole che non potevano andare all'università. A 14 anni andavano nelle fabbriche e contribuirono a risollevare l'economia della Spagna, come la compagna di vita del poeta. C'è anche un avvertimento alle "intellettuali", di non profanare l'onestà operaia.

    La Via del Desengaño ("delusione" in italiano), è una strada che si trova nel cuore di Madrid (dietro la Gran Vía), ma è anche una metafora, perché quella è una strada dove le "perdenti" si raccolgono in cerca di un po' d'amore. In seguito, il poeta, cerca di dire che i fallimenti non esistono e che ciò che conta è la via da seguire.
    E' molto bella la metafora in cui Valentin Martin associa il petto, che accoglie il libero riposo, il sogno, il nutrimento dei sogni, a un cuscino palombo, espressione più esatta della libertà.
    Per trasformare il sogno di un bambino e costruire una casa piena di luce, bisogna pulire il cammino da rovi, ortiche e rovine. Infine c'è il riconoscimento alla sua compagna. Il poeta, ovviamente, è stato testimone di quanto narra in questa cruda, intensa e bellissima poesia.

     

    FRUTOS SILVESTRES

    El mundo está lleno
    de pornografías humanitarias
    y tú y yo vamos tirando
    con vermut y leche de teta.
    ¿Nos basta con eso?
    Tiene que ser suficiente
    para la sinfonía de la estilística
    para pronunciar las palabras mudas
    para vivir sin hacer trampas
    para tu tenacidad incansable
    y mi terquedad irreductible.

    Antes un niño podía elegir
    entre oncólogo o futbolista,
    ahora la fragilidad de los sueños
    de tanto deshojarse en ayeres
    nos lleva a ninguna parte.

    No sé si tu casa vacía
    es la casa del primer llanto
    o están clavadas dos cruces
    por tantas soledades ninfómanas
    como si fuera natural estar solo.

    Si tú sigues siendo tú
    y yo no me muevo de mí
    seremos forzosamente el mismo
    con sus justas tonalidades
    la simetría de sus decepciones
    el oficio de compartir el pan
    que es siempre de ida y vuelta
    y nunca dejar al hermano con hambre
    y un despliegue de calor en las manos
    que dé de beber a todos
    después de saciar una sed
    que se alza sobre tu miedo al tiempo.

    Aquí no sirve
    gritar con las puertas cerradas
    para que en realidad nadie te sepa
    construir muros contra sicarios
    hacer del ombligo un único mundo
    exento de proletarios amantes.

    Vivir es mancharse las manos.

     

    FRUTTI SELVATICI

    Il mondo è pieno
    di pornografie umanitarie
    e tu ed io tiriamo a campare
    con vermut y leche de teta.*
    È abbastanza per noi?
    Dev'essere sufficiente
    per la sinfonia della stilistica
    per pronunciare le parole mute
    per vivere senza imbrogliare
    per la tua tenacia instancabile
    e per la mia irriducibile testardaggine.

    Una volta un bambino poteva scegliere
    tra l'oncologo o il calciatore,
    ora la fragilità dei sogni
    dal tanto esaurirsi negli ieri
    non ci porta da nessuna parte.

    Non so se la tua casa vuota
    sia la casa del primo pianto
    o sono inchiodate due croci
    dalle tante ninfomani solitudini
    come se fosse naturale stare soli.

    Se tu continui ad essere te
    ed io non mi muovo da me stesso
    saremo gli stessi inevitabilmente
    con le loro tonalità
    la simmetria delle loro delusioni
    il compito di condividere il pane
    che è sempre un andare e venire
    e mai lasciare il fratello affamato
    e un dispiegare di calore tra le mani
    che dia da bere a tutti
    dopo aver saziato una sete
    che si erge sulla tua paura per il tempo.

    Qui non serve
    gridare con le porte chiuse
    di modo che nessuno ti conosca davvero
    costruire muri contro i sicari
    fare dell'ombelico un unico mondo
    esente di amanti proletari.

    Vivere è sporcarsi le mani.

     

    *Vermut y leche de teta è un libro di narrativa del 2017 (Edizioni Lastura) che ha avuto molto successo.

     

     

     

  • OTTO POESIE
    DEL POETA CALABRESE
    PASQUALE ALLEGRO

    data: 21/01/2021 12:20

    Questa volta segnalo un poeta italiano. Calabrese. Pasquale Allegro è nato nel 1976 a Lamezia Terme. Si è laureato in filosofia con una tesi sulla scrittura di Elie Wiesel. Insegnante di liceo, collabora come editor con diverse case editrici e scrive di cultura, di libri in particolare, per alcuni giornali, riviste e blog. Ha pubblicato la raccolta poetica "Baco da sera" (Controluna, 2018) e il romanzo "La portata dei sogni" (Il seme bianco, 2019). Ha ricevuto riconoscimenti dalla critica e diversi premi letterari.

    PARIGI

    Di Parigi ricordo il silenzio
    di biciclette per strada
    quando il nero della sera
    si faceva di cartapesta.

    Scrutare le nubi
    dietro i comignoli di Parigi
    impregnati nel nero della sera
    era un gioco di sbuffi e di tregue.

    E ancora immersa dentro al silenzio
    una donna raccontava di lucciole
    che rubavano spazio al nero della sera
    da una ringhiera di mondo che solo a Parigi.

    VOCE DI DONNA

    Vorrei parlare con te
    – parli solo quando dormi, con chi? –
    continuare a cercare,
    guardarsi attorno
    – sogni solo quando
    vaghi con lo sguardo –
    ordinare un caffè e leggerti
    negli occhi la nostalgia dei giorni
    a cui non appartengo più.

    Vorrei sentirti cedere
    – alla curiosità di rispondermi.

    Ma non dici niente,
    scrivi in fretta
    una parola: vado.
    Tante poi
    ne scrive il silenzio.

    IL GIORNO PIU' TRISTE

    Il giorno in cui
    abbiamo pianto
    di nuvole
    è venuto giù
    il cielo.

    CONTINUA LONTANO

    Continua lontano
    quell’azzurro quel grigio
    che si rotola ancora
    oltre lo strappo del mare
    dopo la linea
    più non temere
    la nave continua lontano.

    SOLO TU RIMANI INTERA

    A volte si ritira il cielo
    e il vento cattura tutto
    pure il tuo sorriso
    e resti sospesa tra la finestra
    e il temporale
    e non vinci mai.

    Eppure solo tu rimani intera
    a guardare il cielo sgattaiolare via
    di vetro in vetro
    in milioni di goccioline in marcia.

    SOFFIONI

    Ti ricordi quando esprimevi sogni
    e svolazzavano i soffioni.
    Dove se ne sono andati i soffioni
    e dove i sogni.

    LA PARTE BIANCA CHE MI DEVI

    Foglio sporco tu ridi di me.
    La luce blu delle macchie d’inchiostro
    – lo spazio vuoto tra le nostre facce –
    è un sussurro, un attimo solo
    della notte prima.

    Le storie poggiate sulle pagine
    – c’è quasi quasi sempre una macchia nera –
    raccontano una buona parte di te,
    del tempo della crisalide e della farfalla.

    Foglio sporco, ridi pure di me.
    Ma in tutte le cose che so fare
    – spostare un sasso,
    rimanere orfano di questa voce –
    non sono più solo;
    in fondo mi basta un fruscio
    per adombrare il silenzio.

    Ma che uso ne faccio del sole
    – la nebbia che si vede al mattino
    presto scompare –
    se nell’ombra di un piede sinistro
    rinchiudo insetti e lucertole per sentirmi vivo,
    se non faccio in tempo a contare
    i miei passi là fuori
    i sospiri del mare in una conchiglia.

    Foglio sporco,
    sopra di noi la luna
    è la parte bianca che mi devi,
    prima che le colline piangano senza canto,
    e i pesci cambino respiro
    – senza branchie né poesia.

    VOGLIO SOLO CHE PARLIAMO E CHE MI ASCOLTI

    Voglio solo che parliamo e che mi ascolti,
    riconoscere nuovamente le parole nostre,
    fino a casa, riconoscere nuovamente le cose,
    i bordi consumati degli angoli di ogni stanza.

    Fuori insiste ancora la pioggia, e i tuoi stivali
    neri aspettano ai piedi del letto, l’addio di
    quell’ultimo abbraccio mi ha braccato come in
    una brezza. D’estate io ancora ti stringo a me.

     

  • LE POESIE DI LOPEZ VILAR
    GRECHE, LATINE,
    PORTOGHESI, CATALANE...

    data: 11/01/2021 17:10

    Marta López Vilar è poetessa, filologa, traduttrice di portoghese, catalano e greco contemporaneo. Nata a Madrid nel 1978, insegna presso l'università Complutense della capitale spagnola. Vorrei presentarla con le parole che le ha dedicato, nell'introduzione del libro En las aguas de octubre (Bartleby Editores, 2016), il poeta Antonio Crespo Massieu: "La poesia di Marta è un'attenta e paziente attesa della parola, e un dialogo costante con la tradizione: l'antichità greco-latina, la poesia portoghese e catalana, le grandi voci della poesia moderna europea". Nella seguente selezione – con traduzioni in italiano da me curate - ho cercato di costruire un mosaico poetico rappresentativo della grande ricchezza di pensiero, di sentimenti e di eleganza di Marta López Vilar.

    LA LLEGADA
    Hay un Bosque. Este Bosque. Llegué a él un verano y pronto anochecía. Busqué los animales, sus huellas, su ligero movimiento entre las hojas. Entré en él, en este Bosque, como quien se abandona. Sentía mis pasos crujiendo, el débil quejido de las ramas. Así era vivir en el Gran Bosque. Los animales, su sombra, sus pequeños alimentos, su rastro. No. Llegué aquí un verano y pronto anochecía. No supe qué buscar.

    L'ARRIVO
    C'è un Bosco. Questo Bosco. Vi arrivai un'estate e presto si è fece buio. Cercai gli animali, le loro tracce, il loro leggero movimento tra le foglie. Vi entra, in questo Bosco, come chi si abbandona. Sentivo i miei passi scricchiolare, il debole gemito dei rami. Così era vivere nel Gran Bosco. Gli animali, la loro ombra, il loro piccolo cibo, le loro orme. No. Arrivai qui un'estate e presto si fece buio. Non sapevo cosa cercare.

    EL HAMBRE
    Pero sí conocí mi hambre, el dolor en mis labios por el hambre. Sus grietas. Comencé a escarbar en la tierra. Los dedos cavando. Las uñas cavando. Tenía las manos frías, húmedas. Temblaban. Pero no. No había alimento. Tan sólo había alimento para los insectos y las hojas. Comencé a lamer las hojas. Comencé a masticarlas. Comencé a comer insectos húmedos. Los helechos. Yo no podía decir. Eso era el silencio. Mientras, el Gran Bosque miraba.

    LA FAME
    Ma sì, ho conosciuto la mia fame, il dolore sulle mie labbra per la fame. Le sue crepe. Iniziai a rovistare nella terra. Le dita scavano. Le unghie scavando. Avevo le mani fredde, umide. Tremavano. Ma no. Non c'era cibo. C'era solo cibo per insetti e le foglie. Iniziai a leccare le foglie. Iniziai a masticarle. Iniziai a mangiare insetti umidi. Le felci. Non saprei dirlo. Quello era il silenzio. Nel frattempo, il Gran Bosco guardava.

    Y ERA DE NOCHE
    Y olvidé mi hambre. Ya no necesitaba el hambre. Sonreí al recordar que alguna vez quise alimentarme. Caminé por el sendero y mis ojos florecían en la noche. Había una lechuza sobre un árbol. Blanca. Pequeño fantasma y animal. La miré fijamente. Yo: pequeño fantasma y animal mirando el Bosque.

    ED ERA DI NOTTE
    E dimenticai la mia fame. Non avevo più bisogno della fame. Sorrisi nel ricordare che una volta volli alimentarmi. Camminai lungo il sentiero e i miei occhi germogliavano nella notte. C'era una civetta su un albero. Bianca. Piccolo fantasma e animale. La fissai. Io: piccolo fantasma e animale che guarda il Bosco.

    AMANECER
    Espero a que amanezca. En esa espera está, tal vez, la primera luz del día, su asedio y su nombre. No sé cómo despedir a este tiempo que huye, no sé cómo despedirme con él. Decirme adiós. Me imagino con un papel en blanco entre las manos. Me imagino nadando a lo lejos. Me imagino cerrando una puerta para que no entre la nieve. Amanece en este Bosque extranjero. No hay pájaros. Sin embargo, vuelvo a ver las hojas. Caídas.

    ALBEGGIARE
    Aspetto che faccia giorno. In quell'attesa, forse, c’è la prima luce del giorno, il suo assedio e il suo nome. Non so come congedare questo tempo che fugge, non so come accomiatarmi da lui. Dirmi addio. Immagino con un foglio bianco tra le mani. Immagino nuotando in lontananza. Immagino chiudendo una porta affinché non entri la neve . Albeggia in questo Bosco straniero. Non ci sono uccelli. Tuttavia, vedo di nuovo le foglie. Cadute.

    EL CORAZÓN
    Y había un corazón latiendo en medio de la muerte del Bosque.
    No sé si era el mío.

    IL CUORE
    E c'era un cuore palpitando in mezzo alla morte del Bosco.
    Non so se fosse il mio.

    EL PEQUEÑO PÁJARO
    Era primavera. Miraba los árboles devorando el sol, después de la tormenta. Abría mis ojos para ser esa luz perdida, para recordar que muy lejos las flores eran pronunciadas. Muy lejos. Por un instante. Y por un instante un pequeño pájaro cayó a mis pies. Cayó de su nido. Temblaba y no podía volar. Creo que aún no sabía. Lo cogí entre mis manos. Le di calor. Le pregunté si venía del lugar donde las flores se pronuncian. Lo acerqué a mi cara. Pequeño cuerpo como el mimbre y la lluvia. Le dije que ese sol que yo miraba podría curarlo. Aquel temblor fue igual que la ternura. Por un instante.

    IL PICCOLO UCCELLO
    Era primavera. Guardavo gli alberi divorando il sole, dopo la tempesta. Aprivo i miei occhi per essere quella luce perduta, per ricordare che molto lontano i fiori venivano pronunciati. Molto lontano. Per un istante. E per un istante un uccellino cadde ai miei piedi. Cadde dal suo nido. Tremava e non poteva volare. Credo che ancora non sapesse. Lo presi tra le mie mani. Gli diedi calore. Gli chiesi se venisse dal luogo dove i fiori venivano pronunciati. Lo avvicinai al mio volto. Piccolo corpo come il vimini e la pioggia. Gli dissi che quel sole che stavo guardando poteva guarirlo. Quel tremore fu come la tenerezza. Per un istante.

    El ÁRBOL
    Miro el árbol bañado por el sol. Miro sus ramas, sus hojas, cómo sus raíces salen de la tierra. Amanece y nada parece acabar nunca. Todo desde su principio: el viento, el pájaro pequeño que me mira desde el árbol, la hierba que crece alrededor. Acerco mi mano hacia la luz del sol entre las ramas. Es como si pudiera acariciarlo. Me quedo detenida bajo el árbol. Todo cabe en esa luz atravesando las hojas. Todo cabe en mis dedos. Mi nombre, de repente. Mi corazón, de repente. Hermoso árbol que no conoce la noche, cuida de mí.

    L'ALBERO
    Guardo l'albero bagnato dal sole. Guardo i suoi rami, le sue foglie, come le sue radici spuntano dalla terra. Fa giorno e nulla sembra finire mai. Tutto dal suo principio: il vento, il piccolo uccello che mi guarda dall'albero, l'erba che cresce intorno. Avvicino la mia mano verso la luce del sole tra i rami. È come se potessi accarezzarlo. Rimango ferma sotto l'albero. Ci sta tutto in quella luce che attraversa le foglie. Ci sta tutto. Ci sta tutto nelle mie dita. Il mio nome, all'improvviso. Il mio cuore, all'improvviso. Bellissimo albero che non conosce la notte, e ha cura di me.

    EXILIO
    Cuando llegó mi exilio, tú ya habías muerto. Años atrás. Miré el lugar, su lenguaje olvidado, todo lo que ante mí se ofrecía. No tuve ni un poco de agua que entregarle a tu recuerdo. Pero había memoria, pastos extensos de ti, días nuevos donde hacerte. Y así hice:imaginé tu sangre en los senderos. Otra vez tu sangre. Eras el dios que yacía en la mirada de los ciervos.

    ESILIO
    Quando giunse il mio esilio, tu eri già morto. Anni addietro. Guardai il luogo, il suo linguaggio dimenticato, tutto ciò che davanti a me si offriva. Non avevo neanche un po' d'acqua da dare al tuo ricordo. Ma c'era memoria, vasti pascoli di te, giorni nuovi per crearti. E così feci: immaginai il tuo sangue nei sentieri. Di nuovo il tuo sangue. Eri il dio che giaceva nello sguardo dei cervi.

    NAGYALFÖLD*
    Atravieso la llanura. La nieve infinita. El tren no partió de ningún sitio y, sin embargo, recorre esta llanura, su cuerpo helado y sin raíces. Imagino el color del suelo en primavera, si alguna vez el sol. Si alguna vez. Digo. Palabra. Entonces. Se detiene el tren y todo el mundo calla o tal vez duerme. Miro al otro lado, a través de la ventana, hacia esa nieve infinita en su reposo. Un caballo oscuro se acerca. Él tampoco partió de ningún sitio. Su oscura belleza tan viva, a la espera. Su temblor y el hielo. Así es la escritura del invierno, impronunciable. Después, sólo marcharse.

    NAGYALFÖLD*
    Attraverso la pianura. La neve infinita. Il treno non è partito da nessuna luogo e, tuttavia, percorre questa pianura, il suo corpo gelato e senza radici. Immagino il colore della terra in primavera, se mai il sole. Se mai. Dico. Parola. Allora. Il treno si ferma e tutto tace o forse dorme. Guardo dall'altra parte, attraverso la finestra, verso quella neve infinita nel suo riposo. Si avvicina un cavallo scuro. Neanche lui è partito da nessun luogo. La sua scura bellezza così viva, in attesa. Il suo tremore e il gelo. Così è la scrittura dell'inverno, impronunciabile. Dopo, soltanto andar via.
    *En castellano, Gran Llanura. Siempre la atravesaba en tren desde la Ciudad hasta Budapest. Un lugar que se cruza en la ceguera, infinito.

    *In italiano, Gran pianura. La attraversavo sempre in treno dalla città fino a Budapest. Un luogo che si attraversa in cecità, infinito.

    MAÑANA
    Esperé a que pasara el tiempo. Pero no me daba cuenta de que era él lo que me atravesaba. Infinitamente. Me decía: mañana contaré las grietas de la pared de enfrente, imaginaba que mañana recibiría una carta. Y me decía: mañana leeré una carta cuando sea de noche y me tomaré un té. Sin embargo, no supe que dejar pasar el tiempo era mañana, ver abrirse el instante y desangrarse. Y echar semillas en el Bosque, un domingo, cuando todos morían.

    DOMANI
    Ho aspettato che passasse il tempo. Ma non mi rendevo conto che era esso che mi attraversava. Infinitamente. Mi dicevo: domani conterò le crepe della parete di fronte, immaginavo che domani avrei ricevuto una lettera. E lui mi dicevo: domani leggerò una lettera quando sarà notte e prenderò un tè. Tuttavia, non sapevo che lasciar passare il tempo sarebbe stato domani, vedere aprirsi l'istante e sanguinare. E gettare semi nel Bosco, una domenica, quando tutti stavano morendo.

    LAS EFÍMERAS
    Salir al Bosque. Encontrar palabras-minerales. Una hoja. Una nube. Un ciempiés. Encontrar el río. Sumergidos. No sentir el frío. De nuevo. Palabras-minerales. Vivir. Como las efímeras.

    LE EFFIMERE
    Uscire al Bosco. Trovare parole- minerali. Una foglia. Una nuvola. Un centopiedi. Trovare il fiume. Immergerci. Non sentire il freddo. Di nuovo. Parole-minerali. Vivere. Come le effimere.

    LA TORMENTA
    Llovía y temblaba la última luz de la tarde. El paisaje iba a quebrarse. Una gota más: tranvía roto, la Sinagoga, el Bosque destruido. Sonaba el cielo y dejaba sombra. Olvidar los pájaros. No poder salvarlos. Recoger al día siguiente los rastros, lo que ya no está, como un naufragio. Volver a construir el tranvía, la Sinagoga, el Bosque de los pájaros. Y descansar.

    LA TORMENTA
    Pioveva e tremolava l'ultima luce della sera. Il paesaggio si sarebbe spezzato. Un'altra goccia: tram rotto, la Sinagoga, il Bosco distrutto. Suonava il cielo e lasciava ombra. Dimenticare gli uccelli. Non poter salvarli. Raccogliere il giorno dopo le tracce, ciò che non c’è più, come un naufragio. Ricostruire il tram, la Sinagoga, il Bosco degli uccelli. E riposare.

    EL SUEÑO
    Me escondo entre las flores. No sé cuánto tiempo podré quedarme aquí. No sé si estoy esperando algo, pero es hermoso. Alzo la vista y hay un azul como el azul de tu palabra. Los pétalos son ternura. Eso dijiste. Oigo tus pasos y me dices, a lo lejos, que ya no llegará la tormenta nunca más. Los pájaros echaron a volar, infinitos. Te veo siendo niño, trayendo un vencejo entre las manos. Estoy escondida entre las flores, te digo. Y comenzó a nevar.

    IL SOGNO
    Mi nascondo tra i fiori. Non so per quanto tempo potrò rimanere qui. Non so se sto aspettando qualcosa, ma è bellissimo. Alzo lo sguardo e c'è un blu come il blu della tua parola. I petali sono tenerezza. Hai detto ciò. Sento i tuoi passi e mi dici, in lontananza, che la tempesta non arriverà mai più. Gli uccelli hanno fatto volare, infiniti. Ti vedo da bambino, che porti un rondone in mano. Sono nascosta tra i fiori, ti dico. E cominciò a nevicare.

    NORMAFA*
    Cruzamos el Danubio. Éste era otro Bosque en el que pude adormecerme. Era un intervalo de pájaros y voces. Se oían las hojas decir. Simplemente. Era muy pequeño todo aquello. Pero hasta hoy resuena.

    NORMAFA*
    Attraversammo il Danubio. Questo era un'altro Bosco in cui potevo addormentarmi. Era un intervallo di uccelli e voci. Si sentivano le foglie dire. Semplicemente. Tutto ciò era molto piccolo. Ma anche oggi riecheggia.

    * Lugar en las colinas de Buda. A veces hay luciérnagas. A veces hay sueño
    * Luogo sulle colline di Buda. A volte ci sono lucciole. A volte c'è il sogno

    BAJCSY-ZSILINSZKY UTCA, 3-5
    Es pequeña mi casa. Apenas se recorre con la misma rapidez con la que el frío se queda atrapado en los cristales. La luz es cálida aquí dentro. Parece no saber nada. Entre nosotras hay un silencio protector. Me descalzo antes de entrar, para que no se entere de la nieve en mis zapatos. Mi casa ignora el hielo. Creo que no conoce que ahí mueren los insectos. Que ese mismo hielo puede helar la fuente de la plaza. Que por eso no tiene agua en los inviernos. Eso dicen.Sólo abro sus ventanas en mayo, cuando entra un tibio aire de tormenta. Sólo entonces oye las campanas de la Gran Iglesia. Cada mayo las oye. Cada mayo conoce los números del tiempo. Una vez le traje una flor roja que nació en el patio. La dejé en el mueble. Era hermosa. Fue aquel día tardío que recibí una carta en blanco de alguna parte que ya no pude recordar.

    BAJCSY-ZSILINSZKY UTCA, 3-5
    La mia casa è piccola. A malapena la si percorre con la stessa rapidità con cui il freddo rimane intrappolato sui cristalli. La luce è calida qui dentro. Sembra non sapere nulla. Tra di noi c'è un silenzio protettivo. Mi scalzo prima di entrare, affinché non sappia della neve nelle mie scarpe. La mia casa ignora il ghiaccio. Penso che non sappia che lì muoiano gli insetti. Che lo stesso ghiaccio può congelare la fontana nella piazza. Ecco perché non ha acqua negli inverni. Così dicono.

    Apro le sue finestre solo a maggio, quando entra un’aria tiepida di tempesta. Solo allora sente le campane della Grande Chiesa. Ogni maggio le sente. Ogni maggio conosce i numeri del tempo. Una volta le ho portato un fiore rosso che era nato nel cortile. L'ho lasciato sul mobile. Era bellissimo. Fu quel giorno tardivo in cui ricevetti una lettera in bianco da qualche luogo che non ho potuto più ricordare.

    *Calle BAJCSY-ZSILINSZKY, en la ciudad. El lugar donde estaba mi casa
    * Calle BAJCSY-ZSILINSZKY, nella città. Il luogo dove si trovava la mia casa

    NAVIDAD
    La plaza huele a dulces. La gente se acerca a los puestos a comprar mezéskalács* y beigli*. Todos sonríen. Toman vino caliente. Sé que hablan. No los oigo bien y no soy capaz de conocer su alegría. Pero hablan porque sale humo de sus bocas. Parece que invocan a las cosas vivas, un mundo hermoso que ellos sí conocen. Un niño se aproxima y me regala su figurita con forma de reno, llena de colores. Sus pequeñas manos me la ofrecen y me recuerdan la primera vez que tuve un pez entre las mías. Si se cae, se muere, pensaba entonces. Si se cae, se rompe, me decían los ojos del niño. Caer y morir. Caer y romperse. Era lo mismo. Y, sin embargo, supe qué cuidar.

    NATALE
    La piazza odora di dolci. La gente si avvicina alle bancarelle per comprare mezéskalács* e beigli*. Sorridono tutti. Bevono vino caldo. So che parlano. Non li sento bene e non riesco a conoscere la loro allegria. Ma parlano perché esce fumo dalle loro bocche. Sembra che invochino le cose vive, un bellissimo mondo che loro, sì, conoscono. Un bambino si avvicina e mi regala una figurina a forma di renna, piena di colori. Le sue piccole mani me la offrono e mi fanno ricordare la prima volta che ho avuto un pesce tra le mie. Se cade, muore, pensai allora. Se cade, si rompe, mi dicevano gli occhi del bambino. Cadere e morire. Cadere e rompersi. Era lo stesso. E, cionondimeno, seppi di cosa aver cura.

    Notas/Note:
    mezéskalács: Dulce típico navideño en Hungría. Suele tener formas diferentes: árbol de Navidad, reno…
    beigli: También, dulce típico de Navidad. Suele estar relleno de diferentes ingredientes.
    mezéskalács: Tipico dolce natalizio in Ungheria. Di solito ha diverse forme: albero di Natale, renna ...
    beigli: Anche questo, tipico dolce natalizio. Di solito è riempieno con ingredienti diversi.

    SE ACERCA EL ÚLTIMO DÍA
    También de aquí te marcharás. Pero también todo esto fue tuyo: la desolación primera, la tormenta que nunca terminaba de llegar, el lenguaje amputado. Dejarás todo eso en el mismo lugar donde lo encontraste, como un idioma lejano. Pero no sabrás volver donde partiste. Ya no. Tu corazón y el Bosque. Tu corazón o el Bosque.

    SI AVVICINA L'ULTIMO GIORNO
    Te ne andrai anche da qui. Però anche tutto questo è stato tuo: la prima desolazione, la tempesta che non finiva mai di arrivare, il linguaggio amputato. Lascerai tutto ciò nello stesso luogo dove l'hai trovato, come un idioma lontano. Ma non saprai tornare da dove sei partita. Non più. Il tuo cuore e il Bosco. Il tuo cuore o il Bosco.

    (del libro El Gran Bosque, II Premio Internacional de Poesía Margarita Hierro Fundación Centro de poesía José Hierro, Pre-Textos Poesía, 2019)

    ---

    RITO
    Iguales siempre sus noches,
    iguales sus días bajo la luz del sol…
    Píndaro
    Canta la muerte y es distinta su música.
    Teje el aire como una araña solitaria
    que se entrega tiernamente a su condena.
    Igual que tú, que ahora escuchas su canto
    sumergido, ya sin lágrimas,
    entre las aguas de octubre.

    RITO
    La luce del sole,
    in notti sempre uguali e in giorni sempre uguali
    Pindaro
    Canta la morte e la sua musica è diversa.
    Tesse l'aria come un ragno solitario
    che si arrende teneramente alla sua condanna.
    Come te, che ora ascolti il suo canto
    immerso, senza più lacrime,
    tra le acque di ottobre.

    OVIDIO LLEGA A TOMOS
    ¿Qué diré acerca de cómo los ríos encadenados
    por el frío se congelan y cómo se extraen del lago las frágiles aguas?
    Ovidio, Tristes

    Es eterna esta nieve, igual que mi destierro.
    Ahora los días no me pertenecen,
    no recuerdan ya su origen.
    Ni tan siquiera los ríos guardan memoria
    de su curso.
    Nada me queda aquí del tiempo.
    Sólo silencio, lo blanco,
    y no saber a quién escribo,
    ni por qué.

    OVIDIO ARRIVA A TOMI
    Che dire di come i fiumi incatenati
    dal freddo si congelano e di come vengono attinte dal lago le fragili acque.
    Ovidio, Tristia
    Questa neve è eterna, proprio come il mio esilio. Ora i giorni non mi appartengono non ricordano più la loro origine. Nemmeno i fiumi serbano memoria del loro corso. Nulla mi rimane del tempo qui. Solo silenzio, il bianco, e non sapere a chi scrivo, né perché.

    ELEUSIS
    Huye de aquí la luz,
    la acerco a mis labios como a una ofrenda antigua
    para que me devuelva el mundo
    y su tibia impiedad.
    Es una libación que a ningún dios
    se ofrecerá hermosa
    ni secreta. No sabrá dulce a la tierra,
    tampoco a sus raíces.
    El silencio trae en sus manos
    el rancio licor de lo que muere
    y unge mis labios de un vacío impuro.
    Es lo que queda de un dios
    a lo que sabe mi boca.

    ELEUSI
    Da qui fugge la luce,
    l'avvicino alle labbra come un'antica offerta
    affinché mi restituisca il mondo
    e alla sua tiepida empietà.
    È una libagione che a nessun dio
    si offrirà bella
    né segreta. Non avrà il sapore dolce della terra
    né delle sue radici.
    Il silenzio porta nelle sue mani
    il liquore rancido di ciò che muore
    e unge le mie labbra di un vuoto impuro.
    È ciò che rimane di un dio
    il sapore che la mia bocca ha.

    ORFEO
    Entre el vacío y el sueño caminé:
    allí donde esperaban un rastro de luz
    y un amor perdido que no existe.
    Después, sólo fui sangre,
    canto eterno,
    mudo rostro.

    ORFEO
    Ho camminato tra il vuoto e il sogno:
    lì dove era in attesa un varco di luce
    e un amore perduto che non esiste.
    In seguito, fui solo sangue,
    canto eterno,
    volto muto.

    TRANSFORMACIÓN
    avec toutes ses eaux mortes.
    Martine Broda

    Ninguna huella queda ya entre la nieve.
    Tampoco quedará su frío cuando el sol la toque
    para convertirla en agua que, de tan pura, dolerá en los labios.
    Y yo la beberé.
    La luz matará esta memoria blanca.
    No será el mar ni el plomo oscuro de la noche,
    sino el cuerpo desnudo de la aurora,
    cada día.
    No quedarán ni las sombras
    y todo se irá lentamente por el río,
    se limpiará de nombres y de barro,
    y no sabré quién soy
    cuando anochezca.

    TRASFORMAZIONE
    Ormai nessuna traccia rimane nella neve.
    Neanche il suo freddo resterà quando il sole la toccherà
    per trasformarla in acqua che, per quanto pura, dorrà sulle labbra.
    E la berrò.
    La luce ucciderà questa memoria bianca.
    Non sarà il mare né il piombo scuro della notte,
    bensì il nudo corpo dell'aurora,
    ogni giorno.
    Nemmeno le ombre resteranno
    e tutto se ne andrà lentamente lungo il fiume,
    verrà pulito da nomi e da fango,
    e non saprò chi sono
    quando calerà la notte.

    ÚLTIMA MEDITACIÓN DE MARCO AURELIO
    No importará la luz,
    tampoco el calor que duerme en los campos
    y estalla en mi boca como un manantial
    de sol cayendo entre las flores.
    Sólo el tiempo sabe, conoce este olor
    a musgo vivo que ahora siento,
    su limpio final amando
    los restos hermosos de los bosques
    después de las batallas.
    Tanta vida, ahora, no presagia
    que todo será último,
    que también esta belleza será semilla estéril
    para el agua y esta voz que aún la invocan.

    ULTIMA MEDITAZIONE DI MARCO AURELIO
    Non importerà la luce,
    nemmeno il caldo che dorme nei campi
    ed erompe nella mia bocca come una sorgente
    di sole che cade tra i fiori.
    Solo il tempo sa, conosce questo odore
    a muschio vivo che ora sento,
    amando il suo finale limpido
    i bellissimi resti dei boschi
    dopo le battaglie.
    Tanta vita, ora, non presagisce
    che tutto sarà ultimo
    che anche questa bellezza sarà seme sterile
    per l'acqua e per questa voce che la invocano ancora.

    LA MUERTE DE DIDO
    […] al tiempo todo
    calor desaparece, y en los vientos se perdió su vida.
    Virgilio, Eneida

    He cruzado el desierto.
    Pero nunca pasó el tiempo en mi rostro,
    porque aún conservo el tibio candor
    de la belleza que alguna vez me prometieran.
    Nadie entenderá mi muerte justo ahora
    que he visto las ciudades más hermosas,
    cómo se demoraba la luz en cada flor
    que nacía en los palacios de Cartago.
    Pero he cruzado el desierto,
    y quien ve su propia imagen durante esa travesía,
    aunque sea una noche, sabe que poco importa ya
    que la arena pueda convertirse en tiempo
    o en camino.
    Cada día sé que tengo el mismo destino que esa tierra:
    esparcirme en mil pedazos y no llegar a parte alguna.

    LA MORTE DI DIDO
    […] al tempo stesso tutto
    il calore scompare, e nel vento la sua vita è persa.
    Virgilio, Eneide

    Ho attraversato il deserto.
    Ma il tempo non è mai passato sul mio volto
    perché ancora conservo il tiepido candore
    della bellezza che una volta mi fu promisa.
    Nessuno capirà la mia morte proprio ora
    che ho visto le città più belle,
    come la luce indugiava su ogni fiore
    che nasceva nei palazzi di Cartagine.
    Ma ho attraversato il deserto
    e chi vede la propria immagine durante quel percorso,
    anche fosse una notte, sa che non ha più importanza
    che la sabbia possa trasformarsi in tempo
    o in cammino.
    Ogni giorno so di avere lo stesso destino di quella terra:
    spargermi in mille pezzi e non giungere a luogo alcuno.

    CARACOL
    Miro tu lentitud,
    la traza de luz que abandonas a tu paso
    como la savia derramada de los árboles.
    Eres el pequeño dios de la sed
    que atraviesa las hojas y la noche
    en su infinito reposo.
    Te observo sin heridas
    y miro mis manos: sombras de nieve
    que tocaron la muerte con tu mismo sigilo.

    LUMACA
    Guardo la tua lentezza
    la traccia di luce che lasci al tuo passaggio
    come la linfa sparsa dagli alberi.
    Sei il piccolo dio della sete
    che attraversi le foglie e la notte
    nel suo infinito riposo.
    Ti osservo senza ferite
    e guardo le mie mani: ombre di neve
    che hanno toccato la morte col tuo stesso riguardo.

    PERSÉFONE
    Mas él, atrayéndola a sí, le dio a comer dolosamente un dulce grano de granada, para que no
    se quedase por siempre allá, al lado de su venerada Deméter, la de peplo púrpura oscuro.
    Himno Homérico a Deméter.

    Acerco a mis labios el oscuro néctar que mana de esta ofrenda.
    Imagino que va a poder curarme, que esa sangre púrpura
    es lo que queda de la tarde más hermosa: la que no veo,
    la que nunca veré extendida en mis ojos.
    Entrego lo que tengo de mi frágil juventud
    a este instante que tiembla.
    Entrego mi cuerpo como el mimbre a esta sed y este vacío.
    Es la prueba que me queda de estar viva.
    Alguien me habla fuera,
    alguien pide mis manos de nieve, su pureza.
    Pero nada toco en este instante que me exige
    la más limpia claridad de quien soñó con regresar
    al mundo de los vivos.
    Este cuerpo joven no será para siempre de la vida,
    comí de la granada de la noche,
    su engaño de luz y de esperanza.
    Y en la tierra morirá lentamente aquel lirio tan puro
    que me trajo a las sombras.
    Y mi madre me llorará cada día, como si hubiera muerto.

    PERSEFONE
    Ma egli, attirandola a sé, le diede da mangiare furtivamente il seme del melograno, dolce come il miele,
    affinché ella non rimanesse per sempre lassù, con la veneranda Demetra dallo scuro peplo.
    Inno Omerico a Demetra.
    Avvicino alle mie labbra lo scuro nettare che sgorga da questa offerta.
    Immagino che potrà curarmi, che quel sangue porpora
    è ciò che rimane della sera più bella: quella che non vedo,
    quella che mai vedrò diffusa nei miei occhi.
    Affido ciò che ho della mia fragile giovinezza
    a questo istante che trema.
    Affido il mio corpo come il vimini a questa sete e a questo vuoto.
    È la prova che sono viva.
    Qualcuno mi parla fuori,
    qualcuno chiede le mie mani di neve, la loro purezza.
    Ma nulla tocco in questo istante che mi esige
    la più limpida nitidezza di chi ha sognato col ritornare
    al mondo dei vivi.
    Questo giovane corpo non sarà per sempre della vita,
    ho mangiato il melograno della notte,
    il suo inganno di luce e di speranza.
    E sulla terra morirà lentamente quel giglio così puro
    che mi ha portato alle ombre.
    E mia madre mi piangerà ogni giorno, come se fossi morta.

    TORMENTA
    …la lenta pluja
    no va a cap banda.
    Salvador Espriu

    Duele en mi rostro la lluvia.
    Su caricia feroz se vuelve herida,
    como si ya mi piel
    sólo supiera respirar en el desierto.
    Cae tan lenta la lluvia
    o está tan lejos mi casa
    que imagino estar cruzando un país de olvido,
    inacabable, donde no dormir nunca.

    TEMPESTA
    Mi duole la pioggia sul volto.
    La sua feroce carezza diventa ferita,
    come se la mia pelle ormai
    sapesse solo respirare nel deserto.
    La pioggia cade così lentamente
    o è così lontana casa mia
    che immagino di attraversare un paese d'oblio,
    interminabile,
    dove non dormire mai.

    NÍOBE
    [...] mármol en lugar de mujer que
    profiere un algo quejumbroso.
    Calímaco, Himno a Apolo (II 22-4)

    No oiré nunca más las voces de mis hijos.
    Ahora vago hacia el monte con tu pequeño cuerpo.
    Tú eras la última en la que vi
    brillar el sol en sus pupilas, despidiéndose.
    Todo es penumbra ahora,
    velo frío sobre mis ojos.
    No hay lugar amable para darte descanso,
    hija mía.
    Temo que todo te asuste cuando falte
    y no pueda alcanzar tus manos bajo el sueño.
    Yo estaré rodeada de animales oscuros
    que beberán de mí cada noche.
    Lentamente dejo de sentir el calor tierno
    de tu cuerpo junto al mío.
    Es más cruel la piedra que la muerte.
    Ahora comienza y arde mi castigo:
    llevarte en este corazón
    que ya no siento.

    NIOBE
    [...] marmo che un tempo fu donna
    e al dolore schiuse le labbra.
    Callimaco, Inno ad Apollo (II 22-4)

    Non udirò mai più le voci dei miei figli.
    Ora vago verso il monte con il tuo piccolo corpo.
    Tu eri l'ultima in cui ho visto
    brillare il sole nelle sue pupille, dicendo addio.
    Tutto è penombra ora,
    velo freddo nei miei occhi.
    Non c'è luogo amabile per darti riposo
    figlia mia.
    Temo che tutto ti spaventi quando non ci sarò
    e non riesca a raggiungere le tue mani sotto il sogno.
    Io sarò circondata da animali oscuri
    che berranno da me ogni notte.
    Lentamente non sento più il tenero calore
    del tuo corpo accanto al mio.
    E' più crudele la pietra della morte.
    Ora inizia e arde il mio castigo:
    averti in questo cuore
    che non sento più.

    LA ISLA DEL ÚLTIMO ADIÓS
    “Ve, extranjero, con bien: cuando estés en los campos paternos
    no te olvides de mí, pues primero que a nadie me debes tu rescate”
    Palabras de Nausica a Odiseo. Homero, Odisea

    Extranjero,
    era el mar tu viaje, cruzar su agua oscura
    preso del sueño y del olvido,
    y no recordar nada más que tu regreso.
    Poco le importa a este mar que cada instante
    sea reflejo de otro instante,
    cielo vacío que aprende a anochecer y a ser su aurora.
    Pero yo no sé a qué dios suplicar tu mismo sueño,
    el presagio de nieve que ahora cae
    en tu pálida memoria que no regresará.
    Este mar, su transparencia de hielo, no deja
    que mis ojos en él contemplen tu camino.
    Extraviados y puros, así los conociste,
    te despiden como una ceremonia.
    Extranjero,
    ve con bien
    y atraviesa el ciego abismo que ahora veo,
    mira cómo las olas tienen la misma blancura limpia
    de mis manos, el mismo azul de las noches de Feacia.
    Era el mar tu viaje, lo mismo que tu ausencia, ahora,
    resuena igual que una caracola de ceniza
    en medio de un naufragio.

    L'ISOLA DELL'ULTIMO ADDIO
    "Salute a te, ospite! Quando sarai tornato in patria,
    ricordati di me: a me per prima tu devi la vita!"
    Parole di Nausicaa ad Odisseo. Omero, Odissea

    Straniero,
    il mare era il tuo viaggio, attraversare le sue acque scure
    prigioniero del sogno e dell'oblio,
    e non ricordare null'altro che il tuo ritorno.
    Poco importa a questo mare che ogni istante
    sia riflesso di un altro istante,
    cielo vuoto che impara ad imbrunire e ad essere la sua aurora.
    Ma io non so a quale dio supplicare il tuo sogno,
    il presagio di neve che ora cade
    nella tua pallida memoria che non ritornerà.
    Questo mare, la sua trasparenza di gelo, non lascia
    che i miei occhi contemplino il tuo cammino.
    Smarriti e puri, così li hai conosciuti
    ti accomiatano come una cerimonia.
    Straniero,
    vai col bene
    e attraversa il cieco abisso che ora vedo
    guarda come le onde hanno il medesimo limpido candore
    delle mie mani, lo stesso azzurro delle notti di Feacia.
    Il mare era il tuo viaggio, così come la tua assenza che, ora,
    echeggia come una conchiglia di cenere
    in mezzo a un naufragio.

    SUNION
    Súbitamente la costa se ilumina, atardecida y limpia.
    En ella nace un rumor lento
    de barcos alejándose.
    Barcos donde los pájaros se posaron una vez, imaginando la ciudad a la que debieron regresar
    y no pudieron.
    Flotaban en el aire y así era su vuelo,
    inmutable y oculto,
    ciego e implacable.
    Cruzaban el mar, hecho de niebla,
    y luego se deshacían en un abismo blanco
    -fraguado con sigilo-
    hasta convertirse en esa misma niebla.
    Ahora camino lentamente,
    algo se despide de mí como una flor
    que pide su ceguera para no ver
    que también la luz pudo herirla sin saberlo.
    Agosto se levanta esta vez
    sin esa amarga transparencia del vacío.
    Parece que nunca antes existiera
    octubre, su frío, su vigilia,
    sobre este mármol tibio.
    Hay restos de luz aquí, de origen, de palabra.
    También de mí,
    que soy regreso.

    SUNIO
    Subitamente la costa si illumina, crepuscolare e limpida.
    In essa nasce un suono lento
    di navi che si allontanano.
    Navi dove un giorno gli uccelli si posavano,
    immaginando la città in cui dovevano tornare
    e non vi sono riusciti.
    Fluttuavano nell'aria e così era il loro volo,
    immutabile e occulto,
    cieco e implacabile.
    Attraversavano il mare, fatto di nebbia,
    e poi si disperdevano in un abisso bianco
    -silenziosamente forgiato-
    fino a divenire la stessa nebbia.
    Ora cammino lentamente,
    qualcosa si congeda da me come un fiore
    che chiede la sua cecità per non vedere
    che anche la luce avrebbe potuto ferirla senza saperlo.
    Agosto questa volta sorge
    senza quell'amara trasparenza del vuoto.
    Sembra che prima non sia mai esistito
    ottobre, il suo freddo, la sua veglia,
    su questo marmo tiepido.
    Ci sono residui di luce qui, di origine, di parola.
    Anche di me
    che sono ritorno.

    DESPUÉS
    Puse sobre el mundo la clara luz de tu alegría.
    Iluminaba como la voz de un niño
    sintiendo la inocencia del verano.
    Estaba tu cuerpo oscurecido por el sol.
    Había playas blancas que no acababan nunca
    y un barco encallado en sus orillas,
    una caracola.
    Nada tocó esa pureza,
    solo el presente.

    DOPO
    Ho messo sul mondo la chiara luce della tua gioia.
    Illuminava come la voce di un bambino
    che sentiva l’innocenza dell’estate.
    Era imbrunito dal sole il tuo corpo.
    C'erano spiagge bianche che non finivano mai
    e sulle loro rive una nave incagliata,
    una conchiglia.
    Nulla toccò quella purezza,
    solo il presente.

    LAS HUELLAS

    No le reprocho a la primavera que llegue de nuevo.
    Wislawa Szymborska

    Dejo mi palabra hundida en esta primavera.
    De ella crecerán las hojas que cubrirán
    la puerta de mi casa,
    -esta casa, cualquier casa-,
    los nombres
    que no desaparecen, pero tampoco nombran.

    Escribir es despedirse,
    sellar con hielo el corazón de un muerto.

    LE ORME

    Non biasimo la primavera
    per essere tornata.
    Wislawa Szymborska

    Lascio sprofondata in questa primavera la mia parola.
    Da essa cresceranno le foglie che copriranno
    la porta di casa mia,
    -questa casa, qualsiasi casa-,
    i nomi
    che non scompaiono, ma nemmeno nominano.
    Scrivere è congedarsi
    sigillare col ghiaccio il cuore di un morto.

    INDEMNE
    Descanso tendida a la orilla del mar.
    La luz parece no cambiar nunca, atraviesa el viento
    apenas sin moverse. Su mano ligera, descarnada,
    se agarra al frío erizado de mi piel.
    Nace en mi cuerpo la vida, y permanece.
    Miro, sin embargo, lo que queda al retirarse cada ola:
    pequeñas conchas rotas, algas frágiles,
    un trozo de junco partido y seco.
    Presencias de que algo ha terminado.
    Alguna vez seré simplemente eso, me digo.
    Cierro los ojos: alguna vez seré simplemente eso.

    INDENNE
    Riposo distesa in riva al mare.
    La luce sembra non cambiare mai, attraversa il vento
    quasi senza muoversi. La sua mano leggera, scarna,
    si aggrappa al freddo rizzato della mia pelle.
    Nasce nel mio corpo la vita, e vi rimane.
    Guardo, tuttavia, ciò che resta al ritirarsi di ogni onda:
    piccole conchiglie rotte, alghe fragili,
    un pezzo di giunco secco e spezzato.
    Presenze di qualcosa che è finito.
    Un giorno sarò semplicemente ciò, mi dico.
    Chiudo gli occhi: un giorno sarò semplicemente ciò .

    ANÁMNESIS
    A veces, es tan leve el dolor
    que el cielo se me ofrece
    como un recuerdo tibio de los dioses.
    Es cuando busco mi nombre,
    su frágil consistencia, su silencio.

    ANAMNESI
    A volte, il dolore è così lieve
    che il cielo si offre a me
    come un tiepido ricordo degli dei.
    È quando cerco il mio nome
    la sua fragile consistenza, il suo silenzio.

    EURÍDICE
    Quédate así un instante,
    que esta luz que ahora me cubre
    la memoria –ese paraje inhóspito y helado-
    nunca convertirá en final lo que ahora brilla
    como una lluvia débil cayendo de los árboles.
    Es la prueba más hermosa
    de estar vivos para siempre.
    La única, tal vez.

    EURIDICE
    Rimani così un istante,
    che questa luce che ora mi copre
    la memoria - quel luogo inospitale e gelato -
    non trasformerà mai in finale ciò che ora brilla
    come una debole pioggia che cade giù dagli alberi.
    È la prova più bella
    di essere vivi per sempre.
    L'unica, forse.

    MIRADOURO DE SOPHIA
    (LISBOA)
    Vuelvo a escuchar la lenta voz del agua.
    He regresado sedienta del país de los muertos
    y ya mis manos detienen este instante, su memoria.
    Acaso soy eso.
    Nunca pensé que el tiempo fuera esta fotografía,
    este viento que se cuela en mis ojos
    y mi piel no reconoce, pero ama.
    Es verano. Aún conservo el sol en esta luz que cae
    como la arena sobre un reloj vacío.
    Que nada detenga esta calma
    -le pido a la vida-:
    tierra limpia prometida a las aves.

    BELVEDERE SOPHIA
    (LISBONA)
    Sento di nuovo la lenta voce dell'acqua.
    Sono tornata assetata dal paese dei morti
    e le mie mani trattengono già questo istante, il suo ricordo.
    Forse sono ciò.
    Non avrei mai pensato che il tempo fosse questa fotografia,
    questo vento che si insinua nei miei occhi
    che la mia pelle non riconosce, ma ama.
    È estate. Conservo ancora il sole in questa luce che cade
    come la sabbia su un orologio vuoto.
    Che nulla fermi questa calma
    - lo chiedo alla vita -:
    limpida terra promessa agli uccelli.

    (del libro En las aguas de octubre. Bartleby Editores, 2016)

    ---

    EN EL COMIENZO DEL NOMBRE
    En el comienzo del nombre, este temblor,
    la vida que se acerca
    y no detiene el agua entre mis manos.
    Cegada por el nombre, tiemblo de luz
    y soy reflejo de tu voz,
    huida hacia el aire,
    la palabra que llega y que te nombra.

    ALL'INIZIO DEL NOME
    All'inizio del nome, questo fremito,
    la vita che si avvicina
    e non trattiene l'acqua tra le mie mani.
    Accecata dal nome, tremo di luce
    e sono riflesso della tua voce,
    fuga verso l'aria,
    la parola che arriva e che ti nomina.

    MELANCOLÍA DE UNA ESTATUA
    Cansada, reclinas la cabeza buscando tu memoria
    entre esa pesadumbre.
    Cierras los ojos en busca de ese mar
    que a otros cuerpos se llevó de tu lado,
    vuelto en ceniza y vejez, siendo calor
    prematuro de la muerte.
    Reclinas la cabeza y no sientes la mano
    frágil que sostiene tu cansancio,
    esa oscuridad que albergan tus ojos
    en pleno amanecer.
    Nada tienes salvo la soledad esculpida
    en todo lo guardado, el oleaje minucioso
    del dolor horadando el tiempo
    hasta borrarte.
    Cansada, te preguntas dónde se hará
    el cántico hermoso de la noche,
    en qué lugar recogerás tu luz y tu presencia,
    y hacia qué lugar se marcharon las palabras
    de todo lo perdido.

    MALINCONIA DI UNA STATUA
    Stanca, reclini la testa cercando la tua memoria
    tra lo sconforto.
    Chiudi gli occhi alla ricerca di quel mare
    che portò via altri corpi che ti erano accanto,
    divenuto cenere e vecchiaia, essendo calore
    prematuro della morte.
    Reclini la testa e non senti la mano
    fragile che sostiene la tua stanchezza,
    quell'oscurità che albergano i tuoi occhi
    al culmine dell'alba.
    Non hai altro che la solitudine scolpita
    in tutto ciò che è custodito, il minuzioso moto ondoso
    del dolore che perfora il tempo
    fino a cancellarti.
    Stanca, ti chiedi dove si svolgerà
    il bel cantico della notte,
    in quale luogo raccoglierai la tua luce e la tua presenza,
    e in quale direzione sono andate le parole
    di tutto ciò che è andato smarrito.

    DESPUÉS DE UN SUEÑO
    De muy lejos vengo, como el viento claro
    que abandoné en tu voz
    para protegerte de la muerte.
    No me despedí de ti.
    Por eso ven a mí
    y sálvame como tantas otras noches
    de mis sueños.

    DOPO UN SOGNO
    Da molto lontano vengo, come il vento chiaro
    che ho abbandonato nella tua voce
    per proteggerti dalla morte.
    Non ti ho salutato.
    Perciò vieni da me
    e salvami come tante altre notti
    dai miei sogni.

    PORTO DE MÁGOAS
    Elegí los puertos que más se parecieran a tu voz.
    Elegí los barcos, las olas, los peces
    que tuvieron que morir entre cenizas…
    Elegí los puentes desde donde mirar la noche.
    Pero nada importa.
    Elegí la vida y tus palabras nunca regresaron.

    PORTO DI MÁGOAS
    Ho scelto i porti che più somigliassero alla tua voce.
    Ho scelto le barche, le onde, i pesci
    che hanno dovuto morire tra le ceneri ...
    Ho scelto i ponti da dove guardare la notte.
    Ma nulla importa .
    Ho scelto la vita e le tue parole non sono mai ritornate.

    SÓLO LA LLUVIA
    Sólo la lluvia recuerda lo que sueña tu cuerpo
    cada noche,
    los pasos que cruzan lentamente la mañana
    para llegar a mí
    como un caballo triste y malherido.

    SOLO LA PIOGGIA
    Solo la pioggia ricorda ciò che il tuo corpo sogna
    ogni notte,
    i passi che lentamente attraversano il mattino
    per giungere a me
    come un cavallo triste e straziato.

    ADRIANO HABLA AL CUERPO MUERTO DE ANTÍNOO
    Ya nada persigo, nada se presenta ante mi puerta.
    Ninguna juventud sentí sino la tuya,
    ninguna ciudad, ningún otoño desbordó
    por mis manos el cabello de la luz,
    los misterios del aire.
    Duermen contigo aquella sangre derramada
    en sueños, la noche sin refugio
    con redes de oro, el perfume
    cuajado de amapolas en tus labios
    mientras yo contemplo la patria destruida de tu cuerpo
    recién abandonado.
    Contemplo al dios que me arrojó a la vida
    yaciendo en la sombra inmensa
    de lo que ya no tendré…
    La muerte ha llegado al mundo, mi dios,
    y nada ya podrá espantar mi frío.

    ADRIANO PARLA AL CORPO MORTO DI ANTINOO
    Ormai nulla perseguo, nulla si presenta davanti alla mia porta.
    Nessuna gioventù ho sentito eccetto la tua,
    nessuna città, nessun autunno riversò
    sulle mie mani la chioma della luce,
    i misteri dell’aria.
    Dormono con te quel sangue versato
    nei sogni, la notte senza rifugio
    con reti d’oro, il profumo
    addensato di papaveri sulle tue labbra
    mentre io contemplo la patria distrutta del tuo corpo,
    appena abbandonato.
    Contemplo quel dio che mi catapultò nella vita
    giacendo nell’ombra immensa
    di quel che non avrò più...
    La morte è giunta al mondo, mio dio,
    e ormai nulla potrà spaventare il mio freddo.

    DÍA DE LOS REGRESOS

    A Jristos
    Cada mañana esperaba tu regreso,
    ver las aves invisibles que te anunciaran a mí
    desde el puerto silencioso que tiene la memoria.
    El día de tu regreso era un lugar hueco de luz,
    una palabra dormida en la sombra
    que te esperaba sin nombre.
    Pero nunca vi llegar los barcos ni las aves.
    Sólo sentí el tacto ceniciento de la espera
    descender las horas,
    abrazar el cuerpo,
    exiliar la vida, lentamente,
    en cada ola donde se confiesan los que han muerto.

    GIORNI DEI RITORNI
    Ogni mattina aspettavo il tuo ritorno,
    vedere gli uccelli invisibili che mi annunciassero te
    dal porto silenzioso che ha la memoria.
    Il giorno del tuo ritorno era un luogo vuoto di luce,
    una parola addormentata nell'ombra
    che ti stava aspettando senza nome.
    Ma non ho mai visto arrivare le barche né gli uccelli.
    Ho sentito soltanto il tocco cinereo dell'attesa
    calare le ore,
    abbracciare il corpo,
    esiliare la vita, lentamente,
    in qualunque onda dove si confessa chi è morto.

    PETICIÓN
    –Dame una palabra...
    –Ninguna es suficiente para este terror.
    Todas duermen. No las despertemos
    o algo nos matará.

    PETIZIONE
    –Dammi una parola ...
    –Nessuna è abbastanza per questo terrore.
    Tutte dormono. Non le svegliamo
    o qualcosa ci ucciderà.

    CAFÉ KAFKA
    A José Ángel, desde cada ciudad
    Con qué delicadeza de pájaro
    se posa tu voz en estas mesas…
    Eres la materia del viento,
    el cuerpo regresado
    del largo viaje de la espera.
    Digo tu nombre,
    nocturno y terrestre como el asombro,
    hermoso y cruel
    como el último canto de los muertos.

    Tu voz, delicadeza de pájaro invisible
    y un café vacío
    en el abrazo azul de la tristeza.

    CAFFÈ KAFKA
    A José Ángel, da ogni città

    Con quale delicatezza di uccello
    si posa la tua voce su questi tavoli ...
    Sei la materia del vento
    il corpo tornato
    dal lungo viaggio dell'attesa.
    Dico il tuo nome
    notturno e terrestre come lo stupore,
    bello e crudele
    come l'ultimo canto dei morti.
    La tua voce, delicatezza di uccello invisibile
    e un caffè vuoto
    nell'abbraccio blu della tristezza.

    CIRCE
    Habito en esta isla.
    Aquí la noche es una flor oscura
    que se abre en secreto tras la lluvia.
    He preparado durante años
    tu llegada, tu memoria de escarcha,
    el asombro de la luz.
    Aquí el vino está hecho para tus labios,
    los peces para este mar
    y el aire para tu cuerpo.
    Si recuerdas esta isla
    encontrarás el lugar que no conoce horizonte
    y no se extraña, demorado en tus ojos,
    de la terrible soledad del tiempo.

    CIRCE
    Vivo su quest'isola.
    Qui la notte è un fiore scuro
    che si apre segretamente dopo la pioggia.
    Ho preparato per anni
    il tuo arrivo, la tua memoria di brina,
    lo stupore della luce.
    Qui il vino è fatto per le tue labbra,
    i pesci per questo mare
    e l'aria per il tuo corpo.
    Se ricordi quest'isola
    troverai il luogo che non conosce orizzonte
    e non si sorprende, ritardato nei tuoi occhi,
    della terribile solitudine del tempo.

    NAVEGACIÓN
    No divisaré la tierra después de esta desnuda soledad.
    Sin luz y sin imagen, el vacío
    me inventa y me consume
    igual que este sueño cruel que ya no es mío.
    No recordaré mis ojos, mi voz ni mi secreto.
    Curvaré los vientos para borrar mi forma
    y dormiré mi cuerpo en la dulzura terrible del olvido.
    No divisaré la tierra ni este mar recordará que existe.
    Ninguna soledad recuerda su regreso
    si de ella parte y ella es su único destino.

    NAVIGAZIONE
    Non ravviserò la terra dopo questa nuda solitudine.
    Senza luce e senza immagine, il vuoto
    mi inventa e mi consuma
    come questo sogno crudele che non è più mio.
    Non ricorderò i miei occhi, la mia voce né il mio segreto.
    Piegherò i venti per cancellare la mia forma
    e addormenterò il mio corpo nella dolcezza terribile dell'oblio.
    Non ravviserò la terra né questo mare ricorderà che esiste.
    Nessuna solitudine ricorda il suo ritorno
    se da essa parte ed essa è la sua unica destinazione.

    TU FELICIDAD
    Aprenderé a ser el bello verano que no conoce la nieve,
    la espuma tibia del sueño dormido entre las manos
    o la ternura que lleva a los bosques de sauces cada noche.
    Aprenderé a ser tu nombre en la distancia cruel de las orillas
    que no te rozará,
    la calle mojada que no responde ya a mis preguntas
    porque te has vuelto herida feliz, palabra abierta,
    de cada uno de mis días.

    LA TUA FELICITÀ
    Imparerò ad essere la bella estate che non conosce la neve,
    la tiepida schiuma del sogno addormentato tra le mani
    o la tenerezza che ogni notte conduce ai boschi di salici.
    Imparerò ad essere il tuo nome nella crudele distanza delle sponde
    che non ti sfiorerà,
    la strada bagnata che non risponde più alle mie domande
    perché sei divenuto ferita felice, parola aperta,
    di ognuno dei miei giorni.

    TU PARTIDA
    Es la hora de partir. Lo dice tanto mar
    y tanta calma. El recuerdo en la arena
    de los días enteros tejiendo y destejiendo
    las excusas del olvido y el amor.

    LA TUA PARTENZA
    È l'ora di partire. Lo dice tanto mare
    e tanta calma, il ricordo sulla sabbia
    d'interi giorni a tessere e disfare
    le scuse dell'oblio e dell'amore.

    FLORES BLANCAS
    Sólo tiempo de huirnos
    y encontrarnos…
    Ana Gorría

    Cuando tu ausencia teja su aliento helado
    entre mis dedos
    y sólo quede vivo
    este secreto hermoso de tu espera,
    el tiempo será lo que divide estas dos flores:
    una luz incierta posada en las cosas
    o el rostro inmóvil de una estatua en el mar
    que invoca su memoria
    para saber que existe.

    FIORI BIANCHI
    Giusto il tempo per fuggire
    e incontrarci...
    Ana Gorría

    Quando la tua assenza tessa il suo respiro gelido
    tra le mie dita
    e rimanga vivo solo
    questo bel segreto della tua attesa,
    sarà il tempo a dividere questi due fiori:
    una luce incerta posata sulle cose
    o il volto immobile di una statua nel mare
    che invoca la sua memoria
    per sapere che esiste.

    REENCUENTRO
    No entenderá este día tu memoria,
    la luz desierta que dibuja tu cuerpo
    llegando de la muerte, ciego,
    desprendido del mar.
    No recuerdo tus brazos, el calor
    de tu pecho sobre el mío, el bello sacrificio
    que te trajo hasta mí desde tan lejos.
    Reconocerme y suplicar a tus ojos
    que no sean este exilio que me cerca,
    esta lluvia terrible que respira
    mientras llegas a esta patria oscura
    -que te abraza perdida
    y besas- en medio de la gente.

    INCONTRO
    La tua memoria non capirà questo giorno
    la luce deserta che disegna il tuo corpo
    proveniente dalla morte, cieco,
    staccato dal mare.
    Non ricordo le tue braccia, il calore
    del tuo petto sul mio, il bel sacrificio
    che ti ha portato a me da così lontano.
    Riconoscermi e supplicare ai tuoi occhi
    di non essere questo esilio che mi accerchia,
    questa terribile pioggia che respira
    mentre arrivi a questa patria oscura
    -che ti abbraccia smarrita
    e che baci - in mezzo alla gente.

    NOCHE DE SÁBADO
    Pienso, en esta noche, que el silencio cae
    como un velo de niebla
    sobre el tiempo.
    Nadie hay afuera y se perfila la sombra
    en el idioma mudo
    de la lluvia.
    Cuando llegue la voz, cuando amanezca,
    cuando el ruido bese la piel exhausta
    y escamada de la noche
    acaso alguien llegará, se acercará a este silencio
    y se dará la vuelta, con sigilo,
    para que no me entere.

    NOTTE DI SABATO
    Penso, a questa sera, in cui il silenzio cade
    come un velo di nebbia
    sul tempo.
    Non c'è nessuno fuori e si profila l'ombra
    nell’idioma muto
    della pioggia.
    Quando giunga la voce, quando sorga il giorno,
    quando il rumore baci la pelle esausta
    e squamata della notte
    forse qualcuno arriverà, si avvicinerà a questo silenzio
    e si volterà, di soppiatto,
    affinché non me ne accorga.

    TU ASIENTO VACÍO
    Hablaré a tu sombra, a tu hermosa sombra
    negra que se sienta frente a mí para escucharme.
    Serán palabras muertas, el recuerdo fiel de la ceniza,
    todo lo que oirás.
    Hablo a tu asiento vacío y es lo que me queda:
    un soliloquio cruel temblando de frío y abandono,
    perdido entre los cuerpos.

    IL TUO POSTO VUOTO
    Parlerò alla tua ombra, alla tua bellissima ombra
    nera che si siede di fronte a me per ascoltarmi.
    Saranno parole morte, il fedele ricordo della cenere,
    tutto ciò che ascolterai.
    Parlo al tuo posto vuoto ed è ciò che mi resta:
    un soliloquio crudele che trema di freddo e di abbandono,
    smarrito tra i corpi.

    BLANCO
    Te marchas para siempre
    y ya no sé dónde se abre el mundo,
    dónde está mi corazón y tantas flores.
    Me vuelvo tierra profunda y desierta,
    cuerpo joven, sin rostro, enraizado a la muerte

    BIANCO
    Te ne vai per sempre
    e non so più dove si apre il mondo,
    dov'è il mio cuore e tanti fiori.
    Divento terra profonda e deserta,
    corpo giovane, senza volto, radicato nella morte.

    (del libro La palabra esperada, poesía Hiperión. Madrid 2007)

    ---

    REGRESOS
    Yo sé que no tengo retorno,
    que poco a poco se irán agotando las ganas
    de volver a un lugar,
    que nunca fue mío ni de nadie.

    RITORNI
    Io so che non ho ritorno,
    che poco a poco si andrà esaurendo il desiderio
    di tornare a un luogo,
    che non è mai stato mio né di nessuno.

    LA FALSA CIUDAD
    Te encontré en la ciudad que nunca conociste,
    en la falsa ciudad de mi memoria,
    en sus falsas avenidas donde transita la gente
    que ama el invierno
    y, por encima de todo,
    tenerte para atrapar las palomas
    de tu cuerpo cada noche.

    LA FALSA CITTÀ
    Ti ho incontrato nella città che non hai mai conosciuto
    nella falsa città della mia memoria,
    nei suoi falsi viali dove transita la gente
    che ama l'inverno
    e, soprattutto,
    averti per prendere ogni notte
    le colombe del tuo corpo .

    EL SUEÑO O HAMPSTEAD
    Bastaría extender mi cuerpo en este mar,
    esperar el alba
    con sus tres mil ángeles desnudos
    y saber que la próxima noche
    quien buscará la parusía
    seré yo,
    mientras todos lo demás arde en el olvido
    y sólo añora la ceniza.


    IL SOGNO O HAMPSTEAD
    Basterebbe distendere il mio corpo in questo mare,
    attendere l'alba
    con i suoi tremila angeli nudi
    e sapere che la prossima notte
    chi cercherà la parusia
    sarò io,
    mentre tutto il resto brucia nell'oblio
    e desidera solo la cenere.

    VARIACIÓN SOBRE UN POEMA DE CARLES RIBA
    Que jo no sigui més…
    Carles Riba
    A José Cereijo

    Que yo no sea más ese error insalvable, el pájaro lento,
    la ciudad de la sangre y el vino olvidado.
    Que yo no sea más…
    el rostro joven, el viaje largo bajo el sol de agosto
    que cae en un coche vacío,
    la palabra inundada de bosques
    que echa su red en los ojos del hielo.
    Que yo no sea más…
    aquel septiembre de sombreros azules en nuestras cabezas,
    las manos llenas de delfines
    cambiando de sitio la luz
    y el desorden,
    el corazón de la isla donde las gaviotas
    devoran el tiempo sin necesidad de minutos.
    Que yo no sea más…
    ni tú ni yo,
    el otro lado de nuestros propios recuerdos.
    Que yo no sea más aquella que envejece
    frente a ti al otro lado del puente,
    la que espera la tormenta
    allá donde late el oscuro corazón de la memoria.
    Que yo no sea más…
    nadie,
    ni tan siquiera este amor ni la alegría.

    VARIAZIONE SU UNA POESIA DI CARLES RIBA
    Quel jo non ha seguito più ...
    Carles riba
    A José Cereijo

    Che io non sia più quell'errore irrimediabile, il lento uccello,
    la città del sangue e del vino dimenticato.
    Che io non sia più ...
    il volto giovane, il lungo viaggio sotto il sole d'agosto
    che cade dentro una macchina vuota,
    la parola inondata da boschi
    che getta la sua rete negli occhi del gelo.
    Che io non sia più ...
    quel settembre di cappelli azzurri sulle nostre teste,
    le mani piene di delfini
    che spostano la luce
    e il disordine,
    il cuore dell'isola dove i gabbiani
    divorano il tempo senza il bisogno di minuti.
    Che io non sia più ...
    né tu né io,
    l'altro lato dei nostri propri ricordi.
    Che io non sia più colei che invecchia
    di fronte a te dall'altra parte del ponte,
    colei che aspetta la tempesta
    là dove palpita l'oscuro cuore della memoria.
    Che io non sia più ...
    nessuno,
    nemmeno questo amore né l'allegria.

    PRIMERA LUZ
    Amanecemos sin cuerpo ni palabra
    y existen largas treguas
    para nuestro descanso.

    PRIMA LUCE
    Ci svegliamo senza corpo né parola
    e ci sono lunghe tregue
    per il nostro riposo.

    LO EXACTO
    Esta vez comienza la noche
    a olvidar la exacta medida del olvido.
    Basta el silencio, una palabra florecida en la memoria
    para que regreses.

    L'INECCEPIBILE
    Questa volta comincia la notte
    a dimenticare l'esatta misura dell'oblio.
    Basta il silenzio, una parola fiorita nella memoria
    per farti tornare.

    LA LLEGADA
    Se avecina el deseo
    y sé que no hay olvido
    en la leve región
    desnuda de tu ausencia.

    L'ARRIVO
    Si avvicina il desiderio
    e so che non c'è oblio
    nella mite regione nuda della tua assenza.

    LA HABITACIÓN
    Puede que vuelvas hoy para deshabitar
    la luz de nuevo.
    No te confundirás de lugar.
    Nunca hay vacío equivocado.

    L'ABITAZIONE
    Forse oggi tornerai ad abbandonare
    la luce di nuovo.
    Non confonderai il luogo.
    Non c'è mai un vuoto sbagliato.

    INSOMNIO CON MONTALE
    Como siempre, se acostumbra la luz
    hasta muy tarde.
    También yo, que espero tu voz
    con el dolor cumplido
    y un poema de Montale
    -Nel fumo-
    a punto de decirme dónde estás.

    INSONNIA CON MONTALE
    Come sempre, la luce si abitua
    fino a molto tardi.
    Anche io, che aspetto la tua voce
    con il dolore compiuto
    e una poesia di Montale
    -Nel fumo-
    sul punto di dirmi dove sei.

    DE SOMBRAS Y SOMBREROS
    Aprenderé tus sombras para que no se me olviden
    y cuidaré de ti en días como estos
    en los que nuestras huellas
    sólo son de sombras y sombreros olvidados.
    Son los días del olvido.
    Nadie puede ser más afortunado que nosotros.
    Amémonos si es preciso.

    DI OMBRE E DI CAPPELLI
    Imparerò le tue ombre per non dimenticarle
    e avrò cura di te in giorni come questi
    in cui le nostre orme
    sono solo di ombre e di cappelli dimenticati.
    Sono i giorni dell'oblio.
    Nessuno può essere più fortunato di noi.
    Amiamoci se è necessario.

    (Del libro De sombras y sombreros olvidados.
    Amargord Ediciones, Madrid 2007
     

  • SANTOS DOMINGUEZ RAMOS
    E LE SUE PROFONDE POESIE

    data: 03/01/2021 14:58

    Con la raccolta di poesie Regulación del sueño, il prestigioso poeta spagnolo Santos Domínguez Ramos si è aggiudicato il Premio di Poesia Flor de Jara (Diputación de Cáceres 2020). La silloge è stata definita dalla giuria come "rotonda, colta, profonda, meravigliosamente ben scritta, con poesie concise, più vicine all'epigramma che all'elegia, in cui le descrizioni della natura sono molto precise e sono legate a una densa riflessione che corrisponde alla visione del mondo dell'autore". Qui viene proposta una selezione di alcune poesie con la versione italiana firmata da Marcela Filippi.

    COMO UN HECHIZO ANTIGUO

    Como un hechizo antiguo,
    vuelve el paisaje ahora a la memoria,
    al silencio habitado del bosque de las almas
    y al frío incandescente de las noches de enero
    que reverbera azul en su alta transparencia.

    Atravesaba el día la misma luz de sal,
    sobre el aire flotaba la misma casa de agua.

    Limitaba sus muros
    el silencio parado de un río sin orillas,
    su transcurso callado
    en la sangre nevada del invierno.

    COME UN ANTICO INCANTESIMO

    Come un antico incantesimo
    torna ora il paesaggio alla memoria,
    al silenzio abitato del bosco delle anime
    e al freddo incandescente delle notti di gennaio
    che riverbera blu nella sua alta trasparenza.

    Il giorno attraversava la stessa luce di sale
    nell'aria fluttuava la stessa casa d'acqua.

    Limitava le sue mura
    il silenzio fermo di un fiume senza sponde,
    il suo corso silenzioso
    nell'innevato sangue dell'inverno.

    DESDE EL VACÍO SIN VOZ DE LOS ESPEJOS

    He envejecido dentro de tus ojos (Antonio Gamoneda)

    Cuando volvía del sueño miraba como miran
    quienes vuelven un día desde muy lejos, desde
    los viejos ojos de alguien que murió hace ocho años.

    Es la magia del tiempo circular que regresa
    y ahora vuelve a posar al fondo del espejo
    su mirada en la tuya.

    La lluvia hablaba sola:
    sobre los solitarios tejados del invierno
    repetía su monodia vertical desde el sueño,
    desde el dialecto gutural del tiempo,
    desde el vacío sin voz de los espejos.

    DAL VUOTO SENZA VOCE DEGLI SPECCHI
    Sono invecchiato dentro i tuoi occhi (Antonio Gamoneda)

    Quando tornava dal sogno guardava come guardano
    quelli che un giorno tornano da molto lontano, dai
    vecchi occhi di qualcuno che è morto da otto anni.

    È la magia del tempo circolare che ritorna
    e ora posa nuovamente sul fondo dello specchio
    il suo sguardo sul tuo.

    La pioggia parlava da sola:
    sui solitari tetti dell'inverno
    ripeteva la sua monodia verticale dal sogno,
    dal dialetto gutturale del tempo,
    dal vuoto senza voce degli specchi.

    GALOPE EN SOMBRA

    Como un dios desterrado, la noche va arrastrando
    su equipaje de sombras y de ausencias con lluvia.

    Y hay temblores secretos y jadeos vegetales
    de tropeles ocultos que descifra en lo oscuro
    la mirada redonda del caballo
    desde las arduas brumas de los bosques.

    Como un dios desolado, se amotina la noche,
    la monodia del tiempo donde estalla la sangre,
    en un lugar secreto del corazón que calla.

    Oye girar los astros sobre el cielo profundo:
    la canción que susurra la vieja voz del tiempo
    asedia las paredes
    con el sonido lento de todo lo que duele.

    Como un latido que arde donde las quemaduras,
    oye girar los astros bajo la luz opaca del silencio,
    sobre un cielo profundo de ceniza,
    como un galope en sombra al fondo de la noche.

    GALOPPO ALL’OMBRA

    Come un dio esiliato, la notte va trascinando
    il suo bagaglio di ombre e di assenze con pioggia.

    E ci sono tremori segreti e affanni vegetali
    e folle occulte che decifra nell'oscurità
    lo sguardo rotondo del cavallo
    dalle ardue brume dei boschi.

    Come un dio desolato, insorge la notte,
    la monodia del tempo dove il sangue erompe,
    in un luogo segreto del cuore che tace.

    Sente girare gli astri nel cielo profondo:
    la canzone che sussurra la vecchia voce del tempo
    assedia le pareti
    con il suono lento di tutto ciò che fa male.

    Come un battito che arde laddove le bruciature,
    sente girare gli astri sotto la luce opaca del silenzio,
    su un cielo profondo di cenere,
    come un galoppo all'ombra in fondo alla notte.

    LUZ NO USADA

    Nadie supo su nombre. Llegó en la bajamar
    donde fermenta el tiempo, y el espacio
    va abriendo sus caminos
    mientras vibra una luz que no viene de fuera.

    Hablaba en él el mudo jardín de la memoria
    y había en sus cicatrices la luz verde de otoño,
    la niebla silenciosa que asedia los olivos
    con la hojarasca helada que alimenta
    las fogatas espesas del otoño.

    Brillaba como brillan los sueños que no existen
    como arde en el recuerdo, sobre una rosa de agua,
    la luz que nunca vimos,
    la sustancia volátil de los sueños.

    Yo nunca estuve allí. Ni escuché en la tormenta
    su nombre impronunciable.

    LUCE NON USATA

    Nessuno ha saputo il suo nome. Giunse con la bassa marea
    dove il tempo fermenta, e lo spazio
    va aprendo le sue strade
    mentre vibra una luce che non viene da fuori.

    Parlava in lui il muto giardino della memoria
    e c'era nelle sue cicatrici la luce verde dell'autunno,
    la nebbia silenziosa che assedia gli ulivi
    con il fogliame congelato che alimenta
    i fitti fuochi dell'autunno.

    Brillava come brillano i sogni che non esistono
    come arde nel ricordo, su una rosa d'acqua,
    la luce che non abbiamo mai visto,
    la sostanza volatile dei sogni.

    Io non sono mai stato lì. Né ho sentito nella tormenta
    il suo nome impronunciabile.

    UNA LUZ QUE NO EXISTE

    Era la noche en calma
    un arco en ruinas contra el horizonte
    y las brasas secretas que arden bajo las piedras
    dormidas de la noche.

    Bajo el fuego lejano de los astros
    trazaban las palabras los límites del mundo,
    las fronteras del sueño
    sobre el remanso azul de la memoria.

    Son espejos de sombra que proyecta el recuerdo
    al fondo de la noche,
    el azogue de niebla donde habitan los sueños.

    Y una luz que no existe, la luz que imaginamos.

    UNA LUCE CHE NON ESISTE

    Era la notte calma
    un arco in rovina all'orizzonte
    e le braci segrete che ardono sotto le pietre
    addormentate della notte.

    Sotto il fuoco lontano degli astri
    tracciavano le parole i limiti del mondo,
    le frontiere del sogno
    sul ristagno blu della memoria.

    Sono specchi d'ombra che progetta la memoria
    nel fondo della notte,
    il mercurio di nebbia dove abitano i sogni.

    E una luce che non esiste, la luce che immaginiamo.

    DE LO OSCURO A LO OSCURO

    Como todo lo que mece la noche (Paul Celan)

    En un bosque talado, eres el extranjero
    frente a un espejo opaco.

    En la grieta del hielo, la sombra de una sombra,
    una isla sin memoria, un lugar del invierno
    y un río en donde nieva.

    De lo oscuro a lo oscuro,
    con una llama viva y una urna de ceniza
    en la almendra vacía de la noche del mundo.

    Y el ojo del poeta,
    frente a la nada eterna que sopla en el poema
    igual que sopla el viento, sin letra y sin sentido.

    DAL BUIO AL BUIO
    Come tutto ciò che la notte culla (Paul Celan)

    In un bosco tagliato, sei lo straniero
    davanti a uno specchio opaco.

    Nella fessura del ghiaccio, l'ombra di un'ombra,
    un'isola senza memoria, un luogo dell'inverno
    e un fiume dove nevica.

    Dal buio al buio
    con una fiamma viva e un'urna di cenere
    nella vuota mandorla della notte del mondo.

    E l'occhio del poeta,
    di fronte al nulla eterno che soffia nella poesia
    così come soffia il vento, senza testo e senza significato.

    POMPEYA, 25 DE AGOSTO, AÑO 79

    Otros habían salido de la ciudad volcánica
    algunas horas antes.
    Habían ido dejando las puertas bien cerradas,
    pensaban regresar cuando pasara aquello.

    Se llevaron las llaves de hierro de sus casas,
    anillos de oro y plata, medallones, sestercios,
    estatuillas de bronce de la diosa Fortuna
    o talismanes fálicos
    de probada eficacia en asuntos de amor.

    Algunos se quedaron. Como aquella pareja.

    Con el amanecer, la lluvia de lapilli parecía amainar.
    Y aquellos dos amantes, tras una noche ardiente,
    cogieron al salir tan sólo una lucerna
    que llenaron de aceite para ver en lo oscuro.
    Tenía la forma humana de una cabeza bruna.

    En las puertas del sur –no llegaron más lejos-
    el sacerdote de Isis sólo pudo atrapar
    los gestos impotentes de su huida.
    Retuvo en su mirada un reptil encendido
    que ardía bajo las llamas;
    la luz incandescente de un tiempo sin orillas
    y el silencio inclemente de la piedra fundida.

    POMPEI, 25 AGOSTO, ANNO 79

    Altri avevano lasciato la città vulcanica
    alcune ore prima.
    Avevano lasciato le porte ben chiuse,
    pensavano di ritornare una volta finito tutto.

    Portarono via le chiavi di ferro delle loro case,
    anelli d'oro e d'argento, medaglioni, sesterzi,
    statuette in bronzo della dea Fortuna
    o talismani fallici
    di provata efficacia in questioni d'amore.

    Alcuni sono rimasti. Come quella coppia.

    Con l'alba la pioggia di lapilli sembrava svigorirsi.
    E quei due amanti, dopo una notte ardente,
    presero uscendo solo una lucerna
    che riempirono d'olio per vedere al buio.
    Aveva la forma umana di una testa bruna.

    Nelle porte meridionali - non arrivarono più lontano -
    il sacerdote di Iside poté solo catturare
    i gesti impotenti della loro fuga.
    Trattenne nello sguardo un rettile acceso
    che bruciava sotto le fiamme;
    la luce incandescente di un tempo senza sponde
    e il silenzio inclemente della pietra fusa.

    LA LENGUA DE LAS PIEDRAS

    Je me sens devenir un peu de la nature des pierres (Roger Caillois)

    El azar y la oscura sucesión de los siglos
    han trazado en la piedra estos rostros, las formas
    de una ciudad en ruinas
    o el perfil vegetal de la sombra de un árbol.

    De mármol o arenisca,
    esas piedras inertes son la mancha en el muro:
    el ojo que las mira ve el origen del mundo,
    lo quieto en el abismo.

    Lo profundo, el silencio,
    su idioma impenetrable.

    LA LINGUA DELLE PIETRE
    Je me sens devenir un peu de la nature des pierres (Roger Caillois)

    Il caso e l'oscura successione dei secoli
    hanno tracciato sulla pietra questi volti, le forme
    di una città in rovina
    o il profilo vegetale dell'ombra di un albero.

    Di marmo o arenaria,
    quelle pietre inerti sono la macchia sul muro:
    l'occhio che le guarda vede l'origine del mondo,
    ciò che è quieto nell'abisso.

    Il profondo, il silenzio,
    il loro idioma impenetrabile.

    CANCIÓN DE CUARZO OSCURO

    Entra en el bosque tú y escucha la canción
    de fuego y cuarzo oscuro.

    Es la antigua canción ensimismada
    en la que arde sin llama y sin cenizas
    la sombra solitaria de una rosa instantánea.

    En la mañana larga del otoño
    sube del sotobosque
    a la noche profunda de los astros
    el humo de la luz de los veranos.

    Entra en el bosque tú. Apoya la cabeza
    y duerme sobre el sueño.

    CANZONE DI QUARZO SCURO

    Entra tu nel bosco e ascolta la canzone
    di fuoco e di quarzo scuro.

    È l'antica canzone assorta
    in cui arde senza fiamma e senza cenere
    l'ombra solitaria di una rosa istantanea.

    Nella lunga mattina dell'autunno
    sale dal sottobosco
    alla notte profonda degli astri
    il fumo della luce delle estati.

    Entra tu nel bosco. Appoggia la testa
    e dormi sul sogno.

    CUESTIÓN DE SOMBRAS

    Somos las abejas de lo invisible (Rilke)

    Atraviesas el bosque
    en busca de las huellas de la fuente.

    Cima del riesgo, viva razón de la presencia
    en el centro del círculo:
    el viento, el soplo herido que canta en lo nocturno.

    Hay vísperas de hogueras
    en el soplo que silba sobre el fondo del bosque.

    Y un límite infinito, pura cuestión de sombras:
    el recinto espacioso del lenguaje,
    la arquitectura frágil que inventa la memoria.

    QUESTIONE DI OMBRE

    Siamo le api dell'invisibile (Rilke)

    Attraversi il bosco
    alla ricerca delle tracce della sorgente.

    Cima del rischio, viva ragione della presenza
    al centro del cerchio:
    il vento, il soffio ferito che canta nel notturno.

    Ci sono vigilie dei fuochi
    nel soffio che sibila sul fondo del bosco.

    E un limite infinito, pura questione di ombre:
    lo spazioso recinto del linguaggio,
    l'architettura fragile che inventa la memoria.

    CON LA ÚLTIMA CAMPANA

    Hice un fuego, lo azul me había abandonado (Paul Eluard)

    En medio de la noche, en el centro del bosque
    has prendido una hoguera
    frente al frío silencioso de la nada,
    frente al signo vacío y los días ausentes.

    Se alimenta del tiempo que fija la memoria,
    del recuerdo del fuego que alguien robó otra noche
    del recinto sagrado donde arden las palabras.

    Cartógrafo del tiempo
    que ordena la memoria y las epifanías,
    separa tú los sueños de los hilos de oro
    que escalan en silencio
    la lenta luz sin voz de la mañana
    con la última campana que da al amanecer.

    En el aire más alto, la palabra en lo oculto,
    hacia dentro, en lo hondo, en el limo insondable,
    en la limpia sintaxis de las pérdidas.

    Sobre el centro del bosque,
    la llama inagotable que ilumina la noche
    en el espacio oscuro del poema.

    CON L'ULTIMA CAMPANA
    Feci un fuoco, l'azzurro mi aveva abbandonato (Paul Eluard)

    In mezzo alla notte, al centro del bosco
    hai acceso un fuoco
    davanti al freddo silenzioso del nulla,
    davanti al segno vuoto e ai giorni assenti.

    Si alimenta del tempo che fissa la memoria,
    del ricordo del fuoco che qualcuno rubò un'altra notte
    del recinto sacro dove ardono le parole.

    Cartografo del tempo
    che ordina la memoria e le epifanie,
    separa tu i sogni dai fili d'oro
    che scalano in silenzio
    la lenta luce senza voce del mattino
    con l'ultima campana che porta all'alba.

    Nell'aria più alta, la parola nell'occulto,
    verso dentro, nel profondo, nel limo insondabile,
    nella limpida sintassi delle perdite.

    Nel mezzo del bosco
    la fiamma inesauribile che illumina la notte
    nel buio spazio della poesia.

    NOCTURNO DEL LABERINTO

    De este silencio en que me embarco descenderán las águilas (Julio Cortázar)

    I) ASTERIÓN

    Yo también tengo miedo.
    Alejado del mundo, distante de los hombres,
    ya no aspiro a la luz ni busco la salida:
    recorro el laberinto, como recorre el día
    su elipse y sus minutos,
    los lentos pasadizos del día de la venganza.

    A menudo recuerdo un paisaje de barcas,
    de palomas heridas y caballos oscuros.

    Calcinado de sombras, un silencio de mármol
    pesa sobre estos muros de adobes sin salida.
    Por espejos opacos se difumina el eco
    de unos pasos secretos que vienen a buscarme.

    En la noche sin sueño, sosegado, en acecho,
    me quedo en un rincón, junto a un fuego que late
    mientras ronda la muerte las piedras de este encierro,
    y espero tras el filo hiriente de las puertas.

    En la noche bicorne,
    la savia se detiene en un temblor de ramas
    que sobresalta un pájaro de bronce.

    Yo también tengo miedo, fuera me espera el monstruo.
    Fuera está el laberinto.

    II) TESEO

    He olvidado su cara.

    Y el resto de su cuerpo lo desordena el sueño.
    Reposa ya en un tiempo que han borrado los días.

    Nadie miró el contorno oscuro de su sangre
    ni hubo un perro dispuesto a lamer sus heridas.

    No preguntéis su nombre: ya no sé si lo supe.


    NOTTURNO DEL LABIRINTO

    Da questo silenzio in cui mi imbarco discenderanno le aquile (Julio Cortázar)

    I) ASTERIONE

    Anche io ho paura.
    Allontanato dal mondo, distante dagli uomini,
    non aspiro più alla luce né cerco l'uscita:
    percorro il labirinto, così come il giorno percorre
    la sua ellisse e i suoi minuti,
    i lenti passaggi del giorno della vendetta.

    Spesso ricordo un paesaggio di barche,
    colombe ferite e cavalli scuri.

    Calcinato da ombre, un silenzio di marmo
    pesa su questi muri di mattoni senza uscita.
    Attraverso specchi opachi svanisce l'eco
    di alcuni passi segreti che vengono a cercarmi.

    Nella notte senza sonno, quieto, allerta
    resto in un angolo, accanto a un fuoco che palpita
    mentre ronda la morte le pietre di questa prigionia,
    e attendo dietro il filo che ferisce delle porte.

    Nella notte bicorne,
    la linfa si ferma sul fremito di rami
    che fa trasalire un uccello di bronzo.

    Anche io ho paura, fuori mi aspetta il mostro.
    Fuori c'è il labirinto.

    II) TESEO

    Ho dimenticato il suo volto.

    E il resto del suo corpo lo scombina il sogno.
    Riposa ormai in un tempo che i giorni hanno cancellato.

    Nessuno guardò il contorno scuro del suo sangue
    né ci fu un cane disposto a leccare le sue ferite.

    Non chiedete il suo nome: non so più se lo conoscevo.


    EL TEMPLO VACÍO

    Fue hace cuatro milenios. Se conoce su nombre:
    se llamaba Adduduri y habitaba un palacio.

    Escribió el primer sueño que conoce la historia:
    hablaba de una diosa robada, de una noche
    y de un templo vacío.

    Soñó lo que faltaba en el hueco del mundo,
    lo que segrega el tedio, lo inútil de la fiebre.

    Y lo puso en arcilla para que persistiera
    también en la memoria en la vigilia.

    Aún vibra en sus palabras un temblor invisible,
    las máscaras vacías de los dioses ausentes.


    IL TEMPIO VUOTO

    Fu quattro millenni fa. Si conosce il suo nome:
    si chiamava Adduduri e viveva in un palazzo.

    Scrisse il primo sogno che la storia conosca:
    parlava di una dea rubata, di una notte
    e di un tempio vuoto.

    Sognò che mancava nel buco del mondo,
    ciò che segrega il tedio, l'inutilità della febbre.

    E lo mise nell'argilla affinché persistesse
    anche nella memoria nella veglia.

    Vibra ancora nelle sue parole un tremito invisibile,
    le maschere vuote degli dei assenti.

    MEMORIA DE LA HERIDA

    No existe más memoria que la de las heridas (Czeslaw Milosz)

    Como estatuas de sal,
    se han quedado los días detenidos
    con su silencio azul sobre el borde del tiempo.

    Al otro lado en sombra de la tarde,
    el agua, lentamente,
    pregunta por el humo que se aleja.

    Árboles repetidos al borde azul del viento
    que azota las orillas calladas de la tarde.

    Un viento en el que habitan la rosa y las cenizas,
    por alamedas verdes en las que cae la noche
    profunda del olvido.

    Como un puñal de nieve, con su viento afilado
    entra la noche aguda de diciembre
    para segar la luz dura que silba
    su huida en el jardín.

    Un pájaro de hielo lo acompaña en un soplo.

    MEMORIA DELLA FERITA
    Non c'è maggior memoria di quella delle ferite (Czeslaw Milosz)

    Come statue di sale,
    sono rimasti fermi i giorni
    con il loro silenzio blu sull'orlo del tempo.

    Dall'altra parte nell'ombra della sera,
    l'acqua, lentamente,
    chiede del fumo che si allontana.

    Alberi ripetuti sull'orlo blu del vento
    che percuote i bordi silenziosi della sera.

    Un vento abitato dalla rosa e dalle ceneri,
    lungo viali verdi in cui cade la notte
    profonda dell'oblio.

    Come un pugnale di neve, con il suo vento tagliente
    entra l'acuta notte di dicembre
    per falciare la luce dura che sibila
    la sua fuga in giardino.

    Un uccello di ghiaccio lo accompagna in un soffio.

     

     


     

  • VICTOR OLIVEIRA MATEUS
    QUATTRO POESIE
    DI GRANDE FINEZZA

    data: 16/12/2020 14:53

    Pubblichiamo quattro poesie di Victor Oliveira Mateus (Lisbona, 1952), professore di filosofia, traduttore, saggista, poeta di grande sensibilità e finezza.

    Le traduzioni in spagnolo e in italiano sono di Marcela Filippi Plaza

    SE UM DIA ALCANÇARES

    Se um dia alcançares o interior desta casa,
    o cimo desta colina onde o verde se desdobra
    em socalcos até ao rio,
    se um dia alcançares a vastidão deste olhar
    sem que janelas, nem a longínqua cordilheira,
    possam impedir o pulsar dos veios da memória,
    lembra-te ao menos desse tempo em que tudo era puro
    e nítido, dessa inocência repleta de luzes,
    que permanecem ainda, embora ocultas,
    em barcas e ilhas
    que nem à morte entregaremos.

    Se um dia alcançares o rumor que permanece
    nestas paredes, onde outrora desenhámos
    cidades que pensávamos justas e belas,
    se por um desses estranhos mistérios do estar vivo
    alcançares este terraço
    em que apascento lembranças como quem dispersa
    dobrões e relíquias por inventariar,
    lembra-te, por um momento que seja,
    do tempo dos bares do porto com os nossos rostos
    estampados nos tampos gordurosos das mesas,
    na bacidez dos copos esquecidos por entre as mãos
    e nesse desejo de infinito, que, loucos,
    íamos matando dia após dia.

    SI UN DÍA ALCANZARAS

    Si un día alcanzaras el interior de esta casa,
    la cima de esta colina donde el verde se despliega
    en aterrazados hasta el río,
    si un día alcanzaras la vastedad de esta mirada
    sin que ventanas, ni la lejana cordillera,
    pudieran impedir el pulsar de las venas de la memoria,
    recuerda al menos de aquel tiempo en que todo era puro
    y nítido, de esa inocencia llena de luces,
    que aún permanecen, aunque ocultas,
    en barcos e islas
    que ni siquiera entregaremos a la muerte.

    Si un día alcanzaras el rumor que queda
    en estas paredes, donde una vez dibujamos
    ciudades que un día creímos justas y bellas,
    si por uno de esos extraños misterios de estar vivo
    llegaras a esta terraza
    donde pasto los recuerdos como quien dispersa
    doblones y reliquias para inventariar,
    recuerda, aunque sea por un momento,
    del tiempo de los bares del puerto con nuestros rostros
    estampados en las tapas grasientas de las mesas,
    en la acidez de los vasos olvidados entre las manos
    y ese deseo de infinito que, locos,
    íbamos matando día tras día.

     

    SE UN GIORNO RAGGIUNGESSI

    Se un giorno raggiungessi l'intimo di questa casa,
    la sommità di questa collina dove il verde si disgiunge
    in terrazzamenti fino al fiume,
    se un giorno raggiungessi la vastità di questo sguardo
    senza che finestre, né la lontana cordigliera,
    possano impedire il pulsare delle vene della memoria,
    ricorda almeno quel tempo in cui tutto era puro
    e nitido, di quella innocenza piena di luci,
    che ancora permangono, benché occulte,
    in barche e isole
    che nemmeno alla morte consegneremo.

    Se un giorno raggiungessi il rumore che rimane
    in queste pareti, dove una volta abbiamo disegnato
    città che credevamo giuste e belle,
    se per uno di quegli strani misteri di essere vivo
    giungessi a questo terrazzo
    dove pascolo ricordi come chi disperde
    dobloni e reliquie da inventariare,
    ricorda, anche fosse per un momento,
    il periodo dei bar del porto con i nostri volti
    stampati su piani unti dei tavoli,
    l'acidità dei bicchieri dimenticati tra le mani
    e quel desiderio di infinito, che, folli,
    uccidevamo giorno dopo giorno.

     

    -----

    A CRIAÇÃO DO MUNDO

    Escrevo-te de manhã no turbilhão do café
    por entre o cheiro da comida e do ruído
    de gentes em busca de coisa nenhuma.

    Escrevo-te no silêncio com que me faço,
    com que me demarco: viajante à procura
    nas abissais paisagens que se levantam.

    Escrevo-te nas margens dos livros,
    nas notas que tomo e perco,
    como perdi o que antes houve
    e de outro modo insiste.

    Escrevo-te ao cair da noite:
    brilho de um sol antigo,
    sopro que me alimenta, fecundo…

    Escrevo-te em dádiva de mim:
    enleio de tudo, criação do mundo.

    LA CREACIÓN DEL MUNDO

    Te escribo de mañana en el torbellino del café
    a través del olor a comida y ruido
    de gente en busca de nada.

    Te escribo en el silencio con que me hago,
    con el que me defino: viajero que busca
    en los paisajes abisales que se elevan.

    Te escribo al margen de los libros,
    en las notas que tomo y pierdo,
    como perdí lo que había antes
    e insiste de otra manera.

    Te escribo al anochecer:
    brillo de un sol antiguo,
    aliento que me alimenta, fecundo ...

    Te escribo como un regalo mío:
    nexo de todo, creación del mundo.

    LA CREAZIONE DEL MONDO

    Ti scrivo di mattina nel turbinio del caffè
    attraverso l'odore di cibo del rumore
    di gente alla ricerca di niente.

    Ti scrivo nel silenzio con cui mi formo,
    con cui mi definisco: viaggiatore che cerca
    nei paesaggi abissali che si elevano.

    Ti scrivo al margine dei libri,
    nelle note che prendo e perdo,
    come ho perso ciò che c'era prima
    e in un altro modo insiste.

    Ti scrivo al calar della notte:
    splendore di un sole antico,
    respiro che mi alimenta, fecondo...

    Ti scrivo come mio dono:
    nesso di tutto, creazione del mondo.

     

    -----

    PAISAGEM

    As janelas arruinadas pintadas com desleixo.
    As varandas, já pele e osso,
    viradas para coisa nenhuma.
    As galinhas debicando por entre as pedras:
    ervas rasteiras, sementes, pedacinhos de musgo.

    Enquanto o poema, virando costas ao modernismo,
    abre-se à parede fronteira:
    tijolos já sem cor, fundações ameaçadas,
    pombais calafetados para as noites dos mendigos.
    As janelas arruinadas e pintadas com desleixo
    Denunciam as portadas sem linguetas nem fecho.

    As janelas e as portas violadas
    - como insisto aqui no poema –
    traduzem a morrinha da paisagem, mudam-na,
    e num dos cantos do quadro, na vastidão de um azul seco,
    brilham teus cabelos de oiro
    como âncora de sol na ponta do beco.

    PAISAJE

    Las ventanas en ruinas pintadas con descuido.
    Los balcones, ya piel y hueso,
    se asoman hacia nada.
    Las gallinas picoteando entre las piedras:
    hierbas rastreras, semillas, trocitos de musgo.

    Entretanto el poema, dando espaldas al modernismo,
    se abre a la pared medianera:
    ladrillos descoloridos, cimientos amenazados,
    palomares protegidos para las noches de los mendigos.
    Las ventanas en ruinas y pintadas con descuido
    denuncian las contraventanas sin listones ni cerrojos.

    Las ventanas y puertas violadas
    -como insisto aquí en el poema-
    traducen la agonía del paisaje, lo cambian,
    y en una esquina del cuadro, en la vastedad de un azul seco,
    brillan tus cabellos de oro
    como ancla de sol en la cima de la callejuela.

    PAESAGGIO

    Le finestre in rovina dipinte con noncuranza.
    I balconi, già pelle e ossa,
    non si affacciano su nulla.
    Le galline beccando tra le pietre:
    erbe striscianti, semi, pezzetti di muschio.

    Intanto la poesia, dando le spalle al modernismo,
    si apre al muro divisorio:
    mattoni ormai scoloriti, fondamenta minacciate,
    colombaie riparate per le notti dei mendicanti.
    Le finestre in rovina e dipinte con noncuranza
    denunciano le imposte senza stecche né chiavistelli.

    Le finestre e le porte violate
    -come insisto qui nella poesia-
    traducono l'agonia del paesaggio, lo cambiano
    e in un angolo del dipinto, nella vastità di un blu secco
    brillano i tuoi capelli d'oro
    come ancora di sole in cima al vicolo.

    -----

    RITUAL

    Pouso a maçã sobre a mesa.
    Uma mesa minúscula
    entre o lambril e um monte de livros.

    Desço a veneziana quase até abaixo,
    para que a penumbra
    se coadune com o silêncio.

    Uma lâmpada de halogéneo
    assoma por detrás
    de uma das estantes
    perto da janela.

    Do interior da casa
    nem o ruído dos canos,
    nem o estalido dos móveis.

    Tudo está no seu lugar devido
    e o mundo está bem feito.

    Deito-me, então,
    no sofá do fundo
    e começo a pensar em ti.

    RITUAL

    Dejo la manzana sobre la mesa.
    Una mesa minúscula
    entre la pared y un montón de libros.

    Bajo la veneciana casi hasta el fondo,
    para que la penumbra
    se una con el silencio.

    Una lámpara halógena
    se asoma detrás
    de uno de los estantes
    cerca de la ventana.

    Desde el interior de la casa
    ni el ruido de los tubos,
    ni el crujido de los muebles.

    Todo está en su debido lugar
    y el mundo está bien hecho.

    Me acuesto, entonces,
    sobre el sofá de al fondo
    y comienzo a pensar en ti.

     

    RITUALE

    Poso la mela sul tavolo.
    Un tavolo minuscolo
    tra la parete e una montagna di libri.

    Abbasso la veneziana quasi fino in fondo
    affinché la penombra
    si unisca col silenzio.

    Una lampada alogena
    appare dietro
    uno degli scaffali
    vicino alla finestra.

    Dall'interno della casa
    né il rumore dei tubi,
    né lo scricchiolio dei mobili.

    Tutto è al proprio posto
    e il mondo è ben fatto.

    Mi sdraio, quindi
    sul divano in fondo
    e comincio a pensare a te.

    (de Aquilo que não tem nome, Coisas de Ler Edições, 2018)


     

  • TREDICI POESIE
    DI SANCHEZ-OSTIZ
    CON TRADUZIONE

    data: 09/12/2020 17:22

    Miguel Sánchez-Ostiz (Pamplona,1950), prestigioso poeta, romanziere, saggista e articolista dal 1977, autore di una ricca bibliografia. E' il massimo esperto di Pío Baroja, uno degli scrittori spagnoli più importanti della Generazione del 1898.

    VIVO COMO QUIERO VIVIR

    Envidié a quienes amaron –es una vieja historia–
    y supieron o tal vez tuvieron el valor
    de vivir la vida como desearon vivirla,
    e hicieron -o hacen- de cada día una celebración,
    un arte, a pesar de saber que la vida,
    eso que llamaron con enfermiza insistencia
    o con tenacidad de visionarios, vida,
    en las más de las veces algo mediocre,
    triste, sucio, gastado y violento.
    Envidié a quienes eligieron como divisa de sus días
    «El corazón me manda», desterraron la indiferencia
    y no desdeñaron otra cosa que las pasiones tristes:
    el menoscabo de sus vidas.
    Y en una época más sombría que cualquier otra
    pusieron pasión en el pasar de cada día.

    VIVO COME VOGLIO VIVERE

    Ho invidiato coloro che hanno amato: –è una vecchia storia–
    e hanno saputo o forse hanno avuto il coraggio
    di vivere la vita come hanno desiderato viverla,
    e hanno fatto - o fanno - di ogni giorno una celebrazione,
    un'arte, pur sapendo che la vita,
    ciò che chiamiamo con ossessiva insistenza
    o con tenacità da visionari, la vita,
    è il più delle volte qualcosa di mediocre,
    triste, sporco, logoro e violento.
    Ho invidiato coloro hanno scelto come distinzione dei loro giorni
    «Il cuore mi comanda», hanno bandito l'indifferenza
    e non hanno disdegnato altro che le passioni tristi:
    la svalutazione delle loro vite.
    E in un'epoca più buia di qualsiasi altra
    hanno messo passione al trascorrere di ogni giorno.

    ---
    I

    Crece el rumor de hielos en tus ojos
    perdidos ya en un paisaje circular.
    A qué territorio conduces mi sueño.
    Cuál es el reino arrasado que me ofreces.
    Quiénes son los que deben quedarse en esta orilla
    y asomarse a los impenetrables estanques de la noche
    donde dicen que un pez señala los límites.

    I

    Cresce il rumore di ghiaccio nei tuoi occhi
    smarriti in un paesaggio circolare.
    In quale territorio conduci il mio sogno?
    Qual è il regno distrutto che mi offri?
    Chi sono quelli che devono rimanere su questa sponda
    e affacciarsi sugli stagni impenetrabili della notte
    dove si dice che un pesce segnala i limiti?
    ---

    MANUAL DE INSTRUCCIONES

    Un poeta debe hacerte ver sus visiones,
    suscitar tu perplejidad,
    contagiarte su inquietud,
    su incurable melancolía,
    su humor sombrío y vagabundo.
    Un poeta.
    Un poeta debe también vivir en otro mundo,
    con otras leyes y otras reglas
    que las de la conveniencia
    y las elegantes y al cabo turbias convenciones,
    lejos del provecho inmediato
    y del arrimo de la cuadrilla.
    Un poeta debe ser visionario más que tendero,
    testigo de cargo cuando se tercie,
    memorialista del dolor y la desdicha
    si su corazón le manda,
    descreído de todo y apasionado.
    Un poeta debe aprovechar sus armas
    y su ventaja: la de no ser nadie,
    la de no contar mucho, la de no contar nada
    en este alegre carromato de los vivos.
    No puede ser un probo funcionario
    en el ministerio de la ventaja.
    Debería ser, si pudiera, si pusiera empeño,
    alguien que dijera lo que los demás callan
    y que a la vez hablara de lo que nadie ve,
    que diera consejos de sabiduría a contrapelo,
    que fuera cuando los demás vuelven,
    que del miedo del camino hiciera leña
    y de la dorada mediocridad escupiera.

    MANUALE DI ISTRUZIONI

    Un poeta deve farti vedere le sue visioni,
    suscitare la tua perplessità,
    contagiarti la sua inquietudine,
    la sua incurabile malinconia,
    il suo umore cupo e vagabondo.
    Un poeta.
    Un poeta deve anche vivere in un altro mondo,
    con altre leggi e altre regole
    rispetto a quelle della convenienza
    e delle eleganti e alla fine torbide convenzioni,
    lontano dal profitto immediato
    e dall'attaccamento al branco.
    Un poeta deve essere un visionario più che venditore,
    testimone d'accusa quando si tratta,
    memorialista del dolore e dell’infelicità
    se il suo cuore glielo comanda,
    incredulo di tutto e appassionato.
    Un poeta deve approfittare delle sue armi
    e del suo vantaggio: quello di non essere nessuno,
    quello di non contare molto, quello di non contare niente
    in questo allegro carrozzone dei vivi.
    Non può essere un probo funzionario
    nel ministero del vantaggio.
    Dovrebbe essere, se potesse, se ci mettesse impegno,
    qualcuno che dicesse ciò che gli altri tacciono
    e che allo stesso tempo parlasse di ciò che nessuno vede,
    che desse consigli di saggezza in senso contrario,
    che vada quando gli altri tornano,
    che della paura del cammino facesse legna
    e dalla dorata mediocrità sputasse.

    ---
    “AETERNE PUNGIT, CITO VOLAT ET OCCIDIT”

    Duerme el caballero su sueño de fortuna
    y es risueño el ángel que, más que velarle,
    le avisa de esas flechas del miedo
    que vuelan no ya a mediodía,
    sino a cualquier hora,
    las que eternamente hieren,
    veloces vuelan y matan...
    Y en la mesa, los talismanes, las vanidades,
    la cacharrería del alma, el nido de la urraca,
    reliquias de gozos y dones irrenunciables,
    el botín de la vida,
    las cosas que a tu ruego te van a decir
    que has sido algo, que has vivido
    lo suficiente y como has podido,
    las cosas, esas que callan cuando te alejas.

    “AETERNE PUNGIT, CITO VOLAT ET OCCIDIT”

    Dorme il cavaliere il suo sonno di fortuna
    ed è sorridente l'angelo che, più che vegliarlo,
    lo avvisa di quelle frecce della paura
    che volano non più a mezzogiorno,
    ma a qualsiasi ora,
    quelle che eternamente feriscono,
    veloci volano e uccidono ...
    E sul tavolo, i talismani, le vanità,
    la bottega di porcellabe dell'anima, il nido della gazza,
    reliquie di piaceri e doni irrinunciabili,
    il bottino della vita,
    le cose che a tua richiesta ti diranno
    che sei stato qualcuno, che hai vissuto
    abbastanza e come hai potuto,
    le cose, quelle che tacciono quando ti allontani.

    ---
    FANTASMAS

    La tierra donde no hay fantasmas
    porque nadie se atreve a verlos...
    No, no, responde, rápido:
    Donde nadie se atreve a confesar
    que los ha visto, que los ve a diario,
    que comercia con ellos,
    que con ellos convive, duerme y vela.

    FANTASMI

    La terra dove non ci sono fantasmi
    perché nessuno ha il coraggio di vederli ...
    No, no, rispondi, presto:
    dove nessuno osa confessare
    che li ha visti, che li vede ogni giorno,
    che commercia con essi,
    che con essi convive, dorme e veglia.

    ---
    ENCOMIO DE DESPOJADOS

    Van a necesitar mucha policía.
    De hecho, para ellos toda es poca.
    Lo cierto es que nos quieren muertos,
    callados y muertos, estamos de sobra.
    Nos quieren idos, maleta en mano
    o mejor, sin nada, expoliados,
    como hace años, como entonces,
    no vaya a ser que nos llevemos algo de valor,
    algo que no nos hayan podido arrebatar
    antes de emprender la huida
    y vernos obligados a dar las gracias, encima.

    ---

    ENCOMIO DI DEPREDATI

    Avranno bisogno di molta polizia.
    In effetti, per loro tutta è poca.
    La verità è che ci vogliono morti,
    zitti e morti, siamo d’avanzo.
    Ci vogliono via, valigia in mano
    o meglio, senza nulla, spoliati,
    come anni fa, come allora
    non sia mai che ci portiamo via qualcosa di valore,
    qualcosa che non abbiano potuto strapparci
    prima di intraprendere la fuga
    e vederci costretti a dire grazie, oltretutto.

    ---
    EL SABOR MÁS INTENSO

    Con los ojos cerrados regresan
    el sabor del queso, y del aceite del trujal de casa,
    el del vino y las ciruelas del verano,
    el membrillo y las uvas en las viñas lejanas del otoño
    Las mujeres, Txibindoba se llamaban, me acuerdo,
    el polvo del camino y los huesos blancos de los muertos,
    blancos de lluvia antigua, verdes en la noche.
    En la casa que habito a ojos cerrados
    anidan las historias de los suicidas y los ejecutados,
    para siempre en el fondo, en el temor a la vida, el peligro
    un reverbero, un zumbido, el otro lado.
    Busco en la memoria un sabor dulce,
    busco la puerta del regreso,
    para poder despedirme, para irme.

    IL SAPORE PIÙ INTENSO

    Con gli occhi chiusi ritorna
    il sapore del formaggio, dell'olio del torchio domestico,
    del vino e delle prugne estive,
    della mela cotogna e delle uve nelle lontane vigne dell'autunno
    -Le donne o Txibindoba si chiamavano, ricordo-,
    la polvere della strada e le ossa bianche dei morti,
    bianche di pioggia antica, verdi di notte.
    Nella casa in cui vivo ad occhi chiusi
    nidificano le storie dei suicidi e dei giustiziati,
    per sempre sullo sfondo, nel timore alla vita, il pericolo
    un riverbero, un ronzio, l'altro lato.
    Cerco nella memoria un sapore dolce,
    cerco la porta del ritorno,
    per poter salutare, per andarmene.

    ---
    NIEBLA

    Imaginas laberintos geométricos,
    jardines, ferias y escenarios de ensueño,
    soles, lunas, olas, puertas, pozos,
    pájaros parlantes, demonios
    encerrados en una botella de siglos,
    pero es de la niebla de lo que deberías hablar,
    de la del pasado y de la del presente,
    si supieras, si supieras de qué está hecha,
    que no sabes porque no quieres,
    prefieres la ocultación, el trampantojo.

    NEBBIA

    Immagini labirinti geometrici,
    giardini, fiere e scenari da sogno,
    soli, lune, onde, porte, pozzi,
    uccelli parlanti, demoni
    rinchiusi in una bottiglia da secoli,
    ma è della nebbia di cui dovresti parlare,
    di quella del passato e del presente,
    se sapessi, se sapessi di cosa è fatta,
    che non lo sai perché non lo vuoi,
    preferisci l'occultamento, l’inganno.

    ---

    CEMENTERIO DE AZKONA, LECCIÓN (1909)

    Varias y grandes son las monstruosidades que se van
    descubriendo de nuevo cada día en la arriesgada
    peregrinación de la vida humana. Entre todas, la más
    portentosa es el estar el Engaño en la entrada del
    mundo y el Desengaño a la salida, inconveniente tan
    perjudicial que basta a echar a perder todo el vivir.
    Baltasar Gracián, El Criticón

    Dices que se te duermen los dedos,
    que no reconoces tu escritura,
    que se te cierran los párpados...
    Calafateo un negro barco hacia el olvido,
    un velero sin velas ni remos,
    con ir a la deriva,
    a merced de la corriente, basta.
    Jinete derribado en el sarcófago de Alejandro,
    busco genealogías sombrías de muertos de respeto,
    plata perdida en embalsamadores y panteones.
    Tanto creer en la resurrección de los muertos,
    tanta monserga beata y trapacera,
    tanto sermón acerca del valor de la familia,
    tanto aplomo en la patraña de feriantes,
    tanta obra pía emboscando negocios sucios
    y tanto blasón de antepasados brumosos,
    para ir a dar al chirrión más oscuro,
    allí arrojados, impertérritos.
    Dónde están, a dónde se fueron o los llevaron,
    ni los nombres dejaron, humo tal vez,
    el ciprés, en cambio, les sobrevive lozano...
    sic transit gloria de burlados.

    CIMITERO DI ASKONA, LEZIONE (1909)

    Molte e grandi sono le mostruosità che si vanno
    scoprendo di nuovo ogni giorno nella rischiosa
    peregrinazione della vita umana. Tra tutte, la più
    portentosa è lo stare l'Inganno all'ingresso del
    mondo e la Delusione all'uscita, inconveniente così
    dannoso che basta per rovinare tutta la vita.
    Baltasar Gracián, Il Criticone

    Dici che ti si addormentano le dita,
    che non riconosci la tua scrittura,
    che ti si chiudono le palpebre...
    Calafato una nave nera verso l'oblio,
    un veliero senza vele né remi,
    andare alla deriva
    in balia della corrente, basta.
    Cavaliere abbattuto sul sarcofago di Alessandro,
    cerco buie genealogie di morti di rispetto,
    denaro buttato in imbalsamatori e pantheon.
    Tanto credere nella resurrezione dei morti,
    tanto vaniloquio beato e menzognero,
    tanto sermone sul valore della famiglia
    tanta disinvoltura nella falsità dei mercanti,
    tanta opera pia imboscando affari sporchi
    e tanto blasone di antenati nebbiosi,
    per andare a finire al carro più scuro
    lì gettati, imperterriti.
    Dove sono, dove sono andati o sono stati portati?
    Nemmeno i nomi hanno lasciato, fumo forse,
    il cipresso, in cambio, li sopravvive rigoglioso...
    sic transit gloria dei beffati.

    ---

    LA QUINTA DEL AMERICANO

    I
    Ese lugar donde es fácil perderse
    y donde, según dicen, cualquier crimen es perfecto,
    pues allí no hay espejos que retengan las sombras,
    sólo zarzas, sólo el silencio cómplice de la ruina,
    y nadie llega a escuchar el ruido de los pasos
    de aquel que tiene más interés en ver
    que en ser visto.
    La curiosidad que empuja a quienes emprenden
    la búsqueda de este lugar,
    se ve a menudo defraudada
    por el aire demasiado quieto, malsano,
    que allí se respira
    y que les hace escapar y perderse
    como si una repentina noche cayera sobre ellos.
    II
    La habitación donde un caballo de gran alzada
    galopa sin desmayo,
    está en una casa rodeada por la nieve
    en la que de tarde en tarde resuena un disparo.

    Quien hasta allí audaz se aventure
    encontrará una cama deshecha,
    un frasco de perfume vacío
    y una fina copa de cristal
    que alguna vez estuvo mediada de un licor oscuro.

    LA TENUTA DELL'AMERICANO

    I
    Quel luogo dove è facile perdersi
    e dove, secondo quanto dicono, qualsiasi crimine è perfetto,
    perché lì non ci sono specchi che trattengano le ombre,
    solo rovi, solo il silenzio complice della rovina,
    e nessuno riesce a sentire il rumore dei passi
    di chi ha più interesse di vedere
    che di essere visto.
    La curiosità che spinge quelli che intraprendono
    la ricerca di questo luogo,
    viene spesso disattesa
    per l'aria troppo quieta, malsana,
    che lì si respira
    e che li fa scappare e perdersi
    come se una repentina notte piombasse su di loro.

    II

    La stanza dove un cavallo di grande altezza
    galoppa senza sfinimento,
    si trova in una casa circondata dalla neve
    dove di tanto in tanto risuona uno sparo.
    Chi audace s'avventura fino a lì
    troverà un letto sfatto,
    una boccetta di profumo vuota
    e un raffinato calice di cristallo
    in cui una volta vi era per metà un liquore scuro.

    --
    PAISAJE DE MERCURIO

    Qué decir de ese paseante solitario
    que obstinado insiste en la búsqueda
    de las cosas y de las gentes
    que iluminaron sus días.
    No ignora que raras veces se regresa
    al punto de partida.
    Pero entonces, por qué recorre
    una y otra vez ese escenario polvoriento,
    iluminado por una luz cenital
    en el que resuenan sordos
    los pasos del fugitivos del día.
    Qué busca tras los cierres definitivos,
    en las sombrías vitrinas
    de ese callejón de los olvidados,
    los insanos y los locos.
    Aquí, desde el tiempo de la vergüenza,
    la vitrina de un vendedor de mariposas,
    más allá otra con refinadas pipas de espuma de mar,
    y luego los látigos para la montería,
    los raros perfumes de un tiempo abolido,
    y tras el recodo, el sastre chino
    afanado en sus trajes grises,
    y el vendedor de condecoraciones para falsarios,
    y un librero de viejo que dormita,
    y una tabaquería cerrada.
    En ellas quisiera atrapar el paseante
    los rostros de los testigos, las pruebas menores
    para su alegato contra el siglo del miedo.

    PAESAGGIO DI MERCURIO

    Cosa dire di quel passeggiatore solitario
    che ostinato insiste nella ricerca
    delle cose e della gente
    che hanno illuminato i suoi giorni.
    Non ignora che rare volte si ritorna
    al punto di partenza.
    Ma allora, perché percorre
    una e più volte quello scenario polveroso,
    illuminato da una luce zenitale
    in cui echeggiano sordi
    i passi dei fuggitivi del giorno.
    Cosa cerca dietro le chiusure definitive,
    nelle buie vetrine
    di quel vicolo di suicidi e scomparsi ,
    di cartomanti e gioiellieri-ricettatori,
    quel vicolo di dimenticati,
    gli insani e i pazzi.
    Qui, fin dai tempi della vergogna
    la vetrina di un venditore di farfalle,
    più in là un’altra con raffinate pipe di schiuma di mare,
    e poi le fruste per la caccia grossa,
    i profumi rari di un tempo abolito,
    e dietro l’angolo, il sarto cinese
    impegnato nei suoi abiti grigi,
    e il venditore di decorazioni per falsari,
    e un libraio dell'usato che sonnecchia,
    e una tabaccheria chiusa.
    In esse il passeggiatore vorrebbe catturare
    i volti dei testimoni, le prove minori
    per il suo dibattito contro il secolo della paura.

    ---
    CALLE DE LA LUNA

    ADORMECEDOR el ruido del agua
    que cae a borbotones
    en la fuente musgosa.
    Puede oírse undébil trino de pericos.
    A ráfagas, un agrio olor a fogones
    apagados, a bodegas, a oficios desaparecidos.
    En el cielo el vuelo de los vencejos.
    Al cabo de la calle, un solitario paseante
    vuelve la vista atrás
    esperando acaso atrapar su sombra
    o la borrosa y lejana silueta de un perseguidor.

    VIA DELLA LUNA

    SOPORIFERO il rumore dell'acqua
    che cade a scroscio
    nella fontana muscosa.
    Si può sentire un debole trillo di parrocchetti.
    A raffiche, un acre odore di fuochi
    spenti, di botteghe, di mestieri scomparsi.
    In cielo il volo dei rondoni.
    Alla fine della strada, un passeggiatore solitario
    guarda indietro
    sperando forse di agguantare la sua ombra
    o la sfocata e lontana sagoma di un inseguitore.

    ---
    CERCO DE ILUSIÓN

    La vida es hermosa si no desfallece,
    cierto, y si es vivida con el mismo coraje
    del navegante solitario.
    Tomo el lápiz y subrayo para olvidar,
    lo demás pamplinas.
    Lo demás, decirse: "Mejor no tirar la toalla,
    mejor no pasar como un ejercito en retirada,
    mejor plantar cara, a la chita callando".

    CORNICE D'ILLUSIONE

    La vita è bella se non sdilinquisce,
    vero, e se è vissuta con lo stesso coraggio
    del navigatore solitario.
    Prendo la matita e sottolineo per dimenticare,
    il resto, scempiaggini.
    Il resto, dirsi: "Meglio non gettare la spugna,
    meglio non passare come esercito in ritirata,
    meglio tener testa, di soppiatto."

     


     

  • COSI' HO TRADOTTO
    IN SPAGNOLO
    LE POESIE DI MAGRELLI

    data: 01/12/2020 19:25

    Valerio Magrelli, (Roma, 10 gennaio 1957), è poeta, scrittore, traduttore, critico letterario e accademico italiano.

    1) L’ARRIVO DEL SONNO
    L'arrivo del sonno,
    muto e alto
    quando il nuvolato si allarga
    e la sua luce diventa profonda.
    Questo letto è una tavola astronomica
    su cui il corpo disegna
    l'occidua costellazione del riposo.

    LA LLEGADA DEL SUEÑO
    La llegada del sueño
    mudo y alto
    cuando lo nublado se expande
    y su luz se vuelve profunda.
    Esta cama es una tabla astronómica
    en la que el cuerpo dibuja
    la occidua constelación del reposo.

    2) SOTTO LA LUCE APERTA
    Sotto la luce aperta
    il cuore del paesaggio trema
    nelle sue linee,
    fa scintille,
    palpitante e vibratile,
    mobile come uno sciame
    di insetti che componesse forme
    nella fibrillazione del suo volo.

    DEBAJO DE LA LUZ ABIERTA
    Debajo de la luz abierta
    el corazón del paisaje tiembla
    en sus líneas,
    produce destellos,
    palpitante y vibrátil
    móvil como un enjambre
    de insectos que compusiera formas
    en la fibrilación de su vuelo.

    3) QUESTA PAGINA E' UNA STANZA DISABITATA
    Questa pagina è una stanza disabitata.
    Ogni tanto porto una seggiola rotta
    o un pacco di giornali, e li abbandono
    in un angolo: nient'altro.
    Quello che avanza si dispone qui
    e nella tregua dell'uso si deposita.
    E' l'ultima sosta degli oggetti
    prima d'uscire dall'orizzonte della casa,
    nella luce chiara del loro tramonto.

    ESTA PÁGINA ES UNA HABITACIÓN DESHABITADA
    Esta página es una habitación deshabitada.
    A veces traigo una silla rota
    o un manojo de diarios, y los abandono
    en un rincón: nada más.
    Lo que sobra se dispone aquí
    y en la tregua del uso se posa.
    Es la última pausa de los objetos
    antes de salir del horizonte de la casa,
    en la clara luz de su atardecer.

    4) LA PENNA NON DOVREBBE MAI LASCIARE
    La penna non dovrebbe mai lasciare
    la mano di chi scrive.
    Ormai ne è un osso, un dito.
    Come un dito gratta, afferra ed indica.
    E’ un ramo del pensiero
    e dà i suoi frutti:
    offre riparo ed ombra.

    LA PLUMA NO DEBERÍA DEJAR JAMÁS
    La pluma no debería dejar jamás
    la mano de quien escribe.
    Ya es su hueso, un dedo .
    Como un dedo rasca, aferra e indica.
    Es una rama del pensamiento
    y da sus frutos:
    ofrece amparo y sombra.

    5) S’INTRODUCE A VOLTE NEL PENSIERO
    S’introduce a volte nel pensiero
    come nell’acqua, un riflesso
    che l’attraversa e ne misura il fondale.
    È un occhio che si apre
    dentro le lucide onde e vi affonda.
    La linea si distende e la luce
    discendendo si quieta.
    La mente torna allora a chiudersi
    nello sforzo verticale e profondo
    della ferita e del gorgo.

    SE INTRODUCE A VECES EN EL PENSAMIENTO
    Se introduce a veces en el pensamiento
    como en el agua, un reflejo
    que lo atraviesa y mide el fondo.
    Es un ojo que se abre
    dentro de las brillantes olas y se hunde.
    La línea se distiende y la luz
    al descender se aquieta.
    La mente vuelve entonces a cerrarse
    en el esfuerzo vertical y profundo
    de la herida y del remolino.

    6) CAVE CAVIE!
    O forse sono cavie, queste poesie che scrivo,
    per qualche esperimento concepite,
    che tuttavia non so.
    Non so perché si formano,
    eppure mi affeziono e le chiamo per nome,
    topolini vivissimi, allarmati
    da che?

    ¡CAVE CAVIAS!
    Tal vez son cavias , estos poemas que escribo,
    para algún experimento concebidos,
    que sin embargo no sé.
    No sé por qué se forman,
    no obstante me encariño y los llamo por su nombre,
    ratoncitos vivísimos, ¿alarmados
    de qué?

    7) ORA LE MEMBRA TORNANO
    Ora le membra tornano
    obliquamente al silenzio
    di questa muta malinconia biologica.
    Si tratta di compiere un gesto
    che completi la carne
    e l'allontani da sé.
    Io guardo il pensiero
    tramontare dietro il pensiero.

    AHORA LOS MIEMBROS VUELVEN
    Ahora los miembros vuelven
    oblicuamente al silencio
    de esta muda melancolía biológica.
    Se trata de hacer un gesto
    que complete la carne
    y la aleje de sí misma.
    Miro el pensamiento
    atardecer detrás del pensamiento.

    8) SENTIRSI MALE SEMBRA VOLER DIRE
    Sentirsi male sembra voler dire
    che il dolore impedisce
    l'ascolto di se stessi.
    La malattia conduce
    il suo corpo lontano,
    troppo distante per essere udito.

    SENTIRSE MAL PARECE SIGNIFICAR
    Sentirse mal parece significar
    que el dolor impide
    el escucharse a sí mismo.
    La enfermedad conduce
    su cuerpo lejos,
    demasiado lejos para ser escuchado.

    9) E SE QUESTI GIRI DI SERRATURA
    E se questi giri di serratura
    non finissero più?
    E se dovessi restare tutta la vita
    qui fuori, a girare la chiave?
    E se perdessi la chiave?
    Faccio la copia delle mie chiavi
    faccio la copia delle mie copie
    quello che spendo per moltiplicarle
    serve a togliere a ognuna il suo valore
    il mio Valerio. Nel profilo dei versi
    io riproduco la sagoma
    dentellata delle chiavi.
    Y SI ESTAS VUELTAS DE CERRADURA
    ¿Y si estas vueltas de cerraduras
    no acabaran nunca?
    ¿Y si tuviera que quedarme toda la vida
    aquí afuera, girando la llave?
    ¿Y si perdiera la llave?
    Hago una copia de mis llaves
    hago la copia de mis copias
    lo que gasto para multiplicarlas
    sirve para quitarle a cada una su valor
    mi Valerio. En el perfil de los versos
    reproduzco el contorno
    dentado de las llaves.

    10) NEI BAGNI PUBBLICI
    Le scritte nei bagni pubblici
    mi dicono il dolore
    del giovane che scrive,
    solo, nei bagni pubblici.

    Solo, con la scrittura
    di chi l'ha preceduto,
    in un colloquio muto,
    fitto, nei bagni pubblici.

    Anch'io una volta ho scritto,
    solo, nei bagni pubblici,
    affidando il dolore
    agli insulti peggiori.

    Qui si scrive soltanto
    di odio, nei bagni pubblici,
    ma di un odio che gira
    come una sigaretta fra compagni.

    EN LOS BAÑOS PÚBLICOS
    Las escrituras en los baños públicos
    me cuentan el dolor
    del joven que escribe,
    solo, en los baños públicos.

    Solo, con la escritura
    de quien lo precedió,
    en una conversación muda,
    tupida, en los baños públicos.

    Una vez, yo también escribí
    solo, en los baños públicos,
    confiando el dolor
    a los peores insultos.

    Aquí solo se escribe
    de odio, en los baños públicos,
    pero de un odio que circula
    como un cigarrillo entre compañeros.

    11) ESISTONO PAROLE CHE COSTEGGIANO
    Esistono parole che costeggiano
    il pensiero o lo attraversano
    dolcemente oblique come lacrime.
    Come ospiti dimenticati si aggirano
    segrete per le stanze,
    ogni cosa toccando.
    Il loro andare sembra l'offerta lenta
    di un frutto della terra.

    EXISTEN PALABRAS QUE BORDEAN
    Existen palabras que bordean
    el pensamiento o lo cruzan
    dulcemente oblicuas como lágrimas.
    Como invitados olvidados circulan
    secretas por las habitaciones,
    tocando cada cosa.
    Su andar parece la lenta oferta
    de un fruto de la tierra.

    12) ORMAI LE IDEE SI PERDONO
    Ormai le idee si perdono
    cadono come foglie
    ed è difficile
    trattenerle al pensiero.
    Una muta espunzione
    ne regola
    la sera vegetale.

    LAS IDEAS YA SE PIERDEN
    Las ideas ya se pierden
    caen como hojas
    y es difícil
    retenerlas en el pensamiento.
    Una muda supresión
    regula
    la noche vegetal.

    13) PREFERISCO VENIRE DAL SILENZIO
    Preferisco venire dal silenzio
    per parlare. Preparare la parola
    con cura, perché arrivi alla sua sponda
    scivolando sommessa come una barca,
    mentre la scia del pensiero
    ne disegna la curva.
    La scrittura è una morte serena:
    il mondo diventato luminoso si allarga
    e brucia per sempre un suo angolo.

    PREFIERO VENIR DEL SILENZIO
    Prefiero venir del silencio
    para hablar. Preparar la palabra
    con cuidado, para que llegue a su orilla
    deslizándose apaciblemente como una barca,
    mientras la estela del pensamiento
    dibuja la curva.
    Escribir es una muerte serena:
    el mundo que ha devenido luminoso se agranda
    y quema un ángulo suyo para siempre.

    14) IO SONO CIÒ CHE MANCA
    Io sono ciò che manca
    dal mondo in cui vivo,
    colui che tra tutti
    non incontrerò mai.
    Ruotando su me stesso ora coincido
    con ciò che mi è sottratto.
    Io sono la mia eclissi
    la contumacia e la malinconia
    l’oggetto geometrico
    di cui sempre dovrò fare a meno.

    YO SOY LO QUE FALTA
    Yo soy lo que falta
    del mundo en que vivo,
    el que entre todos
    jamás encontraré.
    Girando sobre mí mismo ahora coincido
    con lo que me es sustraído.
    Yo soy mi eclipse
    la contumacia y la melancolía
    el objeto geométrico
    del que nunca podré prescindir.

    15) IL MEMORIOSO
    Ingegnoso, mio figlio si chiude nella doccia
    incolla un foglio al vetro, dall'esterno,
    e per un'ora, immerso nel vapore,
    impara a memoria Ugolino.
    Scendono l'acqua e i versi, lui sussurra,
    mi costa una fortuna, ma alla fine
    esce lavato, profumato, pieno
    zeppo di endecasillabi.

    EL MEMORIOSO
    Ingenioso, mi hijo se encierra en la ducha
    pega una hoja sobre el vidrio, desde el exterior,
    y por una hora, inmerso en el vapor,
    aprende de memoria Ugolino.

    Cayendo el agua y los versos, él susurra,
    me cuesta una fortuna, pero al final
    sale limpio, perfumado, lleno
    atiborrado de endecasílabos.

    16) IL MALE DELLA PIETRA
    Il male della pietra
    ha fatto del mio corpo una miniera.
    Nella curva del dorso ha preso forma
    il cristallo doloroso grande
    quanto una sillaba.
    Questo fruttificare di sassi
    è il miracolo del sangue
    che si fa gemma e rosa del deserto.
    Come per una lenta
    resurrezione minerale
    l'uomo giunge per gradi
    fino a comporre
    dentro di sé la terra.

    EL MAL DE LA PIEDRA
    El mal de la piedra
    ha hecho de mi cuerpo una mina.
    En la curva del dorso tomó forma
    el cristal doloroso grande
    como una sílaba.
    Este fructificar de piedras
    es el milagro de la sangre
    que se convierte en gema y rosa del desierto
    como por una lenta
    resurrección mineral
    el hombre llega por grados
    hasta componer
    dentro de sí la tierra.

    17) L'INDIFFERENZA
    Trovando appena un angolino libero nella
    loro coscienza
    F. R. De Chateaubriand

    Sono arrivato ad una conclusione:
    il Male ha bisogno di spazio,
    non si può fare tutto dentro casa.
    Serve una dépendance, un alias, un sosia
    almeno una meta-me
    (la mamma-mummia in Psyco).
    Serve la lepre, la bestia da delega,
    un capro espiatorio portatile
    che possa tollerare il peso del reato.
    E' soltanto un problema di capienza:
    trovare spazio per l'indifferenza.

    INDIFERENCIA
    Encontrando apenas un rincón libre en
    su conciencia
    F. R. De Chateaubriand

    He llegado a una conclusión:
    el Mal necesita espacio,
    no se puede hacer todo dentro de la casa.
    Sirve una dépendance, un alias, un sosia
    al menos un meta-yo
    (la mamá-momia en Psicosis).
    Sirve la liebre, la bestia por delegación,
    un chivo expiatorio portátil
    que pueda tolerar la carga del crimen.
    Es solo un problema de capacidad:
    encontrar espacio para la indiferencia.


    18) ORRORE
    Ecco l'errore:
    immaginare che la soluzione risieda
    nel mistero della verticalità,
    nel cuore delle acque su cui rimbalza il sasso.
    Invece non c'è nulla nel profondo,
    non esiste una terza dimensione:
    tutto si gioca sullo stesso piano,
    anzi, nella medesima figura!
    Basta solo guardarla in un modo diverso.
    Flatlandia.
    Io parlerei di inconscio complanare,
    che nel mio caso fu un complanare orrore.

    HORROR
    Aquí está el error:
    imaginar que la solución reside
    en el misterio de la verticalidad,
    en el corazón de las aguas donde rebota la piedra.
    En cambio, no hay nada en el fondo,
    no existe una tercera dimensión:
    todo se juega en el mismo nivel,
    más bien, ¡en la misma figura!
    Basta solo mirarla de un modo diferente.
    Flatlandia.
    Yo hablaría de subconsciente coplanario,
    que en mi caso fue un coplanario horror.

    19) INFANZIA DEL LAVORO
    Guarda questa bambina
    che sta imparando a leggere:
    tende le labbra, si concentra,
    tira su una parola dopo l’altra,
    pesca, e la voce fa da canna,
    fila, si flette, strappa
    guizzanti queste lettere
    ora alte nell’aria
    luccicanti
    al sole della pronuncia.

    INFANCIA DEL TRABAJO
    Mira esta niña
    que está aprendiendo a leer:
    extiende los labios, se concentra,
    saca una palabra tras otra,
    pesca, y la voz le hace de caña,
    hila, se flexiona, arranca
    raudas estas letras
    altas ahora en el aire
    relucientes
    bajo el sol de la dicción.

    20) OGNI SERA CHINO SUL CHIARO
    Ogni sera chino sul chiaro
    orto delle pagine,
    colgo i frutti del giorno
    e li raduno. Allineati
    su filari paralleli corrono i pensieri,
    tracce di accorti innesti.
    La mia vita è legata
    al frugale raccolto,
    il suo consumo è quotidiano, dimesso.
    Nessuna logica è nel prendere
    i fiori o i frutti secchi. L’unica,
    e può bastare, è in questa secrezione
    spontanea e vegetale dell’idea.
    Lenta commozione della terra
    che turbata la concepisce. O la cucina
    per il suo disadorno commensale.

    CADA NOCHE AGAZAPADO DETRÁS DEL CLARO
    Cada noche agazapado sobre el claro
    huerto de las páginas,
    cojo los frutos del día
    y los reuno. Alineados
    en hileras paralelas corren los pensamientos,
    trazas de cuidados injertos.
    Mi vida está ligada
    a la frugal cosecha
    su consumo es cotidiano, modesto.
    Ninguna lógica en coger
    las flores o los frutos secos. La única,
    y puede bastar, está en esta secreción
    espontánea y vegetal de la idea.
    Lenta conmoción de la tierra
    que turbada la concibe. O la cocina
    para su desornamentado comensal.

    21) E' SPECIALMENTE NEL PIANTO
    E’ specialmente nel pianto
    che l’anima manifesta
    la sua presenza
    e per una segreta compressione
    tramuta in acqua il dolore.
    La prima gemmazione dello spirito
    è dunque nella lacrima,
    parola trasparente e lenta.
    Secondo questa elementare alchimia
    veramente il pensiero si fa sostanza
    come una pietra o un braccio.
    E non c’è turbamento nel liquido,
    ma solo minerale
    sconforto della materia.

    ES ESPECIALMENTE EN EL LLANTO
    Es especialmente en el llanto
    que el alma manifiesta
    su presencia
    y por una secreta compresión
    convierte el agua en dolor.
    El primer brote del espíritu
    está por lo tanto en la lágrima,
    palabra transparente y lenta.
    Según esta elemental alquimia
    verdaderamente el pensamiento se vuelve sustancia
    como una piedra o un brazo.
    Y no hay perturbación en el líquido,
    mas sólo mineral
    desánimo de la materia.

    22) HO LA MENTE COLTIVATA
    Ho la mente coltivata
    come una piantagione.
    A seconda del seme
    il suolo si colora
    e come nella lingua
    ogni zona ha un sapore.
    Il mio pensiero è una terrazza
    aperta su me stesso.
    O forse è solamente l'impressione
    dei sensi che confonde
    come fanno le dita accavallate
    una cosa con due.

    TENGO LA MENTE CULTIVADA
    Tengo la mente cultivada
    como una plantación.
    Conforme a la semilla
    el suelo se colorea
    y como en la lengua
    cada área tiene un sabor.
    Mi pensamiento tiene una terraza
    abierta hacia mí mismo.
    O tal vez sea solo la impresión
    de los sentidos que confunde
    así como hacen los dedos cruzados
    una cosa con dos.

    23) LA VARIAZIONE DELLA PAROLA
    La variazione della parola
    fa scivolare il pensiero
    lungo la pagina.
    Come uno spettro luminoso
    il verbo lentamente muta
    e trascolora.
    Sono innesti graduali,
    ogni segno conosce
    un’alba ed una sera.
    A volte muoiono
    popoli di vocaboli
    secondo le carestie
    silenziose della mente.
    Capita anche che giungano sul foglio
    nomi improvvisi, nomadi
    che vagano qualche tempo
    prima di ripartire.
    Io osservo tutto questo
    perché sono il custode del quaderno
    e prima della notte faccio il giro
    per chiuderne le porte.

    LA VARIACIÓN DE LA PALABRA
    La variación de la palabra
    deja deslizar el pensamiento
    sobre la página.
    Como un espectro luminoso
    el verbo muda lentamente
    y se destiñe.
    Son injertos graduales,
    cada señal conoce
    un alba y una noche.
    A veces mueren
    pueblos de vocablos
    según las carestías
    silenciosas de la mente.
    Ocurre también que lleguen sobre la hoja
    nombres improvisos, nómadas
    que vagan algún tiempo
    antes de marcharse.
    Yo observo todo esto
    porque soy el guardián del cuaderno
    y antes de la noche hago la ronda
    para cerrar las puertas.

    24) ORMAI LE IDEE SI PERDONO
    Ormai le idee si perdono
    cadono come foglie
    ed è difficile
    trattenerle al pensiero.
    Una muta espunzione
    ne regola
    la sera vegetale.

    LAS IDEAS YA SE PIERDEN
    Las ideas ya se pierden
    caen como hojas
    y es difícil
    retenerlas en el pensamiento.
    Una muda supresión
    regula
    la noche vegetal.

    25) SCRIVERE COME SE QUESTO
    Scrivere come se questo
    fosse opera di traduzione,
    di qualcosa già scritto in altra lingua.
    La parola si carica ed esita,
    continua ancora a vibrare
    come sulla tastiera le note tenute
    soppravvivono allo staccato
    e lo percorrono fino al suo tacere.

    ESCRIBIR COMO SI ESTO
    Escribir como si esto
    fuese obra de traducción,
    de algo ya escrito en otra lengua.
    La palabra se carga, vacila,
    aún continúa a vibrar
    como en el teclado las notas sostenidas
    sobreviven al staccato
    y lo recorren hasta su silencio.

    (da Le cavie, Einaudi, 2018)
     

     

  • DOLCEZZA E ARMONIA
    NELLE POESIE
    DI MANUEL LOPEZ AZORIN

    data: 28/11/2020 17:04

    Manuel López Azorín (Moratalla, Murcia, 1946) risiede a San Sebastian de los Reyes (Madrid).
    In generale non amo commentare la poesia dei poeti che traduco, perché credo che il lettore abbia un codice proprio e molto intimo di comprensione. Tale codice si va costruendo attraverso le esperienze di vita; forma un po' alla volta un sistema non convenzionale di emozioni attraverso le quali si colgono determinati particolari nella lettura. Su questo poeta spagnolo, che ho avuto occasione di conoscere personalmente - durante la presentazione a Madrid del libro Un canto straniero (Link Edizioni , 2019) del prestigioso poeta e critico letterario spagnolo Santos Domínguez Ramos - vorrei evidenziare una qualità che me lo reso molto caro: la squisita delicatezza dell'uso della parola. Per questo motivo l'ho definito il poeta della dolcezza e dell'armonia.

    NOS HABLA, NOS ESCRIBE

    Camina por el tiempo,
    escondido en sus pliegues, lo no dicho.

    Sin palabras nos nutre
    una voz que, de pronto, es alimento.
    Enmudecida voz que vive al aire
    del misterio y la magia.

    Los poemas esconden en sus pausas
    un silencio preciso, que dice sin decir,
    y en la palabra abraza el universo.

    Es el tiempo sin tiempo del poema
    que nos habla por dentro.

    Nos escribe
    en el instante justo que precisa su voz.

    CI PARLA, CI SCRIVE

    Cammina lungo il tempo,
    nascosto nelle sue pieghe, il non detto.

    Senza parole ci nutre
    una voce, d'un tratto, è alimento.
    Voce muta che vive nell'aria
    del mistero e della magia.

    Le poesie nascondono nelle loro pause
    un silenzio preciso, che dice senza dire,
    e nella parola abbraccia l'universo.

    È il tempo senza tempo della poesia
    che ci parla da dentro.
    Ci scrive
    nell'istante esatto in cui pronuncia la sua voce .

    ---
    ¿ESTO ES LA POESÍA?

    Atrapar un instante del tiempo.
    Perpetuar la vida con palabras que cantan
    realidades y sueños.

    (La viva claridad emocionada del aliento.)

    Eternizar instantes
    con la magia del ritmo, con la música,
    diciendo mucho más de lo que cantan
    entre la bruma de los significados,
    la claridad de los significantes.

    Ayer, ahora, luego...
    Todo cabe
    unido, entrelazado,
    en planos superpuestos ya sin tiempo.

    La realidad y el sueño
    mostrándose en palabras que emocionan
    porque llegan y tocan los sentidos.

    ¿Esto es la poesía?


    QUESTO E’ LA POESIA?

    Catturare un istante del tempo.
    Perpetuare la vita con parole che cantano
    realtà e sogni.

    (La viva chiarezza emozionata del respiro.)

    Rendere eterni istanti
    con la magia del ritmo, con la musica,
    dicendo molto di più di ciò che cantano
    in mezzo alla bruma dei significati,
    la chiarezza dei significanti.

    Ieri, ora, poi ...
    Ci sta tutto
    unito, intrecciato,
    in piani sovrapposti, ormai senza tempo.

    La realtà e il sogno
    mostrandosi con parole che emozionano
    perché giungono e toccano i sensi.

    Questo è la poesia?

    ---
    FIEBRE DE MIEL

    Cuando en la soledad de lo más hondo
    llega mi voz a mí para contarme
    lo que no sabe nadie
    (ni yo mismo)
    escucho los idiomas,
    unas lenguas con códigos secretos que descifro
    (¡y apenas sé la mía!)
    y una fiebre de miel me florece palabras
    desde el núcleo más íntimo.

    Permanezco asombrado
    (y temeroso)
    porque entiendo lenguajes que no sé
    y lo que desconozco
    llega con luminosa claridad para alumbrarme...
    de corazón, de pensamiento.
    (un lenguaje especial
    que recorre mi sangre y mis sentidos
    y sólo en ocasiones me desvelas.)


    FEBBRE DI MIELE

    Quando nella solitudine del più profondo
    giunge la mia voce per raccontarmi
    ciò che nessuno sa
    (neanche io stesso)
    sento gli idiomi,
    alcune lingue con codici segreti che decifro
    (e appena conosco la mia!)
    e una febbre di miele fa fiorire parole
    dal nucleo più intimo.

    Rimango stupito
    (e timoroso)
    perché capisco linguaggi che non conosco
    e quel che non so
    giunge con splendida chiarezza per illuminarmi ...
    e mi tesse nelle sue reti...
    di cuore, di pensiero.
    (un linguaggio speciale
    che scorre attraverso il mio sangue e i miei sensi
    e solo a volte mi tiene sveglio.)

    ---

    DISTANCIA

    Tengo miedo del tiempo que separa a llamaradas ciegas,
    que aniquila las luces y, en la sombra,
    todo lo distorsiona:
    el pensamiento, el corazón, los actos...

    Tengo miedo del tiempo de la furia
    y me abandono al tiempo
    para poner distancia a estos instantes
    de sangre y llamaradas.

    DISTANZA
    Ho paura del tempo che separa con ciechi bagliori,
    che annienta le luci e, nell'ombra,
    tutto distorce:

    il pensiero, il cuore, le azioni ...

    Ho paura del tempo della furia
    e mi abbandono al tempo
    per mettere distanza a questi istanti
    di sangue e bagliori.

    ---

    A VECES ME PREGUNTO

    A veces me pregunto:
    ¿Qué animal es el hombre que amamanta
    el instinto animal en los despachos de la sangre?

    A veces me pregunto si las hienas
    tienen madres que gritan su desgracia a la noche.

    A veces me pregunto
    si no son los pacíficos los dueños de la vida
    a pesar de las garras de los depredadores.

    A veces me pregunto y, sin respuesta,
    se suceden los días y las noches.


    A VOLTE MI CHIEDO

    A volte mi chiedo:
    Che animale è l'uomo che allatta
    l'istinto animale nei dispacci del sangue?

    A volte mi chiedo se le iene
    abbiano madri che gridano la loro disgrazia alla notte.

    A volte mi chiedo
    se non siano i pacifici i padroni della vita
    nonostante le grinfie dei predatori.

    A volte mi chiedo e, senza risposta,
    si succedono i giorni e le notti.

    ---

    ¿EL TIEMPO ES UN MILAGRO CHE PERDONA?

    No penséis que os incluya en estas páginas
    con nombres y apellidos,
    que fije aquí, entre versos de mañana,
    unos cuerpos vacíos que caminan sin vida,
    oscuros, torpes, necios...
    para que todos sepan quiénes sois.

    (Que cada cual os juzgue si os conoce.)

    No penséis que os nombre,
    para mí sois tan sólo un dolor sucedido:

    herida, desengaño, decepción...

    la cicatriz de un tiempo, ya lejano,
    y que recuerdo con misericordia,
    ahora, en la distancia.

    La memoria no quiere abrazar el olvido,
    recuerda sin dolor, pero recuerda.
    El tiempo es el milagro que perdona.

    IL TEMPO E' UN MIRACOLO CHE PERDONA?

    Non pensiate che vi includa in queste pagine
    con nomi e cognomi,
    che fissi qui, tra versi di mattino,
    dei corpi vuoti che camminano senza vita,
    oscuri, goffi, sciocchi ...
    affinché tutti sappiano chi siete.

    (Che ognuno vi giudichi se vi conosce.)

    Non pensiate che vi nominerò,
    per me siete solo un dolore passato:

    ferita, disillusione, delusione ...

    la cicatrice di un tempo, ormai lontano,
    e che ricordo con misericordia,
    ora, in lontananza.

    La memoria non vuole abbracciare l'oblio,
    ricorda senza dolore, ma ricorda.
    Il tempo è un miracolo che perdona.

    ---

    EL FUEGO DE LA IRA

    El fuego de la ira seca de las lágrimas.
    Losas hay en los ojos secos.
    Trata
    de hacer brotar el río,
    de anegar con el llanto tanto fuego.

    IL FUOCO DELL'IRA

    Il fuoco dell’ira secca le lacrime.
    Macigni, ci sono negli occhi secchi.
    Cerca
    di far sorgere il fiume,
    di annegare col pianto cotanto fuoco.

    ---

    JULIO 5
    Hoy me falta la voz en la palabra

    y la intuyo abrazada en lejanía.
    En la sierra hay tristeza, todo calla.

    Hay un tono dorado en el ocaso
    de la tarde que, silenciosa, escapa
    y una resignación en el silencio
    de la noche que llega y no me abraza.
    El nombre, protector, de mi desvelo,
    me ha dejado vacío en la página.

    LUGLIO 5

    Oggi mi manca la voce nella parola
    e la intuisco abbracciata in lontananza.
    Nella sierra c'è tristezza, tutto tace.

    C'è un tono dorato nel tramonto
    della sera che, silenziosa, fugge
    e una rassegnazione nel silenzio
    della notte che arriva e non mi abbraccia.
    Il nome, protettore, della mia veglia,
    mi ha lasciato vuoto sulla pagina.

    ---

    AGOSTO 1

    He querido soñarte a ver si te acercabas
    a prestarme tu voz por ver si me libera
    de la espera y el frío.
    Previenen de la ola de calor
    que dicen se avecina;
    pero en el campo-sierra la mañana
    se viste de aire fresco y claridad
    en esta hora temprana en que los pájaros
    picotean y saltan por el suelo
    igual que los gorriones en Madrid
    por las terrazas de los bares.
    Qué larga es esta espera,
    saber que han de llamar,
    comunicar el día...

    La mañana, imperturbable, me ofrece
    la grata compañía de los pájaros,
    la claridad del sol y la impaciencia.

    He querido soñarte por ver si te acercabas,
    pero tú no has llegado
    a prestarme palabras que liberen
    el frío de la espera,
    no este calor que dicen será mucho.
    Y sin ti este poema
    no sé si expresará el frío que siento.

    AGOSTO 1

    Ho voluto sognarti per vedere se ti avvicinavi
    a prestarmi la tua voce e vedere se mi libera
    dall’attesa e dal freddo.
    Prevengono dall'ondata di calore
    che dicono si stia avvicinando;
    ma nel campo-serra la mattina
    si veste d’aria fresca e di chiarore
    in questa prima ora in cui gli uccelli
    beccano e saltellano per terra
    come i passeri a Madrid
    nelle terrazze dei bar.
    Quanto è lunga quest’attesa,
    sapere che devono chiamare,
    comunicare il giorno ...

    La mattina, imperturbabile, mi offre
    la gradevole compagnia degli uccelli,
    il bagliore del sole e l'impazienza.

    Ho voluto sognarti per vedere se ti avvicinavi,
    ma tu non sei arrivata
    a prestarmi parole che liberino
    il freddo dell'attesa,
    non questo calore, che dicono, sarà molto.
    E senza di te questa poesia
    non so se esprimerà il freddo che sento.

     

     

     

     

     


     

  • TREDICI POESIE
    DI GARCIA CABALLERO
    (CON TRADUZIONE)

    data: 31/10/2020 18:03

    Spagnolo di Valencia, José Ángel García Caballero è laureato in economia, insegnante di istruzione secondaria e poeta. Ha pubblicato i libri di poesie Llaves olvidadas (Ed. Renacimiento, 2010; XIII Premio Surcos de Poesía), Buhardilla (Ed. Valparaíso, 2014), El Jarrón roto (Hiperión, 2019. Premio València). Sue poesie sono apparse in diverse antologie. Qui ne proponiamo tredici, tradotte in italiano da Marcela Filippi Plaza.

    REGRESO DESDE EL PIREO

    De vuelta, en el metro,
    alguien que pudo haber sido pescador, los años se cuelan
    en su piel y en su frente, se sienta junto a la ventana y mira
    el desgaste de las fachadas que, seguramente, conoce
    desde hace muchos viajes. Ahora con sus dedos
    da cuenta del trasiego de la luz
    sobre las casas con movimientos rituales
    que recorren su viejo kombolói.
    Pasan las estaciones como pasan pequeñas
    iglesias a lo largo del trayecto,
    lo observo santiguarse cada vez que las ve:
    un movimiento rápido, discreto que baja la mirada y promete la paz
    con la memoria. Viene del exilio
    de sus manos de niño, las llagas anudadas
    a favor de los vientos,
    y así entiende la ruina, la fatiga del héroe.

    RITORNO DAL PIREO
    Di ritorno, in metro,
    qualcuno che potrebbe essere stato pescatore, gli anni s’infilano
    nella sua pelle e nella sua fronte, si siede accanto alla finestra e guarda
    il logorio delle facciate che, sicuramente, conosce
    dai molti viaggi. Ora con le sue dita
    finisce lo spostamento della luce
    sulle case con movimenti rituali
    che ripercorrono il suo vecchio komboloi.
    Passano le stazioni così come passano piccole
    chiese lungo il tragitto,
    l’osservo farsi il segno della croce ogni volta che le vede:
    un movimento rapido, discreto, che abbassa lo sguardo e promette la pace
    con la memoria. Viene dall’esilio
    delle sue mani di bambino, le piaghe annodate
    a favore dei venti,
    e così comprende la rovina, la fatica dell’eroe.

    NACIMIENTO

    Escribo estos renglones
    recordando a Vallejo, porque pienso en los cambios
    como ese golpe fuerte repentino
    del viento racheado sobre los maceteros del balcón,
    es lluvia prometida
    hacia el asfalto que fue tierra, que contuvo
    raíces y que, por ello, será grieta.
    El pájaro que canta por todas las antenas
    de la ciudad verá los charcos salpicados
    de gotas y rendijas de luz en cada calle,
    hay palabras que nunca dijimos y que estiran
    del brazo balbuciendo, yo no sé,
    pero esta mirada no se empoza de culpa,
    sólo celebra muda bajo techos y lámparas
    cómo son sacudidas las copas de los árboles,
    cómo los meses corren para dar voz y tacto
    a la prolongación del agua, que ya es río.

    NASCITA
    Scrivo queste righe
    ricordando Vallejo, perché penso nei mutamenti
    come quel colpo forte e repentino
    del vento a raffiche sui vasi del balcone,
    è pioggia promessa
    sull’asfalto che fu terra, che contenne
    radici e che, per ciò, sarà crepa.
    L’uccello che canta sopra tutte le antenne
    della città vedrà le pozzanghere schizzate
    di gocce e fessure di luce in ogni strada,
    ci sono parole che non abbiamo mai detto e che si allungano
    dal braccio balbettando, non so,
    ma questo sguardo non ristagna di colpa,
    solo celebra muto sotto tetti e lampade
    come sono scosse le fronde degli alberi!
    Come corrono i mesi per dare voce e tatto
    al prolungamento dell’acqua, che è già fiume!

    FRONTERA

    Este cielo es más alto.
    Me extraña su gramática de luces
    sobre los quitamiedos.
    Respiro detenido,
    incapaz del silencio en esta lengua
    que ya no me pregunta cuánto tiempo.
    Porque en el fondo te hablo de otra guerra,
    de sus nuevas canciones
    que se gastan igual en mitad de los valles,
    de otro Portbou tras una luna táctil
    de llamadas perdidas.
    Qué rara la intemperie
    de estas calles que apenas son paisaje.
    Es otra guerra, sí. Triste como la infancia
    en un traje invisible,
    días que me repiten los vagones de un tren televisado,
    esta blanca metáfora de invierno
    y la piel sonrosada de tu mano,
    como en aquel anuncio.

    FRONTIERA
    Questo cielo è più alto.
    Mi stupisce la sua grammatica di luci
    sulle barriere.
    Respiro trattenuto,
    incapace del silenzio in questa lingua
    che non mi chiede più quanto tempo.

    Perché in fondo ti parlo di un'altra guerra,
    delle sue nuove canzoni
    che si consumano lo stesso nel mezzo delle valli,
    di un altro Portbou (*) dietro una luna tattile
    di chiamate perse.

    Che strana l’intemperie
    di queste strade che sono appena paesaggio.

    È un'altra guerra, sì. Triste come l'infanzia
    in un abito invisibile,
    giorni che i vagoni di un treno teletrasmesso mi ripetono,
    questa bianca metafora d’inverno
    e la pelle rosea della tua mano,
    come in quell’annuncio.

    (*) Portbou, comune spagnolo situato nella comunità autonoma della Catalogna

    ALFAMA

    Ciertas calles que suben a las fotografías
    por peldaños estrechos
    siguen callando cuando hablan de ti.

    No logras percibirlas:

    sólo tacones lentos
    y piedras desprendidas
    hacia lo inevitable.

    ALFAMA
    Certe strade che salgono alle fotografie
    lungo stretti gradini
    continuano a tacere quando parlano di te.

    Non puoi percepirle:

    solo lenti tacchi alti
    e pietre staccate
    verso l'inevitabile.

    PRIMAVERA

    El confeti anticipa
    el cambio de estación,
    una música nueva,
    otra forma de intuir las formas del dolor
    y la belleza madre del ciclo de las hojas.

    PRIMAVERA
    I coriandoli anticipano
    il cambio di stagione,
    una nuova musica,
    un’altra forma di intuire le forme del dolore
    e la bellezza madre
    del ciclo delle foglie.

    VIAJE

    Los azulejos rotos de Lisboa,
    la calle paulatina
    que insiste en su retorno,
    parecen un poema repetido en el tiempo,
    que pide ser leído todavía
    por recordar sus pausas,
    el silabeo tímido
    de una oración secreta.

    VIAGGIO
    Gli azulejos rotti di Lisbona,
    la strada graduale
    che insiste nel suo ritorno,
    sembrano un poema ripetuto nel tempo,
    che chiede di essere letto ancora
    per ricordare le sue pause,
    la sillabazione timida
    di una preghiera segreta.

    GOOGLE

    Esta ciudad no tiene estatuas, se equilibra
    con símbolos binarios:
    imposible el otoño
    si no cabe lo neutro,
    imposible la vida
    si no duele noviembre.

    Una ciudad sin rostro
    a las seis de la tarde
    imagina sus máscaras, también sus recovecos,
    las plazas donde esperan los amantes
    un beso que suspenda
    las luces de escritorio.

    Ciudad que tergiversa
    sus calles tecleadas,
    no conoce la historia, sino el tiempo
    que gravita en las manos
    esculpiendo promesas, tenaces por eternas
    como diosas de mármol.

    GOOGLE
    Questa città non ha statue, si equilibra
    con simboli binari:
    impossibile l’autunno
    se non ci sta il neutro ,
    impossibile la vita
    se novembre non fa male.

    Una città senza volto
    alle sei di sera
    immagina le sue maschere, anche i suoi angoli,
    le piazze dove gli amanti aspettano
    un bacio che sospenda
    le luci da scrivania.

    Città che tergiversa
    le sue strade digitate,
    non conosce la storia, ma il tempo
    che gravita nelle mani
    scolpendo promesse, tenaci per eterne
    come dee di marmo.

    MATIZ

    Claro que no supimos dónde,
    fue como si lo hubiésemos leído:
    algunos parques fingen.

    A veces coincidimos
    en eso, como quien sueña un instante
    que realmente vive:
    la rama rota que tenías en la mano
    no era una palabra.

    Pero había crujido
    con el mismo color
    de tu voz pronunciándola.

    SFUMATURA
    Chiaro è che non abbiamo saputo dove,
    fu come se l'avessimo letto:
    alcuni parchi fingono.

    A volte coincidiamo
    in ciò, come chi sogna l’istante
    che davvero vive:
    il ramo spezzato che avevi in mano
    non era una parola.

    Ma aveva scricchiolato
    con lo stesso colore
    della tua voce mentre la pronunciava.

    NAUSÍCAA

    No supo perdonarme el mar
    entonces mi destino de isla,
    recorrí con aceite
    esa cortina de humo que confundió las cumbres
    de mi cárcel. No quise pensarlo, restallaba
    la tierra bajo el paso previsto del extraño.

    Acaricié sus ropas, toqué el oro
    que marchaba hacia Ítaca, cerré los ojos antes
    de llegar a la noche para siempre:

    el mar era tan claro.

    NAUSICAA
    Non seppe il mare perdonare
    il mio destino di isola allora,
    percorsi con olio
    quella cortina di fumo che confuse le sommità
    del mio carcere. Non volli pensarci, scricchiolava
    la terra sotto il passo previsto dello straniero.

    Accarezzai le sue vesti, toccai l'oro
    in marcia verso Itaca, chiusi gli occhi prima
    di giungere alla notte per sempre:

    Il mare era così chiaro.

    BUZUKI

    Trae luz esta música
    de las mesas a oscuras,
    hablas con esos gestos
    que vienen de la infancia
    y el ruido es interior.
    Nos miramos entonces
    mientras el mar se arpegia,
    olas que llegan hasta el tacto de madera
    de las uñas. La orilla inesperada
    frunce el verbo, desviste
    la garganta y resuena.

    BOUZOUKI
    Porta luce questa musica
    dai tavoli al buio,
    parli con quei gesti
    che vengono dall'infanzia
    e il rumore è interiore.
    Ci guardiamo allora
    mentre il mare si arpeggia,
    onde che arrivano fino al tocco del legno
    dalle unghie. La riva inaspettata
    contrae il verbo, spoglia
    la gola e risuona.

    ROMA

    El agua es un capricho de los dioses,
    también ahora, siglos después de que los templos
    empezasen a ser piedra caída, ofrenda
    fortuita a la ciudad. Así, importa tu mano
    al rozar las edades este sábado,
    cuando los puentes nos explican
    el milenio de un río y las ventanas
    piden la luz primera
    que sostiene el abrazo con los ojos pausados.
    Se ve desde el avión
    esa nube nocturna, su promesa de historia.

    ROMA
    L'acqua è un capriccio degli dei,
    anche adesso, secoli dopo che i templi
    iniziassero ad essere pietra caduta, offerta
    fortuita alla città. Così, incide la tua mano
    quando sfiora le età questo sabato,
    quando i ponti ci spiegano
    il millennio di un fiume e le finestre
    chiedono la prima luce
    che sostiene l'abbraccio con gli occhi rilassati.

    Si vede dall'aereo
    quella nuvola notturna, la sua promessa di storia.

    AGUA POR LA MAÑANA

    Antes de la luz, brilla la metáfora.
    A veces, la prefiero
    porque no tiene edad,
    ni certezas de patios que agotan su penumbra.
    Pero no ahora, cuando esta fotografía
    de rotondas nocturnas
    deja la habitación
    y en tus manos dan vueltas anillos de madera.

    ACQUA AL MATTINO
    Prima della luce, brilla la metafora.
    A volte, la preferisco
    perché non ha età,
    né certezze di cortili che esauriscono la loro penombra.
    Ma non ora, quando questa fotografia
    di rotonde notturne
    lascia la stanza
    e nelle tue mani girano anelli di legno.

    ATENAS

    Es un calor distinto. Se mezcla con el ruido
    de las calles sin orden,
    con la voz de una lengua temblando entre olores
    de cuero, enredadera y paredes gastadas.
    Agua fresca a cincuenta céntimos, pero es sed
    de mármol la que acucia,
    y el sudor es el gesto de mantener la vista alzada, nada más
    que una inercia de cielo.

    ATENE
    È un caldo diverso. Si mescola al rumore
    delle strade senza ordine,
    alla voce di una lingua che trema tra gli odori
    di cuoio, rampicanti e pareti consumate.
    Acqua fresca a cinquanta centesimi, ma la sete
    che assilla è di marmo,
    e il sudore è il gesto di tenere alzata la vista, niente di più
    che un’inerzia di cielo.


     

  • TRE POESIE (E TRADUZIONE)
    DEL POETA VENEZUELANO
    ALEJANDRO OLIVEROS

    data: 24/10/2020 19:08

    Alejandro Oliveros (1948) attualmente è uno dei più importanti poeti venezuelani. Professore di letteratura inglese e statunitense presso l'Università Centrale del Venezuela. Traduttore dal francese, inglese e italiano. Proponiamo una breve selezione di poesie, che faranno parte di una prossima pubblicazione bilingue (spagnolo-italiano), con prologo del Prof. Freddy Castillo Castellanos e traduzione di Marcela Filippi Plaza.

    MUERTE DE ORIÓN

    ERAN los días y noches del ardiente agosto
    detenido en la morada circular del cielo.

    El solsticio eterno que penetra los ojos
    y entorpece la marcha entre los guijarros.

    El verano es estación propicia para el engaño,
    la claridad se llena de manchas como la piel enferma.

    Sin cuidados y sin avisos se desplazaba
    el gigantesco Orión hacia la isla rumorosa,

    la encantada Ortigia de vientos amansados
    y crepúsculos que hacen rabiar a la aurora.

    Buscaba el hijo de Poseidón en la rosada arena
    las blancas vocales del cuerpo amado,

    sus ojos de miel entre las estrellas
    silenciosas, la rosa de su boca flotando,

    rodeada de nenúfares y dulces lotos,
    la espuma de sus senos iluminando la playa.

    A la espera de la noche, sigiloso, después
    de años, se arrastraba el escorpión artero.

    Su disminuida figura, su naturaleza sentida
    y su ponzoña reservada para el solitario.

    Todos los días, traicionado por amor, se hunde
    el gigantesco Orión en el mar onduloso.

    He visto su pesado naufragio, sus miembros dispersos
    y el envenenado hundimiento de su cuerpo.

    He escuchado su cantado lamento en la tarde
    abrupta y calurosa del mar de Cumboto.

    MORTE DI ORIONE

    Erano i giorni e le notti dell’infuocato agosto
    recluso nella dimora circolare del cielo.

    Il solstizio eterno che penetra gli occhi
    e intorpidisce la marcia tra i ciottoli.

    L'estate è una stagione propizia per l'inganno,
    la chiarezza si riempie di macchie come la pelle malata.

    Senza cura e senza preavvisi si spostava
    il gigantesco Orione verso l'isola rumorosa,

    l'incantata Ortigia dai venti ammansiti
    e crepuscoli che fanno arrabbiare l'aurora.

    Cercava il figlio di Poseidone nella sabbia rosa
    le bianche vocali del corpo amato,

    i suoi occhi di miele tra le stelle
    silenziose, la rosa della sua bocca fluttuando,

    circondata da ninfee e dolci fiori di loto,
    la schiuma dei suoi seni illuminando la spiaggia.

    In attesa della notte, circospetto, dopo
    anni, strisciava l’infido scorpione.

    La sua diminuita figura, la sua natura sentita
    e il suo veleno riservato al solitario.

    Tutti i giorni, tradito per amore, affonda
    il gigantesco Orione nel mare ondulato.

    Ho visto il suo pesante naufragio, le sue membra disperse
    e l'avvelenato affondamento del suo corpo.

    Ho sentito il suo cantato lamento nella sera
    subitanea e calda del mare di Cumboto.

    (de Magna Grecia, 1999)

    ---

    PRIMERA VISITA A ROMA
    I
    Más de lo que en sueños pude imaginar, encontré
    aquella tarde de mayo en Roma. Los placeres
    de Domus Aurea no se ofrecen ya al riesgoso
    amor del esposo de Popea. Pero ahí estaba
    tu cielo, el más alto y suntuoso, el alto
    cielo del imperio, un horizonte vertical, un vasto
    mar sobre mi cabeza, una invitación a volar
    y observar desde lo alto tus dispersas colinas.
    Desde Roma-Termini, en el fijo eje del mundo,
    hasta las sombras discretas de Cosma e Damiano,
    nada falta aquí, las manos de los mercaderes,
    el sudor agrio de gli immigranti, el paso pesado
    de los turistas, nada falta, geografía
    devastada, terca presencia, obstinado sueño.
    Ah, Roma, eres el compendio del cosmos, un cuerpo
    de mujer amada lacerante y alucinado.
    II
    Cuando la noche desciende sobre Roma se oyen
    las voces de César en las ruinas del teatro
    de Pompeo. Se aspira el olor achicharrado
    de Bruno en Campo dei Fiori. Cuando la oscuridad
    se aproxima a las oscuras corrientes del Tíber,
    las luces se hunden en los laberintos del gheto,
    y las sombras se levantan en la ínsula enferma
    La noche se disuelve en las esquinas de Roma.
    Via Appia, di por favor, cuál de todas es esa puerta
    que amargamente se lamentaba de peleas
    nocturnas, y de ser golpeada por manos
    indignas, ya de ser adornada con obscenas
    guirnaldas. Más cruel alguna vez que la cruel Cintia,
    que reposaba adentro en el pecho afortunado
    de otro, cuando las vagas estrellas y el Céfiro
    se apiadaban del rechazado amante, di, ¿cuál es?
    III
    En Roma la luz viaja desde Porta Maggiore
    hasta el agua donde abreva el caballo de Pólux.
    La claridad se desplaza sobre las basílicas,
    penetra y alumbra el alto dorado de los templos,
    asciende las columnas, descansa en los jardines,
    antes de entregarse a las anchas escalinatas
    victoriosas. Nada por el mundo es comparable:
    En el amanecer, Roma es tan hermosa como
    tus ojos de plata. Las casas y los palacios
    flotan sobre las torres, las ruinas se despiertan,
    las fuentes llegan suspendidas por el viento
    y la memoria gira en el centro de las plazas:
    la luz rosada de la aurora se acerca y acaricia
    los cuerpos de los amantes. En el amanecer
    Roma es tan hermosa como tus ojos de plata.

    PRIMA VISITA A ROMA
    I
    Più di quanto avrei potuto immaginare nei sogni, trovai
    quella sera di maggio a Roma. I piaceri
    della Domus Aurea ormai non si offrono più al rischioso
    amore dello sposo di Poppea. Ma lì era
    il tuo cielo, il più alto e sontuoso, l'alto
    cielo dell'impero, un orizzonte verticale, un vasto
    mare sul mio capo, un invito a volare
    e a osservare dall'alto le tue sparse colline.
    Da Roma-Termini, nel fisso asse del mondo,
    fino alle ombre discrete di Cosma e Damiano,
    nulla manca qui, le mani dei mercanti,
    il sudore acre degli immigranti, il pesante passo
    dei turisti, nulla manca, geografia
    devastata, testarda presenza, sogno ostinato.
    Oh, Roma, sei il compendio del cosmo, un corpo
    da donna amata lacerata e allucinato.
    II
    Quando la notte discende su Roma si sentono
    le voci di Cesare tra le rovine del teatro
    di Pompeo. Si aspira l'odore arrostito
    di Bruno a Campo de' Fiori. Quando l'oscurità
    si avvicina alle oscure correnti del Tevere,
    le luci sprofondano nei labirinti del ghetto
    e le ombre si alzano sull'isola inferma.
    La notte si dissolve negli angoli di Roma.
    Via Appia, dì per favore, quale fra tutte è quella porta
    che amaramente si lamentava di lotte
    notturne, e di essere colpita da mani
    indegne, e di essere adornata con ghirlande
    oscene. Più crudele alcune volte della crudele Cinzia
    che giaceva nel petto fortunato
    di un altro, quando, le vaghe stelle e lo zefiro
    s'impietosivano dell'amante respinto, dì, qual è?
    III
    A Roma la luce viaggia da Porta Maggiore
    fino all'acqua dove si abbevera il cavallo di Polluce.
    La luminosità si muove sulle basiliche,
    penetra e illumina l'alto dorato dei templi,
    sale sulle colonne, riposa nei giardini,
    prima di abbandonarsi alle ampie scalinate
    vittoriose. Nulla al mondo è comparabile:
    La luce di Roma, il miglior dono degli dei.
    All'alba, Roma è così bella come
    i tuoi occhi d'argento. Le case e i palazzi
    fluttuano sulle torri, le rovine si svegliano,
    le fontane arrivano sospese dal vento
    e la memoria gira al centro delle piazze:
    la luce rosa dell'aurora si avvicina e accarezza
    i corpi degli amanti. All'alba
    Roma è così bella come i tuoi occhi d'argento.

    ---
    HELENA
    Mañana se cumplen diez años de mi llegada
    a esta ciudad sin destino. Los señores griegos
    no han podido con las torres sin fin y murallas
    de la patria de Príamo. Los conozco a todos,
    los he atendido en mi casa de Lacedemonia.
    Ese es Agamenón, mi poderoso cuñado,
    imprudente monarca y matador de hijas,
    el más engañado de los aqueos, causará
    la ruina de su familia cuando regrese a Argos.

    Aquel es Odiseo, el hijo astuto de Laertes,
    experto en trampas y el primero de los burgueses,
    no imagina lo que le falta, lo que le espera
    antes de regresar a Itaca y abrazar a su padre.
    El obstinado Aquiles, delicado y efímero,
    me da lástima, el único entre ellos que conoce
    su destino: no volverá a cruzar el vinoso
    ponto que lo condujo a esta tierra de teucros.

    Así, unos más, otros menos, se han hospedado
    en mi palacio. Para no hablar de Ayax y Diomedes.
    Nunca pensaron que se iban a demorar tanto,
    juraban estar de regreso para diciembre,
    adornar el árbol con el tesoro de Príamo,
    cada uno con su esclava, que es como llaman
    a las concubinas que nos traen a las casas.

    Pero el fin está cerca. Héctor se despidió
    de su pobre esposa. Al consentido de Aquileo,
    Patroclo, le cortaron ya el aire y las venas,
    Paris pule el afilado dardo que hiere de lejos,
    su muerte envenenada se le nota en los ojos,
    no me arrepiento de haber sido su amante,
    hemos pasado juntos buenos días y noches,
    lo volvería a hacer pero sin tanto escándalo.

    Ahora el fin está cerca. Casandra llora y predice
    pero nadie le hace caso. Los cielos de Troya
    huelen a muerte y sangre coagulada. Puedo ver
    las llamas asomándose al lecho de los niños,
    ese olor acre a carne quemada en las chimeneas.

    Troya VII se prepara a vivir bajo tierra
    durante miles de años, el polvo sobre el polvo.
    Volveré a Grecia al lado del rubio Menelao
    y de nuevo habré de ser seducida y raptada,
    no sé por quién ni cuándo, pero sé que será así,
    por todos los siglos de los siglos. Amén.

    ELENA
    Domani saranno dieci anni dal mio arrivo
    in questa città senza destino. I signori greci
    non ce l'han fatta con le torri senza fine né con le mura
    della patria di Priamo. Li conosco tutti,
    li ho accolti nella mia casa a Lacedemonia.
    Quello è Agamennone, il mio potente cognato,
    imprudente monarca e uccisore di figlie,
    il più ingannato degli Achei, causerà
    la rovina della sua famiglia quando tornerà ad Argos.

    Questo è Odisseo, il figlio astuto di Laerte,
    esperto in trappole e il primo dei borghesi,
    non immagina cosa gli manca, e ciò che lo attende
    prima di ritornare a Itaca e abbracciare suo padre.
    L'ostinato Achille, delicato ed effimero,
    mi fa pena, l'unico tra loro che conosca
    il suo destino: non attraverserà di nuovo il vinoso
    ponto che lo ha condotto in questa terra di teucri.

    Così, alcuni di più, altri di meno, sono stati ospitati
    nel mio palazzo. Per non parlare di Aiace e Diomede.
    Non avrebbero mai pensato di metterci così tanto tempo,
    hanno giurato di essere di ritorno a dicembre,
    decorare l'albero con il tesoro di Priamo,
    ognuno con la sua schiava, così come chiamano
    le concubine che ci portano nelle case.

    Ma la fine è vicina. Ettore ha salutato
    la sua povera sposa. Al viziato di Achilleo,
    Patroclo, gli han già tagliato l'aria e le vene,
    Paride lucida l'affilato dardo che ferisce da lontano,
    la sua morte avvelenata gli si vede negli occhi,
    non mi pento di essere stata la sua amante,
    abbiamo trascorso insieme dei bei giorni e notti,
    lo rifarei ma senza tanto scandalo.

    Ora la fine è vicina. Cassandra piange e predice
    ma nessuno le dà retta. I cieli di Troia
    hanno odor di morte e sangue coagulato. Posso vedere
    le fiamme spuntare dal letto dei bambini,
    quell'odore acre di carne bruciata nei camini.

    Troia VII si prepara a vivere sottoterra
    per migliaia di anni, polvere sulla polvere.
    Tornerò in Grecia accanto al biondo Menelao
    e di nuovo sarò sedotta e rapita,
    non so da chi né quando, ma so che sarà così,
    per tutti i secoli dei secoli. Amen.
     

     

     

     

     

  • SEGRETERIA DELLE URGENZE
    DI JORGE MUZAN

    data: 21/10/2020 14:13

    Ecco un testo molto originale di Jorge Muzam, lo scrittore cileno, nato a San Fabián de Alico nel 1972, di cui abbiamo già pubblicato qualcosa in questa sede. Un autore, davvero molto interessante, che non risponde ai soliti cliché di molti scrittori della sua generazione.

    SECRETARÍA DE LAS URGENCIAS

    Nunca me he dado el tiempo para llorar todo lo que debo llorar. Mis errores, pérdidas, alejamientos, ausencias. Los funerales de cada uno de mis yoes que han ido muriendo de tristeza. Mis muertos sanguíneos. Los que algo contribuyeron con un desayuno o un plato de lentejas en inviernos fríos. Mis muertos creadores. Los hermanos de todas las épocas de quienes más aprendí.

    No he podido llorar. Darme el tiempo. El estallido de mi garganta, de mis sienes, de mis manos a todos los cielos e infiernos. No me es posible llorar junto a las piedras de un estero que cada día trae menos agua. No puedo hacerlo. Siempre hay funcionarios de la vida husmeando, apurando, poniendo el pause a toda congoja, porque la secretaría de las urgencias advierten terminantes, que no hay tiempo para boludeces.


    SEGRETERIA DELLE URGENZE

    Non mi sono mai dato la pena di piangere per tutto ciò che devo piangere. I miei errori, perdite, allontanamenti, assenze. I funerali di ognuno dei miei io, che un po' alla volta sono morti di tristezza. I miei morti consanguinei. Quelli che hanno contribuito con qualcosa, una colazione o un piatto di lenticchie nei freddi inverni. I miei morti creatori. I fratelli di tutte le epoche dai quali ho più imparato.

    Non ho potuto piangere. Prendermi il tempo. L'esplosione della mia gola, delle mie tempie, delle mie mani, rivolto a tutti i cieli e inferni. Non mi è possibile piangere accanto alle pietre di un ruscello, che ogni giorno porta meno acqua. Non posso farlo. Ci sono sempre funzionari della vita che annusano, affrettano, mettono pausa a ogni angoscia, perché la segreteria delle emergenze avverte tassativamente, che non c'è tempo per le scempiaggini.
     

  • LE PAROLE DANZANO
    NEI TESTI POETICI
    DI JESUS ENRIQUE BARRIOS

    data: 01/09/2020 18:54

    Questo 7 settembre sarà il primo anniversario della scomparsa dello scrittore venezuelano Jesús Enrique Barrios (1936-2019). Lo vogliamo ricordare con una selezione di testi suoi, tradotti in italiano da Marcela Filippi Plaza e una breve nota di presentazione del Professor Freddy Castillo Castellanos)

    Presentazione di Freddy Castillo Castellanos
    Per il suo incorruttibile amore per la poesia, Jesús Enrique Barrios fu da questa felicemente retribuito. Sovente gli si presentava senza veli per ricevere dal suo spirito una veste di uccello o di rosa, di pesce o di nuvola, sempre per mezzo di una parola inaspettata e accesa. Da un anno stanno insieme per sempre o, forse, aspettano nuove migrazioni. Dio saprà, "anche se non tanto", come direbbe lo stesso Poeta.
    Le brevi linee precedenti non sono altro che un tentativo (probabilmente fallito) di avvicinarmi a uno degli inconfondibili toni di Jesús Enrique, nel cui discorso, pronunciato o scritto, le parole danzano e inventano nuovi passi, come dimostrato dalla figlia Isabel ogni volta che si presenta su uno scenario per ballare la poesia di suo padre. Non vado ora a imitare i toni, né la rassegna delle caratteristiche principali che apprezzo nella sua scrittura. Voglio semplicemente ricordare alcuni tratti della sua persona e del suo lavoro che considero ineludibili.
    Il poeta Barrios, senza arie da maestro, fu, in verità, sottilmente e gentilmente un uomo che distribuiva conoscenza. Diverse generazioni di studenti universitari lo ricordano con ammirazione e gratitudine. Ma non solo loro. Anche i suoi amici, ai quali in piacevoli conversazioni elargiva l'universo di numerose letture, possono - possiamo - evocare la fortuna di averlo avuto come guida generosa e opportuna. Non smise mai di rispondere a una domanda, se al momento non disponeva delle informazioni precise per la risposta; ci regalava sempre una saggia riflessione che risultava sufficiente.
    Letteratura e filosofia furono un corpo unico nelle sue ricerche intellettuali, è da lì che la sua poesia corre a metà strada tra la lira e il pensiero. Se qualche tema teologico lo occupava, si appellava a una sentenza irriverente per risolverlo, senza mai perdere la logica impeccabile della sua ragione poetica. Tuttavia, a volte ci sorprendeva con una metafora che fuggiva dal suo riferimento originale e ci conduceva a nuove zone del mistero. Perché, appunto, il poeta Barrios voleva preservare misteri, non provare conclusioni che sapeva essere provvisorie. Cercava di aggiungere nuove domande e arricchire quelle vecchie, come aveva imparato da Borges e da Kafka, le cui opere non smise mai di frequentare.
    Le sue poesie in prosa e in versi, i suoi aforismi, i suoi racconti e i suoi saggi, sono la testimonianza di una vita consegnata senza sosta alla parola. Questa selezione proviene da vari libri pubblicati del poeta. Comprende anche alcuni testi inediti. Ci auguriamo che sia una cernita rappresentativa delle costanti espressive dell'autore.

    --
    POESIE DI JESÚS ENRIQUE BARRIOS
    IL SILENZIO RIVENDICA I MIEI PRESAGI
    Il silenzio rivendica i miei presagi. Le uscite sono controllate. Non ho avuto voglia di trionfare. Non ho avuto voglia di restare. Quando la luce mi ha decretato guerra, conosceva già la sufficienza delle mie tenebre. Non ho aspirato ad altri tradimenti: mi bastano i miei. Da ogni dove estraggono il castigo e me lo fanno leggere sul menù del giorno. Me lo strizzano quasi sul volto. In questi casi il pane va verso il carbone e la terra esala la sua letale vendetta.
    (Cualquier itinerario, 1992)

    DOV’È PEPE BARROETA?
    Lo hanno visto quando faceva innamorare i riflessi della luna. Lo hanno visto nella tempesta mentre parlava con un angelo.
    Ad ogni caduta si innamorava di nuovo. Smise di pensare per seguire il volo degli uccelli. Si arrese alla condanna come chi nutre le api. In lui si accumulavano i misteri e la nostalgia delle nebbie. Camminava da solo, spiga innamorata tra le follie della notte e in mezzo alle trappole del cammino, senza alterare la giornata. Da solo, all'origine delle distanze proibite.
    Fino al limite delle lingue invitava a risolvere le differenze. Portava il dolore di un albero abbattuto e tuttavia lo videro resuscitare gesta al ricevimento dei maghi. Portava la sostanza dei momenti più tristi. Staccava verbi dalla roccia e con una lacrima scavava nella profondità della vita. Immagazzinava incanti proibiti. Girava da solo e rideva persino negli occhi dell'uccello.
    Nella sua lingua di metà giornata diceva della vita sempre più vita ... parlava anche di un nido accanto ai sassi e di una nuvola gravida dei loro canti.
    Era pane e chitarra innamorato del ventre delle donne.
    Era il ritmo dei desideri tra le onde del mare.
    E alla fine dell'incontro, accendeva una lanterna e svegliava i contenuti del mattino.
    (Usada poesía, 1994. Questa poesia è stata scritta nel 1964)
    -
    QUASI NIENTE
    Quasi niente:
    l'universo e te.
    Quasi sempre:
    la tua assenza e me.
    (Por rastros y raudales. 1995)

    LE TUE SCARPE
    Le tue scarpe, sulle impronte della strada,
    i tuoi indumenti, nel fondo dei mari,
    i tuoi vestiti, al vento del deserto.
    Nei tuoi seni un acquazzone immenso
    e nel fiore del tuo universo
    un vortice di abissi impossibili
    affinché la musica di Dio
    mi restituisca gli originali
    di questo sogno.
    (Por rastros y raudales, 1995)

    DENTRO DI ME ESISTONO ALBERI
    Dentro di me esistono alberi. Dentro l'albero c'è vita di metalli. Nel metallo c'è vita di animali. Dentro l'animale convive l'affine. E simile all'uomo sono gli angeli. Dentro l'angelo ci sono degli dei: volo azzurro di estasi umano. Dentro Dio ci sono le illusioni. Nell'illusione c'è anche una bestia e quando tutti si mettono in gioco i propri destini, appare questo male e questo bene con cui vivo scommettendo sul nulla e il suo universo.
    (Ahogo y desahogo.1997)

    MORÌ IN FRETTA
    Morì in fretta, come se da sempre avesse conosciuto l'eternità. Intonò un inno antico e sparì tra il fuoco di un vulcano e le acque del mare. Sintetizzò la sua vita in un battito d'ali di un effimero volo intorno all'amore e nel tono magico di un colore che non aveva spazio nella realtà e neanche nelle possibilità dell'aldilà. Per questo la sua vocazione al silenzio. Le foglie cadute e le cime innevate permisero che rubasse un'onda e oltre le nuvole si sedesse a scrivere tutti i suoi lamenti. Da ciò quella distanza nei suoi occhi, quel rumore nelle sue orecchie e quell'addio col sorriso di una rosa nella sua voce ... E così l'eternità delle sue orme.
    (Otras contradicciones, 2000)

    NON CONOSCO LA DEFINIZIONE DELLA POESIA
    Non conosco la definizione della poesia. Ma questa sera, di fronte al mare, un gabbiano mi dà una forma, che di volta in volta completa la sua armonia e va oltre i vaticini, si arrampica su un'onda e si addentra nella sabbia della spiaggia. Piena di gioia disegna un applauso e annida nel suo proprio volo, per risvegliare il fascino di un concerto di J. S. Bach nelle orecchie del silenzio. Questa sottile oreficeria di sensibilità sprofonda nel mio respiro. Con delicata crudeltà, copia del rituale della nascita, slaccia il mio petto e lo riempie d'amore ... Quindi corrobora la mia adesione al verso. E con il peso del suo volo nella mia coscienza cado sempre verso ..., dove, precisamente, la poesia fonda la propria eternità.
    (Con mis errores, 2005)

    ARMONIA È L'UCCELLO
    L'armonia è l'uccello
    nel suo volo e nel suo canto,
    ma il suo silenzio non è inferiore
    di quando canta e vola,
    perché la massima armonia
    è l'uccello in silenzio.
    (Choque de versos, 2010)

    VOGLIO UN PORTO ERRANTE
    Voglio un porto errante con un'onda senza sponde. Voglio il dattero dell'incontro. Voglio la gioia della tua bocca. Voglio la tua dimora di stupori, dove pascoli i miei ricordi. Voglio girare il vento per raccogliere la tua voce nelle mie ancestrali emozioni. Voglio che mi guidi in questo labirinto. Voglio un lungo addio della tua giovinezza nella mia vecchiaia e la meraviglia di non conoscere la mia morte ora e la tua vita sempre.
    (La insaciable fantasía. Inedito)

    LA MORTE È UN ISTANTE
    La morte è un istante e niente di più. E' carente di rotta e durata. Cade nel nulla e non la muove nessuno. Non conosce limiti ed è letalmente innamorata di tutto ciò che nasce e vive. Per ciò, quando mi rendo conto della sua presenza, la celebro e metto a sua disposizione ognuna delle mie mattine, sere e notti. Sicuramente la morte ci vizia tutti.
    (inedito)

    NELLA STRADA WHITMAN
    Al nro 33 della strada Whitman, c'è la Biblioteca "Dio". Entro e mi incontro col suo direttore, il signor Arpur; Lo interrogo e lui, gentilmente, mi dice: “In questo settore di sinistra ci sono più di 390.000 libri che negano l'esistenza di Dio. E nel settore a destra ci sono 510.000 libri che affermano l'esistenza di Dio "

    -Molto bene- rispondo. Umanamente e statisticamente, Dio esiste. Per questo sono venuto da così lontano , calcoli lei, da Urica, un piccolo paesino del Venezuela. Molte grazie.
    (Inedito)

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    LA POESIA DE JESÚS ENRIQUE BARRIOS
    Jesús Enrique Barrios (Venezuela, 1936-2019)
    (Con motivo de cumplirse el próximo 7 de septiembre un año de la muerte del escritor venezolano Jesús Enrique Barrios, lo recordamos hoy en esta página con una selección de textos suyos, traducidos al italiano por Marcela Filippi Plaza y con una breve nota de presentación del profesor Freddy Castillo Castellanos)


    Presentación
    Por su insobornable amor a la poesía, Jesús Enrique Barrios fue gratamente retribuido por ella. Solía presentársele desnuda para recibir de su alma alguna vestidura de ave o de rosa, de pez o de nube, siempre mediante una palabra inesperada y encendida. Desde hace un año están juntos para siempre o tal vez esperando nuevas migraciones. Dios sabrá, “aunque no tanto”, como diría el propio Poeta.
    Las breves líneas precedentes no son más que un intento (probablemente fallido) de acercarme a uno de los inconfundibles tonos del Jesús Enrique, en cuyo discurso, hablado o escrito, las palabras danzan e inventan nuevos pasos, como lo demuestra su hija Isabel cada vez que sale a un escenario para bailar la poesía de su padre. Bien. No voy a irme ahora por la imitación de tonos, ni tampoco por la reseña de los principales rasgos que aprecio en su escritura. Simplemente, voy a recordar algunos rasgos de su persona y de su obra que estimo ineludibles.
    El poeta Barrios, sin aires de maestro, fue, en verdad, sutil y amablemente un hombre que repartía conocimientos. Varias generaciones de estudiantes universitarios lo recuerdan con admiración y gratitud. Pero no sólo ellos. También, sus amigos, a quienes en amenas charlas fue prodigándoles el universo de sus muchas lecturas, pueden –podemos- evocar la fortuna de haberlo tenido como guía generoso y oportuno. Nunca dejaba de responder una pregunta. Si no tenía en el momento el dato preciso para la respuesta, siempre nos regalaba una sabia reflexión que resultaba suficiente.
    Literatura y filosofía fueron un solo cuerpo en sus búsquedas intelectuales, de allí que su poesía discurre a medio camino entre la lira y el pensamiento. Si algún tema teológico lo ocupaba, apelaba a una sentencia irreverente para resolverlo, sin perder nunca la lógica impecable de su razón poética. Sin embargo, a veces nos sorprendía con una metáfora que huía de su referente original y nos llevaba hacia nuevas zonas del misterio. Porque, precisamente, el poeta Barrios quería preservar misterios, no ensayar conclusiones que sabía provisorias. Procuraba añadir nuevas preguntas y enriquecer las viejas, como había aprendido de Borges y de Kafka, cuyas obras nunca dejó de frecuentar.
    Sus poemas en prosa y en verso, sus aforismos, sus relatos y sus ensayos, son el testimonio de una vida entregada sin pausa a la palabra. Esta selección proviene de diversos libros publicados del poeta. Incluye también algunos textos inéditos. Esperamos que sea una muestra representativa de las constantes expresivas del autor.
    Freddy Castillo Castellanos
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    POEMAS DE JESÚS ENRIQUE BARRIOS
    EL SILENCIO VINDICA MIS PRESAGIOS
    El silencio vindica mis presagios. Las salidas están controladas. No he sentido ganas de triunfar. No he sentido ganas de quedarme. Cuando la luz me decretó la guerra, ya sabía de la suficiencia de mis tinieblas. No he aspirado a otras traiciones: me basta con las mías. De todas partes sacan el castigo y me lo hacen leer en el menú diario. Casi me lo estrujan en el rostro. En tales casos el pan pasa de largo hacia el carbón y la tierra exhala su letal venganza.
    (Cualquier itinerario, 1992)

    ¿DÓNDE ESTÁ PEPE BARROETA?
    Lo vieron cuando enamoraba los reflejos de la luna. Lo vieron en la tormenta mientras conversaba con un ángel.
    A cada golpe volvía a enamorarse. Dejó de pensar para seguir el vuelo de las aves. Se entregó a la condena como quien alimenta a las abejas. En él se amontonaban los misterios y la nostalgia de las nieblas. Andaba solo, espiga enamorada en las locuras de la noche y en las tretas del camino, sin alterar la jornada. Solo, en el origen de las distancias prohibidas.
    Hasta el final de los idiomas invitaba a resolver las diferencias. Llevaba el dolor de un árbol derribado y sin embargo lo vieron resucitando hazañas en el convite de los magos. Llevaba la sustancia de los momentos más tristes. Despegaba verbos de las rocas y con una lágrima escarbaba en las profundidades de la vida. Almacenaba encantos prohibidos. Andaba solo y llegó a reírse en los ojos del pájaro.
    En su lenguaje de mediodía decía de la vida siempre más vida… también decía de un nido al lado de las piedras y de una nube preñada de sus cantos.
    Era pan y guitarra enamorado del vientre de las mujeres.
    Era el ritmo de los deseos en los oleajes del mar.
    Y al término del encuentro encendía el farol y despertaba los contenidos de la mañana.
    (Usada poesía, 1994. Este poema fue escrito en 1964)

    CASI NADA
    Casi nada:
    el universo y tú.
    Casi siempre:
    tu ausencia y yo.
    (Por rastros y raudales. 1995)

    TUS ZAPATOS
    Tus zapatos, a las huellas del camino,
    tus prendas, al fondo de los mares,
    tus vestidos, al viento del desierto.
    En tus senos un aguacero inmenso
    y en la flor de tu universo
    un vértigo de abismos imposibles
    para que la música de Dios
    me devuelva los originales
    de este sueño.
    (Por rastros y raudales, 1995)

    DENTRO DE MÍ EXISTEN ÁRBOLES
    Dentro de mí existen árboles. Dentro del árbol hay vida de metales. En el metal hay vida de animales. Dentro del animal convive el semejante. Y semejante al hombre son los ángeles. Dentro del ángel hay dioses: vuelo azul del éxtasis humano. Dentro de Dios están las ilusiones. En la ilusión también hay una bestia y cuando todos se ponen a jugar sus destinos aparece este mal y este bien con que vivo apostando a la nada y su universo.
    (Ahogo y desahogo. 1997)

    SE MURIÓ DE PRISA
    Se murió de prisa, como si desde siempre conociera la eternidad. Entonó un himno antiguo y desapareció entre el fuego de un volcán y las aguas del mar. Resumió su vida en el aleteo de un efímero vuelo alrededor del amor y en el tono mágico de un color que no tenía cabida ni en la realidad ni en las posibilidades del más allá. Por eso su vocación por el silencio, las hojas caídas y las alturas nevadas permitieron que se robara una ola y más allá de las nubes se sentara a escribir todos sus lamentos. De ahí esa lejanía en sus ojos, ese rumor remoto en sus oídos y ese adiós con la risa de una rosa en su voz… Y así la eternidad en sus huellas.
    (Otras contradicciones, 2000)

    DESCONOZCO LA DEFINICIÓN DE LA POESÍA
    Desconozco la definición de la poesía. Pero esta tarde, frente al mar una gaviota me da una forma, que a cada rato completa su armonía y salta por encima de los vaticinios, se encarama en una ola y profundiza en las arenas de la playa. Llena de alegría dibuja un aplauso y anida en su propio vuelo, para despertar los encantos de un concierto de J. S. Bach en los oídos del silencio. Esta sutil orfebrería de la sensibilidad se hunde en mi respiración. Con delicado ensañamiento copia del ritual del nacimiento, desabrocha mi pecho y lo llena de amor… Entonces corrobora mi adhesión al verso. Y con el peso de su vuelo en mi conciencia caigo hacia siempre…, donde, precisamente, la poesía funda su propia eternidad.
    (Con mis errores, 2005)

    ARMONÍA ES EL PÁJARO
    Armonía es el pájaro
    en su vuelo y en su canto,
    pero su silencio no es menor
    que cuando canta y vuela,
    porque la máxima armonía
    es el pájaro en silencio.
    (Choque de versos, 2010)

    QUIERO UN PUERTO ERRANTE
    Quiero un puerto errante con una ola sin orillas. Quiero el dátil del encuentro. Quiero el regocijo de tu boca. Quiero tu morada de asombros, donde pastoreas a mis recuerdos. Quiero voltear el viento para cosechar tu voz en mis ancestrales emociones. Quiero que me guíes en este laberinto. Quiero una larga despedida de tu juventud en mi vejez y la maravilla de no saber mi muerte ahora y tu vida siempre.
    (La insaciable fantasía. Inédito)

    LA MUERTE ES UN INSTANTE
    La muerte es un instante y nada más. Carece de rumbo y duración. Cae en la nada y no la mueve nadie. No conoce límite y está letalmente enamorada de todo lo que nace y vive. Por eso, cuando me doy cuenta de su presencia, la celebro y le pongo a la orden cualquiera de mis mañanas, tardes y noches. Definitivamente la muerte nos consiente a todos.
    (Inédito)

    EN LA CALLE WHITMAN
    En la calle Whitman No. 33, queda la Biblioteca “Dios”. Entro y me entrevisto con su director, Sr. Arpur; lo interrogo y él, afablemente, me dice: “En este sector de la izquierda hay más de 390.000 libros que niegan la existencia de Dios. Y en el sector de la derecha, hay 510.000 libros que afirman la existencia de Dios”
    -Muy bien –le respondo. Humana y estadísticamente, Dios existe. A esto he venido de tan lejos, calcule usted, de Urica, un pueblito de Venezuela. Muchas gracias.
    (Inédito)

     

  • SETTE FACCONTI BREVI
    ANZI BREVISSIMI
    DI JORGE MUZAM

    data: 14/08/2020 17:46

    Pubblichiamo sette "racconti brevi" di Jorge Muzam, scrittore cileno, nato a San Fabian di Alico nel 1972. Traduzioni di Marcela Filippi Plaza.

    Narràndome
    Más que contar, me cuento. Es mi inclinación afortunada o nefasta, dependiendo del ánimo o la distancia con que se observe. El resto es adherencia, contexto, conjetura. Los colores van por cuenta de Nabokov. Es decir, a él le debo la importancia de ese aspecto narrativo. Y a Rulfo la inmensidad de un mundo hostil e inevitable. A Bukowski cierto cinismo, cierta orfandad de pugilista arrinconado. De Philip Roth intento adquirir su experticia para bucear en el alma compleja. Allí donde la moral o la religión son meras excusas de superficie para sobrevivir o doblegar a otros. De Joseph Roth, el santo bebedor, su ternura para retratar personajes que no encuentran su sitio. De Henry Miller, su chisporroteo nihilista. De Céline su poesía. De Foster Wallace su meticulosidad extravagante. De Joyce, su humor. A Kenzaburo Oé le debo la niebla que palpa los cerros, cierta perplejidad resignada ante el horror y no poca humildad. A Bashevis Singer, la escafandra ciega para respirar en un mundo tan injustamente usual.

    Narrandomi
    Più che raccontare, mi racconto. E’ la mia inclinazione fortunata o nefasta, a seconda dell’animo o della distanza da cui si osservi. Il resto è adesione, contesto, congettura. I colori sono grazie a Nabokov. Vale a dire, è a lui che debbo l’importanza di quell’aspetto narrativo. E a Rulfo, l’immensità di un mondo ostile e inevitabile. A Bukowski un certo cinismo, certa orfanilità da pugile messo all’angolo. Da Philip Roth cerco di acquisire la sua perizia per fare immersioni nell’anima complessa. Lì dove la moralità o la religione sono semplici scuse di superficie per sopravvivere o per piegare gli altri. Da Joseph Roth, il santo bevitore, la sua tenerezza nel ritrarre personaggi che non trovano il loro posto. Da Henry Miller, il suo prorompente nichilismo. Da Céline, la sua poesia. Da Foster Wallace la sua stravagante meticolosità. Da Joyce, il suo umorismo. A Kenzaburo Oé gli debbo la nebbia che palpa le colline, una certa perplessità rassegnata di fronte all’orrore e, non poca umiltà. A Bashevis Singer, il cieco scafandro per respirare in un mondo così ingiustamente usuale.

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    LUCHA DE CLASES CANINA
    Pillín, Cholo, Boby y Terry son los nombres habituales de los perros quiltros nacidos en Chile. Son los llamados mestizos. Sobrevivientes de mil peleas callejeras, acostumbrados al frío, al hambre y al vagabundeo. Suelen deambular por las calles, miran con ojos de pena a los niñitos que salen de los McDonalds, esperan la luz verde de los semáforos y supervisan los desfiles públicos. Cuando alguien se siente perturbado por su presencia, simplemente les espeta: ¡anda a echarte mierda! Llamarse Cholo es como llamarse Juan en humano, Pillín equivale a Pedro, Boby a Luis y Terry a José.
    Pero tal como entre los humanos, entre los perros también hay estrictas divisiones sociales. Los quiltros son la clase baja, la indigente, la despojada, el pueblo explotado que sobrevive lamiendo huesitos roídos.
    La clase media son los perros guardianes, los enormes rotwaillers, los pitbull, los bulldog, los pastores alemanes y los doberman. Ellos prestan un servicio de seguridad a los aspiracionistas que compran enormes viviendas que casi no tienen patio, y a los delincuentes que deben disuadir a los otros delincuentes de las quitadas de droga. Cuando el aspiracionista pierde el trabajo o cae en desgracia, simplemente se deshace del perro dejándolo tirado en caminos rurales. Los delincuentes se los comen asados.
    La aristocracia perruna corresponde a los afganos, chow chow, poodles, beagles y hasta los chihuahua. Suelen llamarse Edgard, Sophie o Elizabeth, y tienen privilegios incluso superiores a los de un parlamentario (lo cual parece imposible) La aristocracia perruna ha ido creciendo a la par que los nuevos ricos. En Chile se les llama "perros de raza" y confieren estatus a quien los ostente en los parques. Decir “de raza” basta para henchir el corazón y el culo de sus dueños. Poseer un perro de raza implica generar condiciones ambientales y alimenticias para el óptimo desenvolvimiento de los músculos e intestinos del can.
    De esta forma, semanalmente tienen horas reservadas para baño, peinado, masaje, limaje de uñas y psicólogo en exclusivos centros de belleza canina. Conjuntamente, se le compran accesorios deportivos para que el señor perro haga deporte en casa, bien manufacturadas vestimentas para cubrir sus lomos, huesos artificiales sin grasa para sus dientes, juguetes para que no se aburra y comida especial para que su mierda no huela a mierda.
    Por lo demás, el árbol genealógico del perro (inventado o legítimo) debe demostrar con rotunda claridad que en algún momento tuvo antepasados nobles que ladraban en inglés. Por esto, resulta natural que el perro se siente cuando le dicen ¡Sit down!

    LOTTA DI CLASSE CANINA
    Pillín, Cholo, Boby e Terry sono i soliti nomi dei cani bastardi nati in Cile. Sono i cosiddetti meticci. Sopravvissuti a mille litigi di strada, abituati al freddo, alla fame e al vagabondaggio. Sono soliti deambulare per le strade, guardando con occhi di pena i bambini che escono dai McDonalds, aspettano la luce verde dei semafori e vigilano le sfilate pubbliche. Quando qualcuno si sente disturbato dalla loro presenza, semplicemente li infilza: vattene via stronzo! Chiamarsi Cholo è come chiamarsi Giovanni in chiave umana, Pillín equivale a Pietro, Boby a Luigi e Terry a Giuseppe.
    Ma, come tra gli esseri umani, anche tra i cani ci sono rigorose divisioni sociali. I bastardi sono la classe bassa, quella indigente, quella diseredata, il popolo sfruttato che sopravvive leccando piccoli ossi rosicchiati.
    La classe media sono i cani da guardia, gli enormi rotwaillers, i pitbull, i bulldog, i pastori tedeschi e i dobermann. Essi prestano un servizio di sicurezza gli aspiranti che comprano enormi case che non hanno quasi cortile, e ai delinquenti che devono dissuadere altri delinquenti dai furti di droga. Quando il concorrente perde il lavoro o cade in disgrazia, semplicemente si libera del cane abbandonandolo sulle strade rurali. I delinquenti se li mangiano arrosto.
    L'aristocrazia canina corrisponde agli afgani, chow chow, barboncini, beagles e perfino i chihuahua. Si chiamano solitamente Edgard, Sophie o Elizabeth, e hanno privilegi anche superiori a quelli di un parlamentare (che sembra impossibile). L'aristocrazia canina è cresciuta alla pari dei nuovi ricchi. In Cile li si definisce "cani di razza" e conferiscono status a chi li ostenta nei parchi. Dire "razza" è sufficiente per gonfiare il cuore e il culo dei suoi rispettivi padroni. Possedere un cane di razza comporta la creazione di condizioni ambientali e nutrizionali per lo sviluppo ottimale dei muscoli e intestini del cane.
    Inoltre, hanno ore settimanali riservate per il bagno, pettinatura, massaggio, limatura di unghie e psicologo, in centri esclusivi di bellezza canina. Congiuntamente, gli si compra accessori sportivi perché il signor cane faccia sport in casa, vestimenta ben rifinite per coprire i suoi lombi, ossi artificiali senza grasso per i suoi denti, giocattoli perché non si annoi e cibo speciale per evitare che la sua merda puzzi di merda.
    Inoltre, l’albero genealogico del cane di razza (inventato o legittimo) deve dimostrare con evidente chiarezza che una volta aveva antenati nobili che abbaiavano in inglese. Pertanto, risulta naturale che il cane si sieda quando gli dicono, sit down!

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    PADRES E HIJOS

    Pienso en la vida cotidiana de los Madrazo. Tantos pintores geniales en una sola familia. José, y sus hijos Federico, Pedro y Luis, y luego, años más tarde, un nieto, Mariano. Todos creando fraternalmente al amparo de un mismo apellido, en un mismo hogar, junto al mismo fogón, compartiendo pinceles, acuarelas, hallazgos estéticos y los alientos de un palmoteo orgulloso. 

    Pienso en Dumas padre y Dumas hijo, ambos escribiendo bajo una vela, bebiendo el mismo vino, creando mano a mano las historias que se harán inmortales.
    Tuve un profesor en la universidad, Cristián Guerrero Yoacham. Dictaba la cátedra de Historia de América. En algún momento confluyó con su hijo, de igual nombre y también académico, aunque especialista en Historia de Chile. El hijo había llegado a ser Doctor en Historia antes que el padre. Los veía en el estrado, dos luminarias hablando sobre teorías de la historia, y a ratos, el papá, sin poder aguantarse su orgullo ni su condición de padre, le hablaba a su hijo como a un pequeño travieso sorprendido en falta.
    La madre del Ché Guevara era sobreprotectora como la mayoría de las madres. A Ernesto lo veía enfermizo, incapaz de enfrentar los desafíos de la vida. Si hubiese sido por ella lo habría cuidado con esmero todo el tiempo posible. Pero su padre, el padre del Ché, ya veía en él los trazos de la grandeza, podía escarbar en su mirada, adivinar gestos, actitudes, percibir habilidades y el carácter suficiente para imponer su sueño. Los años demostraron que el padre tenía razón.
    Veo el caso del Julian Lennon. Claudio Rodríguez escribió sobre eso. Su padre no lo tomó mucho en cuenta, y Julian anduvo a la deriva, mendigando atención, abrazos de amigos de su padre, de desconocidos, porque el gran John no tenía tiempo, y luego vino Yoko, y el círculo se cerró sin Julian.
    Thomas y Klaus Mann, padre e hijo, ambos escritores, tuvieron una relación difícil. Klaus no podía deshacerse de la poderosa sombra de su padre, escribía de forma compulsiva, y al padre no le gustaba lo que escribía, no lo valoraba. Klaus sufría ante este desdén paterno. Duró poco. Se mató un día cualquiera, muy temprano. Pasaron aún muchos años antes que se empezara a reparar en sus obras, y muchos más para que los lectores y críticos del mundo entendieran que no era inferior a su padre, sólo distinto.
    Tengo dos hijos que son mis soles, mi aliento de vida, la primavera eterna en la mirada. Cuando vivía con ellos soñábamos juntos y nos reíamos muchísimo. Leíamos libros divertidos, y también historias que adelantaban la complejidad de la vida adulta. Llegué a soñar que entre los tres iniciaríamos una larga tradición de intelectuales rebeldes. Yo veía el genio en sus ojos, la viveza de sus miradas, las habilidades a flor de piel. Tenían todo para alcanzar las estrellas más lejanas, y esto seguro de que lo lograrán, a su manera, como universos autónomos.
    No provengo de una familia de intelectuales. Junto a mi madre solíamos leer lo que llegaba a nuestras manos. Papeles de envoltorio, revistas viejas. No teníamos libros. Apenas algo de comida y muebles roñosos. En casa de mi abuelastro sí había libros, y en abundancia. El era un policía autodidacta, su ambición de conocimiento provenía de él mismo. Compraba libros compulsivamente, ediciones caras, sin atención a su presupuesto de funcionario público. Y así, mes a mes, y año tras año, fue armando una biblioteca de miles de libros, lo mejor del conocimiento, desde medicina hasta arquitectura, desde literatura hasta astronomía. Gracias a esa biblioteca pude leer con avidez y desorden lo que fui encontrando. También con cierta arrogancia, porque lo que leía adquiría pleno sentido para mí, y lo relacionaba con otras lecturas, con lo que veía a diario, comparaba épocas, personas, concepciones morales. Nadie estaba junto a mí para guiarme, a nadie le importaba, nadie reparaba en que una de las miradas de la familia empezaba a despegar, y aunque seguía en el mismo sitio, ya había traído el resto del universo a nuestro patio.
    Lo demás era sobrevivir, dar y recibir patadas. La vida en comunidad suele encauzarse por un sendero de egoísmo y envidia. Al que es diferente o quiere ser diferente, y sobretodo si viene desde abajo, se le aplasta. Ni siquiera entre cercanos, ni en mi propia parentela. Yo era para ellos el raro, el perdedor, el problemático, el inadaptado, el dolor de cabeza. Los demás estaban en lo correcto, no yo. Y esa percepción dura hasta el día de hoy. Me omiten, hacen como que no me leen, como si yo no existiera, como para bajarme los humos o qué se yo. Mis amigos y lectores, que es la familia que me he encontrado en el camino, y que me ha valorado por mi talento, por mis obras, que ha visto mis huellas, que se ha detenido a escuchar mis palabras, pues ellos siempre han estado en otros lugares, en otros países, en otros continentes.
    Recuerdo el día que empecé a escribir en The Huffington Post. No pude evitar sentirme orgulloso, era un medio importantísimo a nivel mundial. Compré una botella de vino para celebrar y quise compartir mi alegría enviando la noticia por email a todos mis familiares. Ni uno solo me respondió. Ni siquiera un saludo. Menos una felicitación. Y siempre fue así. ¿Soy un resentido por eso? Pues claro que lo soy, resentido y rencoroso por ese tema y por miles de otros temas, soy un portaaviones cargado de rencores, pero al menos no los escondo.
    De mi padre biológico solo he recibido una carta en 44 años. Nada augura un cambio en el horizonte. Por eso voy solo por el mundo. Sin antes ni después. Sólo quedan estas letras, que son una especie de reloj explosivo con su alarma hace tiempo activada.

    PADRI E FIGLI
    Penso alla vita quotidiana dei Madrazo. Tanti pittori geniali in una sola famiglia. José, e i suoi figli Federico, Pedro e Luis, e poi, anni dopo, un nipote, Mariano. Tutti creando fraternamente sotto la protezione di uno stesso cognome, nella stessa casa, accanto allo stesso camino, condividendo pennelli, acquerelli, scoperte estetiche e gli incoraggiamenti orgogliosi con dei battimano.
    Penso a Dumas padre e a Dumas figlio, entrambi scrivendo sotto una candela, bevendo lo stesso vino, creando man mano le storie che diventeranno immortali.
    Ho avuto un professore all’università, Cristián Guerrero Yoacham. Dettava la cattedra di storia dell’America. A un certo punto confluì con suo figlio, omonimo e anch’egli accademico, anche se specializzato nella storia del Cile. Il figlio era diventato dottore in storia prima del padre. Li vedevo sul palco, due luminari che parlavano di teorie della storia, e in certi momenti, il padre, senza riuscire a contenere il suo orgoglio né la sua condizione di padre, parlava a suo figlio come a un piccolo monello sorpreso in errore.
    La madre del Che Guevara era iperprotettiva come la maggior parte delle madri. A Ernesto lo vedeva cagionevole, incapace di affrontare le sfide della vita. Se fosse dipeso da lei, lo avrebbe curato con attenzione tutto il tempo possibile. Ma suo padre, il padre del Che, già vedeva in lui i tratti della grandezza, poteva scavare nel suo sguardo, intravedere gesti, atteggiamenti, percepire abilità e il carattere sufficiente per imporre il suo sogno. Gli anni hanno dimostrato che il padre aveva ragione.
    Vedo il caso di Giuliano Lennon. Claudio Rodríguez ha scritto su questo. Suo padre non lo prese molto in considerazione, e Giuliano andava alla deriva, mendicando attenzione, abbracci da amici di suo padre, da sconosciuti, perché il gran John non aveva tempo, poi venne Yoko, e il cerchio si chiuse senza Giuliano.
    Thomas y Klaus Mann, padre e figlio, entrambi scrittori, ebbero un rapporto difficile. Klaus non poteva liberarsi dalla potente ombra di suo padre, scriveva compulsivamente, e al padre non piaceva ciò che scriveva, non lo apprezzava. Klaus soffriva per questo sdegno paterno. Ebbe breve durata. Si uccise un giorno qualsiasi, molto presto. Trascorsero molti anni prima che si cominciasse a porre riparo alle sue opere, e molti di più, perché i suoi lettori e critici del mondo capissero che non era inferiore a suo padre, ma solo diverso.
    Ho due figli che sono i miei soli, il mio respiro di vita, la primavera eterna nello sguardo. Quando vivevo con loro sognavamo insieme e ridevamo moltissimo. Leggevamo libri divertenti, e anche storie che anticipavano la complessità della vita adulta. Ho persino sognato che noi tre avremmo iniziato una lunga tradizione di intellettuali ribelli. Io vedevo il genio nei loro occhi, la vivacità del loro sguardo, le abilità a fior di pelle. Avevano tutto per raggiungere le stelle più lontane, e questo, sicuramente, lo otterranno, al loro modo, come universi autonomi.
    Non provengo da una famiglia di intellettuali. Insieme a mia madre eravamo soliti leggere ciò che arrivava nelle nostre mani. Carte da involucro, vecchie riviste. Non avevamo libri. Appena qualcosa da mangiare e mobili fatiscenti. A casa dei miei nonni, sì che c’erano libri, e in abbondanza. Lui era un poliziotto autodidatta, la sua ambizione di conoscenza proveniva da sé stesso. Comprava libri compulsivamente, edizioni rare, senza alcuna attenzione per il suo bilancio di funzionario pubblico. E così, mese dopo mese, e anno dopo anno, diede vita a una biblioteca di migliaia di libri, il meglio del sapere, dalla medicina all’architettura, dalla letteratura all’astronomia. Grazie a quella biblioteca ho potuto leggere con avidità e disordine quanto trovavo. Anche con certa arroganza, perché quel che leggevo acquisiva senso per me, lo ricollegavo con altre letture, e con ciò che leggevo quotidianamente, confrontavo epoche, persone, concezioni morali. Nessuno era accanto a me per guidarmi; a nessuno interessava, nessuno si accorse che uno degli sguardi della famiglia iniziava a prendere il volo, e sebbene fossi ancora nello stesso posto, avevo già portato il resto dell’universo al nostro giardino.
    Il resto era sopravvivere, dare e ricevere calci. La vita in comunità viene solitamente convogliata lungo un sentiero di egoismi e invidia. Colui che è diverso o vuole essere diverso e, soprattutto se viene dal basso, lo si schiaccia. Io ero per loro lo strano, il perdente, il problematico, l’emarginato, il mal di testa. Gli altri erano nel giusto, io no. E quella percezione dura fino ad oggi. Mi ignorano, fingono di non leggermi, come se io non esistessi, come a volere farmi abbassare la cresta, o non so. I miei amici e lettori, che sono la famiglia che ho trovato lungo la strada, e che mi hanno valorizzato per il mio talento, per le mie opere, che hanno visto le mie orme, che si sono fermati ad ascoltare le mie parole; ebbene loro sono sempre stati in altri posti, in altri paesi, in altri continenti.
    Ricordo il giorno in cui ho iniziato a scrivere per The Huffington Post. Non ho potuto fare a meno di sentirmi orgoglioso, era un media importantissimo a livello mondiale. Comprai una bottiglia di vino per festeggiare, e ho voluto condividere la mia allegria inviando la notizia via mail a tutti i miei parenti. Nemmeno uno rispose. Neanche un saluto. Ancor meno i complimenti. Ed è stato sempre così. Sono un risentito per questo? Certo che lo sono, risentito e rancoroso per quella cosa e migliaia di altre cose, sono una portaerei carica di rancori, ma almeno non li nascondo.
    Da mio padre biologico ho ricevuto soltanto una lettera in 44 anni. Nulla prevede un cambiamento all’orizzonte. Per questo vado da solo per il mondo. Senza un prima né un dopo. Restano solo queste parole, che sono una specie di orologio esplosivo con il suo allarme, ormai da tempo attivato.

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    LA ETERNIDAD DE LA PALABRA

    Aún no sabemos lo que es la eternidad de la palabra. Ha transcurrido tan poco tiempo. Intuimos que resistirá, que portará el mensaje, cualquier mensaje, hacia un futuro inverosímil. La palabra es infancia y senectud, tarde de bolitas con hoyos de conejo y cuevas de milodón para que el juego nunca acabe. La palabra es pez resbaladizo y moneda de cambio de un espíritu impresionado, escultura fonética de la memoria, alegría y tristeza solventada en la nada.

    L'ETERNITA' DELLA PAROLA

    Ancora non sappiamo cosa sia l'eternità della parola. E’ trascorso così poco tempo. Intuiamo che resisterà, che porterà il messaggio, qualsiasi messaggio, verso un futuro inverosimile. La parola è infanzia e senilità, sera di biglie, con buche di coniglio e grotte di milodonte, affinché il gioco non finisca mai. La parola è pesce sgusciante e moneta di scambio di uno spirito impressionato, scultura fonetica della memoria, allegria, e tristezza risolte nel nulla.

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    APORÍAS DE UN BORRACHO

    El sol de enero amarillenta el musgo alrededor del estanque. Los patos se ventilan con las alas abiertas. Las vacas se apelotonan bajo la sombra de un aromo negro.

    El domingo parece un día apropiado para pensar. Los otros días son para arañarse, machacar piedras, ajedrecear convenciones, sonrisas de esqueleto. Pero el pensar entristece, ensimisma. La manada se aleja. Algunos se voltean y te miran con reprobación.

    Distraigo mis horas en voyeurismos librescos, chismes de la historia, circunstancias anómalas, imprevistos como norma, recreos de la mente, drogas inútiles. Los circuitos de la lógica se entrecruzan y echan chispas.

    Me desgajo en aporías como un borracho que se lanza desde un acantilado sin alas certificadas. No hay soluciones a la vista, solo exploraciones sin catalejo ni mapas chapuceros ni exactitudes satelitales. Voy donde las dimensiones se diluyen, donde pasaron los beat de parranda sin siquiera percatarse. No hay sendero, ni duendes escurridizos, ni siquiera una soga para suicidarse.

    La nada no me alegra, la esperanza es vaho matinal de estiércol. El paraíso de un intelectual es frío y solitario, como el risco de un carnero que mastica nieve antes de fenecer.


    APORIE DI UN UBRIACO

    Il sole di gennaio ingiallisce il muschio intorno allo stagno. Le anatre si rinfrescano con le ali aperte. Le mucche si ammassano sotto l’ombra di un’acacia nera.

    La domenica sembra un giorno appropriato per pensare. Gli altri giorni sono per graffiarsi, triturare pietre, schivare convenzioni, sorrisi da scheletro. Ma pensare immalinconisce, assorbe. La frotta si allontana. Alcuni si girano e ti guardano con riprovazione.

    Distraggo le mie ore in voyeurismi libreschi, pettegolezzi della storia, circostanze anomale, imprevisti come norma, sollazzi della mente, droghe inutili. I circuiti della logica si intrecciano e fanno scintille.

    Mi strappo in aporie come un ubriaco che si getta da una scogliera senza ali certificate. Non ci sono soluzioni in vista, solo esplorazioni senza cannocchiale, né mappe raffazzonate né imprecisioni satellitari. Vado dove le dimensioni si diluiscono, dove sono passati i beat facendo baldoria senza nemmeno rendersene conto. Non c’è sentiero, né spiriti sfuggenti, neanche una corda per suicidarsi.

    Il nulla non mi rallegra, la speranza è vapore mattutino di sterco. Il paradiso di un intellettuale è freddo e solitario, come la rupe di un ariete che mastica neve prima di perire.
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    REVOLUCIÓN DE LA BRISA

     

    Dos tencas ladronas han vuelto a bajar del manzano a robarle galletitas a los perros. A ellos no parece importarles mucho. Echados sobre la hierba, se preocupan más bien de seguir la rutina humana con la mirada. Escarbo entre viejos cuadernos de notas en busca de textos nunca publicados, frases sueltas, imágenes literarias que nunca utilicé, autores que apunté en un bar con letra borracha. No todo lo escrito me parece hoy relevante. Muchas letras sólo fueron constancias de cicatrices del alma. Mi habitación da a un jardín poco transitado donde crecen sin mayor cuidado encinos jóvenes, camelias ancianas y manzanos en flor. No hace mucho una solitaria gallina se quedó a vivir allí. Digamos que se autoexilió del resto. Nadie se explicó la razón. Durante el día escarbaba entre las flores buscando su sustento. En la noche dormía sobre un taca-taca abandonado, hasta que le expliqué que eso no me parecía lo más adecuado y la expulsé. Entonces ella se fue a dormir bajo unas rosas dentro del mismo jardín. Con el tiempo formó su nido, empolló, sacó sus crías y hoy deambula como oronda emperatriz por ese territorio que ella considera completamente suyo. Nadie osa acercarse pues su fiereza no desmerece ante un mastín. Antes de salir de mi habitación observo todo lo que tengo y no ocupo. Una tele que jamás enciendo, un dvd en el que nunca veo películas, una radio que jamás he sintonizado, un reloj al que nunca he dado cuerda y cientos de libros que nunca han salido de su estantería. Digamos que son meros juguetes de un niño-hombre que ya no juega a nada. Vuelvo al mesón bajo el parrón y ya no recuerdo lo que iba a hacer. Sólo me siento en la silleta y me quedo contemplando la espesa bruma que difumina las montañas. Los altares de mi entusiasmo se suelen llenar de telarañas tras su inauguración. Los ánimos se ametrallan mutuamente dejando un final sin protagonistas. Recuerdo haber escrito una carta donde intentaba explicar ciertas circunstancias dolorosas que contribuyeron a disolver mi antigua familia. No buscaba exculpación, al fin y al cabo a un hijo de puta como yo bien poco le importa que lo crucifiquen con desamor y rumores falsos. Pensaba más bien dejarlo como testimonio de mi huracanado paso por este mundo, clarificar los enredos, los malentendidos, las incomprensiones, y a través de esa precisión narrativa contribuir a que otros aclararan su papel en este teatro de la crueldad humana. Iba bien encaminado, al menos hasta la décima línea. Luego me dije, qué diablos, y concluí sin siquiera un punto aparte. Pero no quería escribir sobre eso. Más bien quería confesar que tengo pensamientos siniestros, hasta asesinos, con los servidores de internet. Hijos de perra que se apropian del aire y te envían mensualmente una factura por 50 dólares por algo que ni siquiera funciona. Creo que necesitamos una pronta y sanguinaria revolución para recuperar la brisa que trae y lleva los mensajes amigos.

    RIVOLUZIONE DELLA BREZZA

    Due tencas ladre sono scese di nuovo dal melo per rubare biscottini ai cani. Questi non sembrano curarsene molto. Stravaccati sull'erba, si preoccupano piuttosto di seguire il tran tran umano con lo sguardo. Frugo tra vecchi quaderni di note in cerca di testi mai pubblicati, frasi sparse, immagini letterarie che non ho mai utilizzato, autori segnati in un bar con lettera ubriaca. Non tutto quel che è scritto mi sembra rilevante oggi. Molte cose sono state testimonianze di cicatrici dell’anima. La mia stanza si affaccia su un giardino poco transitato, dove crescono senza molta cura querce giovani, vecchie camelie e meli in fiore. Non molto tempo fa una gallina solitaria rimase a vivere lì. Diciamo che si è autoesiliata da tutto il resto. Nessuno ha saputo mai spiegarselo. Durante il giorno scavava tra i fiori in cerca del suo sostentamento. Di notte dormiva su un biliardino abbandonato, fino a quando le ho spiegato che ciò non sembrava appropriato e, la cacciai via. Poi andò a dormire sotto alcune rose nello stesso giardino. Col passare del tempo fece il suo nido, covò, portò in giro la sua figliata, e oggi deambula come un’imperatrice trionfa, in quel territorio che considera pienamente suo. Nessuno osa avvicinarsi, perché la sua ferocia non è inferiore a quella di un mastino. Prima di lasciare la mia stanza osservo tutto ciò che ho e che non uso. Un televisore che non accendo mai, un DVD in cui non vedo mai film, una radio che non ho mai sintonizzato, un orologio che non ho mai caricato e centinaia di libri che non hanno mai lasciato i loro scaffali. Diciamo che sono meri giocattoli di un bambino-uomo che, ormai, non gioca più a nulla. Ritorno al banco d’uva sotto il pergolato e non ricordo più quello che stavo per fare. Mi siedo soltanto sulla seggiola e rimango a contemplare la spessa bruma che sfuma le montagne. Gli altari del mio entusiasmo, spesso, si riempiono dopo la loro inaugurazione. Gli animi si mitragliano a vicenda lasciando un finale senza protagonisti. Ricordo di aver scritto una lettera cercando di spiegare certe circostanze dolorose che hanno contribuito a dissolvere la mia vecchia famiglia. Non cerco discolpe, in fin dei conti a un figlio di puttana come me, molto poco importa che lo crocifiggano con indifferenza e false dicerie. Pensavo piuttosto di lasciare ciò come una testimonianza del mio passaggio burrascoso in questo mondo, chiarire intrecci, equivoci, incomprensioni e, attraverso quella precisione narrativa, contribuire perché altri chiariscano il loro ruolo in questo teatro della crudeltà umana. Ero ben orientato, almeno fino alla decima riga. Poi, mi sono detto, che diamine, e ho concluso senza neanche un punto a capo. Ma io non volevo scrivere su questo. Piuttosto, volevo confessare che ho pensieri sinistri, perfino assassini, con i server di Internet. Figli di cagna che si impossessano dell'aria e ti mandano una fattura mensile di 50 dollari per qualcosa che nemmeno funziona. Penso che abbiamo bisogno di una rivoluzione rapida e sanguinaria per recuperare la brezza che porta e recapita i messaggi amichevoli.
    Tenca: uccello che vive solo in Cile

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    LIBREPENSADOR

    La libertad de pensamiento y acción tiene sus incordios, como la soledad, el arrepentimiento, la culpa, la nostalgia. Gran parte del camino lo eliges tú mismo, aunque sea por omisión, por no hacer lo que se esperaba que hicieras o por hacer exactamente lo contrario, como una venganza inútil, una hinchadura de pelotas insustancial, exabruptos de la guerrilla cotidiana, el aguantarnos apenas, los días difíciles que desgajan la existencia, que ensombrecen la luz solar, que envenenan la buena intención, el sueño, la expectativa, que te transforman en un perro callejero arrinconado ante una jauría de dogos, un pequeño Truman, experto en zancadillas, adulteraciones, relojerías bombásticas, capaz de hiroshimar el planeta, atrincherado en una caverna llena de agujeros, con ojos procaces que husmean, que sentencian, y tú con tu lanzallamas de maldiciones presto a ser disparado, presto a herir, a avasallar, a caer, a levantarte, a caer... Algo así es la suma de los días de los que han intentado pensar libremente.

    LIBERO PENSATORE
    La libertà di pensiero e di azione ha i suoi inconvenienti, come la solitudine, il rimpianto, la colpa, la nostalgia. Gran parte della strada la scegli tu stesso, anche quando è per omissione, per non fare ciò che ci si aspettava che facessi, o per aver fatto esattamente il contrario, come fosse una vendetta inutile, una rottura di scatole inconsistente , villanie di guerriglia quotidiana, il sopportarci appena, i giorni difficili che lacerano l’esistenza, che mettono in ombra la luce solare, che avvelenano la buona intenzione, il sonno, l'aspettativa, che ti trasformano in un cane randagio messo con le spalle al muro contro un branco di bulldogs, un piccolo Truman, esperto in sgambetti, adulterazioni, orologerie deflagranti, capace di hiroshimare il pianeta, trincerato in una caverna piena di buchi, con occhi spudorati che fiutano, sentenziano, e tu col tuo lanciafiamme di maledizioni, pronto ad essere colpito, pronto a ferire, a calpestare, a cadere, ad alzarti, a cadere ... Qualcosa di simile è la somma dei giorni di chi ha tentato di pensare liberamente.

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    YA ES BASTANTE INVIERNO
    Por aquí ya es bastante invierno, le digo por mensaje a Pablo Cingolani. Llueve con murmullo persistente. Ha nevado en las cumbres. Las escampadas tienen rumor de viento norte. El musgo se apodera de las piedras, de los estanques, de los troncos viejos. El río Ñuble vuelve a adquirir la prestancia y el rugido de un río sureño. Despierto temprano, incluso en día domingo, es una conducta propiamente campesina que suele acompañar toda la vida. Café para espabilar mirando por la ventana el Malalcura, comprobar que sigue en su sitio. Que la historia previa no fue una ilusión ni menos un sueño de Monterroso. Mis ingredientes para vivir suelen ser imaginarios. Posibilidades y recuerdos que interactúan en una novela inédita, incongruente, circense por defecto. La soledad fantasmagórica de la cordillera exalta mis quijotismos. Si tan solo Doré pudiera dibujarme. Mi cabeza es un Saturno anillado de esqueletos, cañones sin pólvora, generales rusos dubitativos.

    E' GIA' ABBASTANZA INVERNO
    Qui è già abbastanza inverno, lo dico via messaggio a Pablo Cingolani. Piove con mormorio persistente. Ha nevicato sulle cime. Le schiarite hanno rumore di tramontana. Il muschio s’impossessa delle pietre, degli stagni, dei vecchi tronchi. Il fiume Ñuble riacquista la prestanza e il ruggito di un fiume del sud. Mi sveglio presto, compreso la domenica; è una consuetudine propriamente contadina che accompagna per tutta la vita. Caffè per destarsi guardando dalla finestra il Malalcura, verificare che sia sempre al suo posto. Che la storia precedente non fu un’illusione e tantomeno un sogno di Monterroso. I miei ingredienti per vivere di solito sono immaginari. Possibilità e ricordi che interagiscono in un romanzo inedito, incongruente, circense per difetto. La solitudine fantasmagorica della cordigliera esalta i miei chisciottismi. Se solo Doré potesse disegnarmi. La mia testa è un Saturno inanellato di scheletri, cannoni senza polvere, generali russi dubbiosi.

  • TRE POESIE DELLA MESSICANA
    MARA ROMERO
    (CON TRADUZIONE)

    data: 31/07/2020 13:12

    RAJADURA
    Había llegado su hora.
    Sabía lo que le esperaba.
    Dijo:
    le pondremos
    una trampa al diablo.
    Entonces,
    hizo una rajadura en su corazón,
    para que por ahí entrara la luz.

    LACERAZIONE
    Era giunta la sua ora.
    Sapeva ciò che l'aspettava.
    Disse:
    tenderemo
    una trappola al diavolo.
    Quindi,
    lacerò il suo cuore,
    affinché da lì entrasse la luce.

    ---
    QUÉDATE
    Hasta donde sea posible
    fingiré ser una mujer normal.
    Rediseñaré lo que siento por ti;
    voy a partir tu cuerpo en cien pedazos
    y a mezclar en la licuadora
    cada una de sus piezas;
    agregaré cerveza
    para que aún tenga tu aroma.
    Con tu sangre,
    prometo pintar un cuadro,
    hacerte tinta para escribir un poema.
    Pero, por favor, quédate,
    aunque sólo sea en mi memoria.

    RIMANI
    Fin dove sarà possibile
    fingerò di essere una donna normale.
    Ridisegnerò ciò che provo per te;
    taglierò il tuo corpo in cento pezzi
    e mescolerò nel frullatore
    ogni suo pezzo;
    aggiungerò birra
    affinché abbia ancora il tuo aroma.
    Col tuo sangue,
    prometto di dipingere un quadro,
    farò di te inchiostro per scrivere una poesia.
    Ma, per favore, rimani,
    anche fosse solo nella mia memoria.

    ---
    RECUESTO MI RAZÓN
    Recuesto mi razón
    en la morada
    que alucina por la espera:
    nunca conocí bien a los hombres...
    por eso oculté mis sueños
    en grutas infieles al sol y su certeza.
    Pero la muerte ronda cerca;
    alguien que nunca amé en otro tiempo
    hace añicos mi memoria;
    las palabras asaltan:
    anunciación e infierno de sus ojos:
    abolengo de dolor,
    profusión de incertidumbre...
    Los ángeles molestan
    con sus rezos

    METTO A GIACERE LA MIA RAGIONE
    Metto a giacere la mia ragione
    nella dimora
    allucinata dall'attesa:
    non ho mai conosciuto bene gli uomini,
    perciò ho nascosto i miei sogni
    in grotte infedeli al sole e alla sua certezza.
    Ma la morte si aggira vicina;
    qualcuno che non ho mai amato in un altro tempo
    fa a pezzi la mia memoria;
    le parole aggrediscono:
    annunciazione e inferno dei suoi occhi:
    progenie di dolore,
    profusione di incertezza...
    Gli angeli disturbano
    con le loro preghiere.

  • EL TIEMPO DE LOS GITANOS
    (IL TEMPO DEI GITANI)

    data: 25/07/2020 21:48

    di Claudio Ferrufino-Coqueugniot
    (Cochabamba, Bolivia 1960)

    Los rom, roma, romaní, zíngaros, gitanos, casi el diablo, por los siglos de los siglos. Con un drama tanto o más pesado que el de los judíos, con una tragedia similar. Pero los rom trashuman por el mundo, lo suyo no es diáspora sino costumbre. La casa, la tierra y la heredad toda. Ni dioses ni elegidos, libres.

    Hurto a Kusturica el título de aquel su memorable filme. Por la poética y su fascinación, por la alegría en medio del pesar, la burla de la muerte, la música como la perennidad buscada y encontrada. No le importará. Quedan para siempre en el cine, junto a la fílmica de Tony Gatlif en un estilo diferente, inmortales. Sus carromatos pasean la historia ajenos a ella. No existe cronología aunque sí ancestros, por paradójico que parezca. Ellos siguen cruzando Giza, a la vista de las pirámides, sin siquiera pensar si el faraón todavía está allí, y menos saber que lo exhiben, momificado detrás de vitrinas impenetrables. ¿Qué es la gloria para un gitano, qué la eternidad?

    Pregunto a mi hija Emily acerca de los travellers, comunidades que en las islas británicas se ocupan de ancianos altercados entre familias y que los dirimen a golpes de puño limpio, bien apostados que de algo hay que vivir. Se lo pregunto por un documental (Knuckle/Ian Palmer, 2011) -me lo aconsejó Daniel Abud- que los describe. Apenas se esboza en el filme el origen de los individuos que se golpean brutalmente, sin importar edad ni condición física. Hasta la aclaración de mi hija, no caigo en cuenta que se trata de gitanos irlandeses, a quienes se obligó al sedentarismo proveyéndoles de casas prefabricadas e ingresos a cuenta del gobierno. Pero los travellers, los viajeros, de todos modos, agarran carros, enseres y prole y parten en procesión a presenciar el combate singular de sus hombres por honor y por moneda.

    Hace poco Francia volvió a recurrir a medidas racistas contra los rom. No es nuevo. Aquello que hoy resurge se acentuó durante el régimen de Vichy. Nada más peligroso para los ocupadores nazis y sus contertulios de la derecha francesa que esta población itinerante. Trasladarse de un lado a otro sin permiso destroza las bases y prolegómenos del estado totalitario. Había que atacar. Exterminar. Y lo hicieron.

    Un mapa etnográfico del Financial Times señala que los rom son una población no desdeñable, siendo Turquía, Hungría, Rumania, España y Francia regiones bien pobladas. Hasta la sola mención de fronteras y de nombres nacionales contrasta con esta gente, que a pesar de veintiún siglos nuevos no se ha cansado de caminar. Lujuria no exenta de gloria todavía el hacerlo, como si viviesen en un mundo paralelo. No en vano Werner Herzog, en Nosferatu, fantasma de la noche, mediante un personaje que aconseja al viajero que lleva papeles de propiedad a un tal conde Drácula, más allá del paso Borgo, dice que de los gitanos muchos “han estado al otro lado”. Lo siguen estando; atraviesan ese agujero de tiempo y espacio cuando lo desean. Por eso no se los quiere, porque no nos pertenecen.

    El campo de la muerte de Belzec fue inaugurado con gitanos. Se los ve indolentes, echados sobre la hierba, evidentemente famélicos, posando para la posteridad del horror. Pero así como perseguidos también persiguieron, y si mal no recuerdo fue en Shklovski donde me enteré que durante el genocidio armenio se dedicaban a cazar sobrevivientes. Cazadores de cabezas de principios del siglo XX, en una historia donde azeris, kurdos, turcos, armenios, asirios, persas, chechenos y rusos, todos, cargan espeluznantes culpas.

    Recuerdo de mis lecturas de niño dos sujetos grabados e imborrables: un grupo de judíos marchando hacia la fosa común, sabiendo que era la voluntad de dios. Otro, gitano, en Treblinka, hastiado de labor, que escupe displicente cuando el guardia germano los insta a trabajar. Prefieren morir a seguir así. Hechos circunstanciales que no retratan en definitiva a un pueblo u otro, pero escenas que se quedaron en una mente, la mía, quizá no preparada aún para digerirlo.

    Gatlif, a quien ya mencioné, filmó otra película de su larga serie gitana, extendida por Rumania, España y ahora Francia. Es el tiempo de Vichy, y el colorido ropaje de los rom contrasta con el gris que se cernía sobre las Galias. Rojos vestidos que cantan a la vida, mientras las ruedas de los vehículos acercan a la muerte. A ellos, los hermanos del mayor guitarrista que Francia dio al mundo: Django Reinhardt, el de la mano momificada.

    No ha mucho, en Grecia, se dio el caso de una preciosa y blonda niña a cuyos padres acusaron de haberla raptado. Pruebas van y vienen, y la constancia de ser ella una rom de Bulgaria, fotografiada junto a sus hermanos, a cual más rubio y pelirrojo. Si cuando salíamos de la primaria y doblábamos a la izquierda en la Libertador Bolívar, en Cochabamba, los encontrábamos de largas faldas y botas de montar, rubios como soles: gitanos chilenos, no se acerquen, decían las viejas brujas. Raptan niños cristianos, se los comen…

    TRADUZIONE (di Marcela Filippi Plaza)

    I rom, romanì, tzigano, zingari, gitani, quasi il diavolo, nei secoli dei secoli. Con un dramma quanto, se non più pesante, di quello dei giudei, con una tragedia simile. Ma i rom transumano per il mondo, la loro non è diaspora, bensì abitudine. La casa, la terra e i possedimenti, tutto. Né dei né eletti, liberi.

    Sottraggo a Kusturica il titolo di quel suo memorabile film. Per la poetica e il suo fascino, per l’allegria in mezzo ai dispiaceri, la burla della morte, la musica come la perennità cercata e trovata. Non gli importerà. Resteranno nel cinema per sempre, insieme alla filmografia di Tony Gatlif in un diverso stile, immortali. I loro carri portano a passeggio la storia, che a loro è aliena. Non vi è alcuna cronologia, ma, sì, antenati, per quanto paradossale possa sembrare. Essi continuano ad attraversare Giza, alla vista delle piramidi, senza nemmeno pensare se il faraone è ancora lì, e ancor meno sapere che viene esibito mummificato dietro vetrine impenetrabili. Cos’è la gloria per uno zingaro, cos’è l'eternità?

    Chiedo a mia figlia Emily riguardo ai travellers, comunità che nelle isole britanniche si occupano di vecchi conflitti tra le famiglie che vengono risolti a suon di pugni, ben scommettendo che di qualcosa bisogna pur vivere. Glielo chiedo per un documentario (Knuckle / Ian Palmer, 2011) - me lo ha consigliato Daniel Abud- che li descrive. Nel film si abbozza appena l’origine degli individui che si colpiscono brutalmente, indipendentemente dall'età o condizione fisica. Fino al chiarimento di mia figlia, non mi rendevo conto che si trattasse di zingari irlandesi, i quali furono costretti alla vita sedentaria, dando loro in dotazione case prefabbricate e sostegni economici a carico del governo. Ma i travellers, i viaggiatori, in ogni caso, prendono roulottes, averi e prole, e partono in processione per presenziare al singolare combattimento in onore dei propri uomini e, per moneta.

    Recentemente la Francia ha adottato, nuovamente misure razziste contro i rom. Non è una novità. Ciò che oggi riemerge si era accentuato durante il regime di Vichy. Nulla di più pericoloso, per gli occupanti nazisti e i loro colleghi della destra francese, di questa popolazione itinerante. Trasferirsi da un luogo all'altro senza permesso distrugge le basi e preliminari dello stato totalitario. Era necessario attaccare. Sterminare. E lo hanno fatto.

    Una mappa etnografica del Financial Times segnala che i rom sono una popolazione non trascurabile, essendo Turchia, Ungheria, Romania, Spagna e Francia regioni assai popolate. Anche la semplice menzione di confini e di nomi nazionali contrasta con questa gente, che nonostante, ventuno nuovi secoli non si è stancata di camminare. Abbondanza non esime dalla gloria, di continuare a farlo ancora come se vivessero in un mondo parallelo. Non in vano Werner Herzog, in Nosferatu, fantasma della notte, tramite un personaggio che consiglia al viaggiatore che porta documenti di proprietà a un certo Conte Dracula, al di là del passo Borgo, dice che gli zingari, molti "sono stati dall'altra parte ". Continuano a starci; attraverso quel buco di tempo e spazio quando lo desiderano. È per questo che non li si vuole, perché non ci appartengono.

    Il campo di sterminio di Belzec fu inaugurato con zingari. Li si vede indolenti, sdraiati sull'erba, evidentemente famelici, in posa per la posterità dell’orrore. Ma così come furono perseguitati, perseguitarono anche loro, e se non ricordo male fu in Sklovskij, dove ho appreso che durante il genocidio armeno si dedicavano a cacciare i sopravvissuti. Cacciatori di teste del ventesimo secolo, in una storia in cui gli azeri, curdi, turchi, armeni, assiri, persiani, ceceni e russi, portano tutti colpe raccapriccianti.

    Ricordo dalle mie letture di bambino, due soggetti ben impressi e incancellabili: un gruppo di giudei in marcia verso la fossa comune, sapendo che era la volontà di Dio. Un altro, zingaro, disgustato dal lavoro a Treblinka, che sputa scontroso quando la guardia tedesca li spinge a lavorare. Preferiscono morire piuttosto che continuare così. Fatti circostanziali che in ultima analisi, non ritraggono un popolo o un altro, ma scene che sono rimaste in una mente, la mia, che forse non era ancora preparata per digerirle.

    Gatlif, che ho già menzionato, fece un altro film della sua lunga serie zingara, estesa alla Romania, Spagna e ora la Francia. E’ il tempo di Vichy, e i colorati indumenti dei rom contrasta con il grigio che minaccia sulla Gallia. Abiti rossi che cantano alla vita, mentre le ruote dei veicoli avvicinano alla morte. A loro, i fratelli del più grande chitarrista che la Francia ha dato al mondo: Django Reinhardt, quello dalla mano mummificata.

    Non molto tempo fa, in Grecia, ci fu un caso di una bellissima bambina bionda, i cui genitori furono accusati di averla rapita. Le prove vanno e vengono, e la certezza che si tratti di una rom della Bulgaria, fotografata con i suoi fratelli, dai capelli ancor più biondi e rossi. Quando uscivano dalle elementari e giravamo a sinistra nel viale Libertador Bolivar a Cochabamba, li trovavamo con lunghe gonne e stivali da equitazione, biondi come il sole: zingari cileni, non vi avvicinate, dicevano le vecchie streghe. Rapiscono bambini cristiani, se li mangiano ...

     

  • TREDICI POESIE
    DI DOMENICO CARA

    data: 20/05/2020 19:57

    Abbiamo l'onore di pubblicare tredici poesie di Domenico Cara. Un grande uomo e un grande intellettuale che ha superato i novanta. Pare ne abbia novantatré. E' nato a Grotteria, forse il comune più povero della regione più povera d'Italia. Ma da settant'anni vive e opera a Milano. Saggista, studioso d’arte e di letteratura, poeta, editore, giornalista pubblicista, è outsider, prefatore d’innumerevoli opere di poesia, di narrativa e presentatore in catalogo e monografie di artisti contemporanei. Ha frequentato Sartre, Quasimodo, Gatto, Ungaretti…

     

    LE SILENZIOSE FILE
    Sulla polvere dei marciapiedi
    le formiche portano il terrore
    e loro frenetiche energie;
    sempre più in là, tra la pula
    di un granaio e ghiaie grigie,
    inevitabili, di un mare sospiroso;
    alimentano tra sole e ombra
    - nel crepuscolo- l’invasione leggera
    sull’anonimia delle loro fatiche
    in silenziose file; per più spole
    il nero segno della passione
    trucca intense felicità, su una
    vicenda ancora mai sbiadita,
    una solerte continuità d’insieme

    QUIETE ZEN
    In quell’Oriente gaudioso,
    il disperso mio Occidente
    spezza in due il suo Atlante,
    il passato miope, i baratri
    non allegorici, le lotte strette
    alla storia che travolge…
    Là trova una gialla irrealtà
    sull’istintivo ritrarsi in una
    quiete zen: magica estasi
    per sognare con monologhi
    ed occhi, più miti gestazioni

    UN VOLO NEL FUTURO
    E intanto è stata vetro e onda
    la migliore intenzione, un modo
    d’inventare una prospettiva,
    anzi un volo nel futuro, una luna
    che i profeti hanno chiamato
    eternità, dopo una festa con ali
    di cenere, un entusiasmo clonato
    di lingue incantevoli o soft
    E, infatti, dopo i corrugamenti,
    la chiarezza ha scelto i medi toni
    di una musica audace, racconti,
    sorprese e armonie prima inattese,
    o colte in forme non percepibili,
    quando l’eco risuona in più luoghi
    e tra gli umidi resti del viadotto

    APERTO MISTERO
    Dal cielo delle parole: piogge
    stanche, azzurrità trafitte,
    angeli come uccelli arditi fra
    i riverberi del sole, come l’amore
    nel movimento sofferto di ciò
    che esplode, aperto mistero
    quando li accoglie, paradiso
    vago tra inessenziali stelle
    senza alfabeti né amene reliquie

    FISCHI DEL MAESTRALE
    In più vincoli e lanci rissosi,
    le faville ascoltano incaute
    i fischi congelati del maestrale,
    nel niente che le sfreccia,
    prima di scomparire oltre
    il Tempo: outsider dell’aria
    e, dal braciere antico, nasce
    una convergenza con il destino
    amico degli adagi d’infanzia
    Così io stesso ritrovo il paese,
    la sua anima abbandonata, vuote
    suppellettili al bordo di muri
    d’acqua, sfregi territoriali
    difesi dai sintomi d’un ricordo
    angoscioso: prima amore, poi ira…

    IL VOLTO BIANCO
    Il silenzio tuttavia ha tra noi
    il volto bianco, una consunta
    ironia per la provocazione
    dei rumori, i cartelli piegati
    contro la velocità nel largo
    monito di divieti, la luce madre
    inesorabile nel gelo di rugiade:
    favole elette tra inquietudini
    e pietre, grevi e ignote dimore
    Indubbiamente i contrasti ancora
    seguono un rigore di rapporti,
    eliminano la serenità a cui la rosa
    non rinuncia, protetta da brevità
    naturale, se non proprio dall’odore
    e da un sorriso a labbra ardenti

    DAI VARI ASPETTI DEL SONNO
    Talvolta le esperte rimozioni
    evitano un’enfasi sinuosa
    che si svolge notturna, tesa
    nella fretta lenta dei ladri,
    perché cercano nel disordine
    cose da rubare ai vari aspetti
    del sonno, e guadagnare le scale
    in una fuga e, in una fase quieta
    della città che ascolta il suo
    nulla in un riposo provvisorio,
    privo di fascino o esangue

    NEL CROLLO VARIOPINTO
    A proposito di colori, la cupità
    ormai non lascia solchi là dove
    evita fuochi di qualsiasi vita
    pubblica, in sibili o equidistanze,
    funzioni ed esiti sonori e calmi
    Ma in più trapassi l’attesa, credo
    si faccia trama di effetti mentali,
    non evasioni, né tonali differenze
    in casi di eventi forti, nere croci
    di afasia in espressioni, vortici
    labili e casuali, agglutinamenti
    di dubbio, a cui si sorride – quasi
    per ipotesi- nel crollo variopinto

    INCANDESCENZA

    Un viaggio esalta l’intelligenza, scrive
    a più inchiostri un implicito diario
    del visto o intravisto, e segna intanto
    definizioni, asseconda le foto con un
    titolo che s’increspa nella memoria
    lusingata; i souvenir sono ordigni esigui
    d’osso comprati davanti alla cattedrale pop
    e, senza dimenticare il volto arso del Kenia,
    o quel cospicuo memento folcloristico
    che dettava al cielo graffi di traccia
    insondabile, fantasticamente come senno
    Un viaggio riaccosta al mito e dispone
    di una continua apologia dello stupore,
    del tremito di un possibile ritorno
    prima che l’anno muoia, e in ogni altrove
    l’esotico ritrova la sua incandescenza

    ORMA DI ASTI

    So che la sera, la fragile compagna, scopre
    supplizi sul suo corpo, similmente a quelli
    dell’anno zero che, negli ascolti TV
    riattivano oscurità e vizi di forma sadica,
    accuse; precipitano in quegli atroci,
    obliqui sarcasmi e polemici fragori;
    regnano nella sua infida orma di asti
    taglienti, irsute arpionerìe spocchiose
    Il tallone della democrazia si serve
    di un incontro audace per farsi ragione,
    mentre i partecipanti al fasto abituale
    (o comune sconforto?) subiscono un assalto

    NEL SUPPOSTO RIEN VA
    Nel disprezzo scompare ogni tenace
    malinconia, si fa beffardo il cuore
    su tutto il supposto rien va, quasi
    calpesti la pietà dei fiori brevi
    di età e di cromia, pronti alla fine,
    già strappati al vento generoso
    per i profumi ammanniti, svelti, puri,
    tra le scoscese valli del mattino:
    avarie, forza d’amore, ultimo pretesto,
    maschera abituale della bellezza
    nelle cui inezie vive, grazie alle seduzioni

    LEVITÀ DI SOGNI

    La tenerezza estrema o soave (così
    scrivo) non teme contrasti, visti ancora
    la naturalità, i selvaggi poteri
    del privilegio di avvicinarsi tuttavia
    ai bambini che sognano un fato-
    giochi, corrispondente ai loro anni
    freschi: cerimoniale continuo, deciso
    e giocondo: festa iridata, morbida forma
    Per l’assidua levità dei diversi sogni,
    le parole promuovono tutte le voci
    in un canto diseguale, immisurabile;
    poi si stringono liete al girotondo
    del tempo, scortate da nuvole divertite
    nel libero desiderio di dormire…

    VARCHI DELL’ALBA
    D’impeto, scarno evento, lichene
    quello dell’alba; spingono
    la brezza dolce alla pigra
    carezza degli oleandri malati
    tra i fatti che l’annunciano,
    e spogliano l’intera notte
    della sua misura, e velluti
    di piccoli varchi, delle altre
    morti e incontri rapidi, gusci
    di sensazione, penombre
    senza storia né conflitti vividi,
    mentre il bacio conta per noi
    tutti i suoi arcipelaghi feraci,
    gli adagi delineati in musiche
    e nebbie, delitti misteriosi,
    treni con radure, cieli disorientati,
    discese di rischio, confusi arenili,
    insoddisfatte insonnie, sghembi
    clamori della dispersione per guizzi
    (non poi tanto segreti o velati,
    e ultimi, dolorosi testimoni)

    L’ALTRA FIDES
    Ancora bussa alla porta
    il laico religioso che invita
    tutti i condomini di nome
    e sconosciuti alla sua fede:
    pena gli abissi, le ustioni
    che circonderanno il peccato
    in caso di tardiva immediatezza,
    quindi loro intimissima morte…

    I PENSIERI FERITI
    Ci tormenta quella rabbia
    dentro cui –l’irrisolto che soffre-
    ha riattivato le tante nude
    speranze, nell’aria ferita
    dei pensieri, o si ostina
    proprio come eresia di evi
    traumatici, sembianze curve
    nell’oppio denso di una forse
    allucinata perpetuità, a filtri
    d’intuizione ambigua o tenue
    finale di partita, ma non a scopo
    informativo, anzi all’orlo di
    un aldilà che sfoglia l’alba
    Ma il giorno dopo si riavvia
    per definire le sue volontà e
    le relazioni con vene caduche,
    dinanzi all’immortalità del mare

    H
    Di là c’è un’acca che aspetta chissà chi:
    è muta, quasi un’ombra, scrive versi…
    ed è odiata da tutte le kappa (K) a cui
    somiglia: sorelle come triglie, vischiose
    seppie. Un tempo ha provato ad essere
    voce di un gallo che all’alba esaltava
    un nuovo giorno, poi lasciata a se stessa:
    teso ascolto…valenze senza ritorno.

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    BIOGRAFIA DI DOMENICO CARA
    Nel 1965, durante l’affermazione dei gruppi artistici cinetici e programmatici Domenico Cara fondò “Dialettica delle Tendenze”, costituito tra Venezia e Milano, e composto da Sara Campesan, Marilla Battilana, Franco Costalonga e Romano Perusini, Guido Baldessari. Tre furono sostanzialmente gli eventi che videro esposte le opere di questi artisti. Il primo fu realizzato nel 1965 in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, in un locale posto accanto alla vecchia sede della Libreria del Poligrafico della Zecca, entrando da Piazza Duomo, una decina di metri a sinistra. La seconda mostra, sempre a Milano, fu allestita dal 5 al 14 ottobre 1965 presso la Galleria Arte Centro di Fiorella La Lumia di via San Maurilio. La Galleria poi si trasferì in via Brera, quindi in via Dell’Annunciata. La terza a Macerata, alla Pinacoteca Comunale, dal 10 al 20 Febbraio 1966, dove venne inaugurata con il titolo “Dialettica delle tendenze” presentando i lavori degli artisti Baldessari, Bigolin, Costalonga, Dordit, Guarnieri, Marilla, Marino, Perusini, Sartorello.
    Ha fondato inoltre diverse piccole case editrici: Laboratorio delle Arti, Criteron, Kerouac, Istituto Bibliografico Lombardo, Edizioni Fin de Siècle, Edizioni del Drago di Seta, Edizioni del Quarto Oceano, Edizioni del Punto più Alto e diretto i periodici e le riviste: La Ginestra, Uomo e immagini, Italia Moderna Produce, Aperti in squarci, Anterem, Tracce, L’involucro, Post-scriptum, Le dimore dell’occhio. Ha curato alcune collane di scritture creative e critiche: ”Integrazioni”, ”La curva catenaria”, “In Parola e altre vicende testuali”, “Le esperienze riflesse”, “Illuminazioni” e ha organizzato per venti edizioni il premio “Laboratorio delle Arti” per la poesia, la narrativa e la saggistica.
    Ha collaborato e collabora a innumerevoli riviste: Il Ponte, Der Bogen, Phantomas, Prospettive culturali, Contrappunto, Zeta, L’ozio letterario, Calabria Sconosciuta, Calabria, Il filo rosso, Arenaria, Alias, Punto d’Incontro, Quinta generazione, Stazione di Posta, Il Convivio, I fiori del male, Capoverso, Alì, Inonija, Nuove lettere, La battana, Kiliagono, Fermenti, Incroci, Vernice, La Clessidra e altre.
    E’ stato incluso in varie antologie della poesia del Novecento e i suoi scritti tradotti in alcune lingue straniere. In relazione al Convegno su “Poesia e Realtà”, di Abano Terme del 1970, ha partecipato con Franco Fortini, Luciano Erba, Maria Luisa Spaziani, Margherita Guidacci, Andrea Zanzotto, Sebastiano Vassalli, Giorgio Bàrberi Squarotti, Gianni Toti, Eugenio Miccini e altri. Ha fatto parte delle giurie di diversi Premi “Reggiolo”, “Pavese”, “Dino Campana”, “Elsa Morante”, “Fermenti”, presiedendo alcune edizioni dei premi letterari “Romagna” e “Sathiagrà” di Riccione, e innumerevoli premi d’arte italiani, oltre al più noto Premio Internazionale per il disegno “Juan Mirò” a Barcellona.
    Innumerevoli i riconoscimenti, tra cui tre Premi della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e i primi premi a “Bergamo e Provincia”, “Isola d’Oro”, “Casalecchio del Reno”, “Don Bellissimo”, “Serravalle Sesia”, “L’ Esagono”, “Villaroel”, “Marineo”, “Anassilaos”, “Brianza”, “Catanzaro”, “Ziré d’Oro”, “Orient - Express” e “Glenn” alla carriera.
    Domenico Cara ancora oggi attivo soprattutto nell’ambito della poesia e della saggistica, tra anni Sessanta e Ottanta, curò diverse monografie d’arte, presentando artisti e redigendo alcune interessanti saggi e pubblicazioni su temi artistici legati alla critica e al mercato, fondando e dirigendo nel campo dell’arte le riviste Italia Moderna Produce e Mercato d’Arte.
    Sono da ricordare: Personaggi del Concilio. 16 litografie di Aldo Borgonzoni (Macerata, Foglio Editrice / Collezione "Grafica D'Oggi", 1963), L'impiego dell'immagine. Documenti di grafica contemporanea (Milano, Laboratorio delle Arti, 1967), Due momenti dell’opera grafica di Chagall, 100 acqueforti per le Favole di La Fontaine , Ciranna 1967, la corposa antologia dei maggiori artisti italiani e stranieri degli anni Sessanta corredata da quotazioni del mercato dell’epoca, intitolata La comunicazione emotiva. Prospetti d'arte d'oggi (Milano, Laboratorio delle Arti, 1969), repertorio di 540 pagine con schede e valutazioni di centinaia di artisti, intitolata Strutture grafiche e segni. L'estetica del segno nella grafica e nell'immagine dell'arte oggi (Milano, Laboratorio delle Arti, 1974), Esercizi di Ir/riflessione (Milano, Laboratorio delle Arti, 1979), Dix / Incantesimi di raggio (Milano, Laboratorio delle Arti, 1980), Qualcosa come la tersa innocenza. Sculture e grafica di Mario De Santis (Milano, Arti Grafiche Biondani, 1981), l’acuta indagine critica di un’epoca sociale ed artistica dal titolo Imperfetto e metafora (Forum, Forlì, 1982), La derisione nucleare (Milano, Kerouac Edizioni, 1983), Antonio Furlan: la geometria come sogno e come storia (Milano, Laboratorio delle Arti, 1990), Storia di linee (Milano, Laboratorio delle Arti, 1995), Walter Selva (Cortina Arte Edizioni, 2004).
    Sul suo lavoro culturale sono state dedicate monografie nel 1987, 1992, 2003, 2006 e 2018.

     

  • SETTE POESIE
    (CON TRADUZIONE)
    DI IRMA VEROLIN

    data: 12/05/2020 15:04

    IRMA VEROLÍN è nata l'8 dicembre 1953 a Buenos Aires, in Argentina. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti, tra i quali: il primo premio comunale «Eduardo Mallea», il primo premio internazionale «Horacio Silvestre Quiroga», il primo premio internazionale della Fondazione Luis Palés Matos di Porto Rico; primo premio della Fondazione Victoria Ocampo; Premio Emecé; Primo premio comunale della città di Buenos Aires; primo premio internazionale del romanzo di Mercosur. Ha pubblicato tre libri di poesia, quattro di racconti e due romanzi. E' autrice di libri di letteratura per bambini e ragazzi, e di questi ne sono stati pubblicati cinque. Alcuni dei suoi testi sono stati tradotti in inglese, tedesco, italiano, russo e portoghese.

    Ecco sette poesie di Irma Verolìn, con traduzione di Marcela Filippi Plaza.

    PRIMA
    Mia madre ha ripetuto il suo nome in me
    non per mancanza d’immaginazione ma per amore agli specchi
    dove lei trova il suo corpo
    in un equilibrio che pensava d’aver dimenticato.
    Quando mi chiama
    la sua voce trasforma la mia persona in un'eco
    in una ripetizione cantilenante
    una serie infinita di specchi
    riproduce la mia sagoma fino all'indicibile
    svuotandomi
    polverizzandomi.
    Quando mia madre mi chiama
    sta chiamando se stessa
    e alla fine nessuno sa chi è chi in questa casa.

    ANTES
    Mi madre ha repetido su nombre en mí
    no por falta de imaginación sino por amor a los espejos
    donde ella encuentra su cuerpo
    en un equilibrio que creyó olvidar.
    Al llamarme
    su voz convierte a mi persona en un eco
    en una repetición en sonsonete
    una serie infinita de espejos
    reproduce mi silueta hasta lo indecible
    vaciándome
    pulverizándome.
    Cuando mi madre me llama
    se está llamando a ella
    y al final nadie sabe quién es quién en esta casa.

    Dalla raccolta De madrugada (2014)

    I SUOI OCCHI
    Non c'era nulla dietro i suoi occhi
    solo un mare senza movimento,
    un mare
    di acque scure
    con pesci nuotando al rallentatore
    e sirene sminuzzate
    in un fondo senza fondo
    tra montagne schiacciate
    che una volta furono
    remotamente
    animali che il tempo estinse.
    I suoi occhi
    nonostante tutto
    cercano
    in me
    un altro mare
    simile e distante
    per accarezzarlo con il suo sguardo.

    SUS OJOS
    No había nada detrás de sus ojos
    sólo un mar sin movimiento,
    un mar
    de aguas oscuras
    con peces nadando en cámara lenta
    y sirenas desmenuzadas
    en un fondo sin fondo
    entre montañas hundidas
    que alguna vez fueron
    remotamente
    animales que el tiempo extinguió.
    Sus ojos
    a pesar de todo
    buscan en mí
    otro mar
    parecido y distante
    para acariciarlo con su mirada.

    CANE CHE ABBAIA
    C'è un cane nell'edificio di fronte
    rinchiuso
    dietro la ringhiera di un balcone
    che non fa altro che abbaiare
    dalla mattina alla sera.
    Nel frattempo
    il mondo passa nella sua vertiginosa disarmonia
    abbaia al cane
    e il cane sempre risponde.
    Il dialogo non ha fine
    è diventato inverosimile,
    non si capiscono
    non si capiranno mai.
    La mattina si espande
    dai suoi propri limiti
    scivolosi
    naufraga e riprende i suoi impulsi
    e naufraga di nuovo.
    A questo punto
    nessuno in questo quartiere
    vuole sentire ancora
    il beato cane che abbaia
    e abbaia.
    Che il mondo si faccia capire
    una buona volta
    che quell'animale ritorni in sé
    una volta per tutte
    e capisca che nulla gli appartiene.
    È un cane squallido
    brutto
    dagli occhi sporgenti
    l'ho visto sbadigliare, mangiare e
    grattarsi le pulci,
    molti vorremmo avvelenarlo
    ma non potremmo:
    il balcone è alto
    e il mondo non smette di passare
    continuamente
    con la sua cantilena che alimenta
    latrati e chissà quante altre cose
    in questa strada
    dove si trova la mia casa.

    PERRO QUE LADRA
    Hay un perro en el edificio de enfrente
    encerrado
    detrás de la baranda de un balcón
    que no hace otra cosa que ladrar
    de la mañana a la noche.
    Mientras tanto
    el mundo pasa en su vertiginosa desarmonía
    le ladra al perro
    y el perro siempre contesta.
    El diálogo no tiene fin
    se ha vuelto inverosímil,
    no se entienden
    nunca se entenderán.
    La mañana se explaya
    desde sus propios límites
    resbaladizos
    naufraga y retoma sus ímpetus
    y naufraga otra vez.
    A esta altura
    ya nadie en este vecindario
    quiere oír más
    al dichoso perro que ladra
    y ladra.
    Que el mundo se haga entender
    de una buena vez
    que ese animal entre en razones
    de una vez por todas
    y entienda que nada le pertenece.
    Es un perro escuálido
    feo
    de ojos saltones
    lo he visto bostezar y comer y
    rascarse las pulgas,
    muchos quisiéramos envenenarlo
    pero no podríamos:
    el balcón es alto
    y el mundo no deja de pasar
    continuamente
    con su cantilena que alimenta
    ladridos y quién sabe cuántas cosas más
    por esta calle
    en la que está mi casa.

    GATTO DAVANTI ALLA FINESTRA
    Il mio gatto crede che nella finestra ci sia molto da guardare.
    La finestra con quel mondo ristretto che porta dentro
    rimane in silenzio.
    Il vetro
    tuttavia
    riflette il corpo del mio gatto
    che guarda e guarda,
    so che pensa che se il mondo fosse così grande
    come la gente suol credere
    non ci entrerebbe in quel miserabile rettangolo.
    La luce è buona
    per il gatto e per il mondo,
    li riflette entrambi.
    Senza il vetro nulla di tutto questo sarebbe possibile.

    GATO FRENTE A LA VENTANA
    Mi gato cree que en la ventana hay mucho para mirar.
    La ventana con ese mundo apretado que lleva dentro
    permanece en silencio.
    El vidrio
    sin embargo
    refleja el cuerpo de mi gato
    que mira y mira,
    sé que piensa que si el mundo fuera tan grande
    como la gente suele creer
    no entraría en ese miserable rectángulo.
    La luz es buena
    para el gato y para el mundo,
    los refleja a los dos.
    Sin el vidrio nada de esto sería posible.

    COME QUESTA POVERA GENTE
    Come questa povera gente che
    ripetutamente
    ritorna
    alla loro casa allagata,
    ritorno a guardarmi allo specchio:
    i miei occhi,
    che non vogliono vedere, vedono
    l’ampiezza del mio viso
    il coraggioso gesto della vita
    che cade lungo il bordo delle mie sopracciglia;
    causa ed effetti si inanellano
    con totale impunità:
    la vita è un tulle che lascia vedere
    le tracce di un transito in vertigini infinite.

    COMO ESTA POBRE GENTE
    Como esta pobre gente que
    una y otra vez
    regresa
    a su casa inundada,
    vuelvo a mirarme en el espejo:
    mis ojos,
    que no quieren ver, ven
    la amplitud de mi cara
    el esforzado gesto de la vida
    cayendo por el borde de mis cejas;
    causas y efectos se enhebran
    con total impunidad:
    la vida es un tul que deja ver
    las huellas de un tránsito en infinito vértigo

    VENTI D’AUTUNNO
    Cominciano ad arrivare
    i venti dell’autunno,
    giungono prima dell’autunno
    come deve essere, quei venti
    scuotono le pareti
    di questa mia casa
    che li attende
    ancor prima che si facciano sentire
    tremare borbottare tremolare,
    pareti e tetti rimangono avvolti nei loro scuotimenti.
    Il futuro ha spiegato le sue ali al presente
    mentre il passato si è reclinato nell’appoggiò
    di ciò che mai si ripeterà.
    Il vento mi racconta che l'autunno verrà a sdraiarsi
    sul tetto di casa mia
    come un gatto.
    Tutto va bene ora
    che il futuro ha spinto i suoi venti fin qui.

    VIENTOS DE OTOÑO
    Comienzan a llegar
    los vientos del otoño,
    se adelantan al otoño
    como debe ser, esos vientos
    estremecen las paredes
    de esta casa mía
    que los espera
    aún antes de que se hagan oír
    temblar refunfuñar tremolar,
    paredes y techos quedan envueltos en sus sacudimientos.
    El futuro ha desplegado sus alas hacia el presente
    mientras el pasado se reclinó en el respaldo
    de lo que nunca se repetirá.
    El viento me cuenta que el otoño vendrá a recostarse
    sobre el techo de mi casa
    como un gato.
    Todo está bien ahora
    que el futuro empujó el viento hasta aquí.

    Dalla raccolta Los días (2014)

    CONGEDO
    Mettesti la mia mano sul tuo petto
    e chiudesti gli occhi:
    La mia mano rimase dentro il tuo petto.
    Dall'altro lato dei tuoi occhi
    la mia mano accarezzò la tua memoria
    parsimoniosamente
    la mia mano affogò nella tua liscia memoria
    poi qualcuno fischiò nel corridoio
    la sera levigò i suoi margini,
    dire addio è facile
    quando il silenzio avvolge la vita
    senza limiti
    il silenzio è un piccolo dio
    che rende il nostro congedo un luogo di arrivo 
    ora posso guardare 
    la mia propria morte nei tuoi occhi
    la vedo inerpicarsi sul bordo del mio nome
    e ci protegge entrambi.

    DESPEDIDA
    Pusiste mi mano sobre tu pecho
    y cerraste los ojos:
    mi mano quedó dentro de tu pecho.
    Del otro lado de tus ojos
    mi mano acarició tu memoria
    parsimoniosamente
    mi mano se ahogó en tu lisa memoria
    después alguien silbó en el pasillo
    la tarde pulió sus aristas,
    despedirse es fácil
    cuando el silencio envuelve a la vida
    sin límites
    el silencio es un pequeño dios
    que convierte nuestra despedida en sitio de llegada
    puedo mirar ahora
    mi propia muerte en tus ojos
    la veo trepándose sobre el borde de mi nombre
    y nos cobija a los dos.

    Dalla raccolta Invierno (inediti)

  • EL AMIGO DE BORGES
    (RACCONTO E POESIA)

    data: 27/04/2020 17:21

    di José Cereijo (trad. Marcela Filippi)

    Esto es, simplemente, el relato de un sueño, tal como lo recuerdo. Lo más curioso es que mi propia persona no aparece en él; dejo a quien tenga aficiones sicoanalíticas la tarea de interpretar si,en realidad, se oculta bajo los rasgos de alguno de los actores. (Puedo ver a mi propio subconsciente como una advertencia, incluso como un espejo, pero no me hago necesariamente responsable de sus invenciones).
    El verdadero protagonista del sueño es Jorge Luis Borges. Estaba sentado a una mesa de un café de Buenos Aires (ciudad que no conozco), un café de aspecto vulgar y un tanto sombrío.Estaba solo. En cierto momento se le acercaba un señor de unos setenta años, vestido con traje y corbata, quizá de luto. Se dirigía a él con timidez, evidentemente impresionado por la presencia del gran escritor. Tras presentarse en pocas palabras, informaba a su interlocutor de que él era el hermano del señor Abraham Pérez Lozano (el nombre es inventado, pero fiel a mi vago recuerdo de los datos del sueño; sé que era judío, y los apellidos, corrientes), que había sido íntimo amigo de Borges en su juventud, aunque no hubieran vuelto a verse hacía ya muchos años. D. Abraham se había marchado de Buenos Aires siendo aún joven, para establecerse en una provincia lejana donde había pasado el resto de su vida y donde, unos meses atrás, había muerto. Su hermano creía cumplir un deber de cortesía y amistad al informar a Borges de esa muerte, y de la estima y admiración que el fallecido había guardado siempre por su ahora famoso amigo. Borges le agradecía aquella muestra de deferencia con palabras corteses, se informaba de la vida de D. Abraham en los años que habían pasado sin saber el uno del otro, y daba el pésame a su hermano, antes de despedirlo y volver a quedarse solo.
    Pero la verdad del caso es que a Borges, aunque hubiera disimulado por amabilidad ante su visitante, el nombre de D. Abraham no le decía nada. Su memoria era buena, y estaba seguro de que, de haber existido entre ellos el grado de amistad del que su hermano, evidentemente, no dudaba, se hubiera acordado de él. Incluso, de haberse tratado de una relación superficial pero prolongada en el tiempo, tenía la certeza de que la recordaría, máxime después de los datos que su hermano le había dado acerca de su imaginaria amistad, recogidos evidentemente del propio interesado. Era indudable que el muerto, o no le había conocido de otro modo que a través de una presentación fugaz, o ni siquiera había llegado a conocerle, y que se había inventado aquella detallada amistad como un modo de darse prestigio ante sus familiares y amigos, allá en su provincia. Borges pensaba en todo esto, y, acordándose de que el hermano se había atrevido a sugerirle, aunque tímidamente, que acaso le fuera grato el escribir un poema en su memoria, se decidía efectivamente a hacerlo, aunque revelando en él los hechos reales. El recuerdo que conservo del poema es muy vago; con todo, en la reconstrucción que sigue, me he esforzado en serle tan fiel como me ha sido posible.

    ABRAHAM PÉREZ LOZANO

    Allá, en tu lejana provincia, para distraer el tedio,
    o simplemente para adornarte ante los ojos de tus
    amistades con el prestigio de un nombre conocido,
    decías a todo el mundo que habíamos sido amigos, en los
    años perdidos de tu juventud,
    y quizá te conmovías tú mismo al imaginar las escenas
    que luego les contabas
    de ese lejano tiempo compartido.
    Yo, aquí, muchos años después, cuando ya soy el que te
    sobrevive,
    he pensado también, al escuchar el relato de esos años en
    que no estuvimos juntos,
    en la lejana, delicada amistad que tú de esa manera
    quisiste consagrarme,
    y en que de veras me habría gustado compartirla contigo.
    Y, como si realmente te hubiera conocido, escribo estas
    palabras para recordarte y para agradecértela,
    y te tiendo la mano con la secreta esperanza de que, allá
    donde estés, puedas ver este gesto
    que confirma todo lo que contabas, y que en realidad
    fuimos amigos, aunque yo no lo supiera nunca,
    hasta hacerme sentir hoy la nostalgia de todos esos años en
    que, sin yo saberlo, te acordabas de mí.
    Esa pura amistad, diferente de todas, es un don que
    agradezco,
    y quiero que estas líneas que escribo en tu memoria digan
    que si algún día, cuando yo también haya llegado a
    donde tú ya estás, podemos encontrarnos,
    me alegrará saber de ti, evocar viejos tiempos y darte las
    gracias porque, durante tantos años,
    hayas guardado por los dos esa antigua memoria.

    L’AMICO DI BORGES
    Para Esther Nuño
    Questo è, semplicemente, il racconto di un sogno, così come lo ricordo. La cosa più curiosa è che la mia persona non vi appare; lascio a chiunque abbia interessi psicoanalitici il compito di interpretare se, in realtà, questa, si nasconda sotto i tratti di uno dei protagonisti. (Posso vedere il mio proprio subconscio come un avvertimento, anche come uno specchio, ma non mi rendo necessariamente responsabile delle sue invenzioni.)
    Il vero protagonista del sogno è Jorge Luis Borges. Era seduto a un tavolo di un caffé di Buenos Aires (città che non conosco), un caffè dall'aspetto volgare e un po' cupo. Era da solo. A un certo punto gli si avvicinò un uomo sulla settantina, vestito in giacca e cravatta, forse in lutto. Gli si rivolgeva timidamente, evidentemente colpito dalla presenza del grande scrittore. Dopo essersi presentato con poche parole, informava l’interlocutore di essere il fratello del signor Abraham Pérez Lozano (il nome è inventato, ma fedele al mio vago ricordo dei dati del sogno; so che era ebreo, e i cognomi, attuali), che era stato intimo amico di Borges in gioventù, anche se non si vedevano da molti anni. Don Abraham se ne era andato via da Buenos Aires quando era ancora giovane, per stabilirsi in una provincia lontana dove aveva trascorso il resto della sua vita e dove, pochi mesi prima, era morto. Suo fratello credeva di adempiere a un dovere di cortesia e di amicizia informando Borges di quella morte, e della stima e dell'ammirazione che il defunto aveva sempre conservato per il suo ormai famoso amico. Borges lo ringraziò per quella dimostrazione di deferenza con parole cortesi, si informò della vita di Don Abraham negli anni che erano passati senza sapere l’uno dell’altro, e porgeva le sue condoglianze al fratello, prima di congedarlo e rimanere nuovamente da solo.
    Ma in verità , anche se Borges avesse dissimulato per gentilezza davanti al suo visitante, il nome di Don Abraham non significava nulla per lui. La sua memoria era buona, ed era sicuro che, se ci fosse stato tra di loro il grado di amicizia di cui suo fratello, evidentemente, non dubitava, se ne sarebbe ricordato. E anche se fosse stata una relazione superficiale di lungo termine, era certo che se lo sarebbe ricordato, soprattutto dopo i dettagli che suo fratello gli aveva fornito circa la sua amicizia immaginaria, dettagli raccolti evidentemente dal diretto interessato. Non c'era dubbio che il morto, o non lo aveva conosciuto in altro modo se non attraverso una fugace presentazione, o non lo aveva conosciuto affatto, e che quella dettagliata amicizia era stata inventata come un modo per avere prestigio davanti alla sua famiglia e ai suoi amici, là nella sua provincia. Borges pensava a tutto questo e, ricordando che il fratello aveva azzardato suggerirgli, sebbene timidamente, che forse avrebbe gradito di scrivere una poesia in sua memoria, decise di farlo, ma rivelandovi i fatti reali. Il ricordo che conservo della poesia è molto vago; tuttavia, nella ricostruzione che segue, mi sono sforzato di essere il più fedele possibile.

    ABRAHAM PÉREZ LOZANO
    Là, nella tua lontana provincia, per distrarre il tedio
    o semplicemente per ornarti davanti agli occhi delle tue
    amicizie con il prestigio di un nome noto,
    dicevi a tutto il mondo che eravamo stati amici, negli
    anni perduti della tua giovinezza,
    e forse ti commuovevi tu stesso immaginando le scene
    che poi raccontavi loro
    di quel lontano tempo condiviso.
    Io, qui, molti anni dopo, quando ormai sono colui che ti
    sopravvive,
    ho anche pensato, ascoltando il racconto di quegli anni in
    cui non eravamo insieme,
    nella lontana, delicata amicizia che tu in quel modo,
    hai voluto consacrarmi,
    e che mi avrebbe fatto davvero piacere condividerla con te.
    E, come se ti avessi davvero conosciuto, scrivo queste
    parole per ricordarti e ringraziarti,
    e ti tendo la mano con la segreta speranza che, là,
    ovunque tu sia, possa vedere questo gesto
    che conferma tutto ciò che raccontavi, e che in realtà siamo stati amici,
    anche se io non l'ho mai saputo,
    fino a farmi provare la nostalgia per tutti quegli anni in
    cui, senza io saperlo, ti ricordavi di me.
    Quella pura amicizia, diversa da tutte, è un dono di cui
    sono grato,
    e voglio che queste righe che scrivo in tua memoria dicano
    che se un giorno, quando anche io sarò giunto
    dove già sei tu, possiamo incontrarci,
    mi rallegrerà sapere di te, evocare vecchi tempi e
    ringraziarti perché, per così tanti anni,
    hai conservato quel vecchio ricordo per entrambi.

    (de Apariencias.Editorial Renacimiento, 2017)

     

  • ELOGIOS DE LOS GATOS
    DI DOMìNGUEZ RAMOS

    data: 10/02/2020 16:06

    En otro tiempo estás. Eres el dueño
    de un ámbito cerrado como un sueño. (J.L.Borges)

    Tomo otra vez como punto de partida una fotografía. Es de Borges, de un Borges anciano y seriamente enfermo. Tenía ya un avanzado cáncer de hígado. Pacientemente soportaba que se le llevara y se le trajera por el mundo como a una atracción de feria. En la fotografía está acariciando con su mano ciega a una gata. A Borges lo perseguían los gatos cuando ultimaba con Bioy Casares un conjunto de relatos sobre don Isidro Parodi. A Borges lo perseguían, a Bioy no. Bioy es un escritor de perros, como Borges lo es de gatos. Por eso nunca escribió una sola línea sobre un perro y sin embargo fue prolífico no sólo en sus referencias a los tigres, sino también a los gatos, esos felinos menores que pasean con dignidad su melancolía agreste de haber sido feroces. Invito al lector a que repase mentalmente la presencia literaria de los gatos en la literatura. Sin mucho esfuerzo, comprobará que es numerosa. De Baudelaire a Borges, de Lorca a Umbral, de Rubén a Drummond de Andrade, hay toda una literatura brillante sobre el gato. Si intenta el mismo ejercicio con los perros no tardará en darse cuenta de qué aunque lo pueda parecer, no es una broma fácil ni una pinturería superficial. Con rigor suficiente, con el mismo rigor taxonómico que se otorga a otras propuestas, sugiero la siguiente: se pueden distinguir dos tipos de escritores, los escritores de perro y los escritores de gato. Son dos tipologías bien definidas: tenaces, activos, peleones los primeros. Mejor dotados, por tanto, para la constancia que exige el ejercicio narrativo. Balzac y Galdós eran escritores de perro, Julio Llamazares también. Conozco pocos casos de poetas con perro, al menos con perro grande. La excepción aparece en la antología Abierto al aire. Allí un poeta posa con un perro. No sé si verde. Podría ser. Con razón Manuel Carrapiso ironizaba en “De nieblas interiores” sobre los poetas que se dedican a pasear al perro. El pasado épico del Coliseo romano no admitía gatos, sino leones o tigres; su presente ruinoso es habitación propicia a los gatos y al lamento lírico de la ruina y del tiempo. El gato no consiente que lo saquen de paseo. Cuando quiere salir no le pide permiso a nadie. Hay en los gatos, como en los poetas, un origen sagrado, una raíz profundamente telúrica e inquietante. Ambos están del otro lado de los sueños y contemplan el mundo desde la altura impenetrable de su mirada de esfinge. Son independientes, altivos e inconstantes. Unos y otros. Indolentes y contemplativos, sedentarios y seductores, mantienen una intensidad de corto recorrido. Flexibles como un endecasílabo, los gatos son astutos y certeros como una imagen. Serenos como un soneto, meticulosamente limpios como una sinestesia, los gatos son también, igual que los poetas, eléctricos y nocturnos. Animales líricos en suma, que miran desde su distante altivez de príncipes de Siam y sólo en muy contadas noches de invierno se permiten la debilidad impúdica del lamento. Con evidente hipérbole, decía Osvaldo Soriano que un escritor sin gato es como un ciego sin lazarillo. Carlos Drummond de Andrade lo define como guardián y símbolo de la vida intelectual. Quizá no sea para tanto, pero es verdad que esa tempestad silenciosa que hay siempre escondida dentro de un gato de mirada impenetrable se emparenta con el secreto de la creación literaria. Tal vez por eso decía un Lorca joven que Verlaine era casi un gato. En una ocasión me comentaba Luis Mateo Díez que no hay nada más empachoso que un gato empachoso. Es cierto. Me lo decía en tono un poco zumbón, pero no hacía más que darme un argumento. También con algunos poetas pasa lo mismo. El gato, sutil y reservado, provoca en muchas personas un rechazo insalvable e irracional. Y hay escritores de indisimulable cara de bulldog que nunca se harán querer de un gato. Lo más que les sugiere es un cantazo seguido de una risotada por la hazaña. Son narradores, claro. No hace falta decir que soy escritor de gato. Ahora mismo se pasea entre mis papeles, se enrosca junto al teclado y me observa con displicencia. Desde la distancia de su mirada azul y perezosa, se obstina en negarme cada noche el secreto de las imágenes afiladas y urgentes que oculta la profundidad transparente de sus ojos. Unos ojos que, como los poetas, no son de este mundo. Borges no lo sabía, pero la gata que está acariciando en la fotografía tiene exactamente el mismo color de pelo que María Kodama.

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    ELOGIO DEI GATTI  di SANTOS DOMìNGUEZ RAMOS (trad. Marcela Filippi)

    Ti trovi in un altro tempo. Sei il detentore / di un ambito chiuso come un sogno. (J.L.Borges)

    Prendo di nuovo come punto di partenza una fotografia. E’ di Borges, di un Borges anziano e seriamente malato. Aveva già un cancro avanzato al fegato. Sopportava pazientemente di essere portato in giro per il mondo come attrazione da fiera. Nella fotografia accarezza con la sua mano cieca una gatta. Borges era inseguito dai gatti quando stava ultimando insieme a Bioy Casares una serie di racconti su Don Isidro Parodi. A Borges lo inseguivano, a Bioy no. Bioy è uno scrittore di cani, così come Borges lo è di gatti. Ecco perché non scrisse mai una sola riga su un cane, comunque fu prolifico non solo nei suoi riferimenti alle tigri, ma anche ai gatti, quei felini minori che passeggiano con dignità nella loro malinconia agreste perché stati feroci. Invito il lettore a rivedere mentalmente la presenza letteraria di gatti nella letteratura. Senza molto sforzo, troverà che è numerosa. Da Baudelaire a Borges, da Lorca a Umbral, da Rubén a Drummond de Andrade, c'è un'intera e brillante letteratura sul gatto. Se prova a fare lo stesso esercizio con i cani, si accorgerà presto, anche se può sembrarlo, che non è un gioco facile né tantomeno una facezia. Con sufficiente rigore, con lo stesso rigore tassonomico rivolto ad altre proposte, suggerisco quanto segue: si possono distinguere due tipi di scrittori, gli scrittori di cani e gli scrittori di gatti. Sono due tipologie ben definite: tenaci, attivi, combattenti i primi. Meglio dotati, quindi, nella costanza che esige l'esercizio narrativo. Balzac e Galdós erano scrittori di cani, anche Julio Llamazares. Conosco pochi casi di poeti con cani, almeno con cani di grossa taglia. L'eccezione appare nell'antologia “Abierto al aire”. Lì un poeta posa con un cane. Non so se verde. Potrebbe essere. Ragion per cui, Manuel Carrapiso ironizzava in “De nieblas interiores” sui poeti che si dedicano a portare a spasso il cane. Il passato epico del Colosseo romano non ammetteva gatti, bensì leoni o tigri; Il suo presente rovinoso è abitazione favorevole ai gatti e al lamento lirico della rovina e del tempo. Il gatto non acconsente di essere portato a spasso. Quando vuole uscire, non chiede il permesso a nessuno. C'è nei gatti, come nei poeti, un'origine sacra, una radice profondamente tellurica e inquietante. Entrambi stanno dall'altra parte dei sogni e contemplano il mondo dall'altezza impenetrabile del loro sguardo da sfinge. Sono indipendenti, altezzosi e incostanti. Gli uni e gli altri. Indolenti e contemplativi, sedentari e seducenti, mantengono un'intensità ravvicinata. Flessibili come un endecasillabo, i gatti sono astuti e precisi come un'immagine. Sereni come un sonetto, meticolosamente puliti come una sinestesia, i gatti sono anche, come i poeti, elettrici e notturni. In sintesi, animali lirici, che guardano dalla distante alterigia come principi del Siam e solo in pochissime notti d’inverno, si permettono l'impudica debolezza del lamento. Con evidente iperbole, Osvaldo Soriano diceva che uno scrittore senza gatto è come un cieco senza la sua guida. Carlos Drummond de Andrade lo definisce guardiano e simbolo della vita intellettuale. Forse potrebbe risultare eccessivo, ma è vero che quella tempesta silenziosa, che è sempre nascosta dentro un gatto dallo sguardo impenetrabile è legata al segreto della creazione letteraria. Forse è per questo che un giovane Lorca diceva che Verlaine era quasi un gatto. Una volta Luis Mateo Díez mi commentava che non c'è niente di più imbarazzante di un gatto imbarazzato. È vero. Me lo diceva con un tono un po’ beffardo, e così facendo mi offriva un argomento. Anche con alcuni poeti accade la stessa cosa. Il gatto, sottile, riservato, provoca in molte persone un rifiuto insormontabile e irrazionale. E ci sono scrittori dall'inconfondibile faccia da bulldog che mai si faranno amare da un gatto. Ciò che più ispira loro è una sassata seguita da una gran risata per l'impresa. Sono narratori, ovviamente. Inutile dire che sono uno scrittore da gatto. Proprio ora passeggia tra i miei fogli, si aggomitola sulla tastiera e mi osserva con indifferenza. Dalla distanza del suo sguardo azzurro e pigro, mi rifiuta ostinatamente ogni notte il segreto delle immagini nitide e urgenti che la profondità trasparente dei suoi occhi nasconde. Occhi che, come i poeti, non sono di questo mondo. Borges non lo sapeva, ma il gatto che accarezza nella fotografia ha esattamente lo stesso colore di capelli di Maria Kodama.

    (Memorial de un testigo. Editora Regional de Extremadura. Mérida, 2002)

     

  • POESIE DI AQUILES NAZOA
    IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELLA NASCITA

    data: 19/01/2020 14:17

    Quest'anno i venezuelani celebrano il centenario della nascita di Aquiles Nazoa, uno dei loro poeti più amati. Ci uniamo a quella celebrazione letteraria con la pubblicazione di questa breve selezione di suoi testi
    Freddy Castillo Castellanos: "In questo piccolo saggio dell'opera del poeta venezuelano Aquiles Nazoa, sono presenti alcune delle sue magistrali qualità. Una, quella del delicato cultore della bellezza, come espressamente rivelato nel suo formidabile "Credo"; un’altra, quella del lirico che sa arrivare con eleganza al cuore dei suoi lettori e commuoverci con l'immagine esatta "delle piccole cose della terra", per usare una frase della sua bellissima "Ballata di Hans e Jenny". E anche la saggia tenerezza di parlare a bambini e adulti, con la grazia ineguagliabile di metafore che sono, in se stesse, l'umorismo e l'amore della sua nobiltà letteraria. Perché, cos'altro si potrebbe dire di quel piccolo capolavoro intitolato "Buongiorno, tartarughina"?".

    Buongiorno, Aquiles, maestro del verso e filosofo dell'acqua.
    --

    (Este año los venezolanos celebran el centenario del nacimiento de Aquiles Nazoa, uno de sus poetas más queridos. Nos sumamos a ese festejo literario con la publicación de esta breve selección de textos suyos).

    En esta pequeña muestra de la obra del poeta venezolano Aquiles Nazoa están presentes algunas de sus cualidades magistrales. Una, la del delicado cultor de la belleza, como expresamente lo revela en su formidable “Credo”; otra, la del lírico que sabe llegar con elegancia al corazón de sus lectores y conmovernos con la imagen exacta “de las cosas menudas de la tierra”, para usar una frase de su bellísima “Balada de Hans y Jenny”. Y también, la sabia ternura para hablarle a niños y mayores, con la gracia inigualable de metáforas que son, en sí mismas, el humor y el amor de su nobleza literaria. Porque, ¿qué otra cosa podría decirse de esa pequeña obra maestra titulada “Buen día, tortuguita”?

    Buen día, Aquiles, maestro del verso y filósofo del agua.
    --

    Aquiles Nazoa. Venezuela. 1920-1976. Il suo lavoro poetico include un'importante vena umoristica che gode di un vasto pubblico, che fa di Nazoa uno dei grandi "poeti popolari" del suo paese. Scrisse una bellissima poesia lirica, sia in versi tradizionali che in prosa. Coltivò il saggio, il giornalismo e la cronaca. Per molti anni ha condotto un programma televisivo in cui parlava delle "cose più semplici". Una curiosità: una frase della sua poesia "Credo" è stata inclusa nel preambolo dell'attuale Costituzione venezuelana: "i poteri creatori del popolo". Alcune delle sue opere: Aniversario del color, El transeúnte sonreído, Poesía para colorear, Los poemas, Humor y amor de Aquiles Nazoa. Morì pochi giorni prima del suo cinquantaseiesimo compleanno, in un incidente d'auto.


    Aquiles Nazoa. Venezuela. 1920-1976. Su obra poética incluye una importante veta humorística que goza de enorme audiencia, haciendo de Nazoa uno de los grandes “poetas populares” de su país. Escribió también una hermosa poesía lírica, tanto en versos tradicionales como en prosa. Cultivó el ensayo, el periodismo y la crónica. Durante varios años mantuvo un programa de televisión en el que hablaba de “las cosas más sencillas”. Un dato curioso: una frase de su poema “Credo” fue incluido en el preámbulo de la actual Constitución venezolana: “los poderes creadores del pueblo”. Algunas de sus obras: Aniversario del color, El transeúnte sonreído, Poesía para colorear, Los poemas, Humor y amor de Aquiles Nazoa. Murió pocos días antes de cumplir cincuenta y seis años, en un accidente automovílistico.
    --

    Selezione di poesie di Aquiles Nazoa
    (versione italiana di Marcela Filippi Plaza)

    PREGO IL CREDO O CREDO DI AQUILES NAZOA

    Credo in Pablo Picasso, onnipotente, creatore del cielo e della terra; credo in Charlie Chaplin, figlio delle violette e dei topi, che fu crocifisso, morto e sepolto dal tempo, ma che risuscita ogni giorno nel cuore degli uomini; credo nell'amore e nell'arte come via verso la gioia della vita duratura; credo nei grilli che popolano la notte di cristalli magici; credo nella smerigliatrice che vive facendo stelle d'oro con la sua ruota meravigliosa; credo nella qualità aerea dell'essere umano configurata nel ricordo di Isadora Duncan lasciandosi cadere come una colomba purissima ferita sotto il cielo del Mediterraneo; credo nelle monete di cioccolato che metto da parte in segreto sotto il cuscino della mia infanzia; credo nella favola di Orfeo; credo nel sortilegio della musica, io che nelle ore della mia angustia, ho visto l'incantesimo dalla Pavana di Fauré, uscire libera e radiosa la dolce Euridice dall'inferno della mia anima; credo in Rainer Maria Rilke, eroe della lotta dell'uomo per la bellezza, che sacrificò la sua vita nell'atto di tagliare una rosa per una donna; credo nei fiori che sono spuntati dal cadavere adolescente di Ofelia; credo nel pianto silenzioso di Achille di fronte al mare, credo in una nave svelta e molto distante che è partita un secolo fa per incontrare l'aurora; il suo capitano Lord Byron, nella cintura la spada degli arcangeli, e nelle sue tempie uno scintillio di stelle; credo nel cane di Ulisse; nel ghignagatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, nel pappagallo di Robinson Crusoe, nei topolini che tiravano la carrozza di Cenerentola, e in Beralfiro il cavallo di Rolando, e nelle api che scolpivano il loro alveare dentro il cuore di Martín Tinajero ; credo nell'amicizia come l'invenzione più bella dell’uomo; credo nei poteri creatori del popolo; credo nella poesia e, infine, credo in me stesso, poiché so che c'è qualcuno che mi ama.


    REZO EL CREDO O CREDO DE AQUILES NAZOA

    Creo en Pablo Picasso, todopoderoso, creador del cielo y de la tierra; creo en Charlie Chaplin, hijo de las violetas y de los ratones, que fue crucificado, muerto y sepultado por el tiempo, pero que cada día resucita en el corazón de los hombres; creo en el amor y en el arte como vías hacia el disfrute de la vida perdurable; creo en los grillos que pueblan la noche de mágicos cristales; creo en el amolador que vive de fabricar estrellas de oro con su rueda maravillosa; creo en la cualidad aérea del ser humano configurada en el recuerdo de Isadora Duncan abatiéndose como una purísima paloma bajo el cielo del Mediterráneo; creo en las monedas de chocolate que atesoro secretamente debajo de la almohada de mi niña; creo en la fábula de Orfeo; creo en el sortilegio de la música, yo que en las horas de mi angustia, vi el conjuro de la Pavana de Fauré, salir liberada y radiante a la dulce Eurídice del infierno de mi alma; creo en Rainer Maria Rilke, héroe de la lucha del hombre por la belleza, que sacrificó su vida al acto de cortar una rosa para una mujer; creo en las flores que brotaron del cadáver adolescente de Ofelia; creo en el llanto silencioso de Aquiles frente al mar, creo en un barco esbelto y distintísimo que salió hace un siglo al encuentro de la aurora; su capitán Lord Byron, al cinto la espada de los arcángeles, y junto sus sienes un resplandor de estrellas; creo en el perro de Ulises; en el gato risueño de Alicia en el País de las Maravillas, en el loro de Robinson Crusoe, en los ratoncitos que tiraron del coche de la Cenicienta, en Baralfino caballo de Rolando y en las abejas que labraron su colmena dentro del corazón de Martín Tinajero; creo en la amistad como el invento más bello; creo en los poderes creadores del pueblo; creo en la poesía y en fin, creo en mi mismo, puesto que sé que hay alguien que me ama.
    --


    BUONGIORNO, TARTARUGHINA

    Buongiorno, tartarughina
    parrocchetto dell'acqua
    che al balconcino del tuo guscio
    stai sempre affacciata
    con la triste espressione di una vecchietta
    che sta masticando l'acqua
    e mentre prende il sole rimane mezza
    addormentata alla finestra.

    Buongiorno, tartarughina,
    nonnina dell'acqua
    che per vedere il giorno
    allunghi il colletto
    mostrando delle rughe
    dando l'impressione d’indossare un asciugamano
    arrotolato al collo
    o una vecchia sciarpa molto consumata.

    Buongiorno, tartarughina,
    pagliaccetto dell'acqua
    che sembri più ridicola e goffa
    con le tue calze avvoltolate
    e l’enorme paltò dalle spalle cadenti
    che porti con te come fosse un peso
    e con cui cammini a capitomboli,
    muovendo ora un piede e un altro domani
    come un’ubriachina,
    come una sconfitta
    come un pagliaccio vecchio
    che guarda con fastidio i gradini.

    Buongiorno, tartarughina,
    ubriachino dell'acqua ...
    Da dove vieni, dì, con quegli occhi
    che ti si chiudono da soli, e quella faccia
    di chi non ha dormito tutta la notte,
    e quella vecchia casacca
    che si vede che non è tua,
    perché quasi ci passi sopra quando cammini?

    Buongiorno, tartarughina,
    filosofo dell’acqua
    che passi la vita a parlare da sola,
    perché se non parli da sola, a chi parli?
    Chi, a meno che non sia uno sciocco ascolterebbe
    le tue sciocche parole?
    Nemmeno chi ti prende sul serio con quel
    faccino di persona incatarrita
    e quell'espressione da vecchietta compiaciuta
    che esce a prendere il sole ogni mattina
    e che rimane ore e ore mezza
    addormentata alla finestra?

    Buongiorno, tartarughina,
    parrocchetto dell'acqua,
    nonnina dell'acqua,
    pagliaccetto dell'acqua,
    ubriachino dell'acqua,
    filosofo dell'acqua ...


    BUEN DÍA, TORTUGUITA

    Buen día, tortuguita,
    periquito del agua
    que al balcón diminuto de tu concha
    estás siempre asomada
    con la triste expresión de una viejita
    que está mascando el agua
    y que tomando el sol se queda medio
    dormida en la ventana.

    Buen día, tortuguita,
    abuelita del agua
    que para ver el día
    el pescuecito alargas
    mostrando unas arrugas
    con que das la impresión de que llevaras
    enrollada una toalla en el pescuezo
    o una vieja andaluza muy gastada.

    Buen día, tortuguita,
    payasito del agua
    que te ves más ridícula y más torpe
    con tus medias rodadas
    y el enorme paltó de hombros caídos
    que llevas sobre ti como una carga
    y con el que caminas dando tumbos,
    moviendo ahora un pie y otro mañana
    como una borrachita,
    como una derrotada,
    como un payaso viejo
    que mira con fastidio hacia las gradas.

    Buen día, tortuguita,
    borrachito del agua…
    ¿De dónde vienes, di, con esos ojos
    que se te cierran solos, y esa cara
    de que en toda la noche no has dormido,
    y esa vieja casaca
    que se ve que no es tuya,
    pues casi te la pisas cuando andas?

    Buen día, tortuguita,
    filósofo del agua
    que te pasas la vida hablando sola,
    porque si no hablas sola, ¿a quién le hablas?
    ¿Quién, a no ser un tonto atendería
    a tus tontas palabras?
    ¿Ni quién te toma en serio a ti con esa
    carita de persona acatarrada
    y esa expresión de viejita chocha
    que a tomar sale el sol cada mañana
    y que se queda horas y horas medio
    dormida en la ventana?

    Buen día, tortuguita,
    periquito del agua,
    abuelita del agua,
    payasito del agua,
    borrachito del agua,
    filósofo del agua…
    --

    BALLATA DI HANS E JENNY

    Veramente, l'amore non è mai stato così chiaro come quando Hans Christian Andersen amò Jenny Lind, l'usignolo di Svezia.
    Hans e Jenny erano sognatori e bellissimi, e il loro amore condividevano come due collegiali condividono le loro mandorle.
    Amare Jenny era come mangiare una mela sotto la pioggia. Era stare in campagna e scoprire che oggi sono spuntate le ciliegie mature.
    Hans era solito cantarle storie fantastiche dell'epoca in cui i blocchi di ghiaccio erano i grandi orsi del mare. E quando la primavera stava arrivando, lui le copriva le trecce con tossilaggine silvestre.
    Lo sguardo di Jenny popolava di colori domenicali il paesaggio. Avrebbe potuto benissimo Jenny Lind essere nata in una scatola di acquerelli.
    Hans aveva una scatola di musica nel cuore, e una pipa di schiuma di mare, che Jenny gli diede.
    A volte i due viaggiavano in direzioni diverse. Ma continuavano ad amarsi nell'incontro delle minute cose della terra.
    Per esempio, Hans riconosceva e amava Jenny nella trasparenza delle fontane, nello sguardo dei bambini e nelle foglie secche.
    Jenny riconosceva e amava Hans nelle barbe dei mendicanti, e nel profumo del pane tenero e nelle monete più umili.
    Perché l'amore di Hans e Jenny era intimo e dolce come il primo giorno d'inverno a scuola.
    Jenny cantava le antiche ballate nordiche con infinita tristezza.Una volta la udirono degli studenti americani e di notte tutti piansero teneramente su una mappa della Svezia.
    Ed è che, quando Jenny cantava, era l'amore di Hans che cantava in lei.
    Hans una volta fece un lungo viaggio e dopo cinque anni ritornò.
    E andò a vedere la sua Jenny e la trovò seduta, le mani raccolte, nell'attitudine tranquilla di una ragazza cieca.
    Jenny era sposata e aveva due bambini semplicemente bellissimi come lei.
    Ma Hans continuò ad amarla fino alla morte, nella sua pipa di schiuma e con l'arrivo dell'autunno e nel colore dei lamponi.
    E Jenny continuò ad amare Hans negli occhi dei mendicanti e nelle monete più umili.
    Perché, davvero, l'amore non è mai stato così chiaro come quando Hans Christian Andersen amò Jenny Lind, l'usignolo di Svezia.

    BALADA DE HANS Y JENNY

    Verdaderamente, nunca fue tan claro el amor como cuando Hans Christian Andersen amó a Jenny Lind, el Ruiseñor de Suecia.
    Hans y Jenny eran soñadores y hermosos, y su amor compartían como dos colegiales comparten sus almendras.
    Amar a Jenny era como ir comiéndose una manzana bajo la lluvia. Era estar en el Campo y descubrir que hoy amanecieron maduras las cerezas.
    Hans solía cantarle fantásticas historias del tiempo en que los témpanos eran los grandes osos del mar. Y cuando venía la primavera, él le cubría con silvestres tusilagos las trenzas.

    La mirada de Jenny poblaba de dominicales colores el paisaje. Bien pudo Jenny Lind haber nacido en una caja de acuarelas.
    Hans tenía una caja de música en el corazón, y una pipa de espuma de mar, que Jenny le diera.
    A veces los dos salían de viaje por rumbos distintos. Pero seguían amándose en el encuentro de las cosas menudas de la tierra.
    Por ejemplo, Hans reconocía y amaba a Jenny en la transparencia de las fuentes y en la mirada de los niños y en las hojas secas.
    Jenny reconocía y amaba a Hans en las barbas de los mendigos, y en el perfume de pan tierno y en las más humildes monedas.
    Porque el amor de Hans y Jenny era íntimo y dulce como el primer día de invierno en la escuela.
    Jenny cantaba las antiguas baladas nórdicas con infinita tristeza.
    Una vez la escucharon unos estudiantes americanos, y por la noche todos lloraron de ternura sobre un mapa de Suecia.
    Y es que, cuando Jenny cantaba, era el amor de Hans lo que cantaba en ella.
    Una vez hizo Hans un largo viaje y a los cinco años estuvo de vuelta.
    Y fue a ver a su Jenny y la encontró sentada, juntas las manos, en la actitud tranquila de una muchacha ciega.
    Jenny estaba casada y tenía dos niños sencillamente hermosos como ella.
    Pero Hans siguió amándola hasta la muerte, en su pipa de espuma y en la llegada del otoño y en el color de las frambuesas.
    Y siguió Jenny amando a Hans en los ojos de los mendigos y en las más humildes monedas.
    Porque, verdaderamente, nunca fue tan claro el amor como cuando Hans Christian Andersen amó a Jenny Lind, el Ruiseñor de Suecia.
    --

    ELEGIA PER AQUILES NAZOA

    Oggi è il mio ultimo giorno di scuola;
    la scuola si è svegliata piovigginando;
    la maestra mi manda a tagliare dei fiori;
    mi metto i guanti da giardino.

    Per andare al funerale della mia infanzia
    arrivano alcune formiche piangendo;
    apro, per sapere come si chiama questa ragazza,
    il mio quaderno di scrittura inglese;
    le bellissime lettere escono e volano verso i fiori.

    E intanto, trascinandosi nel tempo
    si consumano le scarpe delle foglie,
    e sull’angelica spalla della sera
    le nuvole fanno svanire la loro favola.

    Colori della mia infanzia così delicati.
    Ricordo che mi sono dipinto con pastelli
    una casetta sul petto quella sera;
    aveva una finestra dalla quale alcune volte mia madre si affacciava
    e una porta attraverso la quale io uscivo per andare a scuola.
    Che gran peccato che mi si sia cancellata:
    se l'avessi mi ci metterei a pingere dentro.


    ELEGÍA A AQUILES NAZOA

    Hoy es mi último día de colegio;
    la escuela ha amanecido lloviznando;
    la maestra me manda a cortar unas flores;
    yo me pongo los guantes del jardín.

    Para ir al entierro de mi niñez
    vienen algunas hormigas llorando;
    abro, para saber cómo se llama esta muchacha,
    mi cuaderno de escritura inglesa;
    las bonitas letras salen volando hacia las flores.

    Entretanto, arrastrándose en el tiempo
    se gastan los zapatos de las hojas,
    y en la angélica espalda de la tarde
    desvanecen su fábula las nubes.

    Colores de mi niñez tan delicados.
    Recuerdo que en el pecho una casita
    me pinté con creyones aquella tarde;
    tenía una ventana por la que algunas veces se asomaba mi madre
    y una puerta por la que yo salía para irme a la escuela.
    Lástima grande que se me haya borrado:
    si la tuviera me metería a llorar dentro de ella.
    --

    STORIA NATURALE RACCONTATA DA CARLOTA

    La piccola farfalla ha vocazione di carretta,
    sebbene la sua attuale occupazione sia la saldatura autogena.
    La mantide religiosa si consuma di sofferenza per il figlio,
    ma non lo perdona.

    Alcune farfalle hanno appena lasciato la messa delle cinque.
    Il rospo non ha finito di vestirsi.
    E ci sono formiche che si stanno precipitosamente chiedendo:
    - Sarà qui? Sarà qui? Sarà qui?

    La rana è il cuore dell'acqua.
    E chi dice che lo scorpione non sia un'invenzione bellica di Leonardo?
    Il bombo è fochista di una locomotiva.
    E la libellula dubita se studiare chimica o sposarsi.

    L'ape raccomanda per l’influenza l'uso del maglione
    e prossimamente le si sposerà
    una figlia, che presto diventerà come lei.

    I ragni hanno la mano sulla guancia.
    Quante cose non entrano in quella borsa da signora
    che portano sotto il braccio le galline?

    I piccoli di colombe in maglietta:
    hanno avuto una bruttissima notte e pensano se radersi o meno.
    I tacchini si sono messi un sacco vuoto sopra la testa
    e le gallinelle un vestito attillato di maniche lunghe.
    (Oh, siamo in lutto -dicono- ma questo non ci impedisce
    che ci piaccia ancora parlare della vita degli altri.)

    I conigli non smettono di chiedersi cosa succede cosa succede,
    né i gufi di tenere le mani in tasca.
    L'ippopotamo entra in acqua
    e dopo un po' esce per essere toccato e vedere se è già
    morbidino.

    Tutte queste follie
    me le dice Carlotta.
    Una carbonaria per non annoiarsi,
    si distrae scrivendo le sue memorie.

    Ogni mattina esce in campagna,
    come un vecchietto, per salutare le cose;
    orienta le formiche smarrite,
    legge alcune notizie sulle foglie
    e dopo aver indagato se il gufo
    ha ancora l’ingrossamento delle parotidi
    e se il bruco può già
    camminare senza stampelle, guarda l'ora,
    ci pensa, ci ripensa, e alla fine
    si ritira di nuovo nel suo guscio.

    Ha un libro di Samain lì e ha
    un tavolino zoppo,
    davanti al quale, in maniche di camicia,
    e con i suoi occhialini, si accomoda
    e, a lume di candela,
    di tutto ciò che ha visto prende nota.

    E un giorno, forse tra cento anni,
    Il libro di Carlota verrà alla luce.
    Carlota per allora sarà morta
    e ad un altro forse verrà attribuita la sua opera,
    ma ogni volta che un bambino
    riderà nel leggere cose così belle,
    ci sarà una rumore di farfalle bianche
    nel lirico tunnel del suo guscio.


    HISTORIA NATURAL CONTADA POR CARLOTA

    La tara tiene vocación de carreta,
    aunque su actual ocupación es la soldadura autógena.
    La cerbatana se consume de sufrimiento por el hijo,
    pero no lo perdona.

    Ciertas maripositas acaban de salir de misa de cinco.
    El sapo no se ha acabado de vestir.
    Y hay hormigas que andan preguntándose atolondradamente:
    -¿Será por aquí? ¿Será por aquí? ¿Será por aquí?

    La rana es el corazón del agua.
    ¿Y quién dice que el alacrán no es un invento bélico de Leonardo?
    El cigarrón es fogonero de una locomotora.
    Y la libélula duda entre si estudia química o se casa.

    La abeja recomienda para la gripe el uso del sweater
    y próximamente se le
    va a casar una hija que en seguida se pondrá como ella.

    Las arañas tienen la mano en la mejilla.
    ¿Cuántas cosas no caben en ese bolso de señora
    que llevan debajo del brazo las gallinas?

    Los pichones de paloma en camiseta:
    pasaron muy mala noche y piensan si se afeitan o no.
    Los pavos se pusieron un saco vacío por la cabeza
    y las gallinetas un ajustado vestidito de mangas largas.
    (Ay, estamos de luto –dicen-, pero eso no nos impide
    que nos siga gustando hablar de la vida ajena.)

    Los conejos no cesan de preguntarse qué pasa qué pasa,
    ni las lechuzas de tener las manos en el bolsillo.
    El hipopótamo se mete en el agua
    y al cabo rato sale para que lo toquen a ver si ya está
    blandito.

    Todas estas locuras
    me las dice Carlota,
    un morrocoy que para no aburrirse,
    se distrae escribiendo sus memorias.
    Cada mañana sale por el campo,
    como un viejito, a saludar las cosas;
    orienta a las hormigas extraviadas,
    lee algunas noticias en las hojas
    y después de indagar si la lechuza
    sigue con las parótidas
    y si el gusano medidor ya puede
    caminar sin muletas, ve la hora,
    lo piensa, lo repiensa, y al fin vuelve
    a meterse en su concha.

    Tiene allí un libro de Samain y tiene
    una mesita coja,
    ante la cual, en mangas de camisa,
    y con sus anteojitos, se acomoda
    y, a la luz de una vela,
    de todo lo que ha visto toma nota.
    Y algún día, tal vez de aquí a cien años,
    saldrá a la luz el libro de Carlota.
    Carlota para entonces se habrá muerto
    y a otro quizá se atribuirá su obra,
    mas cada vez que un niño
    se ría de leer tan lindas cosas,
    habrá un rumor de mariposas blancas
    en el lírico túnel de su concha.
    --
     

  • JOSÉ CARLOS CATAÑO
    OBRA POÉTICA (1975-2007).
    PRE-TEXTOS 2019

    data: 09/10/2019 18:32

    CONCÉDENOS, oh señor, la medida de nuestro infierno

    O, si no, una lucidez para vivir tranquilos.
    No esta desazón de la barca sin mar
    Ni puerto que la ampare-
    Que el amor también ha muerto.
    Haz de nosotros
    Tu pasto de sabiduría. Sángranos hasta amasar
    La alegría de la sangre con lo que del dolor nos queda.
    Configura nuestro cuerpo único
    A la medida de nuestra muerte única.

    Con esos versos en los que resuena el eco de la voz de Rilke comienza la quinta sección de Disparos en el paraíso, el primer libro de José Carlos Cataño y uno de los seis que recoge el espléndido volumen que reúne su Obra poética (1975-2007) en Pre-Textos.
    Lo abre un prólogo en el que Ana Arzoumanian caracteriza la poesía de Cataño con estas líneas iniciales:
    “El estallido de la palabra, el vértigo del tiempo, la voz épica reanudando la trama del mundo, no a través de un proyecto que legitime una filiación, un derecho, sino en la diáspora de una tierra naufragando toda apropiación.
    La fuerza poética de José Carlos Cataño (La Laguna, Islas Canarias, 1954) se imprime mediante una natividad que es un frotamiento de la lengua en el agua. De modo que escribir no será plegarse a la ley de un territorio, sino turbarse en el estallido del volcán.”
    Desde Disparos en el paraíso hasta Lugares que fueron tu rostro, la poesía de José Carlos Cataño ha ido creciendo a través del proceso de elaboración de una obra en marcha sometida a una constante revisión que busca lo nuclear, la almendra de la emoción o lo medular del pensamiento.
    Y en esa búsqueda es fundamental la intensidad verbal, la concentración expresiva y la desnudez como fruto de la decantación de la palabra poética, a la que se somete a una tensión de la que se extrae su mayor potencial significante.
    Ese proceso de abstracción, de elusión de la anécdota y de renuncia a la narratividad fructifica en una poesía de lectura exigente en la que se proyecta la exigencia del autor con su propia obra.
    De esa actitud habla Cataño en este texto, uno de los poemas en prosa de El cónsul del mar del Norte
    Pude haber optado por un tipo de experiencia más presentable, donde la audacia hubiese sido también más inteligible.
    Cuna y madera, talento y principios no me faltaron. Pero prescindí, ay, de maestros, y a nadie tomé para dedicatoria, paráfrasis u homenaje, pues los pocos que despertaron mis simpatías, o estaban muertos o andaban escondidos. Y otro tanto sucedió con los temas en que me las vi. Siempre pertenecían a la otra mirada, la que despierta la sospecha de un desliz en la ciega, armoniosa enormidad del mundo que amenaza con vaciarse en el temblor de una respuesta aplazada.
    La otra mirada es la mirada de los perdedores —fieles vasallos del sinsentido—, cuyo empeño queda rebasado por la ley que unos llaman dios y otros motivo de literatura, de la misma manera que la senda en el valle o la casa en el desierto son finalmente recobrados por la broza y la desolación.
    Y la gente no está para lo difícil. Aplauden el estilo limpio, la intachable conducta, y eso que llaman rigor y lucidez. Aplauden la vida, el método, el triunfo.
    La reflexividad, la hondura lírica, el despojamiento o la búsqueda de la transparencia esencial del ser y la palabra recorren esta poesía, atravesada por temas centrales como el tiempo frágil de la existencia, la memoria, el amor y la muerte, la insularidad y las pérdidas.
    Búsqueda del centro que vertebra una poesía que asume riesgos y se plantea como forma de conocimiento, como aventura ontológica que encuentra su sentido como reflexión sobre el ser y el tiempo al elevarse sobre el desarraigo y el vacío, al explorar lo contingente y los límites del lenguaje.
    En ese camino de desolación es fundamental la noción de éxodo, la imagen del poeta como un extranjero y la preocupación por el lenguaje como lugar habitable, por la escritura como refugio ante la fugacidad.
    Palabra y fugacidad unidas ejemplarmente en versos como estos, de Para enterrar a los muertos en las palabras:

    Al margen de la duda y bajo el sol
    Muere lo que dejo por nombrar
    Que no pensado,
    Pues lento como el río
    Que aspira a mediodía
    Se me muere la vida no en la carne,
    Se me muere la vida en las palabras.

    Ese libro lo cierra esta reflexión sobre la escritura que reúne los temas esenciales de la poesía de José Carlos Cataño:

    Escribir es volver, volver
    A la escritura donde
    Quien vuelve muere
    Y pasa inadvertido
    Al mirar de otro
    Que no mira, escribir
    Es una espera que dibuja
    Y borra por la noche la labor,
    Deshaciendo la noche la labor
    De bordar con letras pintadas
    La noche, la escritura
    Enhebra estrellas en el paño
    Oscuro de un vestido que pasea
    Encima de un puente o en la mirada
    Que sigue la ida y vuelta de una cara
    Indiferente,
    Así somos el que regresa
    Y el que espera esa vuelta,
    El ser saqueado que a la orilla vuelve
    Y la orilla ignota y saqueante,
    Lo uno y lo otro,
    Separados por el clavo de la conjunción,
    Esto y aquello, el rostro que se apaga
    Y lo que al fin nos dice y nos desliza
    En el olvido,
    Quebrando las costillas de la barca,
    Las costillas del cielo y de la mente,
    Definitivamente la ilusión
    En el estallido final de la claridad.

    Santos Domínguez
    POEMAS:

    CONCÉDENOS, OH SEÑOR
    I
    Concédenos, oh señor, la medida de nuestro infierno
    O, si no, una lucidez para vivir tranquilos.
    No esta desazón de la barca sin mar
    Ni puerto que la ampare-
    Que el amor también ha muerto.
    Haz de nosotros
    Tu pasto de sabiduría. Sángranos hasta amasar
    La alegría de la sangre con lo que del dolor nos queda.
    Configura nuestro cuerpo único
    A la medida de nuestra muerte única.
    II
    En la seca prisión del viento
    Que comulga la unión extática
    Con ausencia de realidad -que es el mal, nuestro infierno
    frondoso de conciencia desterrada,
    Escúchanos, oh señor, en la morada de tu apego,
    Desprende tus fundidos labios
    Y que el sol nutra el gesto,
    Del camino que se oculta, del destino que comienza.
    III
    Concédenos, oh señor, la medida de lo que cae
    Y penetra por la marca de nuestro exilio,
    Donde baila, palmotea
    Una alegría extraña, fruto del fondo,
    Amparo de lo que arriba se desgarra
    Y consume entre las redes
    De una vida martirizada.
    Que éstos son nuestros pocos actos,
    Que sostienen reiteradas debilidades.
    Su constelación redime, helado soplo
    Como la Vía Láctea
    En una frase comprometedora.
    IV
    Señor, en esa luna que arrastran los escombros en la playa
    No alcanza el océano de la serenidad,
    Y nuestra labor es estéril pero ayuda
    A una desesperación más próxima
    Entre llanto y coraje, cuando expulsamos
    Los cadáveres de un estado de imperfecta unión.
    La luna que desgarra la marea,
    Los guijarros que dudan si romperla,
    No gozan de su medio, y la cabeza
    No recobrará su interior vacío.
    Pues la orilla que gime es el grito de la luna
    Y de otros cuerpos invisibles, apedreados;
    Espíritus en tortura como un vino de buen color
    Y amargo y áspero para quien lo bebe.
    Porque quien nombró la luna y mi espíritu
    Entre los cuerpos invisibles
    No les dio su sentido exacto.
    V
    Y el grito logrado no será más que los otros,
    Colgados del espacio junto a las voces,
    Los susurros y quejidos del guerrero
    Que combate contra los sí-mismos.
    Mantennos, oh señor, en latitud invisible;
    Remuévenos, de vez en cuando,
    En el cieno de la terrible, concreta, primera tierra,
    Nuestro único compañero,
    Nuestro puro y único guardián,
    En donde nace el doble que nos sustenta.
    VI
    Concédenos, oh señor, el derecho, pues acaso
    ¿No es justo que cacemos a nuestros jueces?
    Es justo, necesario y justificable
    Por el camino del sendero indirecto
    Luchar porque te justifiquen en un postrer gesto-
    En las postrimerías de la necesidad.

    LOS RÍOS DE LA MEMORIA
    El otro día se derritió lava en el Mwenzi. Una placa oceánica se incrustó bajo el continente, refundió el magma de la Montaña Que Brilla y provocó un alud de lodo y piedras.
    La imagen de los sobrevivientes hacía pensar en los jóvenes que, durante el rito de iniciación, se untan el cuerpo con arcilla blanca para despedir a las tinieblas de la infancia.
    El cerebro también tiene sus placas oceánicas, que se desploman y florecen en la lengua de los poetas. Y los ríos de la memoria -ramas, cadáveres y cenizas- transcurren hacia las blancas tinieblas de la infancia.

    AMORES ILUSTRES
    Yo también podría decir algo acerca de eso. Guardaos vuestras estrellas polares, vuestras interminables noches de amor, vuestras damas exquisitas, vuestras hembras calientes como una mañana por Nyangabulé. Tanto me da.
    Acaso el amor sea el instante en que tiemblan dos cuerpos demorando derramarse el uno en el otro, los ojos en los ojos, la lengua en el secreto previo al desfallecimiento.
    Su rostro no era hermoso y era persona de pocas palabras. Tenía desde noviembre no sé qué semilla en agua, y ayer, como quien dice, se convirtió en un tallo finísimo, imparable, en la alegría de la casa.
    Tanto me río de lo que sobrevive al verano, que ya sé lo que es suficiente.

    LE CROCODILE ET MALLARMÉ
    Eugène Mallarmé, ilustre profesor del Colegio de Francia, publica en 1899 su monumental Histoire Naturelle du Crocodile Africain. Un año más tarde tiene ocasión de pisar el continente negro.
    Ahora se encuentra en Rwonga, ante su primer ejemplar vivo de la especie. La sangre, de pronto, se le hiela, el cocodrilo avanza y Eugène Mallarmé se sube a un banano.
    Erguido sobre los cuartos traseros, el monstruo repta y se encarama.
    Las últimas palabras del sabio, según los desconsolados testigos, fueron estas:
    -Mais non! Mais non! Les crocodiles ne montent pas aux arbres!

    FUISTEIS BUENOS CONMIGO
    Odia con todo el rencor, con todo el resentimiento que aún llevas en las entrañas. Y no temas, porque hasta la crueldad más abyecta revienta por sí sola como baya madura.
    Odia, no por cada golpe recibido - eso es lo más fácil-, sino por aquello que ya nunca recordarás. Que lo único que podrá iluminar tu vida será el odio.
    Y por innobles que hayan sido tus actos, no olvides dar las gracias a todos y por todo cuando llegues al fin.

    DISPAROS EN EL PARAÍSO

    VI
    Solo

    Al caer octubre
    Otra vez los árboles
    Remueven los pesares
    Y la luz duda
    Tanteando cuerpos escurridizos.
    La voz y la mirada se despeñan
    En el mismo abrazo.
    abro los ojos y no hay nadie.

    SI YO NUNCA
    Vienen los días, acaban las frases,
    En esta nave abandonada que llamo dios,
    Como si fuera la primera vez, el motivo
    De no sabe qué anunciación.
    El sereno trazado de los astros
    Sobre alguna parte resplandecía.

    Grave laguna, ¿son tus ojos
    O son castigo
    Las llagas que mecen mis brazos?
    En las viejas casas cerradas,
    Palomares enfermos,
    No ha vuelto a oírse la luz del día,
    Ni la sangre ya corre
    Por las avenidas del viento.
    Bebiendo
    El transcurso indolente de las horas,
    Las sombras abatidas
    De la herida en el alma.
    Habré muerto, pues vuelvo
    A las calles aquellas y dicen conocerme.

     

    Opera poetica (1975-2007) Pre-Textos 2019

    CONCEDICI, oh signore, la misura del nostro inferno
    O, in caso contrario, una lucidità per vivere tranquilli.
    Non questa desolazione della barca senza mare
    Né di un porto che la protegga
    Che anche l’amore è morto.
    Fai di noi
    Il tuo pascolo di saggezza. Facci sanguinare per impastare
    La gioia del sangue con ciò che del dolore ci resta.
    Configura il nostro corpo unico
    Sulla misura della nostra morte unica.

    Con quei versi in cui risuona l'eco della voce di Rilke, inizia la quinta sezione di Disparos en el paraíso , il primo libro di José Carlos Cataño e uno dei sei che raccoglie lo splendido volume che riunisce la sua Opera poetica (1975-2007 ) in Pre-Textos.
    Lo apre un prologo in cui Ana Arzoumanian caratterizza la poesia di Cataño con queste linee iniziali:
    “L'esplosione della parola, la vertigine del tempo, la voce epica che riprende la trama del mondo, non attraverso un progetto che legittimi una filiazione, un diritto, bensì nella diaspora di una terra che inabissa ogni appropriazione.
    La forza poetica di José Carlos Cataño (La Laguna, Isole Canarie, 1954-2019) si imprime mediante una nascita che è uno strofinamento della lingua nell'acqua. Per cui la scrittura non sarà un piegarsi alla legge di un territorio, bensì turbarsi nell'eruzione del vulcano. "
    Da Disparos en el paraíso a Lugares que fueron tu rostro, la poesia di José Carlos Cataño è cresciuta attraverso il processo di elaborazione di un'opera in marcia, sottoposta a una revisione costante che cerca il nucleo, il frutto dell'emozione o il midollo del pensiero.
    E in questa ricerca è fondamentale l'intensità verbale, la concentrazione espressiva come frutto della decantazione della parola poetica, che è soggetta a una tensione da cui viene estratto il suo più grande potenziale significativo.
    Quel processo di astrazione, di elusione dall'aneddoto e di rinuncia alla narratività redditizia in una poesia dalla lettura impegnativa nella quale si proietta l'esigenza dell'autore con la propria opera.
    Di questo atteggiamento parla Cataño in questo testo, in una delle poesie in prosa di El cónsul del mar del Norte:
    Avrei potuto optare per un tipo di esperienza più presentabile, in cui l'audacia sarebbe stata anche più intellegibile.
    Culla e robustezza, talento e principi non mi mancavano. Ma, purtroppo, non ho tenuto conto, dei maestri, e non ho considerato nessuno per dediche, parafrasi oppure omaggi, poiché i pochi che hanno risvegliato le mie simpatie, erano morti o si erano nascosti. E lo stesso è accaduto nelle vicende in cui mi ci sono trovato. Appartenevano sempre all'altro sguardo, quello che suscita il sospetto di una caduta nella cieca, armoniosa enormità del mondo, mentre questo minaccia di svuotarsi nel tremore di una risposta .
    L'altro aspetto è lo sguardo dei perdenti - fedeli vassalli di ciò che è privo di senso - il cui impegno viene superato dalla legge che alcuni chiamano dio e altri motivo della letteratura, allo stesso modo in cui il sentiero nella valle o la casa nel deserto sono finalmente recuperati dal sottobosco e dalla desolazione.
    E la gente non approva le cose difficili. Applaudono lo stile pulito, la condotta impeccabile, e ciò che chiamano rigore e lucidità. Applaudono la vita, il metodo, il trionfo.
    La flessibilità, la profondità lirica, lo spogliarsi o la ricerca della trasparenza essenziale dell'essere e la parola , percorrono questa poesia attraversata da temi centrali come il fragile tempo dell'esistenza, la memoria, l'amore e la morte, l'insularità e le perdite.
    Ricerca del centro che dota di struttura una poesia che assume rischi e si propone come forma di conoscenza, come avventura ontologica che trova il suo senso come riflessione sull'essere e sul tempo, mentre si eleva sullo sradicamento e sul vuoto, quando esplora il contingente e i limiti del linguaggio.
    In quel cammino di desolazione è fondamentale la nozione di esodo, l'immagine del poeta come straniero e la preoccupazione per la lingua come luogo abitabile, per la scrittura come rifugio dinanzi alla fugacità.

    Parola e fugacità unite in modo esemplare in versi come questi, di Para enterrar a los muertos:

    A margine del dubbio e sotto il sole
    Muore ciò non nomino più
    Che non pensato,
    Dunque lento come il fiume
    Che aspira a mezzogiorno
    Mi muore la vita non nella carne,
    Mi muore la vita nelle parole.

    Quel libro lo chiude una riflessione sulla scrittura che riunisce i temi essenziali della poesia di José Carlos Cataño:

    Escribir es volver, volver
    Alla scrittura dove
    Chi torna muore
    E passa inavvertito
    Nel guardare di un altro
    Che non guarda, scrivere
    E' un'attesa che disegna
    E cancella di notte il lavoro,
    Disfacendo la notte il lavoro
    Del ricamare con lettere dipinte
    La notte, la scrittura
    Inanella le stelle nel panno
    Scuro di un vestito che passeggia
    Su un ponte o nello sguardo
    Che segue l'andata e il ritorno di un volto
    Indifferente,
    Quindi siamo noi che torniamo
    E che aspettiamo quel ritorno,
    L'essere saccheggiato che alla riva torna
    E la riva ignota che saccheggia,
    L'uno e l'altro,
    separati dal chiodo della congiunzione,
    Questo e quello, il volto che si spegne
    E ciò che alla fine ci dice e ci fa scivolare
    Nell'oblio,
    Rompendo le costole della barca,
    Le costole del cielo e della mente
    Definitivamente l'illusione
    Nell'ultima esplosione della chiarezza.
    Santos Domínguez

    POESIE:

    CONCEDICI, OH SIGNORE
    I
    Concedici, oh signore, la misura del nostro inferno
    O, in caso contrario, una lucidità per vivere tranquilli.
    Non questa desolazione della barca senza mare
    Né di un porto che la protegga-
    Che anche l’amore è morto.
    Fai di noi
    Il tuo pascolo di saggezza. Facci sanguinare per impastare
    La gioia del sangue con ciò che del dolore ci resta.
    Configura il nostro corpo unico
    Sulla misura della nostra morte unica.
    II
    Nella secca prigione del vento
    Che unisce unione estatica
    Con assenza di realtà - che è il male, il nostro inferno
    frondoso di coscienza bandita,
    Ascoltaci, oh signore, nella dimora del tuo legame,
    Stacca le tue labbra fuse
    E possa il sole nutrire il gesto,
    Del sentiero nascosto, del destino che comincia.
    III
    Concedici, oh signore, la misura di ciò che cade
    E penetra attraverso il segno del nostro esilio,
    Dove balla, applaude
    Una strana gioia, frutto dello sfondo,
    Protezione di ciò che sopra si strappa
    E consuma tra le reti
    Di una vita martirizzata.
    Che questi sono i nostri pochi atti,
    Che sostengono reiterate debolezze.
    La sua costellazione redime, gelido soffio
    Come la Via Lattea
    In una frase compromettente.
    IV
    Signore, quella luna che i detriti trascinano sulla spiaggia
    Non arriva all'oceano della serenità,
    E il nostro lavoro è sterile ma aiuta
    Una disperazione più prossima
    Tra pianto e rabbia, quando espelliamo
    I cadaveri da uno stato d’imperfetta unione.
    La luna che strappa la marea,
    I sassi che dubitano se spezzarla,
    Non godono della loro condizione e la testa
    Non recupererà il suo interiore vuoto.
    Ebbene la riva che geme è il grido della luna
    E di altri corpi invisibili, lapidati;
    Spiriti in tortura come un vino dal bel colore
    E amaro e aspro per chi lo beve.
    Perché chi ha menzionato la luna e il mio spirito
    Tra i corpi invisibili
    Non ha dato loro il senso esatto.
    V
    E il grido raggiunto non è altro che gli altri,
    Appesi allo spazio insieme alle voci,
    I sussurri e lamenti del guerriero
    Che combatte contro tutti i sé-stessi.
    Mantienici, oh signore, in latitudine invisibile;
    Rimuovici, di tanto in tanto,
    Nel fango della terribile, concreta, prima terra,
    Il nostro unico compagno,
    Il nostro puro e unico guardiano,
    Dove nasce il doppio che ci sostiene.
    VI
    Concedici, oh signore, il diritto, o forse
    Non è giusto cacciare i nostri giudici?
    È giusto, necessario e giustificabile
    Lungo il percorso del sentiero indiretto
    Lottare affinché ti giustifichino in un gesto posteriore-
    Nelle estremità del bisogno.

    I FIUMI DELLA MEMORIA
    L’altro giorno la lava si è fusa nel Mwenzi. Una placca oceanica si è incrostata sotto il continente, ha rifuso il magma della Montagna Che Brilla e ha provocato una valanga di fango e pietre.
    L'immagine dei sopravvissuti faceva pensare ai giovani che, durante il rito d’iniziazione, si ungono il corpo con argilla bianca per congedarsi dalle tenebre dell'infanzia.
    Anche il cervello ha le sue placche oceaniche, che collassano e fioriscono nella lingua dei poeti. E i fiumi della memoria - rami, cadaveri e cenere - scorrono verso le bianche tenebre dell'infanzia.

    AMORI ILLUSTRI
    Anch’io potrei dire qualcosa al riguardo. Custodite le vostre stelle polari, le vostre interminabili notti d'amore, le vostre squisite dame, le vostre femmine calde come una mattina per Nyangabulé. Per me fa lo stesso.
    Forse l'amore è l’istante in cui due corpi tremano, ritardando l’effondersi l'uno nell'altro, gli occhi negli occhi, la lingua nel segreto previo allo svenimento.
    Il suo volto non era bello ed era persona di poche parole. Aveva fin da novembre non so quale seme in acqua, e ieri, come si suol dire, si è trasformato in un sottilissimo gambo, incontenibile, nella gioia della casa.
    Rido così tanto di ciò che sopravvive all’estate, che so già cos’è sufficiente.

    LE CROCODILE ET MALLARMÉ
    Eugène Mallarmé, illustre professore del Collegio di Francia, pubblica nel 1899 la sua monumentale Histoire Naturelle du Crocodile Africain. Un anno dopo ha l'opportunità di mettere piede nel continente nero.
    Ora si trova a Rwonga, davanti al suo primo esemplare vivo della specie. Il sangue, all’improvviso, gli si gela, il coccodrillo avanza e Eugène Mallarmé sale su un banano.
    Eretto sui quarti posteriori, il mostro striscia e si arrampica.
    Le ultime parole del saggio, secondo gli sconsolati testimoni, furono queste:
    -Mais non! Mais non! Les crocodiles ne montent pas aux arbres!

    SIETE STATI BUONI CON ME
    Odia con tutto il tuo rancore, con tutto il risentimento che porti ancora nelle viscere. E non temere, perché perfino la crudeltà più abietta scoppia da sé come una bacca matura.
    Odia, non per ogni colpo ricevuto - questa è la cosa più semplice - ma per tutto ciò che mai più ricorderai. Che l'unica cosa che potrà illuminare la tua vita sarà l'odio.
    E per quanto ignobili siano state le tue azioni, non dimenticare di ringraziare tutti e per tutto quando giungerai alla fine.

    SPARI IN PARADISO
    Solo
    Quando cade ottobre
    Gli alberi di nuovo
    Rimuovono i dispiaceri
    E la luce dubita
    Tastando corpi inafferrabili.
    La luce e lo sguardo si gettano
    Nello stesso abbraccio.
    Apro gli occhi e non c’é nessuno.

    SE IO MAI
    Arrivano i giorni, finiscono le frasi,
    Su questa nave abbandonata che chiamo dio,
    Come se fosse la prima volta, il motivo
    Di non si sa quale annuncio.
    Il sereno tracciato degli astri
    Da qualche parte risplendeva.

    LUOGO DI NASCITA
    Grave laguna, sono i tuoi occhi
    O sono castigo
    Le piaghe che cullano le mie braccia?
    Nelle vecchie case chiuse,
    Colombaie sofferenti,
    Non si è sentita di nuovo la luce del giorno,
    Nemmeno il sangue scorre più
    Nei viali del vento.
    Bebendo
    Il trascorrere indolente delle ore,
    Le ombre abbattute
    Della ferita nell'anima.
    Sarò morto, dunque, tornerò
    In quelle strade e dicono di conoscermi.

  • LA BREVITA' POETICA
    DI ANA MARIA DEL RE

    data: 02/10/2019 18:16

           La poesia della venezuelana Ana María Del Re raccolta finora in tre splendidi libri (Trazos, Nocturnos e La noche todavía) è un magnifico esempio di concisione espressiva. La brevità, che in alcuni dei suoi cultori non ha smesso di essere una semplice forma, acquista in lei la difficile profondità di una poetica.
    Quell’apparenza dei suoi testi, più che una retorica, è un dialogo con l’istante. A partire dalle poesie di Trazos la sua opera esplora una luminosa concentrazione della parola. Lo fa perché le interessa di più l’emozione vissuta in essa (“la sua nostalgia/la sua intima penuria”) che lo sfoggio verbale che potrebbe riprodurla. Più vicino alla trasparenza che alla maschera - per dirlo con parole a lei molto care - Ana María Del Re vive e indaga anche di notte: una notte in cui il sole resta alle finestre, con la sua rosa bianca, sola, “fino all’arrivo dell’alba”.
    Traduttrice e studiosa della poesia in diverse lingue, Ana María Del Re ha lasciato, per le sue poesie, lo spazio della limpidezza, sebbene ci sia cultura - e ce n’è - nella sua vita. E di ciò i lettori le sono grati.
    E questi nella presente selezione apprezzeranno, oltre al paesaggio della notte, alcune pagine che sono corpo. Per essere più preciso, poesie che sono un palpito. Come si sa, i palpiti non durano a lungo. Hanno, nel dire di San Tommaso, “l’abbondanza giusta”. Io stesso ora, leggendo Ana María Del Re, sento che nel silenzio “canta un uccello” sulla pagina, e io rispondo.
    Si riempie la notte e qui rimango.

    ---------

    La poesía de la venezolana Ana María Del Re, reunida hasta ahora en tres espléndidos libros (Trazos, Nocturnos y La noche todavía) es un magnífico ejemplo de concisión expresiva. La brevedad, que en algunos de sus cultores no ha pasado de ser una simple forma, adquiere en ella la difícil hondura de una poética.
    Esa primera apariencia de sus textos (51 palabras tienen los dos poemas más largos de esta selección), antes que una retórica, es un diálogo con el instante. Desde los poemas de Trazos su obra explora una luminosa concentración de la palabra. Lo hace porque le importa más la emoción vivida en ella (“su nostalgia/ su íntima penuria”) que el despliegue verbal que podría reproducirla. Más cerca de la transparencia que de la máscara -para decirlo con vocablos de su afecto-, Ana María Del Re también vive e indaga en la noche: una noche en la que el sol permanece en las ventanas, con su rosa blanca, sola, “hasta que llegue el alba”.
    Traductora y estudiosa de la poesía en varios idiomas, Ana María Del Re ha dejado para sus poemas el espacio de la limpidez, por más cultura literaria que haya –la hay- en su vida. Y eso se lo agradecemos los lectores.
    En esta selección apreciarán, además del paisaje de la noche, unas páginas que son cuerpo. Mejor dicho, unos poemas que son un latido. Como se sabe, los latidos no duran mucho. Tienen, al decir de Santo Tomás, “la abundancia justa”. Yo mismo ahora, leyendo a Ana María Del Re, siento que en medio del silencio “canta un pájaro” en la página, y que yo le respondo.
    Se llena la noche y aquí me quedo.

    Freddy Castillo Castellanos
    versione italiana di Marcela Filippi Plaza

    ---------

    Non scrivi la poesia
    ma la sua nostalgia
    la sua intima penuria
    *
    Parola scissa
    il tuo nome
    segno appena
    *
    Una nuvola dorata
    piccolissima
    illumina il cielo
    Dura solo un instante
    il prolungato
    istante
    in cui la guardo
    *
    Un trifoglio di sette foglie
    cresce nel giardino contiguo
    Nessuno ha osato guardarlo
    *
    E’ aprile
    sulle rive del Gran Lago
    e vediamo fiorire i tulipani
    Di nuovo il tuo volto
    attraversato dal raggio
    la mano che accarezza
    la rotondità perfetta dell’istante
    Arrivano sussurri
    arrivano raffiche
    Tutta la notte il sole
    alle finestre
    Il non ancora detto
    l’imminente
    il suo fermo splendore
    *
    Come parlare di tramonti
    e di alte maree?
    Arsero tanti soli
    quell’estate
    Forse il mare
    è l’indizio
    di un mormorio
    più profondo
    Tra desideri
    e nostalgie
    la vita passa
    come la poesia

    (dal libro Trazos)

    No escribes el poema
    sino su nostalgia
    su íntima penuria

    *
    Palabra escindida
    tu nombre
    trazo apenas
    *
    Una nube dorada
    pequeñísima
    alumbra el cielo
    Dura sólo un instante
    el prolongado
    instante
    en que la miro
    *
    Un trébol de siete hojas
    crece en el jardín contiguo
    Nadie ha osado mirarlo
    *
    Es abril
    a orillas del Gran Lago
    y vemos florecer los tulipanes
    Es de nuevo tu rostro
    cruzado
    por el rayo
    la mano que acaricia
    la redondez perfecta del instante
    Llegan susurros
    llegan ráfagas
    Toda la noche el sol
    en las ventanas
    Lo todavía no dicho
    lo inminente
    su firme resplandor
    *
    ¿Cómo hablar de atardeceres
    y pleamares?
    Ardieron tantos soles
    aquel verano
    Quizás el mar
    sea el indicio
    de un murmullo
    más hondo
    Entre deseos
    y nostalgias
    se nos pasa la vida
    como el poema


    (del libro Trazos)

    ***
    Imperversa un vento gelido
    sul ramo della quercia
    Un uomo solitario
    attraversa il bosco
    con una bussola rotta
    Sento il crepitare
    di cristalli
    un grido che dice il mio nome
    *
    Riposa
    anima mia
    Lasciati sedurre dal silenzio
    Non è ancora finita
    la notte
    *
    La rosa bianca
    è sola
    in mezzo alla notte
    Non ha paura
    conosce il suo destino:
    essere rosa bianca
    fino all’arrivo dell’alba
    *
    La dama balla nuda
    illuminata
    nella gran sala
    dai tendaggi rossi
    Le sue mani lunghe
    e ondulanti
    tracciano segni incrociati
    in aria
    Spunta il giorno nella città di bronzo
    un orologio di sabbia si ferma
    un candelabro cade
    Il cavaliere dalla spada
    scruta in un angolo
    e impugna l’arma

    (dal libro Nocturnos)

    Arrecia un viento helado
    en la rama
    del roble
    Un hombre solitario
    cruza el bosque
    con una brújula rota
    Escucho un crujir
    de cristales
    Un grito que me nombra
    *
    Descansa
    alma mía
    Déjate seducir por el silencio
    Aún no ha cesado
    la noche
    *
    La rosa blanca
    está sola
    en medio de la noche
    No siente miedo
    conoce su destino:
    ser rosa blanca
    hasta que llegue el alba
    *
    La dama baila desnuda
    iluminada
    en la gran sala
    de cortinajes rojos
    Sus manos largas
    y ondulantes
    trazan signos cruzados
    en el aire
    Amanece en la ciudad de bronce
    Un reloj de arena se detiene
    Un candelabro cae
    El caballero de la espada
    acecha en un rincón
    y empuña el arma

    (del libro Nocturnos)

    ***
    La mansuetudine
    dell’acqua
    nel canale oscuro
    Un airone bianco
    immobile
    sulla pietra
    Filiera di alte luci
    che ancora non illuminano
    Case addormentate vicino al canale
    tutte uguali
    a esse stesse
    Dove conduce
    questa quiete?
    *
    I soli bianchi
    del deserto
    il tatto delle dune
    La tua mano scivolando
    sulla tiepida pelle
    della pagina
    Il poema
    una palpitazione
    nel buio
    *
    Bisogno
    di averti accanto a me
    nella penombra
    di una stanza
    intatta
    L’uno nell’altro
    L’uno sognandosi
    nell’altro
    mentre scorre
    la notte
    *
    La notte ancora
    e tu così lontano
    Forse ti sveglieranno
    altre albe
    altre voci
    Qui le acque
    han portato via tutto
    tranne il tuo nome
    *
    Canta un uccello
    un altro gli risponde
    Bastano due voci
    per riempire la notte
    *
    Coloro che camminano
    di notte
    a volte
    non sono passeggianti
    sono quelli
    che ritornano
    alla ricerca
    della loro ombra
    *
    Il canto
    degli uccelli
    nella mattina
    limpida
    Noi ascoltandolo
    *
    Il poeta
    recita antichi versi
    che solo ascolta
    il vento
    *
    In tempi di oscurità
    concedici Signore
    la parola accesa

    (dal libro La noche todavía)

    La mansedumbre
    del agua
    en el canal oscuro
    Una garza blanca
    inmóvil
    sobre la piedra
    Hilera de altas luces
    que aún
    no alumbran
    Casas dormidas junto al canal
    todas iguales
    a sí mismas
    ¿Hacia dónde conduce
    esta quietud?
    *
    Los soles blancos
    del desierto
    el tacto
    de las dunas
    Tu mano deslizándose
    por la piel tibia
    de la página
    El poema
    un latido
    en lo oscuro
    *
    Necesidad
    de tenerte a mi lado
    en la penumbra
    de una habitación
    intacta
    Uno en el otro
    uno soñándose
    en el otro
    mientras sigue
    la noche
    *
    La noche todavía
    y tú tan lejos
    Acaso te despierten
    otros amaneceres
    otras voces
    Aquí las aguas
    se lo han llevado todo
    menos tu nombre
    *
    Canta un pájaro
    otro le responde
    Bastan dos voces
    para llenar la noche
    *
    Los que caminan
    de noche
    a veces
    no son paseantes
    Son aquellos
    que regresan
    en busca
    de su sombra
    *
    El canto
    de los pájaros
    en la mañana
    limpia
    Nosotros escuchándolo
    *
    El poeta
    recita antiguos versos
    que sólo escucha
    el viento
    *
    En tiempos de oscuridad
    concédenos Señor
    la palabra encendida

    (del libro La noche todavía)

    ***
    Cresce una rosa
    Tra i vecchi muri
    Qualcuno la guarda
    *
    Cade la notte
    Sulle torri bianche
    Tutto è silenzio
    *
    Giunge l’inverno
    il cipresso è solo
    sulla collina
    *
    In autunno
    la solitaria notte
    custodisce un segreto

    (da un libro inedito di haiku)

    Crece una rosa
    Entre los viejos muros
    Alguien la mira.
    *
    Cae la noche
    Sobre las torres blancas
    Todo es silencio.
    *
    Llega el invierno
    el ciprés está solo
    en la colina.
    *
    En el otoño
    la solitaria noche
    guarda un secreto.
    (de un libro inédito de haikús)
    ***
    Mi rendi
    quel sapore di ciliegie
    il sentiero sulla collina
    la cappella solitaria
    Mi rendi
    il tempo
    sul filo
    di una spada

    (Inedito)

    Me devuelves
    aquel sabor a cerezas
    el sendero en la colina
    la capilla solitaria
    Me devuelves
    el tiempo
    en el filo
    de una espada.

    (Inédito)
    Ana María Del Re
    versione italiana di Marcela Filippi

    ***
    Ana María Del Re (Caracas 1944-2019) . Poeta e traduttrice. Laureata in lettere e in francese presso l’Università Centrale del Venezuela. Ha conseguito un Master in Letteratura ispanoamericana presso l’Università Simón Bolívar dove è stata docente dal 1975 fino al 2000 ed è stata una delle coordinatrici dell’Atelier Letterario “Anagrama”. Ha fequentato corsi di specializzazione per il dottorato in letteratura presso l’Università La Sorbonne (Parigi).
    Ha tradotto i poeti italiani Umberto Saba, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Mario Luzi, Roberto Mussapi; J. R. Wilcock; il poeta francese Eugene Guillevic. Ha tradotto in italiano il libro Amante del poeta Rafael Cadenas.
    Ha pubblicato i libri di poesia Trazos (Barcellona, Spagna, 1990), Nocturnos, Nocturnes(Soumagne, Belgio, 1998, edizione bilingue) e La noche todavía (Caracas, Bid & Co. Editore, 2007), La nuit encore (Agneaux, France, Eds. du Frisson Esthétique, 2014. Edizione bilingue).
    E ‘stata responsabile della selezione, prologo, cronologia e bibliografia dell’opera poetica del cileno Humberto Díaz-Casanueva (Biblioteca Ayacucho, Caracas, 1988).
    Traduzioni in spagnolo e in italiano:
    •Juan Rodolfo Wilcock, Poesie. Prólogo, selezione e traduzione. Caracas, Editorial Fundarte, Col. Breves, N. 31, 1985. 52 pagg.
    •Umberto Saba, Il canzoniere. Antologia poetica e lettere scelte. Introduzione, selezione, traduzione, cronologia e note. Caracas, Monte Avila editores, 1990. 176 pagg.
    •Eugene Guillevic, Del reino. Presentazione, traduzione e intervista . Caracas, Monte Avila editores y Equinoccio, edizioni dell’Università Simón Bolívar, 1997. 193 pagg.
    •Roberto Mussapi, El polvo y el fuego. La polvere e il fuoco. Antologia poetica. Traduzione e note. Caracas, coedizione della Casa della Poesía J.A. Pérez Bonalde con l’Istituto Italiano di Cultura. 1999. 91 pagg.
    •Eugene Guillevic, Magnificat (Include tre libri di poesia: Magnificat, Ella, Del silencio). Presentazione, traduzione e note. Caracas, Fondo editorial Pequeña Venecia, N.96, 2002. 119 pagg. Edizione patrocinata dall’Ambasciata di Francia in Venezuela.
    •Eugenio Montale, Selezione di poesie, in Mostra della poesia. Gli italiani/ Los italianos. Los venezolanos/ I venezuelani. Edizione bilingue italiano-spagnolo. Caracas, Bid & Co. editore, Collana Poesis, 2008. Edizione patrocinata dall’Università Centrale del Venezuela, Edizioni della Biblioteca, EBUC.
    •Rafael Cadenas, Amante. Edizione bilingue spagnolo-italiano. Caracas, Bid & Co. editore, Collana Poesis, 2011. Edizione patrocinata da Trefymaca C.A.
    •Carlo Collodi, Las aventuras de Pinocho. Historia de un muñeco/Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Caracas, Fundavag, 2017.
    •Giuseppe Ungaretti, Selezione di poesie e saggi. Di prossima pubblicazione.

    *
    Ana María Del Re nació en Caracas. Poeta y traductora. Licenciada en Letras y en Francés Superior en la Universidad Central de Venezuela. Realizó estudios para la Maestría en Literatura Hispanoamericana en la Universidad Simón Bolívar, donde ejerció la docencia desde 1975 hasta el 2000 y fue una de las coordinadoras del Taller Literario “Anagrama”. Siguió cursos de especialización para el Doctorado en Literatura en la Universidad de La Sorbona (París).
    Ha traducido a los poetas italianos Umberto Saba, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Mario Luzi, Roberto Mussapi; a J. R. Wilcock; al poeta francés Eugene Guillevic. Realizó la traducción al italiano del libro Amante del poeta Rafael Cadenas.
    Ha publicado los poemarios Trazos (Barcelona, España, 1990), Nocturnos, Nocturnes (Soumagne, Bélgica, 1998, edición bilingüe) y La noche todavía (Caracas, Bid & Co. Editor, 2007), La nuit encore (Agneaux, France, Eds. du Frisson Esthétique, 2014. Edición bilingüe).
    Tuvo a su cargo la selección, el prólogo, la cronología y la bibliografía de la Obra Poética del chileno Humberto Díaz-Casanueva (Biblioteca Ayacucho, Caracas, 1988).
    Traducciones al español y al italiano:
    •Juan Rodolfo Wilcock, Poemas. Prólogo, selección y traducción. Caracas, Editorial Fundarte, Col. Breves, N. 31, 1985. 52 págs.
    •Umberto Saba, El cancionero. Antología poética y cartas escogidas. Introducción, selección, traducción, cronología y notas. Caracas, Monte Avila editores, 1990. 176 págs.
    •Eugene Guillevic, Del reino. Presentación, traducción y entrevista. Caracas, Monte Avila editores y Equinoccio, ediciones de la Universidad Simón Bolívar, 1997. 193 págs.
    •Roberto Mussapi, El polvo y el fuego. La polvere e il fuoco. Antología poética. Traducción y notas. Caracas, coedición de la Casa de la Poesía J.A. Pérez Bonalde con el Istituto Italiano di Cultura. 1999. 91 págs.
    •Eugene Guillevic, Magnificat (Incluye tres poemarios: Magnificat, Ella, Del silencio). Presentación, traducción y notas. Caracas, Fondo editorial Pequeña Venecia, N.96, 2002. 119 págs. Edición patrocinada por la Embajada de Francia en Venezuela.
    •Eugenio Montale, Selección de poemas, en Mostra della poesia. Gli italiani/ Los italianos. Los venezolanos/ I venezuelani. Edición bilingüe italiano-español. Caracas, Bid & Co. editor, Colección Poesis, 2008. Edición patrocinada por la Universidad Central de Venezuela, Ediciones de la Biblioteca, EBUC.
    •Rafael Cadenas, Amante. Edición bilingüe español-italiano. Caracas, Bid & Co. editor, Colección Poesis, 2011. Edición patrocinada por Trefymaca C.A.
    •Carlo Collodi, Las aventuras de Pinocho. Historia de un muñeco/Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Caracas, Fundavag, 2017.
    •Giuseppe Ungaretti, Selección de poemas y ensayos. De próxima aparición.
    a cura di Freddy Castillo Castellanos e Marcela Filippi

  • 5 POESIE DI FREDDY CASTILLO CASTELLANOS

    data: 27/09/2019 12:04

    Cinque poesie dello scrittore venezuelano Freddy Castillo Castellanos, fra l'altro fondatore dell’Università Nazionale Sperimentale di Yaracuy, da me tradotte in italiano. 

    CETRERÍA

    Amaba la alquimia y los poemas
    Era letrado triste y ardoroso
    Le compuso a Constanza algunos versos
    que llegaron a sonar purísimos
    en la noche siciliana
    Pero su fuerte eran el trono y la caza
    Disponía de halconeros y de pajes
    con esa rara complacencia
    que suelen tener los sabios cuando aman
    Nada le hicieron a su alma dos excomuniones
    anodinas y torpes como todas

    Era primo de Tomás de Aquino

    Era poderoso pero también poeta
    rareza que la Historia y Platón
    no comprendieron nunca
    menos la vida turbia
    de los pobres ejércitos del Papa

    Se llamaba bellamente Federico II de Suabia

    FALCONERIA

    Amava l’alchimia e le poesie
    Era letterato triste e ardente
    Compose alcuni versi per Costanza
    che suonarono purissimi
    nella notte siciliana
    Ma il suo forte era il trono e la caccia
    Disponeva di falconi e di paggi
    con quella rara compiacenza
    che sono soliti avere i saggi quando amano
    Nulla fecero alla sua anima due scomuniche
    anodine e ottuse come tutte

    Era cugino di Tommaso d’Aquino

    Era potente ma anche poeta
    rarità che la storia e Platone
    non compresero mai
    ancor meno la vita torbida
    dei poveri eserciti del Papa

    Si chiamava bellamente Federico II di Svevia

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    MNEMÓSINE

    La memoria y el azar poseen hilos secretos que se cruzan en su lugar predilecto: el laberinto.
    La memoria tiene pasadizos ocultos, pero no se pierde. Tú te pierdes en ella.
    Perder la memoria, en realidad, es perderse en la memoria. Es perder su hilo.
    La memoria también es un bosque. Sus árboles, a veces, no te dejan verla. Procura siempre alcanzar un claro en su interior y trata de leer desde allí a María Zambrano, como quien celebra un ritual arcaico.
    La memoria tiene vida propia. Tú no la tienes. Ella te tiene a ti.
    La memoria tiene más futuro que pasado, aunque contenga todos los pasados.
    La memoria puede ser silenciosa e invisible, pero está ahí, más viva que nunca, acechándote.
    Cuando la memoria habla, tú callas. Cuando la memoria calla, tú ni hablas ni escribes. Te dejas llevar por su rumor.
    La memoria no escribe hoy porque lo escribió todo mañana.
    La memoria atesora personajes que parecen perdidos para siempre. Un día, que puede ser hoy, uno de esos personajes aparece y te dice lo que nunca se atrevió a decirte hace décadas. Son las viejas celadas de Mnemósine, madre de todas las musas.
    La memoria se detiene algunas veces y rememora. Después vuelve con más bríos y te inunda.
    La memoria es una mañana en el mar porque dos amantes escuchan el aria de las Bachianas brasileiras Nro. 5 de Villalobos.
    La memoria es un territorio infinito, un légamo que no termina.
    Pero la memoria suele dislocar su brújula y se va al pasado, por irse al futuro.
    Se equivocó la memoria. Se equivocaba.

    MNEMOSINE

    La memoria e il caso posseggono fili segreti che si incrociano nel loro luogo prediletto: il labirinto.
    La memoria ha passaggi occulti, ma non si perde. Tu ti perdi in essa.
    Perdere la memoria, in realtà, è perdersi nella memoria. E’ perdere il suo filo.
    La memoria è anche un bosco. I suoi alberi, a volte, non ti permettono di vederla.
    Procura sempre di raggiungere una radura al suo interno e cerca di leggere da lì
    Maria Zambrano, come chi celebra un rituale arcaico.
    La memoria ha vita propria. Tu non ce l'hai. Lei ha te.
    La memoria ha più futuro che passato, sebbene contenga tutti i passati.
    La memoria può essere silenziosa e invisibile, ma è lì, più che mai a braccarti.
    Quando la memoria parla, tu taci. Quando la memoria tace, tu non parli né scrivi. Ti lasci trasportare dai suoi rumori.
    La memoria non scrive oggi perché ha scritto tutto domani.
    La memoria raccoglie personaggi che sembrano perduti per sempre. Un giorno, che può essere oggi, uno di quei personaggi appare e ti dice ciò che non ha mai osato dirti da decadi. Sono le vecchie insidie di Mnemosine, madre di tutte le muse.
    La memoria qualche volta si ferma e rimembra. Dopo torna con più brio e ti inonda.
    La memoria è una mattina al mare perché due amanti ascoltano l'aria delle Brachianas Brasileiras nro 5 di Villa-Lobos.
    La memoria è un territorio infinito, un limo che non finisce.
    Ma la memoria di solito disloca la sua bussola e se ne va al passato, per andare al futuro.
    Si è sbagliata la memoria. Si sbagliava.

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    ROTHKO

    Han salido del convento.
    Él la toma de la mano y miran el cielo de Florencia.
    Por la dulzura de su Anunciación
    y por el espacio armonioso de sus frescos,
    invocan, agradecidos,
    el nombre de Fra Angelico.
    Hace poco, en Roma, supieron
    que ella dará a luz el próximo diciembre.
    Un dulce asombro los conmueve.

    ROTHKO

    Sono usciti dal convento.
    Lui la prende per mano e guardano il cielo di Firenze.
    Per la dolcezza della sua Annunciazione
    e per lo spazio armonioso dei suoi affreschi,
    invocano, grati,
    il nome di Fra Angelico.
    Recentemente, a Roma, hanno saputo
    che lei darà alla luce il prossimo dicembre.
    Un dolce stupore li commuove.

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    EL PAISAJE SOY YO

    El paisaje invisible.
    El hombre ante el paisaje invisible, es el paisaje.
    Ante el paisaje total,
    el hombre siempre se hace invisible.

    IL PAESAGGIO SONO IO

    Il paesaggio invisibile.
    L’uomo davanti al paesaggio invisibile, è il paesaggio.
    Davanti al paesaggio totale,
    l’uomo sempre diventa invisibile.

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    DOS PAVESIANAS Y UN GATO

    I
    Porque la siento en el aire,
    lo que me gusta de Roma
    es su manera de perder el tiempo.
    Si bebo una copa,
    no es como en Turín.
    Allá bebo de rabia…
    En cambio, en Roma,
    siento que el vino
    entra y me recrea por dentro.
    Y sueño que el mundo es un camino infinito,
    como Roma.

    II
    No sé si vengo de la colina o del valle,
    de los bosques o de una casa con balcones.
    Este pueblo, donde no he nacido,
    durante mucho tiempo fue para mí el universo.
    En él se cultiva la uva que se vende en Canelli.
    También, se recogen las trufas
    y se llevan a Alba.
    Tengo para mí que las colinitas de Canelli
    son la puerta del mundo.


    DUE PAVESIANE E UN GATTO

    I
    Perché la sento nell’aria,
    ciò che mi piace di Roma
    è la sua maniera di perdere tempo.
    Se bevo un bicchiere,
    non è come a Torino.
    Là bevo per rabbia...
    Invece, a Roma,
    sento che il vino
    entra e mi ricrea dentro.
    E sogno che il mondo sia un cammino infinito,
    come Roma.

    II
    Non so se vengo dalla collina o dalla valle,
    dai boschi o da una casa con balconi.
    Questo paese, dove non sono nato
    durante molto tempo fu per me l’universo.
    In esso si coltiva l’uva che si vende a Canelli.
    Parimenti, si raccolgono i tartufi
    e si portano ad Alba.
    Tengo per me che le collinette di Canelli
    siano la porta del mondo.

     

    (1) Freddy Castillo Castellanos (1959). Avvocato, scrittore e docente nato a Barquisimeto (Venezuela), dove risiede. Rettore-Fondatore dell’Università Nazionale Sperimentale di Yaracuy (1999-2011). Direttore e professore di seminari e di laboratori di poesia presso la Casa de las Letras “Antonio Arráiz”. È stato membro del consiglio direttivo della casa editrice Biblioteca Ayacucho ed è stato membro del consiglio dei lettori della casa editrice Monte Ávila, Caracas. Autore dei seguenti libri di saggi letterari: Incisioni; Sucre, il più sereno degli eroismi, La scienza della cavalleria andante; La gastronomia come patrimonio immateriale. Ha fondato e diretto le riviste letterarie Letra Continua e Papel Abierto.

     

  • LE POESIE STRANIERE
    DI DOMINGUEZ RAMOS

    data: 14/07/2019 20:09

    “Un canto straniero”. E’ il titolo di un volume di poesie di Santo Dominguez Ramos, poeta e critico letterario spagnolo, che vedrà la luce nel prossimo autunno. Introduzione di Freddy Castillo Castellanos. Traduzioni e cura di Marcela Filippi Plaza. Anticipiamo l’introduzione di Castillo Castellanos e alcune poesie di Domínguez Ramos.
     
    Quando il poeta Félix Grande, nel presentare uno dei suoi libri, disse: “Santos Domínguez cammina e cammina con la forza indistruttibile di chi porta in spalla il suo sacco di dolore, la sua emozione di esistere e le sue consolanti parole genesiache”, stava affermando una presenza irriducibile: quella della parola come centro matrice della sua creazione. Senza di essa, né il dolore né l'emozione di esistente sarebbero tali. Lo sono, perché il poeta è stato in grado di dare loro vita nelle sue pagine.
    Nel ricco panorama della poesia spagnola degli ultimi decenni, si sottolinea il nome di Santos Domínguez Ramos (Cáceres, Spagna, 1955), autore, anche di gli altri libri eccellenti: Las provincias del fríoEn un bosque extranjeroLas sílabas del tiempoLuna y ciencia nocturnaEl viento sobre el agua y Principio de Incertidumbre.
    Lo si riconosce da una cadenza di echi o di vocaboli che si succedono per fornire il profilo preciso di un'immagine, sia esso un testo dall'impronta metafisica o dall'affettuosa ricreazione di un personaggio. Penso che in quest'opera  c sia una sorta di "marchio Domínguez" a servizio della luce. Meglio detto:della sua ricerca. Una luce che illumina strade vecchie o sconosciute e recupera territori ed esseri dimenticati.
    I suoi testi invocano letture, paesaggi e ombre protettive, che si rivelano di volta in volta in una delicata esplorazione  della memoria. Anzi: diventano poco a poco memoria. Una sorta di immaginario, non nel modo "culturalistico" come alcuni un tempo erano soliti fare; appare come un grande telone, perché il poeta è anche memoria, e lo è perché gli autori e i personaggi che ha  letto (o visto o sentito) sono parte importante della sua vita. Domínguez dice, in un verso che ha risuonato in me borgesianamente."Siamo la nostra memoria  in un paesaggio" (Persistenza del fumo). E siamo qualcos'altro, afferma: "Siamo ciò che dimentichiamo". Bisognerebbe aggiungere insieme a Borges e alla sua ontologia negativa, che quest'ultima potrebbe essere provvisoria, perché "Solo una cosa non c'è: è l'oblio".
    Il poeta si volge  al passato, verso una tradizione che lo sostiene e la rende presente: Perché guardiamo sempre / indietro, come l'angelo, / o come la donna dal nome silenzioso / che lasciando Sodoma piangeva il suo passato... / nelle chiare piane del ricordo (...) E’ la luce del passato, la luce più luminosa / e ha, come l'angelo, sulle spalle gli occhi. (Angelus Novus)
    Quell'angelo di Benjamin, quello della tradizione talmudica a cui Paul Klee ha dato gesti e sguardo, trova il giorno torbido. Viene da "le chiare pianure del ricordo", dove il passato rimane come spazio, non come tempo, Se fosse tempo, sarebbe un presente occulto che si porge verso la poesia e la guida: Il ricordo non è tempo: il ricordo è spazio. / Il suo luogo è l'assenza di paesaggi perduti
    In Pastorale d'autunno ci dice: Seduto su una pietra / ho imparato con gli anni a guardare la sera, / al di là del paesaggio, al di là degli uomini.
    Il poeta è anche il lettore, un lettore che davanti ai suoi occhi non ha solo libri. Ha anche -e molto- paesaggi, paesaggi che iniziamo a vedere con i suoi occhi e che finiamo per ricreare davanti allo specchio delle finestre, vedendo noi stessi -commossi-, così come l'autore vede se stesso: Il lettore si alza per guardare la fatica vegetale del paesaggio, / triste come i lunedì nei giardini zoologici. (...) il lettore si alza per guardare se stesso
    sul vetro. / E ora / i suoi occhi non guardano più. / La sera gli restituisce / la sua immagine sul freddo incendio del crepuscolo / in un bosco straniero che non dice il suo nome. / E il lettore non sa più / se la dubbiosa lacrima che cade dal vetro
    è sua o del paesaggio. (Il lettore, un paesaggio)
    Il lettore, col suo dubbio, comincia a capire che, oltre alla memoria, è anche paesaggio. In esso potrà diventare invisibile, ma il suo sguardo saprà sempre dove si nasconde.
    Sebbene denso, il linguaggio sembra leggero nella pagina. Si lascia trasportare dall'orecchio. I versi hanno il volo dell'uccello, un uccello che, come dice il poeta nel primo testo di questo libro, vola come tentativo di ottenere il suono dell'istante e lasciarlo intatto nella pagina.
    Se c'è qualcosa che Santos Domínguez ha, è orecchio, un orecchio che gli permette di non abbandonare mai la sua melodia, anche se di "musica insondabile" si tratti, come quella che accompagna l'ombra del gelo "quando cade nel deserto" (Ieri non ti ho visto in Babilonia).
    La parola come approssimazione dell'esperienza; meglio detto, come unica esperienza: la grande esperienza di una vita dedicata alla poesia e alle sue segrete assonanze. Perché "nella poesia vive una simulazione,/
    il segreto artificio/ verbale della memoria" (Vento di stella). Il poeta cerca di scoprirlo "sotto la luce della sera, sotto il primo quarto/della luna sull'isola", fino a quando la notte giunge nelle note di un oboe  (Scrivere di sera)
    Scoprire fuori dalla Spagna l'eccellente poesia di Santos Domínguez  Ramos è scoprire che la migliore tradizione della sua bella lingua, non è stata abbandonata. Al contrario, è stata arricchita.
    FREDDY CASTILLO CASTELLANOS
    (versione italiana di Marcela Filippi Plaza)
     
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    ROSA DE LA MEMORIA
    Tú, rosa de silencio, tú, luz de la memoria                                                                                    
    (Luis Cernuda)           
     
    Mi memoria es a veces la memoria de un río,
    la gramática cóncava de la fiebre en la herida
    profunda del paisaje,
    el intervalo oscuro de la sangre.
     
    Como llaga erosiva y minuciosa,
    ¿nace o muere la luz en el recuerdo?
    ¿Sale o se pone el sol
    en el ardor sin llama de la ruina?
     
    Otros días mi memoria se remonta hacia arriba,
    sucinta y transitoria, sin puntos cardinales
    por el cauce de un río que yo no he visto nunca.
     
    Tenaz, inapetente,
    en sus orillas pasta un animal tranquilo.
    Sus ojos no me ven.
    Indiferentes, turbios,
    son los ojos del tiempo.
     
    ROSA DELLA MEMORIA
     
    La mia memoria è a volte la memoria di un fiume,
    la grammatica concava della febbre nella ferita
    profonda del paesaggio,
    l'oscuro intervallo del sangue.
     
    Quale ferita erosiva e minuziosa,
    nasce o muore la luce nel ricordo?
    Sorge o tramonta
    nel rogo senza fiamma della rovina?
     
    Altri giorni la mia memoria risale,
    concisa e transitoria, senza punti cardinali
    dall’alveo di un fiume che non ho visto mai.
     
    Tenace, inappetente,
    sulle sue sponde pascola un animale tranquillo.
     
    I suoi occhi non mi vedono.
    Indifferenti, torbidi,
    sono gli occhi del tempo.
     
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    EL ÁRBOL DE LA PACIENCIA
    “Y el Árbol de la Paciencia llevará su fruto”
    Omar Faruk)
     
    He visto lo que vuelve: la lluvia de la tarde,
    los pájaros del tiempo en las almenas,
    su temblor amarillo,
    la simiente de lava en los volcanes.
     
    Secuencia de raíces o signos en el aire,
    un relámpago quieto vibra en el horizonte:
    es la música y llueve sobre el árbol en llamas,
    de raíces amargas y frutos delicados.
     
    Llueve sobre los muertos que no saben que llueve
    y hay ángeles que tiñen de negro con sus alas
    la claridad redonda de la luna.
     
    Enfrían con su luto la luz del equinoccio,
    el fulgor cenital de la pascua de marzo.
     
    Igual que los eclipses,
    destemplan los acordes naturales del mundo,
    alteran la destreza rutinaria del tiempo.
     
    Su canto de ceniza viaja por la secuela
    azul de las galaxias,
    corta como la nieve que afila los tejados
    y arrasa los cimientos
    y quema las pupilas del insomne.
     
    L'ALBERO DELLA PAZIENZA
     
    Ho visto ciò che torna: la pioggia della sera,
    gli uccelli del tempo sui bastioni,
    il loro tremore giallo,
    il seme di lava nei vulcani.
     
    Sequenza di radici o segni nell'aria,
    un lampo immobile vibra all'orizzonte:
    è la musica e piove sull'albero in fiamme,
    di radici amare e frutti delicati.
     
    Piove sui morti che non sanno che piove
    e ci sono angeli che tingono di nero con le loro ali
    il chiarore rotondo della luna.
     
    Raffreddano con il loro lutto la luce dell'equinozio,
    il bagliore zenitale della pasqua di marzo.
     
    Così come le eclissi,
    disarmonizzano gli accordi naturali del mondo,
    alterano la destrezza rutinaria del tempo.
     
    Il loro canto di cenere viaggia attraverso la lesione
    blu delle galassie,
    taglia come la neve che affila i tetti
    e rade al suolo le fondamenta
    e brucia le pupille dell'insonne.
     
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    LA NOCHE DEL COBARDE
    “Y cae la noche, la noche –la hora de la jungla”
    (Robert Lowell)
     
    Su lugar es la noche. Si les ladran los perros,
    si el canto atormentado de un pájaro nocturno
    llega hasta sus orejas de cobarde madera,
    ellos siguen andando por su sombra de peces
    ajenos a las fuentes y a los ríos caudales.
     
    Donde la noche firma sus traiciones
    como los envoltorios, como desechos turbios
    confusamente vienen de donde sopla el viento
    con la astucia del tigre y el miedo de los bueyes.
    Viven en los insomnios del cartón, allí donde el naufragio
    del vidrio y su memoria
    abolida en la muerte civil de la palabras.
     
    Pero entonces la noche lo habrá deshabitado
    con la tristeza negra
    que tienen los armarios de un muerto por sorpresa.
     
     
    LA NOTTE DEL CODARDO
     
    Il suo luogo è la notte. Se gli abbaiano i cani,
    se il canto tormentato di un uccello notturno
    giunge fino alle sue orecchie di legno codardo,
    essi continuano a camminare nella loro ombra di pesci
    estranei alle fonti e ai fiumi copiosi.
     
    Dove la notte firma i suoi tradimenti
    come gli involucri, come torbidi rifiuti
    confusamente vengono da dove soffia il vento
    con l'astuzia della tigre e la paura dei buoi.
     
    Vivono nelle insonnie del cartone, là dove il naufragio
    di vetro e della sua memoria
    abolita nella morte civile delle parole.
     
    Ma allora la notte lo avrà disabitato
    con la tristezza nera
    che hanno gli armadi di un uomo morto di sorpresa.
     
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    ANGELUS NOVUS 
    (Paul Klee)
     
    ¿Por qué miramos siempre
    hacia atrás, como el ángel,
    o como la mujer de silencioso nombre
    que al salir de Sodoma lloraba su pasado
    en las claras planicies del recuerdo,
    en aquella ciudad de la llanura
    donde dejaba en sombra
    la casa abandonada con sus pecados íntimos,
    con sus secretos vicios que envidiaban los dioses?
     
    Antes de hacerse sal
    pudo ver el contorno de una nube de azufre,
    su densidad de fuego,
    la cabeza cortada del caballo,
    la lluvia genital sobre el país del yermo.
     
    En la hora amarilla del viento y del espanto
    tuvo tiempo de ver la confusión de tribus,
    las cansadas trincheras de la furia,
    los últimos cuarteles de un campo de Agramante.
     
    La venganza, la torpe secuela de la envidia
    la convirtió en estatua.
     
    Es la luz del pasado, la luz más luminosa
    y tiene, como el ángel, en la espalda los ojos.
     
    Porque nada hay más turbio que el día que le esperaba
    a Lot bajo las viñas amargas del incesto.
     
    Porque nada hay más turbio
    que el día que nos espera.
     
     
    ANGELUS NOVUS
     
    Perché guardiamo sempre
    indietro, come l'angelo,
    o come la donna dal nome silenzioso
    che lasciando Sodoma piangeva il suo passato
    nelle chiare piane del ricordo,
    in quella città della pianura
    dove lasciava in ombra
    la casa abbandonata con i suoi peccati intimi,
    con i suoi vizi segreti che gli dei invidiavano?
     
    Prima di divenire sale
    poté vedere il contorno di una nuvola di zolfo,
    la sua densità di fuoco,
    la testa mozzata del cavallo,
    la pioggia genitale sul paese dell’ermo.
     
    Nell'ora gialla del vento e della paura
    ebbe il tempo di vedere la confusione di tribù,
    le stanche trincee della furia,
    gli ultimi acquartieramenti di un campo di Agramante.
     
    La vendetta, l’inetta sequela dell'invidia
    la trasformò in statua.
     
    E’ la luce del passato, la luce più luminosa
    e ha, come l'angelo, sulle spalle gli occhi.
     
    Perché nulla è più torbido del giorno che attendeva
    Lot sotto le amare vigne dell'incesto.
     
    Perché nulla è più torbido

    del giorno che ci aspetta.  

  • DESPUÉS DE LAS BATALLAS/DOPO LE BATTAGLIE

    data: 07/03/2019 18:15

    de/di Santos Domínguez Ramos (trad. Marcela Filippi)

    La luz que ordena el mundo después de las batallas
    nace en los manantiales,
    viene al jardín del sueño, al fondo de la casa,
    de un íntimo universo.
     
    De las hierbas amargas que bordean el camino
    y asedian la penumbra silenciosa
    del interior del bosque con la voz encendida
    de los cuentos de invierno, donde la luz se enfría
    sobre el rito mecánico de un animal doméstico
    que hiere de misterio con sus ojos azules.
     
    Un caballo de sombras
    sube desde la alberca de un tiempo de cristal,
    del goteo de las horas
    sobre la fragua negra de la noche.
     
    Sube desde la alberca
    y va a la transparencia del aire y la campana,
    al valle en donde crecen
    los árboles sagrados que limitan el bosque.
     
    Se para en la frontera del barro y de las sílabas,
    en la raíz del mapa que traza la memoria
    con luna y con arena.
     
    Y al borde de la copa donde giran los astros 
    con su preciso ritmo esférico y sus números,
    como el ángel barroco de la niebla
    cruzará la llanura, la sembrará de plata,
    de hierba y de palabras que dirán la materia
    oscura que ahora somos.
     
    Bajo la noche cóncava respirará la angustia
    con pulsación secreta, con ritmo de oleaje.
    Ceniza o confusiones que trae la luz de enero
    después de las batallas.
     
    Y respira en silencio un pájaro de nieve.
     
    La luce che ordina il mondo dopo le battaglie
    nasce nelle sorgenti,
    viene al giardino del sogno, sul retro della casa,
    di un intimo universo.
     
    Dalle erbe amare che fiancheggiano la strada
    e assediano la penombra silenziosa
    dell'interno del bosco con la voce accesa
    dei racconti d'inverno, dove la luce si raffredda
    sul rito meccanico di un animale domestico
    che di mistero ferisce con i suoi occhi blu.
     
    Un cavallo di ombre
    sale dalla vasca di un tempo di cristallo,
    dal fluire delle ore
    sulla fucina nera della notte.
     
    Sale dalla piscina
    e va verso la trasparenza dell'aria e della campana,
    alla valle dove crescono
    gli alberi sacri che limitano il bosco.
     
    Si ferma nella frontiera del fango e delle sillabe,
    nella radice della mappa che traccia la memoria
    con luna e con sabbia.
     
    E sul bordo del calice dove ruotano gli astri
    con il loro preciso ritmo sferico e i loro numeri,
    come l'angelo barocco della nebbia
    attraverserà la pianura, la seminerà d'argento,
    d’erba e di parole che diranno la materia
    oscura che ora siamo.
     
    Sotto la notte concava respirerà l'angustia
    con palpitazione segreta, con ritmo ondoso.
    Cenere o confusioni che porta la luce di gennaio
    dopo le battaglie.
     
    E respira in silenzio un uccello di neve.
     
     
    (del libro “Las sílabas del tiempo”)

  • MI DESTINO SUDAMERICANO: EL ÍNTIMO CUCHILLO EN LA GARGANTA

    data: 20/01/2019 10:17

    IL MIO DESTINO SUDAMERICANO:L’INTIMO COLTELLO IN GOLA

    del Prof. Freddy Castillo Castellanos
    (traduzione Marcela Filippi)
     
    Al fin me encuentro/con mi destino sudamericano, dijo famosamente el doctor Francisco Laprida, en un célebre poema de Borges.De los numerosos estudios y ensayos que ese poema ha provocado,tengo para mí al de Juan Liscano como el más vivo y entrañable. Una vez, en la costa vasca francesa, nuestro poeta tuvo un sueño que le causó tanta impresión, que decidió transcribirlo de inmediato. Esa semana había recibido de la prestigiosa revista Cahiers de l’Herne, la invitación a colaborar en el número que esa importante publicación francesa le dedicaría a Borges. Cuando intentó iniciar el artículo, no pudo avanzar, y optó entonces por leer de nuevo el Poema conjetural. Al concluir la lectura,tuvo una revelación: su sueño había sido ese poema. Recordó las imágenes de un tal Laprade (no Laprida), francés, que cabalgaba un dromedario con rumbo a una pirámide, probablemente egipcia. Laprade y su cabalgadura caen en una fosa que se convierte en un río crecido. De pronto el sueño cambia de escena y aparece una gran mesa en la que se da un banquete. Los comensales son cuadros. En uno de ellos hay una fosa. Liscano, el soñador, se acerca y mira un medallón en el que está escrito Laprade. Levanta su mirada y le pregunta a un mesonero si allí murió Laprade. El hombre le responde que sí, con la cabeza. Liscano se despierta.
    No voy a glosar el magnífico ensayo del autor de Nuevo Mundo Orinoco, sino a decir, simplemente, que el Poema conjetural de Borges, soñado y releído por Liscano, le permitió asociar diversos ejemplos históricos del terrible encuentro entre la cultura y la barbarie. Tampoco voy a referirme a la presencia de Dante en un verso del texto borgeano. Sólo quiero decir que copiaré acá el poema de Borges, porque sigue vivo, resonando duramente en nosotros, venezolanos,frente a nuestro destino:
     
    Poema conjetural
    El doctor Francisco Laprida, asesinado el día 22 de setiembre de 1829 por los montoneros de Aldao, piensa antes de morir:
     
    Zumban las balas en la tarde última.
    Hay viento y hay cenizas en el viento,
    se dispersan el día y la batalla
    deforme, y la victoria es de los otros.
    Vencen los bárbaros, los gauchos vencen.
    Yo, que estudié las leyes y los cánones,
    yo, Francisco Narciso de Laprida,
    cuya voz declaró la independencia
    de estas crueles provincias, derrotado,
    de sangre y de sudor manchado el rostro,
    sin esperanza ni temor, perdido,
    huyo hacia el Sur por arrabales últimos.
    Como aquel capitán del Purgatorio
    que, huyendo a pie y ensangrentando el llano,
    fue cegado y tumbado por la muerte
    donde un oscuro río pierde el nombre,
    así habré de caer. Hoy es el término.
    La noche lateral de los pantanos
    me acecha y me demora. Oigo los cascos
    de mi caliente muerte que me busca
    con jinetes, con belfos y con lanzas.
    Yo que anhelé ser otro, ser un hombre
    de sentencias, de libros, de dictámenes
    a cielo abierto yaceré entre ciénagas;
    pero me endiosa el pecho inexplicable
    un júbilo secreto. Al fin me encuentro
    con mi destino sudamericano.
    A esta ruinosa tarde me llevaba
    el laberinto múltiple de pasos
    que mis días tejieron desde un día
    de la niñez. Al fin he descubierto
    la recóndita clave de mis años,
    la suerte de Francisco de Laprida,
    la letra que faltaba, la perfecta
    forma que supo Dios desde el principio.
    En el espejo de esta noche alcanzo
    mi insospechado rostro eterno. El círculo
    se va a cerrar. Yo aguardo que así sea.
    Pisan mis pies la sombra de las lanzas
    que me buscan. Las befas de mi muerte,
    los jinetes, las crines, los caballos,
    se ciernen sobre mí... Ya el primer golpe,
    ya el duro hierro que me raja el pecho,
    el íntimo cuchillo en la garganta.
     
    “Alla fine mi trovo/col mio destino sudamericano”, disse notoriamente il dottore Francisco Laprida, in un celebre poema di Borges. Dei numerosi studi e saggi che questo poema ha ispirato, tengo per me quello di Juan Liscano, perché è il più acuto e accattivante. Una volta, nella costa basca francese, il nostro poeta fece un sogno che lo impressionò molto e decise di trascriverlo immediatamente. Quella settimana aveva ricevuto dalla prestigiosa rivista Cahiers de l’Herne, l’invito a collaborare al numero che quell’importante pubblicazione francese avrebbe dedicato a Borges. Quando cercò di iniziare l’articolo, non poté andare avanti, e decise di leggere di nuovo il Poema congetturale. Conclusa la lettura, ebbe una rivelazione: il suo sogno era stato quel poema. Ricordò le immagini di un certo Laprade (non Laprida), francese che cavalcava un dromedario verso una piramide, probabilmente egizia. Laprade e la sua cavalcatura caddero in una fossa che si trasformava in un fiume in piena. All’improvviso il sogno cambiò scena e apparve un grande tavolo, dove si svolgeva un banchetto. I commensali, erano quadri. In uno di questi c’èra una fossa. Liscano, il sognatore, si avvicinò e guardò un medaglione in cui c’era scritto Laprade. Alzò lo sguardo e chiese a un cameriere se lì fosse morto Laprade. L’uomo rispose di sì, con la testa. Liscano si svegliò.
     
    Non glosserò il magnifico saggio dell’autore di Nuovo Mondo Orinoco, ma dirò soltanto che il Poema congetturale di Borges, sognato e riletto da Liscano, gli permise di associare vari esempi storici del terribile incontro tra la cultura e la barbarie. Nemmeno farò riferimento alla presenza di Dante in un verso del testo di Borges. Voglio solo dire che qui copierò il poema di Borges, perché è ancora attuale, e riecheggia in noi, venezuelani, duramente, di fronte al nostro destino:
     
    Poema congetturale
    Il dottor Francisco Laprida, assassinato il 22 settembre 1829 dai montoneros di Aldao, pensa prima di morire:
     
    Ronzano le pallottole nella sera ultima.
    C'è vento e c'è cenere nel vento,
    si disperde il giorno e la battaglia
    deforme, e la vittoria è degli altri.
    Vincono i barbari, i gauchos vincono.
    Io, che ho studiato le leggi e i canoni,
    io, Francisco Narciso de Laprida,
    la cui voce proclamò l'indipendenza
    di queste crudeli province, sconfitto,
    di sangue e di sudore macchiato il volto,
    senza speranza né timore, perduto,
    fuggo a sud verso gli ultimi lembi.
    Come quel condottiero del Purgatorio
    che, fuggendo a piede e sanguinando il piano;
    fu accecato e abbattuto dalla morte
    dove un oscuro fiume perde il nome,
    così dovrò cadere. Oggi è la fine.
    La notte laterale delle paludi
    mi accerchia e mi rallenta. Sento lo scalpitio
    della mia calda morte che mi cerca
    con cavalieri, con armature e con le lance.
    Io che anelavo di essere un altro, essere un uomo
    di legge, di libri, di giudizio
    a cielo aperto giacerò tra paludi;
    nondimeno mi divinizza il petto inspiegabile
    un giubilo segreto. Alla fine mi trovo
    con il mio destino sudamericano.
    A questa rovinosa sera mi conduceva
    il labirinto multiplo di passi
    che i miei giorni tessevano da un dì
    dell'infanzia. Alla fine ho scoperto
    la recondita chiave dei miei anni,
    la sorte di Francisco de Laprida,
    la lettera mancante, la perfetta
    forma che Dio conosceva fin dal principio.
    Nello specchio di questa notte mi perviene
    il mio insospettato volto eterno. Il cerchio
    si chiuderà. Spero che così sia.
    I miei piedi calpestano l’ombra delle lance
    che mi cercano. Le beffe della mia morte,
    i cavalieri, le criniere, i cavalli,
    aleggiano su di me ... Ecco il primo colpo,
    ecco il duro ferro che mi squarcia il petto,
    l’intimo coltello in gola.

  • IL SORRISO DEL POETA

    data: 17/12/2018 10:32

    Da quando l’ho conosciuto, nel 2012, non posso leggere la poesia di Domenico Cara senza associarla allo splendido sorriso da bambino che ancora conserva ai suoi 91 anni. Il poeta continua a farsi sorprendere dalla vita, e a illuminare con la sua parola le ombre silenziose. In una poesia del suo libro "Ciò che si scorge nella diversa macchia", tutti inediti che ho tradotto per Commisso Editore (2014), dice:"Il mio sorridere è allegria non finta". Non è solo il sorriso della sua allegria autentica, incarnata in quella magnifica opera che ha scritto, ma anche la sua amabile leggerezza, in cui l'unica regola codificata sono le buone maniere linguistiche con le quali affronta il mondo e le sue miserie, la sua grandezza e i suoi enigmi, rendendo verbo affascinante i suoi libri.

    Lontano dalle luci, con profondità priva di silopsismo, Domenico Cara ha scolpito una poesia simile alle nuvole che riferisce nella poesia già citata (In un paesaggio d'echi):

    "...nubi in riavvio/soffici e sospese in più parvenze terrestri".

    Tra ciò che è materiale e sacro, senza mai essere un semplice realista che descrive cose, né un devoto di essenze spirituali, Domenico Cara "si alza/per riscoprire l'equilibrio perso fra/oggetti e minutaglie di carne..." Credo che l'essersi collocato in un punto di conciliazione con la vita, ha permesso a Domenico Cara, di condividere il suo piccolo territorio di illusioni sotto il sole. La poesia che è anche corpo, è la sua vita scritta, e chi la frequenta ha il piacere di leggere una voce inconfondibile che ha questionato tutto, lasciando sul foglio il sapore di una saggezza antica molto rassicurante, insegnandoci anche il senso della misura, oggi così trascurato.
    Scrivo questo alla soglia di un viaggio, e lo faccio più dall'emozione che da una distanza letteraria e riflessiva. Lo faccio per onorare la sua opera e la sua amicizia, per me inestimabili. "Imparare ad essere libero è imparare a sorridere", ce lo ha ricordato in più di un'occasione Octavio Paz parlando di Cervantes. A Domenico Cara, custode di quella grazia, ringrazio la nobile lezione del suo sorriso da bambino e da poeta.
     
    Un mundo de 91 años
     
    Desde que lo conocí, en el 2012, no puedo leer la poesía de Domenico Cara sin asociarla a la espléndida sonrisa de niño que mantiene todavía a sus 93 años. El poeta sigue asombrándose de la vida e iluminando con su palabra las sombras silenciosas. En un poema de su libro Ciò che si scorge nella diversa macchia, publicado por Commisso Editore (2014), nos dijo: “Il mio sorridere è allegria non finta”. Y no sólo es la sonrisa de su alegría auténtica, encarnada en la magnífica obra que ha escrito, sino también una amable levedad cuya única regla codificada son los buenos modales lingüísticos con los que se enfrenta al mundo y sus miserias, su grandeza y sus enigmas, haciendo fascinante el verbo de sus libros.
    Alejado de las candilejas, con hondura pero sin solipsismo alguno, Domenico Cara ha labrado una poesía parecida a las nubes que refiere en el poema ya citado (In un passaggio d’echi):
    “…nubi in riavvio/ soffici o sospese in più parvenze terrestri”.
    Entre lo material y lo sagrado, sin volverse un simple realista que describe cosas ni un devoto de esencias espirituales, el poeta “si alza/ per riscoprire l’equilibrio perso fra/ oggetti e minutaglie di carne…”.
    Creo que haberse situado en un punto de conciliación con la vida, le ha permitido a Domenico Cara compartir su pequeño territorio de ilusiones bajo el sol. El poema, que es también cuerpo, es su vida escrita, y quien la frecuenta tiene el placer de leer una voz inconfundible que lo ha cuestionado todo, dejando sobre la hoja el sabor de una sabiduría antigua que tranquiliza, y enseñándonos también el sentido de la mesura, hoy tan descuidada.
    Anoto esto en el umbral de un viaje y lo hago más desde la emoción que desde una distancia literaria o reflexiva. Lo hago para celebrar su obra y su amistad invalorables. “Aprender a ser libre es aprender a sonreír”, nos recordó Octavio Paz alguna vez, hablando de Cervantes. A Domenico Cara, poseedor de esa gracia, le agradezco la noble lección de su sonrisa de niño y de poeta.
     
    La ventana del poeta/La finestra del poeta
    Para/Per il poeta Domenico Cara
     
    Así en esta inmensidad se anega el pensamiento mío:
    Y el naufragar en este mar me es dulce.
    Così tra questa immensità s’annega il pensier mio:
    E il naufragar m’è dolce in questo mare.
    (Giacomo Leopardi)
     
    Tu ventana tiene la vastedad del universo.
     
    Te imaginas libre
    en las infinitas cosas que pueblan tus ojos
    y tu memoria.
     
    Tu ventana
    acoge los primeros fríos
    los nuevos colores de las flores
    la nostalgia de los árboles
    el fuego sin llamas que violenta lo que vive.
     
    Te envuelves en tu mundo
    para comprender el nuestro.
     
    Que nunca te falte la alegría
    Que nunca te falte la tristeza
    Que nunca te falte la libertad de pensar.
     
    No es tiempo de callar aun
    dice tu ventana.
     
    Como notas musicales
    que salen de un piano
    tus versos jamás serán polvo.
     
    Detrás de tu ventana
    eres como un dios
    que no promete ni amenaza
    y llevas en la mirada
    el secreto de las rocas marinas
    que una vez fueron baba de volcán.
     
    Sentado ante tu ventana
    imaginas, como Leopardi
    espacios infinitos
    y el silencio de la eternidad.
     
     
    La tua finestra ha la vastità dell’universo.
     
    T’immagini libero
    nelle infinite cose che popolano i tuoi occhi
    e la tua memoria.
     
    La tua finestra
    accoglie i primi freddi
    i nuovi colori dei fiori
    la nostalgia degli alberi
    il fuoco senza fiamme che violenta ciò che vive.
     
    Ti avvolgi nel tuo mondo
    per comprendere il nostro.
     
    Che mai ti manchi l’allegria.
    Che mai ti manchi la tristezza.
    Che mai ti manchi la libertà di pensare.
     
    Non è tempo di tacere ancora
    dice la tua finestra.
     
    Come note musicali
    che escono da un piano
    i tuoi versi mai saranno polvere.
     
    Dietro la tua finestra sei come un dio
    che non promette né minaccia
    e porti nello sguardo
    il segreto delle rocce marine
    che una volta furono bava di vulcano.
     
    Seduto davanti alla tua finestra
    immagini, come Leopardi
    spazi infiniti
    ed il silenzio dell’eternità.
    ---------------------------------------------------
    Questo l'ho scritto il 27 settembre 2017 in cossasione del 91° compleanno di Domenico Cara.
    Io, per quanto piccolo tu mi veda, sono quel che sono grazie a lei, né sarei mai arrivato a tale notorietà e gloria -ammesso che esista- se lei non avesse coltivato con il suo nobilissimo sentire quel minuscolo seme di virtù che la natura aveva messo in questo mio petto.
                                                       (Francesco Petrarca-Secretum)

     Nella sua lingua poetica, i versi trovano una casa naturale, le emozioni hanno una sonorità delicata, evocano un mondo antico e sono, anche, perfettamente compatibili con i tempi di oggi. Nelle sue poesie il tempo si dissolve! Domenico Cara è per me un maestro di vita, e lo dico con affetto, con ammirazione, e con la convinzione che è difficile incontrare persone come lui; lui che vive il mondo fuori dal mondo, ma è anche così dentro al mondo. Il suo pensiero è per me un tempio di valori sempre in crescita, sempre in movimento, dove mi sono sentita accolta fin da subito. In lui le riflessioni sulla sofferenza sono sempre filtrate dal suo intelletto che le rende lievi, e il suo sguardo di mille occhi parla con una voce delicata e leggera. Quest’omino piccolo, dolce, sorridente, intelligente, sensibile (con lui i superlativi, in senso positivo, non sono mai superflui) è il più bell’universo che io abbia mai incontrato, e vorrei, oggi, nel giorno del suo novantesimo compleanno, abbracciarlo con parole di affetto, e fargli gli auguri, ma soprattutto, ringraziarlo per avermi accolto nella sua bellissima casa che si chiama poesia...A lui, una carezza come un delicato soffio di vento!

    N.B: la citazione tratta dal Secretum di Petrarca, la dedico ad Adriana, moglie di Domenico Cara, donna straordinaria, che ha cura di lui, e lavora perché la sua opera si mantenga viva. Anche a lei un saluto affettuoso!
     
    http://www.letterefilosofia.com/riscritture-cio-che-si-scorge-nella-diversa-macchia-domenico-cara/amp/