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MARCO PATRIARCA

  • CARA MELONI, PER FAVORE
    FA' UNA COSA DI DESTRA

    data: 04/01/2023 16:06

    Non è la  prima volta che il presidente Mattarella afferma, come ha fatto ieri, che “la Repubblica Italiana nel senso civico è di chi paga le tasse che servono per il benessere comune”.  Una tale dichiarazione e un tale autorevole auspicio arrivano mentre sull’Italia piomba una riforma fiscale assai controversa, soprattutto per le attese negative e la pretesa incostituzionalità nell’applicazione della cosiddetta flat tax; ma ciò che ha suscitato sorpresa è stata la pioggia di veri e finti condoni e tagli che fanno risaltare come non mai, soprattutto in Europa, la vergogna di un paese europeo dell’importanza dell’ Italia, con il più alto debito pubblico d’ Europa, nel quale circa 15 milioni di cittadini evadono le imposte per una cifra che si aggira intorno a 100 miliardi di Euro ogni anno. Gli americani stigmatizzano gli evasori come Free riders. che il grande pubblico considera dei disonesti alla stregua di chi sui mezzi pubblici viaggia a sbafo senza pagare il biglietto. Contro di loro il fisco americano, generalmente collaborativo per le dilazioni o facilitazioni, nell’esazione è spietato. La battaglia fiscale americana è stata risolta alla fine del '700 dalla sfida democratica che Alexander Hamilton lanciò allo Stato federale con il famoso slogan: “No Taxation without representation”: cioè: non mi puoi tassare se non mi assicuri i miei diritti.

    Gentile Meloni, lei oggi dovrebbe cavalcare il coraggio, che a lei non manca, che è colpevolmente mancato a tutti precedenti governi, e semplicemente usare lo spirito civico di quel famoso slogan. Dovrebbe riformularlo in chiave italiana, rovesciandolo e facendone un suo un vero e proprio grido di battaglia di destra: “No representation without taxation;” che vorrebbe dire: gentile cittadino: niente tasse? allora niente tessera sanitaria o niente scheda elettorale, niente esenzioni o sconti.. Evidentemente ciò richiederebbe un certo lavoro di ricognizione fiscale che però, nell’era informatica, potrebbe non essere troppo difficile. Basterebbe che l’Ufficio delle Imposte, o chi per lui, inviasse una cortese letterina per raccomandata a tutti i cittadini, semmai ricavando i loro indirizzi dagli elenchi elettorali, invitandoli, con il dovuto tatto, a dichiarare la propria situazione fiscale, riservandosi di fare accertamenti diretti in caso di mancata risposta.

    Se la sente cara Presidente di passare alla storia d’Italia come l’autrice di una simile rivoluzione? Perché di questo si tratterebbe. Infatti, già sento le grida e leggo gli appelli, le mozioni parlamentari e i distinguo di giuristi, economisti, fiscalisti ed esponenti dei partiti, che studierebbero fino ai dettagli tutte le controindicazioni di un’idea dall’apparenza semplice e utile, trovandone risvolti pericolosamente antisociali, elitari, in un processo troppo impegnativo per l’Ufficio delle Entrate. Qualche economista da bar troverebbe che una tale iniziativa, facendo emergere risorse invisibili,  non gioverebbe necessariamente al PIL nazionale e che l’economia italiana ha sempre avuto bisogno di una vasta libera zona dove regna uno scambio spontaneo e liberatore dall’oppressione statale; che gli evasori sono quasi sempre poveri. Il congegno social-finanziario che ruota intorno al reddito di cittadinanza comincerebbe a far tremare perfino l’impavido Giuseppe Conte. Suggerirei che una tale iniziativa, peraltro di facile realizzazione, vada realizzata senza preavviso, scegliendo per l’occasione una data simbolica che piacerebbe in Europa e farebbe un gran bene all’Italia: il 25 Marzo, in occasione della ricorrenza della firma del Trattato di Roma del 1957 che ha fatto nascere quella che è oggi l’Unione Europea.

  • MA L’UNIONE EUROPEA
    É UNA VERA UNIONE?

    data: 09/12/2022 19:00

    Il quacchero inglese William Penn, estimatore e amico dei nativi del Delaware, fondatore della Pennsylvania, sconvolto dalle devastazioni e dalle conseguenze della guerra europea cosiddetta dei Trent’ anni (1618- 1648). nel 1693 per invocare la pace fra i popoli pubblicò un saggio che prefigurava il primo progetto di integrazione europea, un Parlamento fortemente rappresentativo e una vera e propria bozza di Statuto degli Stati Uniti d’Europa, 83 anni prima degli Stati Uniti d’America (1776).
    Se gli Stati membri dell’Unione Europa vogliono che la UE raggiunga una vera integrazione, e quindi anche un autorevole standing internazionale, debbono far sì che le politiche europee e la relativa legislazione Europea,siano intessute con la stessa stoffa di cui sono fatte quelle nazionali. E infatti abbastanza chiaro ormai che, da come è stata costruita, l’Unione non succedera’ mai il contrario: non saranno gli Stati membri, sovrani in casa loro, a esser fatti con la stessa stoffa di cui sono fatte le istituzioni europee. Soltanto nel primo caso, peraltro, la UE potrà dotarsi di una common law europea pienamente democratica, cioè una legislazione votata dai cittadini e non solo da un gruppo di parlamentari europei che non rispondono a nessuno.
    Malgrado tali limiti la UE ha realizzato due operazioni di natura fortemente federalista, cruciali per la sua storia: il che testimonia il suo ruolo indispensabile nelle scelte che interessano i cittadini europei e ne ha segnato le prospettive future: il lancio del Next Generation UE (NG-UE) e la condanna e le sanzioni contro la Federazione Russa per la criminale aggressione contro l’Ucraina, per la cui difesa ha assicurato solidarietà e il sostegno anche militare. In questo senso, pur facendo le dovute differenze, vien in mente la massima di Alexander Hamilton nel (saggio no.15 dei Federalist Papers): “Lo Stato federale funzionerà bene se funzioneranno bene gli Stati federati e non il contrario.”
    Il quadro internazionale, già reso inquietante dal mare di violenza militare, repressione e violazione del diritto da parte delle autarchie mondali, nelle 39 guerre in corso nel mondo, è ulteriormente aggravato per l’Europa dalla pesante crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina, dalla eccessiva dipendenza militare americana e da quella commerciale dalla Cina, e impone agli Stati membri dell’Unione di farsi essi stessi i protagonisti per realizzare una svolta nella stessa ragione d’essere dell’Unione Europea. Peraltro ricordando che Mario Draghi a Bologna nel 2019 affermò che gli Stati nazionali potranno conservare singolarmente un minimo di sovranità solo se sarà garantita da una UE dotata da una sua autorità sovranazionale pienamente riconosciuta ed efficace.

    In nessun momento della storia del dopoguerra questo problema è divenuto così indispensabile e un cambiamento di prospettiva così necessario per il futuro stesso degli Stati nazionali.
    In tale eventualità è forse opportuno ricordare che le istituzioni europee sono state sempre assai riluttanti nel metter mano alla complessa architettura dell‘Unione, sempre preoccupati di gestire le policy relative al Trattato di Lisbona e vigilarne l’osservanza. Oltre alla poca immaginazione della leadership europea bisogna ricordare che la Ue da anni è ingiustamente accusata di fare o non fare cose per le quali spesso non ha né l’autorità, né la competenza. Ancora oggi la UE non potrebbe che agire in base ai Trattati non avendo una sua vocazione politica, per la quale dipende dagli Stati membri, alcuni dei quali possono dipendere da partiti cosiddetti sovranisti, i populisti e illiberali e antieuropei..
    Per queste ragioni, da vari anni, ho tentato di suggerire in vari saggi apparsi in questi anni su Nuova Storia Contemporanea, LIMES e la rivista americana TELOS, l’adozione di un modello europeo della americana National Conference of State Legislatures (NCSL). Questa si tiene annualmente in due giorni a Denver, Colorado, alla presenza di centinaia di deputati dei Parlamenti dei 50 Stati. Il suo scopo è condividere esperienze legislative, verificarne le rispettive compatibilità fra Stati sovrani e mantenere un relativo equilibrio con il Congresso degli Stati Uniti, creare cooperazioni rafforzate per singoli progetti e fare networking. L’esigenza di tutelare le sovranità degli Stati nazionali rispetto a un organismo sovranazionale nell’esperienza americana, fatte le dovute distinzioni, non è dissimile da ciò che avviene all’interno dell’Unione Europea. In Europa non mancherebbe certo chi potrebbe mettere a frutto una tale idea che integra in un'istituzione sovranazionale soggetti sovrani diversi fra loro mantenendoli sovrani in casa loro.
    Insomma, come afferma Sergio Fabbrini nelle sue attente analisi e osservazioni sul futuro dell’Europa, “la crisi pandemica e soprattutto la crisi in Ucraina hanno messo in discussione la struttura sia del modello di politica pubblica sia di sviluppo, adottati in Europa dopo la guerra fredda. Una crisi transnazionale richiede una risposta sovranazionale per promuovere la riorganizzazione di quei modelli e per governarne le inevitabili conseguenze sociali . Un crisi che va affrontata con una logica comune” (Il Sole 24Ore 4 . 12 - 2022).


     

  • QUANTI STRANI PACIFISTI
    APPOGGIANO PUTIN
    NEI TALK SHOW ITALIANI

    data: 16/10/2022 18:26

    L’America e gli europei hanno appena confermato che intendono continuare ad armare l’Ucraina per liberarla dall’aggressione russa. In Italia però, ascoltando i talk show Otto e Mezzo, La 7, Carta Bianca di Rai3, Piazzapulita, Non è l’ Arena, Di Martedì o la berlusconiana TV 4, dal florilegio dei commenti sulla guerra, si resta spesso basiti. Mentre gli Ucraini contrattaccano con successo e 143 stati appartenenti all’ONU condannano le annessioni-farsa del Donbas sancite dalla Russia, in Italia un nutrito numero di strani pacifisti si scagliano contro l‘Europa e l’America che invano armi alla vittima. Le accusano di fomentare la guerra e di non lavorare per la pace. Frattanto la Russia devasta e occupa illegalmente il territorio ucraino e bombarda senza pietà la popolazione civile.

    Secondo tali pacifisti a chi bisognerebbe rivolgersi per la pace? all’aggressore o alla vittima? Con chi bisognerebbe trattare; con chi legittimamente si difende o con chi illegalmente attacca in violazione di tutte le regole civili e umane? In Italia la risposta a questa domanda, diversamente dal resto dell’Europa, è zeppa di distinguo di ma e di forse. Sulla questione in Italia è nato un gruppo di specialisti della pace assai richiesto e ormai onnipresente nei vari canali televisivi di cui sopra; anche se nessuno di loro ha particolari qualifiche sul tema. Sono quasi tutti antiatlantici, antiamericani e spesso anche antieuropei. Alcuni sostengono che l’America usa Zelensky per fare una guerra per procura alla Russia, che l’invio di armi all’Ucraina genera solo l’escalation della guerra. In 18 mesi del suo governo Draghi è stato attaccato per l’atlantismo e l’europeismo. “Draghi - ha affermato categoricamente lo strambo, prof. Orsini a RAI 3 e altrove - è per Biden ciò che Lukashenko è per Putin”.  Draghi, per l’ultra-sensibile e furibondo Di Battista, è un guerrafondaio schiavo dell’America e per Travaglio in 18 mesi ha fallito sul tema della guerra ed “è riuscito a non combinare nulla”.

    Altri semi-pacifisti condannano Putin, ma sono contro l’invio di armi a Zelensky, che, secondo loro, non fa che aumentare l’escalation della guerra e portarci direttamente alla terza guerra mondiale, e accusano gli europei di non organizzare un tavolo per pace (con chi?). Tutti pontificano su tutto, in televisione raramente interrotti dai conduttori che si barcamenano fra altri ben più autorevoli ospiti che si trovano a dover dibattere e commentare alcune vere e proprie idiozie sulla guerra, la politica internazionale e la storia, del genere che circolano in alcuni bar. Quasi tutti questi accorati pacifisti concordano che bisogna certamente aiutare la vittima dell’aggressione della Russia a difendersi, ci mancherebbe, ma senza offendere troppo l’aggressore, cioè la Federazione Russa: pochi ammettono esplicitamente che è uno stato fuorilegge che in odio degli Ucraini, colpevoli di nulla, li bombarda, distrugge le loro case, le scuole, gli ospedali e le infrastrutture pubbliche, ha causato 7 milioni di rifugiati e ammassa i loro morti in fosse comuni. Violando il diritto internazionale ivi compresa la convezione di Budapest (1994) che per Putin non sono che carta straccia.

    Davanti alla implacabile determinazione russa e alla coraggiosa resistenza ucraina i nostri pacifisti si chiedono come mai la grande Armata Rossa non abbia ancora vinto la debole Ucraina? Qualcuno – dicono - ha evidentemente interesse che la guerra duri, e questo qualcuno non è l’Europa che ne subisce la drammatica crisi energetica (ahi le bollette!), ma l’America imperiale che, inviando armi sofisticate, alimenta un eccesso di difesa dell’Ucraina nel voler ricacciare da casa loro la pur invecchiata Armata Rossa. Persino Il nostro più stimato storico, il prof. Franco Cardini, antiamericano doc, avanza la tesi surreale (putiniana) che la colpa della guerra è americana e che secondo lui (la Stampa del 13.10) solo Biden, il suo vero artefice occulto, potrebbe fermarla. Tutti questi esperti di dietrologia geopolitica, non si soffermano mai sulla tragedia umana e sul dolore atroce del popolo ucraino, decimato martoriato, con città e i villaggi semidistrutti. Migliaia di morti anche civili e molti dei suoi figli restati orfani deportati; e per tali loro sofferenze mostrano un cinismo cieco, che nessuno si sarebbe mai atteso da una percentuale così alta di italiani. Tra i quali si trovano i non pochi ammiratori del sedicente cristiano Vladimir Putin, che mantengono in questa guerra un’assai riprovevole equidistanza fra la barbarie russa e la coraggiosa resistenza ucraina. Fra loro si può annoverare persino il neo presidente della Camera, l’ultracattolico on.le Lorenzo Fontana. Auguri.

    I nostri di cui sopra, manco a dirlo, non trascurano le ragioni della Russia che, secondo loro, resta pur sempre una grande potenza (nucleare) anche se oggi ha perso i suoi spazi vitali. Trovano che ciò che Putin fa è riprovevole, ma probabilmente approvano il suo odio per la NATO, per l’America e per le troppe libertà delle democrazie liberali. In quanto alla ventilata minaccia nucleare russa, solo pochi osservano che una qualsiasi mossa nucleare contro un paese non nucleare, vittima di un’aggressione illegale, non può che essere quella di un perdente; il quale, semmai vi desse seguito, dopo ulteriori devastazioni dell’Ucraina decreterebbe ipso facto il suicidio della Russia stessa.

    Frattanto, dopo 8 mesi di guerra, Putin si scopre perdente e reagisce con odio per il suo esito disastroso e per il numero (80.000 o 100.00?) dei morti russi in una guerra da lui voluta nella quale ha mentito su tutto a tutti, soprattutto ai russi. Oggi, malgrado i suoi fallimenti, dittatore vorrebbe prendersi a qualsiasi costo tutto ciò che ancora può del Donbas, fingere di non aver perso la guerra e vendicarsi per le molte riconquiste militari della sua vittima nel difendere il proprio paese. Ma, dato il vantaggio militare finora raggiunto da Zelensky sul terreno, e quello che potrà ancora raggiungere con gli aiuti occidentali, non è detto che ciò avvenga e Putin alla fine potrebbe perdere definitivamente una guerra che in realtà ha già perso. Frattanto, data la inutile brutalità russe di questi giorni, e l’odio manifestato per le sue vittime civili, è ormai evidente che è la cupola di Putin il vero partito dei nazisti di cui il dittatore diceva di voler ripulire l’Ucraina.
     

  • SARA' DIFFICILE PER PUTIN
    USCIRE DALLA TRAPPOLA
    IN CUI SI E' RINCHIUSO (*)

    data: 15/09/2022 15:33

    La Russia di Putin, fin dalle sue intrusioni in Georgia e in Bielorussia e fin dall’annessione illegale delle Crimea (2014), con la criminale aggressione militare all’Ucraina ha esibito al mondo la volontà di ridare alla Russia il suo ruolo di grande potenza. Oggi, malgrado il quasi fallimento dell’Operazione Militare Speciale, i molti sforzi di personaggi autorevoli per un cessate il fuoco in vista di un eventuale accordo intergovernativo sono falliti. Dopo aver messo a soqquadro il mondo, la Russia continua a produrre anche a se stessa cospicui danni ed è possibile che ormai non riesca a uscire dalla trappola in cui si è cacciata, Per questo minaccia l’Europa tagliando le sue forniture energetiche e cerca affannosamente alleati europei come l’Ungheria e la Polonia e sta operando attivamene nelle elezioni italiane sperando in un Salvini nel prossimo governo con il deplorabile club dei putiniani italiani.
    Anche se è chiaro che prima o poi Putin dovrà lasciare una preda che si è rivelata troppo grossa per lei e che, malgrado le proprie difficoltà militari, a causa della tenacia e della resistenza ucraina sostenuta dall’Occidente, non potendo vincere, non vuole però perdere ciò che crede di aver conquistato del Donbas. Frattanto dovrebbe essere ormai evidente, persino ai russi, che tutte le ragioni e le giustificazioni addotte da Putin per l’invasione non erano che armi mediatiche della sua info war e sono saltate poiché erano tutte false:
    1) il governo i filorusso Yanoukovic non è stato rimosso con colpo di stato favorito dagli americani ma è stato cacciato direttamente dal libero popolo ucraino.
    2) Tutti sapevano che L’Ucraina non era in procinto di entrare nella NATO per esplicita opposizione di vari dei suoi membri.
    3) Dopo la caduta de Muro i 12 paesi che del Patto di Varsavia che hanno fatto richiesta formale di entrare nella NATO sono stati accolti, come era avvenuto per gli altri membri, per ragioni della loro sicurezza.
    4) I pretesi nazisti ucraini (2%) non fanno i nazisti ma difendono le loro case, o ciò che ne resta, e l’indipendenza del proprio paese.
    5) Dal 1991 non vi è mai stata alcuna russofobia da parte occidentale. Al contrario le aperture franco tedesche e americane anche finanziarie, erano state d’aiuto fin dall’inizio della grave crisi russa del dopo 1989.
    L’unica ragione per spiegare un’invasione militare così devastante e odiosa contro i civili è che la grande madre Russia si sta riprendendo ciò che ritiene le appartenga in base a un inesistente diritto storico e che l’Occidente le stava rubando. Per questo è disposta a provocare l’Occidente brutalizzando un paese confinante incolpevole, uccidendo civili distruggendo ospedali e scuole, pur di reclamare il suo posto fra le grandi potenze del pianeta. Il risultato è morte e devastazione in Ucraina, un quadro geopolitico pericolosamente instabile e l’isolamento mondiale della Russia. .
    Putin, Dugin, Medvedev e la cricca del Cremlino, oltre ai loro calcoli strategici, hanno sbagliato secolo: la grande madre Russia per ritrovare un’identità sembra tornata ai tempi del vecchio dispotismo militare e della repressone dello zar Nicola I contro i polacchi e gli ucraini del movimento patriottico di liberazione Cirillo e Metodio o contro gli Uniati della chiesa greco–cattolica, mentre si avvicinavano alla modernità dell’Occidente. La Russia non ha mai in tutta la sua storia abbandonato l’assolutismo del potere, così come non è mai cessato il suo odio teologico dell’Occidente la cui forza radioattiva ha sempre generato paura del crollo violento dell’universo concentrazionario del suo potere autarchico.
    “Codesto rapporto della Russia con l'Europa rispetto al proprio passato – scriveva Alexandr Herzen a metà dell’Ottocento - era nuovo del tutto e sembrò conveniente per lo sviluppo della libertà individuale. Ma la Russia non ne trasse alcun vantaggio e lasciò sorgere una nuova dottrina che privò il paese dell’unico privilegio lasciatogli in eredità dalla sua storia. Gli slavofili vollero assumere le redini che guidano i paesi dell’ Europa e confusero l’idea di libertà personale con l’egoismo più gretto, che consideravano un’idea europea occidentale mostrandoci lo sfacelo europeo.” (A.Herzen, Breve storia dei Russi, Longanesi 1953)
    Lo zar Nicola I, malgrado il suo riformismo di tipo europeo, usava la guerra per estendere continuamente il suo impero, dal Mare d’Azov ai Baltici. Putin, dell’antico impero sta prefigurando la caricatura fallimentare, tentando di appropriarsi dell’Ucraina che dopo secoli di oppressione, di cui 70 anni di dittatura sovietica, dopo la caduta dell’URSS, è divenuta indipendente e aperta al mondo. Ciò avviene mentre i popoli della Federazione russa, ingannati e sorvegliati, sono derubati sistematicamente delle loro traballanti economie semi-pubbliche da una genia di affaristi, oligarchi anarchici e dalla corruzione dei loro amici. In questo quadro, la cupola putiniana al potere a Mosca, mentre nasconde al popolo i suoi 100.000 morti in guerra, sopravvive a se stessa grazie allo spregiudicato uso della menzogna e della info war secondo la vecchia intemerata ed efficiente prassi sovietica del KGB.
    A questo punto dei vari fallimenti nella folle prosecuzione della sua impresa, la Russia oltre alle minacce di cui sopra a chi difende l’Ucraina con esplicite dichiarazioni di guerra, usa l’ackeraggio politico, lo spionaggio militare, una martellante campagna filo russa nella stampa, e l’intrusione corruttiva nei media stranieri, anche attraverso i social. Ciò significa che la Russia ha paura, e che si sta accorgendo che con la guerra non ha raggiunto alcun vantaggio e si è costruita una trappola mortale dalla quale nelle attuali circostanze non sarà facile uscire. E’ sicuro, ad esempio, che, anche se la Russia riuscirà a mantenere l’occupazione di parte del Donbas, questa non verrà riconosciuta dalla comunità internazionale, dall’OSCE né tantomeno dall’ONU, che peraltro ha già dichiarato illegale l’annessione della Crimea nel 2014. Indipendentemente dal tenore di qualsiasi trattativa futura, le occupazioni russe subite dal popolo ucraino, se mantenute, saranno sempre pericolosamente precarie; il quale popolo avrà tutte le ragioni di ripagare gli occupanti con lo stesso rancore e odio di cui è stato oggetto con una guerra permanente in tutta la regione.
    In quanto a rimettere in piedi ciò che resta di una nazione devastata, ferita dalle decine di migliaia di morti, decimata dalla fuga di sei milioni di cittadini, dalle umiliazioni, le deportazioni e le violenze militari contro i civili, saranno necessari decenni di duro lavoro e immense risorse economiche. Prima o poi la guerra finirà e l'Europa e l’America continueranno certamente a soccorrere e aiutare un’Ucraina semi distrutta, mentre la Russia di Putin, o senza Putin, troverà grandi difficolta a uscire dalla trappola mortale nella quale si è pericolosamente rinchiusa...
    In quanto al fattore tempo che, a causa delle sanzioni e delle ritorsioni russe, sta danneggiando grandemente l’Europa, è probabile che nel tetragono rifiuto russo di un cessate il fuoco, Europa e l’America, malgrado tutte le cautele e le opinioni avverse, non lasceranno l’Ucraina alla sua resa. Il protrarsi del conflitto potrebbe alla fine danneggiare maggiormente la Russia e aprire gli occhi del suo popolo stanco di menzogne e di vedere ripotate a casa le salme di migliaia di morti per un‘impresa sbagliata per lui autodistruttiva e suicidaria...

    (*) Questa importante analisi di Marco Patriarca è perrvenuta in redazione l'8 settembre. La pubblichiamo, per alcuni sgradevoli contrattempi, con deplorevole ritardo. Ce ne scusiamo molto con l'autore, rilevando che i considerevoli sviluppi di questi giorni dello stato delle cose sul terreno ucraino confermano appieno le previsioni e le intuizioni contenute nell'analisi.

     

  • FORTISSIMAMENTE MELONI

    data: 29/08/2022 16:50

    Oscar Wilde assicurava gli ambiziosi che il miglior modo per raggiungere il successo è di convincere il pubblico di averlo già raggiunto. Nell’attuale clima elettorale non c’ è dubbio che chi ha fatto tesoro del consiglio di Wilde è Giorgia Meloni. Oramai la sua vittoria è data per confermata dai sondaggi, dai talk show, dai social e persino dagli avversari. Sarà vero?

    Intanto Meloni ci assicura fortissimamente che in caso di vittoria Mattarella non potrebbe negarle il governo; anche perché, secondo lei, chi la osteggia addirittura discredita l’Italia. E questo lo afferma anche, fortissimamente, ben sapendo di essere sotto osservazione internazionale data la gravità della situazione mondiale, europea e soprattutto italiana. A ragione, visto che un governo Meloni con Berlusconi al Senato e Salvini nel governo non sarebbe affatto rassicurante in Europa né altrove, e neppure ai fini dei suoi fumosi programmi e delle poco convincenti promesse in politica interna. Per questo l’Unione Europea, l’America e la NATO e molti italiani sono preoccupati. Osservano che l’eredità politica dell’antico liberale Berlusconi ancora leader di Forza Italia, che nel 1994 era in campo per un’Italia efficiente, europeista e solidale con le sue alleanze ha lasciato come eredità due personaggi politici come Matteo Salvini e Giorgia Meloni i cui curricula politici nulla hanno di liberale, di europeo e di atlantico; e non appaiono per nulla affidabili per un paese nella posizione dell’Italia.
    Gli studiosi di sistemi elettorali assicurano che nelle elezioni gli elettori guardano poco alla politica estera e molto alle loro tasche. Le elezioni italiane di settembre tuttavia, dovrebbero contraddire tale tesi: mai come oggi si può verificare con assoluta certezza come le tasche degli italiani dipenderanno proprio dalla politica estera e dalla credibilità dell’Italia in un contesto non prevedibile né economicamente tranquillo. D’altronde tutti i paesi dipendono in varia misura dalla durata di un certo equilibrio internazionale, seppur precario per molti versi invisibile alle masse elettorali, e sono quasi tutti reciprocamente interdipendenti. In questo senso la rottura di quel certo equilibrio, dovuto alla guerra russa contro l’Ucraina sta gettando, ad esempio, in una grave crisi, anche politica, un ricco e importante paese europeo come la Germania.

    Per quanto concerne l’Italia è impossibile non osservare con preoccupazione come le elezioni italiane si stiano svolgendo in un clima internazionale e geo politico sconvolto da quella guerra pericolosa per l’Europa e per l’Italia. Non tratta infatti di una guerra fra contendenti ma della spietata aggressione militare imperialistica, nella quale si compiono impunemente assassini politici, crimini di guerra contro i civili da parte di una potenza contro uno stato confinante non-nemico, la quale si svolge in totale violazione del diritto internazionale, dei trattati Onu, della convenzione di Ginevra (1949) di quella sui diritti umani (1950), degli accordi di Minsk e quelli ben più impegnativi dei Budapest (1994) tutti divenuti per la Russia carta straccia. Non basta: in risposta alle sanzioni europee contro la Federazione russa e agli aiuti militari europei inviati all’Ucraina per la sua difesa, per tutta risposta la Russia ha dichiarato guerra all’Europa con inequivocabili dichiarazioni pubbliche ed esplicite minacce: il che della Federazione russa non solo uno stato fuorilegge ma per l’Europa e per l’Italia uno stato nemico che manipola i media, svolge una vera info war, mente, infiltra la politica e si comporta anche diplomaticamente come un nemico.

    Se questa è la situazione internazionale in cui si svolgono le elezioni italiane ritengo che il Comitato per la Sicurezza della Repubblica (CISR) e lo stesso governo dovrebbe intervenire sui legami di carattere “culturale”, politico e economico in vigore firmati fra la Lrga e il partito Russia Unita di Vladimir Putin e quelli della Fondazione Farefuturo presieduta dal senatore di Fratelli d’ Italia Adolfo Urso, che riveste anche la delicata carica di presidente del COPASIR (Comitato Parlamentare per la sicurezza della Repubblica). Mi chiedo come nel bel mezzo di una campagna elettorale di tale importanza per il futuro dell’Italia per l‘Europa, così carica di tali implicazioni nella nostra politica estera e di sicurezza, i citati legami possano essere mantenuti come business as usual con uno stato che si dichiara nemico e che come tale si comporta con tutti i mezzi leciti e illeciti a sua disposizione, peraltro fruendo dei citati rapporti con soggetti quasi istituzionali italiani i quali, non a caso sono fortemente orientati a una parte politica della competizione elettorale. Credo che il silenzio che sembra regnare sovrano sull’argomento in piena campagna elettorale è pericoloso per l’esito delle nostre elezioni, e che chi ha la responsabilità del loro corretto svolgimento dovrebbe sentire l’obbligo di intervenire.
     

  • NEGOZIARE CON PUTIN?
    TRAMITE SCHROEDER?

    data: 06/08/2022 20:02

    L’ex Cancelliere della Repubblica Federale di Germania (dal 1998 al 2005) Gerhard Schroeder, divenuto abilissimo super consulente di Putin nella gestione delle forniture di gas russo alla Germania, grazie ai suoi preziosi contatti, ha annunciato pubblicamente che si darà da fare per gettare le basi di una trattativa con Putin che preveda la soluzione della pesante guerra che la Russia conduce contro l’Ucraina, facendola precedere da un cessate il fuoco. Molto interessante. Nel commentare tale eventualità, data l’ambiguità dei tempi, sarebbe l’occasione di adottare subito un uso corretto delle parole e dei concetti che verranno usati nel dibattito in vista degli sviluppi di questa nuova ipotesi.
    1) Prima di tutto la guerra russo-ucraina non è un classico conflitto fra stati per qualche controversia, come spesso i media e i commentatori la presentano, e non è neppure una guerra civile. E’ una guerra d’aggressione immotivata e illegale, di un uno stato forte contro uno stato confinante debole, colpevole di nulla.
    2) Nel nostro caso lo stato aggressore, nel linguaggio in vigore fra gli studiosi della materia, verrebbe definito come uno stato fuori legge poiché ha violato e viola tutte le norme positive e naturali del dritto internazionale: lo Statuto delle Nazioni Unite del 1949 (art. 2-4), il Trattato di Ginevra del 1950 (art. 48 -49), gli accordi di Budapest del 1994 ove la Russia garantiva l’integrità territoriale dell’ Ucraina, accordi garantiti dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e poi da Francia e Cina; incluso il trattato di Minsk del 2014 sui rapporti di rappresentanza politica e linguistici fra i due stati.
    2) Nel diffuso dibattito pubblico i media e i commentatori, oltre a concentrarsi sulle tragedie di intere città e villaggi distrutti, sulle decine di migliaia di morti e sulle sofferenze indicibili di 6 milioni di rifugiati, oltre alle implicazioni geo-politiche e geo-economiche della guerra, sono stati particolarmente attenti, soprattutto in Italia, alle ragioni di Putin. Il quale viene oramai presentato come un belligerante in guerra con un altro stato che, con determinazione spregiudicata, persegue i suoi scopi. In realtà si tratta del cinico capo di uno stato fuorilegge che nell’occupare un’altra nazione non ha remore di sorta nel minacciarne, ucciderne, deportarne la popolazione, anche per ragioni etniche, e distruggerne l’habitat. Infatti, di fronte allo spettacolo raccapricciante del bombardamento di case, ospedali e scuole e alle barbare atrocità commesse dai russi contro i civili, i grandi commentatori, pur condannando la Russia, hanno parlato poco di diritto internazionale, di cui sopra, e nulla delle origini morali e storico-filosofiche (nessun accenno all'antica distinzione fra lo jus ad bellum e lo jus in bello) che, per quanto spesso trasgredite nel mondo, sono alla base della Comunità Internazionale intessuta ovunque, anche nelle dittature, di norme, anche religiose, che proibiscono la crudeltà e l’uso della forza militare contro i civili .Una tale omissione ha impedito all’opinione pubblica mondiale di fare quadrato con chi invoca, anche nelle situazioni più gravi, il rispetto del diritto internazionale, al di fuori del quale vince l’anarchia, cioè la hobbesiana lotta di tutti contro tutti.
    3) Dopo molti fallimenti di autorevoli personaggi, incluso quello del Papa, come farà un personaggio come Schroeder, di casa nei corridoi putiniani, più amico degli aggressori che delle vittime, a trattare con i russi se prima non riuscirà a far tacere le armi? Un ladro, entrato in casa vostra, sta devastando la casa per derubarvi; gli inquilini, avvertiti, intervengono contro il ladro; questi, messo alle strette, mentre tiene la pistola la puntata alla vostra tempia pone le sue condizioni per trattare la fuga. Voi che cosa fareste? Prima di trattare gli chiedereste Intanto di abbassare la pistola. Riuscirà Schroeder a ottenere da Putin un cessate il fuoco per quanto possibile definitivo e garantito?
    4) Se Schroeder è così scaltro come dicono, dovrebbe cominciare a ragionare insieme a tanti altri su chi, come e per quanto tempo si potrà garantire un eventuale accordo di pace da stipulare con uno stato-fuori legge che per sei mesi, per ragioni imperialistiche e rivendicative, ha seminato solo odio e distruzione contro un popolo vicino tenuto conto che Putin considera leggi, convenzioni, accordi e trattati come carta straccia.
    Se alla fine Putin, riuscirà in qualsiasi modo a vincere in Ucraina, tutto gli sarà permesso; almeno fintanto che il suicidio della Federazione russa, che ha così brillantemente iniziato, non lo consegnerà al numero non piccolo dei criminali storici.

     

  • STANDING OVATION
    OVVERO DELL’ATROCE
    CALAMITA’ ITALIANA

    data: 26/07/2022 21:48

    Erano belli, ben allineati tutti in piedi davanti ai loro scanni nell’emiciclo di Montecitorio, l’aula che aveva ascoltato De Gasperi e Einaudi, ed erano più eleganti del solito, tutti con la cravatta, mentre recitavano senza vergogna la standing ovation a favore di Draghi dopo le sue dimissioni. Sorridevano inconsci che, con la caduta anzi tempo del governo Mattarella-Draghi si stava celebrando un fallimento. Non certo quello di Draghi ma quello loro. Dopotutto erano gli stessi parlamentari dei governi Conte precedenti, i peggiori in assoluto della storia Repubblicana, per i quali il Presidente Mattarella era dovuto intervenire per ben due volte. Per loro è finito un costoso e deleterio azzardo politico per gli italiani.

    Fin dalla sua nomina avevano giustamente percepito Draghi come estraneo a loro; il quale per salvare il salvabile del belpaese, non ha potuto che lavorare al di sopra delle loro teste intorno ai gravi problemi, in parte da loro causati, compreso quello del cruciale ruolo europeo e atlantico dell’Italia durante una guerra pericolosa per l’Europa come quella russo–ucraina per il quale erano ambigui e impotenti. Abituati a enunciare promesse, slogan, proclami e frasi fatte, più che dare una mano a Draghi lo hanno subito e il suo riserbo, il suo meticoloso uso delle parole e il suo stile politico in nulla simile al loro lo hanno reso sospetto a molti deputati e soprattutto a una serie critici di tutte le parrocchie puntualmente invitati nei talk show.

    Nel teatro stucchevole della politica italiana qualcosa di buono è comunque avvenuto: Draghi ha rubato la scena a tutti e ha indicato agli italiani che vi sono in politica persone responsabili affidabili e competenti dalle quali altri possono prendere l’ esempio. “Per un paese, non avere buoni esempi da imitare - aveva scritto Fyodor Dostoevsky - è un'atroce calamità.” Nei suoi non numerosi interventi in Parlamento Draghi è stato raramente interrotto e tutti lo hanno sempre ascoltato con attenzione, e forse con ammirazione, per lo stile certo non abituale a Montecitorio. Certamente non tutti sono stati folgorati dalla sua personalità come l’ex M5S Luigi d Maio, L’ex leader del M5S che, lavorando accanto a lui come Ministro degli Esteri ha scoperto un altro mondo e uno stile nella politica. Non lo stesso si può dire di Salvini, Conte e Berlusconi che, avendo tutti fallito, mentre applaudivano Draghi, forse rosi dall’invidia, erano ben felici di liberarsi delle sua ingombrante e per loro imbarazzante presenza.

    Le crisi politiche fanno quasi sempre sorgere altre idee, liberano nuove risorse umane restate in ombra e fanno avanzare il dibattito sulle nuove e complesse sfide. Invece in piena campagna elettorale in Italia l’offerta politica è ferma e ritroviamo tutte le vecchie facce; quelle che, come si dice, hanno già dato. La mancanza di buoni esempi che Dostoevsky temeva come “atroce calamità” per la Russia del suo tempo, noi la temiamo oggi per l’ Italia. Sembra infatti che gli italiani in politica debbano accontentarsi di ciò che passa il convento della società politica chiusa nei partiti attuali. I media che contano, i talk show, i giornali e gli intellettuali non sembrano avere alcuna immaginazione, nessuno è alla caccia di novità e di persone che pur non mancherebbero in un paese come l’Italia. Invece intere pagine dei giornali commentano Di Battista al suo ritorno da Mosca, le prospettive di Salvini futuro Ministro degli Interni di un governo Meloni, Berlusconi redivivo Presidente del futuro Senato (dopo esserne stato cacciato) e riflettono su che cosa potrà mai fare un ex premier come Conte in crisi?

    Frattanto, ai Giletti, ai Santoro e ai Travaglio o alle Berlinguer piace sempre mostrarsi aperti a tutti e far conoscere i campioni dell’antipolitica, soprattutto se poco europei e anti atlantici; purchessia; come è avvenuto con il vero e proprio caso del prof. Orsini della Luiss che con toni leggermente paranoidi, aveva definito Draghi il Lukashenko di Biden e un “bellicista che impedisce la pace nella guerra russo-ucraina”. Per altro, i conduttori dei salotti politici scelgono i loro ospiti, anche i più improbabili, con attenzione e li ascoltano spesso a lungo, annuendo alle loro osservazioni, spesso paradossali, ma senza mai chiedere loro su quali basi siano fondate.
    Da vari anni Il mondo ha cambiato volto e, mentre l’integrazione europea marca il passo, fra i problemi economici, sociali e di sicurezza internazionale che l’Italia dovrà affrontare da sola, si trova quello più grave di tutti: la scarsità dell’offerta politica è la carenza di uomini e donne all’altezza di un compito per il quale nessuna delle attuali forze politiche in campo potrebbe provvedere. E’ veramente questa la dostoevskiana “atroce calamità” che l’Italia, l’anello debole dell’Europa, deve superare se non vuole tornare nel limbo delle espressioni geografiche a disposizione altrui.

  • OUBLIER CACCIARI n.2

    data: 17/06/2022 14:42

    Data la stima che avevo per Cacciari, dopo le mie osservazioni critiche quando scriveva da virologo, speravo in un'occasione per rimediare con altre su Cacciari filosofo. Niente da fare. Il suo articolo del 12 giugno su La Stampa, come talvolta lui fa, tenta di volare alto e esplorare lontani orizzonti. Come i grandi sparvieri della favola di Esopo, anche lui vola in alto e vede il mondo da lontano, ignorando le rane di quella favola, le quali invece vivono in basso e, attente a sopravvivere, e soffrono a terra in Ucraina fra mille pericoli. Nella tragedia ucraina Cacciari sembra guardare alla cosiddetta Russia storica, quella di sempre: la Grande Russia zarista o l’URSS, ma pur sempre una Santa Russia, imperiale o socialista e, perché no, anche Federale.

    Con la guerra che sta devastando l’Ucraina e mettendo in crisi il mondo, scrive Cacciari, “una nuova guerra civile è esplosa nel cuore dell’ Europa”. Secondo lui non si tratterebbe di uno stato aggressore che senza ragione invade e bombarda uno stato libero devastandolo e facendone fuggire la popolazione. Nessuno sdegno. E' una contesa fra russi, appunto una guerra civile, proprio come sostiene Putin. Secondo lui infatti gli ucraini appartengono ad uno Stato artificiale, inesistente e loro stessi appartengono alla Russia e non potrebbero che essere russificati. Quanto questi vogliono essere russificati lo si vede da come si stiano difendendo con le unghie dai massacri dell’esercito russo pur di difendere loro indipendenza.

    Per chi avesse qualche dubbio su che cosa pensa Cacciari sull’argomento basterebbe la seguente ambigua sintesi del suo pensiero scritta proprio mentre è in corso una guerra spietata anche molto pericolosa per l’Europa: “Non c’è Europa senza Russia e neppure Russia senza Europa”. E l’Ucraina? Sarebbe interessante sapere di quale Russia Cacciari stia parlando. La Russia zarista non esiste più; l’URSS è crollata, e non perché, come qualcuno crede, ha perso la guerra fredda che qualcun avrebbe vinto, ma perché il suo progetto politico, sociale economico è fallito. Gli Ucraini stanno dimostrando di non voler assomigliare ad alcuna delle due russie passate e men che meno a quella che ne rinnova il vecchio dispotismo orientale, quello stesso che Montesquieu ha teorizzato e che educatamene rinfacciava a Caterina la Grande suggerendo per la Santa Russia dove vigeva al 75% il servaggio delle gleba, sistema inglese che lui ammirava. La Federazione russa, in mano ad un solo uomo,  è l’erede peggiore, se è ancora possibile, di un modello di governo dispotico che ovunque nel mondo non ha prodotto che dittature, violenza politica, sottosviluppo e grande infelicità; altro che ricordare in questo momento, come candidamente scrive il nostro “…la grande spiritualità di Mosca erede di Bisanzio". Frattanto, mentre nessuno ha minacciato la Russia, è la Russia che minaccia l’Europa a cui ha quasi dichiarato guerra. Lo fa non solo tramite i media e i suoi attacchi cibernetici, ma per esplicite parole pronunciate pubblicamente dal suo presidente Putin, dal ministro degli esteri e da un sottosegretario alla presidenza. Quando Hitler invase la Polonia nel 1939, dopo pochi giorni, l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania. Oggi la Russia invade l’Ucraina ed è lei a dichiarare guerra, anche se solo verbalmente, a chi la difende.

    Alla fine del suo articolo temo che l’analisi che Cacciari fa seguire al suo ragionamento peggiori le cose: secondo lui non si deve ripetere “la tragedia della cortina di Ferro”, senza nulla dire sulla responsabilità di chi oggi la sta ripetendo. Questa fu abbattuta, secondo Cacciari, grazie a “generazioni di scienziati, artisti, scrittori anche nel segno dell’illuminismo alla corte di Caterina”. Qualcuno potrebbe ricordare che a molti dei grandi scrittori (Pasternak, Solzhenitsyn, Gogol, Gorky. Bulgakov, Dostoevskij) e a tanti intellettuali furono riservate da varie russie repressione, prigionia, minacce, esilio e vite infernali. In quanto al retaggio dell'illuminismo ai tempi di Caterina basterebbe leggere qualche pagina presa a caso del volume di Tchoulkov su gli ultimi zar autocratici (Payot 1928) per rendersi conto a quale miseria fu ridotto, pur con qualche eccezione, il retaggio illuminista in Russia.

    Oggi la spregiudicatezza russa, la sua vocazione alla menzogna e la professione di odio verso la popolazione civile ucraina e lo spregio dei suoi difensori, messi a confronto con le prassi sovietiche del politburo fanno apparire quest’ultimo un club di gentiluomini britannici prudenti e responsabili. Mentre Cacciari sembra sognare un’altra Russia (quale?) frattanto questa Russia, approfittando delle inconcludenti talk show e le più acute riflessioni occidentali potrà prendere il tempo che gli serve per vincere la “guerra civile“ prendendosi ciò che resterà dell’Ucraina e delle sua popolazione che nessuno potrà salvare. Prima che ciò succeda però, qualcuno, e non solo gli ucraini, anche con la forza militare, dovrà prima o poi fermare lo scempio del diritto internazionale, la violazione di ogni principio e la sua minaccia alla pace e fermare questa insensata macelleria. Solo dopo l’arresto delle ostilità militari si potrà tentare la pace ed un ripristino ucraino che non potrà che essere lungo, costoso e foriero di nuovi problemi. Alla fine di questa inutile tragedia che è costata sangue sofferenze indicibili per milioni di ucraini e una crisi mondiale, come ironizzò Karl Kraus in simili circostanze, “nessun innocente resterà impunito”; nel nostro caso soprattutto Cacciari che credevo che ancora appartenesse al ridotto numero di “color che sanno”.

  • MEMORANDUM POLITICO ITALIANO

    data: 26/05/2022 13:17

    Di quale stoffa siano divenuti il clima parlamentare e l’elettorato italiano nei sondaggi, se affidabili, si è potuto constatare dalle molte reazioni alla guerra della Russia all’Ucraina; una guerra condotta in violazione di tutte le leggi, le convenzioni e i trattati internazionali, fondata dell’odio etnico, con attacchi alla popolazione civile, saccheggi, stupri, distruzione di ospedali e di scuole. E’ una guerra criminale condotta secondo la dottrina esemplare del giurista Carl Schmitt, il celebre costituzionalista di Weimar e poi del nazismo, secondo il quale il sovrano che “dichiara lo stato d’eccezione” può sospendere ogni diritto per vincere, idee che notoriamente circolano in ambienti putiniani. La nutrita schiera dei né-né, di sedicenti pacifisti, populisti alternativi antiamericani un poco deboli in storia, non approfondiscono e continuano a relativizzare se non a difendere senza pudore e senza vergogna le rivendicazioni imperialistiche del dittatore bugiardo che si sente accerchiato dalla NATO mentre tiene 58 Missili ipersonici nella enclave di Kaliningrad (ex Konigsberg di Kant) a una manciata di chilometri dal confine della Prussia Orientale puntati su Berlino e altre capitali europee. Molti a destra e a sinistra, compreso il Papa, gli hanno dato retta, ironicamente immemori di Enrico Berlinguer che restò fedele alla costituzione, all’Italia europeista e atlantica, e alla fine si sentì più sicuro nella NATO che fra i suoi amici comunisti russi.
    Trovandoci in odore di campagna elettorale, ormai sulla soglia di nuove importanti, anche se tardive consultazioni elettorali, gli elettori italiani dovrebbero prendere coscienza che, malgrado le molte vicissitudini che l’hanno messa a dura prova, l’Italia è oggi una società democratica aperta su un mondo nel quale i barbari son quasi fra noi. A causa delle prevedibili difficoltà delle politiche europee e italiane nel quadro geopolitico che apparirà dopo la fine della sciagurata guerre russo-ucraina, gli elettori italiani dovrebbero fin da adesso dedicare molta attenzione alla scelta della classe politica che emergerà nel 2023, tenuto conto che il quadro dell‘offerta politica italiana oggi si presenta imbarazzante per non dire surreale.
    In Italia, scomparso il comunismo, e quasi scomparsa la DC, fra l’avvicendarsi dei governi di Berlusconi e Prodi, l’elettorato, scontento delle antiche guide, verso la fine del millennio ha subito una sorta di mutazione antropologica e milioni di italiani insofferenti dei partiti, della UE e del mondo liberal democratico, si sono rivolti a partiti armati di slogan populisti e demagoghi anti “sistema” alla ricerca del nuovo assoluto fatto di slogan, proclami e promesse. Una inattesa parte dell’elettorato ci è caduta e, grazie ai sorprendenti risultati elettorali ottenuti, una volta divenute forze di governo, gli alfieri del nuovo hanno dato vita a due governi, uno giallo-verde e l’altro giallo-rosso ambiguamente presieduti dall’identico capo del governo Giuseppe Conte. Grazie alla politica del vaffa di Beppe Grillo, fondatore del movimento 5 Stelle, al suo mito della democrazie diretta e al reddito di cittadinanza, hanno tentato le aperture filo cinesi di Di Maio e quelle filo putiniane, addirittura stipulando un’alleanza fra la LEGA di Salvini e il partito del dittatore Vladimir Putin in attesa di nuovi orizzonti per un Italia diversa. Sono stati due governi dagli esiti disastrosi con prospettive per nulla compatibili con una nazione ancora fiera della propria costituzione liberaldemocratica e occidentale.

    Suggerimenti celesti
    I nativi americani e i cinesi del Tao innanzi alle scelte difficili prima di decidere, chiedevano aiuto agli antenati, i quali, lontani dalle cure terrestri, pensavano, li avrebbero sempre ben consigliati. Noi italiani ne abbiamo di eccellenti e, in occasione delle prossime elezioni, stanno quasi sicuramente già ora, valutando dal cielo gli affari nazionali. Ci spiegherebbero da una parte le ragioni per cui alcuni progetti esemplari nell’ultimo trentennio sono poi stati disattesi, come l’atteso riformismo della Giustizia del governo Berlusconi de1994 forte de 54% del Parlamento o la mancata riforma costituzionale del governo Renzi (forte quasi al 40%) del 2016, falliti a causa delle opposte fazioni dei maggiori partiti ognuna ritenendosi indispensabile; dall’altra argomenterebbero come l’assenza di gruppi politici intermedi: liberali, socialisti, socialdemocratici e repubblicani che per mezzo secolo di onorato servizio a una democrazia traballante, dopo il 1991, l’annus terribilis di tangentopoli siano misteriosamente scomparsi lasciando il quadro politico privo del suo più autentico DNA liberaldemocratico di stampo europeo. Per cui, oggi l’Italia è l’unico paese occidentale che non offre agli elettori una formazione politica che si richiami esplicitamente al liberalismo o alla socialdemocrazia.
    Gli europei e soprattutto gli italiani oggi sanno che nei prossimi anni si troveranno innanzi problemi che non potranno essere affrontati da maggioranze raccogliticce fondate sul nulla. In questa prospettiva gli elettori non potranno fare a meno di constatare con sgomento la scarsità di un’offerta politica adeguata nel bel mezzo delle varie crisi che si annunciano in tutto il mondo: in materia di stabilità economica, di lavoro, di approvvigionamenti energetici, di immigrazione, di impegnativi e di costosi interventi ambientali, giustizia sociale. Per nulla dire della collocazione geopolitica dell’Italia nel contesto europeo, atlantico e mediterraneo in relazione alle imprevedibili implicazioni della guerra russo-ucraina.
    In vista delle elezioni prossime i nostri antenati di cui sopra dovrebbero affrettarsi e affacciarsi dal cielo per ricordare agli italiani, dopo averli ben consigliati, anche un evento interessante del 10 e l’11 dicembre 1979 al Palazzo delle Stelline a Milano: un incontro che per due giorni ha ospitato il più importante convegno liberaldemocratico della storia d’Italia. Oltre cento relatori, fra cui Noberto Bobbio, Nicola Matteucci, Ralph Dahrendorf, Max Salvatori, Enzo Bettiza, Francesco Compagna e Luciano Pellicani, hanno spaziato su temi come la giustizia sociale, il neo-liberalismo, l’eredità di Carlo Rosselli, l’internazionalismo, la comunanza spirituale fra il liberalismo e il socialismo in Germania, l’ingegneria costituzionale del liberalismo e altri. Il convegno, organizzato dalle rivista liberale Alleanza fondata da Antonio Baslini e Beatrice Rangoni Machiavelli e da quella socialista storica di Filippo Turati Critica Sociale, fu un evento di successo. E’ stato a lungo commentato da tutta la stampa poiché sembrava annunciare aria politica nuova nelle politica italiana. Scorrendo i nomi dei 100 relatori colpisce oggi la distanza fra loro e i politici attuali degli stessi maggiori partiti. Chissà se gli antenati riusciranno a bucare le nuvole, che sempre affollano i cieli, per far arrivare ai futuri elettori italiani questo breve memorandum.
     

  • GUERRA PER PROCURA?
    ECCO PERCHE'
    E' UNA FALSA TEORIA

    data: 02/05/2022 16:43

    Al Cremlino in guerra regna sovrana una squadra di truccatori professionali di tutti i media, soprattutto radiotelevisivi, che racconta come secondo il Cremlino realmente stanno le cose nella guerra ucraina: non è la Russia che fa la guerra all’Ucraina ma l’America e i suoi lacchè europei che la fanno per procura alla Russia; la quale con l’operazione militare speciale non fa altro che difendersi. L’America imperialista, dopo averci fatto circondare dalla NATO – sostengono Putin, Lavriov e Soloviev e Rogozin - ha complottato con gli Ucraini contro Yanukovich, che avevamo promosso capo del governo, per lasciare dilagare i neonazisti in tutta l’Ucraina e poi eleggere al suo posto un debosciato come Zelensky.

    A parte l’enormità della falsificazione della realtà, di regola, si può parlare di guerra per procura quando un terzo stato interviene per modificare l’esito di una guerra fra altri e ottenere un proprio vantaggio e non a favore di uno stato per proteggere un suo diritto; uno stato che invia armi a un altro che difende un proprio diritto non per questo diviene belligerante. In questa teoria forviante nessuno spiega neppure chi avrebbe dato una procura a chi per fare che cosa contro chi. Eppure il giochetto logico-dialettico della guerra per procura ha fatto furore, tutto confondendo. Si presenta il conflitto come una lotta fra i due imperi virtuali: America e Russia, che non esistono nella realtà, e non fra un aggressore e un aggredito; una teoria che è stata presa sul serio soprattutto in Italia e discussa in molti talk show non solo dalle farneticazioni dei Travaglio, Orsini o Santoro e altri, ma persino da professori, studiosi, giornalisti, scrittori e personaggi politici, ed è persino apparsa in cartelloni anti-americani e anti-NATO in alcune celebrazioni resistenziali il 25 Aprile. In tale contesto i russi, circondati dalla NATO, sono riusciti a far dimenticare, a chi dovrebbe sempre ricordarlo, che fra la cospicua dotazione di armi nucleari, i russi tengono ben aperta una postazione di 58 missili ipersonici a Kaliningrad (l’antica Konigsberg di Kant) sul confine europeo che potrebbero raggiungere Berlino in 10 minuti.

    Secondo la succitata tesi dovremmo continuare a ragionare in termini di un mondo dominato da potenze imperiali come l’ America, la Cina e la Russia. E’ un’ idea che piace alla Russia, facendola sentire ancora un impero, e lascia cullare gli imbelli europei dormienti (“While Europe slept” direbbe oggi Churchil) di essere parte di un supposto impero americano. Nel linguaggio politico corrente i termini impero e imperiale designano grandi potenze che dal loro centro esercitano un’egemonia su altri stati, altre nazioni o altri popoli e, in varia misura, un controllo territoriale, politico, militare o economico. Senonché dopo il 1991 quella Russia grande potenza non esiste più; e non, come è stato erroneamente sbandierato, perché ha perso la guerra fredda e un altro impero avrebbe vinto, ma perché l’URSS è implosa su se stessa una volta che il suo progetto sociale, politico anti-liberale e anti-economico è fallito; anche se la Russia odierna resta una potenza militare. In quanto all’America, pur essendo egemone nella NATO, sul piano politico, è dubbio che i suoi insuccessi nel ruolo di poliziotto del mondo dal dopoguerra abbia mantenuto integra la sua precedente egemonia imperiale.

    La Perla dell’Impero
    Per restituire alla nuova Russia almeno una parte della grande URSS,  Putin, nostalgico del vecchio impero fallito, ha studiato attentamene i suoi spazi vitali e le sue aree di influenza. Prima ha forzato i confini politici e territoriali della Georgia, della Bielorussia, poi ha lasciato in giro soldati russi senza insegne e carri armati nel Donbas, nel cuore del territorio dell’Ucraina, la perla dell’impero, ed ha occupato e annesso la Crimea. Fra i paesi ex-sovietici liberati, infatti, l’Ucraina è da un ventennio il più dinamico e pronto a cogliere tutte le opportunità per aprirsi a un nuovo sviluppo ed entrare nella modernità. Gli ucraini avevano mantenuto la loro vocazione indipendentista fin dai tempi degli zar, erano prevalenti russi bianchi anti-bolscevichi, affamati da Stalin, decimati a Stalingrado nel ’43, e fieri eredi del dissidente Mykola Rudenko e del coraggioso movimento ucraino Smoloskip in lotta per il rispetto degli accordi di Helsinky (1975) nei quali si denunciava la repressione sovietica. Oggi l’Ucraina ha una popolazione storicamente indipendentista, divenuta cosmopolita, abitata da moldavi, russi, russi bianchi, polacchi ed ebrei; aspira a una società aperta al mondo che guarda avanti e che in questi anni è stata oggetto di importanti scambi culturali e di investimenti esteri, soprattutto della Turchia e degli Stati Uniti. Putin ne teme il contagio con il suo mondo ancorato nel passato, ma non i vantaggi economici indispensabili a salvare la sua Russia in piena crisi. L’ Ucraina infatti è ricca di materie prime, da anni rappresenta un granaio di rilevanza mondiale ed è un ghiotto boccone per cominciare a disegnare il non meglio precisato nuovo ordine mondiale putiniano dopo l’annunciato tramonto delle liberal democrazie occidentali; un nuovo ordine pericolosamente passatista e per nulla attraente.

    Dalla Russia con orrore
    Dopo minacce e false partenze, all’improvviso la Russia di Putin ha invaso l’Ucraina mascherandola vigliaccamente da semplice operazione militare per non allertare la difesa ucraina. Ha bombardato massicciamente il paese distruggendo intenzionalmente gli spazi vitali e la sua popolazione civile causando 5 milioni di rifugiati. Ha più volte dichiarato di farlo per tre ragioni dimostratesi totalmente false: la pretesa protezione e liberazione dei russofoni dell’Ucraina; la liberazione dalla repubblica dei pretesi veri neo-nazisti; e per tenere l’Ucraina fuori dalla NATO. Sono tre argomenti speciosi sui quali Putin continua a mentire: i russofoni dell'Ucraina, come si è poi dimostrato, non avevano, né hanno, alcuna intenzione dei essere “liberati”; i neo-nazisti ucraini, che sono appena il 2%, come si è visto in politica come in guerra, non fanno i nazisti ma difendono coraggiosamente il loro paese; in quanto all’ipotesi dell’Ucraina nella NATO è da anni accantonata per esplicito desiderio di quasi metà dei suoi membri. L’ invasione ha avuto su di noi l’effetto che avremmo avuto noi se l’ex impero britannico, oggi Regno Unito, avesse invaso e bombardato l’Irlanda.

    In questa guerra criminale contro ogni legge civile e ogni regola divina e umana, i russi hanno mostrato una ferocia che nelle circostanze del suo contrasto con la vicina Ucraina nessuno pensava possibile: hanno distrutto palazzi, bombardato ospedali, scuole teatri, centrali elettriche, reti idriche e hanno ucciso civili inermi, stuprato donne, saccheggiato le case e hanno scritto una nuova pagina vergognosa che resterà indelebile nella storia della Russia contemporanea: i nuovi demòni di dostoevskiana memoria sono tornati a ricordarcene gli orrori. Frattanto nella guerra l’aggressore non accenna a fermarsi e l’aggredito, riarmato dagli europei e dagli americani, non cessa di difendersi. Oltre alla condanna dell’aggressione da parte di 40 paesi, unitamente alla pesanti sanzioni adottate, si punta a salvare il paese da peggiori devastazioni; ma senza sapere per quanto tempo potrà durare questa guerra spietata, dato il totale rifiuto russo di raggiungere almeno un cessate il fuoco foriero di un eventuale accordo di pace; una pace precaria che non potrà che avere altre ricadute sull’Europa e sul resto del mondo. Esiste però questa volta la possibilità che la voce responsabile dell’intera comunità internazionale quasi univoca agisca affinché questa guerra scellerata non venga vinta dalla Russia di Putin, whatever it takes.

  • LETTERA A PUTIN. Perché
    conviene che tu vada via
    immediatamente dall'Ucraina

    data: 10/03/2022 15:59

    Dear President Putin
    It is now evident to the entire world that in your illegal, cold blooded and criminal project to submit Ukraine you have miscalculated the Ukrainian’s bold resistance, the crippling world sanctions and the other European and the American reactions to come. After many days of war in which you have failed to secure a victory you are now a dangerous wounded lion Mr. Putin. In order not to lose losing face you will surely increase the brutality of military actions against innocent people, turn Ukraine into ruins, reduce houses to rubble like in Grosny and Aleppo, thus tarnishing forever the image of Russia and its people, whom are caught in the web of your lies.
    Even after having been condemned by the UN and by the International community you fail to understand that you have discredited your country and your own citizens not only by waging an illegal war but by manipulating information, cheating and falsifying past and present reality. You have also arrested thousands of anti-war, honest Russian citizens, spurring many others to look forward and actively work for your downfall.
    After WW2, the German soldiers remained haunted for decades by their decision to blindly follow Hitler’s ruthless orders, resulting in the suffering and killing of countless innocent peoples. Be assured that the same will happen to your own soldiers who choose to obey you: they will be haunted for the rest of their lives for the bombing of innocent peoples’ houses, schools and hospitals and for forcing one and a half million people to abandon their homes to escape the violence you have cruelly deployed against them with no reason. As to you, be assured that a considerable part of your own people are beginning to hate you. Your cynical indifference to the consequences for them will backfire. You might win many battles in Ukraine, but in the end you will almost certainly loose. Should you ever manage to occupy he country be assured that in spite of your meticulous KGB control and your soviet military style, your occupation and the possible rule over Ukraine will turn into a nightmare for you and your army and a source of embarrassment for the whole of Russia. As president author of this vile war you will be surely held responsible before the International Criminal Court for war crimes. As a consequence, ice skating in your lofty palace in Moscow might become impossible for you. Your life might very well become solitary, nasty, fearful and short.
    The Western free world will continue to relentlessly oppose your obscure designs to topple Ukraine and reshape Europe according to your own disastrous standards. It will help and assist the Ukrainian civil society in every way and improve its military defense possibly transforming your initial imperial plan for Ukraine into a nightmare: a civil war between Russian Ukrainians and Ukrainian Russians. As to the new and harsher sanctions against Russia to arrive in due course, you are wrong in considering then as declaration of war. They are a declaration of peace in the face of your illegal war. They are legitimate measures deployed by the civilized world against barbarism. While unpredictable solutions to stop the bombing may hopefully take place, please take the humble advice of a common person guided by sheer commonsense: you might still save the shreds of your obfuscated political standing by showing some common sense: for God’s sake get the hell out of Ukraine as soon as possible before a devastating extended war suddenly breaks, which you couldn’t possibly win, and the entire world would hold you personally responsible.

    Yours sincerely
    Marco Patriarca

     

  • PUTIN: LA MENZOGNA
    E LA BRUTALITA' AL POTERE

    data: 03/03/2022 19:44

    Al primo attacco di Putin all’Ucraina gli europei hanno avuto un sussulto: molti si sono ricordati del  fatidico pamphlet di Winston Churchill While England Slept mentre era alle prese con Hitler, che ora sembrava applicabile all’Europa dormiente mentre Putin, senza alcun motivo attaccava un paese libero. Invece, dopo il primo attacco militare russo all’Ucraina, l’Europa è stata attraversata da una corrente elettrica che l’ha finalmente svegliata per difendere con ogni mezzo un paese amico, libero e forte di un governo democratico votato dal 73% dalla popolazione (ucraina e russa). L’invasione di Putin è avvenuta con centinaia di migliaia di soldati russi, tank, potenti mezzi blindati e bombardamenti sul Kiev e varie città abitate da una popolazione civile di milioni di persone che nulla hanno fatto per meritare una tragedia umana per noi inimmaginabile, bloccando confini e strade, obbligando alla fuga famiglie intere a cui era stata tagliata la corrente elettrica, generando panico in violazione del diritto internazionale, dello statuto dell’Onu e degli accordi di Minsk.

    I pretesti della guerra falsamente addotti sembrano nazionalistici, ma in realtà nascondono il disegno imperiale di ricreare una politica di potenza anti liberale e anti occidentale in tutta l’area appartenente alla dissolta URSS; un disegno che Putin prepara da anni prevedendone segretamente anche l’impatto finanziario e le ricadute economiche sociali. Un disegno che certamente fallirà.

    Frattanto il dittatore, mentre sta causando un danno incalcolabile, oltre alla popolazione ucraina, anche a tutti cittadini russi (ma non certo ai suoi sgherri), sta producendo alcuni inattesi capolavori fra i suoi nemici: la NATO, la cui orazione funebre era stata da poco pronunciata dal presidente Macron, è rinata a nuova vita e alcuni paesi, restati in sospeso, stanno rompendo ogni indugio per entrarvi; l’Unione Europea si è improvvisamente ricompattata e promette ogni aiuto in difesa degli attaccati. Quasi tutti gli stati europei approvano le dure sanzioni contro la Russia e stanno predisponendo aiuti militari, sanitari, alimentari, tecnici e informatici ai quali partecipa anche il Regno Unito di un Boris Johnson, forse rinsavito, mentre il presidente Joe Biden, allineato all’Europa sembra aver recuperato la dignità perduta (incolpevolmente )in Afghanistan. Persino l’anti europeista Orban sta cambiando le sue idee sul futuro della Ue, senza neppure avanzare i “distinguo” sulla Russia del profeta Matteo Salvini (quando si sentiva “più sicuro a Mosca che a Bruxelles”).

    Vi è però un problema molto sottovalutato che incombe affinché qualche politico responsabile a Mosca si renda conto del danno che Putin sta procurando anche alla Russa. La forza del dittatore Putin infatti, finché resta in carica, continua a consistere soprattutto nella manipolazione dell’informazione all’interno, nel controllo dell’opinione pubblica russa e nella menzogna come strumento di politica estera: una pratica che Putin ben consce essendo quella che ha tenuto in piedi l’Urss per 70 anni: l’impero dei falsi, come definito da Alain Besançon e da Luciano Pellicani negli anni 70-80. Falsi storici, politici, economici manovrati per tener salda la verità ideologica al potere facendo apparire vero il falso. Ascoltare ieri in televisione l’intervista di un comunista italiano, da anni presente in Dombass, dirsi convinto della necessità di “combattere i nazisti ucraini” come comandato da Vladimir Putin, o ascoltare l’intervista ad una giornalista russa corrispondente in Europa balbettare frasi fatte sulle ragioni russe della guerra (forse per non perdere il posto), è eloquente sul monopolio informatico e dis-informatico che governa l’opinione pubblica russa. Per questo abbiamo ancora molto da temere dalle manipolazioni putiniane. All’interno della Russia stanno narrando al popolo e alle famiglie dei soldati russi morti che, come il citato giovane comunista italiano, sono morti combattendo contro un Ucraina piena di nazisti. All’esterno alimentano la falsa tesi di un’Europa ostile a una Russia accerchiata da una Nato aggressiva in mano ai guerrafondai americani. E’ chiaro che su questi falsi presupposti, che hanno falsato per anni l’intero quadro geopolitico e storico, un paranoico compulsivo come Putin ha potuto, per ora impunemente, convincere milioni di russi a seguirlo nella sua pericolosa e devastante sfida imperiale al mondo; un sfida che potrebbe già aver perso.

    Sulla permeabilità delle false informazioni e delle tesi farneticanti di cui abbiamo avuto conto in questi anni (non solo quelle russe) e sulle manipolazioni storiche, politiche ed ideologiche che sono rimbalzate nei media e nei social dei 5 continenti, in temi come le libertà democratiche nella pandemia, il populismo, il razzismo, il capitalismo e le disuguaglianze la cautela non sarà mai troppa. Bisognerà lavorare meglio in Europa per predisporre anche gli strumenti informatici per la difesa culturale e linguistica da adottare per non perdere la fiducia nel libero dialogo fra gli individui come quella più complessa fra le nazioni; un grande progetto per la nuova missione dell’Unione Europea.
     

  • IL FUTURO DELL'EUROPA
    ECCO COSA FARE DOPO
    L'APPELLO DI MATTARELLA

    data: 12/02/2022 09:15

    E‘ significativo che in occasione di un nuovo settennato, nel bel mezzo della crisi politica italiana, innanzi al Parlamento (fallimentare) che lo aveva appena eletto, Sergio Mattarella nel suo discorso d’insediamento abbia messo al centro non solo l’esigenza di valorizzare meglio il ruolo italiano nell’Unione Europea, ma abbia toccato il tema, ormai diffuso in Occidente, riguardante il problema delle restrizioni in corso nei diritti e nell’accesso alle opportunità economiche e professionali, cioè delle disuguaglianze, e abbia chiesto all’Unione di mettere in campo misure di giustizia adeguate per rimediare ai disagi economici e sociali che stanno comportando le nuove forme di discriminazione e di emarginazione. Un problema sempre nuovo che ricorda un celebre discorso de J.F. Kennedy quando auspicava “una società di pace dove i deboli sono sicuri e i forti sono giusti”; ma è forse la prima volta che un tema di giustizia, come formulato da Mattarella, arrivi così esplicitamente all’Unione Europea dalla voce del capo di stato di un suo membro.

    In proposito, a nessuno in Europa infatti è sfuggita la soddisfazione per l’esito delle elezioni presidenziali italiane (quasi uno scampato pericolo) e per il rinnovamento del binomio Mattarella-Draghi ai vertici di un paese come l’Italia così cruciale per il futuro europeo nel mondo, e soprattutto nel Mediterraneo. E’ appena il caso di ricordare che le vicende politiche, comprese quelle italiane, si evolvono mentre il quadro geopolitico mondiale è divenuto turbolento e che le aspettative di un ruolo efficace dell’Unione Europea (non solo della Germania o della Francia) impongono agli stati membri una nuova responsabilità e maggior chiarezza su quali siano tali aspettative dotando l’Unione degli strumenti politici per realizzarle.

    Sull’argomento si può osservare che la Ue da anni viene accusata di fare o non fare cose per le quali spesso non ha né l’autorità, né la competenza e la volontà politica. Agli europeisti di ogni orientamento che si rammaricano che la Ue non faccia sentire la voce dell’Europa nel contesto geopolitico mondiale e sia di fatto powerless: “un gigante economico, un nano politico e un codardo militare” come ironizzava Henry Kissinger, bisognerebbe rispondere che la politica dell’Unione dipende dagli stati membri; i quali dal canto loro di politiche ne hanno molte, contraddittorie e spesso ambigue e, alcuni di essi, hanno a che fare con partiti i cosiddetti sovranisti, populisti illiberali e anti-europei su prospettive a corto raggio e guardano solo alle loro sfacciate demagogie elettoralistiche. Per queste ragioni, gli stati membri, che tutti hanno in vario modo beneficiato dalle politiche dell’Unione dovrebbero rigettare l‘idea di una Ue in crisi e favorire ben altre forme di integrazione giuridica, economica e culturale, se non apertamente politica.

    La geopolitica del mondo frattanto è cambiata e il quadro di politica internazionale è divenuto più complesso e minaccioso anche per l’Europa. Si sta giocando una pericolosa partita di scacchi fra i grandi players mondiali, dai quali la Ue sembra esclusa, ed i cui giocatori, spesso anche gli europei, barano. Durante la guerra fredda erano obbligati a muovere re, regine, torri, alfieri, cavalli e pedoni secondo le vecchie regole ancora riconoscibili nel dopo Yalta. Oggi li muovono a loro piacimento secondo interessi immediati senza alcuna visione del loro (e nostro) futuro.

    In questo quadro risulta in modo eclatante la mancata integrazione europea sia fra gli stati membri che fra questi e i suoi vertici; una integrazione che, pur nel rispetto dei trattati, consenta all’Unione di esser fatta delle stessa stoffa di cui sono fatti gli ordinamenti degli stati membri ed a questi di esercitare la propria sovranità rispecchiandosi nei valori e nelle prassi che promanano dal comune spirito che anima l’Europa, oltre che dai dai trattati che ne fondano le istituzioni e ne delineano il funzionamento.

    Una Proposta

    Al fine di integrare la società civile europea ben oltre che ai vertici amministrativi e tecnocratici sul funzionamento dell’Unione, come previsto dal Trattato di Maastricht (1992) e da quello di Lisbona (2009), si dovrebbe proporre alla Commissione Europea l’istituzione di una Conferenza europea annuale di legislatori europei di grande risalto mediatico e di diffusione mondiale, riadattando il modello dell’americana National Conference of State Legislatures (NCSL), una conferenza che si tiene annualmente in due giorni a Denver in Colorado, alla presenza di centinaia di deputati dei Parlamenti dei 50 stati. Il suo scopo negli Stati Uniti è pratico e politico: consentire contatti personali e condividere esperienze legislative, onde mantenere un relativo equilibrio con il Congresso, creare cooperazioni rafforzate per singoli progetti, fare networking e in generale, come essi affermano, “per restare federali”.  Il sistema federale degli Stati Uniti non è in alcun modo assimilabile all’Unione Europea, per ovvie ragioni storiche, politiche e culturali. Tuttavia, l’esigenza di tutelare le sovranità degli Stati nazionali e coordinarne le prerogative politiche rispetto a un organismo sovranazionale non è dissimile da ciò che avviene all’ interno dell’Unione Europea. La differenza è che mentre gli stati americani parlano la stessa lingua, nascono tutti americani e appartengono a una Repubblica Federale, gli stati europei divergono sia nella lingua che nelle rispettive polities, e si sono combattuti per 20 secoli.

    Una conferenza europea simile, ad esempio, potrebbe svolgersi annualmente in due giorni a Roma fra il 25 e il 26 marzo in occasione della firma del Trattato di Roma (1957). Con tutto il movimento cosmopolita e mediatico che un tale evento comporterebbe, sarebbe occasione per incontri personali (non solo mediatico-elettronici) e confronti legislativi che accrescerebbero le conoscenze politiche, sociali ed economiche fra i decisori della politica; fra le persone prima ancora che fra i popoli. Dopotutto, negli anni ’50 la nuova Europa è stata fondata con la coraggiosa lungimiranza di pochi uomini eccezionali come Schuman, Monnet e Adenuer e De Gasperi e molti altri, e non da vertici istituzionali. Dopo 65 anni di onesto e duro lavoro forse oggi non mancherebbero altri uomini che onorevolmente dell’Europa nata a Roma nel 1957 continuino e completino la sua missione storica. Alcuni dei quali potrebbero trovarsi in Italia.

     

  • MA FRA DRAGHI E SALVINI
    CHI E' PIU' POLITICO?

    data: 28/01/2022 11:21

    Non bisogna meravigliarsi del clima schizofrenico, dopo la inutile farsa berlusconiana, in cui sta avvenendo la conta partitica per eleggere il nuovo presidente della Repubblica: il nostro è lo stesso Parlamento già giudicato fallito da Mattarella che responsabilmente ha salvato la legislatura nominando al governo Mario Draghi. Il nuovo governo è stato onorevolmente votato da una maggioranza trasversale, che semplicemente non poteva fare altro, innanzi al dilagare della pandemia Covid 19 e all’urgenza di metter mano ai progetti finanziabili del Pnrr europeo: due impegni cruciali per la possibile ripresa di un paese in piena crisi morale e politica soffocato dal suo debito pubblico. Il governo ha continuato a operare con successo, fino a quando alcuni partiti della maggioranza, prima docili, hanno cominciato a sentirsi sorpassati e poi defraudati delle loro prerogative e del loro ruolo “politico”: defraudati dallo stile, più che dall’azione, di un capo del governo dotato di una concezione della politica in tutto dissimile alla loro.

    E’ così che continua anche in questi giorni la falsa teoria di un Mario Draghi diminuito: un Presidente solo tecnico e non politico, come se non avesse trascorso un trentennio intorno a tavoli politici dove si sono discusse la sorti dell’ Europa rispetto alle singole politiche nazionali degli stati membri dell’Unione Europea. Si potrebbe mai paragonare la sua esperienza politica a quella ben poco edificante del curriculum politico di un Matteo Salvini?

    A proposito dell’ipotesi dell’elezione Draghi al Quirinale rispetto alle sorti del governo, abbiamo assistito in questi giorni alle osservazioni critiche dei più eminenti e meno eminenti trafficanti di parole invitati in talk show (soprattutto da la7) che ci fanno capire come gli attuali politici italiani percepiscano Draghi come un corpo a loro estraneo. Senza arrivare alle insopportabili farneticazioni di Marco Travaglio, quasi tutti hanno in vario modo criticato l’operato, a loro dire troppo silenzioso e poco aperto, del “tecnico” Mario Draghi rispetto alle esigenze dei parlamentari, i quali dopo aver disseminato per due anni le loro pulsioni illiberali e anti europee ora vorrebbero parlare, anche se solo di se stessi, per poi votare, mai pensando alle sorti del paese, ma esclusivamente a quelle del loro partito e del loro seggio.

    Il più rozzamente esplicito fra loro resta sempre Matteo Salvini che, con sfrontata prepotenza, per sostenere Draghi nel dopo Quirinale, avrebbe preteso il suo impegno a favorire incarichi nel nuovo governo per sé ed i propri accoliti un impegno illecito oltre che irrealistico. Draghi, che riguardo all’elezione al Quirinale si rifiuta giustamente di parlare o favorire se stesso, si è chiuso nel suo abituale e doveroso, riserbo e non gli ha risposto. Questo episodio e altri prefigurano tragicamente che l’emergenza nazionale firmata da Mattarella e da Draghi potrebbe essere finita. Al Quirinale si potrebbe eleggere qualcun altro e la legislatura continuerebbe con un altro governo come business as usual cioè, come prima, peggio di prima.
     

  • E PENSARE CHE IL VERO CODICE GENETICO ITALIANO ERA LIBERAL-SOCIALISTA...

    data: 20/12/2021 16:39

    In periodo di pandemia siamo circondati e ossessionati da un intero popolo di virologi, medici e costituzionalisti. In molti lavorano meno, hanno tempo e, grazie a internet, si immergono nel traffico delle parole che viaggiano per il web. Nelle misure anti-virus del governo molti vedono inganni e ironicamente, proprio mentre il governo registra il notevole successo della sua azione sia preventiva che curativa, frotte di negazionisti fra cui vari accademici, sospettano della spectre finanziaria che governa il mondo e naturalmente della tentacolare bigpharma. Ultimamente, ad esempio l’identificazione del terzo richiamo vaccinale con il termine booster, ha scatenato alti sospetti fra i no-vax, no-pass, negazionisti, complottisti e alcuni dissennati intellettuali: che cos’è questo booster – si sono detti - non sarà un'altra strategia per far fare altri soldi a bigpharma, che ne ha già tanti, e dare al Grande Fratello l’occasione di metterci a tutti un collare? Persino un vero filosofo esemplare dei nostri giorni come Giorgio Agamben, che ha letto bene Foucault e Carl Schmitt, ha immediatamente sospettato di Mario Draghi.
    I cosiddetti social, poi, confondono il virtuale con il reale e fanno apparire un paese allo sbando, senza medici e senza certezze, nel quale i fatti addotti dalla scienza sono comunque di parte e possono essere sempre contraddetti da altri fatti contrari. Il fenomeno è mondiale. Un sondaggio dell’autorevole Edelman Trust Barometer americano ha recentemente rilevato che quasi metà degli americani pensa che i fatti, cioè le informazioni governative e giornalistiche, siano ingannevoli.
    In Italia gli intellettuali che con i loro scritti hanno fatto scuola ad un pubblico più o meno acculturato, nell’ultimo mezzo secolo, hanno avuto un ruolo non secondario. Anche quando erano di parte la loro logica e le basi delle loro argomentazioni, per quanto discutibili, erano sempre riconoscibili. Oggi, e non solo a causa della pandemia, il clima della comunicazione, anche politica, non solo in Italia è cambiato e molti non si fidano più degli intellettuali; ed è sempre utile ricordare ciò che aveva scritto nel 1835 l’europeista deluso Julien Benda (La Trahison des Clercs), sconvolto dal suicidio europeo della guerra 14-18 nel quale vide l’inizio del crollo della civiltà europea tradita proprio dagli intellettuali.
    D’altronde gli intellettuali, i commentatori, i filosofi della politica e i giornalisti esisteranno sempre, e non solo nei paesi liberi. Tuttavia nel nostro brave new world informatico le loro voci sono divenute lontane e, soprattutto in Italia, con poche eccezioni, sembrano parlare nel vuoto; un vuoto che viene quotidianamente riempito dagli impenitenti divulgatori di chiacchiere che ogni giorno tengono banco tramite la rete informatica dei social lavorando a 360 gradi. Sono ormai loro, tutti virologi, giuristi e economisti, che guidano l’opinione pubblica.
    E la politica? Così come in politica non esistono governi tecnici, così non esistono vuoti intellettuali. Sabino Cassese ci ha felicemente allietato con un prezioso e incoraggiante piccolo libro sugli intellettuali, ricco di spunti letterari e filosofici e di osservazioni originali: “...l’intellettuale non ha un suo pubblico - scrive - si rivolge genericamente a coloro che nello spazio pubblico non conosce, e non solo alle persone colte. Non può tacere perché non è ascoltato… anzi proprio quando non è ascoltato deve parlare”. Cassese traccia alcuni profili di intellettuali secondo vari modelli: humboldiano-accademico, giornalistico, politico oracolare, e quello che da sempre cavalca il cosiddetto pensiero critico. E’ significativo che in quel libro Cassese abbia dedicato tanta attenzione al ruolo storico in Italia delle riviste di cultura come Il Caffè, La Voce, La Critica di Croce, la Nuova Antologia, Il Mulino, Befagor e altre; le quali, diversamente dalle reti social, che twittano in poche righe, analizzavano, argomentavano, dibattevano, facevano politica; non si occupavano solo dei temi d’interesse nazionale, ma ospitavano anche autori alti come Croce e Ruffini, Einaudi, Romeo, Dharendorf, Aron o Rawls e grandi giuristi come Santi Romano o Mortati, scrittori come Prezzolini, De Benedetti o Silone, nei quali si ritrovano ancora pezzi della storia italiana del novecento. Basta pensare al ruolo politico di Critica Sociale di Turati, chiusa dal fascismo, e alle battaglie liberal democratiche di Tempo Presente di Silone e Chiaromonte.

    Qualcuno forse, ricorderà il convegno, che definirei storico, del 1979, dal titolo “Socialismo Liberale e Liberalismo Sociale”, durato due giorni a Milano, organizzato dalla rivista socialista ”Critica Sociale” e da quella liberale “Alleanza” dove, fra i 70 relatori, vi erano Bobbio, Matteucci, Valiani, Bettiza, Colletti, Frosini Spadolini, Dahrendorf, Ulrich, Clarke, Pellicani e altri, oltre a una ventina di giornalisti di tutte le testate. In quei due giorni si era determinato che il vero codice genetico italiano era liberal-socialista e ne costituiva la vera costituzione materiale. Era sembrato che stesse per nascere una politica con altre proposte e altri orizzonti, diversi da ciò che è venuto dopo, cioè il suo completo tradimento.
     

  • TV7, 40 MIN. A DI BATTISTA
    PER COMMENTARE IL G20

    data: 07/11/2021 14:31

    In occasione del G20 a Roma, una significativa occasione di visibilità italiana e del governo Draghi, alla Tv7 si erano chiesti come e con chi commentare l’evento con alcuni autorevoli interlocutori. Conchita e Parenzo ci devono aver pensato a lungo; e pensa che ti ripensa finalmente, per una simile occasione, è venuta loro l’idea di mettere al centro della trasmissione niente di meno che Alessandro Di Battista. Per lui è stato un insperato successo; per un pubblico ragionevole un evento di parte particolarmente impegativo; per la Tv7 una inopportuna provocazione.

    L'idea di consacrare quaranta minuti agli sproloqui di Alessandro Di Battista in pieno G20 che vede al centro l’Italia ha lasciato molti basiti. I ben più autorevoli ospiti (come Monti e Canfora), hanno molto educatamente balbettato qualche osservazione senza riuscire ad attenuare di un millimetro la quantità di insulsaggini che, liberamente e mai interrotto, Di Battista ha potuto riversare su Draghi, sul suo ruolo nel governo del paese, sulle inutili "chiacchiere" in corso al G20, sulle eterne manipolazioni dei giornaloni e sull'informazione italiana, sul capitalismo ecc., usando espressioni trite e ritrite prese dalla vecchia sinistra, peraltro maledettamente simili a quelli illiberali della nuova destra radicale. Nella sua veste politica non abbiamo ancora sentito nulla di utile o di propositivo da Di Battista, il pessimo esempio di un giovane erroneamente acculturato, sicuro soltanto del proprio odio per tutto ciò che lo circonda, che traspare da ogni sua frase e suo gesto. E’ sorprendente che alla Tv7 non abbiano trovato qualcuno di meno ideologico e farneticante da mettere al centro del commento sul G20 a Roma... 

  • E' ARRIVATO IL MOMENTO:
    DIMENTICARE CACCIARI...

    data: 05/09/2021 19:57

    Di Massimo Cacciari mi piaceva l’acume dell’analisi politica e la vis polemica. Ora non più. Trovo la sua presa di posizione pubblica in tema no Vax e no Green pass pretestuosa, mal argomentata, francamente banale e dunque, nelle circostanze, dannosa. Davvero, come scrive, il grande pubblico non ha risposte sugli effetti visibili pubblicamene riscontrati del Covit 19? Davvero manca l’informazione? Davvero le misure, anche drastiche, da adottate per impedire i contagi mettono in pericolo le libertà costituzionali e addirittura la democrazia?

    Con questi argomenti Cacciari ha scatenato un vespaio nel quale sono scesi in campo decine di scrittori, intellettuali e giornalisti, fra i quali registriamo le critiche (blande) del giurista prof. Zagrebelski (La Stampa del 4.9). Quando Cacciari ha dichiarato urbi et orbi che la democrazia non può vivere con le restrizioni imposte dalla pandemia, ho fatto un salto. E allora? – mi sono chiesto - come combatterla se non con gli strumenti che abbiamo? Se centinaia di virologi che hanno dedicato una vita allo studio dei virus assicurano che l’efficacia dei vaccini certificati e approvati ne impediscono il contagio bisogna prenderli molto sul serio, adottare misure anche drastiche e vaccinare il più possibile tutte le persone esposte. Non solo per proteggere loro stesse ma soprattutto per proteggere gli altri.

    Ma Cacciari non parla mai degli altri; è un perfezionista esigente e “democratico” e ha alimentato la falsa idea che il Green Pass per sua natura crei disuguaglianze, cittadini di categoria “A” e “B”. Chiede che, prima di imporli, dell’evoluzione dei vaccini e dei contagi si sappia tutto e che sia previsto anche ciò che nessuno può sapere o anticipare: allergie, eccezioni, situazioni speciali. E soprattutto chiede “risposte attendibili“ anche sulle compatibilità dei vaccini con altri farmaci. Insomma, lui per primo vorrebbe informazioni virologiche complete, dati esaurienti e soprattutto garanzie. Argomenta la necessità di tali esigenze come se il paese vivesse all'oscuro di tutto, in mano a incompetenti e non vi fossero in giro medici curanti attendibili. E come se con il nuovo decreto relativo al Green Pass il governo stesse certificando la sospensione del diritto e lo stato di eccezione di Carl Schmitt.

    E la democrazia? Cacciari ci ricorda che “la democrazia è critica, informazione, domande e ascolto”. Con il sostegno di argomenti così esigui Cacciari ha sollevato una inutile e dannosa polemica fra troppi trafficanti di parole, alcuni poco attendibili, su temi di cui non sono competenti, e ha ingenerato un’ulteriore diffidenza non solo verso i vaccini ma verso gli intellettuali di cui non abbiamo certo bisogno.

    Per molti suoi estimatori potrebbe essere venuto, come per Michel Foucault, il momento di “oublier Cacciari”.  

  • PERCHE' NEMMENO QUELLO DI DRAGHI SI PUO' DEFINIRE "GOVERNO TECNICO"

    data: 09/06/2021 18:47

    Dopo la crisi irreversibile del governo Conte, in pieno stallo, con un Parlamento schizofrenico e delegittimato, nel bel mezzo di una devastante pandemia, la scelta da parte del Presidente Mattarella di affidare un nuovo governo a una persona del prestigio internazionale di Mario Draghi è stata subito salutata quasi da tutti da un’ondata di ottimismo; ma non dai guardinghi Dioscuri delle politica italiana in carica. Draghi infatti è fatto di un pasta diversa e non è stato scelto da loro ma, come prevede la costituzione (art.92), dal Presidente Mattarella e il Parlamento ne ha poi confermato appassionatamente la nomina. Data l’autorevolezza e l’esperienza di Mario Draghi alcuni commentatori si sono subito lanciati in previsioni messianiche sulla rinascita anche morale del Bel Paese in rovina; mentre i politici, felici di trovarsi ancora in carica, hanno ambiguamente finto di rinunciare a alla solita politica politicante; ma certo non alle loro prerogative e alle rivendicazioni che ora possono essere messe in questione dall’autorevolezza del nuovo presidente del Consiglio.

    In proposito è nata subito la vecchia teoria, tutta italiana, sempre in agguato fra gli intellettuali e i puristi della democrazia riguardo alle pretese disavventure dei cosiddetti governi “tecnici”, quelli che qualcuno preferisce designare come quelli “degli esperti”. Come scrive la prof. Elsa Fornero ad esempio, gli esperti “…fanno i calcoli e forniscono i mattoni… e spesso poi si rammaricano della loro miope pochezza" (La Stampa 31.5 21). Essendo nominati in emergenza, i “tecnici” non apparterrebbero alla politica, la quale, chissà perché, verrebbe sospesa, anche se è confermata da un Parlamento in carica. Perfino il prof. Massimo Cacciari che apprezza Draghi perchè lavora “ai piani alti mentre i politici si azzuffano al piano terra” (La Stampa 29.5.21), poi si aggiunge alla non piccola schiera delle Cassandre sugli esiti forzatamente illusori del suo governo “tecnico”; in questo in buona compagnia con tanti altri. Fra cui come non menzionare il polemico e risentito articolo del generale Fabio Mini (Limes marzo 2021), secondo il quale, dopo un'"abile strategia” che avrebbe portato alla formazione del suo governo, Draghi avrebbe presto “scoperto gli effetti distruttivi che il sistemino provocava nei partiti ... e ora dovrebbe rendersi conto che la sua politica porterà al suo fallimento”.

    Che cosa dire poi del velenoso Marco Travaglio? Questi afferma urbi et orbi che per fortuna il governo Conte aveva già bello e pronto per il “tecnico” Draghi il documento programmatico di accesso al New Generation UE (NG-UE9 che, secondo lui, lo stesso Conte “ha portato a casa”; un documento, quello di Conte che, come ha scritto Sabino Cassese sul Corriere della Sera, conteneva “generalità che sfioravano il ridicolo”. Ma la campionessa in materia dei pericoli dei governi “tecnici” è la filosofa Donatella Di Cesare che, su La Stampa (4 giugno), titola: Il Tecnico rende vacuo il politico. Un titolo che, come filosofa, forse avrebbe dovuto rovesciare: non è il tecnico che produce il vuoto della politica ma è il vuoto politico a produrre il tecnico, al quale il Presidente conferisce l’autorità politica temporanea necessaria alla salus reipublicae. Dopo aver elencato “tutti i limiti del tecnico” la Di Cesare conclude: “ …Se le cose stanno così,  se la democrazia è avvertita come un caos ingombrante allora i rischi sono gravi”. Le previsioni della presidenza Draghi hanno poi le gambe lunghe: sulla rivista Britannica Prospect (aprile 21) la prof. Lucia Rubinelli da Cambridge scrive che il presidente Mattarella nominando Draghi ha fatto qualcosa di strano (a strange thing to do) e sentenzia che di conseguenza il povero Draghi non potrà che far aumentare l’instabilità del paese.

    Davvero Draghi è solo un cosiddetto “tecnico” e non è un politico? Dieci anni da direttore generale del Tesoro, alla guida della Banca d’Italia e otto anni a quella della BCE:  non si sarebbe occupato di politica? Scherziamo? Che cosa si fa in quelle sedi se non politica previsionale, complessa e di lungo respiro che interessa l’Italia, l’Europa e il mondo? Che cosa fa il “tecnico” Draghi a Palazzo Chigi all’apice della cabina di regia in contatto con il Parlamento e la Conferenza delle Regini se non politica: salvarci dalla pandemia, gestire il Next Generation EU (NG-EU), guidare le prime riforme, trattare direttamente con la Commissione Europea, negoziare misure fiscali internazionali, agire sul fisco e sulla legislazione in materia d lavoro ecc. non è forse politica legittimata dal voto parlamentare? 
    Sabino Cassese ha sempre dichiarato pubblicamente e per iscritto con chiarezza esemplare che “i governi tecnici di fatto non esistono” e, citando il suo maestro Massimo S. Giannini, afferma che “ …non si può identificare la politica unicamente con i partiti a cui attribuiamo un ruolo monopolistico che non hanno e non hanno mai avuto...". Molti cosiddetti “tecnici”, prosegue Cassese, “come ad esempio Carlo Azeglio Ciampi, stanno per finezza, astuzia e capacità di trattare una spanna al di sopra il grosso dei parlamentari…” (Limes, marzo 2021).  Oggi tutti percepiscono che l‘attuale Presidente del Consiglio è il portatore in Italia di un’aria nuova nella politica italiana, restituendoci la dignità perduta e introducendo, non solo nell’immaginario, altri esempi a cui l’intero paese possa ispirarsi, diversi da quelli ingannevoli e illiberali che peraltro, in varie occasioni, hanno sfidato impunemente la Costituzione Materiale di un’Italia pienamente occidentale ed europea.

    La crisi italiana infatti non è solo politica ed economica ma morale ed è ancora attraversata da  corruzione e inefficienza; una crisi che non hanno certo creato i due governi Conte, ma che essi hanno aggravato. Oggi mentre gran parte degli italiani sognano la ripresa, saranno felici di non sentire più sparate, sguaiati vaffa, surreali sproloqui e sorridenti banalità. La scelta di Draghi ha già dato un taglio a tutto ciò. L’attuale governo, rimarrà in carica per il tempo che servirà sperando che resti il più lontano possibile dalla politica politicante a lui non congeniale, e forse potrà far uscire l’Italia dalla crisi. Frattanto però, fa specie che tanti intellettuali e autorevoli commentatori abbiano dedicato un tale numero delle loro dotte considerazioni a “tutti i limiti del tecnico” e così poche alle nuove aspettative di crescita e innovazione previste dal NG- EU, senza neppure accennare alle nuove prospettive per l’indispensabile ruolo geopolitico e non secondario che l’Italia dovrà esercitare in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo.
     

  • LA VERGOGNA DEL VIDEO
    DI GRILLO E LA TENUTA
    DEL "PAESE REALE"

    data: 27/04/2021 18:43

    Sapevamo che la politica Italiana fosse seriamente degradata ma nessuno poteva immaginare che al degrado si aggiungesse la vergogna come dimostra il caso Grillo. Ora siamo pronti a tutto: Beppe Grillo il capo carismatico, fondatore del maggior partito in Parlamento si è coperto di una vergogna che si estende ben oltre la sua persona. Per tentare di coprire suo figlio da un probabile rinvio a giudizio per stupro, perpetrato dl con altri tre amici, ha attaccato la magistratura farneticando intorno all’antica, vieta giustificazione di tutti gli stupratori, quella della vittima consenziente. Dopo le sue urla non è riuscito a proferire la più piccola parola di semplice rammarico per la vittima, e neppure a stigmatizzare gli altri assalitori. Ha solo gridato furiosamente la difesa del figlio contro ogni evidenza circa l’enormità dei fatti attribuiti a lui e ai suoi suoi compari. Indipendentemente da come quelle violenze saranno valutate in sede penale, questo ci dice tutto che stoffa siano fatti i loro autori e di qual sia il mondo a cui appartiene anche Beppe Grillo.
    Per conto suo il capo dei 5S, con le sue odiose illazioni verso la vittima, e quelle gravi verso la magistratura, si è posto al più basso livello di abiezione possibile. L’ex ministro Matteo Salvini aveva già cominciato a denigrare la magistratura quando gli serviva (sequestro sulla Open Arms, negoziazioni di tangenti a Mosca). Come allora, trattandosi di un personaggio pubblico come Grillo, che riveste un importante ruolo nella politica italiana, molti si sarebbero attesi le sue dimissioni spontanee o politicamente indotte dalla presidenza dei 5S. Nulla di tutto ciò. I suoi grillini lo sostengono malgrado tutto, anche loro senza vergogna, e quasi tutti i politici, quando si tratta dei delicati equilibri della politica politicante, da sempre abituata ai “distinguo”, sono rimasti cautamente silenziosi.
    Un tale vergogna infatti ha appena sfiorato la politica ormai abituata a tutto. Le reazioni a fatti di tale orrore, alla violenza sessuale, alla sopraffazione sulle donne, alla volgarità e al disprezzo di qualunque sentimento morale misurano pubblicamente il comune sentire di un paese. Nel nostro caso, per fortuna, i paesi sono due: quello della politica, dei social e dei media che ne rispecchiano le ambiguità e ne celano le bassezze, e quella delle persone comuni. Per capire la differenza bisognerebbe ascoltare ogni mattina al programma Rai Prima Pagina le opinioni di una maestra di scuola, di una madre, di un laureato disoccupato, di un immigrato, di un sindaco di paese, di un pensionato, di un cooperatore o di una vittima di un errore giudiziario. Dalle loro domande semplici e dirette, talvolta assai polemiche, e dalle loro repliche appare un popolo italiano diverso che quasi non conosciamo: intelligente, pieno di buonsenso, intellettualmente avvertito, ben informato e pieno di aspettative, lontano da quello che ci appare dalla politica politicante, dai social e dai media. Eppure i sondaggi ci raccontano che nelle previsioni di voto i due poli fallimentari tra cui si dibatte la politica italiana da tre anni pare che tengano: secondo loro il gradimento dei 5S e di Salvini, malgrado tutto, sarebbe ancora alto. Ma saranno attendibili questi sondaggi?
     

  • "ITALY IS BACK"

    data: 01/04/2021 19:33

    Nel nostro annus horribilis i problemi della pandemia occupano ormai migliaia di pagine di giornale e intere giornate di trasmissioni radio-televisive e hanno in larga misura oscurato i molti tragici eventi che hanno insanguinato lo Yemen, la Birmania, incrudelito in Cina, in Egitto e in Turchia e nel Mediterraneo. Son tutti eventi che continuano a inquietare il nostro mondo ferito nel quale la politica estera occidentale, già sfigurata dalla presidenza di Donald Trump, è ancora impotente. Frattanto lo stesso mondo occidentale non è più lo stesso: gli Stati Uniti hanno un nuovo presidente, incoraggiante, non più ostile all’ Europa, che ha rapidamente cancellato il ricordo del suo infelice predecessore; l’Unione Europea è tornata alla ribalta grazie alla strabiliante novità di un impegno finanziario comunitario e politico. simil-federale previsto, dal programma Next Generation EU (NG-EU) che segnala una nuova fase nella storia della difficile integrazione europea. La terza novità occidentale poi è certamente il nuovo governo italiano in mano a un capo esplicitamente filo europeo e filo atlantico, di provate capacità, che ha consentito al commentatore politico irlandese Eamon Cuffe di osservare con soddisfazione, nel corso di una conferenza internazionale europea in Zoom, che con il nuovo governo “Italy is back”.

    Nel paese in cui milioni di cittadini italiani si erano lasciati pericolosamente sedurre dai vaffa di Beppe Grillo, dal populismo dei suoi inesperti amici e dalla prepotenza demagogica anti occidentale di Matteo Salvini oltre che da una politica italiana vuota ed eternamente politicante, senza costrutto e senza visione, ho trovato singolare che sia un qualsiasi Eamon Cuffe ad annunciare in una conferenza pubblica che “Italy is back". Si può osservare in proposito che l’Italia, terza colonna dell’Unione Europea, sembra “tornata” in campo proprio mentre, quasi una fatalità, quattro eminenti italiani sono dei campioni dell’Unione Europea: Mario Draghi, David Sassoli, Paolo Gentiloni ed Enrico Letta, i quali, dalle loro rispettive cariche, sembrano averne in mano le chiavi proprio mentre l’annunciata assenza dell’indispensabile Angela Merkel potrebbe far mutare la stessa politica europea della Germania.

    Se da una parte la pandemia ha devastato mezzo mondo, e dall’altra i disastri economici, sociali e politici che lascia intorno a se, ha reso evidente, se mai fosse necessario, come si muovono i grandi giocatori sulla scacchiera mondiale. Il quadro che la scacchiera ci lascia intravedere è inquietante: Stati, grandi e piccoli, tutti armati, molti governati da personaggi pericolosi, vivono nella paura, in Asia, in Africa e soprattutto nel Mediterraneo. Nel gioco degli scacchi i re, le regine, le torri, gli alfieri, i cavalli e i pedoni, si muovono ognuno secondo le regole del gioco; ma la scacchiera del mondo reale è anarchica: in questa i giocatori, anch’essi con i loro re, torri, regine, alfieri, cavalli e pedoni, pur di vincere, li muovono a loro piacimento, cambiando le regole del gioco, sono spesso maldestri e, senza preoccuparsi che, come nel gioco vero, un misero pedone nascosto può divenire la causa di uno scacco matto, cioè di una guerra.

    Per questo l’area del Mediterraneo, che da italiani ci interessa maggiormente, è quella dove si annidano problemi di politica interna più complessa in mano a governanti poco affidabili. In assenza di una realistica geo-politica europea, una strategia strettamente mediterranea, economica, culturale e di sicurezza oggi potrebbe essere svolta solo dai paesi mediterranei culturalmente più attrezzati e interessati, quali ad esempio, quelli ancora fedeli allo spirito originario del Trattato di Roma del 1957. Una tale strategia potrebbe essere guidata dall’Italia e dai suoi campioni europeisti, fintanto che sono in carica.
     

  • PIU' DI MEZZO PARLAMENTO
    ANTI-LIBERALE
    E CONTRO L'EUROPA

    data: 06/02/2021 18:15

    Mentre il presidente Sergio Mattarella confermava il fallimento dell’onorevole Roberto Fico nella sua ricerca di una nuova maggioranza a sostegno del governo Conte2,  il suo sguardo era di giaccio. Quando poi ha rotto ogni indugio annunciando di conferire il nuovo incarico a Mario Draghi, se da una parte un tale annuncio ha sollevato gli animi, dall’altra è suonato come un autorevole monito del Presidente ai partiti sulla loro responsabilità nelle conseguenze di una tale scelta. A nessuno può sfuggire infatti che Mattarella ha conferito ad massimo esponente del liberalismo europeo l’incarico di portare alla ragione un movimento-partito come i 5S, la Lega salviniana e Fratelli d’Italia anti liberali e anti europei per vocazione culturale e politica. I quali dovranno farci sapere quanta parte dell’elettorato condivida la Costituzione liberale italiana.

    Leggendo le prese di posizione di molti dei nostri parlamentari e dal florilegio delle strampalate opinioni politiche che viaggia su social, e nei talk show, non ne sono molto sicuro. Anzi, se guardiamo alla composizione del nostro Parlamento attuale si può riscontrare che ben oltre la metà dei deputati in (32% di 5S + il 17% della Lega e il 8% di Fratelli d’Italia e qualche frangia della sinistra radicale) si sono dichiarati in varie fasi e con diversi accenti anti liberali e anti europei. Approvano ancora la costituzione liberal democratica del 1948? Si sentono ancora parte dell’Unione Europea? Quali i loro progetti? Quali le loro prospettive? Quale economia propongono? Che cosa pensano sulla posizione dell’Italia in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo?

    Sappiamo che Matteo Salvini alla vicinanza con le istituzioni europee (dona ferentes con il New Generation-EU) preferisce quella “senza trappole” di Mosca, che la Meloni, con i suoi rigurgiti fascistoidi, tifava per un tipo come Donald Trump, che i 5S anti-casta, ma che ne sono quella nuova, con alle spalle una serie di fallimenti inescusabili e inescusati, senza uno straccio di programma occhieggiano alla UE per ragioni tattiche e guardano all’ America sbagliata: quella latina e non a quella rinnovata di Joe Biden, e piuttosto alla CIna; in quanto alla figura di Mario Draghi hanno farneticato di lui cose, che forse oggi non ripeterebbero, ma che non sono certo di buon auspicio per un nuovo governo che saranno chiamati a sostenere. Le reazioni di questi gruppi e dei social, che li seguono, alla nomina di Draghi è la prova che una parte non piccola degli italiani (persino la celebre signora di Voghera) ha già subito una sorta di mutazione antropologica e ci sta abituando ad un diverso tipo di comunicazione pubblica trasformando la nostra democrazia in una sorta di demo- idiozia, nella quale tutto ha diritto di ascolto politico: paragoni sballati, citazioni a sproposito e vere proprie assurdità che passano poi nel linguaggio usato persino in Parlamento che ne sta divenendo lo specchio. Questo peraltro è composto di molti deputati improvvisati, passivi ma saccenti, e di scarsa competenza, che sono la vera ragione del fallimento del governo Conte2.

    Se così stanno le cose si può ben capire l’avversione che costoro, e i social più intemerati che li seguono, già manifestano per un personaggio come Mario Draghi, una persona di esperienza e di successo che appartiene alla categoria delle persone-guida affidabili di cui la democrazie sono sempre state avare, ma le sole di cui la gente ha ragione di fidarsi. Draghi è un liberale europeo di tipo einaudiano, attento agli altri, sicuro di ciò che dice, intellettualmente onesto e fedele alla massima einaudiana ”conoscere prima di deliberare”.  E’ dunque qualcuno che i nostri improvvisati deputati farebbero bene ad imitare, invece di contrastare, e divenire essi stessi degli esempi per i più giovani e per un rinnovamento della politica in Italia.

    “Il mio parere – scriveva Fyodor Dostoesky - è che ai nostri tempi non si sa più affatto chi s’ha da stimare in Russia. E bisogna riconoscere - concludeva amaramente - che, per un paese, non saper più chi s’ha da stimare è un’atroce calamità.“

     

  • "ALL'IDEA DI QUEL METALLO"

    data: 02/02/2021 20:14

    Quasi tutti i commentatori di politica in Italia e in Europa si trovano davanti un’impasse diabolica: come evitare le elezioni in tempi di pandemia e salvare un governo moribondo sostenuto da un Parlamento senza legittimazione; i quali rischiano di lasciare il paese piombare in una recessione profondissima e forse non recuperabile. Nell’assegnazione dei fondi europei la parola Recovery andrebbe sostituta con Next Generation EU (NG-EU) e bisognerebbe discutere di priorità e di singoli progetti, di chi li realizza, come, con quali tempi, quali risorse, quali controlli e quali risultati attesi.

    Invece i nostri parlano solo di soldi. Il funzionamento del NG-EU in questo è assai semplice: niente progetti conformi - niente soldi. I nostri invece non parlano che delle montagne di soldi “che arrivano” , e di come spenderli, sedotti "dall’idea di quel metallo" come canta Figaro. Il NG-EU inoltre nasce anche per incoraggiare una nuova generation della classe politica. Qualcuno ha qualche idea in proposito? Per la gestione del NG-EU infatti servono competenze che il nostro governo e il suo non eccelso entourage non possiedono. Non solo: continuando questa legislatura con un Conte 3, sarà questa a eleggere il nuovo capo dello Stato e il mondo politico che abbiamo ormai conosciuto da due anni troverà il modo di occupare parte dello Stato e la scena politica per i prossimi 20 anni. Quest’ultimo pensiero dovrebbe essere meditato da chi in questi giorni ha i mano il futuro dell’ Italia e dell’ Europa.  

  • RENZI? I PROBLEMI VERI
    SONO QUELLI DI MERITO

    data: 24/01/2021 18:03

    Il primo problema che si aggira rumorosamente nel governo Conte 2, in piena pandemia, è che l’Italia - non a caso è la massima beneficiaria dello straordinario programma Next Genetration EU (NG-EU) - potrebbe sprecare o non realizzare adeguatamente le ingenti risorse di questo programma, quasi un nuovo Piano Marshall pensato per l’Italia. Un attento ed efficiente uso del NG-EU potrebbe riformare, rilanciare progetti, modernizzare la PA, rianimare il sistema fiscale, riorganizzare l’intero settore della giustizia; potrebbe peraltro recuperare una parte dei danni economici causati dalla pandemia del Covid 19. Nel mezzo di tale problema il più duro critico del governo su questo punto è stato ed è Matteo Renzi. L'uscita di Renzi e di IV dalla maggioranza di governo per questa causa ha fatto infuriare sia il PD che i 5S, che lo la considerano un traditore, un astuto ricattatore e guastatore, e ritengono ormai di aver chiuso con lui al 100% (David Crippa).

    Il secondo problema per il governo e per l’Italia, è che nel merito Renzi ha ragione. Dopo aver favorito la creazione del governo Conte 2, Renzi con il suo partito Italia Viva fin dall’inizio ha tenuto una corda intorno al collo del governo soprattutto per questa ragione. Davanti all’arrendevolezza del PD ai 5S - non solo sull’attivazione del MES, ma del NG-EU di cui sopra, assolutamente indispensabile per l’ Italia - Italia Viva aveva imposto alcune importanti modifiche al programma annunciato dal governo Conte 2 minacciando di farlo cadere. Alcune (riguardanti la sanità) hanno di poco migliorato il programma, ma sono state ritenute del tutto insufficienti e tutta la gestione avanzata dal governo è ritenuta impresentabile a Bruxelles. Pertanto Renzi ha fatto uscire Italia Viva dalla maggioranza di governo che ora tenta di resistere con gli aiuti esterni di altre forze politiche dei cosiddetti “costruttori”.

    Critiche simili a quelle di Renzi vengono da fonti ben più autorevoli. Sabino Cassese, in un ampio articolo sul Corriere della Sera, ha stigmatizzato alcune proposte postate nel programma NG.-EU del governo italiano come “vicine al ridicolo”. Carlo Cottarelli, la Fondazione La Malfa, che ha consegnato al governo un suo attento studio, non sono stati da meno; per non dire dei ritardi denunciati da Paolo Gentiloni e delle “preoccupate” critiche e degli ammonimenti giunti dalla BCE e da Valdis Domvroskvis (vice presidente della Commissione EU). Nel testo sulle proposte del governo vengono enunciate idee, priorità, finalità e cifre ma dei singoli singoli progetti non si sa quasi nulla. Il problema al riguardo è molto serio: i progetti pubblici su temi qualificanti come la Scuola, la Giustizia, il Fisco e la PA, sono operazioni complesse; devono partire da analisi di settore aggiornate da professionisti muniti di nuovi dati (non obsoleti); i capi progetto responsabili devono essere pochi, esperti e possibilmente selezionati dal mondo dell‘impresa, e non della politica; la quale deve solo amministrare, coordinare e controllare i lavori lavoro con commissari dai curricula giudiziari impeccabili. I progetti dovrebbero trattare per lo più progetti di durata che devono essere suddivisi in fasi di lavoro, comprese le singole azioni necessarie per ogni fase, assegnandole a singoli responsabili amministrativi o tecnici. Come si insegna ormai ovunque nel mondo nei corsi di project management, si devono anticipare i risultati attesi dal progetto e, nel nostro caso, valutarne i vantaggi per le prossime generazioni, indicarne le risorse e stabilirne la coerenza con i costi previsti prima per ogni fase e poi per tutto il progetto.

    Tenendo presente che le abitudini italiane in materia di “elasticità” negli appalti pubblici, in "aggiustamenti” e/o "aggiornamenti" di tali costi, legati a temperie politiche e/o altro, potranno non essere accettate dalla Commissione europea e metterebbero l’Italia sulla lista nera dell’Unione Europea proprio nella più importante sua fase del suo rilancio. Nel tentativo di salvare il governo,  il presidente Conte e la scombinata compagine dei 5S si dovrebbero essere accorti che, con Renzi o senza Renzi, il più serio problema per l’Italia oggi è un programma coerente e fattivo che porti al successo delle aspettative provenienti dal NG-EU e che sue chiavi non si trovano a Montecitorio ma in Europa.
     

  • L'ASSALTO AL CAMPIDOGLIO
    UNA LEZIONE UTILE
    PER TUTTE LE DEMOCRAZIE

    data: 09/01/2021 19:33

    Dopo la scioccante insurrezione al Campidoglio americano del 6 gennaio,  il vice presidente Mike Pence, come molti altri repubblicani, ha subito preso le distanza dal presidente Trump e in mano le redini di una situazione ancora incandescente. Non ci sarà guerra civile in America, come molti vaticinano, ma l’insurrezione contro il Campidoglio americano resta un evento sconvolgente e rimarrà negli annali della storia della politica americana. Si è drammaticamente dimostrato come in un paese di democrazia avanzata, dove la gente sa leggere e scrivere, un’insurrezione violenta possa, tramite i social network, essere scatenata da un personaggio istituzionale adducendo ragioni del tutto inesistenti. Infatti, malgrado i controlli sulle schede elettorali effettuati dalle stesse commissioni repubblicane, non si è trovata la più piccola prova di eventuali frodi elettorali. Eppure Trump urla la sua vittoria e, come ci confermano tutti i commentatori in loco, centinaia di migliaia di americani, anche se non ne esiste alcuna prova, sono convinti che le elezioni siano state truccate.

    La prima osservazione è che una così efficace manipolazione dei cittadini rappresenta un pericolo micidiale per qualsiasi democrazia; la seconda è che sarebbe utile indagare come le poche ma aggressive squadre dei proud boys di Trump siano riuscite a sintonizzarsi con un’altra rabbia, quella della folla non solo degli scontenti arrabbiati anti-sistema, e forse non necessariamente fanatici dell’ex presidente, ma con i più violenti fascistoidi e razzisti. Da questa vicenda Trump esce politicamente a pezzi, mentre sul suo partito, il famoso GOP (grand old party) pesa il non aver capito in tempo a quali limiti di follia potesse arrivare il loro triste campione. Eventi del genere sono successe nella storia ma è stupefacente che questa sia avvenuta negli Stati Uniti.

    In casa nostra fra i preoccupati commenti, le invocazioni alla pace e le dichiarazioni ufficiali, si sono distinti i nostri sovranisti Matteo Salvini, Giorgia Meloni e l’ineffabile Vittorio Sgarbi. Salvini, che detesta il liberalismo quanto Trump, fin dalla vittoria di Biden aveva riservato un suo giudizio; sull’attacco al Campidoglio, dopo aver condannato la violenza (ci mancherebbe) ha notato come Trump, dopo averli lodati, ha invitato i suoi bravissimi proud boys, e gli altri gli insorti (che lui stesso aveva sobillato) a tornare subito a casa. La Meloni è stata più attenta e asciutta e ha solo stigmatizzato la violenza, ma ha resistito alla tentazione di fare della sociologia spicciola; cosa che ha lasciato al professor Sgarbi, felice sindaco di Sutri, più esperto di democrazia. Sgarbi, è sembrato di capire, considera l’insurrezione di Washington un fenomeno quasi fisiologico delle democrazie; ne sarebbe possibile persino una contro Giuseppe Conte. Poi si è avventurato in paragoni bizzarri fra cui la manifestazione “democratica” cosiddetta “delle monetine” contro Bettino Craxi degli anni ’80. E così persino da eventi preoccupanti che interessano gli assetti del mondo, ciascuno a casa propria sfrutta quel tanto di visibilità più o meno parrocchiale che possiede, per darci la misura della intelligenza politica che circola intorno a noi e nel mondo.

  • NEXT GENERATION UE:
    MA LA POLITICA ITALIANA
    E' PRE-MODERNA

    data: 01/12/2020 21:36

    “Coloro che spendono i soldi propri per se stessi”- sosteneva Milton Friedman – “sono sempre molto attenti; coloro che spendo soldi propri per gli altri sono invece più generosi; ma i più pericolosi – egli sostiene - “sono coloro che spandono soldi degli altri per gli altri”.  Neanche a dirlo, fra questi ultimi Friedman pone gli stati. Gli stati infatti sono governati da politici, i quali, diversamente dagli imprenditori, che conoscono bene il loro mestiere, davanti a un certo numero di grandi progetti, ne valutano le priorità soprattutto secondo criteri di opportunità politica;  hanno solo generiche e poco aggiornate competenze di settore, non ne conoscono i risvolti tecnici e le fasi operative rispetto ai tempi e ai risultati attesi. Dunque devono affidarsi a manager pubblici di esperienza, possibilmente lungimiranti, e ad accreditate imprese private. Per tali progetti i committenti, per così dire, sono i cittadini contribuenti, visto che le risorse finanziarie impiegate sono le loro e dell’esito dei progetti i governi hanno la responsabilità sia amministrativa che politica. 

    Nel caso del Next Generation EU o Recovery Fund le cose stanno assai diversamente: le risorse finanziarie disponibili, previste per ogni stato membro, non sono in mano ai governi ma alla Commissione Europea, e la reale consistenza e affidabilità dei singoli progetti da finanziare, il loro monitoraggio e la rendicontazioni fanno parte di accordi comunitari che i governi hanno sottoscritto e sono tenuti a rispettare; pena la loro messa in mora e l’eventuale taglio delle risorse.
    Generalmente per i grandi progetti nazionali di interesse pubblico i governi aprono i cosiddetti tavoli: politici, tecnici e amministrativi, dove i partiti politici, gli imprenditori e la banche, per così dire, giocano a Monopoli: tanto per la Scuola, tanto per i trasporti, tanto per lo Sport o la Giustizia ecc. Ovunque nel mondo le lobby, interessi di parte, anche occulti, e intemerati operatori, onesti e meno onesti, sono sempre in agguato; tuttavia, malgrado le difficoltà di cui sopra, tali tavoli sono indispensabili ai governi. Nelle organizzazioni internazionali il gioco del Monopoli è impossibile: le regole si scrivono prima, i tavoli le devono rispettare e i risultati si valutano dopo. Il contesto appena descritto dovrebbe aiutarci a capire, e forse a far capire, quanto la politica Italiana sia ancora culturalmente lontana dalla modernità e dall’Europa, e quale salto di qualità e di efficienza nel project management pubblico dovrà essere messo in campo dal governo se non vuole che il Next Generation EU, quasi disegnato per rimediare ai problemi italiani, divenga per tutti una pericolosa delusione.



     

  • TAGLIO DEI PARLAMENTARI?
    UNA RIFORMA PARZIALE

    data: 08/09/2020 16:55

    Se i 5S dovessero vincere il referendum relativo al taglio dei parlamentari, sarebbe il loro primo successo dopo una sfilza di fallimenti nel governo giallo-verde da far vergognare persino Tartarino di Tarascona. Errori che sono costati miliardi che hanno accresciuto il debito pubblico e ingannato i contribuenti: reddito di cittadinanza, quota cento, TAV, Flat tax, irrinunciabile ostilità verso l’Unione Europea, apertura verso la Cina (pendant di quella di Salvini verso la Russia). Per non dire degli assurdi ostacoli frapposti ad ogni passo nel non facile governo di coalizione con il PD, il cosiddetto Conte 2. Il quale Conte ha persino dovuto difendersi dal trafficante di parole Luigi Di Maio, per poter argomentare utilmente e difendere le prerogative finanziarie italiane nel programma Next Generatio EU.
    I 5S sono molto ansiosi per l’esito della loro improvvida iniziativa; infatti, dopo una tale imbarazzante lista di fallimenti, di gaffe e di manifestazioni di presunzione, prepotenza e incompetenza, se vincesse il SI al Referendum, i 5S. alla fine un unico progetto potrebbero realizzarlo. Il peggiore. Il taglio dei parlamentari è una riforma parziale, intempestiva, in piena crisi da Covid 19, che farebbe risparmiare allo stato solo un pacchetto di milioni, mentre l’attenzione nazionale dovrebbe essere concentrata sulla selezione e progettazione di riforme vere, quelle finanziabili dal New Generation EU, un programma complesso pensato per i giovani, la ripresa e l’occupazione; riforme mirate e controllabili dalla Commissione Europea, la cui esecuzione imporrà coerenza, esperienza e competenza.
    Nel merito, il progetto di diminuire il numero dei parlamentari non è certo un’idea nuova. Non è mai stata realizzata poiché avrebbe dovuto essere sempre associata a un insieme di altre riforme, fra cui quella del sistema bicamerale perfetto (le due Camere da hanno le stesse funzioni, ma votano separatamente), un’adeguata rappresentanza regionale, un potere diversamente articolato del presidente del Consiglio e una nuova legge elettorale; non certo da ultimo, il mantenimento della centralità del parlamento della vita democratica adatta a una società civile economica e politica policentrica e poliarchica come quella italiana.
    I passati fautori del “taglio” (Bozzi, Pannella, Vassalli e altri), consapevoli della complessità di tagliare senza un progetto di riforma coerente con l’insieme dell’ordinamento (tema a cui Santi Romano ha dedicato la vita), dopo avere ben letto grandi giuristi come Costantino Mortati e Pasquale Stanislao Mancini, vi rinunciarono. Non così i 5S. i quali saltano a piè pari i problemi in cui si erano imbattuti il loro predecessori; non sanno chi siano Mortati, Romano o Mancini e non gliene importa nulla. La promessa elettoralistica del “taglio” nei 5S infatti fa parte delle bandiere populiste sbandierate all’insegna della furia anti-casta e anti- poltrone (salvo le loro) e il tentativo di diminuire il ruolo del Parlamento in attesa poi di poterlo sostituire, come hanno promesso, con una grande macchina digitale del genere della Casaleggi&c. Per questo il loro ideale di democrazia è sempre quello di una volontà generale che, grazie a Rousseau, potrebbe imporsi anche in forza di una minoranza. E’ un‘idea che peraltro essi già praticano in casa propria. Alexis de Tocqueville aveva messo in guardia le democrazie dalla “tirannia della maggioranza” ma chissà se abbia mai pensato alla tirannia della minoranza. Nel caso dei governi a cui partecipano i 5S, poi, si tratterebbe per assurdo della minoranza di una minoranza: infatti, la libera volontà politica dei deputati dei 5S non è proprio libera e si forma anche in un organismo esterno alle istituzioni, appunto la Casaleggio&c. in barba al divieto costituzionale di vincolo di mandato previsto per i parlamentari. Per questo il presidente Conte e il segretario del PD Zingaretti, per non avere sorprese, prima di fare programmi di governo e anticiparne il contenuto all’indispensabile Di Maio, farebbero bene a fare un salto presso la Casaleggio&c. per sondare gli umori dei soci 5S. che ne finanziano l’attività per acquisire qualche straccio di indicazione sul voto in Parlamento dei deputati 5S.
    Se al Referendum prevalesse il NO, l’intento esclusivamente mediatico ed elettoralistico dei 5S, diverrebbe evidente. Le conseguenze potrebbero essere: A) I 5S subirebbero un colpo quasi mortale, e anche Salvini ne sarebbe danneggiato; B) i due personaggi, Di Maio e Salvini, che hanno spadroneggiato sul palcoscenico politico italiano degli ultimi due anni, quasi sicuramente ne uscirebbero male; in latinorum: simul stant et simul cadunt; C) il governo Conte 2 potrebbe cadere e cadrebbe forse lo spauracchio di un governo Salvini, cioè del governo di una destra anti liberale, anti europea, autoritaria e fascistoide che, con buona pace di Berlusconi, di un centro- destra liberale scaverebbe la tomba.
    Se prevalesse il SI lo scenario sarebbe diverso. Il Governo Conte 2, con i suoi limiti, potrebbe continuare come business as usual; ma con mille problemi fra cui: A) la scelta e la gestione finanziaria e operativa delle importanti riforme che si renderanno finanziabili dal Next Generation EU, ma che richiederanno un notevole impegno (si pensi solo alla riforma della giustizia e quella della scuola), una a sfida non da poco tenuto conto della dilagante incompetenza di intere aree del settore pubblico che verranno coinvolte per gestire in tempi utili e risorse adeguate tali riforme. B) Il rimedio ai conflitti interni del Pd e della stessa maggioranza; C) la posizione di critica “costruttiva” al governo Conte 2 da parte del partito di Matteo Renzi Italia Viva, nella formulazione di una nuova legge elettorale organica. Il quale Renzi, reso forse più umile e più competente, dopo i suoi passati errori, potrebbe dare una nuova voce al PD e alleggerire il peso dei 5S nella maggioranza di governo. Renzi tuttavia, pur tenendo la ghigliottina alta vicino al collo del presedente Conte, non avrebbe il coraggio di farla cadere. Dopo il fallimento del suo (non certo peggiore) referendum del 2016, Renzi è cauto e fa pensare alla storiella americana del gatto di Mark Twain; il quale, si diceva, si era seduto una volta su una stufa bollente, dopodiché non si era mai più seduto su una stufa neppure fredda.
    (Società libera, 6 settembre 2020)
     

  • SALVINI E DI MAIO, AMMACCATI
    MA POSSONO ANCORA
    COMBINARE DISASTRI

    data: 04/07/2020 15:14

    Matteo Salvini sostiene che lui stesso e l’ex collega separato Di Maio decideranno chi sarà il nuovo presidente della Repubblica. Le malelingue sostengono che hanno già in serbo candidature eccellenti (persino di Grillo, Sgarbi, Meloni o Dibba). I due personaggi sono ambedue antisistema e anti europei (vedi MES) e favorevoli al famoso decreto Sicurezza. Si tornerà ai vecchi tempi quando ai promettenti appelli demagogici dei giallo-verdi agli elettori gli sciagurati risposero. Nacque così il governo più fallimentare dal 1948. Per questo i due campioni sono elettoralmente un po’ ammaccati ma potrebbero ancora compiere qualche altro disastro.
    Dal canto suo Salvini rimedia rilanciando la sua unica grande idea: la visione dell’Unione Europea come un soggetto estero ostile, una trappola le cui regole mettono l’Italia “sotto sorveglianza per imporre altri diktat.” Senza la UE – egli sostiene - staremmo molto meglio e, da sovrani come siamo, troveremo altri amici al di fuori dell’Unione, con i quali la Lega peraltro ha già da tempo intessuto ottimi rapporti, pare senza trappo.
    In vista di elezioni nazionali, del capo dello Stato e nelle Regioni, per non presentarsi a mani vuote Salvini sta arruolando un manipolo di collaboratori che ormai ricoprono cariche pubbliche e di sottogoverno nei gangli importanti delle Regioni e dello Stato secondo un vero e proprio manuale che, come dicono, sempre le solite malelingue, non lascia scoperto alcun sito di potere, anche quelli dormienti come per esempio una film commission o un’associazione musicale, cose che egli riattiva occupandosene personalmente.
    In questa missione Salvini non è certo un neofita: ha infatti imparato da Bossi che la politica è una faccenda complessa e maledettamente costosa; servono mediazioni, blog digitali, esperti informatici, convegni, viaggi, visite eccellenti, comizi, stampa locale e social media, cioè soldi e ancora soldi. E’ poi essenziale far affluire risorse per il costante e duro lavoro della Cooperativa Radio Padana (780.000 € solo dalla Camera dei Deputati), un vero proprio fiore all’occhiello della Lega (niente giornaloni) che assicura l’efficacia delle sue brillanti e costose campagne elettorali; quelle che devono salvare l’Italia dalla rovina in cui la stanno gettando gli ex comunisti, gli ex socialisti, gli ex democristiani con buona pace di una pattuglia di liberali.
    In quanto all’Unione Europea, nulla i nostri eroi del vecchio governo aborrono più dell’austerità e delle piccinerie della nordica frugalità imposta dai suoi guardiani e, come i gallo-romani antichi, timeunt Danaos et dona ferentes e non cadono nella grande trappola dei finti vantaggi del MES architettata dalle grandi banche per metterci la corda al collo e, come ha detto Di Maio, “usare l’Italia come un bancomat”. Poiché la Lega sente di appartenere al mondo dell’impresa, ha dato vita a decine di iniziative economiche fra cui due società utili per promuovere, muovere risorse, organizzare e gestire nuovi progetti: come la Dea Consulting e la Sistema. Intranet s.n.c .
    Quest’ ultima, è costituita da due soli soci (Morisi e Paganella) che le sono interamente dedicati. Anche in questo caso, non bisogna dare ascolto alle malelingue: i collaboratori lavorano duro: sono un esercito di consulenti, architetti, avvocati, esperti informatici, mediatori, interpreti, persino di russo, virologi medici esperti del sistema sanitario regionale del livello di Formigoni, che lavorano come matti a distanza, in rete e in Skype, per il benessere degli italiani. Ai fini della trasparenza dei conti per fortuna la s.n.c. non ha l’obbligo della tenuta dei libri contabili e i commercialisti della società la possono difendere dalle intrusioni, alcune già in corso, della magistratura e dell’Intendenza d Finanza.
    Di Maio non è fatto della stessa pasta di Salvini. Anche per lui il consenso politico è in calo ed ha perso la disinvolta sicumera dell’omino in blu; non ha una voce tuonante e non galvanizza le folle come il suo ex collega separato. All’inizio i 5S, al governo con la Lega, dovevano apparire nemici del sistema e alternativi al potere, e soprattutto promettere. Divenuti essi stessi parte del sistema, avevano tentato una serie di cambiamenti che, messi in pratica a costi siderali, hanno fallito lasciando l’odiato sistema ancora peggiorato. Malgrado ciò, in un altro governo sono ancora loro il sistema. Di Maio poi, non ha mai avuto - come i suoi amici forse immaginavano - l’ambizione di sparare le quattro verità politiche cinque-stellate in faccia al potere; anche perché, per farlo, di quel potere avrebbe dovuto conoscere la storia, le implicazioni e i segreti.
    Ma ora? Mentre l’infaticabile Salvini, come faceva il Duce, invoca continuamente gli italiani come un patriota, Di Maio assomiglia più al membro deluso di una setta ancora ispirata dalla finta maschera istrionica di Beppe Grillo, gestita dall’abilità contabile di Casaleggio e fiancheggiata dal tristissimo Dibba. Costoro possono contare ancora sulla quota del 32% dei parlamentari si ha l’impressione che, per non morire, stiano tessendo la rete delle cariche, degli incarichi, delle consulenze e dei social che tengano ancora in piedi la fabbrica del loro consenso.
    Gli uni e gli altri, forse in virtù dell’enormità del loro caso politico, possono contare su un alleato davvero insperato, e in parte in spiegabile in Italia: il quasi silenzio della stampa, della televisione e dei media su temi imbarazzanti che in qualsiasi paese farebbero tremare un partito. Ad esempio: a chi chiede pubblicamente a Salvini che fine hanno fatto i 49 mln di euro scomparsi nel nulla dalla casse leghiste, nessuno commenta il suo silenzio. Chi vorrebbe sapere che seguito ha avuto l’inchiesta sul tentativo tangentizio ENI a Mosca del sig. Salvoini & c. messo a punto dalla segreteria di Matteo Salvini, anche qui regna un silenzio, questo sì sovrano, su una vicenda dai risvolti cospirativi. Inoltre molti vorrebbero indagare quali procedure, chiamate e/o criteri selettivi vengono adottati per le nomine gli alti dirigenti pubblici, soprattutto in materia sanitaria, legati alle Regioni amministrate dalla Lega. Nulla.
    In quanto ai 5S i giri finanziari interni, fra soci delle Casaleggio srl, e il suo ruolo direttamente politico, sfidiamo chiunque a trovare esempi in altri paesi dove vi siano personaggi pubblici e politici così disinvoltamente spregiudicati e incompetenti; persino nella politica estera siamo pericolosamente all’improvvisazione, come quella favorevole alla Via della seta della Cina ma indifferente alla rivolta di Hong Kong; per nulla dire di quella vergognosa di sostegno di fatto al regime venezuelano di Maduro da parte di un paese amico della democrazia come l’Italia.
    La commistione dei due capi politici è poco rassicurante anche perché le alleanze geo-politiche dell’Italia sono garantite da nessuno. Sul rischio di andare a fondo in Europa, il nostro autorevole ma silenzioso Presidente della Repubblica potrebbe almeno richiamare le Camere in questo senso. In caso di elezioni poi, da capo delle Nazione Mattarella potrebbe gentilmente consigliare agli elettori italiani, prima di votare, di attenersi al consiglio del suo illustre predecessore Luigi Einaudi: “Conoscere prima di deliberare”.                  
     

  • CHRISTINE-ANGELA-URSULA
    LE TRE MODERNE "EFORE"
    CHE POSSONO
    SALVARE L'EUROPA

    data: 18/06/2020 16:32

    Quando la città era in pericolo gli antichi Spartani ricorrevano agli efori; personaggi di élite, esperti nell‘arte del comando, nel diritto e nella di politica, personaggi carismatici al di sopra delle parti. Anche le Provincie Unite nel ‘600, durante il Secolo d’Oro dei Paesi Bassi, avevano istituito gli efori; un corpus di funzionari di Stato che dovevano il loro prestigio, e la loro capacità di intervento nelle emergenze, più alle loro capacità personali che alle loro alte cariche.

    In un periodo di grave crisi dell’Unione Europea, e soprattutto dei suoi membri, l’Europa, forse senza saperlo, potrebbe aver trovato i suoi efori; solo che, anziché efori,  nel nostro caso sono efore: si tratta di tre donne autorevoli dotate di ragguardevoli curricula politici, economici e giuridici, oltre che di un carisma che le pone dieci piani al di sopra dei ben meno autorevoli capi di governo e del personale politico in carica negli stati membri, soci del Club europeo. Le efore europee sono: Angela Merkel, cancelliere della Repubblica Federale di Germania; Christine Lagarde, presidente delle Banca Centrale Europea e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea.

    La crisi europea avviene nel periodo di una svolta del mondo globale preoccupante soprattutto per l’Europa. Se l’Unione Europea riuscirà a salvare il grande lavoro svolto in 63 anni e far raggiungere almeno l’inizio di un'unità anche politica dei suoi membri, ciò potrebbe avvenire per merito delle nostre tre efore. Esse infatti non hanno solo forti qualifiche e alte cariche ma il loro DNA trasuda anche dell’intelligente buonsenso pratico e del coraggio delle donne antiche. Questo consentirà loro di raccontare, senza veli e senza trafficare con le parole, le cose europee così come stanno e fustigare i governi nazionali e le burocrazie comunitarie irrimediabilmente riluttanti ai cambiamenti.

    L’efora Lagarde, per esempio, con la sua famosa gaffe, ha avuto il merito di ricordare, per nulla maldestramente, ai famelici governi in cerca di soldi, soldi e solo di soldi, che la BCE non è una mutua assicuratrice e che essi prima di pretendere aiuto e mettere le istituzioni europee sotto accusa, come fanno i sovranisti, dovrebbero fare le pulizie in casa propria.

    L’efora Merkel è l’ultimo membro dell’albo d’oro di quelli che hanno fatto l’Europa come Monnet, Adenauer, De Gasperi, Einaudi, Kohl o Delhors, ed è l’unica con l’autorevolezza necessaria a trascinare altri con la forza dell’ esempio. Dalle crisi - Merkel lo ha ricordato in questi giorni - nessuno esce mai indenne, ma tutti cercano coesione e solidarietà per tutto ciò che i singoli Stati nazione non possono fare da soli: come la difesa, la salute, l’ambiente, l’immigrazione, la cultura e ricerca; ivi compresa la politica estera nella quale nessuno Stato membro, come non cessa di ricordare Mario DraghI, oggi può dirsi sovrano.

    La terza efora è la presidente delle Commissione Ursula von der Leyen; la quale “parlando dolcemente ma portando un grosso bastone” (consiglio del presidente Teodoro Roosevelt ) ha intenzione di dare finalmente battaglia alle discrasie fiscali, bancarie e sociali che oppongono fra loro gli Stati membri tramite paradisi fiscali interni, architetture societarie e dumping di tutti i tipi, artifizi che distorcono la concorrenza, tradiscono il mercato, penalizzano ingiustamente molte industrie e discriminano gran parte dei lavoratori.

    Le tre efore potrebbero attivare il loro potente diapason e lanciare nuovi progetti cooperativi fra stati membri, come quello sul vaccino europeo, il recovery fund o il progetto PESCO di Difesa Europea e altri e predisporre gli strumenti integrativi ad hoc fra gli stati membri. Dopo l’inutile retorica dell’Europa “sempre più stretta” vaticinata dal trattato di Maastricht il treno europeo viaggerebbe così su binari specifici, più limitati ma sicuri. L’Europa, grazie al prezioso lavoro delle tre efore, potrebbe finalmente integrarsi e divenire il regno delle buone pratiche economiche e politiche, e pretenderne il rispetto da tutti i paesi con cui gli Stati membri continuamente trattano.
     

  • LETTERA APERTA
    AL MINISTRO SALVINI

    data: 17/07/2019 19:43

    Caro Ministro Salvini, Le scrivo per manifestarle la mia preoccupazione sulle sorti dell’Italia in mano al governo più dissociato e disastroso della storia italiana; fatto di progetti inconcludenti, di rinvii, di mezze verità e mezze bugie e condotto all’insegna della pura demagogia. E’ un governo, di cui Lei è attualmente il campione al cui vertice si trovano leader presuntuosi e incompetenti che hanno degradato  lo status europeo e internazionale dell’ Italia facendo pagare lo scotto dei loro errori  ora ai viventi ma  poi a coloro che devono nascere. Tutte le scelte elettoralmente  sbandierate, tutte assai discutibili,  e fin qui adottate, anche se in fieri, si sono rivelate errate, cambiate o camuffate da qualcos’altro e l’intera legislatura finora  può considerarsi un fallimento completo (Fornero, flat tax, il reddito, la quota cento, la sicurezza, il debito pubblico, la crescita zero-meno  ecc.) senza elencare oltre cento decreti mai convertiti; salvo attribuirne  le colpe all’Unione  Europea, ai “giornaloni” e ai “professoroni”, e persino a  parte delle  istituzioni (come  la  Magistratura) che  remano contro, ma  mai e poi mai all’approssimazione e alla  disinvolta incompetenza  mostrata dal  governo. Grazie  allo stile e all’ ideologia  cosiddetta sovranista, da Lei introdotta, l’ Italia è totalmente isolata in Europa; un sovranismo senza sovranità,  senza futuro e un’ideologia fondata sul nulla e di fatto dipendente da tutto e da tutti, presto forse anche dalla Russia di Putin. 
    iò che nel bene e nel male aveva assicurato al paese un percorso europeo decente  se non creativo è stato disperso  grazie alla sua tracotante e inutile battaglia contro la UE e personalmente contro alcuni alti  funzionari (“ burocrati”) e  commissari europei che, diversamente da Lei, conoscevano bene il loro mestiere.  Il suo linguaggio volgare e offensivo da curva sud istigatore di odio verso immigrati e le ONG; la sua ripetuta  assenza alle 6 riunioni  per  riformare  il trattato di Dublino sull’immigrazione in Europa (mentre Lei era a  Mosca) ha fatto il resto per poterla annoverare fra i peggiori cittadini italiani mai eletti a cariche apicali delle istituzioni nazionali. Lei ripete che i Suoi molti nemici sono ampiamente compensati dai Suoi milioni di amici-elettori, e ciò le basta. Non ne sarei troppo sicuro: anche  il pieno di voti da lei raggiunto nelle  elezioni  europee di Maggio 2019, messo confronto con la realtà elettorale  del’ Italia  che  vota, in rapporto alla  popolazione, come recentemente ha osservato il Prof. Cassese, non sorpasserebbe di molto il 10-5% degli italiani di cui Lei pretende di essere  l’esclusivo portavoce. 
    La Sua forza mediatica  è tutta nella straordinaria potenza del Suo stile, il Suo linguaggio, le Sue promesse (anche se disattese) le Sue battute volgari  e l’uso sarcastico dell‘insulto, come  quelli  indirizzati  a Commissari UE  (Moscovici, Juncker) o quelli  vergognosi diretti alla  Comandante della Sea Watch Carola Rackete imitati con oscenità dai Suoi fans. Il Suo potente  diapason ha evidentemente  la forza di far risuonare istinti altrettanto truculenti negli animi della parte  dell’elettorato che ancora L’ammira. Francamente non pensavo vi fossero tanti  elettori  italiani così recettivi di un tale florilegio di volgarità, ed anche così insensibili alle beffe perpetrate  ai loro danni: come quella  della ridicola modalità restituzione dei 49 milioni di Euro sottratti ai contribuenti  dalla  Lega, quella della nuova (nascosta) manovra di 7. 6 miliardi alla legge finanziaria  (“ … non ne  cambieremo una virgola”) oltre ai suoi prepotenti attacchi alla Magistratura (“ non adatta  all’ Italia”), o alla falsa disconoscenza dei suoi ben introdotti  amici  lobbisti filo-Putim come  Savoini (la Sua ombra a Mosca e Roma con il Presidente Putin) inquisito  per gravissime ipotesi di corruzione, se non di cospirazione (ne ha il physique du rôle !); si tratta di un personaggio a Lei maledettamente vicino al centro di una vicenda sub judice molto grave, non solo corruttiva, ma anche di politica interna ed estera nel dipanarsi della quale Le sarà difficile fare spallucce e, come si dice a  Roma, buttarsi a Santa nega.           
    Per il  futuro dell’ immigrazione, peraltro molto diminuita anche per il (pur discutibile) merito dell’ ex Ministro Minniti, da qui a poco, senza accordi seri con la UE per rivedere  il trattato  di Dublino, dal Lei colpevolmente disatteso, non riuscirà a fermarsi  anche sulle coste italiane. Per tale problema, se Lei sarà ancora  Ministro dell’ Interno, cosa che non mi auguro, potrebbe rimpiangere quell’“ubriacone” di Juncker visto che la nuova leadership Europea e gli altri soci del Club europeo  potrebbero esserLe  molto meno amici. Infatti, grazie a  Lei, l’Italia già ora ha ben pochi alleati in Europa.
    Poiché nelle difficile circostanze  ostili all’Italia nessun politico può fare ameno di un alleato, se la Russia illiberale di Putin, anche  grazie  a Lei, riuscirà a erodere  l’ Europa divenire un grande protagonista nel Mediterraneo, come  sembra possibile, se Lei  sarà ancora  governo, Le sarà riconoscente e potrebbe anzi divenire il Suo solo amico e alleato, illiberale come Lei e ostile all’ Europa e al resto dell’Occidente. Tenuto conto  però del  basso  livello economico e sociale russo l’Italia certo migliorerebbero l’inter-scambio commerciale, ma la Russia avrebbe poco altro da offrire che non abbia carattere strategico e militare. D’altro canto gli espliciti auspici di Putin a Roma (il 2 Luglio) sulla fine del liberalismo scartano definitivamente l’idea, molte volte auspicata dopo il 1989, di un’ europeizzazione della Russia e lasciano intendere altri scenari  che forse (forse) non piacerebbero neppure ai Suoi amici ed elettori.       
    Per un rinnovamento istituzionale e politico dell’ Italia Caro Ministro, non abbiamo bisogno di demagoghi, ma di figure autorevoli  dotate di esperienza e  forza creativa e di onestà intellettuale.  I pellerossa e i cinesi del Tao in casi estremi, come  quello dell’ Italia odierna, chiedevano aiuto agli antenati, i quali, lontani dalle cure terrestri, li avrebbero sempre ben consigliati. I nostri ci raccomanderebbero di reclutare  attenti  clinici, esperti chirurghi, onesti economisti  e umili scienziati sociali; è ciò che molti cittadini normali, come  chi scrive, stanno facendo in attesa di risposte che ormai, molti ci assicurano, verranno quanto prima.       
    Con i miei  rispettosi saluti                             
    Marco A. Patriarca,15 Luglio 2019