Esistono ancora la destra e la sinistra? L'interrogativo non è nuovo e risale a quando è stata solennemente proclamata, con l'avvento della cosiddetta Seconda Repubblica, la morte delle ideologie che ha completamente modificato la stessa identità dei partiti, ovvero dei pochi (quasi nessuno) che sono rimasti in vita dopo lo tsunami di tangentopoli.
Della destra e della sinistra tradizionali rimane, in realtà, molto poco.
Ma la voce secondo la quale, in assenza di un autentico leader, gli elettori di sinistra potrebbero individuarlo in Giuseppe Conte induce a ritenere che la sinistra, almeno, non esiste più o, quantomeno, sia avviata sulla strada del tramonto.
La sininstra - basta rileggere quanto ha scritto Norberto Bobbio nel suo fondamentale saggio "Destra e Sinistra" - non può prescindere dall'ideologia alla quale costantemente si richiama.
Ebbene, da questo punto di vista, Conte è certamente, il nulla più assoluto. Le sue scelte politiche e quelle dello stesso movimento del quale è attualmente presidente, prescindono da ogni riferimento che non sia improntato al più totale pragmatismo, all' opportunità del momento.
Proprio questo, del resto, spiega coma sia stato possibile che, nella passata legislatura, i cinquestelle abbiano potuto sostenere (partecipandovi) prima n governo di centrodestra, presieduto dallo stesso Conte, e poi un governo di centrosinistra e poi un governo sostanzialmente di centrosinistra, quello di Mario Draghi.
U pur vero che i pentastellati sostennero a malincuore l'ex presidente della Banca centrale europea tanto da provocarne, poi, la caduta, ma ciò dipese soprattutto dal fatto che Conte aveva subito come un'usurpazione l'essere stato sostituito da Draghi alla guida dell'esecutivo e non aspettava che l’occasione per potersi vendicare dell’affronto che riteneva di aver subito..
C'è da chiedersi, inoltre - e non è un interrogativo di poco conto - quanto l'alleanza con i cinquestelle, tenacemente voluta da Zingaretti e Letta, abbiano contribuito ad allontanare dal partito gli elettori del Pd e come questi potrebbero, quindi, riconoscersi in una sinistra guidata da Conte.
Se, dunque, si dovesse compilare un decalogo su quel che il Pd deve fare per riuscire nella difficile impresa di risalire la china, porre fine ad ogni ipotesi di alleanza con i pentastellati sarebbe da porre al primo posto.
È ben altra la strada da percorrere, insomma, per la rinascita di una sinistra che, nelle mani di Conte, sarebbe destinata al definitivo declino.
Lettera dal Palazzo
Per il Pd non può bastare
il cambio della segreteria
di Ottorino Gurgo
Sembra ridursi ad una "gara" tra il presidente e là vicepresidente dell'Emilia Romagna la lotta già cominciata per succedere a Enrico Letta alla segreteria del Pd.
Stefano Bonaccini e Elly Schlern si contenderanno (e già di fatto si contendono in una disputa fortemente polemica) quella che, alla luce dell’attuale situazione del partito non si può fare a meno di definire "la poltrona politica più scomoda del nostro paese".
Al di là della pesante sconfitta subita il 25 settembre e del disastroso andamento dei sondaggi, per rendersi conto della gravità della crisi che lacera il Pd, è sufficiente aver riguardo a un dato estremamente significativo: nel 2008, quando era segretario Valter Veltroni, gli iscritti al partito erano 830mila; oggi sono all'incirca 50mila.
La domanda che è lecito porsi è dunque questa: sono in grado i due competitori per la segreteria, Bonaccini e Schlern di invertire questa rotta a dir poco disastrosa e a realizzare quella "rivoluzione" (ché di una vera e propria "rivoluzione" si tratta) della quale il Pd sembra aver bisogno dopo anni di una gestione che non si può non giudicare scadente e priva del benché minimo mordente?
Entrambi i candidati, in tempi di ordinaria amministrazione, sarebbero da considerarsi senza alcun dubbio ottimi segretari. Ma quelli attuali non sono davvero da considerarsi tempi di ordinaria amministrazione. E allora, probabilmente, ad una forza politica che versa nella situazione del Pd serve qualche cosa di diverso: una segreteria che cambi tutto (anche il nome del partito) e che, interpretando gli umori dei suoi potenziali elettori, sia in grado di dargli, finalmente quella identità che non ha mai avuto, neppure al momento della sua costitzione.
Pur prendendo atto che Zingaretti è Letta non si sono rivelati all'altezza del compito loro assegnato bisogna riconoscere che le cause del tracollo del Pd sono molteplici e sarebbe assolutamente riduttivo attribuirle unicamente alla loro scarsa efficienza e alla loro mancanza di iniziativa. Così come non è pensabile che un semplice cambio alla segreteria possa risolvere come con una bacchetta magica i molti problemi che gravano sul partito.
Occorre molto di più. Il dibattito in corso in questa fase precongressuale e gli stessi discordi di Bonaccini e della Schlern non lasciano intravedere intenzioni di sostanziale cambiamento. I programmi che vengono annunciati e i progetti illustrati ricalcano, in realtà, gli stessi programmi e gli stessi progetti del passato secondo la linea che la "vecchia guardia" predilige.
All'insegna, insomma, del più gattopardesco "tutto cambi perché nulla cambi".
Ottorino Gurgo