Anche se oggi le opinioni politiche sono abbastanza mutevoli, credo che una campagna elettorale sposti molti più soldi che voti, perché le convinzioni politiche non si cambiano per frasi a effetto o immagini o colori, insomma per emozioni. L’adesione a una parte politica si forma nella fase adolescenziale o giovanile e raramente cambia, per studio, per influenza di docenti, o amici, o di una persona stimata. In seguito scegliamo un partito, per le decisioni che prende; ma noi sappiamo solo ciò che ci perviene attraverso la comunicazione che ci viene fatta, e dalle fonti che riteniamo più veritiere, cioè più consone alle nostre idee. Infatti, una volta formate delle convinzioni politiche, si accettano le informazioni coerenti e si respingono quelle contrarie, le dissonanze cognitive.
Crediamo di giudicare la realtà attraverso le nostre esperienze; e soprattutto crediamo a ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, senza pensare che quelli sono degli obiettivi che proiettano le immagini capovolte nel nostro cervello, il quale è l’unico organo che vede ribaltandole, ecc. Ma da dove conosciamo la realtà se non attraverso le parole e le immagini che accettiamo? «La realtà fisica sembra retrocedere via via che l’attività simbolica dell’uomo avanza» scrive Ernst Cassirer (Saggio sull’uomo, 1944). Ed oggi siamo sommersi da simboli. Umberto Eco afferma che «L’uomo è animale simbolico, ed in questo senso non solo il linguaggio verbale, ma la cultura tutta, i riti, le istituzioni, i rapporti sociali, il costume ecc. altro non sono che forme simboliche […] in cui esso racchiude la sua esperienza per renderla interscambiabile.» (U. Eco, Segno, 1974). Dobbiamo però distinguere fra emozioni-immagini, contrapposte a ragionamenti-parole, nella comunicazione, e specialmente in quella d’impresa o politica. Le prime servono per comunicare in superficie e sono di breve durata; magari possono concorrere a far stimare, o addirittura amare un prodotto o una marca; le seconde per cercare di persuadere ad un modo di pensare, o a un cambio di atteggiamento, e sono più durature: il mondo istintivo, interiorizzato è più facilmente raggiungibile da emozioni-immagini, mentre il mondo appreso, la cultura è più facilmente raggiungibile dalla parola. E la comunicazione elettorale a stampa è costituita da immagini e parole. E la parte del leone vien fatta dalle affissioni stradali e maggiormente con i grandi poster, ai quali si presta un’attenzione di pochi secondi. Debbono perciò avere poche parole, essere immediati, chiari, seducenti e perentori. Un’altra parte è invece costituita da dibatti, comizi, scontri televisivi o radiofonici (non molto seguiti, se non dai pasionari) nei quali si possono esplicitare idee più complesse.
Vediamo come si sono espressi i pricipali tre partiti, Pd, FdI e M5S, nella campagna affissione stradale.
Il Partito Democratico, di centrosinistra, ha puntato su una contrapposizione netta, con il campo bipartito in nero e rosso. Sulla parte rossa, a destra, la faccia del Segretario Enrico Letta, con un sorriso trattenuto, e una proposta programmatica in caratteri bastone leggermente inclinati, bianchi; e sul fondo nero a sinistra, la proposta dell’opposizione con gli stessi caratteri, ma grigi. In basso a destra il titolo (o slogan in inglese) Scegli invita a votare per una delle due tipologie contrapposte d’Italia: «Da un lato l’Italia che sta con Putin, dall’altro quella che sta con l’Europa. Da un lato chi precarizza il lavoro, dall’altro chi vuole il salario minimo. Da un lato i premi agli evasori, dall’altro la diminuzione delle tasse sul lavoro. Da un lato le discriminazioni, dall’altro i diritti. Da un lato le energie fossili, dall’altro le rinnovabili». Un’Italia nata dalla Resistenza al nazifascismo, ma con un governo di destra, o di sinistra. Ignorando il cosiddetto Centro, ormai molto ridotto dopo la confluenza in un unico Partito Democratico, dei Democratici di Sinistra (eredi del PCI), e del partito La Margherita (erede della DC e di altre forze riformiste). Tutto sommato una comunicazione che invita razionalmente ad una scelta.
Oggi il partito Fratelli d’Italia è dato vincente da molti sondaggisti. Fratelli d’Italia che ha preso il nome dal nostro inno nazionale, è il nuovo nome di Alleanza Nazionale, erede del Movimento Sociale Italiano (MSI), di estrema destra, nel quale erano confluiti personaggi che avevano collaborato col regime fascista e membri della Repubblica Sociale Italiana. L’onorevole Giorgia Meloni, Segretaria del partito, cercando di distanziarsi dal passato regime, pochi giorni fa ha pubblicato un video in inglese, francese e spagnolo nel quale spiega che il suo partito «ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche», ma non ha ancora spezzato i legami con movimenti dichiaratamente neofascisti e neonazisti, né eliminato dal simbolo del partito la fiamma tricolore (già del MSI e oggi del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, fondato da Pino Rauti ed altri esponenti del MSI).
I poster sono di colore azzurro scuro con sulla destra la bella faccia della Meloni, la quale non ha competitori dialettici alla sua pari. La sua comunicazione è infatti perentoria, senza dubbi, tanto da sembrare in grado di risolvere tutti i problemi, come rivendica il suo slogan: Pronti, con caratteri molto grandi (che rimanda a Pronti alla morte o alla risposta di un soldato ad un comando) e sotto: a risollevare l’Italia. Ma se l’Italia è caduta in basso, tanto da dover essere risollevata, lo si deve anche ai vent’anni e passa di governi di centro-destra a guida Forza Italia a cui lei stessa ha partecipato anche come Ministro. Ma i dubbi non sono patrimonio della destra pronta a difendere le nostre coste dagli arrivi, anzi dall’invasione di tante persone pronte a rischiare la morte (e tantissimi l’hanno trovata) pur di cercare una vita migliore di quella che hanno nei loro Paesi che sono stati depredati dai paesi occidentali: altro che aiutarli a casa loro, che forse non hanno più. Con una locuzione ad effetto li chiamano immigrati irregolari, come se fosse possibile non esserlo, dato che, per i decreti Salvini, per essere in regola occorrerebbe dimostrare di avere già un lavoro fisso prima di venire in Italia. Senza rendersi conto che l’Italia ha bisogno di manodopera e di nuove imprese per portare in pareggio i conti della Previdenza Sociale. Già oggi infatti una gran parte di immigrati regolarizzati versa molti contributi nelle sue casse. Pronti a difendere gli interessi del ceto più ricco con la flat tax che elimina la progressività nelle imposte, contro una giustissima legge Costituzionale che la prescrive: chi ha di più paghi di più.
Anche i poster del Movimento 5 Stelle mostrano un bel sorriso aperto del presidente Giuseppe Conte, su uno sfondo azzurro scuro attraversato da una fascia obliqua gialla, colore del Movimento, ma che, insieme all’azzurro, ricorda la bandiera dell’Ucraina; e a caratteri molto grandi, sulla sinistra, il titolo tutto maiuscolo e in un carattere bastone molto grande, il titolo: Dalla parte Giusta, su due righe, ma, dal momento che il movimento ha sempre sostenuto di non essere né di destra, né di sinistra, non dice quale sia questa parte, forse quella di Conte, il Presidente che ha conquistato molti italiani con i suoi due governi, prima con la destra, poi con la sinistra, dimostrandosi un politico di tutto rispetto, e che a giudicare dal suo programma è di centro-sinistra.