IERI/OGGI
Le prfoessioni
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I MEDIA ITALIANI
E DRAGHI:
PIU' CAGNOLINO
SCONDINZOLANTE
CHE "CANE
DA GUARDIA"PAOLO BUTTURINI
Altro che “cane da guardia del potere”! Al massimo un cagnolino scodinzolante che accoglie festoso il padrone finalmente di ritorno da un viaggio. Questa è l’immagine che hanno fornito i media italiani, con pochissime eccezioni, all’annuncio che Mario Draghi aveva ricevuto l’incarico di formare il nuovo Governo. La sudditanza psicologica e purtroppo professionale ai poteri più o meno forti non è una novità nel panorama informativo del Bel Paese, ma uno spettacolo pressoché unanime di genuflessione preventiva non si era visto da tempo. Rubricare questo atteggiamento alla voce “conformismo” è fin troppo facile, ma rischia di sminuire la portata del danno che, in prospettiva, avrà sulle sorti della già malandata democrazia italiana. Chiariamoci, un atteggiamento diametralmente opposto, vale a dire di opposizione preconcetta (che pure si è vista più volte nei confronti di Giuseppe Conte, al di là spesso dei suoi demeriti) sarebbe stato altrettanto sbagliato. È esattamente questo il punto dolente quando si osserva come si articola il racconto della politica nelle testate, su qualsiasi piattaforma vengano distribuite: il nostro sistema informativo sembra avere introiettato il peggio della schematica deriva che circola nei social. Detto altrimenti: o si parteggia o si contrasta, o si tifa pro o contro, ma soprattutto lo si fa a prescindere da programmi e fatti, a volte persino ignorando le dichiarazioni contraddittorie che i protagonisti rilasciano a seconda delle circostanze (il caso dei due Matteo è, da questo punto di vista, esemplare). Un veleno che difficilmente riusciremo a contrastare nei prossimi anni. Inutile disperderci negli innumerevoli rivoli che hanno costellato la “beatificazione” dell’ex presidente della BCE; anche se non sarebbe stato male ricordare, per contraltare...
data: 07/02/2021 16:07
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40 ANNI FA
IL CASO-D'URSO
Il terrorismo,
la politica e i giornali
che contavano ancora
qualcosaBEPPE LOPEZ
Un episodio significativo della storia e del clima di quegli anni, e insieme della centralità politica dei giornali in quella storia e in quel clima: la pubblicazione dei documenti dei brigatisti detenuti nelle carceri di Trani e Palmi. Le Br l’avevano posta come condizione ricattatoria per restituire la libertà - anziché ammazzare - il giudice Giovanni D’Urso, da esse rapito il 12 dicembre del 1980. Tutti quelli della mia generazione lo ricordano come uno dei casi più angosciosi e laceranti di quegli anni, pure assai tormentati e drammatici. Analogo, per tensione emotiva e partecipazione collettiva, al caso-Moro. Pesavano su tutti, evidentemente, il lungo strazio per gli assassinii, le spaccature politiche e la mancanza di spiragli per un futuro di civile convivenza nel Paese. Si era accumulato troppo dolore. Le Br avevano affinato le strategie comunicative. I giornali erano sotto pressione. Una doppia pressione: quella del potere politico e quella dei terroristi. Erano radicalmente messi in discussione anche fondamentali principi di libertà, di moralità, di etica e di deontologia. Era trascorsa solo qualche settimana dalla formazione, il 18 ottobre. Del governo di “coesione nazionale” Dc-Psi-Psdi-Pri guidato da Arnaldo Forlani. “Erano stati reimbarcati i socialdemocratici. Craxi e Spadolini gongolavano. Persino da Botteghe Oscure erano arrivati segnali di distensione, se non di soddisfazione”, eppure leggo in un mio editoriale su Quotidiano di quel 14 dicembre (“Sempre più lacerato il fronte politico”) che “non solo la situazione italiana è andata nel senso esattamente opposto a quello della coesione, determinando il completo fallimento della strategia di Forlani e di questa maggioranza di governo, ma la classe politica nazionale deve registrare oggettivamente un livello di divisione, lacerazione e conflittualità che mai aveva raggiunto”… E non c’era solo l’instabilità politica (tre governi in dodici mesi, quasi un record). Era stato un anno nero per l’Italia: il terremoto del 23 novembre nel Sud (3.000 morti, 30 mila miliardi di danni), la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto, la più lunga crisi dell’economia nazionale (l’inflazione che aveva falcidiato il reddito, la richiesta Fiat di 24 mila operai in cassa integrazione, la “marcia dei quarantamila”, la lira che era diventata la moneta più debole d’Europa), gli scandali (Petrolio, Eni, Caltagirone, OP, ecc.), il grande ritorno della mafia, appunto il terrorismo (un morto ogni tre giorni)… In questo quadro, venne “catturato e rinchiuso in un carcere del popolo” il magistrato D’Urso, capo dell’ufficio terzo della Direzione generale degli Istituti di prevenzione e pena presso il ministero di Grazia e Giustizia...
data: 17/12/2020 12:25
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ADDIO ANGELO SFERRAZZA, PARTIGIANO CATTOLICO, EUROPEISTA
E BLOGGERGIUSEPPE MARCHETTI TRICAMO
Segnaliamo con dolore la scomparsa di Angelo Sferrazza, partigiano cattolico, giornalista Rai e tante altre cose ancora. Non solo perché era tra i nostri più apprezzati e autorevoli blogger, ma soprattutto perché unanimemente apprezzato per la sua carica umana, la sua cultura, la sua competenza specie in politica estera e la sua ferma passione europeista. Ce lo ha portato via, a 84 anni, il coronavirus, alleato in questa tristissima impresa da vecchi problemi di cuore. Lo ricordiamo con un pezzo del suo vecchio amico GIUSEPPE MARCHETTI TRICAMO, l'ultimo suo blog su infodem e il ricordo di BARBARA SCARAMUCCI su Articolo21, di VINCENZO VARAGONA sul sito dell'Ucsi e di SILVIA COSTA, già deputata democristiana ed eurodeputata. Un intellettuale a tutto tondo, protagonista della cultura democratica del nostro Paese fin dagli anni della gioventù. Europeista convinto: “Nella poltrona per tre di Cina, Russia e Stati Uniti”, diceva, “non c’è posto per l’Europa. Ma questo ha contribuito ad un risveglio e un salto di qualità nella politica europea, seppur faticoso, ma reale”. Angelo Sferrazza eraun profondo conoscitore delle vicende internazionali (in particolare degli Usa e del Medio Oriente). Per me era l’amico di una vita: prima nei movimenti giovanili e poi in Rai. E lì, tra viale Mazzini e via Col di Lana, la nostra frequentazione era diventata assidua ed era continuata anche dopo il nostro distacco dall’Azienda. Frequentemente mi ricordava una delle massime di Bacone: “C’è poca amicizia nel mondo e men che mai fra eguali”, aggiungendo: “Lla nostra teniamocela stretta”. E nel tempo è diventata ancora più intensa quasi giornaliera. Anche d’estate quando lasciava Roma per la sua Fano. La prima volta che è venuto a Roma l’ha fatto per conoscere Spinelli e la moglie Ursula. "Abitavano”, mi raccontò, “in una modesta villetta all’inizio di Monte Mario...
data: 06/12/2020 14:50
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QUANTA REGRESSIONE NELLA SOCIETA'
E NEL SISTEMA MEDIATICO
SULLA QUESTIONE FEMMINILEMARIATERESA GABRIELE
Mi chiedo come siamo arrivati a questo punto. Al punto che la Giornata contro la violenza sulle donne assuma un’importanza pari, se non superiore, all’8 marzo. Come siamo arrivati al punto che mezzo milione di ragazze, secondo statistiche non meglio definite, non lavorano né studiano; al punto che per ogni lavoro perso da un uomo ce ne sono 20 persi da donne (per forza, erano quasi tutte commesse o bariste…); al punto che siamo quasi a quota 100, diconsi 100 donne uccise dall’inizio del 2020 in Italia; al punto che il presidente del Consiglio, il papa, tutti, devono puntare i riflettori su questo tragico fenomeno che non sembra arretrare a questi moniti ma che anzi cresce di ora in ora. Proprio mentre tutti i tg e gli organi d’informazione, ieri, annunciavano, con la tempestività che ormai caratterizza ogni scadenza, la giornata dei delitti, proprio nella notte fra ieri e oggi ci sono stati due femminicidi: uno a Cadoneghe (Padova), dove un marito di 39 anni ha ucciso la madre trentenne dei suoi tre figli di 9, 7 e 4 anni, senza pietà, fra l’altro, per questi poveri bimbi che restano senza mamma; e a Catanzaro una donna è stata uccisa dall’amante. Natura passionale, si scrive. Di solito l’arma è bianca (coltellate se l’uccisa è solo lei ma anche fucilate se poi, sempre dopo, anche lui si suicida). Ci sono addirittura i funerali in chiesa (di solito negati ai suicidi) per il “bravo lavoratore” che nel Torinese, a Carignano, nemmeno un mese fa, l’8 novembre, ha sterminato la famiglia - la moglie che voleva separarsi e appariva ai suoi vicini “euforica”, così hanno scritto sui giornali, due gemellini maschio e femmina di appena due anni - e poi, solo poi, anche se stesso, di cui si sa solo che non aveva accettato la ventilata separazione, e che lavorava tantissimo tanto da aver costruito una villetta, desolatamente isolata. Fattaccio archiviato in fretta...
data: 26/11/2020 09:26
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SALVARE
LA GAZZETTA DEL
MEZZOGIORNO
La riforma che
non si fece nel 1993“La Gazzetta del Mezzogiorno rappresenta una realtà importante nel panorama editoriale e dell'informazione nazionale. Continueremo a seguire l'evoluzione della vicenda in vista del termine di luglio previsto per la vendita della testata, confidando che questo tempo serva a costruire le condizioni per il rilancio del giornale”. In questo passaggio della dichiarazione del sottosegretario all'Editoria, Andrea Martella, c’è la sintesi della situazione del quotidiano barese. In otto mesi se ne decide la sorte. Tutti a occuparsene e a preoccuparsene, giustamente. Dipendenti, sindacati, politica, società civile. Tutti a rilevarne il tradizionale peso nelle vicende baresi, pugliesi e – in una certa misura – meridionali. E’ inevitabile e utile, in questi casi, concentrarsi sui meriti della testata e sulla ricerca di una soluzione che ne consenta la sopravvivenza. Ma nemmeno in questi casi andrebbero totalmente ignorate le cause interne (all’azienda e al prodotto) che, insieme a quelle esterne (la pesante crisi generale dei giornali, tre/quattro decenni di abuso di posizione dominante da parte delle grandi conglomerate editorial-pubblicitarie nazionali ai danni dei giornali regionali, e il dilagare dell’online e della Rete), hanno concorso alla crisi di quello che era, sino agli anni Settanta, uno dei due capisaldi dell’informazione nel Sud continentale (con Il Mattino) e una delle più prestigiose testate regionali italiane. Pubblichiamo, per capire come si sia giunti alla profonda crisi attuale, il racconto significativo di un passaggio epocale per la Gazzetta. Siamo agli inizi degli anni Novanta, il crollo delle vendite è cominciato (dunque almeno un decennio prima dell’avvento della Rete), l’editore e direttore è Giuseppe Gorjux (ancora per poco in partnership con l’imprenditore Stefano Romanazzi)…Il racconto è tratto dal libro “Giornali e democrazia” (Glocal Editrice 2009) di Beppe Lopez, allora direttore della Quotidiani Associati. Gorjux, dopo vari tentennamenti, si decide e gli offre di trasferirsi a Bari per fare la Gazzetta del Mezzogiorno, innestando finalmente nella storia autarchica del giornale, per la prima volta, una esperienza giornalistica moderna (Lopez è stato a Repubblica dalla fondazione, ha fondato e diretto il Quotidiano strappando alla Gazzetta la leadership nel profondo Salento, dirige appunto la QA...)… Ma leggiamolo quell’episodio. Vi si parla...
data: 22/11/2020 18:26
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Ricordi.
LE RAGAZZE
DEL LICEO FLACCO
E I LORO PROFMARIATERESA GABRIELE
Quando approdai al liceo barese Quinto Orazio Flacco, avevo ovviamente completato il biennio del ginnasio. Approdai perché, a pensarci, quell’edificio austero anni Trenta, con i sui oblò e la vista sul mare ora oscurato dall’invadente autosilo, sembra proprio una nave. Ci ero arrivata dalle medie fatte in un piccolo, lontano paese di collina. La sfida era improba. Lo scetticismo di mio padre palese: “Sei stata brava ma vedremo adesso al liceo…”. In città, al prestigioso Flacco. Gli inizi furono belli, quasi giocosi. Eravamo tredicenni alle prese con professori vetusti, d’un’altra epoca, di quando le luci pubbliche, a gas, venivano accese ogni sera a mano. Donato Amoruso, la cui materia si estendeva dalle Lettere alla Geografia alla Storia, era un tipo severissimo, dall’aspetto dantesco: naso importante, piccolo, curvo, gli occhi di colore diverso (uno marrone e l’altro blu), un fil di voce, un cappotto liso e una sciarpa scozzese, si rintanava spesso in biblioteca e spaventava noi alunni per il sol fatto di spuntare da un armadio con un volume polveroso fra le mani. Ho saputo poi che lo soprannominavano “la salma”. Io però ne ho un tenero ricordo. Sulla sua preparazione non c’era da discutere. Dava dei temi poetici: sulle Madonne di Raffaello, sulle nostre famiglie, sul mare. Avere un 7 da lui allo scritto, era una vittoria. Era egli stesso un gran narratore. I suoi ricordi risalivano a un tempo anteriore alla Prima guerra mondiale ed erano i momenti più belli delle ore che trascorrevamo con lui. Asseriva che nell’ufficio di suo padre armatore, a Barletta, aveva conosciuto addirittura e qui assumeva un tono misterioso abbassava ancor più la voce… Mata Hari. Aveva poi il gran pregio di farci mandare a memoria le poesie più note, Leopardi in primis ma anche i canti della Divina Commedia, la vita dei re di Roma in latino. C’era una sola interrogazione, alla fine di ogni trimestre, ma in quella bisognava mostrare una conoscenza enciclopedica, quindi lo studio era davvero intenso. Ciò non tolse che noi della Quarta e Quinta G, classe mista, ci dessimo alla goliardia più sfrenata, sia pur innocua e infantile...
data: 20/11/2020 12:10