Al Cremlino in guerra regna sovrana una squadra di truccatori professionali di tutti i media, soprattutto radiotelevisivi, che racconta come secondo il Cremlino realmente stanno le cose nella guerra ucraina: non è la Russia che fa la guerra all’Ucraina ma l’America e i suoi lacchè europei che la fanno per procura alla Russia; la quale con l’operazione militare speciale non fa altro che difendersi. L’America imperialista, dopo averci fatto circondare dalla NATO – sostengono Putin, Lavriov e Soloviev e Rogozin - ha complottato con gli Ucraini contro Yanukovich, che avevamo promosso capo del governo, per lasciare dilagare i neonazisti in tutta l’Ucraina e poi eleggere al suo posto un debosciato come Zelensky.
A parte l’enormità della falsificazione della realtà, di regola, si può parlare di guerra per procura quando un terzo stato interviene per modificare l’esito di una guerra fra altri e ottenere un proprio vantaggio e non a favore di uno stato per proteggere un suo diritto; uno stato che invia armi a un altro che difende un proprio diritto non per questo diviene belligerante. In questa teoria forviante nessuno spiega neppure chi avrebbe dato una procura a chi per fare che cosa contro chi. Eppure il giochetto logico-dialettico della guerra per procura ha fatto furore, tutto confondendo. Si presenta il conflitto come una lotta fra i due imperi virtuali: America e Russia, che non esistono nella realtà, e non fra un aggressore e un aggredito; una teoria che è stata presa sul serio soprattutto in Italia e discussa in molti talk show non solo dalle farneticazioni dei Travaglio, Orsini o Santoro e altri, ma persino da professori, studiosi, giornalisti, scrittori e personaggi politici, ed è persino apparsa in cartelloni anti-americani e anti-NATO in alcune celebrazioni resistenziali il 25 Aprile. In tale contesto i russi, circondati dalla NATO, sono riusciti a far dimenticare, a chi dovrebbe sempre ricordarlo, che fra la cospicua dotazione di armi nucleari, i russi tengono ben aperta una postazione di 58 missili ipersonici a Kaliningrad (l’antica Konigsberg di Kant) sul confine europeo che potrebbero raggiungere Berlino in 10 minuti.
Secondo la succitata tesi dovremmo continuare a ragionare in termini di un mondo dominato da potenze imperiali come l’ America, la Cina e la Russia. E’ un’ idea che piace alla Russia, facendola sentire ancora un impero, e lascia cullare gli imbelli europei dormienti (“While Europe slept” direbbe oggi Churchil) di essere parte di un supposto impero americano. Nel linguaggio politico corrente i termini impero e imperiale designano grandi potenze che dal loro centro esercitano un’egemonia su altri stati, altre nazioni o altri popoli e, in varia misura, un controllo territoriale, politico, militare o economico. Senonché dopo il 1991 quella Russia grande potenza non esiste più; e non, come è stato erroneamente sbandierato, perché ha perso la guerra fredda e un altro impero avrebbe vinto, ma perché l’URSS è implosa su se stessa una volta che il suo progetto sociale, politico anti-liberale e anti-economico è fallito; anche se la Russia odierna resta una potenza militare. In quanto all’America, pur essendo egemone nella NATO, sul piano politico, è dubbio che i suoi insuccessi nel ruolo di poliziotto del mondo dal dopoguerra abbia mantenuto integra la sua precedente egemonia imperiale.
La Perla dell’Impero
Per restituire alla nuova Russia almeno una parte della grande URSS, Putin, nostalgico del vecchio impero fallito, ha studiato attentamene i suoi spazi vitali e le sue aree di influenza. Prima ha forzato i confini politici e territoriali della Georgia, della Bielorussia, poi ha lasciato in giro soldati russi senza insegne e carri armati nel Donbas, nel cuore del territorio dell’Ucraina, la perla dell’impero, ed ha occupato e annesso la Crimea. Fra i paesi ex-sovietici liberati, infatti, l’Ucraina è da un ventennio il più dinamico e pronto a cogliere tutte le opportunità per aprirsi a un nuovo sviluppo ed entrare nella modernità. Gli ucraini avevano mantenuto la loro vocazione indipendentista fin dai tempi degli zar, erano prevalenti russi bianchi anti-bolscevichi, affamati da Stalin, decimati a Stalingrado nel ’43, e fieri eredi del dissidente Mykola Rudenko e del coraggioso movimento ucraino Smoloskip in lotta per il rispetto degli accordi di Helsinky (1975) nei quali si denunciava la repressione sovietica. Oggi l’Ucraina ha una popolazione storicamente indipendentista, divenuta cosmopolita, abitata da moldavi, russi, russi bianchi, polacchi ed ebrei; aspira a una società aperta al mondo che guarda avanti e che in questi anni è stata oggetto di importanti scambi culturali e di investimenti esteri, soprattutto della Turchia e degli Stati Uniti. Putin ne teme il contagio con il suo mondo ancorato nel passato, ma non i vantaggi economici indispensabili a salvare la sua Russia in piena crisi. L’ Ucraina infatti è ricca di materie prime, da anni rappresenta un granaio di rilevanza mondiale ed è un ghiotto boccone per cominciare a disegnare il non meglio precisato nuovo ordine mondiale putiniano dopo l’annunciato tramonto delle liberal democrazie occidentali; un nuovo ordine pericolosamente passatista e per nulla attraente.
Dalla Russia con orrore
Dopo minacce e false partenze, all’improvviso la Russia di Putin ha invaso l’Ucraina mascherandola vigliaccamente da semplice operazione militare per non allertare la difesa ucraina. Ha bombardato massicciamente il paese distruggendo intenzionalmente gli spazi vitali e la sua popolazione civile causando 5 milioni di rifugiati. Ha più volte dichiarato di farlo per tre ragioni dimostratesi totalmente false: la pretesa protezione e liberazione dei russofoni dell’Ucraina; la liberazione dalla repubblica dei pretesi veri neo-nazisti; e per tenere l’Ucraina fuori dalla NATO. Sono tre argomenti speciosi sui quali Putin continua a mentire: i russofoni dell'Ucraina, come si è poi dimostrato, non avevano, né hanno, alcuna intenzione dei essere “liberati”; i neo-nazisti ucraini, che sono appena il 2%, come si è visto in politica come in guerra, non fanno i nazisti ma difendono coraggiosamente il loro paese; in quanto all’ipotesi dell’Ucraina nella NATO è da anni accantonata per esplicito desiderio di quasi metà dei suoi membri. L’ invasione ha avuto su di noi l’effetto che avremmo avuto noi se l’ex impero britannico, oggi Regno Unito, avesse invaso e bombardato l’Irlanda.
In questa guerra criminale contro ogni legge civile e ogni regola divina e umana, i russi hanno mostrato una ferocia che nelle circostanze del suo contrasto con la vicina Ucraina nessuno pensava possibile: hanno distrutto palazzi, bombardato ospedali, scuole teatri, centrali elettriche, reti idriche e hanno ucciso civili inermi, stuprato donne, saccheggiato le case e hanno scritto una nuova pagina vergognosa che resterà indelebile nella storia della Russia contemporanea: i nuovi demòni di dostoevskiana memoria sono tornati a ricordarcene gli orrori. Frattanto nella guerra l’aggressore non accenna a fermarsi e l’aggredito, riarmato dagli europei e dagli americani, non cessa di difendersi. Oltre alla condanna dell’aggressione da parte di 40 paesi, unitamente alla pesanti sanzioni adottate, si punta a salvare il paese da peggiori devastazioni; ma senza sapere per quanto tempo potrà durare questa guerra spietata, dato il totale rifiuto russo di raggiungere almeno un cessate il fuoco foriero di un eventuale accordo di pace; una pace precaria che non potrà che avere altre ricadute sull’Europa e sul resto del mondo. Esiste però questa volta la possibilità che la voce responsabile dell’intera comunità internazionale quasi univoca agisca affinché questa guerra scellerata non venga vinta dalla Russia di Putin, whatever it takes.