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UMBERTO BINETTI

  • OLTRE LA PUNTA DEL NASO:
    GUERRA E GRAFITE
    MIGRANTE COME SCARTO
    E CRESCITA BLOCCATA

    data: 18/11/2022 04:20

    Credo non si possa essere tacciati, ora meno che mai, di essere “esageratamente attenti” (leggi: preoccupati). Siamo in un periodo sociale, economico e politico in cui andare e guardare oltre le apparenze, non fermarsi, cioè, a ciò che sembra, ma scoprire ciò che ci sta realmente accadendo, sia da considerare non una necessità ma un autentico obbligo/dovere.
    Prendiamo quelle che appaiono come problematiche che meritano più attenzione rispetto ad altre.

    Oltre la punta 1
    Iniziamo con la guerra in Ucraina che sta mietendo migliaia di morti.
    Mi rendo perfettamente conto di quanto, in una società in cui l’informazione schematizza e definisce a mo’ di tifoserie in campo gli interlocutori, sia a dir poco rischioso emettere pareri e/o giudizi.
    Si finisce irrimediabilmente per essere etichettati A VITA ed uniformati a quei tifosi da “bar sport” del lunedì mattina. Forza Roma o forza Inter, per intenderci.
    Ma non importa.
    Mi interessa disturbare la mia MEMORIA che vorrebbe fare da traino a quella degli altri. E così ricordarvi degli atti di Stalin nei confronti degli ucraini tra il 1932 e il 1933. Milioni di morti. Causa? Fame.
    E ricordarvi anche dell’impegno degli ucraini nei confronti della Russia, nell’avanzata delle truppe naziste alla conquista di Mosca nel 1941. Totalmente a fianco dei nazisti. Milioni di morti anche in questo caso.
    Io affermo senza ombra di dubbio che ci possa stare un po’ di rancore (meglio chiamarlo odio) tra i due “contendenti”. O no?
    Ma se dovessimo indirizzarci verso motivazione meno “sentimentali” sarebbe necessario ricordare che l’Ucraina estrae (particolarmente nel Donbass) il 10% di ferro, il 6% di titanio e SPECIALMENTE il 20% di grafite, ossido di litio e cobalto della produzione mondiale. E questi elementi sono “il pane” della tecnologia del terzo millennio.

    Oltre la punta 2
    Ogni giorno ci viene offerta la disputa tra i vari Paesi europei circa la vicenda degli sbarchi di extracomunitari sulle coste del nostro Paese. Vengono snocciolati numeri, percentuali di esseri umani da distribuire tra le varie Nazioni. Il tutto tra navi dell’ONG battenti bandiere “improbabili” e capi di Stato che non perdono certo l’occasione per piccoli bisticci all’insegna del nazionalismo, populismo, sovranismo, ismo, ismo, ismo…….
    “Agisci in modo da trattare l’uomo così in te come negli altri anche sempre come fine, non mai solo come mezzo” (Emmanuel Kant)
    Una legge MORALE. Così la definiva il grande filosofo.
    Allora? Questi essere umani che attraversano il mar Mediterraneo, meglio definito “il cimitero liquido” diventano meritevoli di attenzione solo ed esclusivamente se rappresentano, in previsione, un mezzo? Se producono ricchezza?
    Altrimenti è materiale da macero?
    Se avessimo l’onestà intellettuale necessaria dovremmo ammettere che tale verità incontrovertibile riguarda tutto il mondo intero (noi compresi) e dovremmo rispondere con un sonoro e raccapricciante SI.
    Se non produci e non consumi sei materiale inutile e non un essere umano.
    Da scarto.
    E cmq tanto vale essere chiari su questo tema della emigrazione verso i paesi ricchi.
    Se superano migliaia di chilometri di deserto, mesi e mesi di violenze nei lager libici non sarà mai limitante per loro l’attraversamento di un piccolo Mare per sopravvivere.
    Scuramente per motivi legati alla povertà e alle guerre che si materializzano in quelle terre un giorno sì e l’altro pure con l’uso di materiale bellico made in West.

    Oltre la punta 3

    Per concludere credo sia inevitabile dover parlare di ciò che ingloba, per certi versi, tutto ciò che abbiamo appena ricordato.
    L’estenuante e perenne crisi economica.
    Ora ancora più pesante a causa delle cosiddette ritorsioni economiche.
    Tutto ciò rischia di bloccare la crescita.
    Eccolo qui il mantra degno di essere finale di questa mia disertazione sul “naso”.
    La crescita.
    I dati ultimi che il PNUD (Programma delle Nazione Unite per lo Sviluppo) ci offre dicono che il miliardo di persone che vivono nel cosiddetto Occidente (Europa + Nord America) a fronte dei rimanenti sette miliardi (il 15 novembre scorso abbiamo superato la soglia degli otto miliardi) utilizza l’80% delle risorse della Terra.
    In questo periodo. Nel periodo della crisi economica………
    Ma noi, giornalmente, aprendo la tv, sfogliando i quotidiani e navigando in Internet leggiamo che siamo preoccupatissimi del fatto che la crescita (mantra) si sia bloccata.
    Preoccupante andare oltre la punta del naso. Vero?
    Molto meglio gustarsi quello personale, di naso. Non importa che sia aquilino, a sella, a patata, irregolare o a uncino.
    Tanto c’e sempre un modo per modificarlo con un lifting….. dell’intelletto.

    ubi

     

     

     

  • COVID E GUERRA:
    NE USCIREMO SE L'UOMO
    SI RIPRENDERA'
    UN MINIMO DI ETICA

    data: 18/03/2022 16:45

    Che la Storia umana preveda cambiamenti di epoca in epoca ci deve apparire naturale. Altrimenti vivremmo ancora ai tempi dei Babilonesi (in verità non sarebbe male….). Ma il nostro è il TEMPO DELLA METAMORFOSI: un tempo in cui un autentico ed irreversibile cambiamento della forma (morphé) è in atto.
    Da quarant’anni, infatti, l’uomo non è più soggetto e protagonista della Storia. L’avvento dell’informatica, con il suo braccio armato rappresentato dal mondo digitale, ha dato via libera alla globalizzazione selvaggia, all’assoluta predominanza del dio Denaro, al grido/mantra di “crescita a tutti i costi”, alla pilotata e nefasta idea che sviluppo e progresso abbiano lo stesso significato, dando vita a questa inarrestabile metamorfosi. L’uomo non è più protagonista ma esclusivamente funzionario del Sistema, dell’economia, del danaro ed infine della Tecnica ultima ed assoluta dominatrice di questo drammatico percorso.
    Le ultime due vicende temporali che si sono susseguite (meglio dire incastrate), Covid prima e invasione dell’Ucraina dopo, ne sono dimostrazione incontrovertibile. E chi pensa che tali vicende abbiamo come protagonista l’essere umano cade in un rovinoso errore interpretativo.
    L’incapacità di pre-vedere gli effetti (sia Covid, sia Ucraina) ci offre un uomo senza Etica, divenuto ormai pat–etico e schiavo del Sistema a cui è incapace a ribellarsi.
    Tutto, del resto, era prevedibile. Autorevoli Storici, Filosofi, Antropologi e intellettuali di tutto il globo lo ripetevano da tempo.
    Inascoltati: forse perché chi avrebbe dovuto recepire il messaggio aveva già perso la “morphè umana” per divenire esclusivamente soggetto/cavia dei Big Data capaci solo di analizzare ciò che l’uomo desidera (mercato e consumi) e ciò a cui “serve” per rinforzare il Sistema.
    Le due tragedie ultime ed in particolare quella della guerra in atto, hanno potuto evidenziare in modo lapalissiano come il mondo “digitalizzato” abbia potuto usufruire al meglio di questa “morphè umana” ponendoci di fronte ad una elaborazione di dati e notizie capaci di proporci una guerra interpretabile in modi diversi e con deduzione spesso cervellotiche. Nelle mani della propaganda digitale con fake annessi.
    Risultato? Neuro necrosi, perdita della capacità di pensare e valorizzazione dell’era post-cartesiana segnata dal “digito ergo sum”.
    Il grandissimo filosofo Martin Heidegger etichettava l’essere umano, protagonista della Storia, definendolo “In der welt sein”, essere nel mondo. Oggi sarebbe più onesto identificarlo come “in der WEB sein”.

    E non di meno Oswald Spengler nel 1918 scriveva un saggio di spessore mondiale dal titolo Il tramonto dell’Occidente mentre un numero impressionante di intellettuali di ogni latitudine, fino ai nostri giorni, non ha perso tempo per amplificare il suo messaggio.
    Invano.
    Ora, nel tempo della metamorfosi, tutto ciò è diventato drammaticamente reale. Il Sistema ha tenuto, ampliandosi e obnubilando le nostre menti e le nostre coscienze.
    L’Occidente, del resto, rimane il luogo del tramonto e dopo l’ultimo “scivolone” in atto c’è da chiedersi se il cosiddetto “ordine mondiale” (?!?) sopravvivrà.
    Ne usciremo? Solo ed esclusivamente se l’uomo proverà a riprendersi un minimo di Etica.
    Altrimenti prepariamoci al peggio.
     

  • E' TEMPO DI CHIAREZZA:
    NON SI TRATTA DI SCIENZA
    MA DI SPERIMENTAZIONE

    data: 24/12/2021 15:56

    Per onestà intellettuale mi ero ripromesso di evitare qualsiasi disamina inerente al tema Covid. Speravo di farlo a fine pandemia augurandomi che ciò potesse accadere entro la fine del 2021. Non sono stato un buon profeta e me ne dolgo. Eludo a questo personale impegno solo ed esclusivamente perché tale vicenda si è, purtroppo e col passare del tempo, tinta di “colorazioni” sempre più difficili da identificare. Sempre più plumbee.
    Due brutture di evidenziano:
    - La sempre più evidente costrizione da parte di tutti a doversi identificare, prima di esporre il proprio pensiero. Insomma come dire “da che parte stai?”
    - Comunque sia, la quasi certezza di doversi esporre non a pareri favorevoli o sfavorevoli ma a giudizi sempre più definitivi, senza alcuna possibile parvenza di tolleranza.
    E tale comportamento non si può non etichettare se non come una sonora sconfitta per l’homo sapiens sapiens.
    Gioco forza, per tale “regola” mi tocca dichiarare che sono un plurivaccinato (tre dosi) pronto alla quarta, alla quinta, alla sesta e via dicendo. Cittadino disciplinato? Essere umano terribilmente abbarbicato alla propria salute (leggasi VITA)? NO.
    Semplicemente un individuo pensante e consapevole di essere co-protagonista di una sperimentazione in atto. Provo ad essere più chiaro.
    Mi hanno insegnato (Cartesio docet) – salvo non ci siano state novità sul tema e se è così mi scuso sin d’ora – che un percorso scientifico si considera tale quando, partendo da precise ipotesi ed avendo un fine da raggiungere si sperimentano tali ipotesi. Se portano al fine voluto si potrà affermare che il risultato è ESATTO (ex atto cioè ipotesi di partenza).
    Per carità di Dio non chiamatele VERITA’.
    Basta così? NO!!!!!
    Si potrà parlare di scoperta scientifica SOLO se tale percorso è ripetibile da chiunque, dovunque con lo stesso IDENTICO risultato.
    Questa è la SCIENZA.
    Se non persegue tali regole RIGIDE si chiama SPERIMENTAZIONE.
    Ora vi chiedo di riflettere su ciò che è accaduto e accade. Per quanto mi riguarda – ed è questo il mio pensiero – sono ben felice di partecipare a tale SPERIMENTAZIONE sperando sia utile per tutta l’umanità.
    Forse se scienziati, medici, politici e pessimi comunicatori che ammorbano l’aria dalla mattina alla sera, riflettessero su tale questione probabilmente qualche barlume di tolleranza tra le parti avrebbe ragion d’essere.
    Siamo cavie, dunque? No. Siamo esseri umani che, ancorché affezionati alla loro vita, concorrono alla vittoria della scienza su una pericolosissima pandemia.
    Tutto qua. E vi pare poco?
    Un ultimo interrogativo che mi pongo.
    Avrei pensato così se avessi avuto, diciamo, una trentina d’anni in meno?
    Mi sa di no e io credo anche di sapere il perché.
    Perché ad un certo momento della propria vita ci si rende conto che “il tempo della ‘pigrizia’ è terminato. Si intuisce di essere abbastanza intelligenti per smettere di ascoltare risposte e che è arrivato il momento di fare e farsi domande. Quasi magicamente si è in possesso di una estrema e tossica lucidità”.
     

  • E SU TUTTO DOMANI
    CALERA' LA MANNAIA
    DEL GRANDE RENDEZ-VOUS

    data: 14/10/2021 16:48

    “La più folle delle follie (dal Dio riveniente) è quella profetica”. Così sentenziava Platone ricordando che profezia significava “dire al posto di….”, insomma avere un Dio dentro e parlare per suo conto.
    Ecco, mi armo di questa supposta follia e lancio previsioni e profezie per domani 15 ottobre giorno del rendez – vous tra pro e contro green.
    Evito chiaramente di inoltrami sui fatti funesti dei precedenti giorni (leggi assalto alla CGIL) e conseguente atavica contrapposizione tra fascista, antifascista, comunista, stalinista, populista, ista, ista, ista.
    Come semplici e rapidi annotazioni porto in dote due brevi considerazioni che vi offro.
    La prima di un personaggio pubblico con cui non simpatizzo ma che in questo caso condivido. Parlo di Giampiero Mughini che ha affermato “Fascismo? Signori, il fascismo è una cosa seria e oltremodo drammatica. Cosa c’entri con i quaranta o quattrocento facinorosi e delinquenti dell’assalto, davvero non so”. La seconda di un mio caro amico, parecchio addentro nelle “cose” dei Servizi, che mi pone un antico dilemma, oggi all’attenzione dell’inossidabile Mario Draghi e che suona così: “Conoscerà bene, il nostro primo ministro, l’operatività della ‘slavata” CIA americana in Italia in situazioni come queste?” Ed anche con lui mi trovo perfettamente in sintonia.
    E mentre tutto questo accade, in compagnia di questa caotica (o supposta tale) situazione, “navigano” sulla stessa rotta i quattro (e questi veramente sono quattro come i famosi gatti) politici in neuro necrosi avanzata che si affannano in previsioni sui ballottaggi e sulle conseguenti vittorie o sconfitte. Fregandosene, ovviamente e bellamente che quasi il 60% dei votanti aventi diritto siano rimasti a casa e che, probabilmente, tale percentuale salirà fino ad avvicinarsi al 70%.
    In ottobre, è bene ricordarlo.
    Fosse stato a luglio o ad agosto avrebbero potuto chiudere i seggi per “fine attività causa fallimento”.
    Su tutto questo, domani, calerà la mannaia del rendez-vous tra i contendenti “green”.
    Porti chiusi ad oltranza? Tir fermi a bloccare la viabilità su strade e autostrade? La mia folle profezia (dal dio riveniente) è che qualunque sarà il risultato dell’appuntamento, l’Italia ne uscirà con le ossa rotte.
    In termini figurativi o in termini reali e pragmatici, quest’ultimo enigma è davvero difficile da sciogliere.
    La mia follia su quest’ultimo interrogativo non intende sbottonarsi.

     

  • AFGHANISTAN: E IL TEMPO
    DIVENTA STORIA

    data: 08/09/2021 12:47

    I saggi affermano che quando il Tempo viene inserito in un progetto, ancor più in un disegno, ecco che il tempo diventa Storia. Basterebbe soffermarsi a come, con naturalezza, quando ci innamoriamo, a chi ci chiede rispondiamo: “Abbiamo una Storia io e lei”.
    Retaggio squisitamente occidentale, figlio della nostra cultura cristiana – sempre tarda è la consapevolezza per capire che tale cultura è in effetti un inconscio collettivo - l’idea di un tipo di Storia prevede che ci sia un passato, un presente e un futuro con l’accezione che tale “tempo” veda nel passato il negativo, nel presente un periodo di “costruzione” ed un futuro roseo e immortale. Ciò è quello che alberga nei nostri pensieri, qualsiasi cosa ci accada.
    La Storia a cui voglio riferirmi dopo questa breve introduzione è quella che, seconda sola alla “star” Covid”, riempie giornali e qualsiasi media informativo.
    L’Afghanistan con i suoi annessi talebani.
    Lungi dall’inoltrarmi in analisi geopolitiche troppo intricate e facilmente fuorvianti credo sia opportuno, direi necessario, evidenziare che tale tratto di Storia sia figlio del Tempo suo creatore.

    L'accordo di Doha siglato il 20/02/2020 (sono sempre attratto dalle “stranezze” dei numeri) prevedeva di porre fine al conflitto armato in Afghanistan del 2001 disponendo il totale ritiro delle forze armate statunitensi dal Paese entro il 31 agosto del 2021.
    Cosa puntualmente avvenuta.
    Un tempo inserito in un disegno. E il tempo si era aperto a settembre del 2001 e si chiudeva nel 2021.
    Fine della Storia.
    Ma se siamo ancora occidentale e figli di una cultura cristiana, al passato nefasto (le torri gemelle), al presente rappresentato dai venti anni nella terra talebana, ora ci dovrebbe attendere il futuro roseo.
    Indubbiamente sì, se i venti anni trascorsi sulle montagne impervie afghane fossero stati anni dedicati alla costruzione di un futuro.
    Mi è bastato leggere il trattato di Doha, stringato fino ad apparire un banale comunicato stampa, per capire che non potevamo aspettarci altro che tempi oscuri molto vicini al buio totale.
    L’occidente si è sempre autoproclamato capace di esportare oltre che il mercato, la democrazia e una cultura finalizzata alla valorizzazione e al rispetto dei diritti umani.
    Sulla democrazia preferisco stendere un pietosissimo velo di silenzio se non altro per la ragione che mi sembra improbabile se non impossibile che si esporti qualcosa di cui non si ha assoluta conoscenza. A meno che ci sia un’anima pia che, dati alla mano, mi dia anche una flebile prova/esempio di una democrazia occidentale degna di essere chiamata tale.
    Sulla valorizzazione e il rispetto dei diritti umani non mi pare di aver letto alcun riferimento a rinnovati diritti, in Afghanistan, ai diritti delle donne, alla possibilità di avere una conduzione di vita diversa da quella atavica e preistorica idea di libertà ben radicata nel cervello dei cultori “estremi” del Corano.
    Cosa allora abbiamo esportato di occidentale?
    Il mercato globalizzato? L’interesse per il sottosuolo di quel Paese? Una “curiosità” estrema per il mastodontico mercato di droga che alimenta quel territorio?
    Di una cosa sono perfettamente consapevole: quel tempo inserito in un disegno è terminato.
    Ora c’è da capire il nuovo percorso. Inizia una nuova Storia.
    Allontanato quel periodo roseo che ci spettava (il futuro) si ritorna al passato.
    Il mio augurio è che il nuovo “disegno” non debba, come al solito, iniziare con una tragedia planetaria.
     

  • ORA E' TEMPO DI SPIGOLE

    data: 19/07/2021 20:36

    E venne il tempo del Dicentrarchus labrax, in gergo popolare spigola o branzino che dir si voglia.
    Molto più nobile e saporito di un banale ed estemporaneo mojito bevuto sulla spiaggia al suono di una canzonetta estiva. Su questo spero si sia tutti d’accordo. Resta il fatto che momenti definiti come “decisivi” per la rottamata e rottamabile politica italiana vengono celebrati al cospetto di elementi “mangerecci e beverecci”.
    I giornalisti e/o opinionisti nostrani il gossip di turno non se lo perdono per nessuna ragione al mondo.
    Eccoli dunque il Prof. Conte e il comico nostrano dedito a frequenti svalvolamenti cerebrali seduti a gustarsi il saporito pesce e a “siglare patti”.
    Bene. Bravo. Bis.

    "Non può risolvere i problemi del Movimento, non ha la visione politica".
    "Mi sento così come se fossi circondato da tossicodipendenti che mi chiedono di poter avere la pasticca che farà credere a tutti che i problemi sono spariti e che dia l’illusione (almeno per qualche mese, forse non di più) che si è più potenti di quello che in realtà si è davvero, pensando che Conte sia la persona giusta per questo". Parole di Grillo.

    “Non posso prestarmi”, a una “operazione politica che si mischi alle vecchie ambiguità”. Parole di Conte.
    Ma basterebbe sfogliare un qualsiasi quotidiano nostrano (nessuno escluso) per elencare esternazioni dei due in singolare tenzone tra di loro.
    Eppure……la dicentrarchus labrax ha fatto il miracolo.
    E così tra un cameriere di alto bordo (governo gialloverde) restio a ripetere l’esperienza fatta in tale ruolo e il comico visionario con figlio “giocherellone” si sigla il patto di non belligeranza.
    Suppongo estiva, almeno per il momento.
    Lucheri, Cioffi, Castellone. Ferrara, Lomuti, Sentillo, Lanzi, Pivanelli, Santangelo, Pirro, Airola, Anastasi, Bottici……e così via.
    Uno, si chiederà, legittimamente “Chi sono costoro?”.
    Semplice: i veri garanti del patto siglato dinanzi alla spigola.
    Insieme ad altri, fino a raggiungere il numero cospicuo di 338 tra deputati e senatori, sono quelli che, a prescindere, per nessuna ragione staccheranno il proprio lato B dallo scranno su cui, comodamente intendono soggiornare fino a scadenza mandato.
    Certo non c’è dubbio che la situazione attuale ci veda convolti con la battaglia con le variabili estive del Covid, con i rischi di licenziamenti a catena, con i soldi da incamerare da mamma Europa, con la riforma della giustizia, con la Zan story, ma “a pranzo avvenuto” il primo sguardo attento e lungimirante son certo sia stato indirizzato ai trecentotrent’otto di cui sopra.
    E lo sguardo di questi ultimi verso i due commensali di cui si tratta.
    Non possiedo la follia dei preveggenti e come tutti non posso che affacciarmi alla finestra a vedere passare gli eventi, vari pesci se si tratta di fiumi, o cadaveri nella peggiore delle ipotesi.
    Come sempre più spesso mi ritrovo a fare, in chiusura, non ci resta che continuare a interpretate il ruolo di spettatori che, tale tipologia di società ci ha imposto come unico personaggio praticabile in questa “commedia delle parti”.



     

  • GRILLO-CONTE, SOAP OPERA
    CHE PUO' DURARE ANNI

    data: 29/06/2021 18:36

    Quando ci sono eventi da Circo Barnum non possiamo mancare. Così l’infaticabile Mentana prende al balzo la palla. Per carità libero di fare – ci mancherebbe altro – una non stop anche sulla riunione in quel di Arcore sul nascituro partito di destra (Lega Italia o Forza Lega??) e proporrei, magari a Report un appuntamento bis tra il fiorentino e la super spia in un autogrill sul raccordo Firenze-Siena.
    Perché mai non dedicare uno special ad un segretario politico in pectore divenuto tale per volontà di un garante che poi, nel giro di pochi giorni, ha riveduto e corretto tale supposta fiducia?!
    OK. Non importa. Merita la diretta TV. Ma a chi? Ad un parlamentare? Un senatore? Un Ministro? Assolutamente no. All’ex primo ministro in pectore. Ah già. Vero.
    Prestanome sì – prestanome no.
    Eppure, per oltre un anno, me lo ricordo cameriere disponibilissimo dei due giovani vice Primo Ministro. Mah. Ricorderò male.
    Statuto nuovo (sembra quello del PD… uno dei tanti ovviamente) con garante o senza. È tutto da vedere. E come finale ad effetto meglio chiedere alla base (i famosi supposti 60mila iscritti, misteriosi rappresentanti, senza delega, degli ex milioni di voti del tempo che fu).
    E dove si vota? Sulla piattaforma… ovvio. Ma quella ex Casalegno? Vedremo.
    E chi formula la domanda con triplice trabocchetto? Ri – Vedremo.
    Le notizie medico-scientifiche sul Covid circa i vaccini, le mascherine, i distanziamenti, i lockdown di prossima “generazione” anti variante indiana, mi appaiono di una lucidità senza pari, quasi inaspettata, dinanzi allo show sul segretario in pectore contrastato e in conflitto con il padre del ragazzotto che “gioca con il pisello di fuori”.

    Se fossi un cittadino della Repubblica delle Banane e mi paragonassero all’Italia di questo periodo mi offenderei.

    Comunque siamo in Estate, in un periodo post Covid estremo. Una soap opera ci voleva!!!!! Perché questa non è una telenovela. Questa può durare anni. Come una soap opera che si rispetti.
    Con innata nonchalance viviamo la nostra perenne situazione di spettatori paganti,
    Eh sì perché i protagonisti di questa ennesima puntata del Circo Barnum li paghiamo noi.
    Attendiamo fiduciosi altri colpi di scena da baraccone.
     

  • UNO SGUARDO DAL DRONE:
    COVID, ESODO E STUPRI

    data: 05/06/2021 17:46

    Ho sempre pensato che sia necessario, se non terapeutico, una tantum vedere, considerare ed infine analizzare le “cose del mondo” da un diverso punto di vista. Da un punto di osservazione che non sia il nostro quotidiano “vedere” le cose solo da un risicato e personale punto di vista che spesso offre il fianco alla più scontata delle critiche: di non saper vedere oltre la punta del proprio naso.
    Niente navicelle spaziali, state sereni. Vista da lontano la nostra Terra non potrebbe portarci se non ad una infinita contemplazione. Bellezza a livello totale. E noi nullità al suo cospetto.
    Gli antichi greci chiamavano la contemplazione theoria perché tutte le parole che avevano come inizio theo prevedevano uno sguardo ampio e totale. Perché theos è Dio.
    Accontentiamoci di un drone, allora. Una volta un certo Arthur Miller ci invitava ad avere una visione più ampia e più sociologica con “uno sguardo dal ponte”. Noi, donne e uomini più “emancipati” sostituiamo uno “sguardo dal drone”. E guardando il mondo da questo nuovo punto di osservazione possiamo magari soffermarci su due o tre temi definendoli globali.
    Il primo è ovviamente la pandemia denominata Covid 19.
    Non aggiungerò nulla di tutto quello che sappiamo, men che meno sul numero di decessi, di vaccini, di danni economici, di quelli psicologici (che ritengo nel tempo molto più devastanti di quelli legati alla nostra tasca).
    Nulla salvo meditare su questa sterzata ad U circa l’opinione prodotta, riprodotta, amplificata e distribuita in termini globali sulla provenienza “naturale” del virus che, in questi ultimi giorni sembra abbia preso altre direzioni. È bastato che il nuovo Presidente degli Stati Uniti facesse partire una inchiesta su Wuhan per “vederci chiaro” ed ecco che magicamente compaiono studi da tutte le parti del mondo in cui ipotesi di una mano umana sul virus (tesi bollate fino a pochi giorni fa come complottiste, ridicole, antiscientifiche) divenissero possibili e meritevoli di più attente analisi e studi. Dopo il periodo in cui la “torta farmaceutica” è stata più o meno equamente distribuita e mentre, come amo dire, si sta ripulendo il coltello, ecco che si pongono interrogativi. Importanti senza dubbio. Che non faranno risorgere nessuna delle vittime ma, come dicevo all’inizio, tesi ed ipotesi che ci propongono di provare a vedere oltre la punta del nostro naso.
    Un secondo sguardo dal “drone” lo merita il tema dell’emigrazione che non ho mai definito con tale termine. L’ho sempre chiamato esodo.
    Emanuel Kant affermava che l’uomo deve essere visto SEMPRE come un fine, MAI come un mezzo. Il grande filosofo sapeva bene che tale affermazione puzzava di utopia ma, come sempre i filosofi fanno, le verità espresse sono indicazioni di una strada, di un percorso da raggiungere. Del resto non poteva essere confutata tale verità essendo l’uomo, per volontà divina, al centro dell’universo nonché a somiglianza del Padre.
    Eppure, qualsivoglia individuo, specie se straniero (che è come dire “strano”) se non è elemento di produzione, di ricchezza non può certo considerarsi al centro dell’universo. Produttore si, produttore e consumatore ancora meglio. Uomo, individuo, in sé per sé, invece, pari a zero o giù di lì.
    A fronte di questa lapalissiana considerazione i risultati finali, quindi, non cambieranno. Intendo dire che è inevitabile che, avendo, nei confronti degli “strani” utilizzato per secoli la metodologia del furto (prima territoriale, poi economico) l’emigrazione/esodo è nelle cose.
    Alzeremo muri, metteremo in mare caccia torpedinieri e corazzate ma il risultato finale è segnato. Quindi con una visione dal drone appaiono ridicole le affermazioni o le scelte politiche che si soffermano alla punta del nostro naso. Sarà esodo dall’Africa nei confronti dell’Europa, sarà il Messico e i popoli del centro America ad esodare negli Stati Uniti. Parlo di queste due parti del mondo perché i predatori di cui sopra appartengono a questi due continenti in larga parte.
    Infine merita una particolare attenzione un altro tema. Quello della violenza umana che per certi versi appare come comune denominatore dei primi due temi analizzati. In questo periodo sono sulle pagine di tutti i rotocalchi – in particolare in Italia – le vicende che hanno come principali vittime – direi usuali vittime – le donne.
    Stupri a gogò verrebbe da dire. Dal caso Genovese in quel di Milano con la sua terrazza in Centro dal nome suggestivo: Sentimento (?!?) allo stupro, da verificare ancora, del giovane Grillo fino all’imprenditore farmaceutico De Fazio. Giovani donne mercificate attraverso un uso abbastanza spericolato – per usare un eufemismo – di droga. La donna immagine, la donna merce, molto figlia del mondo istagrammato, del denaro come UNICO generatore simbolico di qualsivoglia valore.
    Il più grande filosofo del novecento che identifico in Emanuele Severino soleva dire che sempre si disserta su come l’uomo abbia violentato la Natura attraverso i processi di usura di essa al grido di Sviluppo e crescita ma sempre molto poco si parla di come il Mondo (io lo chiamo Natura) abbia perso i suoi propri valori naturali, la sua giustizia naturale regalandoli definitivamente al mondo della tecnoscienza. Ecco: il cosiddetto sviluppo (che nulla ha a che vedere con il progresso).
    Mi piace definire tale involuzione come SUPER VIOLENZA
    Facciamoci caso tutti. Forse i tre temi toccati hanno questo elemento che li accomuna in un abbraccio mortale.
    Forse è opportuno far scendere il drone e vivere serenamente (!?) guardandoci la punta del naso.
    Forse è meglio per tutti.


     

  • COME E PERCHE'
    IL PRESIDENTE
    POTRA' TRASFORMARSI
    IN PRESIDIANTE

    data: 23/05/2021 18:22

    E venne il tempo. Tra poco più di otto mesi – il 31 gennaio 2022 – il nostro beneamato Presidente se ne va. O almeno dovrebbe. In una democrazia parlamentare dovrebbe funzionare così. Alla scadenza si fanno i bagagli. Ma nella nostra Patria in cui si applica una forma democratica “spuria” per usare un termine very soft, il percorso è tutt’altro che semplice.
    Veniamo ai fatti. La vicenda Covid/Recovery viaggia con sufficiente celerità. Il nostro primo ministro, scelto per risolvere questi due corposi problemi, sembra sia stata un’ottima scelta per raggiungere i traguardi previsti. I posteri ci diranno se dovremo ringraziare per tale preferenza il Presidente in carica o lo spumeggiante fiorentino amante dei wafer romagnoli.
    Compiuta l’impresa, si diceva, l’ex banchiere Draghi lo si metterebbe da parte e per lui sarebbe pronta, bella calda, la poltrona di nuovo primo cittadino italiano. I sempliciotti così affermano. E in questa tipologia antropologica accorpo sia il cittadino comune che forse ha tutti i diritti di essere “alla mano” sia i giornal(a)i sempre più sudditi dei rispettivi referenti politici e di Potere.
    L’ idea appena ricordata appare di lapalissiana chiarezza. Parlare ora di complicazioni, quasi fosse un coup de théâtre apparirebbe foraggio per imbecilli. Invece le complicazioni ci sono. Eccome!!!
    Le motivazioni sono svariate e di facile intuizione. Su tutte la consapevolezza che ogni cittadino dovrebbe avere è che il Recovery fund prevede step molto chiari e assolutamente condizionanti per il suo progressivo percorso organizzativo e realizzativo. L’attuazione di specifiche e segnalate riforme (burocrazia e giustizia su tutto) ed i tempi di realizzazione sono conditio sine qua non.
    Sappiamo tutti bene che quando la UE ci ha chiesto in tempi passati tali “cambiamenti” l’abitudine è stata di presentarci al loro cospetto con una corposa relazione sui temi accompagnata dalla italianissima dichiarazione: “Questo è quello che intendiamo fare”. Dubito fortemente che anche questa volta gli addetti al tema europei si mangino la solita pappetta senza verifiche sul campo avendo dato, nel passato, pessimi risultati in merito.
    Tutto lascia credere, quindi, che di Draghi si abbia bisogno per tempi molto più lunghi sempre se lo si consideri l’uomo della provvidenza.
    A tale prima problematica appena ricordata non si può dimenticare di aggiungere la legge costituzionale 19 ottobre 2020, n. 1 “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” che prevede la riduzione del numero dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi. Vero è che tale riduzione del numero dei parlamentari entrerà in vigore dall’inizio della prossima Legislatura ma è ugualmente chiaro che l’attuale rappresentanza parlamentare non rispecchia più, da tempo, quelle che sono le reali forze politiche nel Paese.
    Ma è anche vero e incontrovertibile che tale Legislatura è in carica e, salvo improbabili cadute del Governo, ci rimarrà fino al marzo 2023.
    Infine, giusto per rendere la cosa ancora più ingarbugliata, a luglio parte il Semestre bianco, periodo in cui, il Presidente in carica non ha più alcuna possibilità di sciogliere qualsivoglia governo.
    Come sbrogliare la matassa?
    All’italiana. Come sempre. Nella nostra democrazia “spuria”, come poc’anzi l’ho definita, da tempo vige un’usanza. Chi è al Potere anche se nel frattempo dovesse avvenire l’apocalisse cede ad elezioni anticipate SOLO quando si ha la certezza che si rivince. Il concetto del “non si va al voto perché vince l’altro” è incorporato nel DNA italiano (o forse del mondo) a cui si aggiunge – questo tipicamente italiano – la sofferenza atroce a schiodarsi dalla ricca poltrona su cui ci si può accomodare piacevolmente remunerati per cinque anni.
    Non c’è sondaggio che tenga. E per certi versi, la cosa non fa una grinza. Avendo dedicato un po’ di anni alla elaborazione di tali dati, so bene come funzionino tali ricerche di mercato, come si elaborino domande precise per ottenere risposte altrettanto “pilotate”. Non dimenticando quanto sia funesta l’influenza della maggioranza in termini di psicologia sociale. Ci si lega molto spesso agli ipotetici vincitori a prescindere, per poi salire sul loro carro comodamente.
    I sondaggi cmq non son certo voti. È questo è un dato incontrovertibile.
    Soluzione allora?
    Trasformiamo il Presidente in carica in Presidiante.
    Lo rieleggiamo per un po’, fino alla scadenza naturale della legislatura. Ci teniamo Draghi come primo ministro e uomo della Provvidenza e ad aprile 2023 i nuovi parlamentari figli della Legge Costituzionale n.1 del 19 ottobre 2020 formeranno il nuovo Governo.
    Mattarella stacca la spina, termina il suo lavoro di Presidiante (stile Napolitano per intenderci) e la baracca si rimette in moto old style.
    Semplice no?
    E l’ipotetica democrazia? Parlo di dèmos (popolo) e Kràtos (potere), del “governo del Popolo”.
    Abbi pazienza. Deve aspettare un bel po’.
    Quanta fretta!!!!!


     

  • SERVIZI, MAGISTRATURA
    E POLITICA: TUTTO E'
    SEMPRE PIU' IMBARAZZANTE

    data: 14/05/2021 19:24

    Tutto è davvero sempre più imbarazzante. Non ci si riesce a capacitare delle strane situazioni che, ormai, si accavallano giorno dopo giorno nella nostra amata Italia sempre più lontana da ogni forma e tipologia di Etica e Morale. Misteriosi termini e concetti, questi ultimi, perduti nel tempo. Non più necessari né tantomeno determinanti in un mondo globalizzato in cui tali valori vengono usati come fossero degli optional. Esattamente come un climatizzare automatico o dei vetri elettrici su un’auto. C’è chi li ha, chi no. Ma l’auto funziona.
    Così ci si trova a dover argomentare su un politico di spicco italiano (Renzi lo è sempre, al di là che possa essere simpatico o antipatico) che per una necessità di “gola” (i wafer romagnoli) si incontra in un autogrill con uno che doveva portarglieli. Tutti penseranno ad un garzone o similare di qualche azienda nelle vicinanze. Niente affatto. È nientepopodimeno che un funzionario dello Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza). Il tutto documentato da una zelante signora che attendeva che il padre risolvesse un problema gastrointestinale in una toilette nell’autogrill appena ricordato.
    In attesa, la signora “zelante” sotto tutti i punti di vista, si mette a registrare un incontro particolare tra il politico famoso ed uno strano personaggio con cui si incontra. Tutto, come si sa, finisce su Report, trasmissione di punta delle reti televisive nazionali. E così, si dà inizio alla prima grana da sbrogliare per la nuova direttrice del Dipartimento per le Informazioni e la sicurezza, la romana Elisabetta Belloni. La richiesta di accertamenti interni arriva dal Comitato parlamentare di controllo sull’intelligence, iniziativa inedita e per certi versi clamorosa poiché si chiede ai Servizi di indagare su sé stessi. Non ho nessuna difficoltà ad avallare un pensiero di un mio caro amico che prevede “una bella Fiction Rai di una trentina di episodi almeno!!”.
    Mi si chiederà “è questo ciò che ti imbarazza?”.
    Certo che no. Nel senso non solo questo. Ciò che è davvero imbarazzante è che tale vicenda, ogni tanto messa da parte dallo spumeggiante caso “Grillo by Costa Smeralda” si incastra con interviste fastidiose e sgradevoli che si alternano sulle reti nazionali sulla vicenda magistratura.
    Le ultime due ascoltate in termini di tempo sono davvero apparse disarmanti. A fronte di ciò che da tempo definisco una BOMBA ad OROLOGERIA.
    Ascoltare Davigo e Di Matteo – magistrati di spicco e sicuramente contenitori di un bel periodo della storia italiana giudiziaria – barcamenarsi sulla vicenda ultima delle “pratiche” passate di mano in mano prima che divenissero pubbliche è stato davvero sgradevole, per usare un termine soft.
    Sgradevole per almeno due motivazioni. La prima perché è apparsa evidente la difficoltà a nascondere l’ennesima guerra intestina tra magistrati focalizzata sulla persona del magistrato Ardita, reo di aver abbandonato il suo referente Davigo a favore di Di Matteo. Tant’è che quest’ultimo, nella intervista, è apparso completamente ed esclusivamente impegnato a esautorare da ogni responsabilità alcuna il giudice in questione.
    La seconda motivazione sta nel notare, per l’ennesima volta, di come gli intervistatori, nel modo in cui chiedevano, nell’uso misuratissimo delle parole, dessero l’impressione che avessero fisso in testa un pensiero - ormai consolidato in ogni italiano pensante - che mi viene di racchiudere in questa affermazione: “Meglio chiedere e domandare in modo soffuso e generalizzato. Con la Magistratura è meglio non averci a che fare”.
    Tant’è che è passato quasi in sordina un elemento a dir poco super imbarazzante, per usare ancora questo termine che fotografa meglio di qualsiasi altro la vicenda: per quale misteriosa ragione sia stato informato - in modo alquanto singolare, nella tromba delle scale di un palazzo - il Presidente della Commissione parlamentare antimafia.
    Antimafia?
    Vien davvero naturale chiedersi “E che c’entra l’antimafia?”
    Alla fine ci si chiede: “Arriverà il giorno che concederanno agli italiani di andare alle urne”?
    La speranza è che di tali imbarazzanti vicende facciano “memoria” nelle loro teste.
    Più di questo davvero non mi sento di chiedere.
     

  • STIAMO PASSANDO
    DAL "DRAMMATICO"
    AL "COMPLICATO"

    data: 11/05/2021 19:42

    C’è una strana impressione che circola nell’aria. Che quella tanto desiderata luce all’interno del tunnel, per troppo tempo simile alle luminarie natalizie fatte di accensioni e spegnimenti improvvisi, stia diventato lentamente a intermittenza ZERO.
    Insomma, senza far troppo uso di metafore, il combinato vaccinazioni-estate in arrivo–lockdown a gogò sembra volerci dare un po’ di pausa nei confronti dell’ormai familiare Covid e ci fa ben sperare che tale pausa finisca per essere definitiva.
    Nel contempo si è tutti consapevoli di quali e quanti guai, in prospettiva, ci lascerà in eredità questa dannata pandemia. E non sto affatto parlando solo di problemi economici legati a quel termine davvero sempre più ridicolo usato come un mantra negli ultimi trent’anni che va sotto il nome di “crescita”. Molto più consono e realista sarebbe stato utilizzare il termine sopravvivenza almeno per tutti quelli che hanno patito sulla propria pelle i risvolti economici conseguenti alla vicenda pandemica. Intendo invece riferirmi alle conseguenze traumatiche di carattere psicologico che lascerà in tutti noi. Primi su tutti sulle nuove generazioni.
    Per farla breve “il drammatico”, pare ci stia lasciando.
    Ora tutto si sposta su tutto ciò che diviene maledettamente “complicato”.
    Abbiamo un condottiero, pare, ed è a lui, almeno per il momento, che dobbiamo fare riferimento.
    L’elaborazione del famigerato Piano per il Recovery Fund è stato, senza dubbio, l’elemento che ha privilegiato la scelta di Mario Draghi e, come tutti sappiamo, l’italiano più noto al mondo aveva due compiti – drammatici entrambi -: il combattere senza esclusioni di colpi il Covid ed elaborare il programma finanziario di aiuti capace di far incamerare nelle casse italiane una caterva di miliardi di euro.
    Impegno gravoso, senza dubbio, ma che gli ha anche consentito di poter contare su una copertura parlamentare ampissima, decisa a supportarlo per variegate ragioni: dalla patriottica chiamata del Presidente della Repubblica (!?!?) alla necessità di essere, in un modo o in un altro, protagonisti del “drammatico” momento.
    Ora, però, incombe il tempo del “complicato”
    E la prima grande e immane complicazione sta nel fatto che il Piano di cui sopra ed i 240 o giù di lì miliardi di euro annessi impone regole strettissime legate a due elementi da sempre indigesti ai politici italioti a qualsiasi ideologia politica essi appartengano. Riforme e tempi.
    Per intenderci l’obbligo – ben diverso dal concetto di invito – di operare riforme chiare in campi prestabiliti. E di realizzare tali rivoluzioni – in Italia sarebbe davvero un sovvertimento del nostro modus vivendi - in tempi prestabiliti con tanto di scadenza finale.
    Insomma non ad libitum o “un poco alla volta” o “vediamo cosa si può fare”. Ed è improbabile che la Comunità Europea, affezionatissima all’Italia, farà alcun sconto su queste due regole.
    Le Riforme devono essere realizzate entro cinque anni, giorno più giorno meno. Altrimenti di euro sentiremo al massimo l’odore. Non altro.
    Viene spontaneo rilevare che quando in Italia si tratta il tema delle Riforme si finisce in una sorta di labirinto da cui è difficile uscirne.
    E poiché Riforma significa essenzialmente porre in atto provvedimenti capaci di realizzare rinnovamenti e adeguamenti in ordine a situazioni esistenti sul territorio, basta un solo momento di riflessione e ci viene spontaneo affermare: “Santo Dio da dove si inizia?”
    Soffermiamoci su quelle che obiettivamente appaiono come le più urgenti. Segnalate tra l’altro, in modo rigoroso ed esplicito dalla stessa Comunità Europea dispensatrice di danari.
    Riforma della Burocrazia e riforma della Giustizia.
    Due tematiche che nel nostro bel paese si aggrovigliano in modo evidente in un abbraccio malefico. Il male preponderante in tema di burocrazia è quella elefantiasi che rende tutto ciò che dovrebbe essere operativo sovraccarico di quella pedanteria improduttiva che porta, per fare degli esempi, a realizzare una infrastruttura in dieci anni invece che in un anno o un processo civile in una Odissea senza tempo con meta finale irraggiungibile.
    Ma alle complicazioni ataviche appena esposte, il Recovery Found made in Italy deve scontrarsi, come se non bastasse, con una situazione incancrenita che in questi giorni riempie le cronache e l’informazione tutta. Pur vivendo in una situazione in cui il Covid ha monopolizzato in toto la nostra ipotetica voglia di sapere ed essere informati, tale “cancrena” – parlo evidentemente del Potere della Magistratura - si è impossessata delle prime pagine essendo, oggi, a mio parere, il nemico numero uno con cui il nostro prode condottiero si appresta a confrontarsi.
    La riforma della Giustizia. Per essere ancora più chiari la riforma dei suoi apparati di Potere.
    Saprà il nostro illustre economista, accademico e banchiere, terminata la fase pandemica e inevitabilmente abbandonato da folte schiere di parlamentari, confrontarsi con tale tema?
    Verrebbe da dire, oltre che da augurarsi, di sì. Se non altro perché, come detto, i soldini europei li vedremmo con il binocolo rivoltato.
    Ma l’operazione appare alquanto complessa avendo la percezione che tale riforma possa far cadere un numero rilevantissimo di “autorevoli teste” sparse in tutti i settori economici, politici e sociali della nostra amata Italia.
    Quando si parla di forme di Governo, in generale, si fanno dei distinguo abbastanza facili da capire. Stato democratico, Stato totalitario, Stato Unitario come si ama definire la Cina specificando ulteriormente questa sua “metodologia governativa” come Stato socialista monopartitico (?!). Ma non ho riscontri di Stati giudiziari e la mia impressione è che ci stiamo impegnando a provare a disarcionare tale forma abnorme di Governo che sembra spopoli in Italia.
    La Comunità Europea si accontenterà di una riforma legata esclusivamente all’accorciamento dei tempi nelle procedure della Giustizia disinteressandosi di tutto il marcio che tiene in piedi tale apparato?
    Dubito.
    Ma se così dovesse essere, se ci lascerà la patata bollente ritenendola di esclusiva competenza nazionale, allora prepariamoci a convivere con tale “metodologia governativa”.
    Troppi scheletri negli armadi, tutti di un botto, è davvero difficile esporli in pubblico.
    Accadesse, non si tratterebbe più di apertura del Vaso di Pandora bensì di esplosione termonucleare.

     

  • CINQUANTA ANNI FA:
    QUELL'ESALTANTE J'ACCUSE
    CONTRO CALABRESI

    data: 01/05/2021 18:57

    La vicenda dei terroristi in attesa di estradizione in terra francese ha riportato in questi giorni alla mente di molti come me, militanti della sinistra extraparlamentare di quel periodo, fatti e vicende in realtà mai dimenticati e ben custoditi nella nostra memoria. Ovviamente non può non aver fatto effetto ascoltare la voce e le considerazioni di nomi oggi “importanti” come Paolo Mieli (a quei tempi militante di Potere Operaio) o Giampiero Mughini (direttore al tempo di Lotta Continua).
    Molto meno interessante potrebbe apparire la voce di chi militava e/o pensava come loro in quel tempo e che, in sostanza, si cibava dei loro articoli e delle loro affermazioni. Ma proprio per questo, invece, tali voci molto meno “note” - ma dedite ad ascoltare e leggere quelle autorevoli testimonianze - sono altrettanto degne di attenzione, se non altro per aver chiaro, poi, come tali pensieri espressi attraverso l’autorevolezza di certa informazione producessero o alimentassero un modus operandi negli anni di piombo.
    Io ero una di quelle voci comuni. Incorporato tra la massa degli studenti “nati” ideologicamente negli anni caldi del ’68, da poco fuoruscito dal Partito Comunista Italiano e prossimo militante nel giovane Partito Comunista d’Italia marxista-leninista, espressione di una nuova sinistra rivoluzionaria. Avevo perfino un “nomignolo”: mi chiamavano “Rosso antico”, non certo perché amassi il pregiato vermouth del tempo ma perché molto in linea con le idee marxiste.
    Già in quella giovanissima età, in effetti, avevo fatto mio un aforisma dello scrittore Mino Maccari (accreditato poi, nel tempo, a Ennio Flaiano): “In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti”. Avevo ben radicato nella mia mente che si stavano contrapponendo due estremismi e, pur accusando gli avversari/nemici di comportamenti totalitari e talvolta violenti, sapevo bene o meglio pensavo che non ci fosse stato per contrapporsi ad essi se non assumendo atteggiamenti simili. Gli opposti estremismi, per intenderci.
    Circolava in tutti noi l’idea che fosse necessaria una rivoluzione per poter cambiare il mondo.
    Di quel periodo - intendo proprio di quello che anticipava la tragedia di Piazza Fontana - mi rimase per tanto tempo fissa in mente la morte del giovane poliziotto milanese Antonio Annarumma nel novembre del 1969, avvenuta mentre egli prestava servizio in una manifestazione indetta dal Movimento studentesco e dall’Unione Comunisti italiani marxisti leninisti. Una manifestazione a cui mi apprestavo ad aderire.
    La notizia della bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura irruppe in casa dei miei genitori nel tardo pomeriggio del 12 dicembre seguente, attraverso una telefonata di mio fratello maggiore, da un po’ di tempo giovane diplomato trasferitosi al Nord per far carriera. Non eravamo a conoscenza in quel momento della notizia, ma dalla sua voce percepimmo che era accaduto qualcosa di fortemente drammatico nel primo pomeriggio di quel giorno nella metropoli lombarda.
    La sera poi, con i telegiornali, arrivarono le notizie, le immagini, il numero dei morti e dei feriti e, immediata, la pista degli anarchici.
    La mia famiglia aveva radici di destra. Mia madre figlia di un Commissario di Ps, mio padre uomo che aveva partecipato alla seconda guerra mondiale in Marina e nei Servizi segreti negli ultimi anni di quel tragico periodo. Anche mio fratello era di destra e sinceramente non so davvero come io fossi diventato comunista. La memoria mi dice che lo divenni per la stessa ragione per la quale decisi di prendere fede milanista nell’ambito calcistico. Mio padre e mio fratello entrambi interisti.
    Chissà.
    Pochi giorni dopo un giovane anarchico scivolò da una finestra della questura milanese. Così - ricordo come fosse oggi – le Tv nazionali motivarono la caduta mortale di Giuseppe Pinelli. Il termine usato fu “scivolò”.
    Mentre le indagini continuavano, mentre si aprivano e si chiudevano “piste” con tempi cadenzati sui possibili autori, frammiste ad altri attentati dinamitardi sparsi sul territorio italiano, circa un anno dopo tale vicenda (Piazza Fontana/Pinelli) Dario Fo metteva in scena “Morte accidentale di un anarchico”.
    I giornali scrivevano e si apprendevano i lenti sviluppi della vicenda, ma una cosa che di certo colpì davvero tutti fu la lettera aperta che il 13 giugno del 1971 apparve sul settimanale Espresso.
    Riguardava la morte di Giuseppe Pinelli e ricordo, come fosse oggi, quanto ci colpì il senso e il significato di quella lettera, di quel deciso j’accuse nei confronti del commissario Luigi Calabresi. Ricordo in particolare quanto fu “esaltante”, per l’intera galassia extraparlamentare di sinistra, leggere i nomi di chi sottoscriveva tale lettera.
    Esaltante era - per chi avesse in testa una idea, un pensiero, diciamo pure una ideologia - scoprire di avere al proprio fianco nomi come quelli di Giorgio Amendola, Giulio Carlo Argan, Franco Basaglia, Giorgio Benvenuto, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Alberto Bevilacqua, Norberto Bobbio, Liliana Cavani, Sergio Corbucci, Umberto Eco, Marisa Fabbri, Federico Feltrinelli, Dario Fo, Natalia Ginzburg, Renato Guttuso, Margherita Hack, Nanni Loy, Dacia Maraini, Alberto Moravia, Giancarlo Pajetta, P.P.Pasolini, Eugenio Scalfari, Mario Soldati e di altri oltre settecento esponenti della cultura italiana.
    La conseguenza? Quasi scontata direi. Il 14 maggio del 1972, il commissario Luigi Calabresi rimase vittima di un attentato.
    Oggi, a distanza di poco meno di mezzo secolo, a fronte della estradizione di alcuni noti terroristi rifugiati in Francia, ho dovuto assistere alla dichiarazione di ammissione di “vergogna” da parte di Paolo Mieli (giovane giornalista al tempo e anche lui firmatario della lettera ricordata).
    Non so davvero se possa bastare.
    Anche perché nella politica odierna - e temo in quella futura - nessuno abbandona ancora l’idea che le deduzioni e ancor peggio le sentenze rapide e veloci dettate esclusivamente dall’appartenenza ad uno o all’altro degli schieramenti rendono l’uomo molto più simile ad una bestia che ad un essere pensante.
    Per quanto mi riguarda, non ci misi tanto tempo a capire l’arcano ingranaggio. Le vicende a seguire (il delitto Moro, Tangentopoli, la "discesa in campo" di Berlusconi, la cosiddetta "trattativa" Stato-mafia, ecc. ecc.) non mi hanno trovato impreparato.

    Ma non è stato un gran bel vivere... 

  • MANI PULITE, PALAMARA...
    MA DOV'E' LA VERITA'
    SUL COSIDDETTO "SISTEMA"?

    data: 29/04/2021 16:20

    Alethèia ed episteme. Aλεθία e Επιστήμη. Meglio scriverlo nella loro lingua originale: il greco antico. VERITA’ E CAPACITA’ DI SOSTENERLA con argomentazioni che non danno adito a dubbi.
    Alethèia è il disvelare, il rendere visibile a tutti la VERITA’. Ma essa è verità SOLO se è capace di reggersi da sola, episteme quindi, senza che qualcuno – siano rètori o sofisti (leggi anche politici, opinionisti, spin doctor, influencer) - finisca per trasformarla o modificarla attraverso autentici attacchi alle nostre emozioni e sentimenti oltre alla nostra mente ormai incartapecorita dal vivere virtuale, che ci rende incapaci di pensare, di ragionare, di riflettere.
    Alethèia ed epistème. Verità assoluta allora? Certo che no. Sarà sostituita da chi, nel tempo e con motivazioni ancora più precise e puntuali, ci offrirà una verità ancora più disvelata. Così ci insegnarono i saggi greci.
    IL FATTO. Correva l’anno 1992 e l’Italia tutta fu scossa da un autentico terremoto. E tangentopoli o Mani pulite, come preferite definirlo, fu vicenda che sembrò ripulire in modo definitivo un modus operandi, di fatto, conosciuto da tutti. Voti di scambio, tangenti, corruzioni, concussioni. Ciò che colpì non fu “il sapere ciò che sapevamo da sempre” ma il fatto che tale “andazzo” fosse disvelato pubblicamente e offerto al pubblico ludibrio attraverso la stampa, la televisione ed ogni mezzo di comunicazione.
    Si decise di far piazza pulita. Gente in fuga all’estero, gente dietro le sbarre, suicidi eccellenti. Non si fece alcun tipo di economia. Perfino le monetine lanciate all’onnipotente primo ministro. I fatti, i documenti, le testimonianze, le sentenze ci offrirono un intero quadro di delinquenti appartenenti a tutte le schiere politiche parlamentari. Salvo i due estremi. Da una parte il Pds di Achille Occhetto e dall’altra la Destra Nazionale di Gianfranco Fini. Salvo loro, tutti ladri. Questo fu, di fatto, il responso finale. Questa la Verità finale.
    Disvelamento, quindi e capacità di far apparire tale verità offerta alla luce del sole, come verità incontrovertibile.

    Verità assoluta allora? Certo che no. Sarà sostituita da chi, nel tempo e con motivazioni ancora più precise e puntuali, ci offrirà una verità ancora più disvelata. Ripeto, volutamente e non casualmente ciò che poc’anzi ho scritto.

    Corre l’anno 2021 e l’Italia è scossa da un autentico terremoto. È il “caso Palamara” o Magistratura sporca come preferite definire la vicenda e sembra che si voglia ripulire in modo definitivo un modus operandi, di fatto, conosciuto da tutti. Anche qui non è assolutamente casuale che abbia usato gli stessi termini di poco fa salvo cambiare il titolo alla nuova vicenda. Stimolo per tutti, iniziando da me, a rimettere in moto il cogito di cartesiana memoria.

    Ma di inchieste decise a far luce, eventuali processi, una puntuale e attenta informazione pubblica manco l’ombra. Per carità non si chiedono suicidi, nemmeno lancio di monetine in pieno centro metropolitano. Non riesco assolutamente a prendere in considerazione termini importanti e di valore assoluto come ALETHEIA e EPISTEME.
    I conti non tornano.
    Tutto falso.
    Mandiamo dietro le sbarre, allora, il magistrato pentito post intercettazioni e non se ne parli più. Inondiamolo di querele, denunce per diffamazione questo bugiardo patentato. Lui e il giornalista che ha reso pubbliche queste fandonie. Anzi, chiediamo la chiusura immediata della Rizzoli che ha imprudentemente dato il suo decisivo supporto affinché la vicenda diventasse pubblica.
    A meno che…..questa volta il Sistema, come lo chiama Palamara o come lo chiamavano, a quei tempi Craxi, Forlani, Altissimo, La Malfa, Bossi e company è ben più solido di quanto si creda.
    E allora se così fosse, tanti saluti all’alethèia, all’epistème, alla saggezza della Grecia antica e festeggiamo un modus vivendi in cui, probabilmente, ci piace sguazzare.
     

  • MA ESPLODERA' E QUANDO
    LA BOMBA-PALAMARA?

    data: 23/04/2021 17:19

    “Ma questo benedetto Vaso di Pandora avrà un fondo?”. Stimolato costantemente da una miccia senza tempo che è il periodo pandemico, assistiamo un giorno sì e l’altro pure all’uscita di novità a dir poco “effervescenti”.
    Dopo l’esternazione – chiamiamola col giusto termine: delirio psicopatologico – del Grillo nazionale cosa ci riserverà il futuro? Son certo che ce ne saranno ancora di novità, a bizzeffe. Da seguire con attenzione. Ma credo meriti davvero PARTICOLARE attenzione una vicenda che stenta ad esplodere. Vero sì che, in Italia, notoriamente le bombe hanno tutte l’orologeria – la Storia italica lo testimonia ampiamente - ma davvero non riesco a capire o a voler capire perché si debba attendere tanto. Forse è solo questione di Timer.
    Disveliamo l’apparente arcano.
    Vi ricordate la spumeggiante intervista all’ex Presidente della Repubblica Cossiga con il super magistrato Palombara in studio televisivo? Correva il 2008. Anche se non più primo cittadino della Repubblica, il “picconatore” sedeva al Senato e come sempre mai lontano da quello che definiva il suo hobby preferito: le “cose” riguardanti l’intelligence italiana e straniera.
    “Ha la faccia come il tonno da cui prende nome”, “Io le persone le riconosco dalla faccia” e infine: “A capo dell’associazione nazionale dei magistrati che altro non è che una cupola di stampo mafioso”, tuonava il belligerante Cossiga.
    Gran parte dell’informazione, già in quel periodo vittima di una malcelata cogito/depressione, licenziò in tempi abbastanza brevi la vicenda con una momentanea “pestata di piedi” da parte del giovane magistrato nei confronti del vulcanico ex Presidente.
    La Storia ora ci dice che da quel periodo appena ricordato di situazioni “anomale” ce ne sono state. In quantità industriale. In attesa che il fiume di magistrati invischiati in quel luridume offerto al pubblico ludibrio dal libro di Palamara smentiscano, mi fido del trio Sallusti/Palamara/Rizzoli. Non mi sembra ci siano altre alternative.
    Una bomba che stenta ad esplodere e si fa un evidente errore di interpretazione pensare che tale pubblicazione sia la vera deflagrazione finale.
    Altrimenti non si riuscirebbe a capire per quale misteriosa ragione non si riesca a mettere in piedi una Commissione di Indagine parlamentare su tale vicenda. A detta dei giornali e dei mezzi di informazione tale Commissione non prenderebbe il volo per un’alzata di scudi parlamentare da parte dell’intero PD e del Movimento Cinque Stelle. Tutto il rimanente quadro politico, sembra (uso tale verbo perché notoriamente non mi fido dei giornal(a)i) abbia fatto richiesta per l’istituzione di tale Commissione.
    Attendono i tempi giusti? Stanno verificando il timer?
    Mi vien da pensare ad una breve considerazione fatta pubblicamente dallo storico Paolo Mieli pochi giorni dopo la nomina di Draghi a Primo Ministro, ovviamente passata come semplice e banale affermazione all’interno di una dei tanti talk show italiani (per carità non li si etichetti come spazi di approfondimento). Il giornalista con il suo solito aplomb raffinato ebbe a dire: “Consiglierei al Presidente Draghi di lasciar perdere, almeno per il momento, eventuali riforme nel campo della Giustizia”. Per ora preoccupiamoci dei vaccini.
    Ottimo paravento non c’è che dire. Fiduciosi attendiamo.
     

  • IL POTERE DELLE PAROLE

    data: 19/03/2021 12:53

    “Zoon logon echon” così definiva Aristotele l’essere umano. Perché unico, diverso da ogni altra creatura che popola la Terra in quanto dotato della Parola.
    E aggiungeva, poi, che egli era anche “politikon” cioè un animale fatto per stare insieme agli altri e con gli altri risolvere i problemi che inevitabilmente facevano capolino nell’agorà.
    Frittata bella e pronta per l’uso!!!!
    Non vi è dubbio che anche prima dell’avvento del virtuale e dei suoi mezzi tecnologici questa proprietà dell’uomo – la Parola – fosse in avanzato depauperamento pur essendo consapevoli dell’enorme bellezza che infonde un ragionamento prodigo di termini appropriati e di come sia impossibile formarli e realizzarli senza avere un vocabolario congruo e soddisfacente.
    Questo è un dato, oggi, che rasenta la verità assoluta se non altro perché suffragato da ricerche e studi inconfutabili.
    Twitter, messaggini vari, limite del numero di termini usati (scambiati come saggia sintesi) usati sui mezzi di comunicazione delimitano il pensiero. Aggiungeteci la cultura da Internet (Wikipedia e affini) e la frittata di cui sopra è pronta per essere ingurgitata.
    La parola, allora, perde il suo Potere?
    Niente affatto!!!! Esprime, invece, una potenza intrinseca senza pari, permette, inoltre, la possibilità di etichettare il nemico – una volta si chiamava avversario – in tipologie avverse, talvolta perfino in “sette”, qualificandoli come negazionisti, complottisti, fascisti, comunisti, nazionalisti, sovranisti, ecc. specie quando ci si infila nell’agone politico.
    La lotta si fa dura.
    L’opinione, così impoverita di elementi specifici come l’uso corretto della parola e del pensiero che di essa è frutto, finisce per divenire un’arma finalizzata esclusivamente a sotterrare l’opinione altrui.
    Così in modo facile e quasi scontato nascono quei personaggi “estremi” di cui, oggi, il mondo dei media è sovrappopolato.
    Tipi come, giusto per fare un esempio esaustivo, la Selvaggia Lucarelli a cui, ovviamente, non sono dedicate queste considerazioni, non avendo certo tempo da perdere.
    Facciamo invece un esempio al passo con i nostri tempi, anzi con i minuti che, in questo momento, accompagnano il mio scritto.
    AstraZeneca sì – AstraZeneca no. This is the problem.
    Cosa si nasconde sotto questa vicenda?
    Scelta medico scientifica o politica?
    Maxi interessi dei Big Pharma o oggettivi dubbi scientifici sulla pericolosità del vaccino?
    Non dimenticando mai cosa sia una “verità” scientifica che mai rappresenta assolutezza ma SOLO ed ESCLUSIVAMENTE risposte ESATTE (ex atto) a precise ipotesi di sperimentazione che, poi verificate sul campo, ci danno risposte esatte o inesatte, ci siamo dimenticati assolutamente (oppure volutamente) di chi, poi, è il destinatario di tali interrogativi.
    Per intenderci l’Umanità. La nostra Umanità – parlo esclusivamente di quella occidentale capitalista e iperconsumistica mentre dei poveri e dei “sottosviluppati” come amiamo definirli non ci frega una mazza – che, alla paura che ormai ci accompagna da decenni nel campo economico e che si esplicita con la perdita del lavoro, la disoccupazione galoppante, ha dovuto aggiungere una emozione/effetto molto più devastante che è l’angoscia, il non riuscire cioè a difendersi da qualcosa di indefinibile. Nel nostro caso Il virus che mette fine alla nostra presenza terrena.
    Paura e angoscia quindi.
    Ecco, come non mai, che il Potere della parola diviene ancor più determinante e se non usato con dovizia devastante.
    Quella Parola che, in situazioni così estreme, avrebbe dovuto avere una specificità ed una qualità ALTA viene a mancare. Anzi assume un Potere capace di delimitare chi non pensa in modo “conformista”.
    Proviamo allora ad essere anti conformisti cercando di non sentire, poi, chi ci etichetterà, inevitabilmente come complottisti. Se non peggio. Proviamo ad ipotizzare che tutto ciò che ci accade sia un autentico piano elaborato “a tavolino” con studio scientifico delle eventuali conseguenze.
    Un Piano, del resto, prevede un fine da raggiungere. O no?
    Crisi economica atavica, impossibilità obiettiva ed oggettiva di crescere, numero esorbitante di individui che popolano la Terra, territorio in cui soggiorniamo, che, dati alla mano, da essere elemento produttore di materie prime da usare per le nostre galoppanti necessità consumistiche, è diventata ormai Terra usurata.
    Visto da questo punto di vista credo non sia interessante nemmeno chiedersi se il virus sia stato costruito in laboratorio o sia una trasformazione naturale.
    Molto più interessante è soffermarci su una Umanità – mi riferisco sempre al nostro Occidente – covidizzata. Una nuova tipologia umana. I covidizzati. Un nuovo elemento di analisi che si propone ai nostri occhi come fatto oggettivo, evidente, calcolabile.
    Come porsi di fronte a questo dato di fatto? Come usare questa occasione (casuale o non) per cambiare il mondo?
    Una diminuzione della popolazione, una nuova metodologia di lavoro molto ma molto più tecnicizzata, virtualizzata, computerizzata che ci veda definitivamente come lavoratori “in casa” h.24, senza necessità di spostamenti, più efficiente, più performante e infine molto ma molto meno “costosa” per usare un termine semplice e facile acquisibile da tutti.
    So bene che, inevitabilmente, le mie ipotesi stanno scatenando, nell’immediatezza, un effetto frutto senz’altro dell’uso della Parola, il Potere delle parole che finiranno per etichettare queste mie supposizioni come pensieri di un golpista.
    Il fine di tali considerazioni appena esposte non era e non è quello di offrirvi delle ipotesi/altre, credetemi, bensì quello di esplicitare come il Potere delle parole, specie in situazioni limite come quella che viviamo in questo momento possano essere devastanti.
    Consiglio finale.
    Tenete alto il “cogito ergo sum”.
    Anche se io preferisco di gran lunga l’agostiniano “dubito ergo sum”.

     

  • LA MALATTIA DI CORONA
    FRA DENARO E NARCISISMO
    E GLI ALTRI? E NOI?

    data: 15/03/2021 13:21

    Pur non essendo il mio “tipo” seguo Fabrizio Corona sin dal 2005 quando esplose la vicenda legata a Lapo Elkann e al suo ricovero in gravi condizioni causa una overdose di oppiacei dopo una notte “transessuale”. In contemporanea, la comparsa, quella volta in modo eclatante, di Corona come estorsore nei confronti del ragazzotto di casa Fiat per presunte foto scattate in quella notte e poi offerte a pagamento.
    Non voglio certo parlare di questa vicenda, col rischio, tra l’altro, di finire in ricordi non molto precisi non essendo un amante dei gossip a qualsiasi categoria essi appartengano. In quel periodo mi colpì essenzialmente il fatto che un personaggio dello spessore economico e di immagine come Elkann, fondatore e maggior azionista di Italian Independent Group, di Garage Italia Customs, della Fondazione Libera Accademia Progetti Sperimentali (LAPS) e via dicendo, sperperasse il suo tempo in sperimentazioni sessual/stupefacenti. L’ interesse di carattere esclusivamente sociologico inteso a capire il personaggio mi portò così ad imbattermi in Fabrizio Corona in modo forte e deciso.
    È di queste ore il ritorno del fotografo nelle patrie galere con un arresto da prima pagina. Spettacolare nonché drammatico. È di lui che intendo dissertare.
    Ma ho ritenuto necessario “agganciare” i due personaggi in quanto, a mio parere, prototipi di questo nostro periodo storico. Meglio forse chiamarla epoca.
    Cosa li lega? Entrambi hanno un idolo riconosciuto. Il generatore simbolico e assoluto di tutti i Valori. Il denaro.
    Ieri in una trasmissione il cui conduttore si definisce “giornalista di strada”, per certi versi accusato di aver aggravato la situazione del Corona avendolo invitato nel suo spazio televisivo più volte, si ipotizzavano varie motivazioni circa la vicenda da poche ore conclusasi con il ritorno dietro le sbarre del personaggio in questione.
    È malato? Depressione? Nevrosi? Adolescenza segnata da traumi? Fino ad un non molto chiaro “narcisismo patologico”.
    Qui è necessaria una premessa. Non ho mai avuto nessun tipo di simpatia nei confronti degli psichiatri e della loro supposta scienza. Non è certo causata da uno scontro tra categorie la mia idiosincrasia nei loro confronti. Nessuno vieta collaborazione tra antropologia e psichiatria. Ci mancherebbe.
    Ma rimango stretto nella mia convinzione che quello che ai primordi si definiva “morbus sine materia” (una “scienza” che non aveva nessuna possibilità di verifica sull’organismo in termini squisitamente scientifici) sia rimasta “al palo”. Oggettivizzare malattie o sintomi squisitamente soggettivi come una depressione, per fare un esempio eclatante, è davvero un nonsense. Ben altra cosa sono le neuroscienze che, con grande fatica, cercano una strada scientifica per analizzare le malattie della mente mettendo da parte Es, Super Io ed Io.
    La mia depressione, per intenderci, non sarà mai la depressione di un altro individuo. Tale patologia che talvolta può portare perfino a gesti inconsulti e definitivi non mi sembra paragonabile ad un diabete o ad una ipertensione.
    “Mi si accusa o si ha invidia nei miei confronti per il solo fatto di saper fare il mio mestiere in modo perfetto. Ed il mio mestiere è dare alla gente ciò che essa desidera”. Queste furono e sono tuttora le affermazioni ripetute da Corona nei tribunali in cui si giudicavano i suoi misfatti.
    Allora troviamola questa malattia che in periodi diversi e sempre più spesso colpisce grosse fette di umanità si chiamino Elkann, Genovese, Corona o semplicemente Pinco Pallino.
    Elkann, Genovese, Corona solo per fare tre nomi. Prototipi. Semplicemente prototipi. Figli del nostro Tempo. Quello della trasparenza, del mettere tutto in piazza, della necessità di mostrarsi agli occhi di tutti pena la non esistenza o l’amplificarsi di quella solitudine esistenziale sempre più malcelata dai mezzi virtuali che ci fanno apparire invece vivi e vegeti.
    Vivi e vegeti. Ma solo virtualmente.
    Una trasparenza che assume sempre più in modo evidente i caratteri di un vivere “pornografico” come sapientemente lo definisce il filosofo dei media Bjung Chul Han.
    Al termine della trasmissione, in questo affannarsi nel dare una risposta ai svariati “perché” legati alle forme comportamentali di un giovane uomo di buona famiglia, mi veniva in mente ripetutamente un termine: INEVITABILE.
    Tutta colpa di quel generatore simbolico di tutti i valori che si chiama DENARO.
    Figlio del nostro tempo, quindi.
    E se dovesse, invece, prender piede l’idea di una supposta malattia della mente definita narcisismo patologico e/o borderline, allora, aprite tutte le celle e uno alla volta “depositiamoci” dietro le sbarre. Sarò il primo ad attraversarle in modo consapevole.
    La Terra – intendo quella di Occidente – si spopolerà.

     

  • ZINGARETTI, OVVERO
    DELLA PROPENSIONE
    AL SUICIDIO

    data: 07/03/2021 20:00

    Sia ben chiaro che non sono colpito dalle dimissioni di Zingaretti. Sulla naturale predisposizione al suicidio – diciamo pure che è nel suo DNA – del PDS-DS-PD sono stati scritti fiumi di parole, trattati enciclopedici. Colpito e affondato, invece, dal modo in cui tale decisione è stata resa pubblica.
    Il suo “Me ne vado perché mi vergogno del mio Partito” a mia memoria, non riscontra situazioni similari nei tempi passati. Il segretario ha, così, lasciato una “stupenda” eredità a chi lo seguirà tenuto conto che la mia reazione e chissà di quanti è stata di dirmi: “…A chi lo dici!!!!”.
    Sapere che poco meno di due anni fa il “vice Commissario Montalbano” (è il più piccolo dei fratelli) fosse stato eletto con 653 su 1000 delegati porta a chiedersi di quanta parte di essi, oggi, si debba vergognare. Io penso di tanti…forse troppi.
    Se il buon Bersani con poco più del 53% dei delegati fu capace di resistere dal 2009 al 2013 basterebbe solo questo dato per definire la vicenda di Zingaretti un autentico “caso”. In verità si potrebbe licenziare tale analisi affermando che tra Bersani e Zingaretti ci sia un autentico oceano che li divide. Per capacità politiche, per preparazione intellettuale. Perfino per capacità comunicativa. E sappiamo tutti che Pierluigi non era certo un fulmine di guerra.
    Allora? Come sbrogliamo la matassa?
    Il saudita Renzi era presente sin dai tempi di Bersani. Forse ancor più aggressivo.
    E catalizzare ogni forma di spiegazione prendendo il fiorentino e le sue segrete schiere cammellate ancor vive e vegete nel Partito è analisi debole.
    Ci deve essere dell’altro.
    Perché invece non parlare di questa “fissa” ormai incancrenita nella mente della sinistra di essere a tutti i costi, prima di ogni cosa “anti”?
    Dall’anti berlusconismo con la scelta, poi, di Prodi come condottiero, all’anti salvinismo scegliendo come guida e comandante Conte.
    Ecco. Io proverei a fermarmi su questo nominativo: Conte.
    La domanda che da lungo tempo mi sono fatto (son certo che un numero impressionante di gente come me, di una certa sinistra si sia posta) è la seguente: “Può un partito storico come il PD che dovrebbe incarnare una visione progressista del fare politica, uniformarsi sul nome di una persona che non molto tempo prima aveva rappresentato un Governo gialloverde proponendosi agli italiani come una sorta di “cameriere” al servizio dei due giovani rampanti Di Maio e Salvini?
    Nulla quaestio ipotizzare che il professore foggiano sia una personalità di spiccata chiaroveggenza, capace di prevedere l’ubriacatura da spiaggia del leghista e di programmare una sua salita, questa volta non certo da cameriere ma da assoluto protagonista nel panorama politico italiano.
    Lasciatemi rimanere in un ampio dubbio su tali “naturali” capacità dell’Avvocato del popolo.
    Temo che tale dubbio il dimissionario Zingaretti non se lo sia posto affatto.
    Allora non resta che pensare che sia semplicemente uno sciocco. Oppure ancora più semplicemente un piddiessino, diessino, piddino con la propensione al suicidio.
    Anche perché pensare che un Governo Draghi possa partorire una politica progressista è davvero, a mio parere, dichiararsi fuori di testa.
    Auguri allora alla Meloni e a Salvini e a tutta la destra, che come spesso accade, sorride e ringrazia.


     

  • IL CONFORMISMO
    E IL DINIEGO: QUESTI SONO
    I NUOVI VIZI, ALTRO CHE
    LUSSURIA, ACCIDIA...-

    data: 25/02/2021 17:24

    Nel 2003 Umberto Galimberti, in uno dei suoi illuminati saggi dal titolo “I vizi capitali ed i nuovi vizi”, parla di come i ben noti vizi di stampo individualista, conosciuti in special modo dal mondo cristiano come capitali, finiscano nell’epoca attuale per divenire vizi sistemici capaci di coinvolgere l’intera umanità. Nel nostro mondo, dice Galimberti, quello in cui alberghiamo, non sono più rappresentati i tradizionali vizi capitali (lussuria, accidia, ira, ecc.ecc.) ma nuovi vizi.
    Guardando e analizzando ciò che giornalmente ci accade, mettendo a fuoco il nostro attuale modo di pensare credo sia utile soffermarsi con massima attenzione su due di tali nuovi vizi.

    Il CONFORMISMO

    Il vivere secondo le regole canoniche della massa prestando il fianco a quella che in psicologia sociale si identifica come influenza della maggioranza. Il modo del “SI” come lo definisce Heidegger. SI vive come tutti gli altri, SI mangia come mangiano tutti gli altri, ci SI veste come si vestono tutti gli altri, SI pensa come pensano tutti gli altri. E tutti sappiamo che un modo uniforme di pensare è la perfetta anticamera di ogni forma di dittatura. Senza scomodare Hitler, Mussolini e Stalin.
    Nasce quello che da sempre definisco comportamento fascista. Parlo di comportamento e lo voglio sottolineare e non di forme ideologiche.
    Senza necessariamente esautorare ognuno di noi da tale responsabilità, certamente le più grandi colpe sono da addebitare ai Media. L’informazione e la conseguente comunicazione fomentano la naturale predisposizione dell’essere umano a definirsi, sempre e comunque, diverso dall’altro e/o migliore dell’altro.
    La notizia, elemento essenziale dell’informazione, stimolata dall’attualità del fatto comunicato, non ha memoria. Questo è l’elemento più grave. Nessuno sguardo verso il passato, ciò che è accaduto nell’immediato passato appare sconosciuto
    Entro nel particolare facendo due chiari esempi.
    - Il caso Palamara a proposito del Sistema messo in piedi dai massimi esponenti della Magistratura per decidere, talvolta, persino il destino di un intero Paese.
    - il caso Genovese, in quel di Milano, dove si sono consumati uno o più stupri ai danni di giovani donne con uso di droghe finalizzate a tale scopo.
    Tutti o quasi tutti sapevano. O come minimo lo intuivano. Come? Magari leggendo i giornali e soffermandosi su strani processi giudiziari, sentenze amorfe per usare un eufemismo nel caso Palamara. O semplicemente notando uno strano movimento nei paraggi del superattico milanese a due passi dal Duomo con giovani ed avvenenti ragazze, magari spesso notate, anche dalla finestra della propria abitazione, all’alba uscire un po’ insicure sulle gambe, nel caso Genovese.
    Magari tutti noi ne abbiamo parlato, al bar, tra amici, tutti carichi di sospetti di domande senza risposte. Tutti “percepivano” ma nessuno ne parlava. Finché la notizia è stata “rappresentata” da un fatto.
    Allora, solo allora, tutto è venuto alla luce e il conformismo ha trionfato. “Lo avevo sospettato, avevo dei dubbi”. “Lo dicevo io”. O che si tratti del processo al Cavaliere o che si sia sbirciato dalla finestra di casa propria.

    IL DINIEGO

    Ma ancor peggio del conformismo, a mio parere, è il DINIEGO. Altro nuovo vizio.
    C’è un saggio davvero stupendo, da leggere con assoluta attenzione dal titolo: “Stati di negazione" (2002) di Stanley Cohen, docente di negazionismo all’Università di Oxford, deceduto pochi anni fa. Il sociologo sudafricano spiega in modo perfetto come il linguaggio si preoccupi di negare la realtà, tutte le volte che gli è possibile, per farla apparire meno tragica di quella che è. E Cohen individua nella Politica la “maestra” assoluta di tale forma di comportamento.
    Sorretti da una ipocrisia imponente, finiamo per definire una guerra come una missione di pace, un massacro come un danno collaterale, una deportazione come un trasferimento di popolazione, una tortura come una pressione fisica... Autentiche storture del pensiero.
    Il diniego della realtà che si appropria perfino della nostra vita privata, quando pensiamo alla droga, all’alcool, alla violenza sulle donne. Abbiamo figli che si riempiono di droga, ci vivono accanto in casa e facciamo finta di non vedere e non capire; donne giornalmente violentate psicologicamente e fisicamente dal proprio coniuge che si rifugiano talvolta nella rappresentazione di un amore folle da parte del partner negando l’evidenza. Fino all’atto finale omicida dove compare puntuale il conformismo, di cui ho parlato nella prima parte del testo.

    Mi chiedo ripetutamente come si possano frenare tali storture di dimensioni globali. E mi viene sempre in mente il termine PENSIERO. Siamo ancora capaci di pensare? Abbiamo ancora dimestichezza con le parole? Non voglio mettere sotto accusa il mondo virtuale, il distaccamento sociale via schermo/internet (questo è il vero distaccamento sociale e invito tutti a definire distaccamento virale quello che ci è stato imposto dal Covid).
    Gli striminziti twitter, l’uso smisurato dell’immagine al posto dei pensieri e delle parole, che abbandonano l’etica per privilegiare l’estetica sono danni irreparabili.
    Il Pensiero e le parole capaci di esprimerlo. A questo penso.
    Ricerche e studi dicono che alla fine degli anni ’80 un giovane ginnasiale italiano aveva una capacità di oltre 1500 termini. Nel 2000 di meno di 600 parole. Non oso pensare alla situazione attuale.
    Forse l’unica arma che ci rimane è quella di riappropriarsi del pensiero e delle conseguenti parole da utilizzare.
    Ma ne siamo ancora idonei?


     

  • L'AVVOCATO, IL BANCHIERE
    MA QUANDO SARA' IL TEMPO
    DEL POLITICO D'ITALIA?

    data: 19/02/2021 20:03

    E venne il tempo del Banchiere d’Italia a sostituire l’Avvocato d’Italia. Avvicendamento naturale, del resto. A sostituire un operatore della Giustizia avrei preferito, in verità, un Medico d’Italia vista la situazione pandemica. Anche un Medico metaforico, visto lo sconquasso socio-politico-ambientalistico-strutturale-burocratico, ecc.ecc. Ma sembra che il meglio che siamo capaci di esprimere sia nell’ambito della Finanza e quindi via libera a Super Mario come amano definirlo. Volendo guardare in faccia la realtà e considerando il Covid19 un incidente di percorso – ringraziamo il buon Dio che tali flagelli non capitino spesso – era del tutto naturale che il posto reso vacante fosse preso da un operatore del dio sovrano che ormai da oltre un secolo domina incontrastato il globo terrestre. Il danaro e l’economia che hanno sostituito da tempo la politica hanno il loro legittimo rappresentante.
    Non nascondo il malessere che mi assale puntualmente quando sento nominare come fosse un orologio svizzero quella parola/concetto mantra che suona come “crescita”. Se i dati che ci vengono forniti sono veri e seri, se il PNUD (Piano delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) ci informa che circa l’80% delle risorse delle Terra sono appannaggio dei popoli dell’occidente (Europa e America del nord), intendo dire meno di un miliardo di individui rispetto ai 7,7 globali, mi chiedo cosa significhi crescere.
    Sappiamo bene tutti che tale “prospettiva augurale” non è dedicata ai Paesi sottosviluppati. Intendo dire, in modo crudo, che tale mantra non riguarda certamente le centinaia di migliaia di uomini e donne che percorrono le rotte balcaniche o chi attraversa il mare con l’unico scopo di sopravvivere.
    “Homo sine pecunia est imago mortis” dicevano i latini. Hegel invece li etichettava come polvere dell’umanità.
    Così, pur vessati dalla tragedia pandemica e da tali esodi biblici, tutto ruota ora (e in eterno) attorno al problema economico terreno in cui sguazza alla grande il denaro.
    Nessuno è migliore del Banchiere d’Italia. Non ci piove.
    E tale scelta è certificata da una sorta di tsunami ideologico e di pensiero che ha letteralmente aggredito i cervelli in neuro necrosi avanzata dei politici nostrani.
    C’è davvero l’imbarazzo della scelta. Da chi ha provato a salvaguardare un minimo di coerenza dubitando di tale scelta guardato ora con disprezzo, a chi, magicamente, ha cambiato idea in modo radicale prostrandosi genuflesso ai piedi del nuovo salvatore della patria.
    Non a risultati ottenuti, badate bene, Ma al solo apparire del nuovo messia.
    Benvenuto, allora, al Banchiere d’Italia a cui, davvero, auguro tutto il bene possibile e una fortuna al di là di ogni limite.
    Mi resta solo una domanda finale.
    Quando sarà il tempo del Politico d’Italia?
     

  • PERCHE' LE "RIVELAZIONI
    DI PALAMARA
    CI FANNO SENTIRE
    IMBROGLIATI E OFFESI

    data: 02/02/2021 19:11

    Come si temeva e come in realtà speravo, l’impegno è stato mantenuto. Il giudice Palamara ha “vuotato il sacco”. Altro che governi gialloverdi, giallorosa, gialloblu, rossoneri o neroazzurri!!! Una montagna di fango è venuta giù. Sul groppone di tutti gli italiani.
    La nomenclatura della magistratura italiana, quella che conta, quella che decideva e sicuramente decide il futuro di carriere altisonanti, quella che talvolta e oramai fin troppo spesso segna la vita di alcuni cittadini, ora è esposta al pubblico ludibrio. Davvero meritatissimo.
    Così milioni di persone (tra le quali il sottoscritto) che per mera necessità ideologica e personale festeggiava, insieme agli antiberlusconiani, per le sentenze espresse da questi malavitosi coperti da “altoparlanti” collusi (i giornalai), dopo ciò che ha scritto il beneamato presidente dell’AMN, amplificato in queste ultime ore sulle reti televisive, sono costrette ad avere seria difficoltà a guardarsi serenamente dinanzi allo specchio.
    Perché colpevoli? Non certamente. Ma imbecilli sicuramente. Questo è almeno ciò che mi accade. Questo spero, ma sono molto pessimista, accada a tutti quelli che come me si sentono imbrogliati e offesi intellettualmente.
    Devo ammettere, col senno di poi e per amore della verità che la puzza di bruciato la incominciai a sentire nell’immediato post tangentopoli. Mi pareva un tanfo ma ero già abituato, dopo la perdita di Berlinguer, a votare sinistra “tappandomi il naso”.
    Ora invece si tratta di incendio con tanto di rovine. Un sistema coadiuvato perfino dal Colle silenzioso e accomodante che ha pervaso la storia politica del nostro Paese per anni.
    E per uno come me che non ha mai avuto una simpatia per il Cavaliere di Arcore è davvero pura sofferenza fare il mea culpa. Necessario. Comunque.
    Ora è davvero difficile non avere almeno il sospetto che tale cancro non sia ancora in piedi.
    Palomara bugiardo, dirà qualcuno restio all’autocritica? Non ho notizie, al momento, di vagonate di querele, visto il numero esorbitante di nomi e cognomi nel suo libro. Per dirla tutta, anzi, mi meraviglio sia ancora “sano”. Lo spessore della casa editrice, infine, rappresenta una valida certificazione di realtà documentaria.
    Per quanto mi riguarda, oltre a sentirmi offeso, mi pervade una sensazione di impotenza. Ma anche un timore ben motivato, abituato come sono a bazzicare questo putridume politico. Temo ci sarà una caterva di italioti che si nasconderà dietro la trita e ritrita affermazione che suona così “la classica bomba ad orologeria”.
     

  • FORSE D'ORA IN POI
    a.C. e d.C. SIGNIFICHERANNO
    AVANTI COVID E DOPO COVID

    data: 29/01/2021 09:43

    Pochi giorni fa mi sono impattato con una ricerca realizzata dalla prestigiosa rivista scientifica inglese Lancet. Tema sotto analisi, inevitabilmente, la pandemia Covid19 e ciò a fronte dei risultati ottenuti da uno studio che faceva riferimento alla quarantena messa in atto in varie zone della Cina a seguito dell’epidemia da SARS nel 2003.
    In questo studio, però, non si analizzano numeri di decessi nè di strutture ospedaliere intasate, men che meno di crisi economiche conseguenziali al virus.
    L’elemento analizzato è ciò che da oltre un anno e più, essendo il Covid19 di ben altra portata rispetto alla epidemia da SARS del 2003, tutti i maggiori psicologi del mondo, oggi, stanno studiando e analizzando e che inciderà non poco sulla nostra vita futura.
    Fattori come l’isolamento sociale, la reclusione in casa e il peso dell’incertezza generale, possono colpire duramente il nostro equilibrio mentale fino a portare perfino a sintomi ossessivo – compulsivi causati dalla paura di contaminazione.
    Non voglio certo aggiungermi alla pletora di scienziati che, in questo periodo, con alterne fortune, ci indicano le strade da intraprendere per difenderci da tale disastro sociale ma non posso esimermi da fare considerazioni che poi inevitabilmente sfociano nel sociale, nel quotidiano confronto con l’Altro e quindi in una visione antropologica e sociologica.
    L’incapacità di mantenere il nostro stile di vita, la nostra libertà di movimento (sia fisica che mentale) ha fatto precipitare molte persone verso un baratro di emozioni complesse e problematiche scatenando dei veri e propri sintomi di tipo depressivo.
    Paura di non sopravvivere e, se ce la si fa, paura di non sopravvivere alla crisi economica che tutti, nessuno escluso, ci prospettano come certa ed inevitabile.
    Sopravvivenza da Covid19 e sopravvivenza da economia instabile.
    Angoscia la prima. Paura la seconda.
    Ben più spaventosa la prima. Perché colpisce tutti: il ricco azionista che in questi giorni, in Borsa, si arricchisce “puntando” sulle case farmaceutiche detentrici dei vaccini salvavita e il ristoratore che dovrà poi confrontarsi in contemporanea e nell’immediato futuro con il problema economico.
    E in questo calderone l’elemento sovrano finisce per essere l’esaltazione dell’individualità a scapito di ogni forma di interesse nei confronti della Polis, della Comunità, del bene comune.
    È fin troppo chiaro, da ormai troppo tempo, che l’uomo non è più protagonista della Storia. E quando parlo di “essere umano” ovviamente intendo chi come Heidegger definiva non semplice e inutile presenza nel mondo ma “essere nel mondo”.
    Ed essere-nel-mondo significa fare del mondo il progetto delle azioni e dei possibili atteggiamenti dell’uomo.
    E l’uomo non può essere solo razionalità ma è e deve essere anche contenitore di passioni, di emozioni, di immaginazione, di creatività, di progettualità, di sogno.
    Ho una sensazione che mi pervade. Molto più di una semplice sensazione.
    Tra non molto tempo credo che a.C. e d.C. non significheranno più avanti Cristo e dopo Cristo ma avanti Covid e dopo Covid.
    Chissà….
    Tutto sommato e comunque, credo non si muoia di conseguenze psicologiche. Magari si finisce in una depressione irreversibile.
    Insomma si continua a vivere.
    O meglio sopravvivere.

     

     

     

     

  • ETICA AFFOSSATA,
    DEMOCRAZIA AUTODISTRUTTA

    data: 20/01/2021 17:59

    Giugno 2007. Siamo nei primi anni della Presidenza di Sinistra, in Regione Puglia, capeggiata dal neo presidente Nichi Vendola. Si è seduti, attorno ad un tavolo tecnico per lavorare su un grande progetto destinato ai giovani. Mi riferisco a ciò che poi prenderà il nome di Bollenti Spiriti. Attorno al tavolo tre Assessori (Formazione professionale e Lavoro, Diritto allo Studio, e Cittadinanza attiva e trasparenza, espressioni politiche di Rifondazione Comunista, Verdi e Margherita). Poi, docenti di Università facenti riferimento all’Economia, Sociologia, Comunicazione e lo staff dei Comunicatori dell’ente Regione.
    Progetto: dare ai giovani studenti pugliesi la possibilità di ottenere borse di studio per poter ampliare i propri studi universitari e post universitari anche all’estero. Oltre agli elementi economici, strutturali ed organizzativi si trattava, anche di dare, una immagine “esterna” forte e chiara del progetto.
    Come pubblicizzare in modo adeguato l’importante programma.
    All’interno di esso si prevedeva una sorta di contratto tra i fruitori delle Borse e l’ente Puglia. Chi alla fine degli studi, sostanzialmente, riusciva ad inserirsi in tempi brevi nel mondo del lavoro, doveva restituire all’Ente, rateizzato a tasso di interessi zero, la somma di cui aveva fruito che veniva immediatamente riutilizzata per altri giovani bisognosi di aiuto.
    Come chiamare tale contratto? Come pubblicizzarlo? Come dargli il giusto significato sociale?
    “Chiamiamolo Contratto Etico” mi venne spontaneo dire nel vortice di idee attorno al tavolo tecnico/scientifico. Fui zittito da uno degli assessori a cui si accompagnò il consenso degli altri due con la seguente affermazione “Etico? Termine obsoleto. Nessuno sa cosa sia l’etica. Non funziona e non arriva da nessuna parte”.
    Rimasi colpito in modo fulminante. Fino a quel momento ritenevo avessi utilizzato gran parte della mia esistenza a tenere “alto” il concetto di etica.

    Gennaio 2021. Reduce dai due giorni dedicati, via tv, al Circo Barnum parlamentare – come l’ho definito in un precedente articolo – il ricordo appena riportato mi è ritornato in mente. Chiaro e forte. Come non mai. Sto parlando ora delle brutture del presente.
    “L'etica è la prima cura che si può e quindi si deve avere per la propria vita. È un serto di pensiero, di domande e di risposte e di coerenza adamantina con quelle che ci diamo - rischiarato di sentimento e partecipazione nella e per la vita. Senza un'etica solida e puntuale, vagliata da domande profonde, prese di coscienza alte e presenza consapevole, un'etica autentica e non imposta, autentica e non insufflata da mode e dogmi, la vita è una bestialità indegna, nociva e squinternata”.
    Così viene definita l’etica.

    Invece in un mondo dove le nostre esistenze sono oramai clonate, dove impera l’isolamento degli esseri – il Covid19 credo stia dando il colpo finale a questa nefasta metamorfosi – e dove la bruttura universale anestetizzante impera, nei giorni appena trascorsi ho dovuto assistere all’affossamento totale e definitivo di tale valore.

    Un giorno, ne son certo, si studierà nelle scuole come l’etica e con essa la democrazia si sia autodistrutta.

     

  • EVVIVA IL CIRCO BARNUM

    data: 14/01/2021 18:39

    Dopo l’esternazione del nostro primo ministro Conte sulla impossibilità assoluta, a fronte di un ritiro delle ministre del guitto fiorentino, di un nuovo governo con la partecipazione di I.V. poi rielaborato con un doppio salto mortale rivoltato e carpiato dopo l’incontro con il Presidente Mattarella che riportava tutto ad una nuova disponibilità; dopo la conferenza pomeridiana di Renzi che perseguiva la scelta di abbandono programmata, sarebbe stato davvero da folli, per uno come me studioso di Comunicazione, perdersi lo spettacolo conseguenziale sulle reti televisive.

    Comodo sul mio divano ho acceso quindi la video lavatrice (leggasi TV) e ho dato libero sfogo allo smanettamento sulle principali reti televisive
    Come era facile intuire, all’appuntamento non si è assentato nessuno.
    I giornalisti (??), opinionisti (??) tutti presenti all’appello. Pronti alla disamina della vicenda appena accaduta (parlo del presente), liberi di esprimersi su qualsiasi forma di ipotesi (parlo del futuro) in un vortice incontrollato e incontrollabile di seghe mentali (perdonate l’uso dell’utensile da falegnameria).
    Prima di entrare nell’analisi dello spettacolo circense sgombrerei una volta per tutte la mente, approfittando della situazione, per definire i giornalisti (??), opinionisti (??) nel modo più corretto.
    Direi tifosi di football. No, troppo raffinato. Tifosi di calcio. Ancora troppo raffinato. Meglio tifosi di pallone. Così la definizione dà più di Bar Sport.
    Partiamo dall’inizio.
    Si trattava, in prima battuta di inquadrare l’accaduto.
    C’era la crisi oppure no?
    Il primo dilemma era sbrogliare questo nodo.
    Ipotesi, tesi e susseguente eventuale svolgimento.
    L’enunciato di un teorema prevede che si suppongano vere le ipotesi. Se lo sono, anche le tesi risultano vere. E quindi si può operare su svolgimenti vari.
    Ma ascoltando i due protagonisti della singolar tenzone non risultava chiaro se si fosse di fronte ad una “crisi” nel suo significato classico.
    Insomma il tema al “presente” era di difficile svelamento. Immaginate le ipotesi prodotte dai giornalisti (??) e opinionisti (??) su analisi future!!!
    (nota critica: devo smettere di mettere punteggiatura a iosa altrimenti mi convinco di star dettando a Peppino la famosa lettera “Signorina, vengo con questa mia addirvi” con conseguenti punto, punto e virgola, due punti…mah sì che poi dicono che noi provinciali...).
    Insomma, per farla breve, i tifosi di pallone non sono riusciti a cavare un ragno dal buco.
    Qualsiasi ipotesi proposta con tutto l’impegno possibile portava inevitabilmente alla falegnameria di cui sopra.
    Anche qui su tutto si riproponevano due ipotesi. La prima che vedeva comparire come in ogni crisi politica italiana, le figure dei “responsabili”, divenuti con una nuova e più aggiornata lettura “costruttori”. E anche qui, credo si renda necessario approfittare della situazione per dare una definizione giusta a questi personaggi. Chiamiamoli “preservanti”, quelli per intenderci che si cautelano contro rischi o pericolo (perdita dello scranno parlamentare).
    La seconda ipotesi, solo velocemente ipotizzata e altrettanto velocemente rigettata e messa in spazzatura, era quella di nuove elezioni.
    Cosa assolutamente improponibile in una situazione pandemica in atto.
    Sarebbe da irresponsabili. Questo è quanto.
    Regno Unito, Spagna, Polonia, Azerbaijan, Irlanda, Slovacchia, Serbia, Stati Uniti, Perù, Israele, Etiopia, Costa d’Avorio, Iran hanno votato nel periodo pandemico.
    Mamma mia quanti irresponsabili in giro per il mondo. A meno che non abbiano avuto nessun contatto con il Covid19. Scegliete liberamente la risposta più consona.
    Ma su tutto, del circo Barnum, ciò che più mi ha colpito – direi fulminato – è che nessuno dei presenti alle tavole rotonde avesse dedicato un lauto periodo del loro tempo a disposizione per l’analisi di rito, sul passato dei due contendenti. Uno sguardo a quella porzione di tempo, appunto il passato, per poter ipotizzare soluzioni. Se non altro a fronte di ciò che i due “protagonisti “ci avevano proposto nei periodi appena passati.
    Semplice dimenticanza? Incapacità di analisi? O paura di scoprirsi oltre misura?
    Ne dico una su tutte.
    Sarebbe bastato ricordare più volte e più volte ancora che il guitto fiorentino è lo stesso individuo che non molti mesi fa ha rappresentato il salvatore della patria per la formazione giallorossa (Roma football club) a scapito della formazione gialloverde (Brasile Confederacao football brasileira) vittima delle ubriacature da mojito estivo del genialoide leghista. Renzi? Stesso personaggio. Quello dei referendum con abbandono della politica attiva se perdente, quello delle rottamazioni. Nessun sosia. È sempre lui.
    E dall’altra parte Conte, l’avvocato degli italiani, l’intellettuale che ha imparato in tempi da record, l’individuo che, a detta dei tifosi di parte, lavora alba, mattino, pomeriggio sera e notte (anche in questo caso la verifica è stata fatta sulla base di una luce accesa in una stanza come in un lontano perdio storico?). Il primo ministro vassallo dei due vice primi ministri, riciclatosi in una nuova coalizione di segno opposto. Nessun sosia. È sempre lui.
    Forse i tifosi di pallone se avessero analizzato i due personaggi in questione ci avrebbero dato una visione più chiara dell’accaduto.
    Ho timore, invece, che ci sarà il rischio di una replica delle esternazioni da ballatoio (così le definì il saggio Bersani) da parte del primo Ministro Conte in Parlamento nello strappo con Salvini.
    Stavolta saranno dedicate a Renzi.
    C’è solo da attendere.


     

  • ORA, COSA CI SALVERA'
    DALL'OSSESSIONE
    DI "SALVARCI LA VITA"?

    data: 04/01/2021 19:41

    C’è un periodo ben preciso della nostra giornata in cui metodicamente ci riappropriamo di quella che viene definita “coscienza”. È quando si abbandona il teatro della follia come gli psicoanalisti definiscono il mondo dei sogni. Intendo ciò che ci accade quando, addormentandoci, lasciamo che tempo, spazio, identità di sesso, cause ed effetti conseguenziali si liberano di quella razionalità che ci rende esseri coscienti.
    Tale spazio temporale di riappropriazione “post follia” è quel periodo limitato in cui, accesi i riflettori sul mondo reale che ci circonda, siamo abituati, quasi come automi, a svolgere azioni ripetitive che non necessitano di un supporto razionale.
    Prendiamo il nostro caffè, facciamo colazione, ci laviamo, ci vestiamo e man mano che i minuti passano ci riappropriamo del nostro “essere al mondo”.
    Essere al mondo. Lo siamo?
    Da oltre un anno ormai c’è un pensiero che ci attanaglia in modo estremo, ogni giorno, senza che si riesca a trovare un punto di fuga, un modo anche solo momentaneo per razionalizzarlo o per provare a dare ad esso un minimo di possibilità risolutiva.
    Un’autentica “ossessione”.
    Per essere più precisi siamo letteralmente ossessionati dal salvarci la vita, dimenticandoci cosa la rende degna di essere vissuta.
    Il responsabile? Ha un nome e cognome. Il primo abbastanza lungo, il secondo segnato da un valore temporale. Si chiama Coronavirus 2019.
    Per carità nulla in contrario sulla affermazione “la salute innanzitutto” ma credo che la dignità, i valori, il diritto di pensare e la tanto agognata libertà debbano avere il loro spazio di esistenza se non vogliamo definitivamente sostituire al termine “vivere” quello di “sopravvivere”.
    Ancora troppo poco tempo, ad oggi, si dedica a ciò che questa epidemia lascerà sicuramente come strascico negativo. Non solo un numero estremo di decessi o addirittura di individui che dovranno convivere con sintomi e/o conseguenze post pandemia difficilmente sanabili col tempo. Le notizie, per ora, sui vari vaccini, non ci danno risposte esaurienti. La scienza, del resto non dà mai verità assolute ma risultati esatti (ex acto) cioè risposte a ricerche che partono da ipotesi iniziali a cui la scienza, a seguire, da riscontri esatti o inesatti a secondo dei risultati ottenuti.
    Lo strascico negativo di cui invece intendo parlare è quel lento, costante abbandono di quella socialità, di quel costante confronto con l’Altro, già abbondantemente minato dall’era digitale e che con il Covid19 sembra subire un attacco mortale e definitivo.
    Sapremo essere capaci di riabbracciarci? Di stringere una mano? Di accarezzare con affetto un nostro amico da troppo tempo non visto e finalmente ritrovato?
    Qualcuno potrebbe rispondermi “dipende dai risultati ottenuti dalle difese immunizzanti”.
    Gli studiosi di tutto il mondo afferenti a tale problematica, drammaticamente e ripetutamente, se lo stanno chiedendo ormai da tempo.
    E prevedono un cambiamento comportamentale che ci proporrà un nuovo modello di socialità.
    Da par mio, guardo con nostalgia ai miei quarant’anni di teatro antropologico in cui la comunicazione corporea, i suoni espressi attraverso un sospiro, un sorriso, un pianto rappresentavano il vero grande mezzo per comunicare e per essere in perenne contatto con l’Altro, col diverso da me.
    Essenza necessaria del nostro vivere.
    Leggevo poco tempo fa alcune considerazioni del filosofo sloveno Slavoj Zizek che affermava che la pandemia in atto sarebbe stato un colpo fatale per il sistema totalitario cinese.
    E se questo nuovo modo di intendere la vita (Società della sopravvivenza) finisse per convincerci che l’unico modello da utilizzare sia quello autocratico cinese? Un regime di autentica sorveglianza nutrito dalla nostra paura di morire?
    C’è quanto basta per meditare ad libitum.

     

     

     

  • LOCKDOWN, GENTE IN GIRO
    E FILE D'AUTOMOBILI

    data: 25/12/2020 12:55

    Si chiama daltonismo ed è un difetto ereditario della vista che impedisce di distinguere i colori, perlopiù il verde e il rosso.
    Stamani in ora tarda – verso le undici – sono uscito per andare ad acquistare quotidiani.
    C’è il lockdown, mi sono detto. Preparato autocertificazione, ho realizzato che avrei dovuto prendere l’auto in quanto la prima edicola raggiungibile non è vicina e, salvo poter “fare esercizi ginnici” nei pressi della mia abitazione come consentito dall’ultimo DPCM, dovendo allontanarmi, avrei potuto imbattermi nelle tanto temute multe pro/anti Covid19.
    Non essendo stato raggiunto (ancora) da demenza senile ho lanciato i miei ricordi a marzo scorso, periodo non tanto lontano…credo.
    La mattina, pur abitando in pieno centro cittadino, a mala pena intravedevo qualche sparuto cittadino con la classica borsa da spesa e non più di 2/3/4 auto che circolavano a ritmi lenti e cadenzati.
    Messo il naso – coperto ovvio- fuori uscio, invece stamattina, mi sono scoperto completamente fuori dimensione.
    Circolazione di auto a pieno ritmo, gente in giro non tutti con la borsa di cui sopra.
    Mi son detto subito: “qua c’è qualcosa che non funziona”. Sono risalito in casa e mi sono andato a rileggere l’ultimo DPCM dopo aver riverificato sul calendario il giorno in questione.
    Perbacco!!!! Avevo dimenticato le deroghe che a marzo non c’erano. Mi spiego. Gli spostamenti in zona rossa che prevedono il divieto di entrata ed uscita “sia tra le regioni, sia tra i comuni, sia all’interno degli stessi salvo che per motivi di salute o comprovate esigenze lavorative” oggi usufruiscono, come dire, di un bonus con il quale, con autocertificazione si può circolare sempre, ovviamente, per le motivazioni di cui sopra. E in più si può raggiungere - massimo in due più minorenni a ruota - un congiunto non convivente. Non più di una volta al giorno per pranzi e/o cene di festività.
    Per una semplice visita no??? Mah….
    Ristudiato il DPCM sono riuscito per l’acquisto dei quotidiani e tutto mi è sembrato molto chiaro.
    Le auto che vedevo in fila e la gente nel borgo, altri non erano che gente che faceva spesa, che era in giro per motivi di salute, che era al lavoro e probabilmente una gran parte di loro stavano per recarsi ai pranzi dei congiunti non conviventi.
    Quindi non ero affatto daltonico. Quel rosé pallido impercettibile alla mia vista era invece un rosso vivo quasi cardinale.
    Ma poi mi sono detto che non era poi un grosso problema. Anche se fossi stato affetto da daltonismo, nelle Repubbliche delle banane è quasi un obbligo esserlo.
     

  • FORSE DAL LIBERALISMO
    LA PANDEMIA CI SPINGE
    VERSO IL TOTALITARISMO?

    data: 23/11/2020 19:43

    Se dovessimo fare una graduatoria di priorità, a fronte di tutto ciò che il Covid ci ha proposto e che ci proporrà nell’immediato futuro, credo che non sia difficile individuare nella Governance il più spinoso dei problemi da affrontare.
    Il Vaso di Pandora scoperchiato dal virus cinese oggi più che mai ci pone di fronte a tale dilemma.
    “Prendiamo atto che alla terminologia storica del ‘prima di Cristo e dopo Cristo’ dobbiamo aggiungere un ‘prima del Covid e dopo Covid’ come ulteriore analisi del nostro vivere contemporaneo” ebbe a dirmi, in tempi non sospetti, una persona a me molto cara.
    E così tra esternazioni variegate che ci raggiungono ogni giorno, tra il “tutto cambierà nel dopo pandemia” della virologa Ilaria Capua e l'“elaboriamo una nuova normalità” del filantropo Bill Gates ci tocca di fare un resoconto di come, fino ad ora, a livello globale, sia stata gestita tale apocalittica vicenda.
    Se non altro per verificare, in prospettiva, quali strade intraprendere.
    Prima di addentrarmi nel tema, comunque, mi preme fare una considerazione legata ai due precedenti personaggi e a quanto l’immaginario collettivo o inconscio – fate voi – segni i nostri modi di pensare.
    La Capua che, pur avendo dichiarato di non sentirsi una virologa, né tanto meno una immunologa non avendo rapporti con qualsiasi tipo di “gabinetto scientifico” da oltre otto anni, viene ascoltata con estrema attenzione e immancabilmente viene etichettata come virologa. Bill Gates, stranoto imprenditore e co-fondatore di Microsoft, nonché, per alcuni addetti ai lavori, l’uomo più ricco del mondo lo si preferisce definire filantropo.
    Misteri della psiche umana.
    Cosa, allora, ci propone la realtà, quella vissuta quotidianamente?
    Un mondo che ci invita ad un progressivo isolamento.
    Chi non segue tale indicazione ha un rischio costante di ammalarsi.
    Un’autentica ossessione che è quella di “salvarsi la vita” dimenticando, forse, cosa la rende degna di essere vissuta.
    Paura, stato di emergenza e conseguente “nuova normalità” usando i termini del “filantropo” americano.
    Mi viene spontaneo chiedere chi otterrà i maggiori privilegi da questa trasformazione a dir poco rivoluzionaria. La risposta fuoriesce spontanea: quelli definiti “uomini forti”.
    Regimi autocratici, insomma.
    E questo termine che non amo affatto - anche se la Storia continuamente ci sta insegnando che la formula democratica è sempre più vicina al concetto di utopia pura - mi porta a soffermarmi su una Nazione e non altre.
    Parlo della Cina, di un modello di regime di sorveglianza “nutrito dalla nostra paura di morire” come afferma il filosofo sud coreano Bjung Chul Han.
    Rischiamo, dice il filosofo, di diventare esattamente come il virus: “non morti che si limitano a moltiplicarsi per sopravvivere, ma senza vivere davvero”.
    Senza essere forzatamente “cristiano” e fare della speranza, dell’augurio, dell’auspicio autentiche forme di autodifesa, credo che anche questa drammatica vicenda del Covid19 finirà o quanto meno si indebolirà e quindi sento la necessità di guardare avanti.
    Chi, allora, a fronte di quel concetto di “uomini forti” uscirà più fortificato da tale esperienza?
    Evidentemente ed esclusivamente paesi come la Cina dove il concetto di “sorveglianza” è da tempo operante e giornalmente ben lubrificato.
    Ecco il termine su cui intendevo soffermarmi.
    SORVEGLIANZA.
    Da sempre, senza scomodare Orwell e il suo “1984” dove c’è liberalismo e individualismo, il sistema di sorveglianza diventa necessità e fine ultimo.
    E la pandemia in atto ha rivelato tutti i limiti di tale modus vivendi tipico delle civiltà occidentali.
    Non sono un indovino e non sono certo uno che aneli a forme di autoritarismo.
    Mi preme, invece, sollevare una esigenza collettiva che, nel contempo, mi porta ad una malcelata paura.
    Il timore che questa pandemia finisca per mettere a repentaglio in modo definitivo il nostro liberalismo portandoci verso un sistema molto vicino al totalitarismo.
    Non vorrei risvegliarmi una mattina e constatare che “non abbiamo fatto in tempo”.

     

  • LA SAGGEZZA CHE SERVE
    PER LA SECONDA ONDATA

    data: 19/11/2020 16:30

    “Non c’è saggezza se non conosciamo le terre incognite della nostra vita razionale ed emozionale e se non ci mettiamo in una relazione senza fine con la vita degli altri”. È quello che afferma Eugenio Borgna, decano della psichiatria italiana nonché uno dei massimi esperti di antropoanalisi e di psicopatologia fenomenologica mondiale. Lo afferma nel suo ultimo saggio dal titolo “Saggezza”. Un termine a dir poco dimenticato o per alcuni superato ma che in questo momento di crisi sembra addirittura una sorta di terapia necessaria. Una terapia d’urto.
    Guardo con attenzione e talvolta con incontrollato sgomento tutto ciò che ci sta accadendo in questo difficile momento. Guardo i comportamenti, ascolto ciò che, talvolta, gli esseri umani esperti in materia e non, ci propinano come forma di supporto psicologico, medito del come e del perché, poi, alcune considerazioni, idee e opinioni finiscano per avere effetti opposti a ciò per i quali vengono proposti,
    Nella prima ondata di Covid19 c’è stato un autentico shock emotivo che ci ha aiutati non poco. Il lockdown improvviso, il divieto di poter condurre una vita ritenuta regolare e giornaliera fatta di innumerevoli “libertà” ha creato una sorta di compattezza che veniva, poi, espressa, con segni talvolta nazionalpopolari come bandiere esposte sui balconi, inno nazionale cantato a squarciagola ad ogni buona occasione ed altre espressioni di comunità unita.
    Ora la vicenda appare completamente cambiata.
    Alla paura della prima ondata è sopravvenuta una reazione emozionale molto più complessa che è l’angoscia che si esprime come una sorta di oppressione dello spirito.
    Alla paura per un pericoloso contagio si sono aggiunti valori molto meno “fisici” e molto più materiali.
    Al distanziamento e alla paura del virus oggi si aggiungono delle convinzioni difficili da digerire in un mondo globalizzato e consumistico come smettere di porsi obiettivi impossibili e rinunciare a molte cose.
    E tali elementi aggiuntivi OPPRIMONO LO SPIRITO.
    Il concetto di obiettivi impossibili mi riporta alla amatissima cultura greca che affermava che per raggiungere l’eudemonia, la felicità, non bastava certo accontentarsi dei consigli dati da Delfo. Non era sufficiente conoscere sé stessi e percepire la motivazione della propria esistenza nel mondo, la propria vocazione. Raggiunto tale faticoso traguardo tutto doveva essere realizzato secondo misura.
    Katà metròn.
    Superarla era prepararsi alla propria rovina.
    Oggi definire come nostro obiettivo quello della crescita (nessuna parola ha un tasso così elevato di ripetitività nella comunicazione giornaliera) equivale a rasentare se non superare la pazzia.
    Rinunciare a molte cose, diretta emanazione della precedente considerazione, appare come una frustrazione insopportabile.
    Ecco: tali brevi affermazioni mi appaiono come frammenti di saggezza.
    Credo sia doveroso, per chi come me non è più giovane, avere almeno una idea di saggezza.
    Sarebbe fantastico possederla.
    Chiederla ai giovani, già penalizzati da un’era marcatamente nichilista, sarebbe davvero troppo.


     

  • COVID19: NEGARLO E' UNA COSA, INTERPRETARLO IN MODO DIVERSO UN'ALTRA

    data: 12/11/2020 10:33

    Due premesse prima di inoltrarci nel tema. Apparentemente lontane tra esse ma in realtà, molto vicine. La prima. Sono sembrate una autentica “boccata d’aria” le considerazioni fatte dal famoso fisico e divulgatore italiano Carlo Rovelli che – a domanda – ha sentito la necessità di specificare quanto il concetto di “verità” sia distante dalla Scienza. “È proprio nella sua ‘ragion d’essere’ che la Scienza propone delle ESATTEZZE e non certo delle VERITA’. A fronte della ricerca continua, di per sé dedita man mano che si percorre un tragitto a cambiare, si ottengono dei risultati.
    Partendo da ipotesi scientificamente certe da cui parte la ricerca, attraverso la sperimentazione si possono o non si possono ottenere dati ESATTI. Per essere ancora più chiari: se rispondono alle ipotesi da cui partono devono essere definiti risultati ESATTI (ex actus). Non deve assolutamente spaventarci, quindi, assistere a continui contrasti tra scienziati circa presunte VERITA’ perché la Scienza, al contrario della FEDE non certifica elementi legati ad un CREDERE di fondo, a prescindere”.
    La seconda. Il termine “negazionismo”, salvo stravolgimenti linguistici dell’ultim’ora, ha il seguente significato: “particolare forma di revisionismo storico, che nega la veridicità di alcuni avvenimenti, in particolare del periodo nazista e fascista e della seconda guerra mondiale”.
    Va da sé che, se definisco inesistente il Covid19 o inesistenti i cadaveri che si ammassano nei cimiteri a causa del virus, abbiamo un evidente comportamento negazionista.
    Non credere, invece, ad alcuni dati o ad alcune informazioni e preferirne altre che non negano il fatto ma lo interpretano in modo diverso credo non possa essere definito comportamento negazionista.
    Fatta la premessa, veniamo al tema e ritorniamo, nel tempo, a qualche mese fa.
    Non bisogna fare estremi sforzi di memoria per ricordarsi che, in prossimità dell’estate, i dati inerenti alla pandemia si erano progressivamente affievoliti fino a raggiungere la normalità. Tale situazione aveva portato ad avere continue dichiarazioni da parte di scienziati che andavano dal “virus clinicamente esaurito” al “attenzione ai primi di autunno per una seconda onda di forti contagi”.
    Io credo che, qualsiasi persona addetta a seguire e monitorare tale situazione avrebbe dovuto dedicarsi alla seconda ipotesi. Per intenderci e usando una forma comunicativa la più modesta possibile: “è clinicamente morto? Bene, Ne siamo tutti felici. Può esserci una seconda ondata? Copriamoci il lato B e rinforziamo l’intero apparato sanitario per fronteggiare tale eventuale rigurgito”.
    Non mi sembra necessario un cervello di tipo “Nobel” per arrivare a tale conclusione.
    I dati attuali e le conseguenti risultanze, sembra, diano invece risposte opposte se ci troviamo in una Italia “arlecchinata” non certo per il numero dei morti che, per il momento, non sono assolutamente paragonabili a quelli del marzo scorso ma per le strutture sanitarie ed ospedaliere ad un passo dal collasso.
    Questo ci dicono e questo ascoltiamo.
    Tale situazione appare chiaro essere frutto di INESATTEZZE.
    Ecco la parola chiara. INESATTEZZE.
    Da parte mia faccio parte, come essere umano interessato a tale tema, alla seguente categoria: “Non credo ad alcuni dati o ad alcune informazioni e preferisco indagare anche su fonti che non negano il fatto (Covid) ma lo interpretano in modo diverso”. Gioco forza ascolto, verifico qualsiasi forma di informazione che mi possa apparire, almeno verosimile.
    E tra le varie fonti non posso e non devo – altrimenti sarei inesorabilmente preconcettuale – scartare anche quelle proposte da emittenti “Non di Stato”. Evidente che nei loro confronti sia oltremodo attento e preoccupato della usuale fake news nascosta dietro l’angolo.
    E qui rinasce, ancora una volta, il dubbio su esattezze e non esattezze.
    Sta facendo notizia la situazione in Svezia. Non credo sia necessario inoltrarci su verifiche “orientali” (Giappone, Corea, Cina).
    I due grafici “ufficiali” che riporto riguardano il numero dei decessi da gennaio ad oggi nei due paesi.
    Sull’asse orizzontale sono segnati i mesi. Su quella verticale i decessi.
    Nel periodo marzo/aprile i picchi per entrambi i paesi. Nel periodo ottobre/novembre invece,,,,
    Con un velocissimo sguardo si nota che “c’è qualcosa che non quadra”.
    Due le ipotesi. Hanno tutti, in Svezia, usufruito di un vaccino salva vita oppure sono praticamente tappati in casa da mesi. Per la prima ipotesi non so davvero. Per la seconda, amici che ho in quel di Stoccolma mi garantiscono che la vita è davvero normale.
    Spero non mi si parli di densità di popolazione altrimenti dovranno spiegare il picco svedese di marzo/aprile a meno che i nordici si siano stretti core a core in quel periodo.
    Non sarebbe più corretto che nelle giornaliere trasmissioni sul tema Covid19 (diciamo pure sulle 24h no stop dedicate al tema) invece che chiedere ai luminari della Scienza se, secondo la loro opinione, sarebbe o non sarebbe opportuno un lockdown totale (ma sono scienziati o politici???) proporre tali grafici e chiedere loro “Per gentilezza ce li spiegate?”.
    E così, inevitabilmente e forse – non dimenticando l’umana angoscia – eviteremmo di vivere alla giornata tra verità o falsità e esattezze e inesattezze.
    Come “asini in mezzo ai suoni” come affermavano i nostri antenati.


     

  • ECCO CHI VINCERA' IN USA
    FRA L'ESTABLISHMENT
    E LA "GENIALE FOLLIA"

    data: 04/11/2020 18:19

    Nel 2015 anno in cui iniziai ad insegnare Antropologia della Comunicazione e Public Speaking in Università era nella normalità che, durante le lezioni, specie nel periodo estivo del 2016, mi si chiedesse un minimo di pronostico sulle elezioni americane che, di lì a poco, avrebbero visto il confronto tra la democratica Clinton ed il repubblicano Trump.
    A fronte di quello che appariva al momento, specie in termini di contesto sociale, oltre ai sempre verdi problemi economici e le eterne problematiche geopolitiche, azzardai un pronostico che mi fece guadagnare una quantità industriale di sorrisi da parte di colleghi. Dissi che non era assolutamente scontato che il miliardario dalle chiome bionde finisse KO sotto i colpi dell’establishment della controparte.
    Non solo. Aggiunsi che quella che già gli analisti definivano come “alt right”, la destra alternativa, potesse invece piazzare il colpo vincente.
    Tutti sappiamo come finì.
    Questo mio personale ricordo è solo per affermare che, anche in questa nuova tornata elettorale, i risultati possono essere imprevedibili.
    Di una cosa si può essere certi. Il contesto sociale in cui oggi si vota è ben diverso da quello del novembre 2016. Ed anche, in questa nuova elezione sarà, come sempre il contesto che dirà l’ultima parola.
    Quali sono gli elementi che possono indicare il vincitore definitivo in questa autentica battaglia?
    A mio parere tre su tutti.
    1.La pandemia di Covid19 e di come l’attuale Presidente ha saputo o non ha saputo gestirla;
    2. La situazione economica americana attuale (parlo essenzialmente dei dati di occupazione/disoccupazione) non tralasciando che gli USA non hanno certo la BCE come elemento di sovranità monetaria e quindi i responsabili della Federal Reserve non sono malati di artrosi deformante alle mani e quindi incapaci di spingere quel famoso “bottone” per stampare denaro;
    3. La questione cinese definendo come tale la consapevolezza da parte dello Stato a “stelle e strisce” di una egemonia tecnologica ed economica già persa da tempo.
    I primi due elementi proposti sono chiaramente di tipo “popolare”. Investono cioè ogni singolo cittadino. Salute e lavoro per intenderci.
    Il terzo è chiaramente di establishment. E come volutamente ho ricordato all’inizio, nel 2016 l’establishment. ebbe la peggio.
    In questa “confusione contestuale” ho trovato l’intervento di Trump in piena mattinata e a scrutini abbondantemente aperti, supportato da una “geniale follia”.
    Affermare di aver vinto e di voler portare, a tutti i costi, i risultati ad una verifica di validità – di fatto iniziare una guerra che io definisco preventiva – è FOLLE perché non ha alcuna forma di razionalità. GENIALE perché apre nuovi scenari. E sappiamo tutti, avendolo verificato negli anni appena passati, che il biondo presidente, attualmente in carica, nel sollevare le piazze non è secondo a nessuno.
    Come finirà davvero non lo so come non lo sapevo nel 2016 ma alcune percezione certo le ho.
    Credo che anche questa volta l’establishment ne verrà fuori sconfitto. Ed ora le “istituzioni” sono in mano a Trump.
    Briscola (traduzione di trump) poi mescolerà le carte.
     

  • VOGLIONO UNA UMANITA'
    FATTA DI TANTI HIKIKOMORI
    CHIUSI IN CASA COL PC?

    data: 21/10/2020 21:49

    Non molti giorni fa ho avuto l’occasione di passare un po’ di tempo con un Amico di gioventù che da oltre quarant’anni è molto vicino agli Apparati di Stato.
    Tra naturali ricordi, piccoli aneddoti e facezie, inevitabile è stato inoltrarsi nella vicenda Covid19.
    Gli ho chiesto cosa ne pensasse o ancora più brutalmente “Che cosa è questo Covid?”.
    La sua risposta è stata: “Immagina un terreno esteso, anzi talmente esteso da poter dire che è l’intero globo terrestre. Immaginalo interamente infiammabile. Il Covid è stato come gettare un secchio di benzina su quel terreno”.
    A tale risposta criptica non mi è sembrato utile chiedere chi avesse compiuto tale operazione dando per scontato che non avrei avuto risposta esauriente.
    Si è deciso, invece, di comune accordo di porre attenzione su un tema più preciso.
    Se tale esperienza in itinere – il Covid – fosse da annoverare tra le vicende Epocali che il nostro pianeta ha vissuto sino ad oggi.
    Le precedenti pandemie lo erano state? Avevano cambiato l’intero tragitto dell’homo sapiens?
    Tutto era dipeso non tanto dalla gravità della situazione ma essenzialmente dal contesto sociale e politico in cui tali vicende si inserivano.
    Come sempre nella Storia dell’uomo.
    Vivendo in una realtà storica da ormai un cinquantennio (prendo come punto di riferimento, per semplicità, L’UOMO AD UNA DIMENSIONE di Herbert Marcuse datato 1964) in cui l’uomo non è certo il protagonista della Storia bensì sovrastato e dominato dall’Economia (leggasi Tecnica e Danaro) è venuto spontaneo, etichettare il Covid19 come vicenda Epocale.
    In cosa?
    Non certo individuabile nella triste e dolorosa vicenda epidemica bensì in un elemento/altro perfettamente “consono” al contesto attuale.
    SMART WORKING.
    È questa la parola d’ordine. O meglio questo appare l’obiettivo finale.
    Nell’epoca della globalizzazione e del CRESCERE – CRESCERE – CRESCERE (il termine giusto è CONSUMARE – CONSUMARE – CONSUMARE) eventuali “pandemie” di burnout appaiono il male minore.
    Chi se ne fotte se finiremo per trasformarci in una umanità fatta di Hikikomori chiusi in casa e completamente piccidipendenti.
    L’economia sovrana ce lo impone. Quindi zitti e a cuccia!!!

    Magari qualcuno sentirà, leggendo queste righe “odore di complottismo”, magari qualcuno si chiederà anche chi, ipoteticamente, abbia messo in moto tale subdolo meccanismo.
    Per quanto mi riguarda, appaiono interrogativi del tutto marginali.
    La Storia ci ha insegnato che ci sono due possibilità chiare e facilmente etichettabili.
    La prima è quella di preparare volontariamente e strategicamente un contesto capace, poi, di poter di seguito operare in un certo modo e far digerire anche decisioni talvolta assai indigeste.
    La seconda è quella che, a fronte di una situazione generatasi anche spontaneamente, senza l’opera truffaldina dell’essere umano, si operi di conseguenza.
    PENSARLO, CREDO, SIA UN DIRITTO.
    O NO?

     

     


     

  • PREGIUDIZI, OPINIONI
    E TOLLERANZA...

    data: 08/10/2020 17:15

    Davvero sta divenendo sempre più complesso e faticoso supportare (forse meglio sopportare) le trasmissioni televisive, gli articoli di giornali, le comunicazioni sui mass media cartacei e virtuali, in merito a ciò che sta accadendo in termini nazionali e termini globali.
    Ben consapevoli che il gap tra Informazione e conseguente Comunicazione si stia allargando a dismisura, credo sia doveroso, almeno una volta, chiedersi cosa si possa fare per ovviare a tale “tragedia umana” (assenza di pensiero) che oggi ci pervade.
    Viviamo di PREGIUDIZI e davvero non possiamo farne a meno.
    Credo che un po’ tutti dobbiamo accettare tale verità.
    Se il contesto sociale e culturale in cui si è sviluppata la nostra crescita, la nostra vita - con ciò intendo dire essere nato e vissuto nel profondo sud italico o all’estremo nord, ad esempio, aver letto determinati libri invece che altri, aver avuto particolari educatori, ecc. ci donano una certa identità e una appartenenza precisa, mi rendo perfettamente conto che tali “punti fermi” che definisco pregiudizi non sia affatto facile modificarli, men che meno smontarli in modo deciso.
    Siamo tutti ben convinti – me lo auguro – che non penseremo mai di poter avere un modus vivendi e pensandi simile ad uno scandinavo o addirittura ad un talebano afghano.
    Ma dobbiamo essere convinti anche di altre “verità”.
    Su questo, credo, bisogna soffermarsi.
    La prima, determinante e che motiva la difficile sopportazione ricordata all’inizio, è che tali pregiudizi ci portano inevitabilmente a dare di ogni notizia o vicenda la nostra opinione senza, quasi ascoltare, le altre.
    Il mio “secondo me” o “a mio parere” scatta immediato, inevitabile.
    La vicenda analizzata, la notizia su cui si discute, viene “aggredita” (la scelta di questo termine non è casuale) da un approccio eristico.
    A prescindere da ciò di cui si discute, il confronto/scontro è finalizzato a imporre la propria opinione rispetto ad altre e il parlarsi addosso, il superare in termini di volume vocale l’opinionista/altro niente ha a che fare con qualsiasi forma di dialogo.
    Devo, fortissimamente devo, imporre la mia opinione!!!!
    Allora?
    Come uscirne fuori?
    TOLLERANZA.

    Essere tolleranti.
    La Treccani cosi definisce questo “misterioso” individuo: “…chi ha rispetto nei confronti di opinioni (leggi pregiudizi), comportamenti o modi di vivere diversi dai propri” e ancora “…bisogna essere tolleranti nei confronti delle idee politiche diverse dalle nostre”.
    Insomma cercare di vivere bene i nostri pregiudizi con la assoluta volontà di aprirsi a nuove valutazioni senza aver alcun timore di rischiare di perdere la propria identità men che meno la nostra naturale esigenza di appartenenza culturale e sociale.
    Proviamoci almeno.

     

     

  • PAROLA D'ORDINE: PRIORITA'

    data: 02/09/2020 16:43

    È abbastanza evidente che quando il termine "priorità" viene usato, specie negli ultimi tempi, lo si fa accompagnandolo con aggettivi di varia tipologia come mia, nostra, necessaria, essenziale e così via. Ciò ci porta a pensare che di priorità ce ne siano tante e diversificate. Ma esiste una priorità OGGETTIVA? Una che eviti che compaia qualcuno che possa introdursi nell’analisi e dire “Beh è opinabile!!!”.
    Come ben ricorda un detto popolare mai in disuso “la madre degli imbecilli è perennemente incinta” quindi il rischio permane. Ma al di là della ripetuta risposta standard, quando mi è capitato di ascoltare tale stupidità, che recita “anche l’opinabilità è opinabile” possiamo dire, tutti in coro, che PRESERVARE LA VITA è priorità assoluta?
    Se tale affermazione viene riconosciuta da tutti come applicabile all’intero globo terrestre va da sé che lo sforzo assoluto degli esseri umani dovrebbe convogliare su tale PRIORITA’. Quindi radunare l’intera massa (in vero limitata) di portatori di “materia grigia” in giro e fare in modo che uomini e donne appartenenti a tale categoria si riuniscano attorno ad un tavolo in un luogo confortevole da cui uscire SOLO ed ESCLUSIVAMENTE a problema risolto.
    CORONAVIRUS? È lui l’omicida da catturare?  Che lo si affronti e lo si sconfigga DEFINITIVAMENTE. I rimanenti problemi, duri, drammatici, devastanti siano relegati in un secondo piano.
    Si mettano da parte termini usati ormai con maestria dai nostri opinionisti a gogò come progresso, sviluppo, crescita, benessere e si pensi a “coniugare” la priorità oggettiva e assoluta chiamata VITA con il termine SOPRAVVIVENZA, la più momentanea possibile.
    Intere categorie produttive, ci viene detto, sono ad alto rischio. Ma proprio per quel postulato appena riconosciuto che vede la VITA come priorità assoluta, disoccupazione e caduta del cosiddetto “benessere” si attestino in una posizione più consona in termini di essenzialità.
    Ma su questa breve analisi incombe un grosso MA. Enorme come una piramide che punta a toccare il cielo. Se dobbiamo salvare LA VITA dobbiamo avere chiaro anche che tale BENE ASSOLUTO, poi, non sia a vantaggio di esseri umani divenuti, nel frattempo, bestie incontrollate e incontrollabili.
    Provo a spiegarmi.
    Ci sono due elementi senza dei quali, tale battaglia per la vittoria finale sarebbe inutile. Se a tale processo non si accompagnerà l’assoluta difesa di due categorie ESSENZIALI come la SCUOLA E L’ARTE, chi si salverà avrà vita corta e sicuramente inutile.
    Pochi, davvero pochi, sono quelli consapevoli di quanto l’assenza di EDUCAZIONE porterebbe all’inutilità di tale battaglia a favore della VITA. Pochi conoscono quanto siano determinanti i primi anni di vita dell’uomo sia in termini di approccio col mondo della conoscenza che della emotività.
    È evidente che stia parlando delle prime classi scolastiche.
    Risonanze le definiscono gli studiosi.
    Senza di esse niente VITA di convivenza.
    Non abbiamo istinti come gli animali e siamo una “specie” che abbisogna di EDUCAZIONE.
    Mai occasione mi appare così ghiotta come quella attuale, allora. Finalmente riconoscere che è tempo di mettere da parte l’informazione e perfino la formazione per ridare spazio assoluto alla EDUCAZIONE.
    EDUCAZIONE ALLA VITA intendo. Al Mondo in cui siamo stati collocati davvero per un autentico colpo di fortuna.
    E con la SCUOLA capace di educare, non perdere di vista l’altro elemento determinante.
    Parlo di tutte quelle forme di “vita nel mondo” capaci di renderci carichi di sentimento, di emozione, di “risonanze reciproche”, capaci di farci essere uomini e donne meritevoli di vivere immersi in questa meravigliosa Natura che ci fa da sfondo e che dovremmo preservare prima di ogni cosa perché essa è LA VITA.
    Riporto, in conclusione e virgolettato, un pensiero di A. Artaud immenso uomo di teatro del ‘900-
    “L’Arte non è l’imitazione della vita. È la vita che è imitazione di un principio trascendente. L’arte è il mezzo attraverso in quale mettere in contatto la VITA con il TRASCENDENTE”.
    Diamoci da fare, allora.


     

  • PER ME, NIENTE DI NUOVO
    SOTTO IL SOLE (COCENTE)

    data: 03/08/2020 14:27

    Niente di nuovo sotto il sole salvo che, da me, nella meravigliosa Puglia, l’astro è particolarmente cocente e si vive con l’impressione perenne di essere in un forno dove ti stanno “arro Solando” a fuoco lento.
    Niente di nuovo nel quadro politico italiano. Non voglio, per l’ennesima volta, passare per un fottuto presuntuoso (eventuale giudizio che, in verità, non mi tocca più di tanto) ma come avevo anticipato abbondantemente prima della vicenda “mojito salviniano” in cui il mio motto era: “lasciatelo perdere; si auto demolirà da solo essendo di capacità intellettive minime”, ciò si sta avverando.
    Gli italiani (specie i sinistri), invece, ormai da tempo allenati all’anti-berlusconismo come metodologia politica (nessun programma alternativo serio con conseguente risultato quello di tenerlo in sella per un ventennio) continuano a cavalcare l’anti-salvinismo.
    In realtà il leghista si è consunto da solo non avendo, evidentemente, la capacità del Cavaliere, di far fruttare a suo favore tale esecrabile metodologia.
    Aggiungo che se, ancora oggi, i sondaggi continuano a dare il “cazzaro verde” a percentuali non basse è SOLO perché c’è un numero impressionante di persone che se non parlano male del figuro vanno in depressione.
    Analisi alternativa?
    Diminuirà la percentuale o scomparirà il personaggio per le capacità degli attuali governanti di fare una politica ALTA…..
    Non mettiamo limiti alla Speranza nel massimo rispetto della nostra cultura cristiana che fa affidamento a tale modus pensandi con capacità taumaturgiche.
    Niente di nuovo anche nell’ambito economico.
    Recovery Fund, MES, o altre sigle (la scelta è libera), con fondi gratuiti o ad interesse, prevedono la capacità di saperli spendere e la capacità di saper rispettare i tempi di utilizzo dei fondi.
    Due qualità in cui, storicamente, l’Italia ha fatto SEMPRE cilecca.
    Vedremo. Siamo qui per questo. Anzi SOLO per questo. Vivendo in un’era dove, più o meno tutti, siamo convinti che la democrazia si esplichi attraverso il voto e la scelta dei propri rappresentanti e non invece nel costruire asili, far funzionare la Scuola, dare e poi garantire il lavoro a tutti, preoccuparsi del proprio ambiente senza attendere crolli o inondazione ecc. ci spetta esclusivamente “guardare”.
    A chi mi farà notare che, attraverso la scelta dei propri rappresentanti, si può applicare la democrazia del fare, rispondo con un semplice BASTA GUARDARLI IN VOLTO NON NECESSARIAMENTE ASCOLTARLI per capire che il “fare” non è nelle loro corde.
    Niente di nuovo, infine, sullo scenario COVID19.
    Seguire le informazioni giornalistiche per avere un minimo grado di chiarezza sulla attuale situazione e non percepire che prima di ogni notizia, i giornal(a)i chiedono lumi ai loro riferimenti editorial – partitici è da tonti.
    Quindi se ci siano focolai, se il virus è pronto per riaggredirci, se invece è storia passata, se il vaccino è pronto o no, se l’allungamento dello “stato di emergenza” sia medico o politico lo dobbiamo dedurre da quei pochi neuroni rimasti nel nostro cervello.
    E se, malauguratamente, ti azzardi a timide analisi o sommatorie del tipo 1 + 1 =2, il minimo che ti può capitare è quello di sentirti appioppare una targhetta pseudo ideologica del tipo negazionista, complottista, ecc.
    Il mio amico Agostino, titolare di uno dei migliori ristoranti della mia ridente città sul mare, mi diceva “L’altro giorno mi sono reso conto che mai ho raggiunto guadagni e incassi come in questo luglio appena trascorso. La gente vuole vivere e, pur nel rispetto delle regole (mascherine all’interno) ho l’impressione che un po’ tutti abbiano ‘mangiato la foglia’".
    Bene. A fronte di tale situazione, di botto e misteriosamente, negli ultimi giorni del mese scorso sono incominciati a girare per la città finanzieri in borghese che, appena possibile, penalizzano i locali con multe salatissime.
    Nei giorni precedenti invece nulla. Per la solita matematica spicciola di cui sopra, l’unica motivazione è che ci siano focolai in giro di cui non si hanno notizie.
    Ricerca affannosa per saperne di più. Risultato: NISBA.
    Insomma niente di nuovo sotto il sole. Cose dette, cose non dette, cose apparentemente fatte e cose mai fatte.
    Ovviamente, per concludere, di altri avvenimenti italiani e stranieri, che magari un paio di mesetti fa riempivano tutte le testate giornalistiche essendo di straordinaria portata informativa, non se ne sa più nulla.
    Perfino le giornaliere notizie di violenza sulle donne, gli sbarchi clandestini che inondavano l’intero continente, le bombe nucleari a portata di mano del simpatico piccoletto nord coreano, sono finite nel dimenticatoio.
    Non fanno audience, evidentemente.
    A chi, legittimamente emetterà pareri e giudizi su di me e mi bollerà come un inguaribile pessimista, rispondo che forse sarebbe utile farsi uno studio approfonditissimo tra l’enorme differenza esistente tra pessimismo e realismo.
    Accettando ovviamente ogni possibile critica.
    Per il momento mi auguro una buona “auto cottura” da sol leone.
    A voi fresco piacevole e vacanze da sogno.

     

  • SVILUPPO, PROGRESSO
    E IL CELL CHE DA' L'OUT

    data: 25/07/2020 21:16

    Pier Paolo Pasolini, più volte, in vita, si era preoccupato – a domanda – di evidenziare l’enorme differenza tra due termini/pensiero che troppo spesso, nel nostro periodo storico, stoltamente e talvolta furbescamente si tenta di contaminare. SVILUPPO E PROGRESSO.
    Solo attraverso lo sviluppo – termine assai vago – è possibile ottenere il progresso. La possibilità di creare beni e di poter assecondare e rispondere ai nostri bisogni significa percorrere la strada del progresso. Come? Attraverso un continuo sviluppo ovviamente economico.
    Senza entrare nel tema ormai fin troppo chiaro per chi usa ancora capacità neuronali, la nostra società globalizzata, nella “fase di educazione” delle vittime di tale processo (uomini) è interamente impegnata a creare bisogni, impiantarli nel nostro cervello e poi dare il via libera alla vendita dei beni da consumare, capaci di soddisfare i nostri pseudo bisogni, appena installati dentro di noi.
    Da quattro giorni il mio cellulare alla soglia dei suoi regolamentari due anni di garanzia, prima dell’attivazione programmata all’autodistruzione e senza aver subito nessun trauma tipo caduta violenta per terra o scivolamento nel W.C, mi ha dato l’OUT. Ora è in assistenza. Tempo di ritorno 25/30 giorni.
    Non ho telefoni di riserva.
    Ecco che, ora, vi presento l’ESPERIENZA NECESSARIA che sto vivendo e non voglio perdere l’occasione (immensa) per raccontarvela con dovizia di particolari.
    La prima immediata reazione è stata “Ed ora come faccio?” (la traduzione più onesta dovrebbe essere “Ed ora come sopravvivrò?”). Nessun numero disponibile da utilizzare.
    Le due “schede”, quella “istituzionale” e quella suppletiva per contenere foto e video eliminate dal cell in assistenza, oscurano qualsiasi riferimento telefonico.
    La sensazione immediata è che non sono più al mondo. Anche qui la lettura più precisa è “non più visibile”.
    Notte insonne la prima. E se i numeri di cui sopra fossero stati “salvati” nel telefono guasto? So che la prima operazione che viene fatta è resettarlo.
    Rapporto col mondo pari a zero. Questo pulsava nella mia mente.
    La prima mattina mi ha trovato più rilassato. Mia madre, da piccolo, quando mi vedeva preoccupato per qualcosa soleva dirmi “Vai a letto e dormi. La notte porta consigli e domani starai meglio”. Puntualmente accadeva.
    L’assenza di segnali, di bip, di squilli di vario tipo mi ha trovato stranamente disponibile in quella prima mattina da uomo di Neanderthal.
    I numeri eventualmente persi? Beh…un po’ alla volta li rimetterò insieme.
    “Santo Dio!!! Ma ora con chi parlo e con chi mi confronto quando sono in solitudine (che amo tantissimo). Immediata la risposta ricevuta dal mio Io: “Con te stesso, scemo!!!”.
    In un lampo, attraverso un triplo salto mortale eccomi giovanissimo ma già adulto. Periodo epocale? Pre cellulare.
    Fantastico.
    Prima cosa fatta in quella mattina in cui avevo un appuntamento con un mio caro amico è stato quello di raggiungere la sua casa (il suo numero al momento mi era sconosciuto per la vicenda delle schede), bussare al citofono e dirgli: “Scendi, ti aspetto”.
    Vi giuro la situazione è stata di grande effetto, per quanto mi riguarda.
    Lentamente l’assenza del cell fin troppo spesso relegato tra le mie mani nei momenti di solitudine è diventata una immagine straordinariamente lontana e da sfruttare in prospettiva.
    Il bisogno estremo dell’oggetto di cui vi parlo, frutto dello sviluppo tecnologico e che mi appariva, fino al giorno prima, come testimonianza “vivente” di supposto progresso ha perso il suo valore man mano che il tempo sta passando.
    Beni necessari e beni superflui.
    Mi è ritornato in mente, in modo forte questo distinguo.
    E il cell, magicamente, è stato relegato in modo naturale nella seconda categoria.
    Fidatevi di me.
    Davvero una esperienza necessaria da fare.
    Fatelo cadere volutamente per terra. Fate sparire da casa “simil cell” e poi vedrete che mi darete ragione.


     

  • RIFLETTERE O RIFLETTERSI?

    data: 20/07/2020 21:03

    In attesa del fatidico prossimo autunno carico – così appare – di imprevedibili nefaste conseguenze, credo sia doveroso fare un esercizio psicofisico che individuo nella RIFLESSIONE.
    Il significato di tale termine è alquanto preciso: “rimandare indietro qualcosa; rivolgere la mente con attenzione su qualcosa”.
    Ed in un momento storico come quello in cui “interpretiamo” non certo viviamo la nostra Vita, in cui la distinzione tra informazione e conoscenza ha raggiunto livelli da minimo sindacale, ecco che la riflessione appare come l’unica arma capace di aiutarci a distinguere tra analisi evenemenziali, di ciò che accade attorno a noi in una sorta di fredda enumerazione di dati ed eventi (Covid19, crisi economica, ecc.) e il vissuto reale.
    Anzi preferisco definire tale vissuto semplicemente con un termine ben più significativo: VITA VISSUTA.
    Se potessimo, con un poderoso colpo di spugna cancellare la nostra cultura giudaico–cristiana e potessimo, magicamente, tornare all’antica Grecia, scopriremmo, ad esempio, che non si muore perché ci si ammala di qualche cosa, bensì che ci si ammala perché si deve morire, un giorno o l’altro.
    Scopriremmo che l’elemento determinante del nostro vivere sarebbe quello di capire fino in fondo sé stessi: percorso necessario per poter, poi, avere chiaro in noi quello che si definiva “il senso del proprio limite”.
    La vicenda virale ha evidenziato in un modo davvero straordinario il senso che diamo al nostro VIVERE.
    Ad esempio in questo periodo più volte mi sono chiesto se siamo un corpo e anima (per questo secondo elemento ognuno decida della sua esistenza o meno) o semplice organismo vivente fatto di organi tra loro strettamente correlati.
    Perché mai, dopo una lunga passeggiata magari in montagna con dislivelli estremi, al ritorno a casa ci viene spontaneo dire “Sono stanco” e non “Il mio corpo è stanco”.
    La precisa lingua tedesca, a proposito di “corpo” usa in modo preciso due termini distinti.
    Leib che identifica il corpo vivente e Korper autentico oggetto corporeo.
    Credo sia doveroso, in termini di riflessione chiedersi quale, specie di fronte a situazioni come quella vissuta in questo periodo, sia la definizione da prendere come essenziale.
    Verrebbe spontaneo rispondere, richiamando il riconosciuto e famoso “istinto di sopravvivenza”, che non ci sia partita tra Leib e Korper.
    Ma sarebbe altrettanto opportuno ricordare che l’uomo è l’unico animale sulla faccia della terra a non avere istinti, men che meno rigidi.
    L’intera psicoanalisi dai suoi natali ad oggi identifica nell’uomo solo ed esclusivamente due pulsioni, nemmeno rigide, come quella sessuale e quella dell’aggressività a favore della propria prole, entrambe finalizzate alla salvaguardia della specie.
    In una società così formata ed elaborata, al grido dell’evviva il progresso, mi rendo ben conto che riflessioni di questo tipo rasentino l’utopia più spietata se non forme di leggera pazzia.
    Forse, allora, è meglio RIFLETTERSI, divenire semplice immagine, riprodursi per riflessione.
    E magari rispolverare le complesse riflessioni, di cui sopra, quando il tanto da me amato Leib dovrà, gioco forza lasciare il posto alla crudele realtà della nostra esistenza terrena segnata dal termine Korper.


     

  • FILOSOFEGGIANDO
    DI DITTATURA DEMOCRATICA

    data: 19/07/2020 09:36

    Il grande Sigmund Freud, padre riconosciuto della psicoanalisi, nei suoi più importanti scritti, in modo chiaro e senza alcun timore, non perdeva occasione per ricordare che il vero, unico e riconosciuto “inventore” della psicoanalisi era stato Artur Schopenhauer e che egli un po’ di anni addietro non aveva subito nessun attacco alle sue teorie da parte della scienza, come invece lui, solo ed esclusivamente perché era un filosofo e non un medico e ad i filosofi tutto è concesso. Tanto non fanno paura.
    Non posso non condividere tale affermazione. Non essere sul campo ma rimanere allo “stato teorico” è un’ottima difesa. Una salvaguardia come la fu per Schopenhauer.
    Come dire che il nostro sempre verde (o sempre nero, inteso riguardo al colore della folta capigliatura) Massimo Cacciari è davvero libero di poter etichettare l’attuale situazione politica italiana niente altro che una dittatura democratica.
    In realtà ero già rimasto sorpreso da una sua precedente definizione circa la “gestione” di una certa forma di “capitalismo terapeutico” (!?) da parte del primo ministro Conte e avevo licenziato tale considerazione con il classico “davvero bello filosofeggiare” ma non mi aspettavo la scoppiettante affermazione a seguire.
    DITTATURA DEMOCRATICA.
    Si potrebbe per cercare di “capitalizzare” tale definizione fare un bel viaggetto storico a ritroso e scomodare la definizione che Luciano Canfora dà di Giulio Cesare tenendo presente che è indubbio che il nostro grande filologo e storico pugliese sia uno dei più grandi conoscitori e studiosi del personaggio romano in assoluto.
    Ma credo davvero non sia il caso.
    Molto più agevole, invece, dare una occhiata al più vicino – in termini temporali - Mao Zedong che usò tale terminologia per la prima volta in un discorso tenuto nel lontano 1949. Con una variante. Per dittatura il caro Mao intendeva la dittatura nei confronti degli imperialisti e dei simpatizzanti il partito di Chiang Kai-shek, suo acerrimo nemico.
    Chi è, allora, nella nostra simpatica italietta l’acerrimo nemico del definito “dittatore democratico” Conte, secondo Cacciari?
    Siamo alle porte di una Rivoluzione?
    Difficile ipotizzare anche questo ulteriore corposo termine, complesso almeno quanto il “dittatura democratica”.
    Le rivoluzioni – la Storia ce lo ha insegnato in modo chiaro e inconfutabile - si hanno SOLO quando possono confrontarsi due idee tra loro in contrapposizione. Proletari e capitalisti, per intenderci. Padrone e operaio, se la distinzione vi appare più chiara.
    Ma quando le due “fazioni” seguono la stessa bandiera e la controparte è un elemento impersonale come “il mercato” fare rivoluzioni è davvero difficile, direi impossibile.
    Forse l’arcano è in quel capitalismo terapeutico di cui il filosofo veneziano parla?
    Chissà.
    Tutto sommato, come Artur Schopenhauer non sarà attaccato da più parti. In fin dei conti non è altro che un filosofo e filosofeggiare è il suo mestiere.


     

  • SOCIETA' LIQUIDA?
    NOI SIAMO OLTRE IL GAS

    data: 15/07/2020 15:56

    “Benvenuto o bentornato (fate voi secondo le personali scuole di pensiero) Covid 19. Che Dio ti benedica”.
    Ascolto la voce del nostro rampante “avvocato” del Popolo che ogni mattina ripete il ringraziamento al virus magico.
    Finché c’è lui, ne possiamo essere certi, niente si muoverà, niente accadrà di tanto grave da smuoverlo dalla poltrona a cui si è avvitato come in quella famosissima vignetta che impersonava l’immortale Andreotti nella stessa posizione “non svitabile”.
    A fronte di tale situazione, nel frattempo, siamo in attesa di alcuni virologi, immunologi e similari pronti a scendere in piazza contro questa decisione di allungamento dello stato di emergenza.
    Devo dire che questa davvero non me l’aspettavo. Più logica mi è sembrata la discesa in campo, nelle prossime elezioni regionali, di “scienziati” pronti a cavalcare l’onda del successo.
    Quasi in contemporanea sembra che un centinaio di intellettuali abbiano preparato un documento in cui si ipotizza una critica al prossimo DPCM etichettandolo come fuori da ogni norma democratica.
    Qui bisogna chiarire subito una questione.
    Questi 100 “marrani” sono complottisti o anti complottisti?
    Intendo dire che se ipotizzano un complotto dovrebbero essere anti complottisti. Eppure, a naso, sento che saranno etichettati come complottisti.
    Mistero della fede.
    Evito di ritornare al solito ritornello secondo il quale è inimmaginabile perfino ipotizzare cosa sarebbe successo se solo una parte di queste ultime decisioni avessero visto come protagonisti “il cazzaro verde e la streghetta” come si usa definirli.
    Comunque, in attesa che l’ex leghista, poi cinquestellista Paragone metta su il suo partito, in attesa che l’ombroso primo ministro della Capitanata quantizzi il suo valore elettorale con un nuovo movimento, in attesa che il sempre verde Cavaliere accetti l’abbraccio del “mortadella nazionale” per rientrare da protagonista nell’agone politico, in attesa che il bullo fiorentino si liquefi al sole cocente divenendo definitivamente vapore acqueo, siamo tutti prontissimi alla nuova gara elettorale.
    Sempre che ci sia. Non dimentichiamoci il “semprevivo Covid19” pronto all’occorrenza.
    Ora è tempo di sondaggi o meglio di guerra di sondaggi. Quando lavoravo nel settore comunicazione dell’Ente regionale, periodicamente ci divertivamo a manipolarli cambiando le domande da proporre ai cittadini. Riuscivamo, usando gli stessi individui intervistati, ad avere variazioni fino al 7/8 %.
    Immaginate ora quanto mi fidi dei sondaggi...
    La verità incontestabile è che tutto il mondo è paese.
    Nella mia ridente cittadina pugliese affacciata sul mare, ad esempio, negli ultimi anni ne abbiamo viste di crude e di cotte. Dal leader locale incontrastato del PdUP, poi nei quadri regionali del PCI, divenuto alla prima comparsa del Cavaliere sul terreno politico, Senatore della Repubblica nella formazione berlusconiana; al rampante e promettente giovane socialista al governo locale in quel periodo in una coalizione di sinistra, che fa decadere il tutto per “scarsa ideologia riformista” e nel giro di pochi mesi divenire Sindaco di una alleanza di destra, con tanto di benedizione dell’allora leader Fini presente alla chiusura della campagna; al giovanotto di questi ultimi periodi, possessore di un lauto numero di voti a suo favore che dalla sua originaria destra, diviene massimo garante della Giunta rosa pallida (fucsia direbbe il filosofo Fusaro) della città, poi grande alleato di Emiliano, poi pronto a presentarsi alle prossime elezioni nella sinistra pugliese divenuta “rosa pallido slavato” che nel giro, di 24 ore, firma un patto con l’ex avversario Fitto dando il ben servito all’ex magistrato barese.
    “Cambio di casacca”: così si definisce tale esercizio camaleontico. Io l’ho sempre chiamato assenza di etica e disonestà intellettuale.
    Mentre scrivo, vi confesso, rido a crepapelle perché mi rendo perfettamente conto che tutto ciò che ho appena detto potrebbe essere inficiato in un batti baleno.
    Bauman la definì Società liquida. Io dico che siamo oltre il gas…..
    Non lo si vede ma il tanfo è sempre presente.


     

  • PUNTO DI VISTA

    data: 13/07/2020 15:14

    Chissà perché, quando si fa riferimento a tale concetto/pensiero, quasi sempre e rapidamente lo si individualizza e lo si trasforma in un più semplice ed immediato “il mio punto di vista è” esprimendo speditamente ciò che è il proprio pensiero su un tema o su una vicenda.
    Io, invece, voglio parlarvi di altro.
    Per essere più chiari voglio evidenziare come sarebbe cosa buona e giusta, almeno una tantum, vedere le cose da un punto di vista diverso. Insomma per farla ancora più chiara imbarcarsi, almeno in modo immaginario, su un tram o treno a forma di astronave, partire per un breve ma intenso viaggio per poter guardare il mondo “da un punto di vista diverso”.
    Ci provo e vi dico cosa vedo.
    Incomincio a scrutare l’habitat in cui siamo collocati. La Natura per intenderci. O quello che ci è rimasto. Tra ghiacciai che rapidamente si sciolgono, strane “perturbazioni” inusuali in certe zone del mondo fino a drammatiche masse di gas intossicanti che coprono intere zone del nostro globo.
    Lo chiamano smog.
    Scopro che stranamente (?!) intere specie animali si dirigono verso la loro estinzione. Le api, per esempio, (causa pesticidi) o gli elefanti che in modo misterioso muoiono. Intere foreste azzerate da sospetti incendi distruttivi ed altre catastrofiche varianti.
    Ribellione della Natura? Evidentemente no.
    Oppure “cherchez la femme” (cercate la donna) come si diceva una volta scherzosamente ma non troppo, nel parlare comune, per affermare che le donne sono la causa diretta o indiretta di un determinato evento, anche quando non sembrano esservi assolutamente coinvolte?
    Nel nostro caso è evidente che bisogna “cercare l’uomo” e possibilmente renderlo inabile.
    Sotto tutto questo lordume – termine che ben si adatta a tale situazione – c’è lui. L’uomo dello sviluppo, della crescita economica, della globalizzazione a tappeto. Nulla di tutto ciò, è evidente, ha a che fare con un termine di ben altro spessore: progresso.
    È l’uomo del XXI secolo consegnatosi definitivamente (il percorso è stato lungo ma inesorabile) alla “logica” più drammaticamente razionale che esista: quella della tecnica e del danaro. La tecnica ligia alla regola del massimo profitto col minore dispendio di risorse, capace di qualunque scoperta scientifica ma incapace ormai da tempo a prevederne i risvolti (leggi COVID19). E il danaro, ultimo feticcio a cui l’uomo ha offerto il suo amore smisurato.
    L’uomo svuotato da ogni possibile riferimento che abbia un minimo di trascendente, consegnatosi anima e corpo ai nuovi idoli capaci di trasformare l’essere “a somiglianza divina” in consumatore incallito e, permettetemi, notevolmente incarognito.
    Non è certo necessario dover ricordare Nietzsche e il suo Dio morente tanto è reale ciò che sto evidenziando.
    E mentre nel nostro piccolo – ora sono sceso sulla terra e do una sbirciatina alle faccende nostrane da cui siamo tanto attratti – diamo “il nostro punto di vista” a vicende come il prolungamento misterioso del “coprifuoco virale”, gli improbabili inciuci pseudopolitici, a chi dedicherà tempo e professionalità ai nostri malsani ponti di facile crollo, l’inquietudine del PUNTO DI VISTA sull’astronave immaginifica perde visibilità e credibilità.
    Ma rimane l’inquietudine.
    Così la definisce uno dei più grandi filosofi dello scorso secolo Martin Heidegger.
    INQUIETUDINE per aver lasciato il mondo nelle mani della tecnica, INQUIETUDINE perché non ci siamo fatti trovare preparati di fronte a tale devastante situazione e soprattutto INQUIETUDINE – la più grave - perché non abbiamo una nuova idea di vita da contrapporre a questa realtà che conclude ogni suo progetto, ogni suo pensiero presente e futuro con la solita e nefasta domanda: “Si, va bene, ma il business dov’è?”
     

  • IL MIO IMBARAZZO
    DI ESSERE ITALIANO

    data: 18/06/2020 16:04

    Spesso mi si etichetta come inguaribile pessimista (alla Arthur Schopenhauer per intenderci). Sarei un bugiardo se dicessi che non ami moltissimo quel filosofo. Ma credo che sia molto più onesto e coraggioso fare una disamina su tutto ciò che sta accadendo nel nostro Paese e poi, chiedersi magari: si può essere anche moderatamente ottimisti?
    Sgombriamo innanzitutto il campo da qualsiasi cosa che potrebbe portarci su vie/altre razionalmente non analizzabili. Sto parlando di speranze, auspici, auguri e atteggiamenti similari. La mia verità (non di altri per carità….) è un’altra.
    Sentirsi Italiani, in questo periodo divenuto un po’ troppo lungo mi imbarazza e non riesco a nasconderlo. La pandemia “covidiana” targata 2019 e la conseguente crisi economica sembrerebbe segnare questo periodo. Ci si potrebbe nascondere dietro questa “verità” e dire serenamente “Certo se non ci fosse stata questa drammatica situazione, beh…….allora….”
    Beh cosa? Mi chiedo.
    È sbagliato proporre la situazione che stiamo vivendo nel seguente modo “a causa della crisi economica e susseguente COVID19” invece di anteporre il Corona Virus come elemento deflagrante?
    Ricordo a tutti che non siamo nel campo della matematica e la regola commutativa secondo quale l’ordine degli addendi non cambia il risultato, in altre materie che non siano matematiche, non funziona.
    Rispettiamo i tempi cronologici.
    Si potrà dire che la situazione pandemica ha aggravato ULTERIORMENTE la situazione.
    Dire il contrario è per me fonte di IMBARAZZO per far riferimento al titolo dell’articolo.
    Ma continuiamo nella disamina.
    Conseguente a tale situazione si è ritenuto necessario realizzare una grande riunione/assemblea denominata Stati Generali. Non entro nel merito ma, per esempio, mi chiedo cosa abbia voluto dire “tenere le porte chiuse” all’Informazione.
    Per chi ha sempre criticato come me la banda Bildenberg (porte chiuse) in giro per l’Europa trovarsela in casa non porta imbarazzo?
    Lasciamo da parte COVID19 e economia MES non MES.
    Passiamo ad altro.
    Ieri per “ritardi del sistema” il Sig. Carminati ha lasciato le patrie carceri. Alla faccia del bicarbonato di sodio!!!
    Domanda. Ma è la terza fase come il COVID19? Si va tutti in discoteca?
    Reazione personale? IMBARAZZO.
    Proviamo a cambiare pagina.
    Riusciremo a mettere fine al dilemma Bonafede – Di Matteo?
    E Palamara & company ce li dobbiamo tenere ancora per un po’ di tempo?
    Mentre scrivo bussano alla mente altre situazioni e davvero c’è il rischio che il mio articolo non abbia mai fine.
    Proverò a convivere con questo IMBARAZZO patologico, allora.
    E se vi va chiamatelo pure pessimismo cosmico.
     

  • 1992, TANGENTOPOLI
    2019, PALAMARA

    data: 09/06/2020 14:10

    PRIMA FASE. 17 febbraio 1992.
    È la data di inizio di Tangentopoli. Il giovane magistrato Antonio Di Pietro ottiene dal GIP Italo Ghitti un ordine di cattura per l'ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di primo piano del PSI milanese.
    28 ottobre 1993. Parte il processo a Sergio Cusani che coinvolgerà l’intera classe politica ed imprenditoriale italiana.
    Velocità inusuale per la nostra Giustizia ammalata da tempi immemori di elefantiasi cronica.
    Nel breve intervallo tra le due date – giova ricordarlo - muoiono assassinati Giovanni Falcone il 23 maggio 1992 e Paolo Borsellino il 19 luglio dello stesso anno.
    Da una parte POLITICI – IMPRENDITORI/FINANZIERI – MAFIA e forse una parte copiosa di apparati dello Stato.
    Dall’altra un pool di magistrati (Antonio Di Pietro, Gerardo D'Ambrosio, Francesco Saverio Borrelli, Ilda Boccassini, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Armando Spataro, Francesco Greco e Tiziana Parenti) sospinti dalla opinione pubblica, dai giornali e forse da interessi geopolitici dei quali ultimi, come da prassi, non sapremo mai nulla.
    SECONDA FASE. Maggio 2019
    Luca Palamara magistrato di fama e bravura indiscusse (altro che Mario Chiesa….) componente del CSM nonché Presidente dal 2018, a soli 39 anni, dell’Associazione nazionale magistrati viene indagato per corruzione e con lui emerge un vero e proprio scandalo tra i massimi esponenti della magistratura italiana.
    Come naturale “anniversario” temporale di tale vicenda a maggio 2020 esplode il caso Bonafede – Di Matteo – Basentini.
    All’ombra del virus biancorosso (Covid19) escono dalle carceri autentici “galantuomini”, una parte dell’Italia inorridisce e per una situazione casuale (?!) una telefonata in diretta TV alza il coperchio sul pentolone sempre colmo dell’Italian political style.
    La trasmissione “opinionista” con il più alto indice di gradimento italiano (Non è l’arena) ci propone una sorta di naturale continuazione della vicenda Palamara.
    Così, da settimane, sulla vicenda e sul palcoscenico della trasmissione si alternano magistrati pronti a dare una spallata definitiva al cosiddetto regime.
    Proviamo a immaginare una benché minima ipotesi.
    Escludo, senza se e senza ma, l’idea che il conduttore di tale trasmissione sia il braccio armato della “destra” con finalità quella di far “saltare il banco” altrimenti tanto vale affermare e/o ipotizzare che il Pool di Mani pulite nel lontano 1992 fosse il braccio armato dell’allora PCI.
    Non semplice interpretare la vicenda ma un legame con la prima fase lo si potrebbe esprimere nel seguente modo:
    Da una parte POLITICI – IMPRENDITORI /FINANZIERI – MAFIA e forse una parte copiosa di apparati dello Stato a cui, stavolta, aggiungere una parte copiosa e altisonante di TOGHE.
    E dall’altra parte……………????
    Una volta c’era l’opinione pubblica e, su tutto e tutti, l’informazione con i suoi giornalisti.
    Oggi, anche una gran parte di questi ultimi, sembrano, collusi in tale devastante vicenda.
    È indubbio che si sia tutti ben consapevoli che la nostra attuale Società apparentemente depressa si sia stabilizzata su una nuova motivazione nevrotica di carattere ormai generazionale. Non più sensi di colpa per i misfatti compiuti bensì dare una risposta possibilmente positiva al dilemma “ce la farò o non ce la farò”, “sono dentro o fuori al Sistema?”.
    Essere fuori dal proprio ruolo, ancor peggio non averlo, è ciò che di più drammatico ci possa accadere.
    L’altro giorno il coup de theatre lo ha messo a segno il sempre vivo Luigi De Magistris: “Sulla scarcerazione dei boss sento puzza di 'ndrangheta'”, lanciando nel lago la metaforica pietra in attesa dei cerchi concentrici a venire.
    Insomma, sembra di poter dire che ci siamo rimasti solo noi definiti “opinione pubblica”.
    Allora credo sia tempo di alzare la testa.
    A meno che l’organo contenitore del nostro pensare non sia più da tempo sopra il nostro collo.
     

  • PIU' CI OMOLOGHIAMO
    PIU' CI SENTIAMO PARTE
    DI UN SISTEMA VINCENTE

    data: 03/06/2020 17:39

    Nella patria del consumismo e del capitalismo, nello Stato che nell’immaginario collettivo ha rappresentato per secoli e secoli il concetto di libertà, di parità tra popoli e razze, sembra che una “categoria” di lavoratori sia allo sbando. Parlo degli Stati Uniti d’America. Metalmeccanici Agricoltori? Pescatori? Macché. Gli psicologi.
    Può apparire una notizia priva di fondamento o addirittura l’ennesima fake news in libera circolazione sui nostri mezzi di comunicazione e di informazione propagandata. Eppure ciò che affermo corrisponde a verità.
    Per intenderci Freud, Jung, Lacan - per fare i nomi più altisonanti - sembra siano fuori moda. Verrebbe da pensare che la Terra si sia svuotata di depressi, nevrotici e affini. Quasi un nonsense.  Ma come? COVID19, perenne crisi economica, venti di guerra a destra e a manca, non bastano Meglio chiarire allora.
    Gli psicologi arrancano ma solo perché una nuova categoria di professionisti della psiche avanza. Si chiamano CONSULENTI FILOSOFICI. E la motivazione di questa apparente rivoluzione sta nel cambio della patologia da curare.
    Oggi la prima necessità è nel rimettere a posto il PENSIERO.
    La gente non pensa più. Per essere più chiari, non ha più la percezione della realtà. Cosa sia vero o falso, buono o cattivo, utile o superfluo.  Quell’individuo che una volta per mera volontà della cultura cristiana era stato posto al centro dell’universo è in piena crisi esistenziale.
    La tecnica e il danaro, antichi mezzi a disposizione dell’uomo per raggiungere sviluppo e progresso sono assurti a principali fini del nostro vivere.
    Tanto da poter affermare, a proposito di psicologia, che sia legittimo aggiungere a pieno titolo accanto ad Es, Super Io e Io, un inconscio tecnologico.
    Per dirla tutta, allo storico inconscio pulsionale freudiano, fatto di sessualità e aggressività, ormai da una ventina d’anni si ha a che fare con una società (ma non siamo noi?) che ci chiede “di essere perfettamente omologati all'apparato di appartenenza (sia esso amministrativo, burocratico, industriale, commerciale), per evitare di toccare con mano la propria inadeguatezza rispetto alla perfezione della macchina, e scoprirsi null'altro che un modo deficiente d'esser macchina, una scandalosa non-macchina, un clamoroso Nessuno” come Umberto Galimberti, un po’ di anni fa, ebbe a dire a proposito di questa silenziosa e rivoluzionaria trasformazione.
    Basterebbe soffermarsi solo per un attimo, a rileggere l’ultimo periodo vissuto all’ombra del virus pandemico per rendersi conto che tutto ciò che ho appena affermato calza alla perfezione.
    Cerchiamo allora la “macchina” in questo periodo “funesto”
    Come tutte le “macchine”, nell’era della tecnica, anche essa è segnata – meglio dire celata - sotto una sigla. In questo specifico momento storico si chiama OMS con i suoi protocolli, con i suoi rapporti con le grandi case farmaceutiche e sue naturali (?!) appendici.
    Conseguenziale l’altro elemento: il danaro che, come si sta evidenziando in tale periodo, più di ogni altra problematica, opera su diversi tavoli, siano essi semplicemente economico finanziari sia politici e geopolitici.
    Appare evidente che la tecnica appena ricordata non sia più uno strumento nelle mani dell’uomo/individuo bensì una complessa “attrezzatura” in cui si è, ormai da tempo, piccoli e infinitesimali ingranaggi.
    E se sei o, ancor peggio ti senti semplicemente ingranaggio, allora non ti rimane altro che sperare di essere riuscito in un’opera di integrazione tecnologica che nulla ha a che fare con l’Io individuo.
    Non è azzardato dire che viviamo nell’Era delle “psicologie di adattamento”.
    Di una cosa si può essere certi. Ci giudichiamo in base alla nostra capacità a saperci integrare con la “macchina”. Più ci omologhiamo e più crediamo di essere parte del Sistema che, per definizione, è sempre vincente.
    Forse il tempo ci riconsegnerà una lettura seria di questa ultima vicenda pandemica fatta di lockdown, di inviti tramutatisi in ordini nel tempo a comportamenti talvolta svuotati di sensibilità.
    Preferisco terminare questa riflessione dedicando un PENSIERO ad altro.
    Si chiama OSSITOCINA. Un ormone prodotto dal nostro cervello capace di aumentare i comportamenti pro-sociali come altruismo, generosità ed empatia e che ci porta ad essere più propensi a fidarci degli altri e più bravi a riconoscere le emozioni.

    Spero con tutto il cuore che questo ultimo periodo di distaccamento e di spiccata asocialità non abbia causato sterilità nei nuclei ipotalamici produttori di tale “magnificenza umana”.
    Lo so bene che emozioni, sentimenti, empatia, non producono “sviluppo” (tecnica e danaro) ma rimango convinto che siano elementi basilari per quello che si definisce “progresso”.
    Pier Paolo Pasolini, nel lontano 1973 tentò di ricordare un po’ a tutti la manovra subdola che provava a rendere tali concetti similari e c’era una classe politica e una ideologia ad essa di supporto che avrebbe dovuto svelare l’oscuro tentativo.
    Ma ci tocca ammettere che tale manovra nel tempo sia perfettamente riuscita.
     

  • COME LA MAGISTRATURA
    E' PASSATA IN 18 ANNI
    DA BORRELLI A PALAMARA?

    data: 27/05/2020 15:35

    Diciotto anni fa ascoltammo un po’ tutti attoniti il messaggio di Francesco Saverio Borrelli all’apertura dell’anno giudiziario del 2002: "Resistere, resistere, resistere". Difficile dimenticarlo. Difficile non ricordare come tale invito senza dubbio di carattere politico lasciò perplessi gli italiani tutti. Specie quelli che avevano seguito con attenzione e partecipazione la stagione di Mani Pulite da poco conclusa. Ricordo, come fosse ora, gli applausi di alcuni e l’abbandono, da parte di altri (parlamentari), della Sala della cerimonia.
    In questi giorni molti hanno identificato, in modo simbolico e non, quel momento in un autentico “travaso” di Poteri dalla Politica alla Magistratura. Un entrare in campo inteso come freno o ultimo baluardo rispetto ad un momento storico in cui la politica pareva voler mettere il bavaglio all’operato della Giustizia.
    A distanza di diciotto anni dobbiamo, invece, vidimare un percorso per lo più delittuoso da parte di un manipolo (copioso) di uomini della Legge di altissimo profilo.
    Era prevedibile? Inevitabile? Sulla buonafede (da non scambiare con Bonafede) di Borrelli difficile avere dubbi. L’intero percorso del magistrato ne è stato elemento probante.
    Ma è bastata (ancora una volta con la mano magica del COVID19) la vicenda della “liberazione” di Zagaria e compagni – perché di liberazione si è trattato – e il conseguente scontro tra il Ministro della Giustizia e il giudice Di Matteo, per risollevare quell’incredibile polverone pieno di veleni legato alla vicenda Palamara.
    È bastato chiedersi semplicemente il perché del repentino cambiamento di idea circa la nomina alla direzione del DAP a favore di tale Basentini a discapito di un “fuoriclasse” come Di Matteo, per rimescolare le carte riportando sotto i riflettori le trattative Stato-Mafia e le intercettazioni telefoniche su Palamara con un numero cospicuo di magistrati.
    È perfino ricomparso, sui media, il parere dato a suo tempo all’alto magistrato romano dall’allora ex Presidente della Repubblica Cossiga che lo definì “faccia da ceffo, peggiore delle scatole di tonno dal nome similare”.
    Insomma una Magistratura, foss’anche in modo parziale, fatta da uomini di altissimo spessore, assolutamente inquinata e delittuosa.
    Con la classica ciliegina sulla torta rappresentata dalle intercettazioni fatte dall’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati nonché consigliere del CSM Palamara riguardanti il sen. Salvini.

    E ora?
    C’è chi dice che è opportuna una riforma che parta dal suo interno. Come dire: è la stessa magistratura che ha l’obbligo di ripulirsi. Chi invece vede in questa devastante situazione che inficia in toto la credibilità dell’intera magistratura, almeno nell’immaginario collettivo, il momento buono per realizzare un’autentica rivoluzione capace di ridare ad ogni Istituzione i suoi giusti compiti e limiti e per poter parlare una volta per tutte di un Paese libero e democratico.
    La falla è enorme e l’opinione pubblica, pur in un momento in cui vige legittimamente l’interesse a salvarsi il lato B (leggi COVID19) e il portafoglio (leggi crisi economica) sembra non voler far cadere nel dimenticatoio tale vicenda.
    Sembra.
    Lo si capirà dal come l’Informazione intenderà “usare” tale vicenda nei prossimi mesi. Per ciò che è trapelato circa il livello altissimo di collusione tra giornal(a)i e i figuri di cui si parla non c’é da rimanere allegri.
    Ma ancora una volta dobbiamo aggrapparci alla solita trita e ritrita frase: “Finché c’è vita c’è speranza”.

     

  • GRAZIE CORONA
    PER AVER SCOPERCHIATO
    IL VASO DI PANDORA

    data: 24/05/2020 15:19

    ll vaso di Pandora è, nella mitologia greca, il leggendario contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua apertura. “Per vendicarsi di Prometeo, il titano che aveva donato il fuoco agli uomini rubandolo a Zeus, il re degli Dei decise di regalare la donna – Pandora – agli uomini.
    Secondo il racconto tramandato dal poeta Esiodo il vaso era un dono fatto a Pandora da Zeus, il quale le aveva raccomandato di non aprirlo. Quel vaso, che avrebbe dovuto contenere il grano, conteneva invece i mali che affliggono l'uomo e che erano fino a quel momento separati da lui.
    Pandora, che aveva ricevuto dal dio Ermes il "dono" della curiosità, non tardò però a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali del mondo, che erano gli spiriti maligni della vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia e il vizio”.
    Cambiate il nome alla bellissima donna (così la definisce Esiodo) e chiamatela Corona o COVID.
    Davvero complesso elencare tutto ciò che ci è apparso dinanzi agli occhi in virtù della decisione di Corona ad aprire il suo vaso.
    Abbiamo scoperto l’OMS, il suo direttore generale e il suo “debole” per Xi Jinping; le attenzioni estreme del “filantropo” Bill Gate sul tema delle pandemie e vaccini annessi; abbiamo scoperto l’interesse della medicina (?!) per gli studi sui e con i virus attraverso laboratori dediti alla ingegnerizzazione di tali elementi; abbiamo assistito al confronto – meglio dire scontro – tra luminari della scienza con curriculum più o meno credibili tanto da abituarci a diagnosi che passavano, nell’arco di una settimana, da “banale influenza” a “peste bubbonica”.
    E, in questo “settore” si potrebbe continuare ad libitum. Corona ci ha ulteriormente informato sulla scarsa credibilità della Informazione e conseguente Comunicazione, dato da tempo conosciuto, ma che nell’occasione ha raggiunto livelli inimmaginabili. Un’autentica Informazione ad orologeria. Ha perfino dato i natali ad una nuova metodologia statistica, valida non più a livello globale ma esclusivamente in forma territoriale.
    Tra tamponi sì e tamponi no, tra analisi sierologiche e misurazioni di temperature, ancora oggi non si ha ben chiaro se questa pandemia sia, in termini di numeri di decessi, in linea se non addirittura al di sotto delle precedenti similari esperienze. Salvo una constatazione evidente: l’attenzione spasmodica a tale vicenda da imputare al fatto che questa volta il virus ha colpito essenzialmente zone “benestanti”. Per essere ancora più chiaro non quei continenti in cui la morte è praticamente di casa.
    Ma Corona ha, su tutto, messo in chiaro, una volta per tutte, una drammatica VERITA’. Questa davvero da tutti noi conosciuta da tempo ma sempre celata (vergogna?). COSA SIAMO DIVENUTI E CHI SIAMO, OGGI.
    Friedrich Nietzsche, alla fine dell’800 ci informava che “Dio è morto”. Tale affermazione, deve essere chiaro, prevedeva che, un tempo, “L’Ente supremo” era vivo.
    Oggi gli elementi che caratterizzano questa Umanità in pieno nichilismo è l’assenza di uno scopo, l’assenza di un perché alla motivazione per cui val la pena vivere, la totale disgregazione dei cosiddetti Valori.
    Una Umanità vuota, senza sentimenti ed emozioni, senza etica. Pronta a svendere qualsiasi supposto Valore, foss’anche la Libertà individuale, pur di vivere. Meglio dire sopravvivere.
    Espressione massima di tale nefanda situazione è stato l’abbandono – non trovo altro termine - dei propri cari nel momento del loro trapasso in cambio della propria vita da salvaguardare.
    E, ancora una volta, mi corre l’obbligo di puntualizzare che ciò è avvenuto a fronte di un rischio di contagio.
    Rischio e non certezza.
    Una umanità completamente legata alla Tecnica e al Denaro divenuti nuovi incontrastati Esseri sovrannaturali a cui far riferimento ed a cui vendere la nostra esistenza terrena.
    Si potrebbe davvero continuare all’infinito tante sono le Verità “scoperchiate” da Corona.
    Dovremmo dire “Grazie Corona” per aver aperto quel vaso.
    Ma tutti, credo, abbiamo un grosso timore. Che pur di fronte a tali verità che ci hanno denudato completamente poco o nulla cambierà.
    Non ci resta, allora, che rimetterci nelle mani del Mito originario in cui Pandora lasciò nel fondo la Speranza e quando decise di riaprire il vaso la lasciò libera.
    Credo ci rimanga solo quella.

     

  • IL MERCATO
    DELLE PAROLE

    data: 15/05/2020 09:50

    Ho sempre privilegiato, in ambito comunicativo, la trasmissione orale rispetto a quella scritta.
    Pur nella consapevolezza della validità del postulato “Verba volant scripta ma-nent” e di quanto sia molto più semplice affermare di non aver detto una cosa a fronte di uno scritto indelebile e sempre presente – salvo stracciare repentinamen-te il materiale – rimane un dato incontrovertibile.
    L’udire, aggiunto al vedere, ci consente di avere un elemento ulteriore per poter verificare e conseguentemente capire la fonte comunicativa.
    Quando intendo oralità, intendo ovviamente quella de visu, sia essa espressa in un luogo in cui è possibile la vicinanza corporea sia attraverso un mezzo mediati-co che ci consenta di poter guardare il trasmettitore nelle “palle degli occhi” come si suol dire.
    Il codice orale è già di per sé un mezzo di comunicazione “secondario” proprio perché attraverso dei termini precisi si deve tramettere un pensiero, una emozio-ne, un elemento capace di colpire. Dobbiamo scegliere termini giusti. E, in questo caso, non sarà uno schiaffo se vogliamo offendere o una carezza se vogliamo tramettere felicità.
    La retorica nel suo significato originario è il mezzo usato sia nella trasmissione scritta che in quella orale. L’uso delle parole o l’eloquenza che dir si voglia.
    Ma è indubbio che è più facile percepire quello che si definisce in gergo “il sotto testo”, ciò che rimugina nella mente della fonte mentre codifica il suo pensiero, quando si è di fronte a chi vi parla grazie a quell’aiuto che “l’udire” vi offre nella codificazione.
    Eppure oggi, forse come non mai, sia negli scritti e ancor più nella narrazione orale si è di fronte ad un “mercato” delle parole.
    E la retorica la si deve, quasi sempre, definire nella sua accezione dispregiativa. Un parlare e un uso delle parole che ci dà l’idea di essere improntato a una vana e artificiosa ricerca dell’effetto.
    Forse perché, specie nell’ambito politico – a cui credo si sia aggiunto per certi versi in modo imprevedibile in questi periodi quello della scienza – non c’è più una comunicazione tra i due protagonisti (sorgente e bersaglio) in quanto il loro posto è stato preso da un banale venditore e da un altrettanto mediocre acquiren-te.
    E allora è gioco forza chiedersi chi detti le regole di “mercato” e chi ha predomi-nanza tra domanda o offerta.
    Ai termini/merce molto in voga in questo periodo come populismo, sovranismo e il sempre più di moda complottismo, giusto per fare degli esempi, negli ultimi tempi si è aggiunto un altro termine che letteralmente sta spopolando.
    PREVISIONE: termine che, specie in questa fase pandemica e susseguenti effetti economici, ha perso il suo significato originario e da semplice concetto di “ipotesi sul futuro” è divenuta una sorta di verità su cui fare affidamento.
    Su questo concetto “futuristico” si stanno realizzando campagne di Comunicazio-ne estese che hanno incredibilmente segnato le nostre vite e purtroppo credo con-tinueranno a condizionarle.
    Viviamo in un Mercato delle parole con cui, credo, ci si dovrà confrontare sempre più con maggiore attenzione e con una buona dose di sospetto.
    Altrimenti finiremo, inevitabilmente, per essere esclusivamente semplici consu-matori al servizio di comuni venditori di parole.
    Se non vittime.

     

  • MA E' COMPLOTTISMO
    CHIEDERSI SE QUALCUNO
    CI STIA MARCIANDO?

    data: 09/05/2020 16:50

    Lungi dal pensare di scomodare il best seller del 2007 SHOCK ECONOMY di Noemi Klein o le migliaia di inchieste sulle Torri Gemelle proviamo ad ipotizzare scenari futuri a fronte della ormai globalizzata e globalizzante vicenda del Covid19.
    Fatta salva quella che appare una verità assoluta secondo la quale, qualsiasi ipotesi o qualsiasi opinione non si allinei con quella ufficiale è soggetta ad essere definita complottista, penso che nulla ci vieti di ipotizzare scenari/altri.
    Atteniamoci ai due principi cardine della Ragione secondo i quali ciò che è non può non essere (principio di non contraddizione) e sul fatto che l’esistenza di una causa è motivo di esistenza di un secondo momento, detto effetto (Platone docet).
    Sulla base di ciò, non possiamo non definire, il Covid19, un virus. E non possiamo evitare di constatare che a causa della sua esistenza gli effetti ottenuti sono stati devastanti.
    Ma proprio perché stiamo parlando di Ragione e non di un tema SACRO che prevede, nel suo esistere, una commistione di più codici, ecco che possiamo libe-ramente viaggiare sui diversi significati da dare alla malefica esperienza virale.
    In una straordinaria conferenza di alcuni anni fa, il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti, a proposito di “oscillazione” dei significati, riportava, come riferimento, Giacomo Leopardi nel “Canto notturno” quando chiedeva alla Luna cosa ci stesse a fare nel cielo. Domanda da folle si potrebbe dire se non intendes-simo bene il senso di tale domanda e ciò che implica tale oscillazione di significa-to in merito alla sua esistenza.
    Potremmo, ad esempio licenziare la vicenda COVID19 come un meritato castigo di Dio o l’effetto inevitabile della ribellione della Natura divenuta vittima sacrificale di manipolazioni umane. Ma rimaniamo nel campo della Ragione e da qui proviamo a non spostarci.
    Come si sia creata - trasmigrazione da animale ad essere umano o industrializzazione di un virus in spazi laboratoriali - non è elemento di analisi.
    Atteniamoci agli effetti. Gli ultimi dati scientifici ci consegnano una situazione che, lentamente, sembra stia evaporando. Il tutto sempre etichettato come frutto di previsioni. Fateci caso ma mai tale termine è stato usato con tanta facilità di-menticando (a mestiere?) che una previsione non è mai un dato certo al quale poter dare sufficiente credibilità. Gli effetti comunque, sotto gli occhi di tutti, sono il numero dei decessi, i contagiati, gli asintomatici e via dicendo.
    Soffermiamoci, invece, su quelle oscillazioni dei significati che meritano massima attenzione. Cosa è cambiato a fronte di tale drammatica esperienza? Cosa ha lasciato sulla pelle dei “sopravvissuti”?
    Elenchiamo dei dati.
    - Un evidente cambiamento in termini di approccio psico–fisico con “l’altro” sia esso estraneo o congiunto come si usa definire un certo tipo di tipologia umana a cui ci legano forme di affettività
    - Una rilettura totale delle priorità del nostro pensare e vivere che, mai come in questa occasione, ha posto l’importanza della nostra vita al di sopra di qualsiasi altro concetto immaginabile, compreso l’abbandono del nostro amato/a ad una dipartita nella assoluta solitudine ed una compressione della libertà individuale che ha raggiunto livelli imprevedibili
    - Una situazione di carattere economico che, a detta degli esperti, dovrà farci ri-vedere in tempi brevissimi il significato di due termini come “necessario” e “superfluo” nella vita di tutti i giorni.
    A fronte di tutto ciò credo sia legittimo chiedersi se a fronte dei principi prima espressi – non contraddizione e causa ed effetto – qualcuno ci stia “marciando” magari per cambiare o manipolare lo status quo.
    C’è chi dice che tale modo di pensare sia “complottistico”. E se fosse solo una “oscillazione” di significati?
    Forse non è utile abbandonarsi alle ennesime previsioni.
    Atteniamoci alla Ragione e attendiamo a breve risposte facilmente verificabili.

     

  • LIBERI TUTTI...

    data: 04/05/2020 15:53

    Proviamo per una volta ad osservare in modo asettico questa particolare quarantena, osservandola nella sua lunga e per certi versi estenuante evoluzione o involuzione (fate voi) e chiederci cosa è accaduto e cosa, per certi versi, ci sta accadendo ancora.
    Fatta salva l’esistenza e alta pericolosità del virus in giro, nell’arco di pochi giorni l’intera Italia si è rintanata in casa propria considerando tale comportamento come l’unico capace di preservarci dal rischio del contagio.
    Le indicazioni pre DPCM (bisogna non dimenticare) erano così espresse: “Vi invitiamo a rimanere a casa e ad uscire solo ed esclusivamente per motivazioni serie e necessarie”. Tutti noi, sicuramente la stragrande maggioranza, abbiamo accondisceso a tale invito pur a fronte di informazioni che man mano ci venivano date dai virologi ed epidemiologi di diverse “colorazioni” e con curriculum variegati, che ci informavano quali fossero i comportamenti a rischio e le conseguenti contromisure: distanza, mascherine che non c’erano o di fatto reperibili al mercato nero (leggi farmacie), guanti, assembramenti da evitare, ecc. ecc..
    Intanto l’ANGOSCIA DELL’IMPONDERABILE cresceva. Continuavamo a chiederci: “Ma se usiamo questi elementari accorgimenti perché mai rinchiudersi in casa”?
    Le ipotesi da mettere sotto la lente di ingrandimento, alla lunga e col tempo sono divenute tre: 1) Gli scienziati non ci dicono la verità. E se il virus fosse nell’aria? 2) Siamo essenzialmente dei “discoli consapevoli” e quindi ce ne fottiamo degli accorgimenti. Quindi meglio rimanere a casa. 3) Una metodologica verifica sul campo, di carattere sociologico ed antropologico, finalizzata ad appurare che tipo di risposta si sarebbe avuta in caso di “limitazione di libertà” da parte della cittadinanza.
    L’ultima delle ipotesi rapidamente messa da parte seguendo la regola atavica che chi va contro qualsivoglia “regime” altro non è che un complottista.
    Un dato comunque ha tenuto in piedi la situazione creatasi. Un dato drammatico. I decessi aumentavano, le zone rosse pure. Poi, lentamente, la discesa e l’avvicinamento graduale all’attesa Fase 2.
    La limitazione di libertà – questa volta non si parla di inviti ma di libertà concessa e non concessa con un avviso chiaro e perentorio di “richiusura di rubinetti” - ha ottenuto un risultato eccellente, anche se l’immagine del gregge nella sua accezione “classica” ci è apparsa sempre più ben visibile.
    Con l’uso di appropriati mezzi (DPCM) l’invito, infatti, è divenuto imposizione. La tv in particolare ci ha evidenziato come “si stia bene in casa” (di 200mq con un figlio) ed abbiamo sfogato le nostre esigenze di libertà con concerti musicali sui balconi, esposizione di bandiere tutti al grido “Insieme ce la faremo”.
    I più rivoluzionari si sono espressi con piccole passeggiatine con il proprio cagnolino e con in testa il quesito posto sin all’inizio: “Ma se sono a distanza di due metri, mascherina, ecc. ecc. perché mai devo rimanere recluso?”.
    I complottisti – per intenderci il tizio steso sulla spiaggia deserta inseguito da gendarmi e da droni o le 14 persone in chiesa di 300m/q intimati allo sgombero per assembramento – hanno avuto la peggio.
    Ora parte la fase 2.
    Siamo tutti estremamente curiosi di verificare sul campo cosa succederà.
    Chi, liberato, si scaraventerà per strada e in che modo (vestiario e distanze).
    Legittima curiosità, credo da parte di tutti.
    Concludo con una ulteriore considerazione. Lasciando da parte il dato pandemico, sento di poter affermare che in questo periodo un’altra pandemia si è compiutamente sviluppata. Quella dell’analisi e susseguente applicazione– praticamente appannaggio di tutti nessuno escluso – del “come si fa comunicazione”. In questo caso non si tratta di rischio di contagio ma di contagio avvenuto.
    Siamo tutti consapevoli che, specie in questo periodo, la Comunicazione ha perso un elemento DETERMINANTE per poter essere percepita in modo reale e veritiero: il contatto fisico. Intendo tutto ciò che in una piazza - per usare questo spazio come prototipo eccellente - ci permette di guardare negli occhi chi ci comunica, percepire il suo sguardo, notare le sue posture fisiche, misurare i suoi silenzi, ecc..
    Nell’era del digitale come mezzo comunicativo, che nel tempo ha evidenziato una falsa simmetricità tra sorgente della comunicazione e suoi bersagli (falsa democrazia), tutti gli elementi prima esposti come facenti parte della Comunicazione sono venuti meno.
    E su questa situazione pandemica non so davvero se una cura e/o un vaccino potrà esserci in futuro per fermare tale virus dilagante.
    Quanto la Comunicazione ha pesato su questa vicenda del Covid19 – per tornare al tema principale - ce lo diranno i posteri.
     

  • COSI' L'IRONIA
    PASSANDO DAL CINISMO
    ARRIVA ALL'ODIO

    data: 28/04/2020 19:28

    Uno degli elementi, nella Comunicazione, che, in questi periodi ha subito una autentica lievitazione è il rapido percorso – meglio dire trasformazione – a cui abbiamo dovuto assistere che ha “riletto” l’ironia in cinismo fino ad un uso smisurato dell’odio. Certamente il terreno politico è stato sempre humus privilegiato per tali percorsi ma l’ultima vicenda pandemica ha finito per dar libero sfogo a questa bieca metamorfosi.
    Le dispute da bar Sport su temi politici a mo’ di tifoseria calcistica da tempo mi erano sembrate punta dell’iceberg di tale metamorfosi ma il Covid19 e il conclamato Potere alla Scienza hanno finito per creare una sorta di miscela esplosiva che ha reso “naturale” la trasformazione comunicativa espressa nel mio titolo.
    Studiamo il percorso.
    Alle incertezze sulle scelte politiche si è, per certi versi sovrapposta una improbabile “verità”: quella della scienza, nel nostro caso, medica. E così, giornalmente, dobbiamo attendere, via TV, le ultime scelte/decisioni di carattere politico – meglio dire inerenti a principi costituzionali spesso calpestati – dopo il vaglio scientifico che sembra essere l’unico contenitore di “verità”.
    Ma quali verità? Sicuramente trattiamo di verità relative. La debolezza del pensiero umano fa sì che queste stesse argomentazioni ricadano comunque nella sfera del relativo. E la verità relativa è sempre filtrata da quella che viene definita “confirmation bias”: quel fenomeno cognitivo umano per il quale le persone tendono a muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni acquisite.
    Così, in questo periodo, agli abitudinari e giornalieri scontri partitici (la politica è altra cosa) ci hanno proposto un acceso scontro tra i possessori della Verità (relativa) circa le soluzioni di carattere scientifico capaci di sconfiggere o almeno indebolire il COVID 19.
    Tutto il resto è marginale, relativo, essendo condizionato dalla salute pubblica e/o se volete dal rischio di imbattersi in un improvviso decesso.
    Dinanzi alla vita, non si fanno sconti.
    Di fronte a tale verità oggettiva di cui non sappiamo con certezza la provenienza, di come la si contagi (colpo di tosse, goccioline conseguenziali, da malati e da asintomatici, più col freddo e meno col caldo, ecc. ecc.) di quali tipologie farmaceutiche far uso, di numeri di decessi con statistiche diversificate, di luoghi a rischio e non e così via ad libitum, la metamorfosi IRONIA, CINISMO, ODIO ha preso vita trasformandosi in una pandemia a latere.
    La diversità di opinioni anche tra esperti del ramo ha cambiato il suo significato. Ora è definito “complottismo”. Non sei in linea con le idee di regime (il termine è voluto)? Allora sei complottista. Punto.
    E così affermazioni che poco tempo fa si definivano dubbie e discutibili si sono trasformate in dichiarazioni espresse da chi è ormai dedito all’alcool dopo aver ottenuto, qualche anno prima, un premio Nobel.
    In questa pletora di virologi (perché non definirli in modo più corretto? Burioni è un allergologo, Tarro un virologo, Capua veterinaria) si è data via libera alla mefistofelica metamorfosi che ha portato prima ad un mal celato cinismo ed infine ad un odio dilagante.
    “Se tu sei stato candidato al Nobel io sono stato a Miss Italia” e “Su una cosa ha ragione Burioni: lui deve fare le passerelle come Miss Italia, ma senza aprire bocca” credo sia stato la punta dell’iceberg, in ambito nostrano, di questo repentino passaggio dall’ironia all’odio.
    Ovviamente il tutto corroborato da giornalisti o giornalai, che dir si voglia, che mentre denigravano uno dei due, dimenticavano di aver, a suo tempo, asfaltato la Capua, giusto per non nascondere il nome e oggi inneggiata, scambiandola in mercante di virus in giro per il mondo.
    Così e molto tristemente dall’ironia che una volta dominava il linguaggio letterario e si poneva come la vera coscienza della libertà ontologica si è passati ad una permanente aggressione usata come unica arma di autodifesa.
    L’ironia diviene insulto e talvolta minaccia.
    Per poi stabilizzarsi nell’odio.
     

  • FILOSOFIA DEL DOPO COVID
    FRA VITA/MORTE E LIBERTA'

    data: 25/04/2020 15:17

    Alcuni anni fa in modo devo dire provocatorio chiesi (ed ottenni) che il mio corso di Antropologia della Comunicazione cambiasse “titolo”. Antropologia della Comunicazione e del digitale mi sembrò potesse in modo molto più onesto rappre-sentare meglio il percorso di studi. Conseguenza di una consapevolezza frutto di attenti studi anche con sperimentazioni di tipo pragmatico che tale ultima forma di Comunicazione rappresentasse non solo una metodologia/altra ma una forma evidente di trasformazione antropologica dell’essere umano.
    I suoi comportamenti sia dal punto di vista sociale, culturale, psico-evolutivo, sociologico, artistico espressivo, filosofico religioso, agli occhi di un attento stu-dioso appaiono evidenti. E la vicenda del COVID-19 ha reso ancor più manifesta tale trasformazione.
    Voglio ancora una volta ricordare che è, in assoluto, la prima volta che la Comunicazione “sanitaria” e sue susseguenti elucubrazioni di stampo politico ha potuto usufruire in modo massiccio di questa tecnica metodologia. (info sfera digitale).
    Inevitabile che in tempi brevissimi anche i filosofi non potessero non interessarsi, in modo esplicito, a tale metamorfosi: un combinato esplosivo tra una situazione pandemica e una corrispondente comunicazione che sta portando ad una serie di scelte e di comportamenti conseguenziali – e qui urge un’analisi non solo antro-pologica ma filosofica – che non ho difficoltà a definire a dir poco imbarazzanti.
    L’eufemismo mi sia, come non mai, consentito.
    Le mie riflessioni hanno avuto una naturale amplificazione dopo la lettura di un articolo, di pochi giorni fa, di Giorgio Agamben che ritengo, senza ombra di dubbio poter definire uno dei più completi e maturi filosofi europei.
    Il suo “Homo sacer” è e rimane pietra miliare sul tema del bio potere. Perché di questo si tratta nel momento in cui si riesce a liberare la propria mente dal timore di perdere il bene primario assoluto: la vita. Si tratta, senza se e senza ma, di bio potere.
    Agamben pone tre corposi interrogativi soffermandosi su temi forti come la perdita della sacralità della morte, la perdita di una libertà non solo fisica ma emozionale e spirituale oltre che affettiva e l’assenza del ruolo della Chiesa (sarebbe più giusto parlare di presenza religiosa) e dei giuristi nel loro campo di azione.
    A fronte di un virus di cui ancora oggi poco si sa, l’arrendevolezza dell’essere umano è stata praticamente totale. Come definire se non “comportamento barbarico” il lasciar morire, senza alcun conforto emozionale di vicinanza fisica, le per-sone più care? Quanto influirà sulla nostra psiche il sapere che, per necessità di salute pubblica, tanti di questi corpi/anima sono stati cremati o addirittura sep-pelliti in fosse comuni (difficile da cancellare le immagini americane)?
    La sacralità della morte elemento essenziale del pensare filosofico e antropologico abbattuto da un morbo/virus sconosciuto e privo di alcuna certezza scientifica.
    Agamben si sofferma poi, sulla limitazione della libertà individuale. Durante la guerra, ricorda, il coprifuoco limitato in certe ore, limitava la nostra libertà di movimento. Oggi a fronte di un rischio che ancora ora non è possibile precisare, viene chiesto di limitare totalmente la nostra libertà.
    Un rischio e tengo a ribadirlo. Non una certezza!
    A fronte di tali due elementi essenziali (vita/morte e libertà) non può essere sottovalutato il conseguente comportamento dell’essere umano. E non possono essere soggiaciute le scelte/direttive, di conseguenza prese da chi amministra la res publica, sui comportamenti dei cittadini protagonisti di essa.
    In questa situazione di assoluta e riconosciuta confusione non può nemmeno spaventarci l’idea della famigerata app inserita nei cellulari “garante” della nostra salute pubblica.
    Su questi due grandi problemi appena esposti, Agamben riflette anche sulle assenze. Su due, in particolare. Su quella religiosa (rifacendosi ovviamente alla Chiesa romana) e sulla sua assenza in merito alla sacralità della morte.
    Se, come credo essendo un credente, il corpo è semplicemente un involucro, la sua presenza accanto ad Anime che abbandonano la terra per ben altri lidi, avrebbe dovuto essere totale e massiccia. Senza reticenze, il filosofo ricorda che Francesco abbracciava i lebbrosi e che una delle massime opere di misericordia è quella di visitare gli ammalati.
    E poi su quella dei giuristi insensibili ad affrontare temi determinanti come la totale sostituzione del potere esecutivo a quello legislativo, al riconoscimento (la mia sarà una impressione), quasi fosse legge, delle parole del primo ministro e del capo della protezione civile.
    Ovviamente evito di dilungarmi sulla ipotesi (molto oltre ad una ipotesi) dell’uso dell’app poc’anzi ricordata.
    Riflessioni che ritengo necessarie ritenendo gli interrogativi di Giorgio Agamben assolutamente legittimi.
    Ho, per concludere, una verifica appena fatta sul campo. Ai miei numerosi amici ho proposto l’articolo del filosofo italiano, chiedendo loro cosa ne pensassero. Stranamente e per la prima volta non uno mi ha degnato di una risposta.
    Mi sono chiesto: “Chi tace acconsente?”
    Mi è rimasto un dubbio.
    Ho timore che il loro silenzio sia invece la reazione di chi, forse, a fronte di tali interrogativi, si sia sentito denudato.
     

  • DALLA PANDEMIA LA FINE
    DELLA GLOBALIZZAZIONE?

    data: 19/04/2020 17:37

    Alcune doverose e necessarie premesse.
    · Non sono uno che si fa abbindolare da teorie complottistiche, se non altro perché la geopolitica è materia che mi appartiene ed è assolutamente seria. Ma sono anche ben consapevole che tale materia è quella che crea il numero maggiore di fake news e di bordate di shitstorm (tempeste di merda) che giornalmente riempiono la tanto amata info sfera digitale;
    · Credo che non sia più il tempo del “chi ha avuto, avuto, avuto e chi ha dato, ha dato, ha dato. Scurdàmmoce o ppassato, simme e Napule paisà” in quanto non tutti ovviamente siamo napoletani e specialmente perché è giunta ormai ora di riusare la memoria, facendola funzionare almeno a medio termine;
    · Nessuna idiosincrasia per il “cogito ergo sum” cartesiano ma preferisco di gran lunga il “dubito ergo sum” agostiniano se non altro perché è proprio il dubitare che rafforza l’azione del pensare.
    Va da sé che questa vicenda virale finirà. Come è accaduto in passato per situazioni similari. Ma è altrettanto indubbio che la vicenda del COVID-19 ha un particolare che la rende, per certi versi esperienza non paragonabile ad altre. Parlo della sua GESTIONE usando questo termine, volutamente in maiuscolo, perché di gestione si è trattata nell’accezione giusta che si deve dare a tale termine: “amministrazione o conduzione, con poteri decisionali, di una azienda o impresa pubblica o privata”.
    Netta la sensazione che tale pandemia sia stata “inquinata”. Parlo ovviamente di Informazione su di essa, capace di produrre verità. Da chi e perché tale inquinamento è davvero complesso rispondere senza poi cadere in pensieri complottistici da cui fortissimamente voglio tenermi lontano.
    Ma resta un dato di fatto.
    Gli interrogativi si sprecano e non sono certo frutto di semplice curiosità ma della doverosa necessità di capire fino in fondo.
    Mi viene in mente quasi immediatamente il giornaliero rapporto che si ha con la Informazione circa i numeri legati al COVID-19.
    Intendo riferirmi al numero dei decessi, degli infetti, dei guariti.
    Dati statistici inattendibili nel momento che si usano sistemi diversi Paese per Paese e quindi ci si trova a confrontarsi con nazioni come la Svezia, la Germania ed altre con percentuali irrisorie rispetto ai devastati dati italiani.
    Inevitabile poi ascoltare dichiarazioni o ancor peggio motivazioni legate a ritardi o addirittura a semplice iattura.
    O ancor peggio quando ci si trova, come il 25 febbraio scorso, alla quasi contemporanea seconda ondata pandemica in oltre 60 Paesi del mondo, ricordandoci che da tempo tutti i voli aerei tra Nazioni erano stati bloccati.
    Come, poi, non porsi interrogativi sul motivo scatenante la pandemia.
    Sulle due ipotesi più accreditate come quella del passaggio tra pipistrello e essere umano e l’altra legata a sperimentazioni in laboratori scientifici dove, da tempo, erano in atto ricerche e studi fino ad una sorta di ingegnerizzazione del virus c’è da scrivere un intero tomo enciclopedico.
    Non è certo stato il COVID-19 a risvegliare nella mente di tantissima gente (scienziati, studiosi, intellettuali e uomini e donne pensanti) dubbi sull’OMS da decenni sotto la lente di ingrandimento, specie per i ricchissimi finanziamenti da parte di Bill Gates e del “cartello” dei Big Pharma.
    Al di là di tutte queste domande a cui, credo, si sia restii (da parte dei “gestori”) a dare risposte esaustive, resta un fatto incontrovertibile se non altro perché legato alle precedenti esperienze.
    Anche il COVID-19 lentamente scomparirà.
    Per lasciare spazio ad un’altra forma pandemica che potrebbe portare non solo altri morti ma conseguenze – in questo caso parlo squisitamente di geopolitica – catastrofiche.
    La crisi economica che sta per raggiungerci sarà di tipo epocale e sarebbe davvero interessante per tutti leggere le riflessioni su tale tema date al Wall Street Journal, pochi giorni fa, dall’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger che, credo, non sia l’ultimo arrivato.
    La stessa operazione in atto, a livello globale, sul prezzo del petrolio appare una sorta di esercizio preparatorio in vista di….. .
    Su una cosa mi sento di poter dire “non ho dubbi”.
    Credo che questa pandemia ci doni la fine della globalizzazione e con molta probabilità una idea condivisa da parte di una maggioranza schiacciante di terrestri di una necessaria “rieducazione” dell’essere umano.
    Una nuova solidarietà con la Natura, un ritorno alla Cultura – quella vera -, una sorta di riforma morale e intellettuale che ci riconsegni una pulizia d’animo persa da troppo tempo.
    Ci vorrebbero, per fare tutto ciò, altri uomini e donne capaci di mettere mano a questa rivoluzione morale.
    Primi fra tutti nuovi quadri politici.
    Non importa se poi, inevitabilmente, riuseremo, anche per loro, il percorso mentale del “Dubito ergo sum”.
    Consideriamolo, a ragione, un modo necessario per tutelare le nostre conquiste democratiche.
     

  • PANDEMIE COLLATERALI:
    LA TUTTOLOGIA

    data: 15/04/2020 10:47

    C’è un’altra pandemia che da oltre venti anni ci ha ammorbato la mente e lo spirito e che negli ultimi mesi si è sviluppata in modo incontrollabile. Grazie in special modo alla nuova “tecnica” comunicativa (leggasi digitale e derivati) il virus della TUTTOLOGIA si è espanso a dismisura. Agli economisti, politici, opinionisti di variegata estrazione c’è una nuova “ondata”: ora è tempo di virologi, di epidemiologi ed affini.
    IL TUTTOLOGO - essere umano che gode del mio totale odio – è un animale straordina-riamente pericoloso e va riconosciuto e studiato per poter trovare vaccini che ci possa-no essere utili per difendersi da loro.
    Essi sono completamente diversi dalla categoria degli ignoranti (che ignorano). Per que-sti ultimi ho sempre avuto il massimo rispetto in quanto spesso incolpevoli vittime di una impossibilità allo studio e alla conoscenza per motivi di scarsa disponibilità finan-ziaria. E sono perfino rispettoso nei confronti di chi, coscientemente, ha scelto la strada dell’ignoranza per evitare di essere intrappolato dalle nefandezze del mondo proposteci dalla casta degli “intellettuali”.
    IL TUTTOLOGO, invece, è quello che “legge” e con il digitale pensa ancora di più di farlo aggravando ulteriormente la sua patologia. Legge di tutto, dalle fake news alle bordate di stupidità gratuite che circolano senza patente o carta d’identità nel mondo della Infor-mazione. Ma sono avulsi da qualsiasi forma di studio. Non lo ritengono importante. An-zi, per certi versi inutile.
    Potete immaginare che idiosincrasia io abbia nei loro confronti tenuto conto che dai primi anni ’90, decisi di scegliere lo studio come mio hobby privilegiato.
    Quando me ne capita uno tra le mani (grande desiderio ma sono un non–violento) o in un confronto dialettico, il loro sapere TUTTO DI NIENTE o NIENTE DEL TUTTO mi salta immediatamente all’occhio.
    Come riconoscerli? Esprimono la loro ignoranza con livelli di presunzione straordinari. Inevitabile lo scontro.
    Ora è tempo di soluzioni economiche europee post COVID-19. In un giorno ho incontra-to una marea di tuttologi, sul tema, che mi fa prevedere che subisseranno alla grande vi-rologi e epidemiologi in meno di un paio di giorni.
    Da parte mia, salvo le materie che studio da anni, rimarrò felicemente ignorante di fron-te a temi che non conosco e assetato di conoscenza. Ascolterò con devozione chi cono-sce VERAMENTE tali materie/altre.
    Ma, per i TUTTOLOGI ho un sesto senso. Difficile che mi prendano in castagna.

     

  • IL CORONAVIRUS. E POI
    PIU' NESSUNA NOTIZIA

    data: 10/04/2020 17:57

    È obiettivamente difficile non parlare del COVID-19. Evitare per almeno un giorno di essere inondati da notizie, ricoveri, decessi, scandali e inchieste, responsabilità, mascherina si/mascherina no, tamponi e sieri, roller e individui in bicicletta, duecento o trecento metri di distanza da casa, controlli e autodichiarazioni.
    E se decidiamo di discordarci da tale pandemia medica e sociologica non ci va nemmeno bene. Perché parleremmo di crisi economica post COVID-19, di Corona bond e MES post pandemia, di fabbriche riaperte o tenute chiuse causa virus, ecc.
    Insomma SOLO CORONAVIRUS.
    C’è qualcuno che tenta di mettere in evidenza un concetto forte come la solidarietà, il sacrificio e i sempre presenti EROI che compaiono in situazioni estreme.
    Faccio parte di quella scuola di pensiero avulsa ad accettare l’esistenza di qualsivoglia forma di eroismo (non credo l’uomo capace di tale atto straordinario). Le situazioni “creano” l’eroe. Come il soldato in guerra, il pompiere dinanzi ad un incendio catastrofico, il medico dinanzi al malato grave da salvare.
    Sulla base di tutto ciò che ho appena ricordato che in questi giorni mi sono chiesto (io credo legittimamente): “Il mondo non si sarà mica fermato?!?”.
    Voglio essere ancora più chiaro.
    Capisco che di fronte alla salute (diciamo pure vita o morte o come mi piace dire salvaguardia del proprio legittimo culo) non c’è lotta o scelte di priorità. Lo chiamano “istinto di sopravvivenza”. Io, invece come definizione preferisco “bieco individualismo egoistico”.
    E capisco pure, per certi versi che sia anche necessario rispolverare il concetto di solidarietà. Un “dolcetto” ogni tanto fa bene e addolcisce il sapore amaro che portiamo in bocca da sin troppo tempo.
    Ma resta un fatto incontrovertibile.
    A meno che non crolli un ponte, come oggi, nessuna notizia da nessuna parte sul rimanente globo terrestre.
    Guerra in Libia, in Siria, bombardamenti a go go nei paesi del sud Arabia, nisba.
    Attraversate di migranti in Mediterraneo, esodo turco –greco manco a parlarne.
    Il giovane opulento leader nord coreano ha smesso di fare test atomici.
    Perfino una imminente invasione da parte delle forze statunitensi in Venezuela (in coda vi allego un volantino distribuito a tutta la popolazione che ho ricevuto da un mio amico che soffre tale drammatica condizione) smuove la informazione.
    Badate bene: non vi sto parlando di reportage sulla fame nel mondo (quella vera, non quella che ci propinano come imminente nei nostri Paesi occidentali), né di inchieste sullo scioglimento dei ghiacciai in Antartide.
    Due le ipotesi da prendere in considerazione come risposta al mio interrogativo.
    O non ce ne frega una “mazza”….ora più che mai (esempio fulgido di solidarietà).
    O le notizie appena proposte non fanno audience.
    Tant’è che nemmeno fake news o analisi dei tuttologi di cui mi ero abituato in questi ultimi periodi su tali temi si riescono a trovare nella straordinaria piattaforma digitale.
    Nulla.
    Le nostre coscienze, pur sotto l’attacco del COVID-19, languono.
    Non è proprio il meglio che ci potesse capitare per il tanto desiderato ritorno alla “normalità”!?!?!?
    P.S
     

  • NAVIGARE A VISTA

    data: 06/04/2020 18:46

    Il vaso di Pandora è bello che scoperchiato. Il Covid-19 è stato un infallibile chiavistello o, se volete, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ed ora, come facilmente si poteva prevedere, si naviga a vista.
    La prima evidente negatività si è presentata sotto forma di una assoluta impreparazione a qualsivoglia esperienza drammatica capace di far tremare – stavolta in modo chiaro ed ineluttabile – i polsi al signore onnipotente della Terra.
    Il genio del villaggio (globale).
    L’uomo.
    Sempre più sicuro di poter governare qualsiasi elemento gli si ponesse dinanzi.
    Ambiente docet.
    E così, nell’arco di pochissimi giorni (meno di cento giorni sono nulla di fronte all’eternità) siamo stati spettatori, tutti nessuno escluso, della sua caducità, della sua impotenza e in termini pratici della sua assoluta incapacità a governare un virus che, da banale forma influenzale (a detta di famosi luminari della scienza), è divenuto un virus killer.
    Tutto ciò offerto, a noi individui non al comando del timone della barca in affondamento, attraverso una informazione e conseguente comunicazione in un gioco delle parti che, perfino il più incapace degli esseri pensanti ha percepito sin dal primo momento.
    Comunicazione istituzionale e politica in un continuo mescolarsi di analisi e relative decisioni e Comunicazione scientifica, a dir poco, di dubbia credibilità.
    Inutile, ancora una volta, stare a ricordare le affermazioni sempre date con assoluta certezza e conoscenza ampia del problema, da politici e scienziati, puntualmente riviste nell’arco di pochi giorni.
    Dalle misteriose mascherine salva umanità o assolutamente inutili, alle distanze da tenere onde evitare contagi. Dalle passeggiate finalizzate ad esercizi fisici, ai duecento metri per i bisogni del proprio cagnolino.
    Ospedali costruiti a tempi record a fronte di ospedali pronti all’uso e misteriosamente vuoti e inutilizzati.
    Si è visto di tutto e di più. Si sono ascoltate perfino dichiarazioni di alti responsabili della Protezione Civile in cui con nonchalance si affermava di non conoscere assolutamente cosa fosse un respiratore polmonare.
    E come unico lato estremamente positivo il personale medico e paramedico in prima linea a farsi falcidiare dal morbo e una massa di persone – la stragrande maggioranza del Paese - relegata in casa in una sorta di arresto domiciliare permanente.
    Tutti in attesa di un ritorno alla “normalità”.
    Per normalità credo si intenda quel groviglio di nefandezze in cui abbiamo sguazzato prima del Covid-19.
    Inondati da notizie offerteci dai mezzi comunicativi - con una plusvalenza da parte della infosfera digitale stracolma di shitstorm, di fake news, di tuttologi a tempo pieno, da inventori di panacee immediate e guaritrici - noi normali marinai di questo barcone alla deriva, siamo in attesa.
    Tra alcuni mesi ci aspetta un altro virus che, a detta dei soliti soloni, ci porterà alla fame più nera.
    La crisi economica è dietro la porta. Forse sarebbe meglio dire che è già entrata dalla finestra.
    Ai deboli di memoria – quelli del “è tutto sotto controllo” - vorrei ricordare un paio di date non estremamente lontane.
    1953 e 1990.
    il 24 agosto 1953 ben 21 Paesi, Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia, con un trattato firmato a Londra consentirono alla Germania di dimezzare il debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari (danni di guerra) dilazionato in 30 anni. In questo modo, la Germania poté evitare il default, che c’era di fatto. L’altro 50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l’eventuale riunificazione delle due Germanie. Ma nel 1990 l’allora cancelliere Kohl si oppose alla rinegoziazione dell’accordo, che avrebbe procurato un terzo default alla Germania.
    Senza l’accordo di Londra che l’ha favorita come pochi, la Germania dovrebbe rimborsare debiti per altri 50 anni. E non ci sarebbe stata la forte crescita del secondo dopoguerra dell’economia tedesca, né Berlino avrebbe potuto entrare nella Banca Mondiale, nel Fondo Monetario Internazionale e nell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
    Intelligenti pauca.
     

  • LA GUERRA EPOCALE
    E' LA FUTURA
    ECONOMIA GLOBALE

    data: 29/03/2020 19:46

    “Riapriamo le fabbriche prima di Pasqua e le scuole il 4 maggio”… Il vaccino arriverà tra un anno o chissà quando… Se non ripartiamo ora, moriremo di fame invece di coronavirus…”. Queste dichiarazioni si potrebbero rapidamente “licenziare” affermando che sono frutto di una mente schizofrenica. Voltare pagina e parlare d’altro. Se non fosse che siano state espresse da un leader politico, ex primo ministro.
    È anche vero che prima di lui ne abbiamo sentite di crude e di cotte. In meno di due mesi un’autentica sagra di cialtronate. Sparate praticamente da ogni postazione. Dichiarazioni, spesso non espresse usando verbi al condizionale, di grandi scienziati immunologi, virologi, ecc. immediatamente seguite da quelle politiche. Devo dire che, talvolta ho notato che la consecutio era esattamente opposta ma questo pensiero lasciamolo alla mia immaginazione.
    Di una cosa possiamo essere certi. I morti ci sono, la pandemia c’è e, su tutto, vi è un fatto incontrovertibile.
    Più di un premier ha definito tale situazione vissuta, senza alcuna ombra di dubbio, UNA GUERRA.
    LA GUERRA.
    Sentivo qualcuno, stamattina, che diceva “i nostri padri ed i nostri nonni hanno fatto la guerra. Sono morti in trincea e sotto le bombe. Noi non riusciamo a combattere la nostra, tranquillamente seduti in poltrona presumibilmente con una mascherina sulla bocca”.
    Medito e penso.
    E queste parole mi riportano al leader “schizofrenico” di inizio articolo. “… Se non ripartiamo ora, moriremo di fame invece di coronavirus”.
    Premesso che resto del mio parere che moriranno in numero maggiore coloro che già oggi muoiono di fame, il mio interrogativo primario resta: “Quando si muore di fame?”.
    Ed è qui che viene al pettine il VERO NODO.
    Come in un precedente articolo ho sostenuto, siamo, di fatto, in pieno post Covid-19.
    Siccome, da tempo, fa più notizia lo spread e le variazioni in Borsa che il numero dei morti, qui si sta parlando di altro, sotto il celato “moriremo di fame”.
    Non intendo inoltrarmi su analisi geopolitiche. Rimango sempre ultra convinto che una repentina chiusura di questa Comunità Europea farebbe felice gli USA, la Cina e perché no, la Russia.
    E chi troverebbe giovamento, in primis, da questa vicenda sarebbe la nostra amata Italia e la dirimpettaia Spagna (leggasi Mediterraneo) a cui le potenze mondiali offrirebbero Piani Marshall a getto continuo, in cambio ovviamente di immediati e/o futuri impegni.
    Altro che Deutschland.
    Allora tanto vale dire e dirci che LA GUERRA EPOCALE si combatte su ben altri fronti.
    Certo di morti ce ne saranno, come in tutte le guerre. Gli strateghi le vincono o le perdono ai tavoli di analisi. Chi muore sono i soldati. Da sempre.
    LA GUERRA EPOCALE sempre meno celata è, allora, la futura Economia globale o meglio LA FINANZA, per dirla tutta, con annessa geopolitica.
    Nei primi del ‘900, Henry Ford ebbe a dire: “Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione”.
    Sarà il Covit-19 a farla scoppiare e a farci capire o, meglio ancora, a farci rileggere questo concetto vero - ma da “misurare” con attenzione - espresso dal giovane toscano?
    Parlo del “morire di fame”
    Magicamente riusciremo a ridistinguere la differenza stratosferica tra necessario e superfluo?
    Riusciremo a domandarci se è possibile intraprendere una via verso una “decrescita felice”?
    Con tutto il rispetto per il virus che ci sta soffocando (alla fine, poi, cercheremo di capire le stime rispetto ai dati epidemici e pandemici passati) la risposta la può dare SOLO ognuno di noi con la personale coscienza a stretto rimorchio.
    A prescindere dagli innumerevoli schizofrenici attualmente in campo.
    Allora sì che sarebbe una GUERRA EPOCALE.
     

  • "PICCO" RAGGIUNTO?
    RIECCO LA CIALTRONERIA

    data: 26/03/2020 17:47

    Facendo riferimento ai dati, alle curve ascendenti e discendenti, alle proiezioni matematiche, sembra che il cosiddetto “punto di picco” sia stato raggiunto, almeno nelle zone rosse del Nord e nei prossimi giorni si attendono le conseguenze, al Sud, dell’esodo dei lavoratori letteralmente fuggiti dalla Lombardia circa una quindicina di giorni fa grazie ad una “geniale” fuga di notizie.
    Insomma anche se i dati e le percentuali continuano ad essere date con un uso a dir poco affrettato della scienza della statistica (numero effettivo di “positivi” e conseguente elemento percentuale di decessi sarebbe un dato corretto) i morti ci sono e temo ce ne saranno ancora. Ma, dovremmo essere verso la risalita.
    Eppure…
    Eppure ho una idea diversa della situazione. E non è certo una mia intuizione ma una lettura più attenta di ciò che ci viene comunicato e specialmente COME.
    Lentamente ma con metodica e calcolata progressione si ritorna alla Informazione pre Covid -19. Del virus si parla ancora, ci mancherebbe. Ma pian piano perde di “spessore” per ridare spazio alle polemiche politiche, alle strategie di partito.
    Percepisco il ribollente ritorno dei nostri politicanti, dei giornalai/giornalisti, degli opinionisti a colazione, pranzo e cena.
    Il primo segnale forte, a mio avviso, è stato la polemica circa l’orario, il mezzo di Comunicazione utilizzati dal Primo Ministro per informare il Popolo italiano della prima vera “strizzata” alle libertà democratiche.
    In quel momento, una parte degli italiani, ha capito che, al di là, della drammatica situazione, delle difficoltà obiettive che qualsiasi essere umano avrebbe avuto in un posto di comando e di decisione, era molto improbabile che entrambe le mani del leader Conte fossero poggiate sul cuore. Almeno una era “simbolicamente” poggiata sul portafoglio (simbolo del Potere).
    E noi tutti italiani, in quello stesso momento abbiamo invece pensato una cosa sola “Fai quello che vuoi, diccelo a qualsiasi ora e su qualsiasi piattaforma. Basta che ci salvi il culo”.
    Chiamiamolo “istinto di sopravvivenza”.
    Ma nel momento che la famosa “curva” tende a scendere ecco che risalgono a galla le nostre propensioni alla polemica spicciola e specialmente alla cialtroneria comunicativa ripetuta.
    Perfino un video del 2015, rispolverato ad arte, in cui si evidenziano le preoccupazioni su esperimenti in territorio cinese su elaborazioni di virus, produce, come risposta da parte di chi avrebbe dovuto percepire tale sollecitazione con maggiore attenzione, non un “effettivamente tali ricerche rappresentano un rischio potenziale nel caso ci dovesse essere qualsivoglia errore”.
    Macché.
    La risposta partorita è stata: “Non ha niente a che fare con il Coronavirus”.
    Questi segnali (ve ne ho ricordati due ma ce ne sono a bizzeffe) mi dicono che siamo oltre la metà del tunnel e che prestissimo ritorneremo ad ascoltare i giornalisti/giornalai dalle loro solite postazioni, pro qualcuno e anti qualcun altro, a incensare i nostri modesti politici stimolatori di notizie ad hoc.
    Forse a loro si aggiungeranno fino all’estinzione del male (questa la vera e autentica novità in campo informativo) i nostri straordinari scienziati. Sia quelli che hanno lavorato dietro le quinte (i più seri), sia quelli più o meno sempre presenti sui media che ci hanno proposto delle analisi sul “tema” che sono andate dalla banale influenza all’esperienza apocalittica. E sia chiaro non parlo di persone diverse. No no!!! Le stesse persone, nell’arco di pochissimi giorni. Segno, questo, anche di pessima memoria.
    Ecco, forse chi continuerà a parlare poco e sicuramente sarà dimenticato velocemente è il protagonista assoluto di tale vicenda. Il medico, l’infermiere, ed i vari staff operativi che VERAMENTE ci hanno salvato il lato B.
    Gli altri invece sono già pronti a risuonare le trombe.
    Su cosa?
    Sul post Coronavirus. Sulla crisi economica, recessione, impoverimento globale, azzeramento dei poveri che diventano più poveri e i ricchi che diventano sempre più ricchi, insomma scegliete voi la definizione più consona.
    E specialmente si parlerà di questo fiume di miliardi (500/600 c’è chi dice 1000) che verranno immessi sul Mercato.
    Un’ultima immagine.
    Credo che la maggior parte della gente pensi ad una catena di montaggio in cui uomini e donne, utilizzando macchine specifiche, stampano soldi per notti e notti.
    Chissà, invece, quante sono le persone che sanno (perfettamente) che la moneta corrente è in esubero da decenni, che viene, da tempo, messa fuori mercato e depositata nelle Banche e che per fare le operazioni faraoniche dei 500/600 miliardi di cui sopra basterà una semplice pressione su un tasto di una tastiera elettronica, pigiata dai “soliti ignoti”.

  • SANITA', I CONTI E I MALATI

    data: 23/03/2020 16:40

    Erano i primi giorni del 2005 (non avanti Cristo, badate bene). Piena campagna elettorale. I contendenti due giovani rampanti e pieni di speranze e personali convinzioni. Uno pronto alla ricandidatura, l’altro nuovo nel campo della battaglia dell’uno contro l’altro.
    Appartenevo alla squadra di quest’ultimo. La chiamavano Dream Team.
    Gli scontri televisivi per accaparrarsi voti si susseguivano uno dopo l’altro nelle Tv che contavano. Quando il tema prendeva la strada della Sanità, sapendo che l’avversario politico masticava il tema con ampia conoscenza ponendo su tutto la estrema necessità di “far quadrare i conti economici”, di “necessità di tagli urgenti al Settore” pena uno sperperio inutile e non fruttifero del danaro pubblico, avevamo contrapposto una sorta di mantra che il nostro candidato doveva utilizzare.
    Utile per non entrare in un rischioso confronto ma anche per la convinzione (almeno la mia) che fosse la strada giusta.
    Pur nel rispetto dei “conti pubblici” una priorità assoluta su tutto.
    La vita di un essere umano valeva ben oltre il significato di un calcolo economico.
    Il mantra era: “Al di là dei temi economici, io appartengo a quelli che saranno sempre dalla parte dei padiglioni dei malati, specie quelli terminali. Lì mi troverete e per loro combatterò”.
    Tutti si ricorderanno come finì la singolar tenzone in termini di elezione.
    Dopo? Si continuò a tagliare i conti e la Sanità, a chiudere ospedali, a far quadrare l’economia.
    Da quel periodo, anche già da prima, una parte di noi (molto esigua) aveva preso una strada molto precisa che mi appariva lungimirante. Quella di privilegiare i giusti valori etici e morali. Un tentativo di accrescere la propria conoscenza, rivalutando la COSCIENZA.
    Ben presto mi accorsi che tutti gli altri (vincitori e vinti) avevano scelto ben altra strada. Quella di accrescere i loro conti in Banca.
    I risultati? Li abbiamo sotto i nostri occhi.

  • QUI E' SOTTO ATTACCO
    L’HOMM SOCIAL

    data: 18/03/2020 18:25

    Possiamo dire che il momento che viviamo ci impone una attenta riflessione?
    O anche questa volta noi tutti – o quasi tutti – figli, nipoti e pronipoti del dopoguerra dobbiamo far finta di nulla e lasciare che il tempo e le vicende passino inosservate?
    È da giorni che mi pongo questo interrogativo che vorrei fosse sotto una grande lente di ingrandimento e imponesse una globale ponderazione.
    Tale disamina impone, senza alcun dubbio una premessa ampia e chiarificatrice.
    Non intendo assolutamente rispolverare il noto libro di Naomi Klein “Shock Economy” né il leggendario “1984” di George Orwell ma la situazione attuale, sotto il perdurante dominio del Coronavirus, ci propone scenari che, talvolta, appaiono, quasi coincidenti.
    Badate bene: non sono un cultore delle idee complottistiche che direi troppo spesso riempiono le nostre prime pagine e che portano, talvolta, a malcelate situazioni di panico tra la gente.
    Non amo particolarmente soffermarmi sugli indizi ed anche quando vien detto che più indizi, poi, portano alla prova o alla “pistola fumante”, per usare una terminologia criminologica, non mi lascio andare.
    “Oltre ogni ragionevole dubbio” è il mio mantra in queste situazioni.
    Ma, devo ammettere che vedere una intera Nazione letteralmente svuotata, quasi si fosse di fronte ad un interminabile ferragosto afoso e infuocato mi spaventa non poco.
    Oggi assistiamo ad una situazione per certi versi paradossale.
    È per certi aspetti sotto attacco concentrico l’HOMM SOCIAL.
    Paradossale perché, a fronte di una comunicazione sociale che è proiettata al virtuale, in una società in cui privilegiamo o meglio “auto privilegiamo” lo scambiarci idee e pensieri e perfino Amori attraverso quello che più volte ho definito il rosario del XXI secolo (smartphone) ciò che più ci viene a mancare è quel contatto fisico, quella sorta di libertà che ci appartiene e che spesso si racchiude in un semplice abbraccio, un sorriso, una stretta di mano.
    In questi giorni si rincorrono voci e idee. Perfino uomini di spessore e di cultura incominciano ad utilizzare termini come “democrazia limitata”.
    È questo che ci impone una attenta riflessione come ho affermato all’inizio di questo mio articolo.
    La Comunità, credo, stia eseguendo in modo pressoché perfetto le direttive imposte dalla situazione sanitaria e di questo non possiamo che essere soddisfatti.
    Ma invito tutti, nessuno escluso, a non cancellare dalla propria mente ciò che ritengo sia essenza dell’Essere Umano e che non può non appartenerci.
    Il proprio ruolo di homm social. La nostra capacità di indignarci con determinazione nei confronti delle macroscopiche ingiustizie sociali, per l’indifferenza quotidiana.
    Ecco svelato il mio timore.
    Temo l’indifferenza quotidiana. La temo perché solo questa potrebbe portarci a dover rispolverare quei due libri, prima ricordati.
     

  • LA STANZA DELLE MEMORIE DA NON DIMENTICARE

    data: 13/03/2020 13:55

    Se c’è qualcosa che, in questo periodo, ha avuto una autentica diffusione epidemica perfino seconda al COVID -19, è stato ciò che ho titolato LA STANZA DELLE MEMORIE DIMENTICATE. Un “modo” raffinatissimo per tradurre la ben conosciuta IPOCRISIA.
    A mia memoria non ricordo un numero così elevato di dichiarazioni dimenticate nel giro di poche ore su temi, come l’economia, la politica in modo variegato, le tematiche legate alle migrazioni, le analisi scientifiche sulla attuale situazione pandemica virale. Si dimentica facilmente, si rielaborano idee, si occultano verità; poi le si riscoprono per, immediatamente dopo, rioccultarle.
    Virus chiama virus mi verrebbe da dire.
    In questi giorni scambio opinioni su tale tema con uno stimatissimo Amico con risultati alterni. Spesso si concorda, talvolta si finisce in succulente e piacevolissime litigate. Il quesito principale rimane tra noi, però, sempre lo stesso. Una specie di brodo primordiale nel quale finisce per scivolare qualsiasi delle nostre supposte soluzioni.
    Come provare a dare una decisiva “spallata” a questo mondo che sempre più spesso mi riporta in mente il mai dimenticato Ernesto Calindri, seduto ad un tavolino al centro di una piazza stracolma di auto e di persone, che chiedeva con voce decisa “Fermate il mondo!!! Voglio scendere”
    Fermiamolo allora!!! Oppure cambiamolo o almeno proviamo a farlo.
    Come?
    Rinominiamo la Stanza di cui sopra e facciamola divenire LA STANZA DELLE MEMORIE DA NON DIMENTICARE.
    Non sarebbe utile, per esempio, non far circolare in modo quotidiano e metodico (maledetta o benedetta Comunicazione) affermazioni come quelle da pochi giorni espresse dal sempre meno interpretabile Vittorio Sgarbi che dichiara che “questo Virus è una cogl……ta” frammiste a virologi – spesso di dubbia provenienza – che lanciano allarmi apocalittici?
    Rispetto, come sia giusto, ogni opinione. Ma se poi, a distanza, di pochi giorni gli stessi personaggi rielaborano i loro pensieri in modo diametralmente opposto, non datemi del pazzo se affermo che tale comportamento porti ad una sorta di paranoia virale diffusa!!!!
    Non sarebbe giusto, ulteriore esempio, che al di là di chi lo abbia detto nelle prime ore, l’attuale Governo a fronte delle attuali ultime decisioni restrittive prese, dichiarasse a Reti unificate un sereno “Chiediamo umilmente scusa per le prime decisioni prese, forse, con esagerata fretta e scarsa attenzione?
    Ok. Licenziamo il tutto con il termine IPOCRISIA.
    Ma va da sé che se non si abbatte tale abituale comportamento di dimensione globale non se ne uscirà fuori.
    Mai e poi mai.
    Si continuerà a far finta di nulla su migliaia di bambini, oltre che donne e uomini, trucidati da guerre perennemente tenute in vita; si faranno analisi faraoniche sulle drammatiche migrazioni che sempre più popolano la nostra Terra; si parlerà sempre a sproposito di Benessere non conoscendone il vero significato; si parlerà di fascismo e di comunismo senza capirne le differenze sostanziali e ancora tanto e tanto e tanto altro.
    E, al di sopra di tutti gli esempi appena ricordati, si farà sempre finta di non capire che è un grossolano errore pensare che le PRIORITA’ – termine emblematico in cui si identifica l’IPOCRISIA-VIRUS – siano un “pensiero/idea” soggettivo.
    Esistono le PRIORITA’ OGGETTIVE, quelle che prescindono dal colore della pelle, dai territori geografici, da ideologie precostituite.
    Si definiscono con termini semplici e universali.
    VITA, NATURA, AMBIENTE, PACE, AMORE TRA LE CREATURE CHE POPOLANO QUESTO STRAORDINARIO PIANETA.
    Sarebbe il primo fondamentale passo per debellare il nostro grande male.
    L’IPOCRISIA.
    Un tempo si diceva: “è ora di prendere Coscienza”.
     

  • L'EUROPA DEL CAPITALE
    E POI PIU' NIENTE

    data: 10/03/2020 11:17

    Possiamo definitivamente dichiarare che il fallimento è conclamato, indiscusso, chiaro e lampante perfino per chi non vuol vedere, sentire, tanto meno ragionare.
    Il Coronavirus e le vicende ad essa collegate pongono la pietra tombale sull’Europa. Su “questa Europa”, ancora una volta mi è necessario sottolinearlo.
    Altrimenti ritornerò ad essere scambiato per un testardo euroscettico che, ovviamente è completamente ignorante sulle problematiche europee.
    Conosco bene l’antifona.
    Ma, pur essendo stato sempre uno strenuo difensore di Altiero Spinelli e pur avendo proposto più volte un breve video sui miei spazi nell’infosfera digitale (https://www.youtube.com/watch?v=eEqmTmUcgbY -da 6.22 in poi-) a cui MAI, fino ad ora, i miei amici di sinistra (non li chiamo da tempo immemore compagni, termine che ancora oggi mi emoziona) hanno dato una ben che minima risposta, sono qui a certificare la morte dell’Europa.
    Eppure basterebbe, solo per un momento, fermarsi e con mente completamente svuotata da qualsivoglia ideologia, riflettere.
    Riflettere. Operazione mentale in completo disuso.
    Domanda: quando abbiamo percepito, anzi sentito in modo risoluto la cosiddetta Comunità Europea?
    Non bisogna spremere le meningi.
    Grecia e suo rischio di default, il gentile “prestito” del banchiere Monti nel 2011, l’attiva presenza sulla vicenda Brexit.
    Ricordate altro?
    Mentre la Libia (Paese che si affaccia, oltre il Mediterraneo, NON SULL’ITALIA MA SULL’EUROPA) si autodistrugge, mentre un esodo epocale di individui allo strenuo delle forze tenta di oltrepassare i confini della Grecia (pardon dell’EUROPA), mentre un virus pandemico miete vite e sta ridimensionandoci (Italia per ora, tra poco tutti gli altri) li avete, per caso visti, ascoltati?
    Sicuramente li risentirete, nei prossimi, speriamo vicini giorni, post COVID–19.
    Si faranno i conti economici, presumibilmente si metterà mano al MES su cui evito di entrare altrimenti divento iroso e insopportabile più di quanto lo sia e li vedrete! Eccome. Anzi li sentirete.
    E così, mentre le zone rosse, non in senso politico, si allargano, mentre la vita quotidiana di ognuno di noi viene stravolta anche nelle piccole cose come una passeggiata sul lungomare, ci è toccato vedere, in uno dei mezzi più usati dal turbo capitalismo (per dirla alla Fusaro), la TV, meravigliose partite di calcio in cui, a fronte di spalti vuoti, i nostri fratelli in braghe che corrono dietro una palla, nel dopo goal, si abbracciano, si baciano, si stringono tra loro felici e contenti con una sorta di garanzia documentata circa la loro incompatibilità con il Coronavirus.
    Tranquilli. Sono sotto stretto controllo ci diranno.
    Ma chi se ne frega! Li c’è il “capitale”!
    L’Europa del capitale. Dei confini da controllare solo ed esclusivamente per motivazioni economiche. Non altro.
    Cosa ci resta di noi italiani (Made in Europe), come ricordo della nostra presenza in tale consesso?
    Il “Kapò” berlusconiano al socialista Martin Shulz, la poltrona sempre vuota di Salvini e qualche sorrisino mal nascosto tra la Merkel e il francese di turno, nominando l’Italia
    Niente altro.
    Lo scossone finale è vicino, ne sono certo.
    Chiamatemi pure apocalittico.
     

  • FAKE NEWS,
    SCIACALLI E STR...

    data: 06/03/2020 13:58

    Rumori di sottofondo. Voci che si scambiano pareri in uno luogo ampio e spazioso. L’idea che sia al chiuso, non una piazza. In primo piano una voce femminile che saluta amici a cui sta inviando il messaggio audio.
    Dice di essere in Senato, di aver ascoltato poco prima l’intervento della Prof.ssa Cattaneo, senatrice. Con voce posata, ben equilibrata, con termini precisi, senza alcuna forma cadenzale informa che, a breve, ci sarà un comunicato stampa. Riferisce che la Prof.ssa Cattaneo, nota farmacologa e biologa nonché senatrice italiana ha informato tutti i presenti che i prossimi mesi saranno molto duri in quanto il coronavirus sta mutando in forme ancora più aggressive. Colpirà giovani e perfino neonati. E per essere ancora più chiara afferma che, va da sé, che sarebbe opportuno non solo chiudere le scuole e le fabbriche ed ogni spazio di assembramento ma che referendum, prossime elezioni e qualsiasi attività che porti a raggruppamenti di persone vanno evitati tassativamente.
    Questo il contenuto di una registrazione audio che ieri ha imperversato su WhatsApp, evidentemente compreso quello del sottoscritto.
    L’audio era anticipato dalla seguente citazione: “Sembra sia il Ministro Azzolina”.
    Talmente irreale che tali notizie venissero divulgate in whats che immediatamente ho ritenuto la vicenda come l’ennesima espressione di sciacallaggio e una fake news fatta “a mestiere”.
    Straordinariamente verosimile. Curata nei minimi dettagli.
    Sono passate poche ore ed è arrivata la smentita.
    Sono stato preso da una rabbia incontrollata. Ho odiato ancora di più questi mezzi di “pseudo comunicazione”.
    A chi mi chiedeva il perché potessero accadere tali vicende ho perfino rispolverato i miei ricordi universitari, a proposito di criminologia, quando mi si insegnava che il narcisismo e una necessità incontrollata di protagonismo erano tra i principali elementi scatenanti la mente malata dei serial killer.
    Si. Serial killer. Perché la violenza perpetrata nei confronti delle persone (immagino l’autore di questa fake un seriale, uno che ripete queste “operazioni” più volte) non è solo quella che causa vittime insanguinate ma è anche quella di chi obbliga donne a prostituirsi, a chi lascia morire un “barbone” sotto i ponti ed altre nefandezze umane.
    E allora SCIACALLO e pez di mer, sappi che esseri come te non meritano alcuna pietà sociale. Spazzatura, Sei semplice spazzatura.
    Stanotte ho avuto una notte insonne. Nella mente la voce, ascoltata più volte, della registrazione nel tentativo di trovare i punti dove percepire la falsità del documento audio.
    Preparo l’articolo ma mentre lo scrivo leggo una dichiarazione della senatrice Daniela Sbroglini rilasciato ad Adnkronos: “Ho preso atto della diffusione di un messaggio destinato ad una chat di amici, nel quale ho… HO… HO… (porca puttana, dico io… HO) riferito il contenuto di un intervento in aula di una titolata collega. Tale audio – spiega la renziana – sostanzialmente privato, è stato divulgato e utilizzato strumentalmente da taluni che intendono generare e diffondere confusione e timori”.
    Allora non è una serial killer!!! È semplicemente UNA STR… Mi quereli pure!!!
    Se poi la comunicazione su Adnkronos è anch’essa una fake news, chiederò scusa.
     

  • E DOPO IL COVID-19?
    LA PSICOPOLITICA

    data: 04/03/2020 17:23

    Va da sé che l’indagine a seguire parta da un postulato incontrovertibile che ritengo non sia nemmeno degno di una pur breve analisi. Viviamo da alcuni decenni sotto una autentica dittatura del capitale di dimensione globale.
    Sia ben chiaro che ci potrà essere sempre qualcuno che non sia d’accordo su tale affermazione. Lo considero come una naturale conseguenza del libero arbitrio che ci dà sempre la possibilità di possedere una sufficiente dose di imbecillità.
    Fateci caso.
    Nella attuale situazione completamente pervasa dalla vicenda del Corona Virus (non parlarne è pura utopia), dopo aver evidenziato -scienziati e non- che siamo in una conclamata pandemia, dopo aver numerato morti, contagiati, asettici, focolai e quant’altro, lentamente si fa strada una furibonda analisi post pandemica.
    Furibonda perché, anche su tale tema, ne sentiremo delle belle.
    Sto parlando di una nuova pandemia: la crisi economica o recessione o come diavolo volete chiamarla stretta conseguenza del COVID-19.
    La lingua italiana è davvero straordinaria. Ci consente di unire in una sola parola termini come Bìos(vita) e Psico(Anima) col termine politica (arte di governare).
    Come dire “governare la vita” e “governare l’Anima”.
    Una cosa che mi è subito saltata agli occhi in questa vicenda è che, oltre ai dati medici, in questi giorni si è parlato ripetutamente di scuole, aeroporti, porti, strutture culturali, ristoranti, alberghi, stadi, supermercati, insomma di ogni tipologia di spazio dedita all’assembramento chiusi o da chiudere.
    Mi sono chiesto: e le fabbriche, le industrie, le Aziende?
    Se ne parla pochissimo in special modo in Italia.
    Quattro ipotizzabili risposte:
    - Una dimenticanza da parte della Informazione (se fosse così non ci sarebbe da stupirsi)
    - Non ci sono più fabbriche ed industrie
    - Non ci sono più operai, dirigenti e similari di attività industriali
    - Tali addetti sono Coronavirus – esenti
    La verità ovviamente, è un’altra.
    Paul Michel Foucault, famosissimo sociologo e filosofo francese del ‘900 affermava che, a partire dal XVII secolo, il Potere non si manifestava più come potere di morte in mano ad un sovrano nei confronti dei suoi sudditi.
    Il passaggio dalla società agricola a quella industriale reinventava il rapporto nei confronti di essi. Questo nuovo Potere convertiva il corpo del soggetto in una macchina produttiva. L’uomo diveniva oggetto di un automatismo finalizzato alla produzione di ricchezza, pur rimanendo soggetto (uso questo termine nel suo significato primario ovvero “soggetto a….” e quindi sempre e comunque suddito).
    E la politica espressa era davvero una biopolitica intesa come arte di governare la vita per uno specifico scopo.
    Oggi non è più così.
    È la psiche la vera forza produttiva. E la ragione di tale apparente rivoluzionario cambiamento è essenzialmente legato al fatto che l’attuale capitalismo è finalizzato a forme di produzioni immateriali e incorporee. Non vengono più prodotti materiali ma ricchezze immateriali come informazioni e programmi.
    Non intendo dire, certo, che la produzione industriale si sia fermata o sia definitivamente compromessa ma certamente vengono ottimizzati i processi psichici e mentali.
    L’uomo non è più soggetto ma progetto di sé stesso. Ci viene fatto credere che siamo noi che decidiamo del nostro futuro. Apparentemente liberi ma, come da tempo sostengo, sotto l’occhio attento di quella dittatura del capitale da cui è partita la mia analisi.
    Cosa ci offrirà il dopo COVID-19?
    Lo vedremo. Ma sicuramente qualcosa molto affine alla psicopolitica.

     

  • CORONA VIRUS 2.0
    DALL'INFORMAZIONE
    ALLA DISINFORMAZIONE

    data: 24/02/2020 18:31

    Temo che pochi si siano resi conto che è in atto una situazione, per certi versi, epocale. Per tutti gli addetti ai lavori – parlo di Comunicazione - la vicenda che sta ammorbando i nostri cervelli negli ultimi mesi sta assumendo un interesse davvero unico. Sarebbe il caso che un po’ tutti si soffermassero sul fatto che tale evento è il primo, in assoluto, che viene “Comunicato” con la presenza praticamente quasi totale dalla cosiddetta infosfera digitale.
    Intendo dire che una situazione di spessore globale come il virus COVID-19 che coinvolge l’intera umanità viene “trattata” attraverso quella che viene definita “la comunicazione 2.0”.
    Lasciando da parte chi già tratta la materia in versione 3.0 (tutti ormai la considerano l’anticamera della vera intelligenza artificiale) i dati che, oggi, ci vengono proposti sono a dir poco disarmanti.
    Alla informazione è subentrata una voluta disinformazione dedita a creare una esplosione difficilmente controllabile di odio, di assenza di confronto, di sciacallaggio, termine quest’ultimo che sta sbaragliando qualsiasi alternativa di giudizio diverso.
    Basta farsi un semplice giro sui media (blog vari e, su tutti, il famelico FB con annesso WhatsApp e similari) che ci si incontra con registrazioni (per lo più vocali) di infermieri, addetti alla Sanità, ben mascherati ovviamente, che dichiarano la presenza nei vari centri ospedalieri di una caterva di ammalati e contagiati.
    Vero o falso non è dato sapere. Molti miei amici affermano che “tutto è opinabile” e non posso essere non d’accordo con loro aggiungendo che anche l’opinabilità è opinabile.
    Resta un dato di fatto. Nel mondo dilagante di big data si passa da chi afferma che trattasi di una banale influenza da COVID-19 a chi prevede una autentica pandemia che metterà in ginocchio l’intera economia mondiale. Dati, entrambi, espressi da luminari della scienza!
    Inevitabile quindi affermare, almeno per ora, che in termini di informazione e di comunicazione ci si trovi in una situazione di SCIACALLAGGIO GLOBALE.
    “Persona che approfitta delle altrui sventure per rubare” così recita la Treccani, in un suo passaggio, per definire tale termine.
    E c’è chi afferma che tale situazione mai era accaduta prima d’ora.
    Riflettendo mi sono posto una domanda.
    Chi offre lavoro negli altiforni senza le dovute sicurezze per ottenere maggiori profitti, chi offre lavoro in nero, chi sfrutta poveri disgraziati venuti magari da un continente tempo fa da noi depredato offrendo una autentica elemosina per dodici ore di raccolta di pomodori, chi ruba (non trovo altro termine) in Banche i risparmi di poveri lavoratori, come possiamo definirli?
    Non saranno mica anche loro SCIACALLI?
    Sono ben consapevole che tali mie analisi spesso portano alcuni a definirmi, talvolta in modo dispregiativo, come un “contenitore di Verità”, come uno poco umile o addirittura spocchioso, fino al fatidico “saputello”.
    Sorrido e serenamente mi viene da rispondere “Meno Barbara D’Urso (la Madre di tutte le Madri) e più lettura e studio”.
    Può essere che, un giorno, ci troveremo, sempre nel rispetto delle proprie legittime idee, a ragionare e non a sproloquiare.

     

  • "ECCO UN ALTRO SCIACALLO"

    data: 24/02/2020 18:31

    Mio padre che era un uomo che coniugava, ogni santo giorno, il “verbo della pace” (un autentico pacifista ante litteram). Aveva coniato una affermazione. Credo sua, avendo fatto una rigorosa indagine storica e non avendone trovato traccia di riferimento. Quando uno scambio di idee, un ragionamento, prendeva una strada un po’ troppo accesa e focosa (per usare eufemismi) soleva interromperla e dire: “Io direi di smetterla. Quando si arriva ai verbi difettivi meglio cambiar discorso”.
    Verbi difettivi. E con questo termine intendeva dire ai partecipanti che era difficile trovare una via di uscita condivisa da tutti.
    Stamattina, meditando sul tema sicuramente drammatico della epidemia causata dal CoronaVirus mi è ritornato in mente il pensiero di mio padre, autentico “arredo” al mio passato ed ai miei ricordi. E il termine “Verbi Difettivi” si è trasformato in un baleno in “Verbi Infettivi”.
    Assolutamente consona, la trasformazione, al momento che stiamo vivendo.
    Un autentico Verbo Infettivo.
    Quale? SCIACALLARE.
    Chi si azzarda ad esprimere un naturale e umano timore su cosa stia succedendo, se non è attento all’uso dei termini, se non controlla una forma di panico (chi pensa che non ci sia è un ipocrita patentato) nel suo modo di esporlo, è etichettato, senza se e senza ma, come SCIACALLO.
    Termine che, in questi giorni, ha letteralmente azzerato i più usuali razzista, fascista, stalinista, qualunquista, populista, sovranista, ecc. ecc..
    Azzerato nel senso esplicativo ma non in quello subdolo e/o nascosto.
    I termini appena elencati ci sono. Eccome. Ma sono, come si suol dire nel mondo teatrale, elementi del sottotesto. Insomma dico SCIACALLO e penso “perché è un… ecc.ecc..
    Una prova probante è legata ad un articolo appena uscito. Una intervista a Tony Capuozzo che, al di là dell’amicizia che mi lega a lui, ho sempre ritenuto una dei più rispettabili giornalisti italiani.
    In un articolo, poi pubblicato da un giornale di “destra” (così viene etichettato Il Giornale) Capuozzo esprime il suo parere sulla situazione attuale in Italia legata alla vicenda del CoronaVirus.
    In modo semplice, chiaro e senza usare i cosiddetti “verbi difettivi” (di “paterno riferimento”) parla, in negativo, dell’intera classe politica italiana non solo nella gestione della vicenda ma nel TOTALE fare politica.
    E per dare ancora più chiarezza al suo non volersi schierare da alcuna parte, fa riferimenti chiari a scelte, le più disparate, facilmente collocabili in entrambi gli ultimi Governi.
    Termina il suo discorso con una affermazione “cristallina”: “Il razzismo è un male da tenere a bada, l’allarmismo è un pericolo, certo. Le malattie, anche”.
    Ma non c’è stato niente da fare.
    È bastato soffermarsi alla testata del quotidiano in cui l’articolo è stato pubblicato, un giudizio positivo del sig. Salvini su Fb sul succitato articolo, che il buon e saggio Tony è divenuto l’ennesimo SCIACALLO.
    Davvero SCIACALLARE è un verbo in piena espansione... come un Virus.
    Che altro dire? Chi vivrà vedrà.
    Per quanto mi riguarda il peggio che mi può succedere, dopo questo articolo, è che, chi mi legge, dica “Ecco un altro SCIACALLO”.
     

  • QUEL LUNA PARK
    CHIAMATO PARLAMENTO

    data: 17/02/2020 17:23

    Io credo non ci sia nessuno sulla faccia della Terra, specie nel mondo occidentale e “progredito”, che non sorrida felice quando pensa a questo luogo: il luna park. Colori, luci, gente che chiacchiera felice, musica e straordinarie giostre pronte ad allietarci.
    Credo anche che tale immagine colpisca in modo più forte e deciso chi è in tenera età. Anche per la consapevolezza che tale piacevole divertimento sia a costo zero. Il genitore disponibile che acquista i biglietti e/o gettoni e noi depositati dolcemente sul cavallo o nella macchinina da scontro.
    E via! La giostra va e ci porta in giro o in alto.
    Sempre mal disposti quando la musica termina e si è costretti a lasciare quel posto incantevole e gratuito.
    ECCO A VOI PRESENTATO IL NOSTRO PARLAMENTO.
    Una giostra su cui salire gratuitamente (paghiamo noi che sulla giostra non ci stiamo). E quando ci dicono di scendere, non potendo più piagnucolare perché adulti, cerchiamo disperatamente e furbescamente di trovare un modo per rimanere ben radicati alla nostra poltroncina dell’autoscontro.
    Come? Semplice. Basta provare a farsi amico e alleato chi gestisce la giostra. Facile no? Lo chiamano “cambio di casacca”. Negli ultimi tempi va di moda una tipologia diversa. Ora si chiamano “Responsabili”.
    Chi invece, non è avvezzo ai cambi di casacca, va da sé che non possono non essere etichettati come “irresponsabili”.
    E così la giostra gira e a costo zero. Per chi ne usufruisce, s’intende.
    E per chi ci rimane sopra per un po’ di tempo, c’è anche un regalo a seguire. Lo chiamano vitalizio e il termine proviene da VITA… Insomma un regalo a vita…
    Ora viene spontaneo chiedersi: ma i “genitori paganti” si accontentano della “felicità” dei loro “pargoli”?! Penso proprio di no. Anche perché mentre loro si divertono, il Paese va a rotoli.
    Allora nasce una idea che i più trovano geniale. Dimezziamo il numero dei partecipanti al Luna park. Della serie: “quelli della casta che si divertono sulle macchinine, facciamo in modo che siano meno”.
    Io, invece, ho una idea ben diversa sul concetto di genialità.
    Prendiamo il loro lauto guadagno e portiamolo ad una cifra “equilibrata”.
    Diamo ai fortunati in giostra uno stipendio mensile di 2.000 euri + le spese necessarie per i loro giri in giostra. Spese, tutte tassativamente documentabili e legate alla loro attività.
    E se qualcuno, prima di salire sulla giostra, ha un guadagno mensile ben più alto perché medico, ingegnere, dirigente o altro, che mantenga il suo livello economico. Non un euro in più.
    Chissà che non si convincano, responsabili e/o irresponsabili, che la vita non è poi stare perennemente su una giostra.
    Per conto mio, spero, qualora un giorno utilizzino il mio modo di essere “geniale”, di non sentirmi rispondere, come mi è già capitato, da un piccolo bambino di quinta elementare a cui chiedevo cosa gli sarebbe piaciuto fare da grande: “Da grande? Il politico”.
     

  • PIAZZE, FORTISSIMAMENTE PIAZZE...

    data: 15/02/2020 15:48

    Tutti sanno che i luoghi deputati a realizzare e creare quello che si definisce NOI POLITICO sono gli spazi chiusi ma nel contempo vasti dove le persone hanno la possibilità di confrontarsi. Dove la “massa” attraverso “il sentire l’altro”, attraverso perfino il contatto fisico fatto dalla reale vicinanza in un luogo che li accomuna, riesce a creare un pensiero comune, un progetto da realizzare. Un NOI POLITICO.
    Cosa c’è di meglio di una piazza piena?
    Una piazza piena pre–vede consensi, male che vada almeno una comune curiosità.
    Magari dopo un po’ si scoprirà che quel pieno è realizzato esclusivamente da corpi che la riempiono e non da menti pensanti. Ma non importa. L’importante è che essa sia stracolma, che dia un colpo d’occhio capace di creare un effetto dirompente.
    Le ultime “riunioni pubbliche”, intendo quelle che hanno fatto maggiore share, sono state, in termini temporali, quelle dei VAFFA people e delle giovani SARDINE.
    Due particolari situazioni finalizzate a creare quel NOI POLITICO.
    La prima come espressione anti casta e anti sistema. Una massa sempre più numerosa, stanca dei continui soprusi, furberie e, perché no, infastiditi dalle quotidiane fake news di stampo istituzionale.
    Non c’è bisogno di dover spremere le meningi per ricordare cosa diceva il capopopolo di questo NOI POLITICO sulle banche, sull’Europa, sulla drammatica discrepanza tra troppo poveri e troppo ricchi, sugli evasori fiscali, sulla globalizzazione devastante e turbo capitalista, ecc. ecc.
    La seconda ancora più particolare perché espressione di un mal contento diffuso sul “come” si comportava l’opposizione.
    Tutti, nessuno escluso, hanno dovuto ammettere che, da tempo, non si erano mai viste piazze cosi stracolme che invece di elogiare chi era al potere (immagino le piazze dei comizi finali dei singoli partiti prima di una elezione) o accusare chi era al potere (vedi i VAFFA) erano, invece, in piazza ad accusare l’opposizione.
    Tra pochi giorni – (l’autore scrive prima dell’evento, ndr) - saremo testimoni di una nuova tipologia di piazza piena (da parte mia mi auguro sia stracolma di gente).
    Scende in piazza il Governo che critica il Governo. Per essere ancora più precisi un Ministro che invita il popolo a scendere in piazza per criticare il Governo di cui fa parte.
    Davvero strano.
    Eppure considero, tra le tre tipologie appena ricordate, quest’ultima l’unica capace di creare veramente un NOI POLITICO.
    Assolutamente figlia del movimento dei VAFFA, scende in campo, o meglio riscende in campo per ricordare a tutti gli smemorati di quel movimento il perché, non molti anni prima, le stesse piazze si riempivano per precise motivazioni che ho poc’anzi ricordato.
    A meno che, come io spesso ripeto, le presenze nelle piazze siano direttamente legate al numero di selfie scattati all’interno di queste.
    Voglio essere ancora più chiaro. Della serie “io c’ero e per dimostrarvelo mi scatto una serie di selfie che lo testimoniano”.
    Sarebbero quello PIAZZE PIENE… ma vuote di cui vi parlavo all’inizio. Ed è quello che temo da tempo.
    Ora proveremo a vedere di cosa sarà capace il giovane napoletano.
    Mi interessa sapere e specialmente vedere se avrà la cravatta o semplicemente un collo di camicia sbottonato.
    Sarà un elemento determinante. Non dovesse avere la cravatta, significherà che vorrà ricordare ai presenti quelle che erano le indicazioni da cui tutti erano partiti e che avevano portato il Movimento agli straordinari risultati ottenuti meno di 24 mesi fa.
    E forse lo ricorderà, in primis, a sé stesso.
    Chissà che, in questa piazza stracolma di gente desiderosa di un NOI POLITICO si riparli del MES, dell’Alitalia, dell’Ilva, degli sfasci geopolitici italiani, di lavoro per i giovani, di investimenti sulla ricerca, di banche trasparenti, di sana giustizia.
    E non solo – ma questo è perfettamente umano – di Coronavirus.

     

  • VIRUS DOCET

    data: 05/02/2020 15:20

    “STO CERCANDO DI ACQUISTARE PIÙ MASCHERINE CHE POSSO PER I MIEI AMICI IN CINA... ANCHE SU AMAZON... MA NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI MI IMBATTO IN VERI TRUFFATORI CHE APPROFITTANDO DEL PERIODO PROPONGONO MASCHERINE DEL VALORE DI CENTESIMI (USA E GETTA) A PREZZI TRUFFA. QUANDO SI È SCIACALLI NELL’ANIMO ALLORA CI SI APPROFITTA DELLE PENE ALTRUI PER FARE SOLDI... BEH, SPERO TANTO CHE A QUESTI INDIVIDUI NON RIMANGA NEANCHE UNA DI QUESTE MASCHERINE IL GIORNO IN CUI DOVESSERO AVERNE BISOGNO... MI SPIACE SOLO CHE IN MOLTO CASI I FURBI SIANO DELLE MIE PARTI”.
    Questo mi ha scritto, pochi giorni fa, un carissimo e amato Amico (italiano) che vive e lavora da anni in Cina. Di una cosa si può essere certi. Questa ennesima esperienza “globale” che ci è apparsa sotto le spoglie di un virus ci obbliga a tantissime considerazioni e riflessioni.
    La prima, quella più immediata, è senza dubbio legata alle difficoltà di avere un quadro divulgativo chiaro e credibile sulla vicenda. Sappiamo benissimo quanto sia complicato attraversare le reti informative di un regime dittatoriale come quello cinese. Un regime che definisco particolare, se poi gli stessi protagonisti sono i primi nel mondo ad accaparrarsi le notizie/altre con la loro tecnologia avanzatissima nel campo della infosfera digitale.
    Difficile sapere da quando, tale epidemia sia realmente scoppiata, ancora di più da dove e in che modo. Men che meno sapere le cifre reali, al momento, sugli infettati e sullo sviluppo della malattia.
    Ma preferisco, invece, soffermarmi alle conseguenze di carattere “sociale” che tale drammatica esperienza sta portando alla luce in modo ancora più chiaro.
    Alessandro Barbero, che amo spessissimo ricordare nelle mie analisi, non perde occasione per rimarcare, specie nelle sue lezioni sulle “Invasioni barbariche”, che il razzismo è parte integrante dell’essere umano.
    Nessuno, nella Storia, ha mai amato il diverso. E la motivazione è sfacciatamente naturale: non è me.
    Si può convivere, si può accettare la sua presenza, capire perfino la sua utilità. Resta il fatto che egli è diverso ed io, va da sé, sono migliore di lui.
    Se poi, il diverso, come nel caso in analisi, è portatore di sciagure, allora tale “diversità” diventa elemento ancora più netto per posizioni razziste.
    È sotto gli occhi di tutti, ciò che ha portato con sé tale ultima situazione estrema.
    Ristoranti e negozi con presenza di “potenziali infetti” (basta essere gialli) in rapido svuotamento di clienti.
    Governatori di Regioni che invitano le Scuole dei loro territori a mettere in moto operazioni finalizzate a rapide e necessarie quarantene per bambini potenzialmente a rischio causa presenza del “diverso”
    Perfino quello che appare, al momento, l’unico raggio di luce, rappresentato dalla rapida scoperta del codice del Coronavirus all’Ospedale Spallanzani di Roma, si colora di razzismo. “Scoperto il codice. Tre ricercatrici del Sud”. Così scrivono i giornali. Tre donne del Sud…
    Una cosa che poteva sembrare quasi impossibile è accaduta.Tre donne. Pure del Sud.
    Un esempio nostrano di razzismo che sembra ci pervada da sempre.
    Sarà una conseguenza delle “Invasioni barbariche” subite da Roma caput mundi?
    Forse.
    Un augurio ed una speranza.
    Che il virus e relativa epidemia sia debellata. Non solo per la salute fisica del genere umana ma anche per quella mentale.
    Sul razzismo dilagante invece, ho poche speranze.
     

  • ECCO PERCHE' PER ME
    SA DI STANTIO PARLARE
    DI "DESTRA" E "SINISTRA"

    data: 31/01/2020 15:56

    Non ho ancora capito se dipenda da una crassa ignoranza o da un’atavica predisposizione all’istituto della ipocrisia che letteralmente inonda il genere umano. Ma un dato di fatto dovrebbe essere riconosciuto universalmente: nell’ambito politico, parlare di destra e di sinistra dà davvero di stantio.
    Facendo una banalissima ricerca e dando velocemente una definizione alle “categorie” si scoprirà che Destra, nel linguaggio politico, indica un orientamento liberal–conservatore e, usando i termini più alla “moda”, nazionalista e sovranista.
    Su questi ultimi termini evito di approfondire, altrimenti non finiremo mai di dissertare. Dovremmo analizzare il loro vero significato e si farebbe davvero notte.
    La Sinistra, nel linguaggio politico, invece, indica un orientamento progressista e riformista. Ma se solo ci si infila in un più approfondito studio, si scopre che, quasi tutte le definizioni proposte per queste due “angolazioni” (Destra e Sinistra) terminano con una affermazione comune: le due posizioni sono DIAMETRALMENTE OPPOSTE.
    Questa ultima considerazione non può non portarci a dover identificare quali settori sociali dovrebbero accasarsi nei rispettivi territori di appartenenza.
    Va da sé che il concetto di liberal–conservatore ben si adatta all’élite, termine che definisce un gruppo di persone (spesso una minoranza) che possiede autorità, potere e specialmente influenza sociale e politica.
    Il concetto di progressismo e riformismo dovrebbe essere elemento, invece, inquadrabile in categorie sociali meno abbienti, più desiderose di una vita politica e sociale migliore e da conquistare.
    Ritorniamo alla, a mio parere, “considerazione–madre”: DIAMETRALMENTE OPPOSTE. Poi, una veloce virata verso il nostro Belpaese ed entriamo nel tema.
    Guardiamo con attenzione il nostro quadro politico e chiediamoci se questo dichiarato postulato ha del vero.
    E se io vi proponessi, come aggiornamento linguistico, al posto di Destra e Sinistra, le seguenti categorie: Alto e Basso; Centro e Periferia; Inside e Outside; Vicino e Lontano?
    Verrebbe quasi spontaneo, come naturale deduzione, che Alto – Centro – Inside – Vicino, siano sostantivi e relativi significati espressi, da accreditare al liberal conservatorismo. Mentre Basso – Periferia – Outside – Lontano alle classi più progressiste.
    Un filo di attenzione ed un abbassamento della soglia della nostra ipocrisia (solo momentaneo, per carità…) ci porterebbero ad una confusione senza apparente soluzione.
    Si scoprirebbe, giusto per fare un esempio, che in Alto (élite) alberga la Sinistra e in Basso la Destra; che al Centro si vota Sinistra e in Periferia la Destra mentre per ciò che riguarda le altre categorie (inside/outside e vicino/lontano) le posizioni riprendono le vecchie “indicazioni” tra Destra e Sinistra espresse da forme radicali di nazionalismo e sovranismo (prima gli italiani e problemi di emigrazione) tipiche della Destra e aperture tout court ad ogni forma di Comunità aperte (una sorta di internazionalismo ritrovato).
    C’è qualcosa che non quadra. Non vi pare?
    Oppure, come mi piace sostenere, è solo un problema di ipocrisia.

  • NON C’E’ PEGGIOR SORDO
    DI CHI NON VUOLE SENTIRE

    data: 28/01/2020 13:25

    A bocce ferme un’analisi al post voto è doverosa. Abbastanza soddisfatto del pronostico non “azzeccato” (ma questo è un problema mio), gli esiti della appena trascorsa tornata elettorale credo ci abbiano detto tantissimo.
    Certo, c’è il titolo di questo articolo ma sforziamoci di “sentire”.
    1) Dare in mano al popolo le decisioni da prendere, al di là delle interpretazioni che si possano dare al concetto di democrazia, appare sempre SCELTA SANTA. Intelligente o allocco, intellettuale o rustico che sia, l’elettore, è un passaggio ESSENZIALE che rifiuta qualsiasi controindicazione.
    2) La “spallata” tentata dalla Lega (non voglio sminuire i risultati calabresi ma in Emilia e Romagna si è giocata una partita squisitamente politica) ci ha “donato” una porta oltremodo resistente e solida. Elettoralmente Salvini, non c’è dubbio, ha fatto quello che doveva fare nel momento giusto per lui. Sui modi non mi dilungo. Spero abbia inteso il messaggio di risposta.
    3) La presenza delle Sardine (decisiva o no, non importa) ci ha anche detto che è davvero auspicabile che si torni a livelli di confronto “educati” (eufemismo). Ogni nazione e/o società che si definisca evoluta ci obbliga ad augurarci che si creino posizioni opposte ma fortemente democratiche. Sempre stato convinto che una democrazia matura debba avere precise alternative (almeno due). Una sinistra e una destra (usiamo ancora questi termini un po’ stantii per poche altre volte) capaci di risolvere i problemi di un Paese. Certo con tragitti diversi ma entrambe finalizzate a tale scopo.
    4) L’ultima tornata elettorale ha definitivamente ufficializzato il decesso del Movimento Cinque Stelle (per la gioia del Vate genovese impegnato a questo fine da tempo). La Storia ci dice che altri movimenti anti sistema hanno fatto identica fine. Nessuna novità, quindi. Personalmente rimango del parere che ciò sia deleterio a fronte di due compagini (destra e sinistra) che negli ultimi decenni troppo spesso si sono “unite” in accordi sospetti (altro eufemismo)
    5) Ultimo - ma non per importanza – l’affossamento del “fu Forza Italia”. Davvero difficile capire quanto e se questa caduta abbia influito sui risultati finali nella regione rossa (più giusto dire rosé chiaro…).
    Un dato finale, conclusivo e oltremodo significativo.
    A fronte di tali risultati è evidente che, guardando l’attuale Governo, ci appaiono due maggioranze ampiamente diversificate. Una reale e aggiornata (risultati ultimi), l’altra virtuale ma suffragata dai voti democraticamente espressi nelle ultime votazioni politiche.
    Chi prenderà il sopravvento?
     

  • VI DICO ORA
    CHI VINCERA' DOMENICA
    IN EMILIA-ROMAGNA

    data: 25/01/2020 18:20

    Niente Informazione e né conseguente Comunicazione. Men che meno propaganda. Definiamola col giusto termine: PREVISIONE, meglio ancora pre VISIONE.
    Certo suffragata da un insieme di opinioni raccolte, dati, intuizioni e conoscenza della materia. Ma è, e rimane, una umana previsione con il suo naturale elemento costitutivo: possibilità di errore al 50%.
    Come finirà?
    Intendo la “battaglia di tutte le battaglie”. La conquista della terra dei tortellini e delle lasagne.
    Credo che il tutto sia determinato da due elementi che ritengo primari.
    1. La percentuale dei votanti
    2. Gli invocati (almeno da una parte) voti incrociati
    Inoltriamoci nella “palla di vetro”.
    Alle ultime elezioni (2014) l’affluenza degli elettori alle urne fu del 37,71%. Sotto la soglia “psicologica” del 50% e distante dalle precedenti elezioni del 31% (le elezioni del 2010 avevano visto il 68% alle urne).
    Un dato che non si può disconoscere e che fa riferimento a queste cifre è il distacco evidentissimo della popolazione emiliana e romagnola dal “pianeta politico/amministrativo”.
    Viene spontaneo chiedersi quanto, in termini di percentuali, dagli anni che vanno dal 2014 ad oggi, il popolo si sia rinnamorato e ovviamente dei perché di tale riavvicinamento.
    Un dato incontrovertibile è quindi chiedersi se quel 31% assente rispetto al 2014 abbia o non abbia apprezzato il lavoro del presidente uscente.
    Il secondo elemento di analisi è legato alla possibilità di voti incrociati (Presidente da una parte - lista opposta) e mi richiama la quarantennale esperienza personale all’interno di una amministrazione regionale.
    Il cosiddetto voto incrociato è quasi sempre frutto di accordi (più o meno celati) tra i partiti e trovano poca attenzione in special modo su chi si ritiene “disinnamorato” della politica. Appare, nell’immaginario collettivo, in modo oltremodo palese, come elemento dettato da strategie legate al Potere.
    Ritengo che, oggi e in queste elezioni, se ne parli essenzialmente come “naturale” (?!) conseguenza alle dimissioni del segretario dei pentastellati.
    L’ipotesi è che tale nuova situazione possa essere un ulteriore stimolo nei confronti degli ipotetici indecisi.
    Dubito molto che tra i 31% degli assenti alle scorse votazioni, tale tipologia di voto abbia possibilità di riuscita.
    Allora?
    A questo punto il mio DNA “antropologico” prende il sopravvento e mi tocca dover analizzare COME la lunghissima campagna elettorale sia stata sviluppata e realizzata.
    Siamo in piena Era Digitale, segnata da una assoluta preminenza della informazione e conseguente comunicazione in “big data”.
    Vincerà allora chi ha utilizzato tali mezzi tecnologici nel migliore dei modi: questa dovrebbe essere la naturale conseguenza.
    Vado contro corrente, invece. Vincerà chi ha avuto maggior contatto “fisico” con la gente.
    Parlo di quella metodologia che, una volta, era assoluta protagonista delle campagne elettorali della sinistra.
    “Stare tra la gente”.
    Mi espongo, quindi, ed emetto la pre–visione.
    Vincerà la cosiddetta “destra”. E credo anche di non poco.
    Termino confidandovi che, anche se convinto di essermi “sdogmatizzato” a sufficienza nell’arco dei miei ultimi vent’anni, mi auguri di sbagliare…
    Del resto, per mestiere, non faccio l’indovino .
     

  • IL VERO ELEMENTO NEFASTO? GLI ADDETTI
    ALLA INFORMAZIONE

    data: 22/01/2020 12:55

    Ormai da troppo tempo mi trovo a dover chiarire concetti, a mio parere, estremamente cristallini a proposito del rapporto tra Politica e Comunicazione - negli ultimi cinquant’anni - e della loro sempre più estrema connessione, specie dopo la nascita e lo sviluppo dell’info sfera digitale.
    Un riferimento storico.
    Un giurista, filosofo della politica, importantissimo per chi studia la politica è stato il tedesco Carl Schmitt morto, quasi centenario nel 1985.
    Tra i maggiori sostenitori del regime nazista e quindi grande studioso della propaganda politica di quel regime, Schmitt scrisse numerosissimi libri in materia.
    Definiva il sovrano – e nel suo caso evidentemente Hitler – come “colui che è in grado di generare un silenzio assoluto, di azzerare ogni frastuono”.
    Si sa che Carl Schmitt, per tutta la sua vita ebbe un autentico terrore per le “onde elettromagnetiche” capaci di sfuggire ad ogni controllo e, anziano, evitò tassativamente di avere in casa radio e televisione.
    Erano queste “onde”, per lui, le vere sovrane. Immaginatevi se avesse conosciuto il digitale e le micidiali shitstorms (tempeste di merda) che lo popolano.
    Il problema è che pochi riflettono sul rapporto tra mezzi di comunicazione asimmetrici come la televisione e la radio e mezzi simmetrici come quelli digitali.
    Da qui nasce, a mio parere, la giungla informativa, quasi sempre deviante, che pone in rapporto la politica con la Comunicazione.
    Mi spiego.
    I politici svolgono la loro funzione di amministratori della res pubblica. Il popolo viene informato delle loro attività e delle relative scelte fatte attraverso la comunicazione mainstream (carta stampata, televisione e radio).
    Mezzi, questi ultimi, chiaramente asimmetrici. Da una parte una “fonte”, dall’altra il popolo “bersaglio” da raggiungere.
    Nostra unica possibilità: scegliersi il quotidiano, preferire una “rete” rispetto ad altre.
    O come, per abitudine faccio io, leggersi tutti i quotidiani e sciorinarsi tutti i telegiornali.
    Cosa accade a fine analisi politica giornaliera?
    Inevitabilmente abbiamo sempre un dato: che ogni singola notizia (informazione) viene comunicata in un numero imprecisato di modi.
    Semplicemente per il fatto che la Comunicazione ha SEMPRE uno scopo finale che non è certo quello di informare la gente sull’accaduto ma dare della notizia la propria interpretazione.
    Tutto questo potrebbe sembrare addirittura naturale e legittimo se non si sovrapponesse un elemento che considero DEVASTANTE: la Comunicazione diviene propaganda.
    Non perdiamo di vista il fatto che stiamo ancora parlando di Comunicazione asimmetrica.
    Non abbiamo, in tempo reale, la possibilità di contestarla “in presa diretta”.
    Proprio qui è lo snodo che ci porta inevitabilmente agli shitstorms.
    L’info sfera digitale si impossessa di questo passaggio già di fatto infettato (Informazione – Comunicazione – Propaganda).
    La possibilità di essere non più solo “bersaglio” ma “fonte” mette in moto un meccanismo contorto che, dati alla mano e considerando la statistica come scienza ci propone come risultato finale un numero impressionante di fake news e un dilagare di odio e violenza, naturali amplificatori di ciò che è rimasto della Notizia.
    La Comunicazione, divenuta di fatto propaganda, produce quasi esclusivamente questo.
    Imputiamo pure, giustamente, ai politici le loro malefatte, la loro incapacità a governare, la loro pochezza in termini di preparazione.
    Resta un fatto da cui non si può prescindere.
    Gli addetti alla Informazione sono il vero e determinante elemento NEFASTO che ci porta all’attuale situazione.
    L’informazione corretta crea opinione e scelta, che è volano per il momento più importante della vita democratica di ogni Paese che si rispetti.
    Il momento delle votazioni e delle conseguenti elezioni nel quale si possono davvero cambiare i destini di una intera Comunità.
    Solo con una informazione corretta e con addetti ai lavori all’altezza, si può davvero provare a cambiare.
    Altrimenti teniamoci questa lordura.


     

  • L’APOTEOSI
    DELLA CONFUSIONE

    data: 19/01/2020 14:04

    Ieri dopo la lettura, sempre più tragica, dei vari quotidiani ho capito, per l’ennesima volta, che abbiamo superato il dopo–caffè. C’è di tutto. Da giudizi su scrittori da poco deceduti (Pansa) etichettati come “il maestro della menzogna degli ultimi trentacinque anni” (Il Fatto Quotidiano) al “più grande cronista del ‘900” (Marco Da Milano – Espresso). Dal politico “rivitalizzato” da un anniversario e da un conseguente film (Craxi) “ultimo e grande Statista e uomo politico italiano” a “delinquente patentato in fuga”.
    La definiscono DEMOCRAZIA.
    Io non ci vedo manco l’ombra. Anzi, ancora una volta, invito tutti (non posso chiedervelo in ginocchio, abbiate pazienza) a farsi uno studio approfondito sul suo significato, sulla sua Storia, evitando possibilmente di spulciare micro definizioni Google/Wikipidiane.
    Ieri ha fatto da sirena di richiamo, su tutte le notizie, la decisione presa sulla data del 20 gennaio prossimo per il caso Gregoretti/Salvini.
    Babbo Natale per il leghista è sempre dietro l’angolo…
    E la straordinaria genialata dello Stanlio&Olio contemporaneo (Friedman) che su tutti i giornali scrive “comunque andrà Salvini ne uscirà vincitore”.
    Fantastico. Meglio della scoperta dell’acqua calda!!!
    E tutti, chi in modo palese come il sottoscritto e pochissimi altri, chi a bassissima voce quasi nascondendosi (la maggioranza) sanno bene che è così.
    Ma nessuno ci dice il perché... di questa conseguenza lapalissiana.
    Mi permetto io di farlo, rispolverando uno scrittore molto famoso del 1500. Tommaso Garzoni, che fu il primo ad utilizzare, in lingua volgare, il termine democrazia dopo che tale parola si era usata sempre facendo riferimento alla Grecia dove l’idea della democrazia era ben altra.
    “Quando la moltitudine ingiustamente oppressa, tratta dall’ira e spinta dal furore si delibera vendicare gli oltraggi ricevuti, subito ne nasce la democrazia”
    Cioè l’amministrazione del Popolo. INEVITABILMENTE.
     

  • MOVIMENTO SOTTO ANALISI

    data: 14/01/2020 12:33

    In questi ultimi mesi siamo spettatori di una stranissima operazione mediatica che, credo, non abbia precedenti nella Storia umana. Una analisi quotidiana e puntuale su una esperienza politica ancora in itinere e bollata come “irrimediabilmente” terminata.
    Anche questa vicenda, come oramai il 99% delle storie dei nostri giorni segnata dal “non abbiamo tempo da perdere” tipico di questa società dei “dati” a scapito del preistorico “meditare – analizzare – dedurre”.
    “Il Movimento è finito” – sentenziano gli analisti (!?) – “i sondaggi ultimi lo certificano”.
    E tutto questo mentre, in contemporanea, ci affanniamo a dare una prima seria opinione storico–politica su Bettino Craxi stimolata, badate bene, non dalla necessità di “capire la Storia” ma solo perché cade l’anniversario ventennale della sua morte con relativo film attualmente nelle sale cinematografiche. Della serie “se fosse deceduto nel 2002 avremmo fatto tutto questo tra un paio di anni, e se fosse deceduto nel 2003 tra tre anni… e così via.
    Gli storici di tutto il mondo – tutti nessuno escluso – sanno perfettamente e cercano di inculcare nel cervello dei più che fare una analisi credibile di una vicenda storica abbisogna non solo di un numero congruo di anni (altro che venti o trenta) ma che sia avvenuta una reale operazione di desegretazione di documenti.
    Non voglio entrare nel merito della questione, altrimenti anch’io cadrei nella trappola del “non abbiamo tempo da perdere”.
    Affermo solo, per concludere su Craxi, che farebbero bene ad evitare giudizi affrettati e come sempre di parte, che sguazzano nei famosi e da me tanto odiati dogmi politici.
    Ma ritornando sul tema del Movimento Cinque Stelle ciò che davvero mi colpisce è la scarsa capacità di capire cosa abbia significato e cosa significhi, ancora oggi, tale movimento.
    Vorrei che si riuscisse una volta per tutte a fare una netta distinzione tra il perché della sua nascita e del perché tale movimento abbia avuto questo crollo verticale.
    Tale Movimento – spero che tutti abbiano chiara questa idea – nasce come un tentativo di rompere un Sistema conclamato che per decenni ha visto la collusione e conseguenziale concussione tra i cosiddetti schieramenti di destra e di sinistra.
    Abbattere il Sistema. Questo è stato il leitmotiv del Movimento. Null’altro.
    Convogliare in piazze NON VIOLENTE una marea di cittadini in continuo aumento, stanchi dei soprusi continui subiti dai politici di turno.
    Non dobbiamo dimenticare la TOTALE INDISPONIBILITA’ nella prima fase a qualsiasi possibilità di accordi programmatici con chicchessia da parte dei pentastellati.
    Al Governo da soli, ribadiva puntualmente il vate genovese.
    Insomma una forma dialettica parallela o similare (io direi identica) al “Voglio pieni poteri” del leghista Salvini.
    Né più né meno.
    Ma con fini, io credo, assolutamente diversi.
    Una volta al Potere ma non da soli – scelta nefasta – il Movimento si è dovuto scontrare in pieno terreno di battaglia col Sistema da abbattere.
    Una battaglia improba non solo per i personaggi che la svolgevano e la svolgono (da una parte prezzolati figuri spesso non immuni da precedenti giudiziari e dall’altra una giovane comunità di individui con tanta buona volontà e niente altro).
    Ed è abbastanza scontato che personaggi come Di Maio, Di Battista e company finissero nel tritacarne.
    Per mancanza di esperienza e preparazione? Anche. Non c’è dubbio. Ma specialmente per aver sottovalutato in modo drammatico una variabile che, nel tempo, si è dimostrata determinante.
    L’umana fallacità. L’incapacità divenuta ormai cronica di difendersi dai richiami delle sirene. Per farla breve: la indisponibilità evidentissima da parte di un numero sempre più rilevante di persone a perdere la cosiddetta poltrona conquistata (sarebbe più onesto dire caduta dal cielo).
    Battaglia improba, quindi ma non certo terminata se l’idea MADRE rimane quella di sovvertire un Sistema.
    Il Movimento ha bisogno di nuovi protagonisti ben ancorati a questa idea appena ricordata.
    E continuare la battaglia.
    Viviamo in una società liquida come per tanto tempo ci ha ricordato Zygmunt Bauman, dedita a repentini cambiamenti e improvvisi dietrofront.
    Essere perennemente attenti e con le antenne ben sintonizzate per raccogliere e far proprio “l’attimo fuggente”.
     

  • ANNO BISESTILE,
    VENTI DI GUERRA...

    data: 10/01/2020 11:02

    Niente male come inizio di anno bisestile! E così, mentre ci arrovelliamo in analisi nostrane del tipo elezioni regionali in Emilia e Romagna (“la battaglia di tutte le battaglie” così l’hanno definita), mentre sperperiamo il nostro tempo col nostro hobby preferito che è la “quotidiana spruzzata” di odio bipartisan (ormai fuori moda e che non fa manco più audience), mentre dissertiamo sul sesso delle Sardine con varie ed eventuali, un dittatore conclamato (Erdogan) e un politico sempre lucido (Putin) si gestiscono con nonchalance il territorio a noi dirimpettaio (Libia) mentre Trump, nel rispetto della regola tipicamente yankee che prevede un anno prima delle elezioni una escalation militare e/o terroristica, “impallina” il nemico di turno con scorta annessa.
    Mi rendo perfettamente conto che non possiamo dedicare tanto tempo ad analisi di geopolitica specie quando si vive in un territorio come quello italiano dove, per fare un esempio, si oltrepassa un casello autostradale facendosi la croce come se si entrasse in chiesa.
    Ma santo Dio, qualche volta provare a guardare oltre la propria punta del naso non farebbe male.
    Vada pure per il caso Iran/USA dove c’è in campo una variabile impazzita come il sig. Trump, ma per ciò che riguarda la Libia, infognati come siamo sulle percentuali degli sbarchi, non ci siamo accorti della già avvenuta spartizione (turco/russa) del territorio nord africano. Insomma ci è passata inosservata.
    Siamo disattenti. Per natura.
    E non ci siamo nemmeno accorti che, dopo Berlusconi, (che sofferenza ammetterlo) la nostra attenzione nei confronti dei su nominati dirimpettai è stata pressoché nulla.
    Disattenti. Come il far finta di non sapere (i dati ufficiali offerti da Amnesty International e organizzazioni similari sono chiari e documentati) che “al di là del guado” sono in piedi autentici lager dove uomini e donne sono violentati e dove giornalmente si perpetuano atti criminali e di assoluta violenza.
    Abbiamo tutti “storto il naso” quando ci fu detto che il popolo tedesco, all’epoca del Nazismo, non sapesse dei campi di concentramento e di ciò che accadeva al suo interno.
    Abbiamo più volta risposto con un semplice “ma come è possibile?”.
    Beh, potremmo rispondere (qualcuno lo ha fatto a suo tempo) che non esisteva la TV e la Informazione era compressa da una propaganda che annullava qualsiasi dubbio.
    Oggi abbiamo non solo le TV ma anche Internet.
    Allora?
    Siamo disattenti.
    Forse è meglio dire che abbiamo tutti la mente obnubilata.
    Ed ancora una volta la principale responsabilità è da addebitare alla Informazione e alla Comunicazione oltre ai politici nostrani.
    O, forse, semplicemente, alla nostra ormai acquisita volontà di disinteressarci di qualsiasi cosa che non riguardi il nostro personalissimo orticello.
    Per orticello non intendo l’Italia, si badi bene, ma il nostro paese di residenza. Anzi il nostro quartiere. Nemmeno. Il nostro stabile.
    Ieri ho potuto partecipare ad un momento, per me, epifanico (termine che uso quando mi trovo di fronte a quella che, i più, chiamano ANOMALIE solo per difendere la teoria dominante).
    Su una rete televisiva ho fatto pace con la COMUNICAZIONE (quella maiuscola).
    Vi sto parlando dell’inchiesta proposta da Andrea Purgatori in Atlantide, sulle due vicende di cui trattiamo.
    Tanfo di propaganda pressoché assente. Analisi fredda e notizie e dati attentamente analizzati dal punto di vista storico.
    Da riproporre ai disattenti italiani. Nessuno escluso.
    E non importa che si sia fatta passare per reale una simulazione di videogame sugli sfaceli di cui è capace un vero drone armato.
    Davvero non importa.
    Resta un fatto incontrovertibile.
    È stato un tentativo (so che si tornerà alla “teoria dominante” dei giornalai) di far aprire gli occhi agli italiani.
    E non è poco.
     

  • L’ANTROPOLOGIA
    DEL DIGITALE

    data: 29/12/2019 19:08

    Pochi anni fa, credo nel 2014, provocavo alcuni miei colleghi affermando che parlare ancora di Antropologia della Comunicazione come materia di studio fosse oramai obsoleto. Convinto della imminente egemonia dell’homo digitalis (che considero come autentica involuzione dell’homo sapiens) ricevevo come risposta malcelati sorrisi e “delicate” considerazioni contrarie.
    A distanza di poco tempo, molti di essi ammettono che avevo visto lontano…..
    Non c’è vicenda, infatti, a livello global, che non subisca gli strali di questa Società della Trasparenza, che ci ha portato in termini definitivi in quella che tutti definiscono l’ideologia della post–privacy.
    Chi, più di tutti, irrimediabilmente, ne è uscito con le ossa rotte da tale ideologia è stato il mondo della politica che rappresenta – sarebbe bene ricordarlo ripetutamente – l’elemento portante della vita di ognuno di noi, dovendo gestire ed amministrare tutte quelle scelte strategiche necessarie perché la vita di ognuno di noi sia proiettata verso quel “benessere” psico fisico a cui tutti aneliamo.
    La Società della Trasparenza si affianca, oggi in modo chiaro, con la Comunicazione digitale. Una Comunicazione capace di azzerare quasi totalmente, in nome della democrazia, tutte quelle forme asimmetriche (giornali, radio, cinema, televisione) dove il rapporto tra sorgente – chi informa e comunica – e bersagli – tutti noi che riceviamo le informazioni - erano ben contraddistinte e non interscambiabili.
    Il digitale, specie con i suoi forum e blog, ci propone spazi in cui la simmetria tra sorgente e bersagli diviene totale; dove, in tempi reali si diviene ricevitori e trasmettitori di pensieri e idee.
    In nome della desiderata “trasparenza”.
    Tutto avrebbe dovuto portare, si diceva, ad un autentico miglioramento della gestione della “cosa pubblica”, verso una democrazia autenticamente partecipata.
    Non è stato così ed oggi ci troviamo di fronte ad un autentico imbarbarimento frutto di una esposizione mediatica che ha superato di gran lunga qualsiasi limite di decenza.
    La politica è la maggior vittima di questa esposizione che più volte ho definito pornografica, identificando in questo termine l’esporsi senza alcuna forma di vergogna.
    C’è un termine a cui sono molto legato ed è IL RISPETTO.
    Letteralmente rispettare significa distogliere lo sguardo. È un riguardo. Nella nostra nuova società digitale lo sguardo non ha più distanza finendo per divenire un autentico SPETTACOLO di stampo voyeuristico.
    Inevitabile che tutto ciò ci porti verso una società del sensazionalismo.
    Ed è altrettanto inevitabile che vicende come la nuova casa di Renzi, la nave Gregoretti e Salvini, Bibbiano, fino all’uovo lanciato verso una nostra atleta di colore, per fare degli esempi, attirino molta più attenzione di altre notizie di ben altro spessore e importanza.
    Come estrema dimostrazione di tale teorema è l’assoluto interesse a chiedersi continuamente e giornalmente “QUANTO DURERA’ IL GOVERNO” a fronte di una più naturale e legittima domanda che, a mio parere, dovrebbe essere “QUANTO DURERA’ L’ITALIA” in questo caotico susseguirsi di problematiche gravi come il lavoro, il debito pubblico, il disfacimento idrogeologico, ecc. ecc.
    La Politica – quella con la P maiuscola – è e rimane una azione strategica ed è per questo che le appartiene una sfera segreta.
    Raggiungere degli obiettivi a medio e lungo termine non possono non prevedere precise strategie e perfino tattiche finalizzate a raggiungere i risultati desiderati.
    Io credo che l’attuale situazione creatasi, l’imbarbarimento a cui siamo giunti, oltre che per il livello infimo dei nostri politici sia da imputare ad una forma di “trasparenza” finalizzata ESCLUSIVAMENTE a salvaguardare i personali interessi (singoli e di partito) e non a rendere partecipi i cittadini all’amministrazione della res pubblica.
    Inevitabile conseguenza l’esplosione di odio e di violenza verbale.
    Difficile, io credo, trovare soluzioni a questo autentico “fiume in piena”.
     

  • DAL CAOS AL DELIRIO

    data: 21/12/2019 19:08

    Seguo la “vicenda” MES dalle Camere ed è davvero tutto irreale. Mentre non c’è un solo “nuovo piano industriale”, in Italia, da parte di Aziende e Industrie, che non preveda esuberi (tale termine significa SOLO ed ESCLUSIVAMENTE taglio di forza lavoro e aumento di disoccupazione)… Mentre l’ex ILVA si avvicina, inevitabilmente, alla chiusura del determinante FORNO 2 (tale considerazioni significa SOLO ed ESCLUSIVAMENTE chiusura definitiva e arresto di qualsiasi forma di produzione)… Mentre l’Italia si sfalda sotto i colpi del maltempo… Mentre con una operazione truffaldina, figlia dei precedenti Governi, si diluiscono nei tempi (da gennaio a luglio, dal 2020 al 2021, ecc.) balzelli e tasse, accise e tagli, assistiamo ad uno show degno della peggiore triade televisiva D’Urso/Grandi fratelli/Isole dei famosi/ riunite in un unico programma neuro distruttivo.

    Le nostre attenzioni sono sapientemente e in forma delinquenziale “pilotate” a dissertare su:
    • la casa di Renzi;
    • il “sesso ideologico” delle Sardine;
    • l’’origine storica del canto “Bella ciao”;
    • il MES da cui parte la mia Nota e su cui la sola esistenza di opinioni tra “grandi economisti” italiani ed internazionali divergenti e talora opposte dovrebbe portare, in modo naturale, a non affrettare qualsivoglia decisione;
    • le elezioni in Emilia e Romagna, definite come “la guerra di tutte le guerre”.
    NON È CAOS MA ESALTAZIONE DI UN DELIRIO COMPLESSIVO E DEVASTANTE CHE CI HA AMMORBATO DEFINITIVAMENTE IL CERVELLO.
    La domanda regina di tale sconvolgimento psichico è: Quanto durerà questo Governo?
    Perfino il giornalista Alessandro De Angelis, vicedirettore di HuffPost che, chi mi segue, sa non godere in nessun modo della mia stima, quasi preso da una sorta di fulminazione sulla via di Damasco, ha dichiarato: “Ma è possibile che non ci sia nessuno che, invece, di chiedersi quanto durerà questo Governo, non si chieda quanto durerà l’Italia in questo caos?”
    Davvero un CAOS sotto tutti i punti di vista.
    Perfino il ripetuto aggiornamento su temi ideologici (fascismo e antifascismo) fa acqua da tutte le parti.
    Singolare davvero che tutte le SINISTRE (quelle vere riunitesi pochi giorni fa a Roma e l’appena nato VOX ITALIA del filosofo marxista FUSARO) si affianchino, in modo chiaro, all’euroscetticismo della cosiddetta destra populista.
    Forse perché, come me e come tanti altri, avranno letto quali erano le finalità della Comunità Europea dettata dai padri fondatori e non usano le fette di prosciutto sugli occhi anziché su una tavola imbandita?
    DELIRIO PURO…
    Non vedo altro.
     

  • LETTERA APERTA
    ALLE SARDINE

    data: 16/12/2019 16:50

    La scrivo con un metaforico (ma non troppo) spostamento temporale: un ipotetico Babbo Natale (io… solo per la mia età non per altro) che scrive a tanti giovanissimi Babbi Natale. Scrivo a loro in attesa che, in periodo natalizio, mi portino tanti bei regali.
    Care Sardine,
    ho potuto verificare, fino ad ora, quanto sia straordinario confrontarsi con i giovani, con le generazioni che mi succedono nel tempo, specie quelle un po’ lontane da me.
    Parlo dei giovani, dei venti/trentenni, di quelli che DEVONO essere il futuro dell’umanità.
    Con loro, per quarant’anni nel mondo del teatro, mi sono rapportato e confrontato. Certo nei primi tempi con una differenza di età minima ma avendoli SEMPRE disponibili, dovendosi rapportare con qualcuno che provava ad insegnare loro qualcosa.
    Gli anni ultimi, con l’impegno in Università, hanno rafforzato questa mia convinzione. Di loro CI SI DEVE FIDARE.
    Ho sentito, in questi giorni, alcuni dei loro portavoce affermare “cose” cristalline. Su tutto, la convinzione che sia necessario abbandonare totalmente questo modo di fare politica costruito sull’odio e sulla paura con finalità quasi sempre esclusivamente propagandistiche dirette ad acquisire voti e Potere, falsità a piene mani, uso indiscriminato di qualsiasi vicenda ad uso “partitico”, strategie da taverna, esplosioni continue di volgarità, offese per lo più gratuite anche su temi meritevoli di attente valutazioni e che colpiscono e/o dovrebbero colpire in pieno petto la sensibilità di ogni essere umano.
    Avete detto BASTA. Così non si può andare avanti.
    Condivido pienamente il vostro pensiero e voglio, fortissimamente voglio, non pensare che tutto ciò che state realizzando sia strumentale ad un fine/altro.
    Care Sardine,
    fate in modo, voi ancora puri, che questi uomini e donne che affermano di “gestire” il Potere per il bene degli italiani abbiano in testa ben chiaro cosa sia il BENE DEGLI ITALIANI.
    Vi invio, con questa lettera, i regali che vorrei mi portaste, sperando che la mia lista non sia troppo lunga e difficile da esaudire.
    1. Chiarite a questi “figuri” - se intendono ancora utilizzare termini come “sinistra e destra” - quali siano i valori raccolti in questa determinante differenza. Cosa sia, ad esempio, stare tra la gente, vivere i loro reali problemi, percepire sulla propria pelle cosa significhi “sbarcare il lunario” come si suole dire. Dite loro che tali problemi non possono prevedere distinzioni tra “destra e sinistra” ma SOLO ed ESCLUSIVAMENTE due modi diversi di risolvere questi quesiti.
    2. Che richiamare, ad arte, termini di cui poco si conosce per tentare di distinguersi (fascismo, comunismo, razzismo, xenofobia, populismo, sovranismo, ecc. ecc.) “lascia il tempo che trova” e che non è più tempo di credere che l’uso quasi sempre a sproposito di tali termini possa condizionare gran parte del popolo, acculturato o no.
    3. Fate capire loro UNA VOLTA PER TUTTE che le priorità oggettive esistono ed esisteranno sempre. La salvaguardia dell’ambiente, il lavoro, un equilibrio necessario tra ricchi e poveri o meglio tra “troppo ricchi e troppo poveri” sono elementi da cui non si può prescindere e senza dei quali nessun’altra successiva tematica può avere senso
    4. Che siamo TUTTI figli di questa TERRA. Nessuno escluso. Credenti e atei, bianchi e neri, della Somalia, del Bangladesh e del “dotto” occidente e che qualsiasi forma di esodo (perché di esodo si tratterà nei prossimi decenni) è un tema che deve partire da questo preciso postulato: SIAMO TUTTI FIGLI DI QUESTA TERRA!!!
    5. Che l’uso della parola esposta vocalmente o scritta è frutto di una lunga evoluzione dell’uomo e che rappresenta la principale distinzione tra lui e tutte le creature del mondo. E che questa faticosa nostra conquista non può ridursi ad un uso SQUALLIDO, VOLGARE, PERENNEMENTE OFFENSIVO di essa.
    Vorrei e potrei continuare ancora.
    Se, come credo e spero, sarà questo il vostro compito, allora siate certi che le vostre piazze saranno le mie e mi troveranno sempre presente.
    Grazie Sardine, e vi garantisco che anche una sola di queste mie richieste esaudite mi basterebbe per credere nel vostro progetto.
    Sarebbe un buon inizio.
     

  • RAGIONAMENTO SU
    SENTIMENTI ED EMOZIONI
    (MA C'ENTRANO
    PURE LE SARDINE)

    data: 09/12/2019 17:52

    Spesso e sempre di più in questi ultimi periodi mi sto chiedendo se l’uomo non sia più un animale razionale ma solo ed esclusivamente una creatura sensibile.
    Sempre più, in modo “globalizzato”, prende forma una società delle emozioni dove, fin troppo spesso, regna una confusione concettuale. Talvolta si parla di emozioni, talvolta di sentimenti e perfino di affetto.
    Credo sia necessario chiarire e sbrogliare tali confusioni altrimenti, come sempre più spesso accade, si finirà per trasformare una “con – fusione” in una “fusione – con” che non credo sia utile alimentare.
    Sarò chiaro.
    Il sentimento non è identico all’emozione e men che meno all’affetto.
    Emozione ed affetto hanno una costante che li accomuna: quella di essere espressione di soggettività. Il sentimento è invece un elemento chiaramente oggettivo.
    Ma la cosa che crea un distinguo, a mio parere chiaro e invalicabile, è dato dal fatto che il sentimento prevede una narrazione, una durata nel tempo.
    I mass media ed in particolare i media digitali giocano su tale confusione perché raggiungere una emozione è ben più facile che creare un sentimento lungo nel tempo e capace di sedimentarsi.
    Inoltre l’emozione, come ricorda Bjung Chul Han, prevede una performance capace di solleticarlo.
    Quando si parla, di “raggiungere la pancia” si intende proprio questo. Creare una situazione tale che, a fronte di una situazione performativa, questo “effetto dell’anima” risponda in termini immediati.
    Creare emozioni è quasi sempre una operazione intenzionale e finalizzata a raggiungere in tempi brevi un risultato verificabile sul campo.
    Tempi brevi, non certo come il sentimento che ammette una durata, anzi, per certi versi, la impone. Ecco perché l’emozione, anche se pur intensa non dura. La stessa forza prorompente con cui si evidenzia diviene in breve tempo arma per eliminare tale intima elaborazione.
    Proviamo ad essere pragmatici.
    Senza scomodare concetti come innamoramento, infatuazione, a fronte di ciò che si definisce AMORE che è ben altra cosa e che non ho bisogno di evidenziare come SENTIMENTO, prendiamo come campo d’indagine l’attuale situazione politica nostrana, campo dove, senza nascondermi dietro il classico dito, volevo e voglio andare a parare.
    Proviamo a chiederci se le ultime espressioni popolari impreziosite da piazze piene (per specificare ulteriormente parlo del Movimento Cinque Stelle e delle giovani Sardine) siano frutto di un sentimento con tanto di continuità temporale medio lunga oppure forti emozioni destinate a spegnersi nel momento in cui il tempo si protrae.
    Proviamo a chiederci se la campagna ormai interminabile contro la famigerata “invasione extracomunitaria” sia finalizzata a creare un duraturo timore (che è chiaramente una emozione e destinata a spegnersi col tempo) oppure ad un sentimento di paura che è ben altra cosa.
    Oggi la battaglia politica verte sul confronto tra queste due precise “categorie”.
    Sentimento ed emozione.
    È evidente che io propendi per la prima delle due opzioni.
    Ed è altrettanto auspicabile che tutti, nessuno escluso, dovrebbero auspicare che tale confronto si indirizzi verso tale risoluzione.
    Ma questo prevede disponibilità a pensare, a meditare, a riflettere, a capire quanto tutti noi possiamo essere vittime di questo gioco che io definisco al “massacro”.
    Tutti, io per primo, siamo soggetti ad errori di valutazione. Ma siamo e dovremmo essere consapevoli e capaci di distinguere una emozione da un vero sentimento.
    È quello che vi chiedo.
     

  • A PROPOSITO DI "ISMI":
    IL GRILLISMO...

    data: 02/12/2019 12:13

    Devo confessare che non ho mai avuto particolare simpatia per il suffisso “ismo”. Sarà perché, come lo definisce la Treccani, lo si usa nella maggior parte delle volte con tono negativo o spregiativo. Resta il fatto che dopo il fascismo, il nazismo e il comunismo (Mussolini, Hitler, Stalin per intenderci) e dopo l’ondata lunga del berlusconismo, quella medio-lunga del renzismo e quella in itinere del salvinismo, oggi, che si voglia o no, alla porta bussa il sardinismo.
    Ma di nessuno di questi “ismi” intendo parlare.
    C’è un altro personaggio degno di questo suffisso che, a mio parere, imperversa da tempo ed oggi merita la primissima pagina. E se le precedenti nominate “correnti” sono figlie dei tempi in cui si espressero e si esprimono, il possessore del suffisso di cui vi voglio parlare è il più scaltro, il più imprevedibile.
    Vi sto parlando di Grillo e del GRILLISMO.
    Più volte mi è capitato di scrivere del comico italiano. Etichettandolo non solo come un bravissimo artista, ma come attento studioso del nostro tempo.
    Ma “l’invocazione” per la sua presenza attiva nell’agone politico italiano lanciatagli da Zingaretti pochi giorni fa, davvero mancava nell’elenco delle anomalie da me studiate.
    In verità mi sono sempre posto l’interrogativo se il genovese sia un banale visionario nell’accezione italiana o in quella inglese (con visionary si descrive qualcuno che ha le idee chiare sul futuro e/o che è molto originale e creativo).
    Di una cosa si può essere certi. A fronte di una decisione presa dalla intoccabile e infallibile Piattaforma Rousseau (l’aggettivo più consono, per me, rimane, “luogo di assenteisti” viste le percentuali dei votanti ogni volta che si esprimono), lui, entra in scena e, stavolta stimolato dagli ex odiati piddini, per l’ennesima volta mischia le carte.
    Il visionario o visionary, scegliete voi, ricompare e detta le regole.
    Grillo, allora, mi appare sempre più condizionato dal Geremia biblico e quando ricompare improvviso segue la prassi del “io ti ho creato ed io ti distruggo”.
    Perfino il far riferimento al CAOS come elemento necessario per i cambiamenti me lo mostra sotto tali fattezze.
    Innumerevoli le sue esternazioni finalizzate a ciò. Dal suo metaforico volto truccato da Joker, al vaffa inviato ai suoi grillini, dal “non siamo più quelli di dieci anni fa” al “prevedo cose magnifiche nei mesi futuri”.
    Che lui abbia un programma e non navighi a vista, su questo non ci piove.
    Se poi sia consapevole che i suoi tragitti mentali abbiano come vittime o fortunati protagonisti gli italiani, di questo ho seri dubbi.
    Di una cosa, invece, sono certo.
    Se uno Stato, un popolo, una democrazia è arrivata a mettersi nelle mani di un comico (rimane il suo mestiere) beh….qualcosa non funziona.


     

  • PERCHE' "SARDINE"
    E NON SARDE?

    data: 27/11/2019 22:49

    Chiariamo subito che non sono un ittiologo e quindi non aspettatevi da parte mia alcun tipo di chiarimento di carattere zoologico.
    Mio compito, invece, come antropologo, è capire e studiare un Movimento che, come forma comportamentale, non ha precedenti in Italia e forse nel mondo intero.
    Ovvio che stia parlando del Movimento di opinione che da pochissimi giorni sta riempiendo i quotidiani in termini di notizia ma in special modo affolla le piazze.
    Prima di entrare nel merito di questa unicità appena espressa sarebbe opportuno chiarire perché sardine e non sarde.
    Perché è un Movimento nato da giovanissimi? Non credo.
    Penso invece ad una sottilissima differenza.
    Le sardine e le sarde sono pesci “poveri” entrambi ricchissimi di sostanze benefiche per il nostro corpo ma la sarda è pesce fresco appena pescato mentre la sardina è conservata sott’olio, come dire “di seconda mano”.
    Detto questo e con l’augurio che tale annotazione sia di pubblica utilità ritorniamo all’unicità di tale Movimento.
    Mai una protesta in piazza (luogo riconosciuto come l’unico davvero capace di creare un “Noi politico”) è stata rivolta contro una opposizione. Qualsiasi forma di protesta, anche le più pacifiche come quelle realizzate fino ad ora dalle Sardine, è stata SEMPRE espressa nei confronti di chi detiene, in quel momento, il Potere.
    Nel nostro caso, allora, mi domando: scendo in piazza per dire “signori dell’opposizione non ci piace come lo fate?” oppure “signori dell’opposizione non dovete opporvi ma dovete adeguarvi al Potere attuale?”.
    È necessario sbrogliare questo nodo altrimenti tutto sarà sempre fumoso e non sarà possibile dare qualsiasi interpretazione.
    Ma io provo a dare una terza via.
    Alle Sardine non piace né il Potere che governa, né chi si oppone per poi prenderne il posto. Alle Sardine è fin troppo chiaro che chi si professa di sinistra non lo è più da tempo e chi dice di essere di destra non persegue quegli ideali tipici di una cultura conservatrice ma pur sempre democratica.
    Forse questo ci vogliono dire questi giovanissimi.
    Forse vogliono farci intendere che non è poi tanto complesso distinguere ciò che è necessario e buono per la gente, da ciò che non lo è ed è cattivo.
    Forse è un tentativo, essendo senza dubbio puri, di ricordare concetti base come buono e cattivo. Bene e male. L’Etica come una volta la si definiva.
    Se, invece, tra pochi mesi, le Sardine si faranno strumentalizzare da chicchessia, beh allora avremo chiaro il perché hanno deciso di chiamarsi sardine e non sarde.
    Non fresche ma conservate. Pronte all’uso quando sarà necessario.
     

  • SIAMO ALLA FRUTTA…

    data: 22/11/2019 14:29

    Come dire “siamo alla fine” o ancora meglio, per quanto mi riguarda, al “fine corsa”.
    E se anche, nel tempo, la “frutta” è stata seguita, in un pranzo, dal caffè, allora io vi dico che siamo all’ammazza caffè.
    Completamente sommersi da problemi che si perdono negli ultimi nostri trent’anni e più di Storia, come il Mo.S.E. , l’Italsider di Taranto o come lo volete chiamare, l’Alitalia, il dissesto idrogeologico, la crisi economica senza fine, il fallimento della globalizzazione a cui stanno per aggiungersi le prossime sciagure come il MES europeo (ultima forma di sciacallaggio sul residuo di sovranità che ci è rimasto) e il “blocco” dei c/c per il pagamento di tasse come l’IMU (se è una fake news lo vedremo tra breve – sperando di non doverlo verificare con una sorpresa in Banca).
    NOI… di cosa parliamo, invece? Su cosa facciamo le più succulente analisi?
    Sulle appena nate Sardine (ma il fermo biologico esiste ancora?); sulle percentuali dei votanti sulla Piattaforma Rousseau di cui, ancora oggi, non si ha un dato certo su quanti siano gli iscritti (100 mila, 123mila, 83 mila: c’è l’imbarazzo della scelta perfino se cercate di fare la più approfondita delle ricerche spionistiche) e infine del fascismo dilagante.
    Sulla nascita delle Sardine, sia chiaro, non ho nulla da obiettare. I ragazzi mi fanno una tenerezza senza limiti. Puliti, preoccupati del loro avvenire che diverrà tra pochi anni terra bruciata, legittimi protagonisti del loro futuro.
    Ma in loro vedo l’OLTRE.
    L’oltre politica, come lo è stato con il Movimento Cinque Stelle. Nessuna parvenza di qualsiasi tipo di programmazione e/o idea. Facilmente strumentalizzabili.
    La prima verifica sul campo è stata che, a fronte di una espressa dichiarazione di un NO netto e intransigente ad ogni forma di odio, la risposta degli italioti è stata una moltiplicazione incredibile di violenza verbale sui media, dal “a testa in giù” al “vi bruceremo vivi” come amplificazione – sicuramente non voluta dai ragazzi - al loro legittimo antisalvinismo.
    Ed è drammatico che i protagonisti di tale aberrazione siano i nostri giornal(a)i!!!
    Questo esercito di propagandisti, di opinionisti brizzolati al soldo di improbabili politici che altro non sono che falsi tribuni e ciambellani da quattro soldi.
    Di informazione seria manco l’ombra.
    E come non parlare dei voti on line della sempre più misteriosa piattaforma Rousseau dove 19 mila dei 25mila votanti circa (70%) decidono il futuro del loro movimento in quel di Emilia e di Calabria?
    Nessuno, fino a ieri, si è domandato (parlo sempre dei giornalai) che fine abbiano fatto il resto dei 100 mila/123mila/83mila ammesso che esistano.
    Cifre già di per sé striminzite a fronte di milioni di voti di pochissimi anni fa.
    Nessuno alza un benché minimo interrogativo su tale assenza.
    E poi infine il fascismo dilagante, la preoccupazione che da un momento all’altro compaia qualcuno per strada con bottiglioni di olio di ricino.
    Io il fascismo, essendo nato nel 1951 non lo conosco di persona. Conosco la Storia che mi ha consentito – e parlo per me – di essermi formato come un convinto antifascista e, aggiungo, nemico di ogni forma di autoritarismo e di comportamenti dittatoriali e di questo ne sarò sempre orgoglioso.
    Ma so anche, per studi svolti, cosa siano i contesti in cui nascono movimenti, anche quelli più drammatici per l’intera umanità.
    La verità è un’altra. Molto più chiara ed evidente. Nascosta. Tanto da farci sentire tutti – nessuno escluso – degni rappresentanti di quella IPOCRISIA di cui siamo colmi e per colpa della quale, un giorno, scoppieremo, come palloni pieni d’acqua.
    Destra e sinistra.
    Tutti nascosti dietro questi due aggettivi qualificativi che appiccichiamo a qualsiasi cosa, con una personale convenienza che mi appare davvero vergognosa.
    Teniamola pure in auge questa “segnaletica stradale” ma diamole, una buona volta un programma SERIO di supporto perché si capisca dove “la destra e la sinistra” vogliano andare a parare.
    Vi sembra così irrealizzabile individuare PRECISE PRIORITA’ DA PERSEGUIRE PER IL BENE DELLA NOSTRA NAZIONE?
    Vi sembra fantascientifico proporli al Popolo e dire loro “Questo è il nostro programma, riteniamo di poterlo sviluppare attraverso precisi tragitti programmatici e ora ve li proponiamo”?
    Di destra e di sinistra? Ok. Ma io mi accontento di tipo A o tipo B, progressista o conservatore, democratico o repubblicano, al gianduia o al pistacchio.
    E poi invitare il Popolo, attraverso il voto democratico a fare una scelta precisa e definitiva almeno per una legislatura completa
    Niente da fare!!!
    Il dopo tangentopoli (i risultati di tale “pseudo rivoluzione” sono davanti ai nostri occhi ed è preferibile stendere un centinaio di veli pietosi su di esso e non andare oltre nell’analisi), invece, ci ha lanciato verso un nuovo modo di fare politica.
    All’assenza di programmi e attraverso una operazione di lifting sul “destra/sinistra” è nato prima il berlusconismo e l’antiberlusconismo e ora il salvinismo e l’antisalvinismo.
    E questo lo dico come uomo di sinistra (quella che intendo io, ovviamente…)
    Un’autentica malattia, una fissa perpetua che ha ingessato e continua ad ingessare le menti di chi dovrebbe fare politica propositiva.
    Ed ovviamente, in assenza di idee e di conseguenti programmi questa perenne guerra al grido “dagli all’untore” non può che generare solo ed esclusivamente odio e violenza.
    Io davvero non so cosa ci possa essere dopo “l’ammazza caffè”.
    Forse nulla.
    O forse una sana e lunga riflessione in attesa del nuovo pranzo dove, anche a scapito della nostra salute, sarebbe utile “non mangiare frutta”
     

  • DENTRO O FUORI?
    SOLO UNA QUESTIONE
    DI PUNTI DI VISTA

    data: 20/11/2019 18:15

    Spesso, per poter sostenere l’idea che non siamo affatto l’ombelico del Creato, ci viene proposta la visione della Terra ripresa da un satellite in giro per il Cosmo. L’immagine è cruda e senza possibilità di considerazioni alternative. In quel punto che si intravede, nello “spazio senza spazio”, ci siamo noi, appiccicati uno all’altro, desiderosi di aria per poter emettere un respiro.
    Altro che ombelico.
    L’uomo primitivo, di fronte a cotanta grandezza aveva come sua unica arma di difesa quello di spalancare la bocca, emettere qualche suono di stupore e poi, nel silenzio GUARDARE.
    Poi, col tempo, provare a VEDERE. E poi PENSARE e infine RAGIONARE sulla sua personale assoluta limitatezza.
    Oggi, nell’era dell’immagine, della visione asettica, della estetica che ha definitivamente cancellato l’etica, si è ritornati ad un GUARDARE secco, anonimo, nell’assoluta incapacità di renderci conto del nostro Essere. Questo effetto a ritroso ha portato con sé una falsa e contorta consapevolezza.
    Siamo noi l’ombelico del mondo.
    Almeno fino a quando un mega asteroide ci spazzerà via o i dogmi dilaganti nella nostra mente produrranno un big bang ulteriore di tipo distruttivo.
    Siamo dentro o fuori da questo corto circuito con copyright umana?
    Quello strano figuro nella foto di copertina è dentro quella cella e guarda fuori in cerca dell’agognata libertà? O è dentro e guarda l’intera Umanità imprigionata?
    Dipende dal “punto di vista”. E non è un caso che non si usi il termine guardare ma vedere. Chi guarda non può capire. Chi vede può, poi pensare ed infine ragionare.
    Pur vivendo nell’era della trasparenza, ufficializzata dalla tecnologia – specie quella digitale – in cui tutto è conosciuto e frutto di informazione, tale libertà di visualizzazione ci ha portato ad una conclusione estrema.
    Il VEDERE portato alle sue estreme conseguenze non ci ha indicato la strada per il PENSIERO ma ci ha indirizzato verso una forma di pornografia visiva.
    Vediamo un “corpo” per intenderci. Solo un corpo senza ciò che esso contiene.
    Questa necrosi dell’identità ha avuto come prima devastante conseguenza la perdita dei significati delle parole e quindi del pensiero ragionato.
    Una corbelleria detta diviene “provocazione voluta”.
    Un’analisi sociale e/o politica diviene strategia, tattica.
    Dimenticando, in questo caso, che tali percorsi mentali possono avere una ragion d’essere solo e solamente se finalizzati ad un preciso obiettivo.
    Altrimenti strategia e tattica sono e rimarranno masturbazioni mentali.
    Abbiamo perso la nostra IDENTITA’ UMANA. Questo il risultato di tale ipotetica evoluzione tecnologica.
    Una porta che divide chi è dentro e chi è fuori.
    Basterebbe buttarla giù. Ma ci deve essere chiaro da che parte andare.
    E quel “punto di vista” di cui parlo all’inizio di questa analisi è il cuore del problema.
    Dove stiamo andando presto lo sapremo.

    Nota: la foto è del maestro Cosmo Mario Andriani
     

  • L'ASSENZA DELLA POLITICA
    (DA VENEZIA A TARANTO)

    data: 18/11/2019 09:27

    ATTO I - MOdulo Sperimentale Elettromeccanico: per intenderci MO.S.E. Ritornato alla ribalta prepotentemente in questi giorni, sappiamo tutti perché. Iniziata nel 2003 e affidata al Consorzio Venezia Nuova che opera per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Magistrato alle Acque di Venezia - la complessa opera viene sospesa nel 2014 in quanto, a seguito di indagini giudiziarie scattano 35 arresti e 100 indagati eccellenti tra politici di primo piano e funzionari pubblici, per reati contestati quali creazione di fondi neri, tangenti e false fatturazioni. Lo Stato interviene al fine di assicurare il proseguimento dei lavori e la conclusione dell'opera: a dicembre 2014 l'ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) propone la straordinaria gestione del Consorzio, cui segue la nomina di tre Amministratori Straordinari. Evito di indicare a quanto ammonti in termini finanziari l’intera opera. Voglio, invece, segnalare, l’assenza nelle vicende giudiziarie del più volte Sindaco di Venezia il filosofo Cacciari, che per venti anni combatte ferocemente – senza risultati – il progetto. Fa effetto sentirgli dire che, ad oggi, nessuna tipologia di verifica, nemmeno una banale “prova” sia stata fatta per verificare il funzionamento del Mo.S.E. Vari Governi si sono succeduti dal 2003 in poi, ma, sembra che a nessuno sia venuta in mente la possibilità di un minimo collaudo in corso d’opera.
    ATTO II.1960. L’Italsider di Taranto di proprietà pubblica nasce nel luglio del 1960. Lo stabilimento viene costruito nel quartiere Tamburi, per una superficie complessiva di oltre 15 milioni di metri quadrati. Qui, invece, non è un problema di alta o bassa marea. Qui, la vita non deve attendere situazioni estreme per essere spezzata. Al di là dei vari proprietari che si susseguono nel tempo, qui si muore giornalmente. In modo lento e inesorabile. Oltre ad incidenti sul lavoro, l’intera zona Tamburi segnala percentuali altissime di malattie mortali causate dall’aria infetta. In perfetta coincidenza le due problematiche, oggi, ci vengono proposte in tutta la loro drammaticità. Domanda: e la politica? Per essere più precisi: i Governi che si sono succeduti? Come si sono posti di fronte a tali estreme situazioni?
    UNA CHIASSOSA ASSENZA. Chiassosa perché i personaggi preposti a svolgere attività governativa e quindi a scelte rigorose su tematiche nazionali preferiscono confrontarsi in modo CHIASSOSO E FASTIDIOSO sui Media.
    Niente altro che questo.
    Due annotazioni finali che la dicono tutta.
    La prima. Pochi giorni fa un Ministro di questo pseudo Governo (il precedente non era da meno e così via nel tempo a ritroso) ha espresso la sua posizione intransigente a proposito di una precisa scelta politica con le seguenti parole “A costo di rimetterci la pelle continuerò la mia battaglia”… Sono rimasto “basito”!!! Mi son detto: “È sotto ricatto oppure ha scambiato la sua “poltrona” per la sua pelle?” Propendo per la seconda ipotesi.
    La seconda. Ieri, in una trasmissione televisiva ascoltavo il sempre più radical chic Bertinotti (ogni volta che lo vedo si risveglia in me un interrogativo: l’abito non fa il monaco oppure si?) apprezzava la presenza del primo ministro Conte in quel di Taranto ma ricordava che andare come se fosse un privato cittadino (“Sono qui per ascoltarvi ma sappiate che non ho in tasca alcuna soluzione”) era la estrema dimostrazione dell’ASSENZA DELLA POLITICA.
    Chapeau Fausto.
     

  • E' TEMPO DI PROVOCAZIONI:
    FASCISMO E COMUNISMO

    data: 12/11/2019 19:41

    L’hanno definita una “risoluzione” che passerà alla Storia. Giovedì 19 settembre c.a., il Parlamento europeo ha approvato, con 535 voti a favore, una risoluzione intitolata “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” in cui, di fatto, si equiparano i regimi nazisti e fascisti a quelli comunisti.
    È questa la provocazione? Assolutamente no. È invece quella che vi sto per proporre.
    Io trovo tale risoluzione alquanto scontata e direi abbastanza tarda, nel tempo.
    E le lamentele, le proteste, di alcuni personaggi nei confronti di tale decisione ancora una volta mi propongono individui che fanno fatica a vedere oltre la propria punta del naso.
    Mi spiego.
    Va da sé che se tale risoluzione fosse stata proposta dal Parlamento italiano per il popolo italiano sicuramente sarebbe legittima un’autentica ribellione nei confronti di tale decisione. La nostra Storia ci ha proposto un periodo nerissimo e durissimo: il fascismo. Ed è superfluo spiegarne le ragioni.
    Ma provate, invece, a parlare di comunismo in Russia o meglio negli Stati della ex U.R.S.S. Provate a parlare di Stalin, dei suoi Gulag, dei milioni e milioni di morti che tale dittatura ha prodotto. Oppure prendiamo pure l’ex DDR o l’Ungheria o la martoriata Polonia in cui tra nazifascismo e comunismo post bellico c’è l’imbarazzo della scelta.
    Forse, davvero, è arrivato il momento di sdoganare alcuni termini (fascismo e comunismo) lasciando in piedi ciò che le due tipologie dittatoriali hanno portato con sé in termini di comportamento.
    Violenza, odio, prevaricazione e razzismo. Comportamenti, atteggiamenti e idee pregne di tali nefasti sentimenti.
    Uno dei più grandi Storici in vita – Alessandro Barbero – che io amo profondamente afferma con estrema chiarezza “Siamo tutti razzisti. Perché l’altro non sono IO. È diverso. E il diverso non piace”.
    Spetta poi alla cultura, alla educazione che ci viene offerta, capire il diverso, “viverlo e abitarlo” come affermava Hegel. E pur considerandolo diverso, perché non è me, rispettarlo e capirlo.
    Ci vorrebbe, invece, una risoluzione non europea ma mondiale che punisca ogni forma di odio e di prevaricazione nei confronti di ogni essere umano, a prescindere da improbabili ideologie di merito.
    Potremo sempre definire ed etichettare Kim Jong Un come dittatore di sinistra, Maduro come fascista (ma c’è chi lo definisce comunista), Xi Jinping come comunista (ma c’è chi lo definisce per i suoi comportamenti nel suo Paese fascista) e così via dicendo.
    Ma ciò che li rende “fastidiosi” sono i loro comportamenti, il loro rapporto con il popolo che governano. Frasi e affermazioni, che partono da destra o da sinistra finalizzate esclusivamente a fomentare odio e discriminazione, possono e devono essere etichettate come fasciste e comuniste in ugual misura, se hanno come punto di riferimento storico Hitler, Mussolini e Stalin. Su questo non ci piove.
    E allora come trovo “fasciste” talune affermazioni di Salvini, così trovo “comuniste” alcune affermazioni di Saviano, giusto per fare un nome.
    Vorrei, infine, pregare, chi, mi auguro con educazione, criticherà questa mia provocazione, adducendo il fastidioso distinguo tra un uomo di Governo (Salvini) e uno scrittore (Saviano) come motivazione che i “piani” sono diversi.
    Ho sempre considerato l’Informazione e la conseguente Comunicazione, di questi ultimi periodi, arma letale pro odio.
    Ergo chi compare sui media in modo EVIDENTE ha pari forza.
    Che si chiami Salvini, Saviano o Giovanni Rossi.
     

  • QUELLA SEDIA VUOTA
    NELLA TRATTATIVA
    ARCELOR MITTAL-GOVERNO

    data: 10/11/2019 21:03

    I tavoli di trattativa per la risoluzione della vicenda delle acciaierie tarantine sono ormai da considerare senza sosta. Il Governo italiano ha così deliberato. Nessuna possibilità di rottura e l’ARCELOR MITTAL dovrà trovare il modo per rispettare i “patti”.
    I “patti”. Così sono stati definiti gli accordi tra la società franco – indiana e lo Stato italiano. Ed io, con la mia immaginazione mi trasferisco nelle stanze dove si tratta, dove si prenderà la decisione finale.
    Da una parte Lakshmi Mittal e Aditya Mittal, dall’altro il governo italiano con Conte e ben cinque ministri. Scorgo una sedia vuota. E capisco che c’è un assente. E capisco chi manca. Il rappresentante del terzo elemento in campo. Quello, secondo il mio parere, più importante. Quello che dovrebbe avere l’ultima e decisiva parola in merito all’aspro confronto.
    Da una parte il capitale, gli affari, gli investimenti, i guadagni e le perdite, lo sviluppo (così lo chiamano); dall’altra chi dovrebbe garantire il lavoro, il benessere (così lo chiamano) di oltre diecimila lavoratori.
    L’assente è il rappresentante dell’Ambiente.
    E chi pensa che tale rappresentante abbia dato delega alle due parti di essere rappresentato è un imbecille patentato. Perché questo è e sarà l’eterno problema legato a qualsiasi soluzione possibile.
    Venticinque anni di trattative con imprenditori vari e Governi vari non hanno sciolto il principale dilemma. Taranto vive una dicotomia perenne.
    Vuoi lavorare? Allora metti in preventivo che sarai assai vicino alla morte.
    Alternative? Assolutamente nulle.
    Uno potrebbe pensare che la motivazione sia che la lavorazione dell’acciaio porti in modo naturale la morte per chi opera nel settore; che essere nelle vicinanze degli altiforni preveda questo nefasto rischio.
    Poi si accorge che, in altre parti del mondo ciò non accade. Che tale binomio non è inevitabile.
    Allora?
    Sono pugliese e, quando capita, visito la città di Taranto. Ho perfino passato alcuni mesi della mia vita a “giocare a fare il marinaio”. E conosco la zona di Tamburi e quel fumo bianco quasi perennemente in vista nel cielo.Innumerevoli volte mi sono chiesto quando avrebbero evacuato quel quartiere. ricostruendolo in un luogo sano.
    Avevo venticinque anni quando lo pensavo. Ora ne ho quaranta in più.
    Siamo in periodo di Bilancio. I nostri politici si dimenano per far quadrare i conti.
    Ecco, io penso che se quella sedia vuota avesse il suo VERO rappresentante direbbe: “consideriamo come priorità assoluta quell’Ambiente che rappresento in questa sede, quell’Ambiente che avete distrutto ANCHE a Taranto. Al di sopra di ogni decisione, salvaguardatelo, risanatelo e mettete in salvo le migliaia e migliaia di persone che, ogni giorno si devono confrontare con questa abominevole dicotomia tra lavoro e morte”.
    E se qualcuno mi dovesse, con tutta naturalezza, rispondere “mancano i fondi” con altrettanta naturalezza risponderei “incominciamo a non acquistare F35” e lo direi solo come inizio di una provocazione senza fine.
    Quando l’essere umano avrà chiaro nella testa il concetto di priorità?


     

  • E VENNE IL TEMPO
    DELLO SCISMA

    data: 07/11/2019 15:28

    Nessun timore. Non intendo spaventare il lettore con improbabili invasioni islamiche in terra vaticana, né, tanto meno entrare in tematiche teologiche inerenti il dogma della Sacra Romana Chiesa. Ma uno scisma di altra tipologia, in questi giorni c’è stato. Eccome.
    Il cardinal Ruini – non stiamo parlando di un cardinale qualsiasi ma dell’ex Presidente della CEI e uomo di spicco della nomenclatura vaticana – ha dichiarato in una intervista al Corriere della Sera: “La Chiesa dialoghi con Salvini”.
    Premesso che ho sempre ritenuto autentiche ingerenze quelle, da sempre, proposte e imposte dalla Chiesa nella vita politica e sociale dei vari Paesi di religione cattolica e su tutti l’Italia che, di fatto ospita lo Stato pontificio, le esternazioni del cardinale di Sassuolo rischiano davvero di avere l’effetto della classica pietra lanciata nello stagno.
    Dall’intervista rilasciata al Corriere, Ruini si dilunga poi su temi più “intensi “e su tutti il secolare dilemma sui sacerdoti coniugati o no. Ma è del risveglio di tipo “politico-pastorale” che voglio trattare.
    “Il cattolicesimo democratico, in concreto il cattolicesimo politico di sinistra, in Italia ha sempre meno rilevanza” così si è espresso l’autorevole cardinale. Aggiungendo elementi ulteriori circa l’uso di immagini sacre da parte del leghista e sulla sua supposta e innata cattiveria che una certa sinistra accredita al leghista che, di fatto, addolciscono di molto quello che da tempo è uno dei cavalli di battaglia della sinistra anti salviniana.
    La reazione interna – intendo nel mondo ecclesiastico - sembra sia stata abbastanza immediata e alquanto accesa, da quelle che sono le notizie che per ora trapelano.
    Lungi da considerare tali esternazioni come imprimatur al politico sovranista, sembra che – è questo è il mio modesto parere – la Chiesa, almeno una parte di essa, si sia finalmente aperta ad un confronto con l’elemento determinante in cui le vicende umane e politiche si dipanano.
    Parlo del CONTESTO, della realtà in cui tali vicende prendono vita e si sviluppano.
    Chiedersi quanto tale esternazione possa cambiare il percorso dei fatti sarebbe una stupida e affrettata operazione di analisi.Non certo perché si debba attendere una sorta di eventuale contro risposta di Papa Francesco. Ammesso che ci sia. Ma essenzialmente perché credo in modo convinto che ormai da tempo qualsivoglia considerazione e analisi da parte dei detentori della Fede non faccia più breccia nella mente dei credenti.
    Rimane in piedi, per ora, un fatto o meglio una affermazione asciutta ma sostanzialmente chiara.
    “La Chiesa dialoghi con Salvini”.
    E in questo periodo di assoluta confusione ideologica non è certo cosa da poco.
     

  • SPOSTANDO L'INTERESSE
    DAL CLIMA A GRETA...

    data: 03/11/2019 19:48

    Michelangelo Buonarroti, Wolfang Amedeus Mozart, Isaac Newton, E poi Bob Dylan, Steve Jobs e buon’ultima – per ora – Greta Thunberg. Cosa leghi questi personaggi è presto detto. Semplicemente il morbo di Asperger.
    Quali siano i sintomi di tale sindrome – state sereni - non è assolutamente l’oggetto di questa mia riflessione. Di una cosa però sono certo: mi potreste accusare di essere andato a pescare il meglio, ma non c’è dubbio che la giovane svedesina sia sicuramente in buonissima compagnia.
    Ma è il suo atteggiamento e comportamento, riferibile a tale “sindrome”, che però fa notizia su tutti i rotocalchi.
    Esempio? La trasformazione della sua pettinatura e dei suo indumenti nell’ultima apparizione nelle principali tv statunitensi. Niente trecce e abito sobrio quasi post adolescenziale.
    Oppure le sue preoccupazioni per lo spostamento del prossimo importante summit sul clima dal Cile alla Spagna. Lei che non viaggia in aereo e ora è alla ricerca di un passaggio via mare.
    È disturbo schizoide di personalità? Eh sì!! Perché questo è uno dei sintomi di questo “morbo”. Ognuno ha libertà di pensare qualsiasi cosa ma io non me lo immagino il Michelangelo o il pensieroso e riflessivo Newton vittima di tale abnorme comportamento.
    Allora? In me inevitabile l’idea che si voglia spostare l’interesse sul vero tema. Ancora una volta siamo di fronte ad un interesse morboso verso il SOGGETTO e un disinteresse, a mio parere voluto e programmato, sull’OGGETTO di cui il soggetto è latore.
    Perché di clima dovremmo parlare. Sull’ambiente dovremmo dissertare. Sulla Natura “snaturata” dovremmo riflettere.
    Batto e ribatto il ferro su quello che è il tema di cui da tempo mi faccio portatore talvolta apparendo anche antipatico e ripetitivo. Una corretta COMUNICAZIONE. Un invito costante a soffermarsi sui veri problemi.
    Una volontà globalizzante che dovrebbe una volta per tutte farci dimenticare questa nostra morbosa attenzione sull’individualità per lasciare spazio alle problematiche comunitarie.
    Forse è molto più importante auto sensibilizzarsi su temi globali e determinanti che riguardano l’intera umanità che non sulla facile e inevitabile strumentalizzazione della giovane svedese o sul suo taglio di capelli.
    Pensando a ciò che leggo, in questi giorni, su quasi tutti i giornali riguardo alla Thumberg mi dico: “E’ come trovarsi di fronte alla Pietà di Michelangelo e chiedersi chissà se il Buonarroti vestisse alla moda e baciasse la mano alle donne del tempo”.
    Lo troverei demenziale.
     

  • LA PERDITA DELL’IDENTITA’,
    CUPERLO, CALENDA...

    data: 01/11/2019 19:25

    Perdere coerenza in alcuni propri pensieri e/o azioni è cosa che, di fatto, è divenuto un problema quotidiano. Davvero è quasi impossibile trovare qualcuno ligio alle proprie idee, al proprio modo di vivere. C’è una incoerenza per certi versi dilagante.
    E non parlo certo di chi sfoggia un Rolex da 6.000 euro al polso parlando di operai e cassa integrati o cose similari, ma di chi vive in costante incoerenza di tipo patologico.
    Non ci si rende conto, invece, che la causa è ben più grave.
    Trattasi di PERDITA DI IDENTITA’.
    Sfogliando una qualsiasi enciclopedia – cosa che faccio molto spesso essendo un attento cultore del logos – ci si troverà di fronte a diverse motivazioni rispetto a tale perdita. Identità sociale, affettiva, corporea, di genere, sessuale, culturale per finire ad un termine che ingloba tutte queste specificità: esistenziale.
    Ieri ho assistito in una trasmissione televisiva molto seguita dagli italiani – secondo lo share – ad un confronto aspro e talvolta drammatico tra due politici che, a mio parere, hanno davvero smarrito (temo in modo definitivo) le loro rispettive identità.
    Cuperlo e Calenda.
    Entrambi provenienti dallo stesso partito politico. Cuperlo, da anni ormai, un clandestino all’interno del PD, un fuori uscito “non uscito”, abbarbicato alla sua identità politica di sinistra mascherata dalla sua leggiadra raffinatezza. Intendo la sua immagine lontana dalla storica “classe operaia”.
    Calenda, uomo nato politicamente all’ombra di Luca di Montezemolo, che attacca il governo giallo rosé (il rosé è chiarissimo, quasi annacquato).
    Assenza di identità. Chi sono, cosa pensano e cosa vorrebbero fare per riprendersi le proprie native identità è difficile capirlo.
    “Non siamo i tuoi nemici” ha affermato, ad un certo punto il ceruleo Cuperlo, quasi con le lacrime agli occhi. Una sorta di “RISVEGLIATI” espresso con una frase diversa. Ai più attenti, è sembrata una battaglia tra due identità nascoste, ormai lontane, che ogni tanto facevano capolino per poi riscomparire.
    E così, mentre da una parte si comunica alla pancia, al pancreas, al fegato – quasi mai al cervello – riscuotendo riconoscimenti in costante salita, dall’altra, disperatamente si va alla ricerca di una identità che non c’è più. Scomparsa o meglio volutamente affossata in nome di un Potere da raggiungere a tutti i costi ed in ogni modo.
    Questi due uomini, davvero, mi hanno fatto più tenerezza che rabbia.
     

  • COMUNICAZIONE, QUESTA SCONOSCIUTA

    data: 28/10/2019 16:40

    Se c’è un’analisi che questa mattina non intendo fare è quella riguardante i risvolti politici in merito alle ultime votazioni umbre, né sulle naturali conseguenze figlie dei risultati emersi.
    Ci stancheremo, in questi giorni, di sentirne e prevedo un bla bla bla di dimensioni industriali.
    Mi auguro, invece, che almeno questa volta – ma in realtà ne dubito fortemente – ci sarà qualcuno che si dedicherà con certosina attenzione e massimo impegno allo studio della Comunicazione.
    In verità devo dire che il “rinato” Massimo Giannini di Radio Capital (mai come in questo periodo l’ho trovato lucido, termine che pensavo gli fosse sconosciuto) sembra essersene accorto.
    Ieri gli ho sentito fare, finalmente, una affermazione che dava di verità cristallina: “Salvini, in questi mesi, si è radicalizzato tra la gente, cosa che la sinistra ha da tempo dimenticato”.
    Finalmente si è riscoperta “l’acqua calda”. Evviva!!!
    La cosa che in questi mesi trascorsi mi ha fatto più penare in termini assoluti è sentire i sinistri – stavolta dovrei chiamarli imbecilli ma è nota la mia educazione – affermare: “Salvini non è mai al Ministero ma sempre a far campagna politica tra la gente”. Frase insulsa, assolutamente insignificante che, tra l’altro, dà il senso della limitatissima capacità di questi personaggi di usare il loro cervello.
    Un giorno, qualcuno mi spiegherà cosa intendono questi signori per “campagna politica”.
    Forse qualcuno spiegherà loro che andare in un negozio per acquistare un paio di scarpe e scambiare con il commesso un pensiero politico “È” fare campagna politica.
    Ricordo una frase da me e dai miei “compagni” di una volta ripetuta come un mantra che esprimeva il distacco tra la gente e la politica oltre che il ribrezzo e rabbia nei confronti della “casta”. Suonava pressappoco così: “Se ne stanno abbarbicati all’interno delle loro torri d’avorio”.
    Lo dicevamo con disprezzo e con profonda stizza.
    A seguire si è passati al “sono sempre in TV a fare comizi”; poi all’“apri FB e vedi sempre le loro facce”; ed infine alle micro domande/risposte attraverso twitter.
    Insegno da quarantacinque anni – come dire una vita – Comunicazione. Quarantuno nel mondo teatrale, quattro all’Università.
    Ed ho sempre sostenuto che la vera, grande, unica e autentica Comunicazione sia quella che definisco corporea. Avere di fronte il soggetto con cui interloquire, percepire i suoi stati d’animo, leggergli in faccia la rabbia o la contentezza, l’amore o l’odio oltre che ascoltare de visu i suoi pensieri e le sue parole.
    La Comunicazione verbale, ricordo sempre ai miei giovani studenti e una volta lo ripetevo fino alla noia ai miei attori, è la codificazione di sentimenti che si nascondono nel nostro IO più profondo ed è già, di per sé, una “traduzione” che prevede massima attenzione. Una errata interpretazione, anche se causata non dalla inesattezza di chi codifica ma dalla predisposizione umorale di chi ascolta può dare risultati dannosi.
    Figuriamoci i pensieri trasmessi via digitale (pc, cell e marchingegni vari).
    Salvini, invece, come si dice in gergo, ci ha messo la faccia. Ed ecco i risultati.
    Da me -scusate tanto la mia presunzione- largamente previsti da tempo immemore.
    Ora, come sempre più spesso accade in Italia, la parola passa alla Magistratura.
    Eh sì. Non è un errore di battitura. Avrei dovuto dire “passa ai cittadini”.
    Su questo filone mi taccio. Non è il caso di allargarmi ulteriormente.
    Da una parte l’Italia, quella viva e “votante”. Dall’altra l’Italia delle “spie”, degli scandali, delle corruzioni e collusioni.
    A chi maggior audience?
     

  • DUE IMBROGLIONI CARISMATICI

    data: 16/10/2019 22:56

    Chi l’la spuntata? Chi era in difficolta? Quale il momento in cui uno dei due sembrava cedere? Chi sembrava più sicuro? Chi il meno incisivo?
    Non vi sto dando delle informazioni sulla fine di un incontro di boxe, né della finale di un open di tennis. Ma se solamente sbirciate (vi prego non leggete vi rovinereste l’intera giornata) i rotocalchi o peggio ancora il rosario del XXI secolo (cell) e il suo Tempio (pc/tablet), questi sono gli interrogativi che trovereste scritti dai giornalai (noterete che stavolta non ho posto parentesi intorno alla “a”).
    Prima di parlarvi dei due LOSCHI FIGURI diamo subito la palma del vincitore dell’incontro (che non era né di boxe, né di tennis per chi non sa di cosa parli),
    Ha vinto Bruno Vespa, per lo share raggiunto. Abbastanza scontato devo dire, visto che gli italiani sono molto più sensibili a scontri di questo genere e non magari a trasmissioni serie sulla tragedia in Siria o sui ghiacciai che si sgretolano.
    Ma questo è un altro discorso che è meglio per tutti mettere da parte.E così ci siamo trovati di fronte i politici – a detta dei giornalai – con più carisma che possediamo in Italia. Carisma: “quanto occorre a determinare un ascendente o una influenza indiscutibile e generalizzata su altri (autorità, saggezza, dottrina, prestigio, fascino, ecc.)”. QUESTO DICE UN NORMALE VOCABOLARIO USUFRUIBILE DA PORTATORI DI NEURONI SANI NEL CERVELLO.
    Chi è in piena necrosi neuronale (giornalai) può serenamente rintracciare tali elementi “prestigiosi” nei due mattei (minuscolo).
    PER I NORMODOTATI… NO!!!
    Due stili, due modi di guardare, due ritmi di codice linguistico, due modi di sorridere, di muoversi, di scrivere, assolutamente diversi.
    Una cosa, invece, assolutamente identica: DUE IMBROGLIONI.
    Io ci aggiungerei: DUE IMBROGLIONI CARISMATICI.
    Del tutto evidente che nel confronto (anche su questo termine bisognerebbe fare una attenta analisi linguistica…) l’assente era il popolo italiano. Il lavoratore precario, il disoccupato, quello sofferente nelle periferie, l’operaio cassa integrato, ecc. Quelli che, probabilmente, erano appiccicati alla tv per sentirsi dire cose sul futuro, sulla speranza di un benessere redistribuito in modo “umano”.
    Per la cronaca, il sottoscritto era comodamente seduto in poltrona per umana curiosità e, ve lo giuro, per studio. SOLO PER STUDIO.
    Non mi soffermerò certo a parlarvi del loro “non parlato”, dell’assenza di un minimo di cultura politica. Marc Augè, famosissimo antropologo francese, coniò un termine per definire quei luoghi di passaggio come la hall di un aeroporto o le sale di attesa delle Stazioni. Le definì NON LUOGHI. Dove nessuna tipologia discorsiva, di dialogo è possibile. Luoghi di passaggio.
    Ecco, l’altro ieri lo studio di Vespa era un luogo di passaggio.
    Altro non ho da dire se non di una cosa di cui sono certissimo. Non so chi abbia vinto, secondo i canoni dei giornalai, ma so per certo chi ha perso.
    L’ITALIA E TUTTI GLI ITALIANI.
    E sono ben consapevole di essere, come tutti gli altri, corresponsabile e complice di questo risultato.

  • IL SOGNO, LE MASCHERE,
    LE METAFORE...

    data: 16/10/2019 22:55

    Credo che sappiate – parlo di chi mi onora di attenzione – che è da una vita che parlo di Grillo e ovviamente, negli ultimi tempi, posso anche essere apparso quasi vittima di una “fissazione”. Ma il nocciolo della questione è proprio lì. Non sto parlando del Movimento, bensì del Grillismo.
    Io credo che la manifestazione napoletana per i 10 anni del Movimento meriti attente letture. È il comico genovese che ora mi interessa su tutto. Perché ritengo che ciò che si sta vivendo, in Italia, in termini politici, ha un solo e unico protagonista: Beppe Grillo.
    Salvini? Sulla sua improvvisa scelta di “crisi politica” in stile Papeete mantengo i miei dubbi. Ingenuo? Non credo.
    Renzi? Solo un pallone sgonfiatosi autonomamente in periodi referendari. Ripeterà “la perdita d’aria” inevitabilmente. Troppo interessato a sé stesso e… a sé stesso… e a sé stesso… ad libitum.
    Il genovese, invece, lo seguo praticamente dal 2006. Per intenderci, dopo pochi mesi dalla nascita del suo Blog.
    Ma ritorniamo a Napoli. Intanto, perché Napoli e non Roma, Bari, Palermo o addirittura Foggia…???
    Perché credo che un piccolo riconoscimento di addio al giovane Di Maio fosse d’uopo.
    IL SOGNO. Grillo ha avuto un sogno nel cassetto. Da tempi lontanissimi. Io, una volta, l’ho identificato nella sua unica presenza di valore in ambito cinematografico.
    “Cercasi Gesù” di Luigi Comencini (1982) per cui fu premiato come miglior attore esordiente con il Donatello.
    Cambiare il mondo o quanto meno provarci. Credo che questa sia stata per moltissimo tempo la sua “fissa”. E ci ha provato con tutta la forza fino a farlo divenire un sogno irrealizzabile, percependo in modo chiaro, giorno dopo giorno, che in una società dove l’assenza quasi totale di elementi essenziali come la spiritualità dell’essere umano, il rispetto per la natura e l’ambiente, l’etica, l’onestà intellettuale non davano alla sua progettualità alcuna possibilità di successo. Così è divenuto un visionario o, quanto meno prova con tutto sé stesso a farcelo credere.
    LE MASCHERE. E così dal “misterioso” personaggio dei fumetti di Alan Moore e David Lloyd (V per vendetta) che combatte il Sistema con ogni mezzo, si è passati al Joker-Grillo (sottotitolo: Io sono il caos).
    A causa di violenze subite sin dalla tenera età, Joker- Grillo, ha deciso non di combatterlo il Sistema, ma di distruggerlo.
    A tutti i costi.
    Azzerando la sua creatura, innanzi tutto. Informando i partecipanti che “forse non ve ne siete accorti ma in dieci anni tutto è cambiato e siamo cambiati dentro”.
    Ed ovviamente portando dentro al caos programmato, quel Partito che gli aveva precluso perfino l’iscrizione un po’ di anni prima e l’amatissimo Renzi.
    LE METAFORE. Nei suoi ultimi comunicati, Beppe Grillo, mi ha portato in mente più volte l’amato Jep Gambardella de LA GRANDE BELLEZZA.
    In una frase che quasi dà inizio al capolavoro di Paolo Sorrentino.
    VOLEVO DIVENTARE IL RE DEI MONDANI. IO NON VOLEVO SOLO PARTECIPARE ALLE FESTE. VOLEVO AVERE IL POTERE DI FARLE FALLIRE.
     

  • LE COMICHE FINALI

    data: 14/10/2019 15:31

    Mentre la guerra imperversa a meno di cinquemila chilometri da noi (anche stavolta non dalla parte opposta del mondo), mentre si è ufficialmente acceso l’ennesimo focolaio non meno pericoloso di quello palestinese, mentre un po’ di soldatini - tagliatesta dell’ISIS - se ne tornano a casa ( a proposito di questi ultimi non sono ancora riuscito a capire chi li paga “davvero”), l’italiano medio è tutto infervorato per le nostre Comiche, che io invano spero siano quelle finali ma che i fatti, ogni giorno, mi dicono sempre essere “le penultime”.
    Ad esempio, pensavo che il raduno cinquestellare di Napoli fosse la chiusura!!! Ahimè non è così.
    Sul palco di questa splendida città che io amo e che dette i natali ai miei antenati si sono alternati i Potenti di QUESTOMOVIMENTOCHENONCEPIU.
    Lo ha dichiarato, finalmente, a piena voce il suo “inventore”. Il comico genovese – era ora!!! – ha dichiarato che “è inutile pensare che abbiamo la stessa identità di dieci anni fa, non è così, siamo diversi, diversi dentro e se ora vi lamentate, a fanculo vi ci mando io”. Il tutto davanti ad una folla festante…
    Festante di che?
    Sarebbe dovuto bastare per il de profundis dell’ex Movimento. Invece no. Il comico ha voluto mettere fino in fondo la lama nella piaga. Ha ricordato agli astanti che ora il PD ha finalmente una “narrazione” che Di Maio, Di Battista, Casaleggio e buon ultimo l’avv. Conte hanno regalato alla banda del buco (leggi PD+Renzi).
    Tant’è che quest’ultimo - intendo l’avvocato foggiano - prossimo alla formazione di qualche altra “Italia” (consiglio “l’Italia s’è rotta”) ha raccontato di questa nuova società nostrana fondata su quattro pilastri. Su questa ultima affermazione, le mie nobili dita si rifiutano di formare sulla tastiera qualsiasi concetto compiuto.
    Comiche finali, quindi, con tutti gli ingredienti per essere considerate tali?
    Macché!!!
    Preparatevi a martedì.
    Tutti sintonizzati su RAI1. Va in scena il confronto/scontro tra i due Matteo a “Porta a porta”
    Salvini v/s Renzi.
    “Lo scontro finale” non è stato inserito nel titolo. Perché? Ve lo dico nel mio dialetto ovviamente subito dopo tradotto. “De mò la pigghie!!!”. Traduzione: “Da ora la prendi!!!”. Traduzione della traduzione: “Non è affatto il finale”.
    Dubito che si parlerà di Governo, di programmi, di prospettive e di altro materiale similare.
    Prevedo, invece, che si prenderanno a sportellate sui furti non chiariti (Banche, soldi spariti, ricerca di rubli), di spie in quel di Roma, di costumi da bagno e divise militari, ecc. ecc..
    Tutti dinanzi alla tivvù martedì. Ci sarò anch’io, ovviamente, per quella che tutti pensano essere la “comica finale”.
    Quasi tutti. Perché io credo che ci sarà da ridere ancora.
    Lo sfascio è appena iniziato.
    Vi confido una cosa.
    Sono molto più curioso e in attesa di quello che accadrà il 19 ottobre in quel di Roma. Alla manifestazione della destra italiana, per intenderci.
    Mi interessa ovviamente, come tutti, in quanti saranno. Ma ciò che mi attizza di più è non quanti saranno ma CHI CI SARA’.
    Intendo dire le classi sociali, quali ceti, CHI, spero pacificamente, sfilerà per le strade di Roma.
    Forse potrebbe essere quella l’ultima comica?
    Spero davvero di no. Se dovesse essere così, vi garantisco che, a seguire, ci sarà solo da piangere.
    E ce lo saremo meritato a pieno titolo.
     

  • BARACCOPOLIS
    3) NUOVE GENERAZIONI?

    data: 07/10/2019 22:19

    Abbiamo iniziato questo racconto con tre personaggi che ho definito di spicco, nella vicenda che stavo analizzando: Di Pietro, Cusani, il Popolo Italiano. Dimenticando i politici (alcuni ancora in vita e perfettamente operanti di cui sappiamo pressoché tutto… o quasi), dei tre, da me segnalati come “di spicco”, di almeno due possiamo dire abbastanza.
    Di Pietro con alterne fortune visse le sue stagioni politiche, l’attuale settantenne Cusani pagò il suo conto con la Giustizia. Ci rimane ora solo il Popolo Italiano.
    Anch’esso, si suppone, cambiò. Nuove generazioni presero il posto delle precedenti. Avevamo lasciato un Popolo che ci era sembrato “complice” del Sistema. Tra non molto ci dovremo chiedere se anche lui, come Di Pietro e Cusani, subì cambiamenti o no.
    Ma torniamo al racconto. Siamo alla fine del 1994. Il Cavaliere di Arcore si insediò l’11 maggio dello stesso anno. L’11 dicembre venne raggiunto da un avviso di garanzia abbondantemente reso pubblico con tempi a dir poco sospetti e il 22 dicembre il novello primo ministro rassegnò le sue dimissioni.
    Il Popolo italiano, inteso come nuove generazioni, accolse quella vicenda – la mia è una semplice supposizione - con stupore.
    Per nuove generazioni - meglio chiarire - intendo quelli che avevano appena raggiunto la maggiore età negli anni di Tangentopoli a cui mi permetto di aggiungere la porzione di italiani della generazione precedente (dai 45 ai 60) che aveva vissuto con maggiore attenzione la vicenda giudiziaria.
    La prima considerazione è tassativa e conseguenziale. Tangentopoli non era affatto terminata. Bisognava attaccare ogni eventuale recrudescenza. Senza dubbio tale fu la considerazione dei magistrati.
    Ben diverse le considerazioni, ovviamente, del Cavaliere.
    Le conseguenze furono l’apparizione del primo governo “tecnico” nella persona di Lamberto Dini.
    E finalmente le forze progressiste del Paese, trovatesi per la seconda volta, in pista “sgombra” conquistarono il Potere.
    Il Popolo italiano, chiamato alle urne espresse il suo voto ed una macro coalizione garantì la governabilità.
    Siamo ancora nei periodi in cui, il “protagonista di spicco multiplo” (leggi Popolo) riteneva di poter esprimere una volontà traducibile, poi, attraverso la realizzazione di un Governo coeso.
    Tutto durò ben poco. Ma con una conseguenziale operazione che, per la prima volta, portò, dopo due anni di Prodi, un ex comunista alla poltrona di Primo Ministro: Massimo D’Alema.
    Giusto il tempo per arrivarci che un avvenimento sconvolse l’intera sinistra italiana. Siamo nel 1998 e, nell’anno a seguire, l’Italia, per la prima volta dal dopoguerra, partecipò a bombardamenti in territorio straniero.
    Ho sempre considerato il Kossovo l’inizio della fine di ogni forma possibile di sinistra ortodossa in Italia.
    È in questo periodo, per esperienza personale, che verificai, in prima persona, un estremo scollamento tra giovani generazioni e sinistra riformista.
    Il Popolo Italiano tra globalizzazione dilagante e abbandono di valori umanitari e pacifisti incominciò a perdere “la bussola” nel senso che si infilò in una confusione “ideologica” che oggi mi sembra dilagante.
    Cosa era, è e sarà di destra. Cosa era, è e sarà di sinistra.
    Sono i periodi del “dì qualcosa di sinistra” di morettiana memoria. Una consapevolezza che tutto stava finendo.
    Inevitabile il ritorno del Cavaliere, marcato a uomo dalla Magistratura sempre più politicizzata.
    Sono gli anni che stanno per farci conoscere il primo devastante fallimento della globalizzazione.
    È la finanza americana che ce lo propone con tutta la violenza possibile.
    Siamo nell’estate 2007 e il fallimento della Lehman Brothers ci preavvisò che sulla economia reale a livello mondiale, in pochissimo tempo, si sarebbe abbattuta una crisi economica senza pari.
    Solo un anno di Prodi II per tornare, nel 2008 nelle mani (per la terza volta) del Cavaliere.
    Tre indizi spesso portano ad una prova.
    L’Italia popolare (il tempo del Popolo italiano era ormai finito inevitabilmente) svoltò a destra.
    Una annotazione credo sia oltremodo necessaria. In concomitanza al fallimento della Lehman Brothers (esattamente un mese dopo), Beppe Grillo organizzò il primo V-day.
    Chi erano quelli che riempivano le piazze? Curiosi? Erano di destra o di sinistra?
    Di lui e di questo “dilemma amletico ne parleremo diffusamente.
    Intanto si avvicinava il fatidico 2011.

     

     

  • BARACCOPOLIS
    2) BOMBA AD OROLOGERIA?

    data: 02/10/2019 17:18

    Non amo particolarmente le tesi complottistiche. Perché in verità non mi appaiono veritiere. A meno che non si usi un altro termine: geopolitica.
    L’interrogativo rimane, comunque, intatto a distanza di quasi trent’anni.
    Un’altra domanda, invece, mi appare molto più interessante e a cui si può dare con un minimo di certezza una risposta credibile. Perché è mancata quella affermazione liberatoria del popolo italiano: “Ma lo sapevamo tutti”.
    Tutti complici?
    Tenete sempre in mente questo mio interrogativo. Usatelo come una sorta di sotto testo o un pensiero “ancestrale” nascosto nella parte più occulta del nostro cervello.
    Andiamo per gradi e continuiamo il racconto.
    Uomini di spicco in galera, suicidi eccellenti in cella, partiti decimati.
    Inevitabile voltare pagina. Decisione del tutto evidente e quanto mai necessaria.
    In tutta la vicenda, più o meno, raccontata con dovizia di particolari sui mass media, di fatto, l’intero arco costituzionale, era stato decapitato.
    Vigeva una strana concezione di presunzione di innocenza, a dir poco singolare, espressa dal giudice Davigo che affermava, quando il pool di Mani Pulite veniva accusato di essere giustizialista: “Non li mettevamo dentro per farli parlare, ma li mettevamo fuori dopo che avevano parlato”.
    Evito qualsiasi forma di giudizio.
    Resta un fatto incontrovertibile che, salvo l’ex PCI, tutti pagarono un pegno pesantissimo. Su motivazioni del tipo “non poteva non sapere” su cui scivolarono la maggior parte dei politici di spicco fecero da contro altare storie come quella di Primo Greganti, cassiere del PCI/PDS che non portò a nessun risultato accusatorio nei confronti delle alte sfere del suo partito in quanto “non si poteva risalire a chi fu consegnato il miliardo e spiccioli” frutto di una tangente.
    Sia chiaro che non sto affatto dicendo che c’era aria di complotto o che la giustizia del tempo fosse filocomunista.
    Ho preso il caso Greganti per il solo fatto che credo che tale personaggio sia diventato, ben presto, una sorta di incubo per un personaggio che a breve sarebbe divenuto protagonista assoluto del palcoscenico politico italiano.
    Amo la matematica e sono ben consapevole che due+due fa quattro. Non ci piove. Ma so anche che tre +uno fa quattro e pure uno+uno+due. Intendo dire che il risultato è lo stesso ma come arrivarci può essere diverso.
    Il risultato di tale situazione (cioè il quattro) si racchiuse in un nome: Silvio Berlusconi.
    Perché un rampante imprenditore, non ancora sessantenne, conosciuto molto di più dalla massa per aver portato una squadra di calcio appena risorta dalla Serie B a divenire la migliore in tutto il mondo con una marea di successi e non per le sue operazioni televisive ed edilizie diviene un autentico punto di riferimento?
    È lui, secondo me, che sogna tutte le notti Greganti e sente odore di “comunisti che mangiano i bambini” e che “non mettono dentro i cattivi per farli parlare, ma li mettono fuori dopo che hanno parlato”.
    “Forza Italia”, perfino il nome del nuovo partito evidenziò un certo nazionalismo e patriottismo. Eravamo tutti abituati a partiti che esprimevano una ideologia seguita dall’aggettivo “italiano”. Qui, invece compare il nome della nazione, ITALIA.
    E quel “forza” interpretabile in tanti modi (3+1 o 1+1+2).
    Propongo due possibilità.
    La prima: “Su italiani, ci sono io per far ritornare grande l’Italia”.
    La seconda: “Italiani non disperate. Voi ormai orfani del vostro modo di vivere e di gestire le cose (raccomandazioni, segnalazioni, scambi elettorali, concussioni varie, ecc. ecc.) ritroverete in me chi rimetterà in piedi il sistema.
    La risposta fu immediata dal giorno dopo il trionfo del Cavaliere.
    La magistratura oltraggiata perché una operazione di ripulitura appariva già invalidata e l’intera sinistra incredula che, pur avendo l’intero spazio per accaparrarsi il Potere veniva azzerata da un illustre sconosciuto (in termini politici) si mise immediatamente al lavoro.
    Il tutto a cavallo di due date FONDAMENTALI.
    1989, caduta del Muro di Berlino e decesso definitivo del comunismo mangia bambini.
    1994, Marrakech, la realizzazione del OMC (Organizzazione Mondiale per il Commercio).
    In pieno globalismo emergente e futuro vincitore su tutti i fronti.

  • BARACCOPOLIS
    1) 1992

    data: 30/09/2019 21:22

     “(…) Sin da quando mettevo i pantaloni alla zuava”. Questa frase/ricordo/immagine, pronunciata dal protagonista della vicenda del momento, mi è rimasta stampata nella testa. La affermò con risolutezza Bettino Craxi rispondendo ad una delle domande fatte dal P.M. Di Pietro nel processo Mani Pulite.
    Parlava dei finanziamenti illeciti ai partiti. Del sapere, lui e tutti gli italiani, che la macchina politica funzionava così. Che il propulsore per farla funzionare erano i proventi occulti di chi, poi, avrebbe richiesto, a fatto compiuto, il contributo maggiorato da interessi.
    Ero, in quei periodi, uno dei svariati milioni di italiani che seguiva con morboso interesse, la “caduta degli Dei”.Una ventata di “trasparenza”, termine che per la prima volta prese le prime pagine dei giornali e delle televisioni.
    I personaggi di spicco della vicenda, oltre ai politici incriminati erano tre, dal mio punto di vista.
    Su tutti questo giovane abruzzese/molisano di Montenero di Bisaccia. Ex operatore lucidatore e operaio in segheria in Germania, poi, dopo la laurea, nella Polizia giudiziaria ed infine vincitore del concorso di Uditore giudiziario.
    Con evidenti difficoltà ad utilizzare un italiano appena sufficiente, aveva un elemento di assoluto spicco forse figlio delle sue origini popolari: un atteggiamento e un comportamento tipico di chi deve confrontarsi con il classico “ladro di galline”.
    Era questo un elemento prorompente. L’estrema dicotomia tra lui e i personaggi politici di evidente spessore culturale che si avvicendavano su quella sedia, di fronte a lui e al pubblico assiepato, che, assumeva la fisionomia di un’autentica sedia elettrica. Giorno dopo giorno….
    L’altro personaggio di spicco, chiaramente era Sergio Cusani. Figlio di un importante industriale del rame. Consulente finanziario, con una laurea mancata e attivista della estrema sinistra durante il periodo universitario.
    Le tangenti ENIMONT, battezzate al tempo come “la madre di tutte le tangenti” lo vide come assoluto protagonista oltre che imputato.
    L’altro personaggio di spicco, quello che ritengo sia stato il più determinante, il più deflagrante, il più decisivo era un personaggio che definirei multiplo, corposo, scomodo.
    IL POPOLO ITALIANO.
    Fu lui, in ultima istanza, a decretare la fine di una certa Repubblica (definita come Prima).
    Ignari, tutti, nessuno escluso, che in quel momento moriva un periodo storico che, nel tempo non sarebbe stato capace di produrre una politica/altra.
    Alternativa, trasparente, pulita, espressione di un popolo desideroso, come ogni popolo di una giustizia sociale.
    “(…) Sin da quando mettevo i pantaloni alla zuava”. Così esternava Bettino Craxi, ed io avido come tutti, di seguire quella vicenda, al momento in cui proferì quelle parole che significavano “ho sempre saputo che il sistema funzionasse così” mi ritrovai a considerare quella dichiarazione assolutamente veritiera.
    Anche io, da quando portavo i pantaloni corti, nel mio paese nel quale seguivo attentamente le vicende politiche (ho avuto sempre un debole per tale “materia”) sapevo che il propulsore della macchina politica erano questi fondi illegittimi e fuori dalla legge.
    Perché tutto diventava pubblico e specialmente perché tutto il popolo italiano non aveva espresso in coro un liberatorio “Ma lo sapevamo tutti”?