IERI/OGGI
Le prfoessioni
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SMART WORKING?
FARE NEI
GIORNALI CIO'
CHE SI POTEVA/DOVEVA
FARE ALMENO
DA VENT'ANNIBEPPE LOPEZ (*)
Per smart working nel settore giornalistico si intende, in maniera specifica, un cambiamento epocale delle modalità di lavoro per cui i redattori possono/debbono lavorare a casa (o anche a casa) Vi sono però due maniere diverse di affrontare la questione. Una è quella di considerare l’applicazione dello smart working in giornali che da anni tendono a tagliare gli organici e a ridurre i costi di produzione. Giornali in profonda crisi di vendite (storicamente per la loro prevalente inadeguatezza in termini di servizio e di utilità, poi per il boom televisivo, infine per l’irresistibile espansione del digitale e della Rete). Ad essi lo sviluppo tecnologico, le normative e la debolezza della classe giornalistica hanno consentito già abbondanti tagli e riduzioni, con l’espulsione in particolare dei giornalisti più esperti e meno manipolabili e il ricorso al precariato e ai sottopagati. Evidentemente, da questo punto di vista, lo smart working pone problemi materiali e urgenti che riguardano l’allontanamento dei giornalisti dalla redazione, l’abolizione della scrivania personale in redazione (vedi trattativa in corso alla Repubblica), il tentativo editoriale di operare di fatto per ulteriori tagli agli organici e riduzione dei costi (senza porsi seriamente il problema della qualità dei rapporti di lavoro, del lavoro stesso e del prodotto finale), la necessità per la categoria dei giornalisti e per il sindacato di difendersi, le questioni contrattuali, eccetera. L’altra, diversa maniera di affrontare la questione dello smart working – che probabilmente renderebbe meno strumentale e forse meno problematico il confronto/scontro sulla sua introduzione nel lavoro giornalistico – è quella di considerarla come la prosecuzione di una vecchia questione di settore, maturata in termini precisi (ma perlopiù ignorati e sottovalutati, sia dagli editori sia dai giornalisti) almeno negli ultimi vent’anni. Questa maniera, tanto per cominciare, non comporta un nuovo contributo al ricorso sempre più massiccio, immotivato e manipolatorio alla lingua inglese (dove “smart working”, che in Italia traduciamo abitualmente e nella concretezza del fenomeno con “lavoro remoto” o “da casa”, sta per “lavoro intelligente”). Se ne può scrivere, parlare e trattare semplicemente in italiano, anzi con le parole che usiamo da sempre nei giornali....
data: 15/07/2020 16:20
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LOCKDOWN?
A ME E' MANCATO
IL CAFFE' DEL BAR.
E ROMABEPPE LOPEZ (*)
Se hai una certa età, non è che il coronavirus abbia stravolto la tua vita e le tue abitudini, inaridendole, desertificandole. Semmai, le ha semplicemente riempite di più, di incombenze e di coinvolgimenti ai quali è difficile sottrarsi. Tutti a lamentarsi di essere bloccati in casa, di non poter avere una vita di rapporti professionali e sociali adeguatamente articolata e animata… Ma se hai una certa età, da pensionato – diciamo, da pensionato intellettualmente impegnato - cosa facevi fino a quando è arrivato lo tsunami-Covid-19? Letture in casa, i social, il sito, il blog e la scrittura, di un articolo o di un libro. Aggiungi a questo l’uscita quotidiana per i giornali e il caffè al bar, e le due tre puntate social-culturali settimanali: una conferenza, la presentazione di un libro, la cena con amici, un bel film a cinema, un salto a teatro… Ora: libri, cassette, cd e dvd non ti mancano in casa, per non parlare della permanente interconnessione col mondo delle notizie e delle idee che ti consenti, anche troppo, con telefonino, computer, televisori e radio. Gli amici, poi, quelli di sempre, di una vita, tali rimarranno anche dopo due/tre mesi di quarantena, senza nemmeno la necessità di essere quotidianamente curate con telefonate, sms, email e videochiamate. Anzi, probabilmente, dopo tanto vedersi e dopo un breve, salutare periodo di “distanziamento sociale” (espressione pomposa e sbagliata, al posto della più normale e attinente “distanziamento fisico”), le amicizie rinasceranno più corpose e vogliose che pria. A conti fatti, insomma, le cose che più ti mancano nella quarantena, se hai una certa età, sono il caffè al bar e le puntate in città, specie se questa città è Roma...
data: 09/07/2020 17:27
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QUANDO MONTANELLI INCITAVA GOLPISTI E BASTONATORI CONTRO LA DEMOCRAZIA ITALIANA
C’è chi non ha aspettato le rivelazioni sulla povera dodicenne da lui comprata in Eritrea, durante gli anni del colonialismo fascista, per provare la massima disistima nei confronti Indro Montanelli. Né l’orrendo candore con cui ancora negli anni Sessanta ricordava quell’episodio, mostrando di non avere la benché minima idea (negli anni Sessanta! avendo ormai sessant’anni d’età) dell’orrore del suo comportamento da ventisettenne. Infatti, ormai numerose generazioni di italiani conoscono l’uomo, l’intellettuale e il giornalista Montanelli per quello che è stato oggettivamente: un voltagabbana. Liberale, fascista, monarchico, repubblicano, democristiano, craxiano, berlusconiano e in vecchiaia persino filo-pdiessino o giù di lì. Ma questo pare che per molti sia diventato un tratto virtuoso delle persone sveglie (“solo gli stupidi non cambiano mai opinione”). Colme se non bastasse, fu un pervicace retore dell’anti-italianismo, un convinto sostenitore della critica più cinica all’idealismo, alle utopie e ai valori della solidarietà e dell’eguaglianza. Ma anche l’idealismo, le utopie e i valori della solidarietà e dell’uguaglianza pare che siano passati di moda. C’è un documento che anche in questi giorni è ignorato sia da chi vorrebbe che si abbattessero per indegnità le statue a lui erette sia da chi si ostina non solo ad opporsi all’abbattimento delle statue (con qualche ragione di buon senso) ma ad esaltarne le virtù di intellettuale, di cittadino e di patriota. Un documento dal quale si rileva la bassezza morale del personaggio. L’illustre “conservatore illuminato” cercò di spingere nientemeno che al colpo di Stato l’ambasciatore in Italia degli Stati Uniti, per la precisione un’ambasciatrice, Claire Booth Luce, già di suo fondamentalista dell’anti-comunismo: un golpe naturalmente contro lo Stato e la democrazia italiana. Con motivazioni, peraltro, assai poco lusinghiere sul popolo italiano. “Se alle prossime elezioni un Fronte Popolare comunque costituito raggiungesse la maggioranza”, scriveva Montanelli alla Booth Luce...
data: 15/06/2020 19:00
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INFORMAZIONE
E TERRORISMO
PSICOLOGICOGIUSEPPE MARCHETTI TRICAMO (*)
Dicono che niente sarà come prima. Dopo che il coronavirus sarà battuto. Superati i lampi di straniamento brechtiano e le fatali angosce nascerà un mondo nuovo. Diverso dal vecchio? Un’illusione? Una visione oppressiva? E cosa cambierà nella nostra vita? Con questa aspettativa stiamo tutti a riflettere, pensare, interrogarci. «La frontiera scorre nel mezzo. Di qua c’è il mondo di prima. Di là c’è quello che deve ancora venire, e che forse non arriverà mai». A dircelo non è una voce misteriosa. No. É quella rimasta giovane di Alessandro Leogrande. Nessuno si senta inadeguato, anche se saremo cittadini del vecchio proiettati sul nuovo. Appena si sarà placata definitivamente la tempesta saremo pronti a spingere lo sguardo oltre il limitato orizzonte dell’immediato. Saranno, però, molte le cose da lasciare aldiquà, da non portarsi nel futuro. Al passato molliamone almeno una: la disuguaglianza con tutta la sua complessità che riguarda ricchezza, fisco, reddito, lavoro, condizioni sociali, istruzione, genere, origine etnica e comportamenti morali, etici, intellettuali. Proviamo a lasciare al vecchio mondo anche l’individualismo, l’egocentrismo, l’ipocrisia e l’inaffidabilità. E l’informazione manipolata. Già oggi è un giorno nuovo, di un anno nuovo, di un futuro che ci è stato restituito. Un futuro affidato alla nostra consapevolezza, alla nostra coscienza sociale e alla nostra responsabilità, ma non solo nostro. Un futuro che, prima di concederci il badge d’ingresso, ci impegna a fare una riflessione e a riesaminare il nostro modello di vita. Ma in quali condizioni psiche, oltre a quelle economiche, arriviamo, noi popolazione italiana, a questo appuntamento con il futuro? Indubbiamente indeboliti e facili prede di ansia, panico, depressione e con il cervello alla soglia del tilt. Una situazione sottovalutata da chi avrebbe dovuto occuparsene. Anche se, effettivamente, c’erano ben altre urgenze. Va, in ogni caso, decisamente stigmatizzata la ricorrente spettacolarizzazione della pandemia ̶ con la rincorsa morbosa alla notizia più tragica ̶ che, inevitabilmente, ha generato scalpore e psicosi di massa. Molti media workes hanno adottato lo “shock and awe doctrine”...
data: 11/06/2020 11:34
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INTERVISTA/
AUTORITRATTO
DI UNA GRANDE ARTISTA
E INTELLETTUALEVALENTINA CHIARINI
Nel novembre 2018 chiesi a Maria Monti di parlarmi di un libro per lei importante o fondamentale. Questo il testo della chiacchierata che ne è seguita, svoltasi a casa sua, toccando altri aspetti della sua vita di donna e di aretista. Cosa non ha fatto Maria Monti, in questi ultimi sessanta/settant’anni, vissuti da protagonista, mai conformista, della vita artistica e culturale italiana? E’ nei cabaret milanesi anni Cinquanta, in teatro con artisti come Tognazzi e Paolo Poli, nella televisione con le sorelle Kessler, al Festival di Sanremo, nel femminismo militante, nel cinema con Bertolucci in Novecento. E le canzoni. Le canzoni impegnate e le canzoni popolari, nel cui mondo è considerata un mito vivente. E' stata, è anche autrice teatrale. Ma cominciamo dal libro di formazione e da come Maria Monti è oggi. “Ricordo ormai poco data la giovinezza che avanza (ride, ndr). Però vorrei ricordare Il terzo occhio, un libro scritto da un inglese, Lobsang Rampa, che in seguito ne scrisse altri, sempre di genere aprente, intendo rivolti alla mente, all’anima e agli altri occhi di cui non sappiamo abbastanza perché sono nascosti e crediamo non vedano, mentre invece vedono, eccome. E chissà, forse esistono anche altre orecchie, che sentono, ascoltano, e di cui ignoriamo l’esistenza… A proposito io ci sento bene, l’udito c’è ancora, ma quando leggo faccio una gran fatica perché non vedo bene, nonostante la lente d’ingrandimento.. Allora può essere così gentile da leggere questo passo per me? Non si tratta del Terzo Occhio ma di un volume che ha per titolo Ascoltare i pensieri, quando dicevo che la vista può ascoltare è perché l’ho letto lì...
data: 06/06/2020 12:16
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AVVERTIRE
DE BENEDETTI,
ELKANN
E TRAVAGLIO
CHE, GUARDANDO
ALL'INDIETRO,
NON SI VA AVANTIBEPPE LOPEZ (*)
Il canto del cigno di De Benedetti, le ruvidezze di Elkann, i riferimenti storici di Molinari, le ambizioni di Giannini, l’avventura di Stefano Feltri, l’operazione-consolidamento di Travaglio… I temi importanti, in questo tornante della storia dei quotidiani italiani di area progressista, diciamo così, non si esauriscono con sei nomi: si pensi solo al Corriere della Sera, al Manifesto e alle forti interferenze reciproche con l’informazione televisiva pubblica e privata (dove in particolare Umberto Cairo vigila e tiene a freno, a stento, una forte capacità di iniziativa). Ma indubbiamente, sono tre le domande che ora vanno per la maggiore. 1) Quale giornale ha in mente Carlo De Benedetti e quale Domani riusciranno concretamente a fare lui e la squadra di giornalisti guidati dal giovane Stefano Feltri? 2) Quale Repubblica, alla fine, starà in campo, dopo il traumatico cambio d’editore, lo sbrigativo cambio di direttore, l’attuale stato di frustrazione e di disorientamento della redazione e soprattutto dopo le novità e le ristrutturazioni che verranno, in conseguenza anche della strategia editoriale – tutta da decifrare e probabilmente in gran parte da definire – di un gruppo cui fanno capo, insieme a molto altro, tre testate quotidiane di storica rilevanza e tredici quotidiani locali? 3) Riuscirà Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, al di là della (poco) rinnovata veste grafica e dell’arrivo di Gad Lerner, a cogliere quest’occasione storica per rosicchiare “da sinistra” posizioni di mercato alla grande testata fondata da Scalfari? E’ significativo ciò che viene immediatamente di rilevare a proposito di quella che dovrebbe essere la novità assoluta, Domani. Ricordate i giornali ottocenteschi che nascevano “come volontà di espressione del libero pensiero”? Bene, è proprio questo che Carlo De Benedetti ha in mente...
data: 31/05/2020 16:16