Tullio De Mauro (1932–2017), insigne linguista, ci ha donato con Parole di giorni lontani (il Mulino), saggio che si legge come un romanzo, una testimonianza non priva di humour della personale scoperta del mondo attraverso le parole. Famiglia di origine meridionale, pugliese–napoletana, agiata e colta, usava parlare l’Italiano anche se, da buon filologo, De Mauro trova nel lessico familiare voci di provenienza dialettale o obsolete. Egli sottolinea nei ricordi emergere l’importanza formativa del Lessico famigliare caro a Natalia Ginzburg. Cita Asor Rosa e L’alba di un mondo nuovo (Einaudi). Nel saggio si riflette l’atmosfera partenopea, il colore, la vivacità, la spontaneità, i succhi vitali di una Città e degli abitanti. Così vediamo l’Autore piccino di tre anni scoprire col termine babbà il morbido, aromatico, liquoroso dolce napoletano.
Ultimo di cinque figli egli, attraverso gli stimoli che l’ambiente familiare e in particolare i fratelli più grandi gli trasmettevano, apprendeva il mondo e si creava una visione delle cose, la sua personale Weltanschauung. La madre gli proponeva giochi con i versi di Dante, Leopardi, rendendoli vivi, utili per leggere la realtà. La sorella maggiore, innamorata di Pascoli, gli trasmette l’amore per il Poeta triste ma quando si iscriverà a Roma in Lettere e Tullio sarà al Ginnasio, ella farà nascere in lui la passione per il malinconico Leopardi, triste anch’egli ma forte. L’Autore ancora piccolo è colpito dai barocchi funerali col grande cocchio nero trainato da neri cavalli dal pennacchio. I fratelli lo invitavano a salutare il feretro e lui rendeva onore col saluto fascista rivolto ai cavalli perché convinto che il termine feretro indicasse gli animali. E come non pensare all’episodio del film in cui, magistrale interpretazione, Sofia Loren imbandisce un funerale barocco per il suo bambino con attenzione alla forma. Il cocchio percorre il Lungomare e lei distribuisce dolcetti e caramelle agli scugnizzi che si uniscono al corteo.
Il mondo che si dischiude è veicolato dalla Poesia, dai versi che allora venivano imparati a memoria esercitando le capacità mnestiche e l’elasticità delle funzioni cerebrali. Le vicende si dipanano in concomitanza con il fascismo trionfante e l’entrata in guerra. Alcuni fratelli tra i quali Mauro, il futuro giornalista scomparso mentre indagava sulla misteriosa fine del Presidente dell’ENI Enrico Mattei, partirono volontari. Intanto il piccolo Tullio, da solo, e fu per lui una gioia, imparò a leggere e ciò aprì nuovi orizzonti. Egli che ha ricoperto anche la carica di Ministro dell’Istruzione, sottolinea quanto sia importante, oltre la scuola che deve promuovere l’uguaglianza culturale fornendo strumenti di conoscenza, anche l’ambito familiare nello stimolare e sostenere la crescita intellettuale e culturale dei giovani.
Una parte è dedicata all’entrata in guerra e ai disastrosi bombardamenti e a come li vivevano i ragazzini ritagliandosi quasi una vita parallela dove il gioco e, tra le morti, la vita si riprendevano la loro parte. Un libro, vera avventura linguistica, che in fondo è un inno alla fanciullezza, alla cultura, alla famiglia, alla vita.